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didascalie PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Rivista della scuola in Trentino n.1-2 gennaio/febbraio 2010 08/02/2006 AUT DR/CB Centrale/PTMagazine EDITORI/213/2006 11 n.1-2 gennaio/febbraio 2010 Inserto a cura di: Mario Caroli Interventi di: Maria Arici, Laura Bampi, Mario Caroli, Loretta Debiase, Mauro Debiase, Cristina Delpero, Patrizia Lucca, Stefania Plotegher, Angelina Ribolli, Giorgio Robol, Ales- sandra Sighel, Paola Strafellini, Leila Ziglio Le foto di pagina 22 e 23 sono di Giancarlo Ianeselli, che opera presso il centro “Millevoci” Il punto e alcune buone prassi nelle scuole del Trentino “COLORI IN CLASSE…” il doier DENTRO L’ARGOMENTO il doier i numeri il contto Il Centro Millevoci i referenti le risorse le buone pri all’I.C. di Ala

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DOSSIER: "Colori in classe..." Il punto e alcune buone prassi nelle scuole del Trentino

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didascalie

PROVINCIA AUTONOMADI TRENTO

Rivista del la scuola in Trentino

n. 1-2gennaio/febbraio 2010

08/02/2006AUT DR/CB Centrale/PTMagazine EDITORI/213/2006

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n.1-2 gennaio/febbraio 2010

Inserto a cura di: Mario Caroli

Interventi di:

Maria Arici, Laura Bampi, Mario Caroli, Loretta Debiase, Mauro Debiase, Cristina

Delpero, Patrizia Lucca, Stefania Plotegher, Angelina Ribolli, Giorgio Robol, Ales-

sandra Sighel, Paola Strafellini, Leila Ziglio

Le foto di pagina 22 e 23 sono di Giancarlo Ianeselli, che opera presso il centro “Millevoci”

Il punto e alcune buone prassi nelle scuole del Trentino“COLORI IN CLASSE…”

il dossier

dentro l’argomento

il dossieri numeriil contestoIl Centro millevoci

i referentile risorsele buone prassi all’I.C. di ala

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DIDASCALIE Rivista della scuola in TrentinoPeriodico mensileAnno XIX, numero 1-2 gennaio/febbraio 2010

Rivista promossa dallaProvincia Autonoma di Trento(L. P. 3 maggio 1990, n.15, art. 22)Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 745dell’11.1.1992

Direttore responsabile:Giampaolo Pedrotti

Coordinatore:Mario CaroliE-mail: [email protected]

In redazione:Norma BorgognoPatrizia LuccaManuela Saltori (segreteria)

In questo numero:Maria Arici, Laura Bampi, Nino Betta, Mario Caroli, Giu-seppe Colangelo, Alberto Conci, Loretta Debiase, Mauro Debiase, Cristina Delpero, Paolo Ghezzi, Giancarlo Iane-selli, Bors Pahor, Massimo Parolini, Patrizia Lucca, Ste-fania Plotegher, Angelina Ribolli, Federica Ricci Garot-ti, Giorgio Robol, Alessandra Sighele, Paola Strafellini, Adriano Tomasi, Leila Ziglio.

Redazione: Via Gilli 3,38121 Trentotel. 0461/497268 - 69fax 0461/497267

Realizzazione e StampaLitografia Effe e Erre - Trento

Per richiedere la rivista Didascalietelefonare o mandare un fax o scrivere a:Redazione Didascalie,Palazzo Istruzione via Gilli, 3 – 38121 TrentoE-mail: [email protected]

Didascalie è stampata su cartaecologica, sbiancata senza cloro

Le foto di questo numero sono di:archivio Didascalie, fornite dai diretti interessati, Archivio Ufficio stampa PAT

In copertina in alto: un’immagine degli studenti trentini dal treno della memoria ad Auschwitz (vedi servizio alle pagine 390-40); a destra, sempre in alto, la copertina del libro di B. Pahor letto nel Segnaliamo da Giuseppe Colangelo (pagine 42- 43); in basso, la copertina e un’immagine del dossier interno su “Colori in classe…” (vedi pp. 11-38)1n.1-2 gennaio/febbraio 2010

didascalie

PROVINCIA AUTONOMADI TRENTO

Rivista del la scuola in Trentino

n. 1-2gennaio/febbraio 2010

08/02/2006AUT DR/CB Centrale/PTMagazine EDITORI/213/2006

11

n.1-2 gennaio/febbraio 2010

Inserto a cura di: Mario Caroli

Interventi di:

Maria Arici, Laura Bampi, Mario Caroli, Loretta Debiase, Mauro Debiase, Cristina

Delpero, Patrizia Lucca, Stefania Plotegher, Angelina Ribolli, Giorgio Robol, Ales-

sandra Sighel, Paola Strafellini, Leila Ziglio

Le foto di pagina 22 e 23 sono di Giancarlo Ianeselli, che opera presso il centro “Millevoci”

Il punto e alcune buone prassi nelle scuole del Trentino“COLORI IN CLASSE…”

il dossier

dentro l’argomento

il dossieri numeriil contestoIl Centro millevoci

i referentile risorsele buone prassi all’I.C. di ala

SOMMARIO

la notizia/Riforma, un punto fermo 1la notizia/L’offerta formativa 2-3la notizia/La prospettiva 4-8lingue straniere/CLIL, il contributo 9-10pr

il dossier

dentro l’argomento

“COLORI IN CLASSE…”Il punto e alcune bruone prassi nelle scuole del Trentino

Il dossierI numeriIl contestoIl Centro MillevociI referentiLe risorseLe buone prassi all’I.C. di Ala

Inserto a cura di: Mario CaroliInterventi: Maria Arici, Laura Bampi, Mario Caroli, Loretta Debiase, Mauro Debiase, Cristina Delpero, Patrizia Lucca, Stefania Plotegher, Angelina Ribolli, Giorgio Robol, Alessandra Sighele, Paola Strafellini, Leila ZiglioLe foto di pagina 22 e 23 sono di Giancarlo Ianeselli, che opera pres-so il centro “Millevoci”

Inserto 11-38

memoria e riCordo/Il diario, dal treno per Auschwitz 39-40memoria e riCordo/Tre volte NO, memorie di un uomo libero 41segnaliamo/Il libro: Una primavera difficile, di Boris Pahor 42-43segnaliamo Il ricordo: Anneliese Graf 44-45segnaliamo La lettura: Pensare altrimenti, il libro di Paola Rosà 46-47segnaliamo L’evento: Caduti trentini della Grande Guerra 48segnaliamo il testimone: Un uomo buono di Nino Betta terza di copertinaofferta varia/il convegno:Essere insegnanti oggi quarta di copertina

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LA NOTIZIA

Nella seduta straordinaria di martedì 23 febbraio 2010 alle ore 19, la Giunta ha ap-provato la delibera presentata dall’Assessore all’istruzione e allo sport, Marta Dalmaso, contenente la programmazione dell’offerta formativa per il secondo ciclo nella provin-cia di Trento. In un scheda allegata al comunicato stampa ufficiale diffuso subito dopo, sono indicate le motivazioni ed alcune idee guida di sviluppo della scuola secondaria di secondo ciclo.

RIFORMA23 febbraio 2010: un punto fermo

Un aiuto alle famiglie per orientarsi nelle iscrizioni

“Con l’approvazione della delibera – ha affermato l’Assessore Dalmaso – abbiamo fatto un importante passo in avanti per aiutare gli studenti e la famiglie ad orientarsi per le iscrizioni del prossimo anno la cui scadenza resta fissata al 26 marzo 2010. CI siamo attivati in tem-pi rapidi appena sono stati resi noti i regolamenti nazionali. Ora le famiglie hanno un’in-formazione certa su quali indirizzi sono collocati nel proprio territotio e quali nel resto del Trentino; quanto prima renderemo noti anche i quadri orari con le materie e l’articolazio-ne del monte ore.”La legge provinciale 7 agosto 2006 n. 5 disciplina in maniera organica il sistema educativo provinciale e costituisce la cornice di riferimento per l’intero impianto regolamentare che va gradualmente a caratterizzare il sistema scolastico trentino.Il quadro dell’offerta formativa rappresenta una tappa fondamentale di questo percorso; esso consente di valorizzare le scelte fatte in questi anni in direzione di un modello scolasti-co fondato sulla centralità dello studente e caratterizzato dallo stretto rapporto della scuo-la con il territorio.Proprio per questo, la delibera approvata dalla Giunta non si limita ad una trasposizione meccanica dell’offerta nazionale in ambito locale, ma dà una forte connotazione al quadro dell’offerta formativa provinciale, razionalizzando la frammentazione dell’offerta oggi esi-stente, con un utilizzo razionale delle risorse, e rilanciando una prospettiva di istruzione e formazione provinciale d’eccellenza in un quadro chiaro che definisce l’identità e il ruolo dell’istruzione liceale (con un impianto unitario articolato in sei percorsi ben differenzia-ti), l’identità dell’istruzione tecnica con una solida base culturale a carattere scientifico e tecnologico (con l’attivazione di tutte le articolazioni previste a livello nazionale e l’arric-chimento con nuovi percorsi rispetto alla situazione attuale), la valorizzazione ed il poten-ziamento dell’identità della Formazione professionale oltre i percorsi di base, con un or-ganico rapporto con il mondo del lavoro, da una parte, e tutto il sistema dell’istruzione, dall’altra. Nel quadro del rafforzamento e valorizzazione dell’istruzione tecnico-professionale, la pro-spettiva resta quella delle Nuove frontiere formative tecnico – professionali: Nell’allegato alla delibera, la specificazione degli istituti e degli indirizzi su tutto il territo-rio provinciale, che riportiamo nelle pagine seguenti.Nella homepage di www.vivoscuola.it, cliccando il banner è possibile ac-cedere al quadro dell’Offerta scolastica per il secondo ciclo di istruzione a.s. 2010/2011 e alla documentazione di riferimento. Dalla Rassegna stampa correlata si visualizza anche il video dell’Assessore all’Istruzione Dalmaso intitolato Scuola: si cambia. e quello del Presi-dente Dellai “Scuola, riportiamo il confronto nel merito”. (m.c.)

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Aggiornamento del quadro provinciale dell’offerta scolastica per il secondo ciclo d’istruzione con decorrenza dall’anno scolastico 2010/2011

Istituzione scolastica Sede Indirizzi e articolazioni attivi dall’a.s. 2010/2011

PRIMIEROI.C. di SCUOLA ELEM. E SEC. di I e di II GRADO PRIMIERO

FIERA DI PRIMIERO

Liceo scientificoISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO Amministrazione Finanza e Marketing: - articolazione amministrazione finanza e marketing TurismoISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICOCostruzioni Ambiente e Territorio

BASSA VALSUGANAISTITUTO DI ISTRUZIONE “A.DEGASPERI” BORGO VALSUGANA

BORGO VALSUGANA

Liceo scientificoLiceo scientifico opzione scienze applicateLiceo delle scienze umaneISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO Amministrazione Finanza e Marketing: - articolazione amministrazione finanza e marketing - articolazione relazioni internazionali per il marketingISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO Costruzioni, Ambiente e Territorio

ALTA VALSUGANAISTITUTO DI ISTRUZIONE “M. CURIE” PERGINE VALSUGANA

PERGINE Liceo scientifico Liceo scientifico opzione scienze applicate Liceo delle scienze umane Liceo delle scienze umane opzione economico-sociale ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO Amministrazione Finanza e Marketing: - articolazione amministrazione finanza e marketing

LEVICO ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO TurismoAmministrazione Finanza e Marketing: - articolazione servizi informativi aziendali

PERGINE ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO Informatica e Telecomunicazioni (*): - articolazione informatica

(*) l’indirizzo Costruzioni, Ambiente e Territorio potrà essere riattivato al triennio dall’a.s. 2012/2013 in presenza di un congruo numero di iscrizioni

LADINO DI FASSAISTITUTO LADINO DI FASSA

POZZA DI FASSA Liceo scientificoLiceo ladino delle lingue (art. 57 L.P. 5/2006)Liceo artistico: - indirizzo arti figurative - indirizzo designVAL DI FIEMME

ISTITUTO DI ISTRUZIONE “LA ROSA BIANCA – WEISSE ROSE” CAVALESE

CAVALESE Liceo scientificoLiceo linguisticoLiceo delle scienze umane opzione economico- sociale

PREDAZZO ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO Amministrazione Finanza e Marketing: - articolazione amministrazione finanza e marketingTurismo

CAVALESE ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO Costruzioni Ambiente e Territorio

il riordino

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ROTALIANAISTITUTO DI ISTRUZIONE “M. MARTINI” MEZZOLOMBARDO

MEZZOLOMBARDO Liceo scientificoLiceo scientifico opzione scienze applicate Liceo delle scienze umane opzione economico-socialeISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO Amministrazione Finanza e Marketing - articolazione amministrazione finanza e marketing- articolazione servizi informativi aziendali ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO Trasporti e Logistica (*)

L’indirizzo Turismo, all’interno dell’Istituto tecnico per il settore economico, potrà essere attivato nell’a.s. 2012/2013 in presenza di un congruo numero di iscrizioni al triennio (*) nell’a.s. 2010/2011 viene avviato il biennio tecnologico e dall’a.s. 2012/2013 potrà essere attivato il triennio dell’indirizzo Trasporti e Logistica

VAL DI NONISTITUTO DI ISTRUZIONELICEO “B. RUSSELL” CLES

CLES Liceo classicoLiceo scientifico Liceo scientifico opzione scienze applicate Liceo linguisticoLiceo delle scienze umaneLiceo delle scienze umane opzione economico-sociale

I.T.C.G. “C.A. PILATI” CLES CLES ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO Amministrazione Finanza e Marketing: -articolazione amministrazione finanza e marketing Turismo ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO Costruzioni Ambiente e Territorio Meccanica, Meccatronica e Energia: - articolazione meccanica e meccatronicaInformatica e Telecomunicazioni: - articolazione informatica Elettronica ed elettrotecnica - articolazioni elettronica ed elettrotecnica

GIUDICARIEISTITUTO DI ISTRUZIONE “L. GUETTI” TIONE

TIONE ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO Amministrazione Finanza e Marketing: -articolazione amministrazione finanza e marketingTurismo ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO Costruzioni Ambiente e TerritorioLiceo scientifico (*)Liceo scientifico opzione scienze applicateLiceo linguisticoLiceo delle scienze umane

(*) viene confermata la presenza come iniziativa innovativa di una sezione di liceo scientifico della montagna

ALTO GARDA E LEDROISTITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE “G. FLORIANI” RIVA DEL GARDA

RIVA D.G. ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO Amministrazione Finanza e Marketing: -articolazione amministrazione finanza e marketing -articolazione relazioni internazionali per il marketingISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO Costruzioni Ambiente e TerritorioElettronica ed Elettrotecnica: - articolazioni elettronica ed elettrotecnica

LICEO CLASSICO “A. MAFFEI” RIVA DEL GARDA

RIVA D.G. Liceo classicoLiceo scientifico Liceo scientifico opzione scienze applicateLiceo delle scienze umaneLiceo linguisticoVALLAGARINA

ISTITUTO D’ISTRUZIONE “DON L.MILANI”

ROVERETO ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO TurismoISTITUTO PROFESSIONALE PER IL SETTORE DEI SERVIZI Servizi socio-sanitari

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LICEO CLASSICO “A. ROSMI-NI” ROVERETO

ROVERETO Liceo classicoLiceo scientifico Liceo scientifico opzione scienze applicate Liceo linguistico

ISTITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE “F.FILZI”

ROVERETO Liceo delle scienze umaneLiceo delle scienze umane opzione economico-sociale

I.T.C.G. “F. e G. FONTANA” ROVERETO

ROVERETO ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO Amministrazione Finanza e Marketing - articolazione amministrazione finanza e marketing - articolazione servizi informativi aziendali - articolazione relazioni internazionali per il marketingISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO Costruzioni Ambiente e Territorio

I.T.I. “G. MARCONI” ROVERETO

ROVERETO ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO Informatica e Telecomunicazioni: - articolazione informaticaElettronica ed Elettrotecnica: - articolazioni elettronica ed elettrotecnica - articolazione automazioneMeccanica, Meccatronica ed Energia: - articolazione meccanica e meccatronica

VAL D’ADIGELICEO CLASSICO “G. PRATI” TRENTO TRENTO Liceo classico

LICEO SCIENTIFICO “G. GALILEI” TRENTO

TRENTO Liceo scientificoLiceo scientifico opzione scienze applicate

ISTITUTO DI ISTRUZIONE “A. ROSMINI” TRENTO

TRENTO Liceo linguisticoLiceo delle scienze umane Liceo delle scienze umane opzione economico-sociale

LICEO SCIENTIFICO “L. DA VINCI” TRENTO

TRENTO Liceo scientifico Liceo scientifico opzione scienze applicateLiceo linguistico

ISTITUTO “L. BATTISTI” TRENTO TRENTO ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO

Turismo ISTITUTO D’ISTRUZIONE DELLE ARTI - Liceo artistico “F.Depero” Rovereto - Liceo artistico “A. Vittoria” Trento - Liceo musicale e coreutico “F. Bonporti”

TRENTOLiceo artistico: - indirizzo architettura e ambiente - indirizzo arti figurative - indirizzo audiovisivo multimedia - indirizzo design

Liceo musicale coreutico

ROVERETOLiceo artistico: - indirizzo audiovisivo multimedia - indirizzo design - indirizzo grafica

I.T.C. “A. TAMBOSI”TRENTO TRENTO

ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO Amministrazione Finanza e Marketing: - articolazione amministrazione finanza e marketing- articolazione servizi informativi aziendali- articolazione relazioni internazionali per il marketing

I.T.I. “M. BUONARROTI” TRENTO

TRENTO ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO Meccanica, Meccatronica e Energia: - articolazione meccanica e meccatronicaElettronica ed Elettrotecnica: - articolazioni elettronica ed elettrotecnicaChimica Materiali e Biotecnologie: - articolazione chimica e materiali- articolazione biotecnologie ambientali Informatica e Telecomunicazioni:- articolazione informatica

I.T.G. “A. POZZO” TRENTO TRENTO ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO Costruzioni Ambiente e Territorio

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la scheda

Pubblichiamo la scheda allegata al comunicato stampa del 23 feb-braio 2010 con le motivazioni e le ipotesi di sviluppo legate al pia-no dell’offerta formativa provinciale ed al riordino del secondo ciclo dell’istruzione e formazione in Trentino.

LA PROSPETTIVA Ipotesi di sviluppo per il 2° ciclo

LA PROGRAMMAZIONE DELL’OFFERTA FORMATIVA PER IL SECONDO CICLO NELLA PROVINCIA DI TRENTO

PREMESSA

Il secondo ciclo di istruzione si è sviluppato a livello nazionale ne-gli scorsi decenni per accumula-zione e sovrapposizione di indiriz-zi e sperimentazioni, in assenza di una riforma complessiva. Ciò ha portato alla presenza di un quadro dell’offerta formativa caratterizza-to da scarsa razionalità (con mol-ti doppioni) e di conseguenza scar-sa chiarezza per le famiglie. Anche a livello provinciale è evidente una frammentazione dell’offerta che poco si concilia con l’utilizzo ra-zionale delle risorse. In ambito socio economico, l’at-tuale fase di sviluppo che inci-de anche sugli assetti della nostra

provincia può essere interpreta-ta secondo le seguenti categorie di transizione, che trovano evocazio-ne anche nel Piano provinciale di sviluppo:da un’economia industriale a un’economia fondata sulla cono-scenzada una cultura “del libro” a una cultura “dell’ipertesto”da un sapere fondato sulle discipli-ne a un sapere fondato sulla tran-sdisciplinarietàda una concezione gerarchica dei saperi ad una rappresentazione di interconnessione di saperi.Rispetto a questo scenario, la legge provinciale 7 agosto 2006 n. 5 di-sciplina in maniera organica il si-stema educativo provinciale e co-stituisce la cornice di riferimento per l’intero impianto regolamenta-re che va gradualmente a caratte-rizzare il sistema scolastico trenti-no.Il quadro dell’offerta formativa rappresenta una tappa fondamen-

tale di questo percorso; esso con-sente di valorizzare le scelte fatte in questi anni in direzione di un mo-dello scolastico fondato sulla cen-tralità dello studente e caratteriz-zato dallo stretto rapporto della scuola con il territorio.Sul piano ordinamentale, il secon-do ciclo della scuola trentina è sta-to impostato, a differenza dell’im-pianto nazionale, come un sistema integrato tra istruzione e Forma-zione professionale, sul modello di due bienni più un quinto anno propedeutico alla scelta dello sboc-co universitario o nel mercato del lavoro. Il primo biennio ha una forte valenza orientativa ed assume particolare importanza per il suc-cesso formativo degli studenti e la riduzione della dispersione scola-stica.

LE PROSPETTIVE A BREVE TERMINE

Dal prossimo anno scolastico, con l’approvazione dei nuovi Regola-menti governativi in materia, il quadro nazionale dell’offerta del secondo ciclo è destinato a cam-biare in modo significativo.Dopo una tendenza alla “licealiz-zazione spinta”, si è arrivati ad un sistema plurale che prevede sul ter-ritorio nazionale quattro “gambe” distinte: i Licei (riordinati e po-tenziati negli indirizzi), gli Istituti tecnici (innovati nel profilo e negli indirizzi), gli Istituti professionali di stato (caratterizzati da percorsi quinquennalizzati, ma senza più la possibilità di rilasciare in automa-tico qualifiche triennali), l’Istru-zione e formazione professionale regionale.In provincia di Trento il sistema scolastico e formativo, conside-rate le sue peculiarità, la sua sto-ria e i bisogni espressi dal territo-rio, si struttura invece in modo più semplificato, su tre gambe: i Licei, gli Istituti tecnici e la Formazione

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professionale provinciale. Ciò av-vicina di più il Trentino ai sistemi formativi nord europei.In relazione agli Istituti tecnici, in particolare, la Provincia perse-gue l’obiettivo di un forte recupe-ro della valenza formativa delle di-scipline tecnico scientifiche e delle relative attività laboratoriali.Anche in relazione a tale orienta-mento, si prevede la graduale con-fluenza dell’Istruzione professio-nale di Stato negli Istituti tecnici laddove siano presenti nel terri-torio indirizzi di istruzione tecni-ca corrispondenti, in grado di dare copertura alla domanda sociale del territorio.Ed è proprio da tale valutazio-ne e dal confronto con il territo-rio che si motiva il mantenimento per l’anno scolastico 2010-2011 in provincia di Trento di un percorso di istruzione professionale nel set-tore dei servizi socio-sanitari pres-so l’Istituto “Don L. Milani” di Rovereto; tale scelta vuole garanti-re infatti agli studenti di poter ac-cedere sul territorio provinciale ad una scuola pubblica con un indi-rizzo che non trova oggi corrispon-denza nell’istruzione tecnica, né è presente in altri percorsi di istru-zione secondaria di secondo gra-do. Comunque si apre con l’Isti-tuto una riflessione per sviluppare e articolare una offerta scolastica nell’ambito del sociale.In ogni caso, si prevedono specifi-

che intese con il MIUR per il rac-cordo con i percorsi di qualifica e di diploma della formazione pro-fessionale.

IL SISTEMA DELL’ISTRUZIONE LICEALE

In provincia di Trento l’offerta for-mativa ad indirizzo liceale acco-glie, nel corrente anno scolastico, circa il 50 % degli studenti iscrit-ti al secondo ciclo e si caratteriz-za per la completezza e la capillare diffusione sul territorio provincia-le, almeno per gli indirizzi più co-muni. Indirizzi liceali sono, infatti, presenti in 20 istituzioni scolasti-che (16 provinciali e 4 paritarie).Il nuovo ordinamento dei li-cei persegue l’obiettivo di un for-te rilancio dell’identità e del ruo-lo dell’istruzione liceale, concepita come distinta e alternativa rispetto all’istruzione tecnica.L’impianto dei licei è unitario. La cultura liceale si propone di fornire agli studenti gli strumenti culturali e metodologici per una compren-sione approfondita dei temi lega-ti alla persona e alla società nella realtà contemporanea. Pur preve-dendo un potenziamento del rap-porto tra scuola e mondo del lavo-ro lo sbocco fondamentale rimane la prosecuzione degli studi, in am-bito universitario o nell’Alta for-mazione.Il nuovo ordinamento prevede la confluenza degli attuali percorsi, compresi quelli sperimentali, in sei indirizzi liceali: classico, scien-tifico, linguistico, delle scienze umane, artistico e coreutico-mu-sicale. Per alcuni indirizzi (scien-tifico, delle scienze umane e arti-stico) sono previste articolazioni in opzioni o sotto-indirizzi. La confluenza tra gli attuali percor-si e i nuovi indirizzi è “naturale” nella stragrande maggioranza dei casi, comprese le sperimentazioni

in ambito linguistico, coreutico e musicale, che vengono ricondotte a ordinamento.Tra le maggiori novità recate dal-la riforma meritano un cenno par-ticolare il liceo scientifico, il liceo delle scienze umane e il liceo ar-tistico.In relazione al liceo scientifico la novità principale è costituita dalla nuova opzione denominata “scien-ze applicate”.Il dibattito che si è sviluppato in-torno al liceo tecnologico e al suo futuro ha visto susseguirsi diverse ipotesi intorno alla dialettica tra caratterizzazione liceale o caratte-rizzazione tecnica. Ha prevalso la prima ipotesi: il nuovo percorso è un liceo a tutti gli effetti, sia in ter-mini di tempo scuola sia di disci-pline di insegnamento previste dal quadro orario, e trova quindi fon-damento la scelta della Provincia di collocarlo nei licei scientifici. Il nuovo percorso verrà attivato in 7 istituzioni scolastiche.E’ tra le novità più interessanti della riforma: nel liceo scientifi-co acquistano centralità le materie scientifiche e il nome del percorso e il titolo di studio conseguito cor-rispondono al contenuto. Nell’im-maginario collettivo viene presen-tato come il liceo scientifico senza il latino; in realtà è molto di più. Si tratta di un percorso liceale che, con un tempo scuola contenuto (27 ore al biennio e 30 al trien-nio), prevede un forte rafforza-mento dell’asse scientifico e la pre-senza significativa dell’informatica per tutto il quinquennio. Un per-corso che consentirà agli studenti di ottenere una solida preparazio-ne in ambito scientifico nel conte-sto di un percorso liceale (cioè at-tento al versante della formazione umanistica). Il suo sbocco natura-le sono le facoltà scientifiche e tec-niche e quindi può rappresenta-re una eccellente opportunità per sostenere le vocazioni per le lau-

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ree scientifiche (uno degli obietti-vi di Lisbona 2010), ritenute stra-tegiche per lo sviluppo economico dei territori.Per quanto attiene al liceo delle scienze umane sono previsti due percorsi: il liceo delle scienze uma-ne, che raccoglie l’eredità del vec-chio istituto magistrale e delle spe-rimentazioni avviate dopo la sua soppressione (Liceo socio psico-pedagogico) e il liceo delle scien-ze umane, opzione economico so-ciale, che sviluppa il progetto del liceo delle scienze sociali e che si caratterizza per la presenza delle discipline giuridiche economiche. Questi percorsi verranno attivati presso nove istituzioni scolastiche.In merito al liceo artistico si trat-ta di una trasformazione significa-tiva rispetto all’attuale istruzione artistica in quanto viene potenzia-ta la parte culturale. In ogni caso anche questa confluenza non pre-senta particolari difficoltà in quan-to già da diversi anni i percorsi at-tivati anticipavano la scelta liceale. Inoltre, il monte ore previsto per questa tipologia di liceo (34 ore settimanali nel primo biennio e 35 ore settimanali nel triennio) con-sente di valorizzare l’esperienza la-boratoriale pur nel contesto di una formazione liceale. Dei sei indiriz-zi previsti dal nuovo liceo artistico, in provincia ne verranno attivati cinque; complessivamente i per-corsi attivati saranno nove, distri-buiti su tre sedi scolastiche.

IL SISTEMA DELL’ISTRUZIONE TECNICA

L’offerta formativa ad indirizzo tecnico raccoglie nel Trentino, nel

corrente anno scolastico, circa il 30% degli studenti iscritti; essa, in analogia al sistema dei Licei, si ca-ratterizza non solamente per com-pletezza e distribuzione capillare sul territorio, ma anche per defi-nizione e distinzione dei profili in uscita dai diversi indirizzi.L’identità degli istituti tecnici è connotata da una solida base cul-turale a carattere scientifico e tec-nologico, in linea con le indica-zioni dell’Unione europea e delle richieste provenienti dal mondo imprenditoriale.In questi istituti sono centrali nel processo formativo l’attività di la-boratorio, gli stages e i percorsi di alternanza scuola-lavoro per ap-prendere in contesti operativi.La riforma nazionale abbando-na pertanto l’ibridazione dei per-corsi liceali e tecnici, tanto che, ad esempio, l’indirizzo del Liceo scientifico-tecnologico è stato sop-presso.Il nuovo ordinamento sviluppa l’assetto attuale articolandolo in due settori (economico e tecno-logico), arricchendolo con undici indirizzi e relative articolazioni che intendono coprire i nuovi bisogni formativi di settore, anche in ri-sposta a specifiche esigenze del ter-ritorio, soprattutto per quanto ri-guarda l’innovazione tecnologica e organizzativa.La domanda di forte caratterizza-zione dei percorsi tecnici in tale direzione è stata fortemente soste-nuta anche in Trentino dal mon-do dell’impresa che ha espresso forte interesse per percorsi tecnici in grado di formare studenti con competenze professionali adeguate ad un loro inserimento nel mondo del lavoro. Per questo si intendono

attivare tutti gli indirizzi e tutte le articolazioni previste a livello na-zionale - tranne l’indirizzo Sistema moda - per assicurare la più com-pleta offerta formativa.Rispetto al quadro attuale, l’offer-ta formativa provinciale degli indi-rizzi tecnici si arricchirà di nuovi percorsi: l’indirizzo per il Turismo e l’indirizzo Trasporti e logistica. Il primo risponde alle esigenze di as-sicurare competenze culturali, lin-guistiche e tecniche adeguate allo sviluppo del settore turistico; il secondo mira a formare tecnici a supporto di un settore strategico ed in forte espansione. Inoltre, diventa decisivo il rap-porto con l’Università e l’Alta for-mazione professionale che vede nell’istruzione tecnica il perno dell’innovazione nell’offerta for-mativa a livello provinciale.

LA FORMAZIONE PROFESSIONALE PROVINCIALE

L’offerta della Formazione profes-sionale provinciale raccoglie nel Trentino, nel corrente anno sco-lastico, circa il 18% degli studen-ti iscritti; essa, in analogia all’istru-zione tecnica, si articola in percorsi triennali relativi a 15 qualifiche e in percorsi quadriennali relativi a 18 diplomi professionali.L’identità della Formazione pro-fessionale si caratterizza per un in-nalzamento e arricchimento del-la cultura di base e sviluppo delle competenze operative funziona-li a un qualificato inserimento nel mondo del lavoro.I percorsi triennali si articolano in un primo anno di macro settore, un secondo anno di famiglia pro-fessionale e un terzo anno di quali-fica professionale. Successivamen-te è possibile seguire un quarto anno per acquisire il diploma di tecnico professionale.I macrosettori di riferimento sono

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otto: Agricoltura e ambiente, In-dustria e artigianato, Legno, Abbi-gliamento, Grafico, Alberghiero e della ristorazione, Terziario (com-merciale e amministrativo), Servizi alla persona (acconciatura ed este-tica), Servizi sanitari e socio-assi-stenziali, Servizi di animazione tu-ristico-sportiva.L’offerta formativa, in particolare per il quarto anno, è caratterizza-ta da un organico rapporto con il mondo del lavoro attraverso l’al-ternanza scuola-lavoro e l’attiva-zione di rapporti di partenariato con le imprese.

LE PROSPETTIVE A MEDIO E LUNGO TERMINE

Rispetto al quadro sopra delineato, un’adeguata programmazione stra-tegica dell’offerta formativa richie-de tuttavia di assumere una logica di filiera formativa (che coinvolge l’istruzione liceale, l’Istruzione tec-nica, la Formazione professiona-le, l’Alta formazione professiona-le, l’Università), verso l’istituzione di poli formativi specializzati di ec-cellenza, ritenuti strategici per lo sviluppo dell’economia trentina.In tale prospettiva, oltre al polo “agricoltura e territorio” (già esi-stente presso la Fondazione Mach di S. Michele all’Adige), è previsto lo sviluppo o il rafforzamento dei seguenti poli:meccanica e meccatronicainformatica e microsistemienergia e ambiente costruzioni e legno turistico-alberghieroUna scelta di questo genere com-porta naturalmente la necessità di:coinvolgere il mondo dell’impresa, dell’Università e della ricerca, degli Enti locali, con forme di partena-riati organicimobilitare nuove risorse per co-stituire strutture e laboratori tec-nologicamente avanzati, di rife-rimento per tutta la provincia, in

cui far confluire periodicamente sia studenti che insegnantiorganizzare percorsi di eccellenza comprendenti anche forme inno-vative di stage e tirocini.

LE NUOVE FILIERE FORMATIVE TECNICO - PROFESSIONALI

La filiera meccanica e meccatronicaQuesta filiera è imperniata sugli indirizzi e le articolazioni di Mec-canica, meccatronica e energia. In-teressa in particolare le PMI dei settori tecnologicamente più avan-zati.

La filiera informatica e microsistemiQuesta filiera è imperniata su-gli indirizzi e/o le articolazioni di Informatica e telecomunicazioni, Elettronica ed elettrotecnica, Siste-mi informativi. Interessa in parti-colare le grandi aziende produttri-ci di software presenti in Trentino, i Centri di ricerca e sviluppo e di trasferimento tecnologico, le im-prese dei settori delle ICT.

La filiera energia e ambienteQuesta filiera è imperniata sugli indirizzi e/o le articolazioni di Co-struzioni, ambiente e territorio, Biotecnologie ambientali e Ener-gia. Interessa in particolare le pu-blic utilities, le aziende specializza-te nei settori della green economy e delle energie rinnovabili.

La filiera costruzioni e legnoQuesta filiera è imperniata sugli

indirizzi e/o le articolazioni di Co-struzioni, ambiente e territorio e il macrosettore Legno della FP. In-teressa in particolare le imprese di costruzioni e di servizi nei settori della bioedilizia, dell’antisismico e del risparmio energetico.

La filiera turistico-alberghieraQuesta filiera è imperniata sugli indirizzi e/o le articolazioni di Tu-rismo, Relazioni internazionali, del macrosettore Turistico-alber-ghiero della FP e gli indirizzi liceali Linguistico e delle Scienze umane. Interessa in particolare le imprese alberghiere, le agenzie turistiche e le strutture congressuali, nonché gli organismi per la tutela paesag-gistica, per la promozione del turi-smo culturale, giovanile ed enoga-stronomico.

IL LICEO ARTISTICO PROVINCIALE

La Provincia intende istituire un istituto artistico provinciale qua-le polo di eccellenza, suddiviso su due sedi, a Trento e a Rovere-to, che valorizzino le migliori espe-rienze maturate dalla scuola trenti-na in materia.

IL LICEO LADINO

La Provincia intende istituire un indirizzo speciale di “Liceo ladino” a Pozza di Fassa che preveda l’inse-gnamento organico di e in lingua ladina per favorire lo sviluppo del bilinguismo presso la popolazione giovanile e la valorizzazione della cultura e delle tradizioni delle po-polazioni ladine.

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Molti istituti scolastici sono sempre più impegnati o perlomeno interessati ai progetti CLIL, ossia pro-grammi di insegnamento di una disciplina in lin-gua straniera. L’esperienza maturata in questi anni come consulente e formatrice CLIL, sia in Trenti-no che a livello nazionale (compresi progetti MIUR) nonché in progetti europei, mi mette spesso di fron-te al problema di spiegare agli insegnanti, soprattut-to disciplinari, perché fare CLIL sia più vantaggioso che non farlo e quali siano i fattori che hanno porta-to a ottimi risultati in alcuni Stati europei, in cui il CLIL è ormai collaudato. Cercherò qui di riassume-re le motivazioni più solide della ricerca, con l’augu-rio di fornire sia informazioni sia spunti di riflessione validi per coloro che intendano approfondire la cono-scenza del CLIL senza farsi fuorviare da altre ragioni che spesso derivano dal puro e semplice pregiudizio.

CLILPerché sceglierlo

Le domande di tuttiCome molti dei nuovi progetti didattici, anche il CLIL ha aspetti critici e aspetti vincenti. Il fatto che questi ultimi superino i primi per quantità e consistenza non esime però molti colleghi dal rifiutare aprioristicamen-te l’esperienza CLIL, per il semplice fatto che propone qualcosa di nuovo e pretende una rielaborazione dell’esi-stente. Questo connubio, novità + riflessione, basta già, nella scuola, a guadagnarsi dei nemici. Ecco dunque al-cune delle domande che mi vengono rivolte di frequen-te. Le risposte non pretendono di essere indiscutibili, tut-tavia richiedono al lettore una lettura intellettualmente onesta e curiosa.

Chi me lo fa fare?Come tutte le cose serie e per di più nuove, anche il CLIL richiede impegno. Da qui la domanda posta. Onesta-mente la filosofia “del chi me lo fa fare” potrebbe valere per tutto il lavoro dell’insegnamento, così come per quello dell’apprendimento e mi piacerebbe sapere cosa rispon-dono gli insegnanti che si pongono questa domanda agli studenti che campano con la filosofia del “chi me lo fa fare a studiare”. Ora, è innegabile che nel CLIL ci sia “da fare”. Ma, a ben vedere, qualsiasi insegnamento richiede de-gli sforzi, “fa fare” una programmazione che non sia solo la copiatura dell’indice del libro di testo, impone la ri-cerca di materiali che non siano solo quelli del manua-le, richiede la conoscenza dei propri alunni per stabilire le priorità dell’insegnamento. In compenso, però, mentre la supina applicazione del libro di testo non garantisce ap-

prendimento, il CLIL, se ben fatto, può produrre risultati davvero sorprendenti e non solo per l’alunno.

Buoni risultati nella linguaPerché la maschera. Vale a dire, non la insegna in manie-ra esplicita e dunque rende l’esposizione ad essa molto più autentica, meno ansiogena e certamente più comu-nicativa. Il fare lingua senza accorgersene diventa dun-que il primo motivo per un’acquisizione solida e moti-vante, molto più dell’insegnamento curricolare; la lingua finalmente non viene descritta, viene semplicemente usa-ta, ascoltata, letta, parlata, cioè riacquista finalmente la sua vera essenza, ciò per cui esiste e vive. Il vero focus del CLIL non è la lingua, ma la disciplina, dunque l’insegna-mento formale della lingua viene aggirato e così risulta molto più efficace.

L’apprendimento nella disciplinaLe ricerche dimostrano che i contenuti appresi in CLIL, diversamente da quanto accade con gli altri, sono molto più duraturi, non vengono dimenticati facilmente. Que-sto succede perché il CLIL impone almeno due azioni: una riflessione sui nuclei portanti della disciplina, sui suoi saperi irrinunciabili (cosa che da anni viene richiesta e mai veramente realizzata); un modo attivo, dinamico di proporla che esuli quasi totalmente dalla lezione fron-tale e dal circolo chiuso spiegazione-ripetizione che cer-to può garantire una valutazione consona alla struttura scolastica ma non è sempre sinonimo di apprendimen-to. Quanto alla prima azione, l’insegnante CLIL deve per prima cosa chiedersi: cosa voglio che i miei scolari sappia-no e sappiano fare al termine di questa esperienza? Qual è la soglia di competenza sotto la quale non posso scendere? Non è una semplice domanda di routine, si tratta al con-trario di un interrogativo molto serio che, una volta tro-vata una risposta, non dovrà più essere posto.

Una programmazione dettagliataQuanto al metodo, è la parte più interessante di tutta l’azione. La programmazione CLIL deve essere detta-gliata in maniera quasi maniacale. Una programma-zione che reciti: “leggere in classe un testo e scambiarsi informazioni” non dice nulla di quanto in classe debba realmente avvenire. La scelta del testo, ad esempio, è fon-damentale, poiché dovrà avallare la competenza di mate-riale disciplinare e non di conoscenze linguistiche, dun-que va specificato con quale tipologia testuale si intende lavorare e perché quella e non un’altra. E poi: come si formano i gruppi? Quali sono le consegne esatte? Come vengono date? Cosa fanno gli alunni dentro al gruppo? E come fanno a scambiarsi conoscenze? Tutti parlano con tutti? Vengono dati incarichi? Distribuite schede? Usano il dizionario o altri materiali?

Pianificare in anticipoIn altre parole, il CLIL riabitua gli insegnanti alla mi-nuta scansione dell’azione didattica, insistendo soprat-tutto sul tipo di compito, sul tipo di materiale da utiliz-zare, sulle consegne e sulle procedure e molto meno sul

LINGUE STRANIERE

il contributo

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proprio insegnamento. Non è importante quello che fa l’insegnante, ma quello che si decide debba fare l’alun-no, poiché l’apprendere è molto più importante dell’in-segnare. È proprio questo carattere di pianificazione precedente alla lezione che stravolge il senso del fare, au-mentando certo il lavoro dell’insegnante prima di entra-re in classe, ma aumentando quello degli alunni in classe. Ciò pretende una riduzione dell’accentramento didatti-co sull’insegnante durante la lezione stessa. Per questo gli alunni avranno accesso ad un sapere non solo contenuti-stico, ma anche procedurale, che contribuisce alla crescita della tanto invocata (udite, udite) autonomia.

È necessario essere madrelingua? Assolutamente no. È certamente necessario avere una buona competenza comunicativa nella LS. Se questo non è scontato per l’insegnante disciplinare, lo è certa-mente per quello di LS. Dovremmo allora concludere che l’insegnante di LS deve essere un madrelingua, perché l’insegnante italiano sa insegnare solo la grammatica? Se così fosse, possiamo chiudere qui il discorso ed elimina-re la LS dal curricolo. Se ne deduce che, se la scuola non dispone di insegnanti disciplinari competenti in LS, può senz’altro predisporre modalità organizzative di collabo-razione a diversi livelli. E qui sta un altro punto dolente.

L’investimento della scuolaCertamente non tutto, ma investire si deve, se si deci-de di fare CLIL. CLIL non è solo un’etichetta di qualità per la scuola, è anche lavoro e non può essere a costi zero. Il Collegio dei docenti che investe sul CLIL è responsa-bile di questo investimento e deve esserne consapevole. Il CLIL non può essere il pallino personale di qualche insegnante, ma un progetto condiviso e della cui im-portanza la maggioranza dei docenti è convinta. Il Col-legio docenti si vuol prendere la responsabilità di boccia-re progetti che assicurano buoni risultati solo per paura che questo stravolga gli orticelli ben coltivati dei singoli? Lo faccia, ma sia chiaro che si tratta di una responsabili-tà collettiva.

La formazione necessariaAllo stesso tempo sappia anche che è perfettamente inuti-le che un istituto scolastico promuova ogni anno decine di corsi di aggiornamento che non hanno alcuna rica-duta sull’azione didattica o sul’apprendimento degli alun-ni. Il buon senso, prima ancora che l’etica, suggerisce di investire in tre, massimo quattro progetti che si giudicano prioritari per il proprio contesto, condividerli, collaborare e infine valutarne gli esiti. Domanda corollario: la scuola deve investire per preparare linguisticamente gli inse-gnanti disciplinari? A mio parere no. La scuola deve in-vestire sul lavoro di programmazione e pianificazione di-dattica, ma non sulla preparazione disciplinare dei singoli (e quella linguistica fa parte di queste). È ora che anche nel ricco Trentino gli insegnanti comincino a capire che investire sulla propria carriera non è una spesa totalmen-te pubblica, ma anche un carico professionale ed etico del singolo, come avviene in tutto il resto d’Italia e in Europa.

Non solo sul libro di testo? Sì, per fortuna. Come è stato detto, l’apprendimento in CLIL è certo più solido e duraturo, ma anche più lento, necessita di tempi diversi da quelli di un apprendimen-to in L1. Si sappia che è proprio la lentezza che garanti-sce un affondo sulle conoscenze giudicate indispensabili e prioritarie e al tempo stesso aumenta la motivazione de-gli alunni e le probabilità di successo. Questa consapevo-lezza è la conseguenza di un altro accessorio indispensa-bile per CLIL, vale a dire la mancanza di ossessione per il “programma da finire ad ogni costo”. Posto che tutto non si può fare in una disciplina, a meno di non farla male pur di farla, l’insegnante CLIL deve saper selezionare e sce-gliere. Deve mostrare attaccamento non tanto per il pro-gramma, quanto piuttosto per le abilità cognitive supe-riori dei propri alunni, quelle descritte da Vygotsky, che spesso si sviluppano nei ragazzi, quando si sviluppano, in-dipendentemente dalla scuola, ahimé.

Posso fare un quasi - CLIL? Naturalmente ogni scuola può fare quello che vuole, ma almeno sarebbe onesto chiamare le cose col loro nome. Cinque, sei ore di lettore madrelingua che deve adeguar-si a quello che i colleghi disciplinari gli dicono di fare può essere un potenziamento della LS ma certamente non è CLIL. Il CLIL non è un’appendice appiccicaticcia a quanto esiste senza che nulla all’interno dell’organiz-zazione debba cambiare, ma un vero e proprio proget-to che necessita di un team, di cooperazione, di messa in comune, di supporti interni ed esterni. Di formazione e tempo, disponibilità a sperimentare e apertura a nuo-ve modalità operative. Per favore, siate onesti e chiama-te CLIL solo quello che è CLIL, così come non chiame-reste matematica l’elaborazione di un sistema per vincere al Lotto.

CLIL sostituisce la lezione di lingua straniera? No! Non c’è nulla che possa sostituire la lezione di LS perché CLIL, lo ripeto, è in primis lezione disciplina-re. Chi pensa al CLIL come ad un possibile risparmio, deve prendere altre strade. CLIL, al contrario, è un inve-stimento sul sapere, che come tutti gli investimenti costa adesso e frutta più tardi. Chi considera la scuola un’azien-da troverà tutto questo molto improduttivo. Io credo che non ci sia nulla di più improduttivo e suicida per una ci-viltà di una gioventù mal formata, ignorante e non auto-noma, ma forse questi sono punti di vista. Naturalmen-te l’argomento non è esaurito qui, ma spero di aver dato qualche spunto di riflessione che possa aiutare la discus-sione, anche se qualcuno continuerà a chiedersi “chi me lo fa fare?” e qualcun altro a pensare che la scuola costa troppo. Probabilmente nessuna discussione sarà in gra-do di dare una risposta soddisfacente a queste domande.

Federica Ricci GarottiProfessore Associato di Lingua e Linguistica Tedesca

presso la Facoltà di Lettere e FilosofiaUniversità di Trento

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Inserto a cura di: Mario CaroliInterventi di:Maria Arici, Laura Bampi, Mario Caroli, Loretta Debiase, Mauro Debiase, Cristina Delpero, Patrizia Lucca, Stefania Plotegher, Angelina Ribolli, Giorgio Robol, Ales-sandra Sighel, Paola Strafellini, Leila ZiglioLe foto di pagina 22 e 23 sono di Giancarlo Ianeselli, che opera presso il centro “Millevoci”

Il punto e alcune buone prassi nelle scuole del Trentino

“COLORI IN CLASSE…”

il dossierdentro l’argomentoil dossieri numeriil contestoIl Centro millevocii referentile risorsele buone prassi all’I.C. di ala

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il dossier

Questo dossier della rivista è dedicato al tema dell’inserimento, ac-coglienza ed integrazione degli alunni stranieri nella scuola del Trentino. Uno sguardo d’insieme, a partire dalla realtà del Centro Millevoci, ma non solo, e poi “il racconto” di ciò che si pensa e si fa in proposito in un istituto comprensivo della periferia, quello di Ala.

BUONE PRASSIDentro l’aula per capire e raccontare

Dentro l’istituto e…

Da alcuni anni ormai Didasca-lie dedica un inserto interno, che chiamiamo “dossier” per “rac-contare” un istituto o una sin-gola scuola, legando la scadenza quasi sempre ad un evento che la scuola ha organizzato, come l’in-titolazione o la ristrutturazione dell’edificio o una qualche scelta specifica che vale la pena, secon-do noi, di far conoscere anche alle altre scuola ed alla comunità edu-cante, in senso più lato. Sappiamo che sono dossier molto apprezza-ti, non solo dai diretti interessa-ti (il che è anche comprensibile), ma anche da altri soggetti ester-ni alla scuola coinvolta, che rie-scono a trovare nel “racconto” dei progetti e delle pratiche educati-ve, che noi veicoliamo, qualche stimolo anche per la propria real-tà o qualche riflessione aggiunti-va su singoli aspetti del “mestiere insegnante” o dell’azione didatti-ca in classe.

…dentro l’argomento

Accanto agli inserti dedicati ad un singolo Istituto abbiamo in-trodotto, intervallando, dei dos-sier su tematiche specifiche (l’in-tegrazione dei disabili, il Centro di Rovereto, il mestiere insegnan-te, l’esperienza delle Ssis ecc.), an-che questi – ci dicono in più oc-casioni e contesti diversi – letti ed apprezzati.

In questo numero ci occupiamo degli alunni stranieri a scuola, tema spesso alla ribalta anche na-zionale magari per sortite estem-poranee anche fantasiose su so-luzioni di contenimento se non di chiusura o di penalizzazio-ne di esperienze d’integrazione (che pure ci sono – e tante – nel-le aule scolastiche anche in Tren-tino) davvero impensabili fino a qualche anno fa. Da noi, sem-mai, quello dell’integrazione de-gli alunni stranieri è un percorso che parte davvero da lontano, da qualche decennio ormai con pro-getti e iniziative ormai anche con-solidate.Nel dossier abbiamo abbinato il “dentro l’argomento” dando uno sguardo d’insieme a carattere pro-vinciale, a “dentro l’istituto” cer-cando di “raccontare” delle buone pratiche che sapevamo essere in atto all’I. C. di Ala. Con una pre-cisazione, a scanso equivoci. Sappiamo che non spetta certo ad una rivista assegnare le pagel-le di “buone o cattive pratiche”, noi tentiamo solo di “racconta-re” ciò che succede in una scuola che ci è stata indicata da più parti come innovativa da questo punto di vista, dopo aver incontrato do-centi, dirigente scolastico ed esse-re anche stati ospitati gentilmente in classe o in qualche laboratorio. Il racconto è fatto dai diretti inte-ressati, con la nostra mediazione.Siamo bene cosapevoli che in Trentino sono tante le realtà di

scuola militante molto viva, di dirigenti e insegnanti (ma anche personale ata) che credono davve-ro che il cuore della scuola è la di-dattica e la pratica quotidiana coi ragazzi.Per parte nostra, continueremo a “raccontare” e a far circolare delle buone esperienze quotidiane.

Mario Caroli

Il Centro Millevoci

Il Centro Millevoci è situato pres-so la scuola primaria Savio in via S. Pio X n. 103 a Trento ed è aperto per in formazioni e con-sultazione della biblioteca: lunedì dalle 10.00 alle 13.00, mercoledì e giovedì dalle 14.00 alle 17.00, mentre le attività di consulenza si svolgono su appuntamento dal lunedì al giovedì dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 17.00, il venerdì dalle 9.00 alle 12.00. Per informazioni o prenotare appun-tamenti: tel. 0461 920955, e-mail [email protected]. Gli operatori del Centro sono Laura Bampi, Lucia Dorigoni, Elisa-betta Giovannini, Giancarlo Ia-neselli, Nicoletta Lorandi, Ma-ria Pedrazzoli e Giovanna Salvi.

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i numeri

I dati riportano il trend di cre-scita degli studenti stranieri nelle scuole della provincia. Oltre all’aumento percentua-le negli anni, da notare lo scar-to in soli tre mesi, da settembre a novembre 2009, in vari gra-di scolastici, con la Formazione Professionale che si differenzia notevolmente dagli altri ordi-ni di scuola. Questi aumenti in corso d’anno stanno ad in-dicare come la Scuola, nella sua programmazione, deve neces-sariamente tenerne conto pre-vedendo dispositivi efficaci di accoglienza e di educazione lin-guistica per tutto l’anno scola-stico. L’altro dato a cui fare attenzio-ne è la percentuale di studen-ti stranieri, che sono invece nati in Italia e che continuia-mo a chiamare stranieri solo perché non hanno la cittadi-nanza italiana. Hanno ormai superato il 50% nelle scuole elementari e stanno aumentan-do velocemente negli altri ordi-ni di scuola. Anche di questo aspetto, la Scuola deve tener-ne conto perché, a differenza dei neo arrivati, le politiche di integrazione per loro non sono più tanto quelle legate al feno-meno linguistico ma piuttosto all’interazione interculturale, che implica rispetto, riconosci-mento, scambio reciproco, per-corsi di cittadinanza in situa-zione di pluralismo culturale.Questo presuppone nei docen-ti una competenza intercultu-rale necessaria per dare qualità e sostenibilità al nostro futuro, per procedere verso un progres-so inclusivo e non escludente.

ALUNNI STRANIERI La presenza nella scuola trentina

VALORI ASSOLUTI 2007/2008 2008/2009 2009/2010 settembre

2009/2010 novembre

PrimariaITALIANA 23.872 23.872 23.841 23.844STRANIERA 2.769 2.855 2.916 2.963TOTALE 26.641 26.727 26.757 26.807

Secondaria di 1° Grado

ITALIANA 13.923 14.312 14.548 14.584STRANIERA 1.788 1.915 1.962 1.986TOTALE 15.711 16.227 16.510 16.570

Secondaria di 2° Grado

ITALIANA 18.710 18.678 18.620 18.793STRANIERA 1.039 1.258 1.381 1.416TOTALE 19.749 19.936 20.001 20.209

Formazione Professionale

ITALIANA 3.207 3.294 3.733 3.780STRANIERA 755 756 823 907TOTALE 3.962 4.050 4.556 4.687

TOTALEITALIANA 59.712 60.156 60.742 61.001STRANIERA 6.351 6.784 7.082 7.272TOTALE 66.063 66.940 67.824 68.273

TOTALEITALIANA 90,39% 89,87% 89,56% 89,35%STRANIERA 9,61% 10,13% 10,44% 10,65%TOTALE 100,00% 100,00% 100,00% 100,00%

VALORI PERCENTUALI 2007/2008 2008/2009 2009/2010 settembre

2009/2010 novembre

PrimariaITALIANA 89,6% 89,3% 89,1% 88,9%STRANIERA 10,4% 10,7% 10,9% 11,0%TOTALE 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

Secondaria di 1° Grado

ITALIANA 88,6% 88,2% 88,1% 88,0%STRANIERA 11,4% 11,8% 11,9% 12,0%TOTALE 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

Secondaria di 2° Grado

ITALIANA 94,7% 93,7% 93,1% 93,0%STRANIERA 5,3% 6,3% 6,9% 7,0%TOTALE 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

Formazione Professionale

ITALIANA 80,9% 81,3% 81,9% 80,7%STRANIERA 19,1% 18,7% 18,1% 19,3%TOTALE 100,0% 100,0% 100,00% 100,0%

TOTALEITALIANA 90,4% 89,9% 89,6% 89,3%STRANIERA 9,6% 10,1% 10,4% 10,6%TOTALE 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

LUOGO DI NASCITA 2007/08 2008/09 2009/10

PrimariaNATI ALL’ESTERO 60% 53% 48%NATI IN ITALIA 40% 47% 52%TOTALE 100% 100% 100%

Secondaria di 1° Grado

NATI ALL’ESTERO 83% 81% 77%NATI IN ITALIA 17% 19% 23%TOTALE 100% 100% 100%

Secondaria di 2° Grado

NATI ALL’ESTERO 93% 91% 87%NATI IN ITALIA 7% 9% 13%TOTALE 100% 100% 100%

Formazione Professionale

NATI ALL’ESTERO 94%NATI IN ITALIA 6%TOTALE 100%

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I corsi di formazione

Nel corrente anno solare sono così stati organizzati e svolti due di-stinti corsi di formazione. Uno per facilitatore linguistico e uno per mediatore interculturale. Per ambedue i corsi erano previsti 35 posti. Il regolamento prevede che il facilitatore linguistico può essere o un docente interno o un esper-to esterno formato, quindi un non –docente che la scuola può assu-mere e pagare attraverso il fon-do qualità. Il corso che si è appe-na concluso era rivolto proprio a personale esterno alla scuola.

il contesto

La PAT, nella Legge Provinciale n. 5 del 2006 sul Sistema educativo di istruzione e formazione del Trentino, ha inserito un articolo, il n. 75, specifico per l’inserimento e l’integrazione degli studenti stranieri nelle istituzioni scolastiche e formative. A seguito di questo articolo, la Giun-ta provinciale ha approvato successivamente, con la Delibera n. 581/08, un Regolamento attuativo che affronta le varie modalità di interven-to per l’inserimento e l’integrazione degli studenti stranieri nella scuola. Più specificamente, gli articoli 7 e 8 si occupano di due nuove figure di riferimento che sono il facilitatore linguistico e il mediatore intercul-turale. Ne vengono individuati il profilo, le competenze e la necessaria formazione per essere inseriti in liste provinciali ufficiali che consento-no di operare nelle Istituzione scolastiche e formative.

I CARELe figure che accompagnano

È stato infatti rilevato che le Isti-tuzioni scolastiche e formative in questo momento si trovano in dif-ficoltà a reperire personale esterno adeguatamente formato. La scelta è stata quindi quella di privilegiare una formazione mirata agli esper-ti esterni, rimandando ad un corso successivo la formazione per i do-centi interni. Obiettivo della for-mazione è stato quello di fornire ai partecipanti una preparazione specifica in ordine alle modalità di insegnamento dell’italiano L2 (lingua italiana insegnata agli stu-denti stranieri considerata lingua seconda).

Il facilitatore linguistico

Il corso si è proposto di formare persone in grado di: promuovere o provvedere direttamente all’attiva-zione di iniziative da svolgersi nella classe o nel laboratorio linguistico di italiano per gli studenti stra-nieri, volte allo sviluppo dell’ap-prendimento della L2; integrare e supportare l’attività dei docen-ti delle materie curricolari e colla-borare con gli stessi alla program-mazione, definizione e valutazione degli interventi atti a risponde-re agli specifici bisogni linguistici degli studenti stranieri. Gli iscrit-ti alla formazione, dovevano essere di madrelingua italiana in posses-so di un diploma di laurea alme-no triennale o equipollente, o del titolo di abilitazione all’insegna-mento nelle scuole italiane, oppu-re, se non di madrelingua italia-na, dovevano essere in possesso di una competenza certificata in ita-liano corrispondente al livello C2, come definito dal quadro comune europeo di riferimento per le lin-gue, elaborato dal Consiglio d’Eu-ropa o in alternativa possedere un diploma di laurea almeno trienna-le, o equipollente, o del titolo di abilitazione all’insegnamento nelle scuole italiane.

Il mediatore culturale

La figura del facilitatore linguisti-co non va confusa con quella del mediatore interculturale, figura altrettanto importante che opera anch’essa nelle scuole e in altri am-biti formativi, educativi e sociali e che gioca un ruolo indispensabile in materia di mediazione fra per-sone con radici, esperienze e va-lori culturali diversi, ma che con-dividono gli stessi luoghi di vita. Obiettivo della formazione, in questo caso, è stato quello di forni-re ai partecipanti una preparazio-ne collegata al mondo scolastico e

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formativo in genere, in modo for-mare persone che siano in grado di fare da ponte tra società e sistemi scolastici diversi e che quindi faci-litino l’accoglienza degli studenti a scuola, l’accompagnamento nella prima fase di inserimento e la re-lazione con le famiglie migranti; intervengano a scuola con proget-ti educativi interculturali da attori della migrazione e testimoni privi-legiati. I partecipanti dovevano es-sere in possesso di una competenza certificata in italiano corrispon-dente al livello B2 del quadro co-mune europeo di riferimento per le lingue. Sono stati inoltre consi-derati in possesso di tale compe-tenza coloro i quali hanno conse-guito un diploma di laurea presso le università italiane, o un diplo-ma di laurea in lingua e letteratura italiana presso università non ita-liane.

L’esperienza della migrazione

Un requisito per poter accedere al corso di formazione per mediato-re interculturale è stato aver vis-suto un percorso di migrazione. I nati in Italia hanno dovuto do-cumentare tale requisito mediante atti idonei a dimostrare che han-no vissuto per almeno tre anni continuativi, dopo il compimen-to dei 18 anni, in uno stato este-ro; i nati in un paese estero han-no dovuto documentare di essere residenti in Italia da almeno due anni e di essere in possesso di re-golare permesso di soggiorno. Do-vevano inoltre possedere un titolo di studio universitario o aver fre-

quentato un percorso scolastico corrispondente ad almeno dodici anni di studio, possedere la padro-nanza della L1 ( lingua madre) da accertare prima dell’inizio del per-corso formativo.

I percorsi svolti

I percorsi formativi hanno visto una parte teorica ed una di ti-rocinio. Il periodo di tirocinio si è svolto nei laboratori di L2 delle istituzioni scolastiche e formative provinciali. La certificazione è sta-ta rilasciata a chi ha frequentato al-meno l’80% del corso, superando positivamente le verifiche interme-die, e svolto almeno l’80% del ti-rocinio e presentato un elaborato scritto finale relativo a quanto spe-rimentato nell’esperienza di tiroci-nio. Sono stati riconosciuti anche altri percorsi formativi organizza-ti da enti pubblici o privati accre-ditati dalla pubblica amministra-zione, della durata minima di 200 ore di formazione, o che abbiano fatto acquisire almeno 15 credi-ti formativi universitari (CFU), in materia di didattica dell’italiano agli stranieri o in materia di me-diazione culturale, per i mediato-ri interculturale, per i quali è sta-to fondamentale aver verificato la padronanza della L1 mediante lo svolgimento di una prova di tradu-zione. In questi casi gli interessati sono stati ammessi alla frequenza dei soli moduli, pari a 20 ore, rela-tivi in particolare al sistema educa-tivo di istruzione e formazione del Trentino e alla sua organizzazione. I partecipanti che hanno termi-nato regolarmente il corso per fa-

cilitatori linguistici sono stati 46, mentre per i mediatori culturali sono risultati 45.

A proposito del “tetto” del 30%

La Circolare Ministeriale dell’8 gennaio 2010 ha aperto un di-battito sulla questione del “tetto” del 30% di presenza degli studenti stranieri nelle classi. Ad una lettura attenta della circolare, il contenuto viene ridimensionato e si può evi-denziare come questa percentua-le sia riferita ai ragazzi stranieri neo arrivati e che devono impara-re l’italiano. La stessa circolare ri-badisce peraltro la necessità di isti-tuire reti territoriali tra scuole ed Enti locali che assieme possano gestire il fenomeno. Se vengono analizzati i dati con queste premes-se, difficilmente si troveranno clas-si che superano il 30% di studenti stranieri. Sul territorio provinciale trentino non esiste nessuna scuo-la con queste caratteristiche. Non si può però non puntualizzare che un provvedimento di questo tipo, risulta comunque discutibile dal punto di vista culturale e an-che umano. La scuola italiana ed in particolare quella trentina ha da sempre scelto la “via dell’integra-zione”, distinguendosi da indirizzi scelti in altri Paesi europei. Sicura-mente un alto numero di presenze nella stessa classe può, se non sup-portato da interventi ad hoc, crea-re delle grosse difficoltà ai docenti e a tutti gli alunni. In questo senso nella provincia di Trento le scuole sono sempre state molto supporta-te sia dal punto di vista di risorse umane e finanziarie che dal pun-to di vista della consulenza e del-la formazione. E le istituzioni sco-lastiche, pur con molte difficoltà, stanno rispondendo molto bene nel dare risposte di “accoglienza”.

Laura Bampi

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il centro

Tutto iniziò nel gennaio 1998, quando attorno ad un tavolo comune si trovarono rappresentanti e amministratori di diversa provenienza (Provincia, Comune di Trento, Forum Trentino per la pace, Associa-zioni…) che cominciarono ad interrrogarsi sulle modalità miglio-ri per sostenere azioni congiunte nell’ambito dell’integrazione degli stranieri. Nacque così l’idea della costituzione di un centro come luo-go di documentazione e realizzazione di laboratori per un’educazione interculturale a disposizione delle istituzioni scolastiche, in raccordo con le realtà istituzionali e associative del territorio che operasse nello stesso ambito d’attività. L’obiettivo principale risultò essere quello di far incontrare i bisogni delle scuole con la notevole offerta di proposte che provenivano dal territorio.

MILLEVOCI10 anni di attività

La scommessa

Una grande sfida che trovò impe-gnati per vari mesi i referenti del-le istituzioni e delle associazioni e che portò alla firma del primo pro-tocollo d’intesa tra PAT, IPRASE; Comune di Trento, Forum Trenti-no per la pace il 19 novembre del 1998. Si iniziò così a lavorare atti-vamente alla realizzazione al pro-getto. Una prima sede venne indi-viduata presso le ex-scuole “Sanzio” (edificio ormai demolito), a cui se-guì il trasferimento nell’attuale sede delle “Sanzio”, dove venne uf-ficialmente inaugurato il centro in occasione di un Convegno nazio-nale a cui parteciparono oltre agli operatori del mondo della scuola anche gli altri centri intercultura-li presenti sul territorio nazionale. Nell’autunno del 2003, il Centro venne trasferito presso la scuola elementare “Savio”, in uno spazio realizzato ad hoc dal Comune di Trento con locali più grandi e con-fortevoli. Nel febbraio del 2002 al protocollo aderì anche l’Universi-tà degli Studi di Trento con i corsi SSIS. A livello di risorse umane il centro in questi anni è stato poten-ziato e oggi vi operano 3 docenti in utilizzo, personale di segreteria, un bibliotecario e di una figura di

coordinamento. Il servizio di rife-rimento è il Servizio per lo svilup-po e l’innovazione del Sistema sco-lastico e formativo.

Le funzioni del Centro

Da subito il centro si connota come un importante luogo per la consulenza, la formazione e la documentazione. Attraverso in-contri in loco e sul territorio, la-vori di gruppo, archiviazione di materiali e attivazione di proget-ti specifici, si è cercato di accom-pagnare la scuola nella fase di pas-saggio dallo stato d’emergenza per l’arrivo degli studenti stranieri ad una fase di pratica didattica in-terculturale quotidiana. Negli anni l’attività del centro si è spe-cializzata in particolare su quat-tro versanti: la consulenza presso il centro e direttamente nelle scuole, la documentazione sia come rac-colta che produzione e diffusione di materiali, la formazione dei do-centi, la mediazione intercultu-rale e la facilitazione linguisti-ca come risorsa per la scuola per interventi specifici e l’attivazio-ne di progetti in rete con le scuole, le associazioni e le istituzioni va-rie. I temi sono sempre stati quelli dell’intercultura, della mondialità

e dell’integrazione. La progettazio-ne comune tra gli operatori del Di-partimento e gli operatori del Fo-rum ha permesso l’attivazione di importanti iniziative che hanno si-curamente contribuito allo svilup-po di un pensiero comune basato su principi e valori condivisi.

Molte le iniziative attuate

Tra le iniziative più significative ricordiamo. Il Convegno nazio-nale “Mediare parole, mediare significati. La mediazione e i me-diatori nella scuola e nei servizi educativi”, terzo incontro nazio-nale dei Centri interculturali svol-tosi a Trento nel 1999. La Fiera dell’educazione inter-culturale, alla pace e alla mon-dialità “Le radici e le ali”, rea-lizzata nella primavera del 2002, a cui hanno partecipato 70 scuole (dalla materna alle superiori) e 54 Associazioni che fanno riferimen-to ai diritti umani, alla solidarie-tà internazionale, al sociale, alla fa-miglia, all’intercultura, religiose e di migranti. L’Organizzazione e gestione del Progetto Lo zaino per supera-re la guerra, percorso rivolto alle scuole, con il coordinamento degli operatori del Forum Trentino per la Pace. Il Progetto “Likelemba” (2002-2003): un itinerario inter-attivo ri-volto alla cittadinanza e alle scuole

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sui temi dei diritti umani, sempre con il coordinamento del Forum.Il Convegno: “Una scuola senza confini”, svoltosi dal 30 novembre al 1 dicembre 2007, che ha visto impegnate le scuole e le associazio-ni in attività di formazione, con l’obiettivo di promuovere un siste-ma formativo complessivo in gra-do di valorizzare le differenze e far emergere competenze relazionali per gestire, attraverso il dialogo, la cooperazione, lo scambio e la soli-darietà, le diversità e i conflitti che possono nascere dall’incontro con l’altro, chiunque esso sia, recupe-rando le potenzialità progettuali sia delle scuole che delle Associa-zioni. L’organizzazione del periodo for-mativo “Intercultura e integra-zione degli studenti stranieri” che ha coinvolto nell’a.s. 2007/08, 78 docenti dei vari gradi scolastici L’organizzazione di corsi intensi-vi di formazione per mediatori in-terculturali e facilitatori linguistici.La realizzazione con l’IPRASE di molte pubblicazioni, in partico-lare sull’insegnamento dell’italia-no come L2, che vengono richie-ste da tutta Italia.

La valutazione dell’attività

Attraverso l’esperienza di que-sti dieci anni d’attività, il Centro Millevoci ha sviluppato alcune ca-

ratteristiche ritenute funziona-li sia al lavoro organizzativo inter-no che alla relazione con gli utenti che sono insegnanti (di tutti gra-di scolastici compresa la scuola dell’infanzia e la formazione pro-fessionale), dirigenti scolastici, As-sociazioni e Istituzioni, Facilitatori linguistici, Mediatori intercultura-li, studenti (per il supporto a tesi di laurea e/o tirocinio), migranti (studenti e famiglie) che operano su tutto il territorio provinciale. Il metodo di lavoro è sempre sta-to quello del team, consolidato nel tempo, con un equilibrio tra divi-sione d’aree di competenza e con-fronto costante sulle linee di fon-do e l’impostazione delle attività. Il radicamento sul territorio è sta-to progressivo. In dieci anni scola-stici si è costruita una rete di con-tatti e di rapporti e una crescita di fiducia e aspettative. Non è man-cato e non manca il contatto con la realtà nazionale. Il centro infat-ti fa parte della rete nazionale dei centri interculturali con la quale si organizzano regolarmente incontri e convegni.

Le prospettive future

Per il futuro il Centro si vede im-pegnato nel consolidare nella scuo-la quelle competenze organizzati-ve che permettano il superamento “dell’ emergenza stranieri” attra-verso il rafforzamento e la diffusio-

ne di buone pratiche, di strumen-ti, di spazi e di progetti specifici che portino il fenomeno verso la “normalizzazione”. Intende favo-rire lo sviluppo di competenze metodologiche per l’accoglien-za, l’inserimento, la cura dell’iter formativo degli alunni stranieri, che richiedono strumenti didatti-ci materiali, ma ancora di più la-voro collegiale sostanziale e accor-gimenti nella gestione della classe e del tempo-spazio scuola e nella re-alizzazione dei percorsi personaliz-zati. Sostenere le scuole nella do-cumentazione delle esperienze in modo tale che possano essere co-municabili e trasferibili. Appog-giare il lavoro di rete tra le scuole per un utilizzo più funzionale delle risorse umane e finanziarie, per ri-spondere ai bisogni di formazione dei docenti e condividere imposta-zioni relative ad interventi, strate-gie e strumenti. Un altro obiettivo che il Centro si propone è quello promuovere maggiormente il rac-cordo scuola-territorio. Occorre-rà prestare attenzione al tema delle seconde generazioni, all’inseri-mento /integrazione negli Istitu-ti scolastici e formativi di secon-do grado e incentivare nelle scuole la realizzazioni di iniziative inter-culturali rivolte a tutti gli studenti.

(L.B.)

Provincia Autonoma di TrentoAssessorato all’Istruzionee alle politiche giovanili

MillevociCentro laboratorio

interculturale

Migranti nella scuolaFocus group con studenti, genitori ed operatori

didascalie STRUMENTI

Dicembre 2005

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Crescere in gruppo

Le attività d’aula sono state caratterizzate da presenta-zioni teoriche il cui livello di qualità era garantito dal-la preparazione ed esperienza dei formatori apprezza-ti a livello nazionale e internazionale nel campo della linguistica e della glottodidattica, e dalla proposta di attività laboratoriali e di gruppo, che hanno stimo-lato i corsisti ad applicare subito quanto approfondi-to, scambiarsi opinioni, condividere difficoltà incon-trate e riflessioni maturate, confrontare esperienze e ipotesi. Grazie all’utilizzo di queste metodologie, la partecipazione dei corsisti è sempre stata attiva e nel corso del tempo si è assistito ad una graduale crescita della capacità di appropriarsi di conoscenze teoriche specifiche per rielaborarle e tradurle nelle proprie pro-gettazioni e pratiche didattiche. Si tratta di un proces-so lungo e graduale, che non può esaurirsi nell’arco di un corso formativo, ma che proprio in questo ambito ha avuto modo di prendere avvio e di consolidarsi. Il gusto, l’utilità e l’efficacia del confrontarsi in grup-po per scambiarsi idee e materiali, approfondire tema-tiche, ideare ipotesi e soluzioni, condividere esperien-ze sono un’eredità e una sollecitazione forte lasciate a questi corsisti, che speriamo sappiano valorizzare nella loro esperienza di facilitatori linguistici.

L’italiano come L2

Le tematiche scelte per il corso hanno tenuto presen-ti le caratteristiche della scuola trentina e i bisogni in essa rilevati. Si è partiti dalla presentazione del siste-ma scolastico e formativo in provincia di Trento, dal-le potenzialità e caratteristiche del laboratorio di L2, per passare a temi più strettamente glottologici: l’in-

dividuazione dei bisogni linguistici dell’apprendente straniero, la competenza comunicativa e quella lin-guistica, il concetto di interlingua, le sequenze di ap-prendimento di una lingua seconda, la selezione e gra-duazione dei contenuti linguistici, la strutturazione e realizzazione della lezione di lingua, la valutazione, le tecniche glottodidattiche per lo sviluppo delle abili-tà linguistiche ricettive e produttive, l’impostazione dell’attività di riflessione sulla lingua, l’italiano L2 per lo studio delle discipline scolastiche e le tecniche di fa-cilitazione della comprensione, i testi, i materiali e le glottotecnologie per l’insegnamento dell’italiano L2, le caratteristiche di alcune lingue d’origine e l’analisi dell’errore in ottica contrastiva.

Il tirocinio in tutti gli ordini di scuola

Le attività di tirocinio si sono concentrate sull’ ana-lisi dell’interlingua di diversi studenti stranieri, sul-la costruzione e sperimentazione di test di valutazio-ne delle competenze in italiano L2, sull’osservazione ragionata di situazioni di insegnamento linguistico, sulla programmazione di percorsi di insegnamento/apprendimento dell’italiano L2, sulla conduzione di laboratori linguistici, sulla ristrutturazione di materia-le specifico per l’italiano L2, sull’elaborazione e spe-rimentazione di materiali per la lingua dello studio per studenti con competenze linguistiche diversifica-te. Resta la consapevolezza di aver avviato fondamen-tali processi che abbisognano di momenti di ripresa ricorrenti, organizzati per gruppi territoriali con una supervisione esperta, e realizzati in forma di attività di ricerca-azione su temi specifici.

Maria Arici

la formazione

Il percorso per la formazione di facilitatori linguistici si è articolato in 130 ore di lezione in presenza e 50 di tirocinio e si è svolto dal 27 febbraio 2009 al 24 ottobre dello stesso anno. Su 35 candidati am-messi, 33 hanno concluso con esito positivo il percorso. Altri 13 fa-cilitatori, già operativi e in possesso di una formazione riconosciuta dalla P.A.T., hanno frequentato i primi tre moduli del percorso, per un totale di 20 ore, centrati sul sistema scolastico e formativo in Pro-vincia di Trento, su potenzialità, valenze e modalità organizzative del laboratorio di italiano L2 e sulle buone pratiche di accoglienza e inse-rimento degli studenti stranieri, completando in questo modo il loro iter formativo.

FACILITATORIItaliano lingua2

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Un laboratorio interculturale

Il percorso è stato centrato sul gruppo di apprendi-mento come laboratorio interculturale e i corsisti han-no imparato ad esprimere le proprie opinioni, a con-frontare i propri punti di vista ed a gestire in modo costruttivo le differenti idee ed esperienze di vita. Oltre alla trasmissione frontale di conoscenze, sono state uti-lizzate metodologie attive come il lavoro di gruppo, la lezione partecipata e lo studio di caso, nella convinzione che questi strumenti permettano una maggiore parteci-pazione e attenzione dei corsisti e che le esperienze la-boratoriali costituiscano un importante apprendimen-to di abilità concrete. Sono state tenute presenti le aree del sapere, del saper fare e del saper essere perché un mediatore interculturale ha bisogno di conoscenze teo-riche specifiche, di competenze pratiche e di aver riela-borato i propri percorsi di migrazione e di integrazio-ne nel contesto sociale di residenza per poter svolgere la propria professione in modo efficace e competente.

Le tematiche

Le tematiche, sviluppate da formatori che operano a livello nazionale, oltre che locale, sono state: la pre-sentazione del sistema scolastico e formativo trentino e la normativa ad esso relativa; la normativa inerente la mediazione; le migrazioni internazionali, i migranti e le loro famiglie; il ruolo e i compiti del mediatore in-terculturale; le figure coinvolte nella mediazione sco-lastica e la gestione dei suoi aspetti relazionali; le ca-ratteristiche dei minori migranti; la comunicazione in funzione della mediazione; la gestione e la mediazio-ne delle situazioni di conflitto; le prassi intercultura-li e in particolare il decentramento del punto di vista; l’autobiografia; la valutazione nella scuola italiana e la rilevazione delle competenze pregresse degli studenti

stranieri; la progettazione di interventi di mediazione nei vari ordini scolastici; gli obiettivi, le modalità di mediazione e la progettazione negli asili nido e nelle scuole per l’infanzia.

Il tirocinio

Le attività di tirocinio, realizzate in tutti gli ordini sco-lastici, si sono concentrate sull’accoglienza di studen-ti neo-arrivati, sulla facilitazione della comunicazio-ne scuola-famiglia, sulla rilevazione delle competenze pregresse, sul lavoro di supporto ai docenti per favo-rire il passaggio dall’alfabeto d’origine all’alfabeto la-tino, su attività di valorizzazione della lingua d’origi-ne, su interventi di carattere interculturale per tutta la classe. È stato monitorato l’iter di ogni partecipante ed è stato chiesto ai corsisti di esprimere le loro opi-nioni sull’efficacia del percorso e sulle metodologie utilizzate. Dall’analisi dei questionari compilati dai corsisti emerge una valutazione positiva del percorso. Si può affermare che il gruppo in formazione ha se-guito il percorso con attenzione e partecipazione e che il buon clima d’aula creatosi ha prodotto un dialogo serrato tra i partecipanti, un basso livello conflittuale, non scontato, e un livello di dibattito che si è eleva-to man mano che il corso procedeva. Le esperienze di tirocinio hanno portato una maggiore consapevolez-za tra i corsisti rispetto ai possibili ruoli e compiti del mediatore in ambito scolastico.Per il futuro si ritiene importante proporre dei mo-menti di formazione ricorrente che includano anche i mediatori già formati nei corsi precedenti, per creare un ambito di riflessione e di scambio sui casi concre-ti e sulle dinamiche relazionali tra gli attori coinvolti nella mediazione.

Leila Ziglio

Il percorso per la formazione di nuovi mediatori interculturali scolasti-ci è iniziato il 28 febbraio 2009 e si è concluso il 28 novembre 2009. In nove mesi i corsisti hanno effettuato 160 ore di attività in aula, sia teo-riche sia a carattere laboratoriale, e 40 ore di tirocinio. I candidati am-messi al corso sono stati 35, di ventuno diverse nazionalità. 29 hanno concluso con esito positivo il percorso. Altri 16 mediatori, già operativi e in possesso di una formazione riconosciuta dalla Provincia, sono stati ammessi al percorso breve di 20 ore, centrato sul sistema educativo di istruzione e formazione in Trentino e sulla sua normativa.

MEDIATORI Il percorso formativo

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Giovedì 26 novembre nell’Aula Magna del Palazzo Istruzione di Tren-to si sono incontrati i docenti referenti per i progetti di intercultu-ra e per l’integrazione degli studenti stranieri delle scuole, sono gli insegnanti che hanno frequentato due anni fa l’anno di formazione o “sabbatico”. Occasione dell’incontro il seminario tenuto dalla docen-te Giovanna Cipollari, dal titolo “La mission della scuola per una nuova cittadinanza”. Molto alta la partecipazione degli insegnanti della scuola trentina, che hanno occupato tutti i posti disponibili in sala, presente anche qualche dirigente interessato alla tematica.

I REFERENTIQuale mission per la scuola

Interculturalità

La revisione dei curricoli e delle di-scipline, in atto sia a livello naziona-le che provinciale, non può esimersi dal tenere conto della dimensione interculturale. Questo il motivo che ha spinto ad organizzare il con-vegno, al quale seguirà la costitu-zione di gruppi di lavoro a cui par-teciperanno i referenti per l’ambito interculturale della scuole trentine. La relatrice, Giovanna Cipollari, che per 32 anni ha insegnato in una scuola superiore, è esperta di edu-cazione interculturale e appartiene all’associazione CVM (Comunità Volontari per il Mondo) con evi-dente passione ha spinto a prende-re in considerazione i cambiamenti del concetto di cittadinanza nell’at-

tuale società della complessità e del rapido cambiamento e quali i saper ed i valori che possono esserne alla base. Il cambiamento ha avuto ri-percussioni anche nel mondo della scuola, così siamo passati dalla clas-se monocolore o “in bianco e nero” di cinquanta o trenta anni fa all’at-tuale classe multicolore e questo è un processo irreversibile, infatti i recenti dati sull’immigrazione testi-moniano che il fenomeno è in au-mento.

La selezione dei saperi

Siamo passati dalla scuola del pen-nino e dell’inchiostro alla scuo-la delle tecnologie informatiche (computer, internet, lavagna mul-timediale). Oggi andare a Londra

in aereo è più rapido ed economi-co che andare ad Ancona in treno. Le frontiere europee si attraversano senza bisogno di mostrare i docu-menti. Per i nostri figli, laureati di domani, forse sarà più facile trovare uno sbocco professionale all’estero che in Italia. Al giorno d’oggi non conoscere l’inglese e non saper usa-re il computer è diventato un han-dicap. Del cambiamento non pos-siamo non tenere conto visto che la mission della scuola è quella di cre-are i cittadini di domani, di prepa-rare i giovani allo scenario futuro. La scuola deve fornire gli strumenti per vivere in piena autonomia nel-la società di domani. Ci si chiede quindi se questo evidente e rapido cambiamento comporti anche la necessità di una revisione dei sape-ri, la quale ha un indubbio rappor-to con il canone. Lo specifico della scuola è formare attraverso i sape-ri, i quali non sono mai innocenti; essi sono morali, hanno delle fina-lità etiche. La selezione dei saperi, quindi, non è una semplice opera-zione di sottrazione né di selezio-ne, ma di cambiamento di signifi-cato complessivo della produzione culturale declinata dal canone, al fine di creare identità, dal momen-to che i saperi a scuola costruiscono le identità.

Ieri e oggi

Ieri la mission della scuola era for-mare l’identità nazionale, in un contesto caratterizzato da un citta-dino stanziale, una società nazio-nale ed industrializzata, una cultu-ra del pensiero lineare, sequenziale, meccanicistico, in cui la domanda fondamentale era perchè. Oggi, in un contesto caratterizzato dall’ho-mo migrans, da una società globa-le e telematica dominata da inter-connessione e interdipendenza, da una cultura del pensiero circola-re di rete, connettivo, procedura-le, in cui la domanda fondamen-

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tale è come, occorre andare verso una identità cosmopolita, adat-ta all’uno relazionale, ricercando un’etica unitaria e planetaria. La cultura dualistica che contrappo-neva uomo-donna, amico-nemico, cittadino-straniero ha portato ad esiti drammatici nel passato. L’ec-cesso di potenza scientifica e tecno-logica, il potere di distruzione delle armi chimiche e nucleari ci fanno temere esiti ancora più disastrosi in futuro, se non interviene un nuovo concetto di cittadinanza che tenga conto della correlazione tra uomo e cosmo, uomo e mondo, uomo e natura, uomo e tutti gli altri esseri viventi umani e non umani.

Le domande da farsi

L’uomo di oggi non è più un sogget-to insulare, ma relazionale. In una relazione il conflitto è invitabile, ma non è detto che si debba trasfor-mare in uno scontro, perché si può imparare a negoziarlo. I saperi - va-lori della nuova cittadinanza sono costituiti da mutualità, creatività e gioia del sapere quale patrimonio di tutti, inscindibilità di economia ed ecologia, convivialità, coevoluzione delle diversità, coscienza di specie, coscienza cosmica, corresponsabi-lità, creolizzazione, reciprocità. Per ricercare un’etica unitaria e planeta-ria, occorre rileggere i saperi sco-lastici ricostruendo il loro processo di formazione attraverso una serie di domande. Che tipo di sapere è sta-to? Quali conoscenze e tecniche ha ge-nerato? Secondo quali metodologie si è costituito? Con quali altri saperi si è associato? Come è cambiato nel tem-

po? Quali influenze ha esercitato nel-la società? Quale ruolo formativo as-sume rispetto al compito di sviluppo degli alunni?

La revisione culturale

L’interculturalità consiste in una re-visione culturale, perché il problema della lingua seconda si supera, men-tre ciò che è più difficile da supera-re è il problema del razzismo, come conferma il referente dell’I.T.I. Buonarroti. Il razzismo, però, è un problema di cultura. Allora chie-diamoci se il nostro insegnamento è tale da non favorire il razzismo e per fare ciò andiamo ad analizzare i curricoli, tenendo presente che oggi la mission della scuola è quella di formare il cittadino europeo, non solo italiano e non si tratta di due obiettivi sequenziali, prima formo il cittadino italiano e poi penserò al cittadino europeo, bensì contempo-ranei. È il curricolo che ci dice che direzione sta prendendo la scuola. Ad esempio, se l’insegnamento della storia è etnocentrico, fare un’ora di interculturalità alla settimana non può bastare. Oggi l’educazione in-terculturale non è un optional e non riguarda solo le classi dove ci sono studenti stranieri, ma tutti i cittadi-ni di domani.

Oltre il canone

Il percorso interculturale si artico-la in una serie di pratiche scolasti-che, che vanno dalla più semplice ed estemporanea, quale la festa che coinvolge tutto l’istituto, ma non comporta da sola una revisione del

canone, alla adozione di una pro-spettiva curricolare “oltre il cano-ne” che coinvolge tutte le discipli-ne. Tra questi due poli, in ordine crescente, troviamo la prospettiva assimilazionista, basata sull’acco-glienza agli immigrati, mentre il re-sto rimane immutato, poi c’è quella compensativa basata sulle classi spe-ciali, dove si impara ciò che man-ca, quella culturalista che si limita all’insegnamento della lingua e del-la cultura del paese di origine ed è sostanzialmente basata sul relativi-smo. La revisione del canone com-porta logicamente il cambiamento dei libri di testo.

I gruppi di lavoro

Il pomeriggio si è concluso con l’incontro tra la coordinatrice Lau-ra Bampi ed i referenti dei gruppi di lavoro che coinvolgeranno tut-to il territorio trentino e che lavore-ranno su tematiche molto concre-te producendo materiali utili per le scuole. I temi riguarderanno i per-corsi personalizzati, i criteri di valu-tazione, le modalità di analisi delle competenze in entrata, l’orienta-mento alla scuola superiore, la con-tinuità nel passaggio da un grado di scuola all’altro. I referenti dei grup-pi sono stati scelti tra gli insegnan-ti che hanno seguito il percorso di formazione dell’anno sabbatico e che hanno dato la loro disponibili-tà, su indicazione dei dirigenti sco-lastici. Questi insegnanti faranno parte delle figure di supporto alle fi-gure di sistema che lavorano all’in-terno del Dipartimento istruzione, secondo quanto previsto dall’art. 6 del contratto collettivo provinciale decentrato, sottoscritto il 5 giugno 2009. I gruppi territoriali di cui è previsto a breve l’avvio saranno sei, i componenti saranno selezionati in base al territorio di provenienza, all’ordine e grado di scuola di ap-partenenza e delle competenze pos-sedute. (P.L.)

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MEDIATORIPercorso formativo lungo

Questi sono i corsisti che hanno seguito tutto il percorso formati-vo (200 ore, di cui 160 teoriche e 40 di tirocinio presso diverse istituzioni scolastiche o forma-tive). Tra questi:2 persone hanno seguito solo la parte teorica e non hanno svolto il tirocinio, pertanto non potranno ricevere l’attestatoalcuni hanno sostenuto l’esame CILS per la certificazione lingui-stica B2 (o superiore) in dicem-bre: non si conosce ancora l’esito

i percorsi

Nei primi giorni di febbraio (02 febbraio 2010) c’è stata la breve e in-cisiva cerimonia di consegna degli attestati ai nuovi mediatori e facili-tatori, ma anche a docenti che hanno fatto un percorso breve o lungo di formazione sulla mediazione interculturale. Nomi e volti che sono già, in gran parte, vere risorse per tutta la scuola trentina.

RISORSEAl servizio dell’integrazione

dell’esame, pertanto riceveranno l’attestato nei prossimi mesi, una volta ottenuta la certificazione:

Abbas Waseem (Pakistan), Atana-sova Suzana (Macedonia), Bosco-va Oxana (Moldova), El Barji As-sou (Marocco), El Bouhali Mariame (Marocco), Georgiev-ska Emilija (Macedonia), Gomez Abalos Ximena Anahi (Argenti-na), Ikobo Ozale Peggy (Congo), Jianu Maria Cristina (Romania), Kanavalenka Nadzeya (Bielorus-sia), Khan Humera (Pakistan), Kolasinac Slavica (Kosovo), Kou-raichi Amina (Marocco), Leu Chun Hsiu (Taiwan), Lumbala

Kongolo William (Congo), Luna Maria Eugenia (Ecuador), Me-hmeti Violeta (Pec-Serbia), Mi-shko Natalia (Mosca), Niang Magatte(Senegal), Noreen Mis-sbah (Pakistan), Pizarro Sanchez Gioconda Aracely (Ecuador), Po-ghosyan Lilit (Armenia), Rego Ba-stos Dos Santos Marilza (Brasile), Rodriguez Inti Celia (Città del Messico), Semionov Vera (Mol-dova), Shehaj Elvana (Albania), Soukrani Ramzi (Tunisi), Ste-phan Manar (Palestina), Tomo-iaga Adriana (Romania), Xhakolli Nereida (Albania), Zmalaj Loreta (Albania).

Percorso formativo breve

Corsisti che hanno seguito solo il percorso breve (20 ore). Si trat-ta di persone che avevano segui-to in passato corsi sulla media-zione interculturale e hanno completato la loro formazione con una parte specifica relativa all’organizzazione scolastica in Trentino.Tra questi:alcuni hanno sostenuto l’esame CILS per la certificazione lingui-stica B2 (o superiore) in dicem-bre: non si conosce ancora l’esito dell’esame, pertanto riceveranno l’attestato nei prossimi mesi, una volta ottenuta la certificazione:

Aguilar Quintanilla Elia Patri-cia (Nicaragua), Alecu Adela Iu-lia (Romania), Alecu Ionel Silviu (Romania), Avdakovic Enisa (Bo-snia), Brace Tefta (Albania), Brei-gheche Nibras (Siria), Ciubotaru Veronica (Moldova), Dos Santos Meiricley (Brasile), Leka Mak-sim (Albania), Luca Maria Mag-dalena (Romania), Mohammad Saleh (Iraq), Morato De Miranda Ana Paula (Brasile), Ndrita Laura (Albania), Osti Julijana (Bosnia), Rutigliano Bianca (Trento), Zakr-zewska Teresa Irena (Polonia)

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23n.1-2 gennaio/febbraio 2010

FACILITATORI DI ITALIANO L2Percorso formativo lungo

Ballardini Helga, Bonelli Lau-ra. Bonomi Annalisa, Bordignon Stefania, Boschin Deborah, Bra-ghini Maria Cecilia, Breigheche Nibras, Brigadoi Marilena, Ca-minada Gioia, Casagrande Giulia, Dallabetta Roberta, Dalrì Loret-ta, Degasperi Chiara, Duro Co-roni Giordana, Guarna Giuseppi-na, Lorenz Aurelia, Maino Laura, Mancino Vito, Mattedi Lorenza, Matteotti Tiziana, Mengoni Elisa, Micheletti Stefania, Petrolli Mir-ta, Rando Daniele, Riccardi Ali-ce, Sabbioneda Claudia, Sottini M. Grazia, Tabarelli Andrea, To-gni Marina, Tonini Anna, Wegher Paola, Zablocka Magdalena Moni-ka, Zampedri Emilia

Percorso formativo breve

Abbadessa Manuela, Arlati Cristi-na, Bonvecchio Michela, Camatta

Martina, Dalceggio Nadia, Gallot-ta Giulia, Leoni Giovanna, Merlo Monica, Pederzolli Silvia, Raineri Alessia, Raspollini Katia, Roncador Nicole, Toni Monia.

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24 n.1-2 gennaio/febbraio 2010

ANNO SCOLASTICO 2009/2010

PLESSI ALUNNI MIGRANTI PERCENTUALE

SCUOLA PRIMARIA ALA 89 ALUNNI STRANIERI SU 341 26,10 %

SCUOLA PRIMARIASERRAVALLE 10 ALUNNI STRANIERI SU 134 7,46 %

SCUOLA SECONDARIA 1° GRADO ALA 53 ALUNNI STRANIERI SU 277 19, 13%

TOTALE ISTITUTO su 752 frequentanti 152 alunni migranti 20,21%

La “Mission” dell’IC di Ala è l’integrazio-ne (gli aspetti organizzativi anche di gestio-ne della classe) e l’inclusione (l’insegnare in modo adeguato, facendo della personaliz-zazione il luogo della garanzia del diritto allo studio) non solo di alunni stranieri ma anche di ragazzi con Bisogni Educativi Spe-ciali (per quest’anno ne abbiamo 30).La “Vision” sarà dunque orientata al co-gliere nei Piani di Studio provinciali e nelle Linee Guida, l’opportunità dell’innovazio-ne intesa come la possibilità di rivisitazione della didattica e delle metodologie che sup-portano l’insegnamento delle varie disci-pline, come orientamento alla personaliz-zazione, alla capacità di declinare l’offerta formativa in base ai bisogni degli studen-ti, di tutti gli studenti, anche dei migranti.Gli alunni migranti in questo contesto sono un’opportunità anche per gli studen-ti, di apertura al mondo in un’ottica “glo-cale”.

PUNTI DI FORZAAccoglienti e collaborativi

I NUMERI – ANNO SCOLASTICO 2008/2009

PLESSI ALUNNI MIGRANTI PERCENTUALE

SCUOLA PRIMARIA ALA 77 ALUNNI STRANIERI SU 341 22,5%

SCUOLA PRIMARIA SERRAVALLE 9 ALUNNI STRANIERI SU 136 6,6%

SCUOLA SECONDARIA 1° GRADO ALA 59 alunni stranieri su 309 19%

TOTALE ISTITUTO su 786 frequentanti 145 alunni migranti 18,4%

ISTITUTO COMpRENSIvO “A. BRESCIANI” ALA

l’esperienze

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25n.1-2 gennaio/febbraio 2010

l’intervista

LA MISSION DELL’ISTITUTO

Non solo “quantità”…

Noi come Didascalie siamo venuti in questo Isti-tuto comprensivo perché indicato come una scuo-la con buone pratiche sull’integrazione, dunque un punto di riferimento: Possiamo collocare così il tuo istituto?

Siamo grati per questo riconoscimento di Didascalie, che si è rivolta a noi come scuola di buona prassi, ne sia-mo grati perché essere riconosciuti aiuta a confermare la mission che è evidente all’interno dell’Istituto. L’Istitu-to è frequentato da alunni stranieri che nella fattispecie quest’anno 2009/10 ne vede il 26% nella scuola prima-ria di Ala, il 7,46% alla scuola di Serravalle, 19,13% alla scuola media dunque per un media del 20,21% dell’istituto. Percentuali non altissime, però già nelle clas-si prime c’è un 26% e con il trend in crescita… data la mission dell’istituto, che è quella di rispondere a queste presenze in maniera integrante ed includente, ci siamo mossi perché la mission venga realizzata.

Scusa la provocazione: è un problema solo di quan-tità? Cioè, se la scuola avesse la metà di queste per-centuali…?

L’inclusione è la chiave che anche dal punto di vista eu-ropeo garantisce scuole di qualità che praticano l’inclu-sione e l’integrazione. Una scuola è di qualità quando pratica l’inclusione e l’integrazione, che non vuol dire ac-coglienza degli alunni migranti solo, vuol dire anche ac-coglienza di tutti e per tutti. Nel senso che, sia i ragazzi

Non abbiamo scelto a caso l’Istituto Compren-sivo di Ala per “raccontare” alcune buone prassi sull’accoglienza e l’integrazione degli alunni stra-nieri nella scuola trentina. L’abbiamo scelto per-ché sapevamo che su questo tema la scuola scom-mette seriamente; ma anche perché, volevamo capire se, come spesso si dice, dietro ad un proget-to complessivo c’è una dirigente che ci crede e ci lavora con tutta la comunità scolastica per la sua riuscita. Qui, c’è Alessandra Sighele.l’intervista è stata realizzata venerdì 12 feb-braio 2010

LA DIRIGENTEAlessandra Sighele I. C. Ala

con bisogni educativi speciali sia i nostri ragazzi trentini hanno bisogno di una pratica vissuta di inclusione nel ri-spetto della Costituzione, perché anche la Costituzione prevede il diritto e il dovere della loro formazione, quin-di l’inclusione è proprio la chiave di volta perché questo si possa porre in essere. I piani di studio con l’orientamen-to che hanno per quanto riguarda l’esercizio delle compe-tenze sono proprio all’interno di questa logica dell’inclu-sione, perché più un ragazzo lavora per competenze più si include nell’interno della scuola. Sarebbe una forma, se pur velata, di razzismo dire che si apre agli stranieri per-ché qui sono tanti, come se fossero solo un problema. Non è un problema avere gli studenti stranieri a scuola, que-sto anche si ricava dal viaggio fatto a Roma all’Istitu-to comprensivo Manin, lì proprio lo straniero è vissu-to come un’opportunità e anche noi qui si cerca di porre in essere questo, utilizzando un Regolamento provinciale del 2008 nel quale ci sono una serie di provvedimenti che prevedono proprio la facilitazione all’inclusione.

l’esperienze

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26 n.1-2 gennaio/febbraio 201026 n.1-2 gennaio/febbraio 2010

Una visione olistica d’insieme…

Noi pubblichiamo come immagine la mappa dell’intervento della scuola che ha delle voci preci-se. Ti chiedo per ogni voce una sintesi di quali sono i punti di attenzione. La parte centrale è il Regola-mento sugli dal punto della normativa, poi ci sono quattro voci: le famiglie, gli studenti, i docenti e la segreteri. Cominciamo con i docenti come approc-cio più vicino alla dirigenza.

Questa mappa risponde al tentativo di visione olistica di insieme sugli stranieri a scuola, è una visione che verrà proiettata anche in futuro al Collegio docenti; perché più si ha uno sguardo di insieme sulle varie problematiche e sui vari aspetti della scuola più si crea comunità per-ché tutti insieme guardiamo ai nostri problemi. Questo modo di pensare alla scuola viene introdotto anche all’in-terno della mappa per quanto riguarda la presenza di tutti quelli che sono i componenti della scuola stessa. Vie-ne proiettata al Collegio docenti perché il Collegio veda come la scuola si muove su questo aspetto particolare che è l’integrazione e inclusione degli alunni stranieri, è im-portante perché tutti devono sapere tutto quello che si fa all’interno della scuola, il mio agire come dirigente è un agire di insieme, è un agire di mediazione sui vari pro-blemi e un agire olistico di insieme proprio. Quali sono le attività che praticano i docenti per rendere inclu-dente ed integrante la loro attività nei confronti dei ragazzi stranieri? L’anno scorso la Commissione intercul-tura (composta da docenti di scuola primaria e seconda-ria di primo grado) ha elaborato, già avevamo pronto il Protocollo di accoglienza, un documento valutativo

per quanto riguarda proprio gli alunni stra-nieri alla luce delle linee europee e quindi dei vari livelli di conoscenza della lingua italia-na. Questa valutazione riguarda l’appren-dimento della lingua italiana da parte degli alunni stranieri e dunque le diverse modalità di risposta in base ai loro bisogni. Alunni di recente immigrazione hanno bisogno di una lingua per comunicare mentre alunni di im-migrazione più consolidata che sono qui da alcuni anni hanno bisogno di una lingua per lo studio. Allora la valutazione che si fa di questi ragazzi sull’apprendimento loro della lingua italiana viene personalizzata a se-conda di quella che è stata la programmazio-ne e la programmazione a sua volta è perso-nalizzata in base ai loro bisogni in sinergia tra docente di classe e docente di L2, tra il do-cente che insegna la lingua italiana e quello di lettere all’interno delle classi.

Quindi l’attenzione principale dei docenti dal punto di vista dell’accoglienza sulla lingua e su quello che è l’ac-coglienza umana, sulla relazionalità: il ragazzo quan-do entra non viene mai messo nei primi banchi, ma dove desidera, tendenzialmente in mezzo agli altri o addirit-tura in fondo, perché se ne stia un po’ tranquillo che si senta anche lui tra i tanti, poi in secondo battuta sarà lui a scegliere magari il posto o il compagno di banco.Dinamica relazionale, attenzione principalmente alla lingua e al momento della valutazione per non abban-donarli. E’ includente la conoscenza della lingua italia-na, è la prima chiave di volta e poi c’è la dimensione di relazionalità con le famiglie. Nel Protocollo di accoglienza, rivisitato quest’anno, è prevista proprio l’accoglienza da parte della segreteria, l’accoglienza da parte della docente che segue questi aspet-ti, l’accoglienza da parte dei docenti e poi un incontro di insieme tra docenti, dirigente, docenti DL2 con la fami-glia per la presentazione dei propri figli. È previsto l’in-contro con la famiglia che è appena arrivata, che ha ap-pena iscritto il ragazzo, un incontro con la dirigente, le docenti della classe e la docente DL2 che facilita poi l’ap-prendimento dell’italiano, e poi con le famiglie anche un momento sull’offerta formativa ai futuri iscritti, faccio la serata di presentazione dell’offerta formativa a tutte le famiglie, anche le famiglie straniere con i mediatori cul-turali che in contemporanea traducono quello che si va a presentare come offerta formativa. Poi ci sono le udienze per le famiglie: quando vengono a udienza spesso cono-scono la lingua italiana, ma talvolta non capiscono e al-lora anche l’udienza che fanno i docenti la fanno in mo-menti particolari con il mediatore per la traduzione.

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FAMIGLIE E STUDENTI

Il supporto dello psicologo…

Uno studente straniero, quando viene nella nostra scuo-la, cosa sente, cosa vede, cosa percepisce? Innanzitutto si trova in uno stato di grande smarrimento, perché se sono studenti migranti in Italia da tanto tempo non hanno problema perché sono iscritti regolarmente e non han-no problema, ma gli studenti migranti di recente immi-grazione che magari arrivano una settimana prima e poi vengono a scuola e frequentano, il primo stato d’animo è quello dello smarrimento, del non riuscire a comuni-care se non che con gli occhi e con il corpo. Allora la co-municazione non verbale talvolta è più significativa di quella verbale, perché più sincera e allora l’aspetto rela-zionale, che è poi la base, è il contesto, è la cornice nella quale poi si ascrivono una serie di interventi che si fanno per gli studenti. Da quest’anno nei laboratori delle classi della scuola secondaria di primo grado è previsto un la-boratorio di musica, cucina e prima alfabetizzazione in lingua araba frequentato da ragazzi arabi e da ragazzi trentini, così che ci sia l’opportunità di questa apertura al mondo diverso rispetto a quello nel quale si vive quin-di questa mentalità “globale” che permetta l’opportuni-tà di essere cittadini del mondo da una parte dall’altra la conferma della loro lingua che in questo caso è arabo poi negli anni a venire si allargherà all’albanese, al cur-do… a seconda di quello che sono le lingue che si parlano come lingue straniere. La volontà di questo laboratorio è proprio quella di mantenere la lingua per questi ragazzi; l’ottavo obiettivo del Trattato di Lisbona per la forma-zione dei futuri cittadini d’Europa è il rafforzamento e l’identità culturale dei ragazzi, ognuno dei quali ha del-le radici, che sono le basi della vita nella quale si identi-ficano. Per gli studenti stranieri la radice loro è la radice straniera, la cultura, usi e costumi dei loro Paesi: quella deve rimanere perché così si aprono al diverso che siamo noi. La stessa cosa vale per noi trentini, italiani e euro-pei: più noi siamo radicati e più si sviluppa il rafforza-mento dell’identità culturale, dell’identità propria e più c’è l’apertura con sicurezza all’altro e si evitano problemi di razzismo, di rifiuto dell’altro.

Per studenti e famiglie, in modo particolare, vedo come mediazione la figura della psicologa…

Talvolta per ragazzi migranti che vengono nelle nostre scuole ci sono problematiche anche psicologiche come le hanno i nostri studenti. Sia per i ragazzi migranti che per i nostri vale un discorso d’insieme, di sistema: più hanno forza interiore più si approcciano alla diversità

con sicurezza, con volontà anche inclusiva e di arricchi-mento personale. Può succedere che anche ragazzi mi-granti abbiano difficoltà psicologiche o magari vengono da mondi in cui c’è stata la guerra e vengono in Italia per evitarla, vengono da situazioni di tensione, in cui lo svi-luppo psicologico magari si è bloccato, ha avuto dei rin-cari, delle sofferenze e quindi allora il servizio psicologi-co serve anche a questo. Al riguardo, l’altro Regolamento, quello riguardante gli alunni Bes ci è di forte aiuto: tal-volta in terza fascia vanno alunni migranti con problemi psicologici che hanno bisogno di avere un progetto educa-tivo personalizzato per loro e che poi, una volta supera-to questo momento d’approccio un po’ sofferente, si inte-grano e non ne hanno più bisogno ed escono dalla terza fascia. In questi casi, l’approccio con la psicologa li aiu-ta sia con colloqui personalizzati per superare momenti di difficoltà sia per mettersi in un contesto di terza fascia per un periodo dal quale poi escono; abbiamo dei casi di ragazzi molto chiusi, silenziosi, sofferenti, che - genito-ri d’accordo, poi consiglio di classe e psicologa – li abbia-mo prima inseriti in terza fascia per un periodo, segui-ti da me e con un progetto educativo personalizzato. Un ragazzo in particolare è stato aiutato, i docenti in base a questo progetto lo hanno aiutato per quanto riguarda gli apprendimenti resi facilitati, seguito anche dalla psicolo-ga alla fine si è inserito nella classe.

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28 n.1-2 gennaio/febbraio 2010

SEGRETERIA E DIRIGENZA

Quando la burocrazia si fa contagiare…

La segreteria, si sa, fa tutto in una scuola, dal pun-to di vista amministrativo. Voi però l’avete proprio messa come riferimento particolare, ci sono le nor-me, i docenti, famiglia, gli studenti e c’è la segrete-ria. C’è un coinvolgimento anche dal punto di vi-sta dei contenuti?

Sì, rientra sempre nell’ottica sistemica, rientra sempre nel dare concretezza alla scuola come comunità, perché l’otti-ca sistemica prevede proprio il vedere tutti insieme le cose, il creare comunità, gruppo di comunità. Cultura orga-nizzativa comune, condivisa, ecco che allora la segreteria è coinvolta in questo processo realistico di percezione di sé dal punto di vista del comprensivo proprio. Quindi aiuta a non trovare intoppi, anche burocra-tici, le famiglie dei ragazzi stranieri?

L’obiettivo è questo, non si devono trovare intoppi, do-podichè siamo tutti per strada, siamo tutti in progress, però per dire quest’anno con la segreteria è stato riscrit-to il Protocollo di accoglienza perché è la segreteria che li accoglie, tutti i documenti più importanti che vengo-no mandati alle famiglie sono stati tradotti nelle varie lingue e quindi il modello di iscrizione, quindi se man-giano carne oppure no, se frequentano attività opzionali sono stati tradotti nelle varie lingue e la segreteria li uti-lizza, l’inclusione la pratica anche la segreteria. La stessa visione olistica che io proietterò al Collegio l’ho già pre-sentata alla segreteria perché vedano come ci stiamo muo-vendo tutti insieme e così anche il personaale Ata coglie con più pertinenza quello che si fa, perché si fa, per qua-li obiettivi.

Il ruolo del dirigente scolastico…di cerniera!

Torniamo per un ultima domanda alla dirigenza scolastica. Mi par di capire non c’è solo una visione romantica, l’accoglienza perché ci arricchisce ecc. ecc.; ci sono le rose ma anche il pane, la teoria e la pratica. L’occhio della dirigente: quali sono i nodi critici su cui deve sempre essere attenta perché non si trasformi nè in un rifiuto nè in un’accoglienza generica che poi crea più problemi.

Il ruolo del dirigente è un ruolo un po’ di frontiera, nel senso che è un ruolo cerniera, tra tutti questi quattro che

sono i quattro mondi che abbiamo presentato in questo schema. Per quanto riguarda i docenti, uno dei nodi è quello di entrare sempre più nel merito di ciò che signifi-ca la personalizzazione, di quello che vuol dire avere me-todologie didattiche a supporto della personalizzazione, di quello che significa in altri termini ancora adottare i piani di studio in questa logica di personalizzazione e di individualizzazione anche al bisogno. Il ruolo del diri-gente è quello di cogliere i bisogni formativi del docente, espliciti e non, quelli non espliciti portarli alla coscienza così che i docenti poi chiedono la formazione specifica. E’ un passaggio delicato di grande valore anche innovativo.

Però il dirigente con la segreteria deve essere bravo anche al momento giusto a trovare i fondi, ad apri-re le porte della gestione...

Per quanto riguarda i docenti operativamente vuol dire come dirigente essere presente a tutti i Consigli di classe, a tutti, inesorabile; rispondere ai bisogni dei docenti an-che della scuola primaria, perche nel caso in cui esprima-no bisogni, si deve poter rispondere. Per quanto riguarda l’economico-finanziario, noi dirigenti del Trentino sia-mo messi molto meglio rispetto a quello nazionale; l’an-no scorso in primavera ho partecipato ad un convegno ad Abano Terme per dirigenti sul tema della multicultura-lità, e lì ho visto e sentito, sono dovuta stare zitta più di una volta perché ho capito che noi nel Trentino l’autono-mia per quanto riguarda questi aspetti è un’autonomia che ci dà delle opportunità non da poco anche dal punto di vista finanziario perché il fondo qualità prevede pro-prio nelle prime voci l’utilizzo per facilitare l’inclusione dei ragazzi stranieri. Quindi a sbrogliare,tutto quello che è, i mediatori culturali li paghiamo con il fondo quali-tà, tutti i corsi che si fanno, anche per i ragazzi stranieri specificatamente, l’insegnante di L2 per la quale c’è il di-stacco dato dal dipartimento istruzione, altrimenti non si potrebbe fare il laboratorio di L2 che abbiamo visto quanto serve. Dal punto di vista finanziario le disponi-bilità ci sono, basta solo orientarle.

Mario Caroli

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Non è facile raccontare l’esperienza di una “scuola che apprende” (Istituto Comprensivo di Ala) e che prova ad utilizzare, come op-portunità formativa, le strategie didattiche di una “scuola che inse-gna” (Istituto Comprensivo “D. Manin” di Roma). Non è facile, perché il confronto con una realtà più articolata e complessa, come quella dell’istituto romano, ha reso maggiormente visibile il divario tra progettualità e obiettivi concretamente raggiunti. Il viaggio d’ag-giornamento a Roma, organizzato dall’Istituto Comprensivo di Ala in collaborazione con il Dipartimento Provinciale dell’Istruzione, ha prodotto un notevole bagaglio di suggerimenti, utili per affrontare nuove modalità di coinvolgimento professionale dei docenti e per sperimentare in classe buone pratiche educative.

ROMAUn viaggio per imparare

Accoglienza ed inclusione

Visitare una scuola fortemente ca-ratterizzata dalla massiccia presen-za di alunni stranieri ha permesso al gruppo trentino di porre atten-zione soprattutto alle persone che vi lavorano, impegnate ad operare quotidianamente interventi a favo-re dei ragazzi. All’istituto Manin, i termini “accoglienza” ed “inclusio-ne” non sono rimasti solo obietti-vi, ma sono diventati vere e pro-prie “materie” di studio, contenuti

evidenti a sostegno di ogni attivi-tà didattica, dall’utilizzo dei testi e dei materiali, alla diversa moda-lità con cui molti genitori si ren-dono disponibili a collaborare di-rettamente con la scuola. Anche le strutture, come i laboratori e le pa-lestre, vengono utilizzate in manie-ra equilibrata per alternare le varie discipline, così da incrementare i progetti di sostegno e di persona-lizzazione degli interventi. Gli ap-profondimenti sulle dinamiche di gruppo hanno costituito la rispo-sta alle aspettative di quanti hanno

partecipato al viaggio d’aggiorna-mento. L’adesione di docenti, rap-presentanti dei genitori, esponenti istituzionali e personale ammini-strativo è oggi in grado di tradur-si in altrettante azioni di carattere formativo presso la nostra scuola.

Gli incontri

Alcuni componenti del Consi-glio dell’Istituzione di Ala han-no incontrato i genitori dell’Isti-tuto Manin, per avere con loro un confronto sulle attività e sulle mo-dalità di svolgimento delle stes-se. La rappresentanza dei docenti di lettere, assieme ai rispettivi col-leghi romani, ha visitato gli spazi interni, le aule e i laboratori del-la scuola, raccogliendo informa-zioni specifiche sull’insegnamento della lingua italiana agli studenti stranieri. La dirigente Alessandra Sighele ed il personale ammini-strativo, guidati dalla preside Anna Zuccarello, hanno potuto osserva-re da vicino il lavoro della segrete-ria, soprattutto per quanto riguar-da la parte inerente l’accoglienza degli alunni e il rapporto di comu-nicazione con le famiglie. Si sape-va che nella capitale le strutture e gli edifici scolastici non erano pro-prio al meglio della ricettività, ma l’esigenza di conoscere cosa effet-tivamente accadesse nelle aule e quali fossero gli orari o i contenuti disciplinari, era preminente rispet-to alla funzionalità delle strutture. Forse quello che non si sapeva, era la grande risorsa formativa dei do-centi! Una presenza professionale compatta e qualificata, in grado di colmare inefficienze logistiche e di avvalersi di uno staff di collabora-tori affiatato e dinamico.

La forza delle persone

Assolutamente una novità si è ri-velata la partecipazione delle fa-miglie alle attività didattiche,

la novità

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specialmente a supporto di aree integrative o parallele all’insegna-mento tradizionale: genitori or-ganizzati in Associazioni specifi-che, sostenute da finanziamenti comunali, con spazi di riferimen-to all’interno delle strutture sco-lastiche, date in uso tramite con-venzioni pluriennali e con tanto di programma. Si ha un bel dire” pro-muovere il senso di appartenenza”, quando mancano spazi funzionali ed attrezzati, quando i sussidi di-dattici sono carenti e le possibilità di intervento finanziario scarseg-giano.. e allora? Allora ecco spri-gionarsi la forza delle persone, una comunità di docenti e genitori, che insieme realizzano una risposta educativa per certi versi ecceziona-le e particolare. Niente di specia-le, a prima vista, ma con una ge-stione efficace delle problematiche che facilita e sviluppa metodi di lavoro trasversale a più discipli-ne, dove lo svantaggio diventa op-portunità e dove la semplificazione dei contenuti si consolida in tra-ma operativa, su cui lavorano i do-centi. La molteplicità degli alfabe-ti, la discontinuità delle frequenze scolastiche e le generali condizioni di svantaggio sociale degli alunni stranieri, costituiscono quella “va-

riabile” positiva, che nel tempo ha cambiato l’identità della scuola.

La partecipazione delle famiglie

Ora si perfezionano gli interventi, si aggiornano i criteri di valutazione e variano le modalità di formazione degli insegnanti che, oltre a mante-nere un rigoroso livello di compe-tenza linguistica, frequentano corsi didattici triennali, durante i quali praticano con i ragazzi stranieri (per gruppi omogenei di provenienza) sperimentazioni didattiche in ri-ferimento ai temi dell’accoglien-za e dell’ inclusione. Così, la paro-la “inclusione”, diventa un metodo di lavoro per tutte le discipline e la parola “integrazione” si trasforma in partecipazione diretta delle fa-miglie, che di fatto svolgono azio-ni complementari a quelle dei do-centi. Inoltre, le azioni progettuali si rendono visibili sul territorio at-traverso manifestazioni intercul-turali, all’interno delle quali trova-no spazio rappresentazioni teatrali, pitture murali ed oggetti realizzati dai ragazzi, esecuzioni canore e mu-sicali, il tutto finalizzato a tradur-re le tradizionali discipline in qual-cosa di concreto. Anche la staticità

della lezione frontale viene “supe-rata”, attraverso il coinvolgimento di persone esterne alla scuola (so-prattutto genitori, anche stranieri), che promuovono uscite tematiche sul territorio ed esperienze diret-te di conoscenza della città. Tutta Roma sa di questa “oasi” educativa! I docenti stessi scelgono di rimaner-ci per anni, nonostante le difficoltà e la mancanza di risorse.

Una scuola che ricerca

A contatto con questa realtà, che sfiora il 50 % delle presenze di alunni stranieri (cinesi per la mag-gior parte), non solo si ha la per-cezione di una scuola costantemen-te in “ricerca”, ma anche la certezza che quanti vi lavorano sono da tem-po andati “oltre”, come se la loro professionalità avesse già sottoscrit-to un patto formativo che supera i vincoli dei regolamenti e conside-ra marginali i protocolli della buro-crazia. Attraverso questa esperienza, che insegna ad affrontare con calma le incertezze quotidiane, è possibi-le imparare a “darsi una mossa” ri-spetto alle proprie presunte capaci-tà professionali.. è facile capire che non sono poi così importanti i tem-pi d’applicazione dei piani di stu-dio.. e che la scuola è una grande opportunità, un’occasione irripeti-bile, che ci consente di percorrere un tratto di strada assieme ai giova-ni, condividendo con loro il tempo e le speranze della vita.

Giorgio Robol

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Apprendere l’italiano

Vista la necessità di lavorare sull’acquisizione dell’ita-liano per comunicare e per studiare, il numero di neo-arrivi in corso d’anno e i bisogni linguistici diversi, l’Istituto ha dovuto rivedere le modalità didatti-co – organizzative per l’apprendimento della lin-gua italiana. Negli ultimi quattro anni si è passati da una situazione di insegnamento individualizzato, ba-sato sulla semplificazione del programma della classe e svolto in luoghi di fortuna, alla presenza di labora-tori linguistici permanenti per entrambi gli ordi-ni di scuola. Il laboratorio di Italiano L2 si configu-ra come uno spazio interno alla scuola riconosciuto dagli altri docenti, in cui gruppi di studenti possono apprendere lessico, strutture linguistiche ed elementi di cultura italiana, legati a situazioni comunicative ri-spondenti alle loro necessità, attraverso un metodo in-duttivo che li porta con gradualità a scoprire le regole della lingua. La formazione dei gruppi di apprendi-mento travalica sia l’appartenenza alla classe d’inseri-mento, sia la provenienza degli allievi e, a seconda del livello linguistico e dei bisogni.

Come lavoriamo

Nei laboratori si lavora sull’acquisizione della lingua per comunicare nella quotidianità. Qui i livelli sono spesso molto diversi ed è indispensabile un lavoro personalizzato alternando compiti differenziati a momenti comuni in cui vengono affrontate situazio-ni comunicative adatte a tutti; sull’implementazione del livello di padronanza della L2 per comunicare sia in termini ricettivi che produttivi, utilizzando testi ad alta comprensibilità o lavorando su testi autentici attraverso la proposta di strategie di facilitazione atte a favorirne la comprensione; sulla graduale acquisi-zione della L2 per studiare, lavorando sui nodi por-tanti della disciplina, cioè sui concetti - chiave, non sul recupero, ma sull’anticipazione di argomenti svol-ti in classe, per consentire all’alunno di seguire poi at-tivamente la lezione; sul supporto al metodo di stu-dio e alla preparazione dell’esame di licenza media, predisponendo un percorso graduale incentrato sul-la pianificazione e produzione del testo, sulle attività per favorire l’autonomia nello studio, sull’acquisizio-ne di lessico specialistico e l’analisi di strutture lingui-stiche complesse, in vista delle prove dell’esame fina-le. Utile si è dimostrata l’adozione di libri di testo di italiano L2 per gli alunni migranti, differenziati per i due ordini, che assieme ai materiali presenti nella ricca biblioteca di italiano L2 – intercultura (manuali, cd-rom, poster, testi bilingui…) rendono la lezione varia e interattiva. Il laboratorio, prevedendo la frequenza di un’ora al giorno, permette agli alunni di sperimen-tare la lingua in piccolo gruppo, assieme a compagni con bisogni linguistici simili, di sentirsi competenti e in grado di seguire la lezione in ogni fase, pur rima-

Negli ultimi anni l’istituto è proiettato verso la ri-cerca e la sperimentazione di dispositivi di suppor-to per gli alunni migranti, diversificati in base alle fasi del percorso di apprendimento attraversate, in quanto per una piena integrazione è indispensa-bile un contesto pronto a sostenere efficacemen-te alunni e famiglie. Al momento dell’iscrizione, come da Protocollo d’accoglienza, viene fissa-to un incontro tra la famiglia, il coordinatore di classe, la Dirigente, la referente per l’intercultura e la coordinatrice al fine di creare una prima occa-sione di conoscenza reciproca importante per pre-sentare la scuola e reperire informazioni sulla sto-ria del nuovo alunno. Fondamentale è infatti la relazione scuola – famiglia, che passa attraverso la chiarezza comunicativa; per questo motivo ab-biamo avviato un notevole lavoro di traduzione della modulistica relativa all’iscrizione, all’organiz-zazione interna e alle comunicazioni e organizzato degli incontri per genitori avvalendoci di media-tori interculturali delle principali lingue d’origine presenti nei plessi (rumeno, serbo-croato, albane-se, arabo, urdu).

SU MISURAPersonalizzare i progetti

il laboratorio

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nendo per il restante tempo-scuola in classe; così tutti gli alunni trovano l’ambiente adatto per continuare a sentirsi motivati nell’apprendimento ed efficacemen-te supportati..

Dalla personalizzazione alla valutazione

Ricercare e sperimentare modalità di collegamento tra le attività svolte in questo luogo “su misura” e la realtà complessa della classe è stato l’obiettivo della Commissione intercultura nell’a.s. 2008-2009, anche grazie alle competenze maturate in seguito alla par-tecipazione al “Periodo formativo per l’inserimento e l’integrazione degli alunni stranieri”, agli incontri di rete tra i diversi Istituti, al supporto del centro inter-culturale Millevoci. La commissione, supervisionata da Maria Arici, ha iniziato così una riflessione condi-visa e ha prodotto preziosi strumenti operativi. Il pro-tocollo sulla personalizzazione e sulla valutazione dei percorsi di apprendimento degli alunni di madrelin-gua non italiana, nato dal lavoro della commissione, parte dalla necessità di costruire un curricolo fonda-to sull’effettiva situazione di parten-za e su capacità e bisogni diversifica-ti, operando delle precise scelte sulle discipline e sui contenuti da affronta-re e definendo dispositivi di supporto e metodologie da attivare. La valuta-zione, come previsto dalla normativa, terrà “conto della necessaria coerenza valutativa con il percorso didattico per-sonalizzato previsto dall’art. 10” del Regolamento per l’inserimento e l’in-tegrazione degli studenti stranieri nel sistema educativo provinciale e “con gli elementi valutativi acquisiti”.

I nostri strumenti

Per attuare tutto ciò la commissione ha adattato il Quadro Comune Europeo di riferimento per le lingue, strumento descrittivo e diagnostico del livel-lo di conoscenza ed uso di una lingua straniera, alla fascia d’età della scuola del primo ciclo e ha descritto le competenze linguistiche che un alunno di madre-lingua non italiana raggiunge, dal livello A1 al livello B2, nelle abilità fondamentali (ascolto, lettura, intera-zione orale, produzione orale, produzione scritta). Te-nendo monitorato il livello di competenza in italiano, il docente può quindi individuare, per il livello succes-sivo, gli obiettivi realistici per la programmazione del suo intervento, controllando così i progressi lingui-stici. A ciò è seguito un modello di griglia per il per-corso personalizzato, che illustra risorse e procedure ad oggi fattivamente impiegate. Per quanto riguarda, ad esempio, l’omissione o sostituzione di una discipli-na, non esiste una regola generale, infatti anche l’eso-nero da una lingua straniera è meditato sui singoli casi; quest’anno è stato possibile, grazie alla disponibi-lità di un’insegnante, sostituire il tedesco con il france-se, studiato da un’alunna nel Paese d’origine.

Il coinvolgimento di tutti

La personalizzazione viene proseguita dai docenti di classe durante attività di compresenza anche con alun-ni di classi parallele, progetti di recupero e ore di inse-gnamento alternativo alla religione cattolica. Tali attivi-tà sono precedute da un’attenta programmazione tra le figure che operano con l’alunno, al fine di perseguire un progetto personalizzato coerente e unitario, che pre-vede anche la partecipazione della facilitatrice linguistica alla programmazione settimanale e ai consigli di classe, luoghi di confronto per eccellenza, che, uniti allo scam-bio quotidiano, favoriscono la necessaria coerenza didat-

tico-educativa. L’alunno migrante è così una realtà di tutti, vissuta con correspon-sabilità, nella ricerca del percorso più con-sono, legato agli effettivi bisogni che ogni alunno con la propria storia porta con sé e che richiedono una risposta adeguata e competente, nella convinzione che riflet-tendo sul ruolo che hanno la lingua e la comunicazione in tutte le discipline, ven-gono ripensati i curricoli di tutti e la scuo-la stessa nel suo insieme.

Stefania PlotegherDocente facilitatrice linguistica con compiti di coordinamento

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Le parole chiave

L’intercultura è fondamentale per il nostro istituto, intesa non come una cornice del processo formati-vo ed educativo dell’alunno, ma come “l’anima” della scuola. È per noi un atteggiamento da sollecita-re e progettare in tutte le discipline e che coinvolge tutti gli insegnan-ti e naturalmente le famiglie. Pun-to di forza di questo nostro lavoro è anche il fatto che la Dirigente con-divide questo progetto. La diversi-tà interculturale non è una novità dovuta all’arrivo degli immigrati, ma una caratteristica generale della società per la promozione del dia-logo e del confronto delle culture. Le tappe principali del nostro viag-gio si possono riassumere in cin-que parole chiave: accoglienza, conoscenza - identità, insegna-re l’italiano come L2, fare e vive-re l’intercultura e lasciare tracce e memorie.

Un mosaico di diversità Nel nostro Istituto Comprensivo ci sono tre scuole diverse. La scuo-la primaria di Serravalle formata da alunni provenienti dai paesi di Ser-ravalle, Santa Margherita e Chiz-zola. A questi, negli ultimi anni, si

Con piacere apriamo le porte dell’I.C. di Ala per farvi conoscere il no-stro progetto educativo rivolto all’intercultura. Il tema è “l’altro” (perso-na) come punto di partenza. Iniziamo così il nostro viaggio tra i banchi di scuola per scoprire come la diversità sia fonte di ricchezza. Negli ulti-mi anni l’Istituto Comprensivo di Ala ha subito notevoli trasformazioni. Possiamo paragonarlo alla tavolozza di un pittore che col passare del tem-po ha dovuto aggiungere tanti colori per realizzare la sua opera. Basta scorrere l’elenco delle classi per scoprire che i nomi dei nostri alunni sono cambiati (a tal proposito ricordo con simpatia l’imbarazzo e le difficoltà che abbiamo avuto noi insegnanti ad inizio anno nel leggere correttamen-te il nome degli alunni delle nuove classi prime della scuola primaria.).

INTERCULTURAUn percorso necessario

i progetti

sono aggiunti alunni di madrelin-gua non italiana. La scuola primaria di Ala si caratterizza dall’incontro di alunni che provengono da Ala, Pil-cante, Marani, Sdruzzinà e da una massiccia presenza di alunni di ma-drelingua non italiana di prima e di seconda generazione. La scuola se-condaria di primo grado di Ala che accoglie tutte le realtà sopra citate. Un significativo mosaico di culture e diversità. Per queste realtà così di-verse l’Istituto ha attivato vari pro-getti. In primo luogo il protocollo di accoglienza finalizzato all’inseri-mento e all’integrazione degli alun-ni migranti. A questo si aggiunge il progetto di accoglienza per le prime della Scuola Primaria di Ala e Serra-valle “Vedere con gli occhi di un bam-bino” realizzato con gli insegnanti e la mediatrice culturale. Mentre per le classi prime della secondaria di primo grado di Ala è stato attiva-to un progetto di accoglienza con i tutti i docenti e l’esperto dell’asso-ciazione “D’ALTRO canto” .

Un approccio interculturale

Questi progetti hanno come fina-lità l’acquisizione di un approccio interculturale attraverso il poten-ziamento dell’intelligenza rela-

zionale. Infatti nelle nostre clas-si accogliere significa valorizzare ogni identità e promuovere dina-miche attive per favorire l’incon-tro e la qualità delle relazioni tra alunni di diversa provenienza, va-lorizzando somiglianze e diversità. Accoglienza che viene attivata an-che con l’incontro e il coinvolgi-mento delle famiglie degli alunni neo-arrivati. Ricordo un incon-tro fatto un mese fa con una fa-miglia rumena, gli insegnanti e la referente per l’intercultura. E’ sta-to un momento significativo per-ché i genitori hanno potuto sentir-si accolti, ascoltati nei loro desideri e bisogni. Hanno avuto modo di conoscere l’organizzazione e le re-gole della scuola in lingua rume-na. Viviamo ormai in una socie-tà interculturale con la presenza di famiglie multietniche con identi-tà linguistiche, culturali, religiose, somatiche diverse. Compito della scuola è garantire allo studente il diritto alla propria identità e dif-ferenza attraverso la conoscenza. Il lavoro di noi insegnanti è quello di smontare, scomporre, decostruire pregiudizi e stereotipi che impedi-scono una corretta visione dell’al-

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tro e questo è un lavoro davvero delicato e sottile che noi docenti attuiamo giornalmente con fatica, pazienza e, come sempre, molto spess, i risultati sono a lunga sca-denza e difficilmente misurabili.

I progetti attivati

L’apprendimento dell’italiano come L2 rappresenta una compo-nente essenziale del processo di in-tegrazione e costituisce la condi-zione di base per capire ed essere capiti, partecipare e sentirsi parte attiva e viva della comunità scola-stica ed extrascolastica. Ecco quin-di attivato un laboratorio di L2 che viene seguito dalla docente facili-tatrice linguistica. Per fare e vivere intercultura presenteremo qui solo alcuni dei molti progetti attivati poiché l’elenco è davvero lungo. La commissione intercultura ha cerca-to di raccoglierli e di sensibilizza-re tutta la scuola ad attuare e vivere l’educazione interculturale. Innan-zitutto le tre scuole si caratterizzano per le iniziative finalizzate alla coo-perazione e alla solidarietà: espe-rienze forti e formative sono state l’incontro di tutti gli alunni delle due scuole di Ala con il missiona-rio Baba Camillo, che vive e lavora in Africa, e la raccolta di materiale scolastico per la sua missione. Nel-la primaria di Serravalle gli alunni hanno conosciuto l’America Lati-na grazie all’incontro con una vo-lontaria in quel paese ed hanno rac-

colto la pasta per aiutare i bambini dell’Ecuador. Tuttora vengono rac-colti a scuola e venduti i tappi di plastica per sostenere progetti di solidarietà.

I diritti dei bambini

Il 20 novembre 2009 il teatro di Ala si è trasformato in una gran-de aula scolastica per conoscere e festeggiare il duplice anniver-sario della “Dichiarazione dei di-ritti dei bambini”(1959) e della “Convenzione dei diritti dell’in-fanzia” (1989). I 29 alunni delle classi quinte della scuola primaria di Serravalle hanno fatto lezione presentando il testo svolto sui diritti e doveri dei bambini e il CD “Il signor Diritto” ai futuri compagni delle classi quinte della scuola primaria di Ala, ai genitori, alla dirigente scolastica, al sinda-co, all’assessore alla cooperazione internazionale Lia Beltrami, al di-fensore civico e ai referenti di va-rie associazioni di solidarietà del posto. Il 10 dicembre, anniversa-rio della Dichiarazione universale sui diritti dell’uomo, la scuola si è trasferita nella sala consiliare del Comune di Ala e gli alunni della primaria di Serravalle hanno po-tuto assistere ad un consiglio co-munale “alla presenza dei genito-ri, degli insegnanti, delle autorità responsabili della scuola, degli as-sessori Marta Dalmaso e Lia Bel-trami e delle associazioni di vo-lontariato.

Tante iniziative di intercultura

Il concerto “Canti e poesie di Nata-le” svolto dalle classi prime e quarte della scuola di Serravalle ha visto il coinvolgimento delle famiglie degli alunni migranti nella preparazione di poesie e canti in lingua madre. Nel laboratorio delle quinte di Ala è stato attivato il progetto “Le al-

tre Cenerentole” e la fiaba di Cene-rentola è stata presentata nelle varie culture, con un’attenzione partico-lare alla “scarpetta” di Cenerento-la, al fine di realizzare, con l’aiuto di un’esperta, lo spettacolo anima-to “Scarpe da tutto il mondo” con il coinvolgimento dei genitori degli alunni migranti. A Serravalle con il progetto “Noi e voi_You&us..let’s talk about rights” le classi ter-ze hanno avviato un gemellaggio con gli alunni di Roma, volto a far conoscere i diritti e doveri uma-ni veicolati in varie lingue e scrit-ti su magliette che gli stessi alunni regaleranno ai compagni romani. La referente del C.T.P (educazio-ne adulti) ha proposto il progetto “Il viaggio è….” per raccogliere te-stimonianze scritte di adulti, ragaz-zi e bambini stranieri sull’esperien-za personale della migrazione (il distacco, le aspettative, gli aspetti positivi/negativi, la nostalgia per il proprio Paese d’origine). È nostra intenzione attivare un archivio per raccogliere queste esperienze formative arricchendo così la no-stra biblioteca interculturale.

Paola Strafellini referente per l’intercultura

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Un’esperienza pluriennale

È una presenza in costante aumento quella degli stra-nieri, ma non è una novità per questi insegnanti. La maestra Loretta con orgoglio ricorda il suo primo stu-dente straniero che oggi ha compiuto brillantemente tutto il percorso di studi ed è diventato ingegnere; nel-le sue parole si sente ancora l’emozione che questa sfi-da aveva acceso in lei e che si riaccende ogni anno dal momento che sono più di dieci anni che nelle sue clas-si convivono felicemente studenti italiani e studenti stranieri. Alcuni, a dire la verità, sono nati in Italia, ma sono all’ordine del giorno anche gli arrivi nel cor-

17 febbraio 2010, ore 9.30, seduti intorno al ta-volo ovale della biblioteca scolastica, un gruppo di docenti della scuola primaria e secondaria di 1° grado dell’I.C. di Ala dialogano con me sulle at-tività relative all’integrazione ed inclusione degli studenti stranieri. Partecipo per raccogliere dalla viva voce dei protagonisti esperienze da pubblicare su Didascalie. Ci sono Stefania Plotegher docen-te con il compito di facilitatrice linguistica, Mau-ro Debiase docente di materie letterarie alle medie, Loretta Debiase insegnante di materie letterarie, e quindi prevalente, alla primaria, così come Ange-lina Ribolli e Cristina Delpero. La presenza de-gli stranieri nel comune di Ala è importante ed è una realtà che ho potuto toccare con mano in pri-ma persona, quando, trovandomi a chiedere infor-mazioni per strada, nessuna voce di quelli che gen-tilmente mi hanno risposto aveva accento italiano.

INSEGNANTIImparare dall’esperienza

in classe

so dell’anno scolastico. “ Vi ricordate l’anno scorso” rac-conta la maestra Angelina ai colleghi “al primo aprile mi hanno detto che avrei avuto un nuovo studente stra-niero in classe ed io pensavo si trattasse di uno scherzo! Invece era proprio vero e non solo non sapeva l’italiano ma neppure leggere o scrivere mentre i compagni già ave-vano incominciato a farlo.” “ E come è andata?” Chie-do io. “Alla fine si è inserito proprio bene, a giugno non solo aveva acquisito la lingua italiana per la comunica-zione, ma sapeva pure scrivere, anche se solo in stampa-tello. Che progressi aveva fatto, così è andato in seconda assieme ai compagni!”

Le classi multicolori

Nessuno è spaventato dal fatto di avere classi multico-lori, sapendo che i bambini si adattano facilmente ed imparano in fretta. “A volte sono proprio gli stranieri a distinguersi per la voglia di imparare, soprattutto quel-li dei paesi dell’Est”. Per l’insegnante non è una fati-ca in più, spesso è uno stimolo, una sfida. Chiedo se con i compagni di madrelingua italiana non ci siano problemi riguardo all’accoglienza e mi viene risposto che non si può generalizzare, dipende molto da caso a caso. Quando la differenza fisica e culturale è note-vole, come nel caso del colore della pelle o di un ab-bigliamento molto particolare, come è stato con un bambino indiano che è sempre venuto a scuola con il turbante, si hanno più problemi e senza l’intervento costante degli insegnanti i compagni tenderebbero a isolare chi è diverso. Ma sono eventi sporadici, perché alla primaria quella che prevale è la curiosità nei con-fronti del nuovo arrivato. Le maestre cercano di sape-re in anticipo (ora il protocollo di accoglienza adot-tato dalla scuola stabilisce proprio questo) quando ci sarà un nuovo ingresso di un bambino venuto da lon-tano e preparano una festicciola per l’occasione con bibite e dolcetti per farlo sentire bene accolto. Guar-dano nel mappamondo quanto è stato lungo il viaggio ed i compagni si sentono molto incuriositi proprio dai particolari del viaggio, dai mezzi di trasporto utilizzati e dal paese di provenienza.

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Come creare il gruppo

Un nuovo arrivo, infatti, è l’occasione per approfon-dire meglio un argomento di geografia. “Ma non bi-sogna esagerare nel mettere al centro il nuovo arrivato, alcuni sono timidi e spaventati e si vede subito che non gradiscono tanto essere al centro dell’attenzione” è anco-ra Loretta a parlare, che avendo una lunga esperienza, ha imparato a sviluppare l’intuito e l’empatia. Piut-tosto si utilizzano delle attività presentate sotto forma di gioco affinché tutti i bambini socializzino, come ad esempio quella che chiamano l’amico immaginario. Su dei bigliettini sono scritti tutti i nomi dei componenti della classe, ogni bambino ne pesca uno e, senza rive-larlo, per tutta la settimana si comporterà verso quel compagno come una specie di angelo custode, cercan-do di fargli mille gentilezze. Alla fine, il gioco prevede che ognuno debba indovinare il nome del suo ange-lo custode e se si viene scoperti significa che si è stati bravi a farlo. Un’altra strategia utilizzata è quella del-le letterine che sottolineano 5 aspetti positivi di ogni compagno “è un allenamento a trovare nell’altro carat-teristiche positive” ribadisce Loretta.

… e se ci sono problemi

Se invece la classe manifesta qualche problema di socia-lizzazione, si utilizza il metodo del circle time. I bambini vanno in un’aula apposita, dove le sedie sono disposte in cerchio, e ognuno scrive su un bigliettino ciò di cui vorrebbe parlare, poi si sceglie insieme un argomento. Ognuno dice ciò che pensa, alzando la mano per avere la parola; la regola è di rispettare tutte le opinioni sen-za giudicare né offendere. L’insegnante svolge il ruolo di moderatore. Il metodo funziona benissimo pure coi bambini della primaria. L’empatia, cioè il mettersi nei panni dell’altro, è uno strumento che viene utilizzato molto anche alle medie, ci racconta Mauro, dove non sempre è facile accettare chi è diverso, perché il gruppo tende all’uniformità, ma se nascono problemi di emar-ginazione gli studenti vengono richiamati a vedere i fat-ti dal punto di vista dell’altro. Un lavoro che ha fatto fare dei passi avanti nei confronti dell’accoglienza è sta-to quello sui diritti umani e sui diritti dell’infanzia, si è lavorato in maniera indiretta, ma il risultato è stata la comprensione che tutti hanno dei diritti in quanto es-seri umani, anche chi viene da lontano.

Il desiderio di essere uguali

Tra le metodologie didattiche prevalenti, non figura il cooperative learning “ troppo complicato da mettere in pratica con i bambini” mi riferiscono le maestre,

ma viene utilizzato molto il tutoring tra pari. I giova-ni studenti sono contenti di poter insegnare ai compa-gni e questo accade anche nel laboratorio linguistico. Gli insegnanti si sono accorti che a volte mettere l’ac-cento sul paese di origine, magari per valorizzarne la cultura e le caratteristiche nell’ambito del percorso di interculturalità non era sempre gradito dai diretti in-teressati, che spesso sembrano voler rimuovere le loro origini diverse e sentirsi in tutto e per tutto uguali ai compagni. Mauro racconta sorridendo che una volta è entrato in una classe per sostituire un collega e veden-do un ragazzino dalla pelle molto scura non ha potu-to trattenersi dal domandargli “ E tu da dove vieni?” e lo studente stupito, come per una domanda senza sen-so, ha risposto prontamente “Da Ala!”. Nelle classi il numero degli studenti “stranieri” si aggira intorno al 30%, a volte è pure superiore, però includendo anche quelli nati ad Ala. Il rischio a quanto pare è che tenda-no a non voler conservare la loro identità, specialmen-te gli adolescenti, per uniformarsi ai nativi, forse è un fatto legato all’età.

La questione della lingua

Il primo problema da risolvere nei casi dei neoarrivati, che come si è detto possono venire iscritti in qualsiasi periodo dell’anno, è quello della lingua per comuni-care, per questo l’istituto comprensivo di Ala si è dato

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un’organizzazione di cui tutti sembrano soddisfatti. Esiste continuativamente un laboratorio linguistico, così come prescritto dal regolamento attuativo dell’art. 75 della legge provinciale n. 5 /2006, ma quello che sembra far funzionare le cose è il rapporto di stretta col-laborazione che ciascun insegnante ha con la facilita-trice linguistica. In prima gli alunni vengono lasciati sempre nella classe di appartenenza per favorire il loro pieno inserimento ed è l’insegnante di classe che pen-sa ad esercizi adatti a loro affinché acquisiscano i pri-mi rudimenti della lingua italiana, ma dalla seconda in poi iniziano a frequentare il laboratorio linguistico che in genere è 5 ore alla settimana, per imparare la L2 per comunicare, e 3 ore nel caso ci sia bisogno di potenzia-re l’apprendimento della L2 ed iniziare ad affrontare la lingua per lo studio delle varie materie o per prepararsi all’esame di fine ciclo in terza. Siccome le ore non sono tante, c’è una forte coordinazione tra quello che fa la fa-cilitatrice linguistica nel laboratorio e ciò che fa l’inse-gnante di classe. Ad esempio, se un bambino si sta eser-citando sull’ortografia o sul lessico, anche in classe farà esercizi di quel tipo.

La programmazione comune

I percorsi sono personalizzati a seconda del biso-gno linguistico che si è manifestato. La programmazio-ne comune avviene sfruttando le due ore settimanali alla primaria, mentre per la secondaria ci si deve affi-dare al volontariato degli insegnanti. Stefania, la faci-litatrice linguistica è una docente della scuola, laurea-ta in scienze della formazione, che da cinque anni si occupa dell’insegnamento della L2, avendo seguito dei corsi specifici, tra cui anche l’anno di formazione or-ganizzato dalla Provincia. Quest’anno è stata esonera-ta dall’insegnamento di classe e si occupa a tempo pie-no dei laboratori. Coi colleghi della scuola media cerca di incontrarsi quando hanno delle ore “buche”, perché la programmazione che avviene nei consigli di classe ri-volta a tutti gli studenti non sarebbe sufficiente, qui si cerca di valutare caso per caso. La collaborazione di-venta ancora più stretta e significativa per la lingua del-lo studio, nel qual caso ci si accorda sugli argomenti da affrontare nel laboratorio, affinché Stefania possa anti-cipare ciò che verrà trattato in classe, insegnando il les-sico ed i nuclei portanti della disciplina. Naturalmen-te si sforza anche di semplificare il libro di testo in modo che gli studenti possano seguire gli argomenti nello stesso libro dei compagni e orientarsi in classe du-rante le lezioni. Segue l’aiuto nell’acquisizione del me-todo di studio che non è mai uno studio mnemonico, ma parte dalla comprensione dei concetti chiave della disciplina.

Il problema dei compiti

Quella dei compiti a casa sembra una questione non ancora risolta, infatti si nota la differenza tra chi è se-guito dalla famiglia che “dà un occhio” ed un sup-porto attivo all’esecuzione puntuale dei compiti e chi no. Spesso le famiglie degli stranieri non possono se-guire i loro figli. Anche in questo caso non si può ge-neralizzare, ci sono genitori stranieri laureati, però si contano sulle dita. Tutti gli insegnanti sembrano con-cordi nel dire che ci vorrebbe una struttura a livello territoriale che possa seguire i ragazzini al pomerig-gio nell’esecuzione dei compiti. Al momento c’è solo un operatore della scuola in pensione che, volontaria-mente, segue gli studenti che ne hanno bisogno, aven-do a disposizione un locale della SAT, di cui è socio e a parere di tutti il suo lavoro è molto utile. Pensano che la scuola dovrebbe promuovere la nascita di una strut-tura territoriale oppure costituire al suo interno un gruppo di esperti esterni, magari neolaureati, che pos-sano svolgere questa attività pomeridiana. Per seguire gli studenti stranieri comunque vengono organizzati interventi nell’ambito delle ore di potenziamento for-mativo (attuale art.12 del CCPL) e nell’ora di attivi-tà alternativa per chi non si avvale dell’insegnamento della religione cattolica. Insomma si cerca di fare tut-to quello che si può.

Il rapporto con le famiglie

Al problema dei compiti a casa si collega quello del rapporto con le famiglie. Sembra agli insegnanti che a livello di territorio non si faccia moltissimo per l’inte-grazione delle famiglie straniere che, come si è detto,

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sono assai numerose. Si nota, infatti, che alcune sono piuttosto isolate, le etnie sono diverse, mancano asso-ciazioni culturali o associazioni di genitori che favori-scano la partecipazione dei genitori stranieri alla vita della scuola, che da parte sua cerca anche in questo caso di fare il possibile. Nel territorio è presente un CTP dove viene insegnata la L2, ma è un’occasione poco sfruttata. Nel protocollo di accoglienza l’istituto prevede una serie di agevolazioni per le famiglie non madrelingua. Per facilitare l’iscrizione dei propri figli la segreteria, ad esempio, mette a disposizione modu-li scritti nelle diverse lingue, tutte le informazioni sulla scuola sono redatte nelle lingue originarie degli immigrati. Con l’aiuto dei mediatori culturali viene immediatamente organizzato un primo colloquio con gli insegnanti della classe di destinazione. L’iscrizione avviene, come prescrive la normativa, nella classe cor-rispondente all’età anagrafica e si sceglie la sezione che al momento presenta un numero minore di studenti.

La collaborazione coi genitori

Alla scuola primaria è abbastanza facile avere rapporti continuati con la famiglia, magari all’inizio o al termi-ne delle lezioni, se gli insegnanti si rendono disponibili, come spesso accade, ma nella secondaria di primo gra-do, l’organizzazione diversa e frammentata dell’orario dei docenti toglie questa possibilità. Anche per il rap-porto con le famiglie, che sembra ai presenti troppo su-perficiale e a volte solo formale, mi dicono che dipende da caso a caso e soprattutto da cultura a cultura. In ge-nere c’è un membro della famiglia che riesce a comu-nicare in lingua italiana e la scuola utilizza spesso le co-municazioni telefoniche, magari per avvertire che è in arrivo una comunicazione scritta da firmare. Le maestre Cristina e Angelina hanno notato che in genere i rap-porti con le famiglie straniere sono buoni, c’è da parte dei genitori la tendenza fidarsi molto della scuola e di ciò che dicono gli insegnanti, per cui se viene dato un consiglio si cerca di seguirlo, a volte però questa fiducia sembra sconfinare nella delega, proprio perché gli im-migrati hanno già tanti problemi da risolvere ed il figlio viene “affidato” alla scuola. L’esempio della scuola visi-tata a Roma, dove erano presenti diverse associazioni dei genitori a livello territoriale, pronte ad attivarsi per risolvere eventuali problemi collaborando attivamente, ha lasciato a tutti il desiderio di una situazione simile anche nel proprio territorio.

Gli strumenti pratici

Nonostante gli anni di esperienza alle spalle e l’evi-dente motivazione degli insegnanti, l’integrazione

degli studenti stranieri non è lasciata tutta sulle loro spalle e la scuola ha cercato di darsi un’organizzazio-ne tale da permetterle di uscire da una situazione di emergenza per gestire ogni situazione come ordinaria quotidianità. Il Regolamento per l’integrazione degli stranieri è stato attuato punto per punto. L’istituto si avvale della collaborazione di vari mediatori cultura-li, uno per ognuna delle lingue principali parlate dagli studenti di madrelingua non italiana. Una funzione strumentale è dedicata alla progettazione dei percor-si di intercultura. C’è una facilitatrice linguistica, che abbiamo visto essere una docente interna e questo rende agile la programmazione comune. Si è costitui-ta una commissione di dieci docenti che ha predispo-sto una serie di strumenti pratici, tra cui il protocollo di accoglienza, la scheda descrittiva del percorso per-sonalizzato per gli alunni di madrelingua non italiana e la griglia con le varie vasi del percorso ed infine, ul-timo nato, il protocollo di valutazione sulla base del percorso personalizzato, che è stato introdotto solo quest’anno e che è stato “testato”in occasione di que-sta prima valutazione quadrimestrale.Nel pomeriggio ci sarà il collegio docenti che prende-rà in esame il protocollo di valutazione, il quale con-tiene le linee guida per i docenti e privilegia la fun-zione formativa della valutazione, per vedere se ha funzionato bene o se deve essere migliorato. Si tratta di un percorso in continua evoluzione. Nessuna so-luzione è definitiva, si sperimenta, si verifica e si mi-gliora. Domani ci sarà la riunione con i genitori an-che quelli stranieri e la dirigente presenterà le attività svolte e l’organizzazione che la scuola si è data per l’in-tegrazione e l’inclusione degli studenti stranieri, chis-sà che non sia l’occasione buona per creare l’auspicata sinergia con il territorio.

Patrizia Lucca

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MEMORIA E RICORDO

il diario

Ogni anno ci poniamo il problema del “come” ri-chiamare i temi della “giornata della memoria” e del “giorno del ricordo” senza diventare osses-sivamente rituali. Le iniziative (ovviamente molte più numerose e profonde per la “memoria”) con-tinuano a moltiplicarsi, ma anche ad istituziona-lizzarsi sempre di più. Didascalie si sforza di dare ogni anno un’angolatura particolare (dalla ripre-sa storica al racconto dei testimoni diretti al diario dai lager…), sapendo che non riusciamo a stare coi tempi perché in gennaio/febbraio esce un numero unico della rivista per motivi di bilancio. In questo numero, la memoria e il ricordo passano attraverso pagine di libri scritte da testimoni privilegiati (Bo-ris Pahor e Nino Betta), dal diario dal treno per Au-schwitz e dalla Schlosshalle di Bühl-Württemberg “nell’addio pubblico a un’antica ragazza della resi-stenza (Anneliese Graf), dai “non violenti contro il Muro” e dalle croci dei caduti trentini della prima guerra mondiale. Coscienti che tutto questo è co-munque “un granellino di sabbia”. (m.c.)

IL TRENO400 giovani trentini ad Auschwitz

DIARIO: un docente racconta

Il Treno della Memoria – 4/10 febbraio 2010: 400 giovani Trentini visitano Auschwitz in un percorso di legalità – un viaggio nella memoria e della memo-ria. Il progetto è promosso da Terra del Fuoco (ONG nata da un movimento di giovani per il sostegno al pro-cesso di integrazione europea), in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento. Adriano Tomasi e Al-berto Conci (docenti in utilizzo presso il dipartimento istruzione) hanno vi hanno partecipato. Tomasi ha re-datto per Didascalie questo breve “diario”.

“Io ti ricordo”

Momento centrale è stata la visita al campo di Auschwitz – Birkenau al termine della quale ho scritto queste brevi riflessioni: “Stamattina alle otto si sale in pullman per la visita al campo di Auschwitz-Birkenau. Un’ora di viag-gio verso Sud Ovest e in pullman ci danno ulteriori istru-zioni: durante la visita a quello che di fatto è un enorme cimitero non si scattano fotografie, se non chi è autoriz-zato, non si mangia e non si fuma. Ci viene poi conse-gnata una fascetta di stoffa bianca sulla quale potremo

scrivere il nome di uno dei deportati la cui fotografia tro-veremo, fra le centinaia che sono appese alle pareti du-rante la nostra visita in uno dei Block di Auschwitz; una fotografia da scegliere fra le tante ed un nome che ci ap-punteremo e che nella cerimonia conclusiva scandiremo insieme alle parole “io ti ricordo” e quella persona per un istante sarà ancora qui, sarà viva in noi. Il nome che mi sceglie e non ne potevo cercare altri è Abraham Feiler, di lui non so nulla se non quello che mi suggerisce quell’im-magine congelata nel tempo tanti anni fa. Un viso scava-to di un anziano che mi guarda con occhi atterriti e con-sapevoli. Aveva 59 anni, la mia età di oggi, e nel campo è vissuto (vissuto?) solo tre o quattro giorni qui, nell’in-ferno in terra, prima di scomparire per sempre. Chi fosse realmente, da dove venisse, di quali gioie, dolori, affetti, rimpianti, rimorsi, speranze paure, sogni e illusioni sia stato l’impasto della sua vita nulla so e mai potrò cono-scere. Ma oggi il suo nome è di nuovo un suono nell’aria e lui in qualche modo è qui con noi e mentre i suoi car-nefici sono nell’ombra e cancellati nella memoria lui, che doveva essere cancellato, al contrario, è sopravvissuto.

Gli oggetti raccontano

Il campo suscita in me un’emozione profonda; gli ogget-ti mi parlano, le immagini mi restituiscono fantasmi di uno strazio indicibile che è stato. Il paesaggio che vedia-mo là in fondo è già stato in altri occhi, scorci di cielo fra i profili dei Block, i giochi geometrici del filo spinato, gli isolatori di corrente sui pali ricurvi, le torrette di guar-dia, i riflettori. Proviamo a vederli come li hanno visti le

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vittime dell’Olocausto: erano persone come noi non nu-meri tatuati o cifre in un lugubre interminabile elenco. Di ognuno che è passato di qui, anche per pochi giorni o poche ore, prima di svanire nel nulla. Ma non sono nu-meri, non lo erano, erano persone e il loro sguardo è an-che il mio, il nostro sguardo. Anche gli oggetti hanno in sé la parte di una vita di cui scandivano la quotidia-nità e che erano cari a qualcuno, di cui ci raccontano frammenti di piccole storie: quello scarpone semirovescia-to di cui vedo la suola chiodata e il tacco rinforzato da una piastra metallica mi dice di inverni freddi, di strade ghiacciate e di lavoro all’aperto e del gelo tenuto lonta-no. Il bricco smaltato, verde pallido con una decorazione a fiori ha ancora il profumo del latte caldo appena ver-sato che si mescola al crepitare del fuoco nella stufa. Una spazzola per pulire le stoviglie, di forma inconsueta, con il corto manico tornito in legno, mi parla di fiere di pa-ese, di bancarelle dove scegliere proprio questa spazzo-la perché già la vedo ornare la cucina della mia casa che curo con l’amore e con l’orgoglio di una brava massaia; posso ancora udire il tintinnio delle stoviglie mentre si ri-governano nella penombra fresca di una cucina nel pri-mo pomeriggio, mentre fuori splende un caldo sole estivo e tutto intorno tace, nella quiete di un pomeriggio qual-siasi di un giorno e di un anno che non so. E quelle due trecce mozzate, ancora strette con cura dopo più di mezzo secolo, che cosa mi possono sussurrare se non il desiderio di farsi bella, ordinata, curata, con attenzione e magari con il piccolo sacrificio che comporta tirare bene i capel-li perché la treccia non si sciolga, e tanta pazienza. Ma alla fine la chioma è in ordine e c’è da essere orgogliose di presentarsi al mondo senza un capello che sfugga per dare

l’immagine di ordine e di pulizia, mica una sciattona. Era una bambina? Una giovane? Una madre? Non è più e non è mai stato importante. Ma ci dice che quella don-na non era trasandata, per quanto le era permesso, nem-meno in quegli ultimi giorni che mai avrebbe pensato sa-rebbero arrivati così, strappata a tutto ciò che le era caro e in cui tutto veniva a cadere.

Le foto sul muro

E poi il muro delle fotografie, quelle di prima, quando il mondo girava senza fretta e senza strappi, e ogni cosa sembrava dovesse fluire come sempre. Quanto sono simili a quelle che raccolgono gli album nelle nostre case, dove i nostri cari, le persone che vivono nella memoria della fa-miglia e nella nostra hanno voluto fermare proprio quel momento della festa, della gita, dell’allegria dell’emo-zione che era importante ricordare insieme magari anni dopo. Ecco, Auschwitz può e deve restituirci con forza queste vite spezzate: niente di umano ci deve essere estra-neo se vogliamo che l’orrore non si ripeta. Vite macina-te da quella macchina dello sterminio ma che si alzano ancora più forti dei loro carnefici e sono la nostra for-za, ci danno forza: queste persone sono qui, con noi e in noi, non sono perse o svanite per sempre ci accompagna-no ora e saranno nostre compagne nel nostro viaggio di ogni giorno a venire. Questo è il compito per i ragazzi del treno: portare avanti e diffondere questa fiamma di vita, come se partecipassero ad una gara di staffetta: ora il ba-stoncino del testimone è nelle loro mani lo devono strin-gere forte e poi passarlo ad altri. Al crepuscolo, al termine della breve cerimonia quando tanti nomi sono stati scan-diti dalle nostre voci ed hanno ripreso ad essere, nella luce incerto e nel vento gelido, la nostra lunga fila che cammi-na sul marciapiede della selezione verso l’uscita dal cam-po, verso la porta spalancata attraverso la quale entrava-no i treni della morte, appare come una folla di persone che abbandona il Lager da cui si usciva solo attraverso il camino e che supera il cordone degli aguzzini con i fucili spianati, non viene trattenuta da fili spinati e riflettori. In un attimo il tempo non esiste più e le vittime di allo-ra tornano, tornano alle loro case, ai luoghi che li hanno visti crescere e ad una vita che era. Questo attraverso di noi e attraverso il treno della memoria; ce li porteremo a casa come un dono prezioso.

Adriano Tomasi

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Mite e determinato

Il suo nome ha co-minciato a circolare a partire dal 2001, quando l’editore ro-veretano Nicolo-di (ora Zandonai) ha pubblicato la sil-loge di racconti “Il rogo nel porto” e poi i romanzi “La vil-la sul lago” (2002) e “Il petalo giallo“ (2004). Il successo pieno, però, è arri-vato solo due anni fa con l’uscita da Fazi del libro in cui Pahor ha narrato con accenti di straordina-ria forza espressiva la sua dram-matica esperienza nei lager nazisti, “Necropoli”, un capolavoro assolu-to della letteratura concentrazio-naria, collocabile all’altezza delle opere di Primo Levi, Robert An-telme e Imre Kertész.Da allora c’è stato tutto un fiori-re di riconoscimenti, un affollar-si di inviti e richieste di incontri, un lievitare di attenzioni mediati-che. Insomma la cultura italiana sta finalmente cercando di salda-re il suo debito annoso con que-sto grande scrittore. Lui, con pla-cida ironia, dichiara di non gradire questo eccesso di notorietà che lo fa sentire “come una specie di Lol-lobrigida senza reggipetto che tutti vogliono vedere da vicino” (Il cor-riere della Sera, 30-9-2009) e in-tanto, mite e determinato, conti-nua la sua sacrosanta battaglia per

Fino alle soglie del duemila Boris Pahor, sloveno di Trieste, consi-derato dalla critica francese e tedesca come uno dei maggiori scritto-ri europei contemporanei, era quasi completamente sconosciuto da noi. Basti pensare che della sua vasta opera – trenta e più titoli fra ro-manzi, raccolte di racconti e saggi – si poteva leggere, in italiano, sol-tanto una monografia sull’altro grande e ignorato scrittore sloveno – triestino Srečko Kosovel (1904 – 1926), apparsa, nel 1993, nelle Edizioni Studio Tesi di Pordenone.

TRE VOLTE NOMemorie di un uomo libero

rivelare agli italiani tutte le nefandezze e le violenze com-piute dai fascisti sulla comunità slo-vena di Trieste e poi su gran parte della Slovenia.

Un ricordo “pro domo”…

Senza deflettere mai, come dimo-stra il suo libro più recente, Tre volte no, dove – mi riferi-

sco al capitolo introduttivo – accu-sa apertamente la legge sulla gior-nata del Ricordo di aver favorito una lettura molto “pro domo” e a senso unico della storia: “Mi aspet-tavo che la legge sul giorno del Ri-cordo si impegnasse a far conosce-re obiettivamente i conflitti che hanno lacerato queste terre, in-vece mira alla costruzione di una memoria unica e parziale, che non esito a definire prettamente nazio-nalista, perché denuncia i sopru-si subiti dagli italiani e tace quel-li che loro hanno perpetrato”. Poi nelle pagine successive, sollecitato dalle domande (non brevi né incal-zanti ma congegnate, giustamente, per dare spazio ad una narrazio-ne distesa) di Mila Orlič, ricostru-isce con grande lucidità le ragioni e le circostanze che lo hanno por-tato, pagando sempre di persona le sue scelte, a dire no al fascismo, al nazismo e al comunismo. E quan-do, alla fine del libro, afferma che

Le parole per dirlo

[…]“Eppure il fascismo nella Vene-zia Giulia di allora attecchì rapi-damente fin dal 1920 e in questa regione plurietnica la repressio-ne nazionalista colpì duramente le minoranze, con processi contro gli antifascisti “slavi” da parte del Tribunale speciale, la proibizione delle associazioni culturali e poli-tiche, la chiusura delle scuole slo-vene e croate e l’italianizzazio-ne forzata a partire dalla lingua e dai nomi […] La politica negli anni Venti e Trenta non fu che un preludio alla violenza che si sareb-be scatenata dopo l’invasione del-la Jugoslavia da parte dell’Italia e della Germania nell’aprile del 1941. Fu nella cosiddetta ‘Provin-cia di Lubiana’ che l’occupazione delle forze armate italiane por-tò alla catastrofe: villaggi brucia-ti, esecuzioni sommarie di ostaggi, soprusi contro la popolazione civi-le, campi di concentramento. In-teri villaggi furono deportati nel campo di concentramento di Rab (Arbe): dai neonati alle persone anziane, tutti vivevano sotto del-le tende e dormivano sulla paglia bagnata dalla pioggia. Mancava-no acqua e cibo. I bambini mori-vano di fame e di freddo e le ma-dri erano così disperate da arrivare a nascondere i cadaveri dei propri bambini nella paglia pur di non perdere la razione del figlio”.[…]

la sua poetica “è e continuerà a es-sere l’insofferenza per la mancan-za di libertà”, il lettore avvertito sa che questa, prima di essere un’alta dichiarazione di principio, è la sin-tesi di una vita. (G.C.)

Boris Pahor, Tre volte no, Memo-rie di un uomo libero, Rizzoli edi-tore Mi. 2009, pp 129 - € 17,50

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SEGNALIAMO

il libro

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Scheda

Una primavera difficile - Maggio 1945. Un reduce sloveno dai campi di concentra-mento nazisti è ospite di un sanatorio alle porte di Parigi. La sua vita somiglia a un dormiveglia dentro una serra di vetro, un dormiveglia attraversato di continuo dalle immagini di là, di quel mondo dove ha vi-sto consumarsi la distruzione. “Lui prima della Germania e lui dopo la Germania, chissà se questi due uomini si sarebbero mai incontrati” si chiede il protagonista, esprimendo in modo mirabile il dissidio lancinante da cui scaturisce – necessaria e alta – la narrativa di Pahor e la sua ap-passionata testimonianza civile. Nelle pa-gine di questo intenso romanzo, infatti, la ricchezza del suo talento letterario non si lascia confinare alla pura e sofferta memo-ria del lager o al farsi voce della minoran-za slovena perseguitata…

Boris Pahor, Autentico patriarca del-la letteratura slovena e punto di riferi-mento per più di una generazione di intellettuali e scrittori… Per l’autorevo-lezza della sua voce e il valore della sua produzione letteraria è stato più volte candidato al Nobel per la letteratura e insignito di numerosi premi e ricono-scimenti. Tra le sue opere in italiano: Necropoli (Fazi, 2008) e Qui è proibi-to parlare (Fazi, 2009). Per le edizioni Zandonai sono usciti il romanzo Il pe-talo giallo (2007) e la raccolta di rac-conti Il rogo nel porto (2008).

Boris Pahor, Una primavera diffici-le, Zandonai, Trento 2009, pp. 333, € 18,00

PRIMA A DACHAU…Il racconto del testimone Boris

L’opera più importante e conosciuta di Boris Pahor è “Necropoli”, un mémoire in cui lo scrittore triestino ha raccontato la sua odissea di deportato in vari campi di concentramento. Una terribile pere-grinazione iniziata, poco più di un mese dopo l’arresto (21 genna-io 1944) per attività antinazista, su un convoglio con destinazione Dachau, proseguita nei lager di Natzweiler – Struthof, Dora Mit-telbau, Harzungen e finita a Bergen Belsen dove, insieme ad altri compagni, fu liberato dagli Alleati a metà aprile del 1945.

Pellegrino tra le ombre

Pahor ha patito sofferenze e soprusi orribili, è stato testimone di atro-cità inaudite, ha vissuto faccia a faccia con la violenza e l’arbitrio ele-vati a sistema. Da un campo all’altro un tragico viaggio attraverso l’an-nientamento; da un campo all’altro un itinerario del dolore dentro i diversi quartieri di un’unica città della morte, necropoli, appunto. In-somma egli è stato davvero – come suona in francese il titolo di que-sto suo libro tremendo e grandioso – Pèlerin parmi les ombres, pelle-grino tra le ombre.È da questa drammatica esperienza e da quella non meno traumatica delle brutali persecuzioni fasciste contro la comunità slovena di Trieste (lo scrittore aveva appena sette anni quando, nel luglio del 1920, esse iniziarono con l’incendio del Narodni Dom, non molto distante dalla sua casa) che ha tratto necessità e contenuti la narrativa di Pahor. Ma se questi sono certamente i temi che la parola letteraria di Pahor, grazie alla sua intima forza evocativa, ha saputo trasformare in testimonianza di alto valore civile, altri ce ne sono, corollario e sviluppo, non meno essenziali e coinvolgenti. Uno in particolare, affiorato con tratti nitidi nel romanzo “Il petalo giallo” (Nicolodi, Rovereto, 2004), la funzione salvifica dell’amore. L’amore (sentimento, passione, attrazione fisica) tra un uomo e una donna. L’unica cosa, secondo Igor Sevken, il pro-tagonista della narrazione, capace di ridare il desiderio di vivere a chi come lui è scampato al cataclisma umano della distruzione organizza-ta: “Solo l’amore può salvarci dalla rovina interiore. Restano le ombre del ricordo, certo, che ora si ritirano ora incalzano, ma l’amore riesce ad innalzarsi sopra di loro come un arco di luce e, talvolta, come una fonte di creatività”.

Un ritorno alla vita

Questo motivo così forte, qui enunciato in toni di delicata liricità, era in realtà già dominante in “Onkraj pekla so Ijudje” (Uomini oltre l’in-ferno), un romanzo pubblicato per la prima volta nel 1958, riproposto nel 1978 con un nuovo titolo, “Spopad s pomladjo” (Una primavera difficile) e ora disponibile anche in italiano, grazie alla recente edizione della casa editrice Zandonai di Rovereto. Ed è una dominanza temati-ca che Pahor ha voluto evidenziare fin dalla soglia del libro scegliendo come epigrafe questa bellissima frase tratta da “La peste” di Albert Ca-

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mus: “Più che le orchestrine ai croce-via, erano loro ad annunciare la vera liberazione. Queste coppie estasiate, strettamente avvinte e laconiche, con-fermavano in mezzo al tumulto, con il trionfo e l’ingiustizia della felicità, che la peste era finita e il terrore ave-va fatto il suo tempo”. Una primavera difficile è letteralmente un ritorno alla vita o, meglio, un ri-nascere alla vita attraverso l’amore e la ripresa di pos-sesso del proprio corpo, dopo l’infer-no del lager.L’azione del romanzo, narrata in terza persona, ci immette subito in medias res, con il protagonista Radko Suban che, reduce da un campo di concen-tramento della Germania, è seduto in un treno che passando per l’Olanda e il Belgio lo porterà in Francia, dove ha deciso di andare anziché ritornare a Trieste, la sua città. Giunto a Pari-gi, vi rimane solo qualche giorno, poi viene accolto in un sanatorio della Croce Rossa francese situato non lon-tano dalla città, dove può iniziare le cure per la tubercolosi contratta du-rante la prigionia. Intanto tra gli altri ex deportati alcuni si preparano a tor-nare a casa. Radko percepisce la loro euforica ansietà ma rimane freddo e quasi indifferente. Lui non deside-ra andare in nessun posto. Neanche a Trieste. Mija, la sua ragazza non c’è più, è morta tragicamente e senza di lei la città gli apparirebbe “come una barca a vela con l’albero spezzato”.In quanto al pensiero dei suoi “pur sentendo di essere ingiusto, l’idea dei genitori si accompagnava ormai in lui all’assurdità della presenza dell’uomo sulla Terra. Come se la linfa che scor-reva in lui dal passato e lo collegava con la comunità si fosse dispersa nel-la sabbia”.

Lacerato dentro

Radko è ormai un uomo profonda-mente lacerato dentro; spezzato in due dalle efferatezze patite e viste si sente un relitto, arrivando a pensare a un sé stesso prima della Germania e a un sé stesso dopo la Germania, e a chiedersi se questi due uomini riu-sciranno mai ad incontrarsi. Il passa-to recente, angoscioso e popolato di incubi, sembra voler allungare defi-nitivamente la sua ombra minacciosa

su Radko, che però comincia a intra-vedere spiragli di luce pura nel mo-mento in cui si innamora, ricambia-to, di Arlette, una giovane infermiera del sanatorio. È un amore irrequieto, fatto di contrasti, di fraintendimenti, di incomprensione ma anche di tene-rezze appaganti e di passione auten-tica; un amore che conosce slanci di esaltazione ma anche gli avvilimenti della gelosia e in cui nulla può esse-re dato per scontato e acquisito. Ma proprio per questo è vivo e vitalizzan-te, capace di guidare Radko a ritro-vare fiducia nella vita: “Dentro di sé benediva Arlette, perchè il merito di aver suscitato in lui una nuova cresci-ta era suo. Grazie a lei questa sua evo-luzione era mutevole e allegra, srego-lata e sempre in fieri non ancora in fase di maturazione, di certo non an-cora matura. In realtà non era nem-meno crescita, ma soltanto germo-glio. Anzi, in un certo senso, sempre a metà strada tra il germogliare e la crescita, perché in questo stadio di sviluppo la sensazione del nascere è incessante e viva”.“Una primavera difficile” è un ro-manzo fondamentale nel percorso sia umano che artistico di Boris Pa-hor. La vicenda ad alto contenuto autobiografico in esso narrata ci ha restituito un uomo di luminoso spes-sore civile (che veleggia meravigliosa-mente verso i 97 anni) e uno scritto-re di cui la cultura europea, pena una grave mutilazione, non potrà fare a meno per molti e molti anni ancora.

Giuseppe Colangelo

Le parole per dirlo

[…]“L’uomo potrebbe vivere sempre con la natura, in modo saggio e ra-gionevole; certo, dovrebbe utiliz-zare le proprie scoperte solo al fine di tramutare i deserti in oasi. A beneficio dell’uomo. Perché non ha senso avere il sole, se poi ti danno il crematorio. Non ha senso scoprire i sulfamidici, per poi dare alla gen-te Hiroshima. Nessun senso. Ep-pure ci hanno dato Goethe, Mo-zart, Beethoven, dopodichè hanno rilegato i libri con pelle umana e concimato i fiori nei vasi con cene-ri umane. La natura non fa queste cose. La natura non è così crudele verso l’uomo. Segue semplicemen-te le leggi che la guidano. E tutta-via l’uomo è diventato tale solo nel momento in cui si è separato con il pensiero dalla natura, anche se non ha smesso – se smetterà mai – di esserne parte. Perciò deve mo-strarsi solidale con tutti gli esseri che, come lui, si sono innalzati al di sopra della natura e hanno co-minciato a costruire il loro mon-do su di essa e accanto ad essa. Per lui questa è legge. La prima legge. La legge di tutte le leggi. Nessuno ha il diritto di alzare la mano su un altro uomo. Nessuna scusa può giustificare tale peccato, né la co-scienza della propria forza e sin-golarità, né il benessere della mag-gioranza, né la preparazione di un bel futuro. Non è possibile tenere in considerazione la comunità e uccidere il singolo. Non è possibile. Bisogna rispettare l’uomo. A ogni costo. Ecco. Questa è l’unica legge. L’alfa e l’omega di tutto.”[…]

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Anneliese Graf è un nome, un volto, una testimone della memoria molto nota anche in Trentino, grazie alla sua presenza in più occasio-ni non solo legate alla giornata della memoria, durante le quali ha in-contrato ed “affascinato” molti studenti e insegnanti con il suo raccon-to personale e diretto sul fratello e sugli altri ragazzi della Weisse Rose - Rosa Bianca. In quegli incontri era sempre accompagnata da un ange-lo custode, Paolo Ghezzi, al quale abbiamo chiesto di poter pubblicare il racconto da lui fatto sulla rivista “il Margine” della sua partecipazio-ne al funerale di Anneliese Graf il 26 settembre 2009. Le immagini di queste pagine ritraggono Annaliese in alcuni dei suoi incontri in Tren-tino, tra i quali, quello dell’intitolazione dell’istituto d’istruzione supe-riore di Cavalese alla “Weisse Rose - Rosa Bianca” nel 2006. (m.c.)

ANNELIESE GRAFUn’antica ragazza della resistenza

Portare avanti

Weitertragen, portare avanti, è stata la parola-chiave nell’addio pubblico a un’antica ragazza del-la resistenza, Anneliese Graf, nel-la Schlosshalle della sua cittadina, Bühl-Württemberg), sabato 26 set-tembre 2009.“Portare avanti” era l’impegno che le aveva chiesto suo fratello Wil-li, classe 1918, uno degli studenti di Monaco di Baviera condannati a morte nel 1943 dal regime nazio-nalsocialista, per aver scritto e diffu-so i volantini della Weisse Rose, la Rosa Bianca che è diventata il sim-bolo della resistenza disarmata con-tro la dittatura hitleriana.Nella sua ultima lettera prima di essere consegnato alla ghigliottina del carcere di Monaco-Stadelheim, Willi Graf aveva ribadito tutto il suo affetto protettivo per la “sorelli-na” di tre anni più giovane che non aveva voluto coinvolgere nell’attivi-tà clandestina antinazista, ma che comunque aveva pagato con quat-tro mesi di carcere il suo essere so-rella di un taditore del popolo, di un nonviolento “pugnalatore” dei connazionali al fronte, di un cat-tolico antipatriottico che leggeva i filosofi francesi e si era perfino ri-

fiutato di iscriversi alla Gioven-tù hitleriana, obbligatorio luogo di educazione del Nuovo Ragazzo Te-desco Obbediente e Combattente.A Willi però non importava solo dare appuntamento ad Anneliese al cospetto consolante del Dio di giu-stizia, al di là: aveva voluto rimarca-re che coloro che restavano avrebbe-ro dovuto fare memoria dei morti. e soprattutto del perché erano morti, tutti loro: Hans Scholl, sua sorella Sophie, Christoph Probst che aveva tre bambini piccoli, Alexander Sch-

morell che voleva fare lo scultore, il conservatore tradizionalista profes-sor Kurt Huber che li aveva appog-giati anche se erano un po’ troppo rivoluzionari, quegli studenti della Rosa Bianca. Willi Graff, che aveva anche scritto “non è stata una ragazzata, sapeva-mo quel che facevamo”, aveva scel-to di passare dalle parole all’azio-ne, con le parole. Nella Parola di Dio aveva trovato la forza per esse-re “conseguente”. Non a caso come motto aveva scelto un versetto dalla lettera di Giacomo apostolo: “Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, il-ludendo voi stessi”. La grande mag-gioranza dei suoi amici del movi-mento cattolico non l’aveva seguito su questa strada, avevano preferi-to tenere al riparo la fiaccola della fede, in attesa che passasse la bufe-ra neopagana del totalitarismoo na-zista. Ma Willi Graf non poteva non met-tere il suo corpo, e non solo la sua anima e il suo pensiero, nella lotta contro il Leviatano. “Ognuno por-ta l’intera responsabilità”, ha scritto. E se gli altri non avessero portato la loro parte, lui si sarebbe fatto carico anche dei pesi degli altri.

Più lontano

Weitertragen, portare avanti, è dunque un verbo che – nel manda-to affidato da Graf a sua sorella An-neliese, ai suoi amici e a tutti noi che alla Rosa Bianca ci siamo da sempre richiamati - può essere ulte-riormente coniugato e specificato: c’è dentro il “portare”, che è dun-que l’assunzione di una piena e non delegabile responsabilità nell’ora storica della scelta tra la passiva ras-segnazione e la resistenza religiosa-mente, eticamente e politicamen-te impegnativa. E c’è il weiter che non è solo “avanti” ma letteralmen-te “più lontano”: nel tempo e nel-lo spazio. Perché una resistenza che

il ricordo

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si cristallizza come esperienza stori-ca determinata e non diventa fonte di nuova resistenza, qui ed ora, in Italia come in Cina come in Afri-ca o America Latina, è una resisten-za sterile, che resta mitologia senza seminare nuovi fermenti di opposi-zione e, perfino, di martirio.Nella Schlosshalle di Bühl.Neu-satz, davanti al ritratto sorridente di Anneliese Knoop-Graff, accanto al cuscino di velluto con le sue me-daglie al valore civile della sua vita di educatrice e di testimone, sem-pre a suo agio con i ragazzi di ogni età e di ogni lingua, in cui rivede-va il volto di suo fratello, inchio-dato all’eterna giovinezza dei ca-duti per la libertà, tre studenti del Geschwister-Scholl-Gymnasium di Münster hanno acceso dei lumi-ni e recitato parole di libertà. Quel-la libertà la cui “restituzione” (che splendida provocazione!) la Rosa Bianca aveva intimato al Dittato-re, quella libertà per cui loro sono morti e Anneliese è vissuta, “por-tando avanti” il messaggio fino agli ultimi giorni di vita, incurante delle malattie e della vecchiaia, impegna-ta anche politicamente, con quella Freie Demokratische Partei , il parti-to liberale (ma letteralmente libero e democratico) tedesco, che proprio all’indomani della commemorazio-ne funebre avrebbe trionfato nelle elezioni politiche tedesche. “La fiamma della sua anima ci il-lumina ancora”, ha detto il sinda-co di Bühl, Hans Striebel. E lo sto-rico Peter Steibach ha aggiunto: “Se ne vanno i testimoni, ma ci lascia-no il dovere di confrontarci con il passato, di conservare la capacità di indignarsi per l’ingiustizia, che ave-va Willi e che ci ha insegnato lei”. Monsignor Stephan Wahl ha porta-to la voce della Chiesa cattolica con

cui Anneliese aveva un rapporto cri-tico, un po’ a distanza: “Quando le chiedevano “che cosa farebbe oggi Willi?” lei replicava che era una do-manda fondamentale: che cosa pos-so fare io, oggi? La mia preghiera è che nelle grandi decisioni come nel-la vita di tutti i giorni possiamo ave-re il coraggio di Willi Graf. Con la sua biografia, con le sue ferite (an-che quella di non essere stata coin-volta dal fratello nella resistenza) Anneliese ha avuto sempre il co-raggio della credibilità: il suo viag-gio è finito, sempre troppo presto, perché era piena di vita. La perdi-tà è grande, non ascolteremo più le sue parole, non vedremo più il suo sguardo fiero, ma non dimentiche-remo i suoi occhi, critici e affettuo-si, il suo humor, la sua vulnerabili-tà, la sua tenacia, le sue risate, il suo sorriso timido. Ci mancherà ma spero che i giovani, nel solco della sua lezione, riconoscano anche oggi gli incantatori di topi e i falsi dèi. E vedo, lassù, Willi Graf e le sue sorel-le Mathilde e Anneliese finalmente riuniti, al banchetto con vini pre-giati anticipato dal profeta Isaia per

la fine dei tempi. Là, nell’eternità, in quello che chiamiamo cielo, che conosciamo così poco, in cui spe-riamo così tanto”.E possiamo sperare anche che l’esempio delle vecchie ragazze resi-stenti abbia contagiato ragazze e ra-gazzi di oggi, come suo nipote Si-mon:“Una nonna comprensiva, tol-lerante, curiosa. Invitava spesso a pranzo noi nipoti ma anche i no-stri amici, per sapere che cosa pen-savamo del mondo. Parlavamo con lei di cose di cui non parliamo con i genitori. Discutevamo, si litigava, ma lei sapeva accettare anche i no-stri errori”.Portare avanti, custodire le voci e le parole. Mettere in pratica la Pa-rola. La doppia memoria di Anne-liese e Willi – i due fratelli Graf ar-restati insieme, dalla Gestapo, la notte del 18 febraio 1943 – solleci-ta noi che restiamo a non disperde-re la loro lezione, la testimonianza di chi non si piega nè al terrore né al conformismo. Un ragazzo vissu-to 25 anni, una ragazza sopravvis-sutagli per altri 66 anni: un fratello e una sorella cha hanno avuto il co-raggio di non tacere.

Paolo Ghezzida “il Margine” n. 9/2009

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Il rischio della semplificazione di eventi cruciali

Uno dei problemi più seri, quando si avvicinano i grandi eventi stori-ci, è costituito dal livello di sempli-ficazione al quale ci si trova sempre in qualche modo costretti. Non si tratta solo dell’impossibilità di ri-assumere, se così si può dire, interi processi all’interno dei confini limi-tati che ci sono imposti dal tempo o dalle situazioni; e non si tratta nem-meno solo del fatto che ogni anali-si rimane ancorata alle prospettive ermeneutiche e ai condizionamenti che ci derivano dal contesto in cui si elabora la ricerca. Accanto a que-sti esiste il problema, forse ancora più serio e complesso, della sem-plificazione attorno ad alcuni even-ti cruciali che segnano così profon-damente la storia – spesso più sul piano simbolico che su quello della realtà – da diventare punti di pas-saggio obbligati; e tuttavia, proprio la concentrazione su tali eventi por-ta con sé il rischio di dimenticare da un lato la complessità dei processi che li hanno causati e, dall’altro, di lasciare in ombra avvenimenti di cruciale importanza per compren-dere la storia. In questo quadro, il libro di Paola Rosà ha il pregio di indicarci una prospettiva di lettura nuova su uno degli eventi che maggiormente han-no segnato la storia del Novecento, la caduta del muro di Berlino. Le radici di quel 9 novembre del 1989,

Il libro di Paola Rosà ha il pregio di indicarci una prospettiva di let-tura nuova su uno degli eventi che maggiormente hanno segnato la storia del Novecento, la caduta del muro di Berlino.Paola Rosà, LIPSIA 1989. Nonviolenti contro il muro, Il Margi-ne, Trento 2009.

PENSARE ALTRIMENTIIl Muro, i ragazzi non violenti, la storia

spiega l’autrice, vanno cercate in un processo molto lungo, nel quale eb-bero un ruolo fondamentale non solo i grandi cambiamenti sul pia-no della politica internazionale, ma anche i movimenti della Germania orientale che crearono le condizioni che resero possibile la cosiddetta ‘ri-voluzione pacifica’ del 1989. “Nel calendario della rivoluzione – si leg-ge nella prefazione della Rosà – una data sembra segnare la svolta, un mese esatto prima dell’apertura del-le frontiere, trentuno giorni in anti-cipo sulla caduta del Muro di Berli-no: è il 9 ottobre, quando di fronte alla manifestazione dei Settantami-la a Lipsia le forze dell’ordine ri-nunciano ad intervenire e i delega-ti del partito promettono di aprire il dialogo. Dopo mesi di manganel-li e arresti, di idranti e di pestaggi, il lunedì di Lipsia segna l’inizio della fine. In realtà è già accaduto a Dre-sda il giorno prima, e proprio quel-la stessa mattina, mentre la gente sta per scendere in strada a Lipsia, un comitato di venti rappresentan-ti della società civile sta dialogando a Dresda con il partito e le autorità statali. È il 9 ottobre 1989”.

Testo utile per capire il Novecento

Realizzato a partire dall’incon-tro con alcuni dei protagonisti di quegli straordinari eventi, in par-ticolare Christian Führer, pasto-re della chiesa evangelico-luterana di San Nicola a Lipsia, e Christo-

ph Wonneberger, pastore prote-stante e uno dei principali anima-tori dei movimenti di opposizione di quegli anni, il libro offre “il rac-conto corale dei protagonisti della rivoluzione nonviolenta […], una rivoluzione partita da lontano gra-zie all’impegno di studenti, attivi-sti, pastori protestanti e singoli dis-sidenti. Una rivoluzione che non si fa in un giorno, e quel giorno non è il 9 novembre”.Sono due le ragioni che fanno di questo lavoro un testo particolar-mente utile in un percorso di ap-profondimento sulla storia del No-vecento.Prima di tutto la scelta di avvici-nare uno degli avvenimenti cru-ciali della storia recente a partire da un’altra prospettiva, invitando a leggere gli eventi a partire dal basso, dalla prospettiva di chi fece coraggiosamente una scelta di op-posizione a un regime oppressivo che puntava a mantenere un con-trollo totale sui singoli e sulla so-cietà. In questo senso il testo è par-ticolarmente prezioso non solo perché offre una ricostruzione ri-gorosa fondata sui ricordi dei te-stimoni diretti e sull’analisi dei do-cumenti (da quelli del movimento nonviolento a quelli della Stasi), ma proprio perché aiuta a com-prendere la complessità del lavoro storico, che non può limitarsi alle descrizioni della storiografia o della politica ufficiali.Su un altro piano, il libro si rive-la utile perché affonda lo sguardo nei contenuti stessi di quella rivo-luzione pacifica. Ciò che stupisce non è solo il tratto radicalmente nonviolento dell’opposizione, ma anche la straordinaria poliedrici-tà dei soggetti coinvolti: “Leggen-do questo libro, sostiene Gian En-rico Rusconi nella postfazione, si è colpiti dalle anomale alleanze tra-sversali tra movimenti abientalisti, pacifisti, ecclesiali, e questo senza che mai si trovino espliciti conte-

la lettura

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IL LIBRO

“Un mese prima del crollo del Muro di Berlino. Lipsia 9 ottobre 1989: settantamila persone scendono per strada inneggiando alla li-bertà e alla democrazia. Si tratta della più grande manifestazione nel-la DDR, la Germania comunista, dai tempi della rivolta popolare del 1953 soffocata dai carri armati sovietici e il clima della vigilia sembra annunciare una ‘soluzione cinese’, com’era avvenuto in piazza Tie-nanmen a Pechino. Il 7 ottobre 1989 a Dresda sono stati arrestati più di mille manifestanti, da settimane le forze dell’ordine in tutto il paese reprimono i moti di piazza con manganelli, idranti e reta-te di massa. E’ l’inizio della svolta democratica: il 18 ottobre i vertici annunciano le dimissioni di Honecker ed aprono alle trattative con i nuovi partiti, parlano di rifor-me, di libere elezioni ed elabo-rano il regolamento per la liber-tà di movimento oltre frontiera. E’ il 9 novembre cade il Muro di Berlino. Sulla base di documen-ti originali e interviste, sostenuto da una corposa documentazione bibliografica e da un meticoloso lavoro a caccia di riscontri, il rac-conto corale dei protagonisti del-la rivoluzione nonviolenta narra una rivoluzione partita da lonta-no grazie all’impegno di studen-ti, attivisti, pastori protestanti e singoli dissidenti. Una rivoluzio-ne che non si fa un giorno, e quel giorno non è il 9 novembre.

Paola Rosà (Riva del Garda, 1957) si è diplomata in tede-sco e inglese alla Scuola inter-preti dell’Università di Trieste e si è laureata in Scienze politiche a Firenze. Giornalista, traduttri-ce, collabora con la Rai di Tren-to, ha lavorato per il quotidiano “l’Adige” e Radio Dolomiti. Nel 2003 ha ideato e diretto il docu-mentario Un rabbino per la pace trasmesso da RaiTre. Ha tradot-to Vertical di Reinhold Messner (Zanichelli, 2003). Per il Mar-gine ha pubblicato Willi Graf. Con la Rosa Bianca contro Hitler (2008) e ha tradotto e curato Il grande Segantini di Carl Dallago (2008)

nuti religiosi o teologici. L’unico concetto è la pace, ma in fondo la pace era anche il grande argomen-to retorico del comunismo di allo-ra. Per cui, ed è questo libro a dirlo, è sorprendente quanti pochi conte-nuti specificamente religiosi ci sia-no”. Questa concentrazione tra-sversale sul rifiuto della violenza mi sembra costituisca una formidabile provocazione a ‘pensare altrimenti’ per un mondo giovanile nel qua-le rimangono rare oggi le riflessio-ni sulle radici ideali, il linguaggio, la prassi della nonviolenza.Si legge nel Prontuario della non-violenza, elaborato fra gli altri dal pastore Wonneberger e distribuito il 25 settembre 1989 per accom-pagnare le manifestazioni di quelle settimane: “Mantenete il controllo e tenete d’occhio il vicino. Cercate il dialogo sia con chi vi cammina accanto, sia con chi avete di fronte, restate cortesi e corretti, non usate parolacce, un coro di fischi non in-vita certo al dialogo. Cantare tut-ti assieme serve a vincere la paura ed è una manifestazione di non-violenza per chi ci sta davanti, per questo dovete portare con voi il fo-glietto con i canti di oggi. Se ten-tano di arrestare qualcuno che vi sta vicino, mettetevi seduti per ter-ra e abbracciatelo tenendolo per le gambe, e se arrestano voi gridate il vostro nome; dalla camionetta gri-date anche il numero degli arrestati che sono con voi. Rifiutatevi di fir-mare qualsiasi tipo di dichiarazione dopo l’arresto e durante gli interro-gatori non dite nulla più di quel-lo che sta sui documenti”. Scritte solo vent’anni fa, queste parole ap-partengono forse a un’altra epoca; ma proprio per questo c’è da chie-dersi se non potrebbero essere uno straordinario stimolo per aiutare i ragazzi ad avvicinare la storia, e il nostro presente, con un’altra chia-ve di lettura.

Alberto Conci

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Il giorno dei nomi

Il risarcimento di un lungo silen-zio “che ha circondato la sorte dei soldati trentini morti nella Gran-de Guerra” ci ricorda l’assesso-re alla cultura della Provincia di Trento nella sua presentazione, “per ribadire che il lutto della co-munità non ha colori, non ha ide-ologie, non ha vinti né vincitori”. Un lavoro di recupero della me-moria collettiva trentina curato da Lodovico Tavernini del Museo storico della guerra di Rovere-to, con l’aiuto di vari collaborato-ri. Il 7 febbraio questi nomi –tutti i nomi- divisi per Valli, sono stati scanditi durante la giornata da sin-daci, assessori o loro delegati del rispettivo Comune: come nell’an-tica tradizione kabbalistica ebrai-ca la pronuncia del nome ha dato vita a quegli uomini, li ha riportati

Anche il Trentino ha il suo Yad Vashem (un memoriale, un nome) come Gerusalemme. Dal 31 gennaio al 14 febbraio, presso la sala di rappresentanza del palazzo della Regione a Trento, è stato infatti or-ganizzato un evento e allestito uno spazio per contenere frammenti di una memoria condivisa: “Nel cuore nessuna croce manca” (verso dell’ungarettiana San Martino del Carso) è il Memoriale degli 11.400 caduti trentini caduti della prima guerra mondiale, un anello di 45 metri di nomi riferiti a trentini morti nel periodo 1914-18 nei campi della Galizia, in Vucovina, in Volinia, in Siberia, o in Trentino, risuc-chiati dal gran gorgo della follia imperialista di poche dinastie euro-pee tra loro imparentate.

IL MEMORIALECaduti trentini della Grande Guerra

l’evento

all’essere. Il Memoriale dei cadu-ti trentini della grande guerra vuo-le ricordare sia i combattenti cadu-ti in uniforme austro-ungarica (la quasi totalità: 11.270), sia i volon-tari trentini caduti per l’Italia (cir-ca 134) ed è pure consultabile nel sito della Provincia Autonoma di Trento www.trentinocultura.net.

La storia dei cimiteri di guerra tra pace e memoria

La commemorazione vuole essere un atto pubblico di pietà e rispet-to per la scelta fatta e testimonia-re un impegno per la pace futura. Al Memoriale si affianca una pre-ziosa mostra di foto, progetti e di-segni su “I giardini degli eroi. I cimiteri di guerra austro-ungari-ci in Galizia”, dedicata ai cimite-ri costruiti nel 1915-16 dall’am-ministrazione austro-ungarica in Galizia per seppellire ciò che ri-maneva di un’umanità disintegra-ta dalla guerra. La mostra, curata da Pawel Pencakowski e Marek Saiduk, del Centro internaziona-le di cultura di Cracovia, assieme al Museo della guerra di Rovere-to testimonia l’attività intrapresa a partire dal 1915 in Galizia (oggi suddivisa tra Polonia e Ucraina),

da parte di architetti e artisti per progettare cimiteri monumenta-li. Questi cimiteri voluti dagli au-striaci (che Marek Saiduk ci resti-tuisce nelle sue malinconiche foto) celebrarono dopo il 1918 gli “eroi di nessuno” e vi giacciono molti degli 11.400 trentini del memo-riale, rimanendo quindi a lungo l’enclave di una razza nemica cui non dedicare il pianto delle madri meste.

Gli appuntamenti con la memoria

Nelle corso delle due settimane del memoriale interventi e conferenze hanno ulteriormente approfondi-to il tema della commemorazione. Tra questi gli interventi di Penca-kowski sui cimiteri austro-unga-rici della Galizia, di Quinto An-tonelli su “Come si moriva nella grande guerra” che ha presentato letture “vive”, pagine di diari e let-tere scritte con genuina semplicità da giovani soldati trentini mandati al fronte, di Lodovico Tavernini e un recital di Andrea Castelli. A coronamento della mostra-evento, infine, il 13 febbraio sette perso-ne hanno proposto una riflessione sulla memoria delle guerra del no-stro tempo dal titolo “Sette voci per ricordare”. Sono stati presen-tati anche due film: “Prigionieri della guerra” di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi e “La colpa ignota” di Diego Leoni e Loren-zo Pevarello. Un breve appunto fi-nale: nella contabilità delle morti belliche si fa sempre riferimento ai soldati caduti: la stragrande mag-gioranza di essi erano però uomini e giovani fertili, strappati alle mo-gli e alle fidanzate presenti e futu-re: la loro fine ha spazzato via per-ciò un’intera generazione virtuale, che non ha potuto affacciarsi alla Storia.

Massimo Parolini

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Pubblicati nell’immediato dopoguerra su giornali e riviste, i racconti di Nino Betta sono stati raccolti in un volume presentato il 29 mag-gio 2009, alla presenza della figlia dell’autore Floriana Betta, nell’am-bito delle celebrazioni del 90° dell’intitolazione del Liceo classico di Trento a Giovanni Prati, e del centenario della nascita dello stesso Betta, che era stato docente per più di 40 anni proprio al liceo “Prati”. I racconti ripercorrono l’esperienza dello scrittore trentino nei lager na-zisti tra l’8 settembre 1943 e l’agosto 1945.

[…] La contemplazione della bellezza stessa per Often lascia malinconia: le donne che si sognano, i paesaggi, il cielo, la musica, la misteriosa vita che non si divide, ma si presenta. E anche il sapere, senza dirlo, come è inafferrabile del tutto, il senso del-la vita! Questo è il suo pensiero anche ora, mentre procede all’appello nel campo dei prigionieri, e guarda nel vuoto per non incontrare, nei volti, gli uomini che sono ammassati, davanti alla linea spenta delle baracche. Hans Often ha ora 61 anni, ed è capitano richiamato nei servizi all’interno. Non dipin-ge che raramente, non ne avrebbe il tempo. La sua casa ad Amburgo è sta-ta distrutta dai bombardamenti aerei. Suo figlio è caduto in Russia già da tre anni. La sua vita non ha più grandi scopi: molti dei suoi quadri sono anche andati distrutti: ed è una cosa triste, quando l’opera va perduta, pri-ma di chi l’ha fatta. È come un ammonimento, una lezione: non valeva la pena. Ma egli ciononostante, sente ancora, e vive ancora da pittore. Quan-do entra nel campo, e la sentinella sotto il pesante equipaggiamento inver-nale scatta sull’attenti, egli risponde distratto, e guarda, dietro i fili spina-ti, le basse, interminabili baracche grigie, uniformi, e i piazzali di sabbia intrisa di odori nauseanti, come fossero essi stessi un colore, quell’uniforme grigio pallido di ombra umida – il colore e l’odore della miseria degli uomi-ni. Il vento diaccio rotola fra le baracche un tenue urlo d’angoscia. Gli uo-mini sono già in fila da mezzora, con i loro cappotti laceri, e i piedi infa-gottati di stracci negli zoccoli a punta, grigi come zoccoli di buoi. In quella luce smorta della mattina umida, eppur vigorosa di contrasti, essi non fan-no massa, ma linea: linea come le baracche, come le alte palizzate, i fili spi-nati tesi, il nudo paesaggio della brughiera all’ingiro.

UN UOMO BUONOI racconti di prigionia di Nino Betta

il testimone

Egli si avvicina, mentre i repar-ti si mettono via via sull’attenti, e le guardie passano in mezzo a loro come cani inquieti, per controllare le file e il numero.Nel silenzio, improvvise risuonano rauche, e per lui inutilmente, ridi-colmente violente le voci che grida-no i numeri di controllo. Il sergen-te viene poi a riportargli i risultati esatti dell’appello: tanti ammalati

in baracca, tanti presenti nelle file. Hans Often tiene i suoi occhi sul-la bocca che si muove, ma cer-ca tutt’altra cosa,i pensieri segreti di quell’uomo, che non si potran-no mai conoscere; indifferenza, du-rezza, disperazione senza via d’usci-ta. E abbassa lentamente lo sguardo sulla rigida figura: e sempre vede il “Gott mit uns”sul suo cinturone, come una tragica attesa. No, gli uo-

mini sono una cosa troppo misera-bile perché dio sia con loro; non c’è dio con loro, ma solo una terribile attesa. L’uomo è solo con la sua vio-lenza, o con la sua bontà schiantata. Forse per questo chi fa il controllo urla, ridicolmente potente.”

Nino Betta, Un uomo buono, e altri racconti di prigionia, Casa editrice Panorama Trento 2009, pp 215

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n.1-2 gennaio/febbraio 2010

AUDITORIUM MELOTTI MART ROVERETO 13.03.2010

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTODipartimento Istruzione

CENTRO PER LA FORMAZIONE CONTINUAE L'AGGIORNAMENTO DEL PERSONALE INSEGNANTE

ESSERE INSEGNANTI OGGI

Centro per la formazione continuae l'aggiornamento del personale insegnante

Palazzo TodeschiVia Tartarotti 7 - 38068 Rovereto (TN)tel. 0461 494500 - fax 0461 494509

LE DOMANDE

LE PROSPETTIVE

Come ti vorrei. Che cosa chiedono i giovani all'insegnanteGustavo Pietropolli CharmetPresidente del Centro “Il Minotauro"

Le nuove sfide. Che cosa chiede alla scuola una società in trasformazione Giuseppe TognonUniversità LUMSA di Roma

Coffe Break

Professionista, Protagonista.Le dimensioni di professionalità richiesteLuigina Mortari - Università di Verona

Qualità, merito, sviluppo professionale. Linee di indirizzo nazionali e internazionaliGiovanni BiondiCapo Dipartimento MIUR

Ore 9.30

Ore 10.10

Ore 10.50

Ore 11.00

Ore 11.40

LE ALLEANZE

Formazione e accompagnamento professionale: il ruolo dell'Università Tavola rotonda con le Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, di Scienze Cognitive e di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Trento, di Scienze della Formazione della Libera Università di Bolzano e l'Alta Scuola Pedagogica di Locarno

Il ruolo dell'Associazionismo nello sviluppo della professionalità docenteContributi delle Associazioni professionali provinciali CIDI, UCIIM, AIMC, DIESSE

Conclusioni Lorenzo DellaiPresidente della Provincia autonoma di Trento

Ore 12.20

Ore 13.00

Ore 13.40

PROGRAMMA

Apertura dei lavoriGuglielmo ValdugaSindaco di Rovereto Marta DalmasoAssessore all'Istruzione e Sport

Cambia il mondo. Cambia la didattica? Introduzione al convegnoItalo FiorinPresidente Comitato Scientifico Centro per la formazione continua e l'aggiornamento del personale insegnante

Ore 9.00

Ore 9.20

CENTRO pER LA FORMAZIONE E L’AGGIORNAMENTO DEL pERSONALE INSEGNATE