Musica E Filosofia Nel Pitagorismo 9788865420843 476138

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  • PythagoreaStudi e testi

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    Ad tua munera sit via dextera Pythagorea.Bernardo di Cluny

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  • alessandro Barbone

    Musica e filosofianel pitagorismo

    Prefazione di Bruno Centrone

    la scuola di Pitagora editricenapoli 2012

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  • 2012 la scuola di Pitagora editricePiazza Santa Maria degli angeli, 180132 [email protected]

    iSBn 978-88-89579-78-7 (versione cartacea)

    iSBn 978-88-6542-084-3 (versione digitale nel formato PdF)

    Printed in Italy - Stampato in italia

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  • 5indiCe

    Prefazione 9Premessa 15

    i. MuSiCa e MaTeMaTiCa 1. La scoperta dei rapporti di consonanza 17 2. Lapriorismo matematico 38 3. Le mediet e la tetractys 43 4. La scala musicale del Timeo (35 b-36 b) 49

    ii. MuSiCa e FiSiCa: laCuSTiCa PiTaGoriCa 1. La natura del suono 55 2. Lacustica di Archita 59 3. La natura del movimento sonoro 69

    iii. MuSiCa e aSTronoMia: larMonia CeleSTe 1. Cosmologia e suoni siderali 79

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  • 2. Larmonia celeste nel Timeo (35 b-36 b) e nella Repubblica (X, 617 b) 92 3. Suoni siderali e velocit dei pianeti 99 4. Unarmonia inaudita 107

    iV. MuSiCa e CaTarSi 113 1. Il ruolo magico della musica 115 2. Ethos musicale e movimenti dellanima 123 3. Leducazione musicale: Platone 131 4. Damone 138 5. Il papiro musicale di Hibeh 144 6. Il contributo di Aristotele 149

    Bibliografia 157indice dei nomi 163

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  • Tolta la dottrina dellarmonia e dei numeri armonici, tutta la filosofia di Pitagora verrebbe meno.

    e. Goblot, De musicae apud veteres cum philosophia coniunctione

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  • PreFazione

    la ricostruzione delle dottrine legittimamente at -tribuibili al pitagorismo antico e al suo fondatore notoriamente uno dei compiti pi ardui per lo sto-rico della filosofia greca. lesiguit di testimonianzeantiche, cui si contrappone la sovrabbondanza dimateriale posteriore, in gran parte apocrifo o costi-tuito da testimonianze inaffidabili, rende difficilericostruire un quadro certo e coerente.

    Ci vale anche per le teorie musicali degli anti-chi pitagorici; anche in questo caso testimonianzesicuramente inattendibili convivono con altre di -scutibili, e con altre che a buon diritto possonoessere considerate sostanzialmente attendibili. sempre incombente da un lato il pericolo di attri-buire ai pitagorici teorie e scoperte posteriori, dal-laltro, sulla scia di una consolidata tendenza al lap - propriazione indebita da parte dei seguaci del pita-gorismo, di dotarli della paternit di dottrine non

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  • specificamente pitagoriche, forse gi formulate daaltri presocratici. e in particolare la tendenza, pro-pria della tradizione pitagorica nel suo complesso, afar risalire tutto al fondatore, allo scopo di conferi-re alle dottrine un crisma di autorit, comporta ilrischio di disconoscere acquisizioni fon damentaliche si devono ad altri pitagorici, an che di genera-zioni successive, da ippaso a Filolao ad archita. Setuttavia permangono dubbi circa la peculiarit pita-gorica di certe dottrine e scoperte nel campo del-lacustica o circa la stessa natura numerica delleconsonanze musicali fondamentali, lenfasi postasul valore fondamentale del numero come taleanche in campo musicale rimane un tratto distinti-vo del pitagorismo. Sin dalla testimonianza diPlatone nella Repubblica i pitagorici antichi sonoaccreditati di una teoria musicale strettamente con-nessa alla matematica. e le dottrine musicali pita-goriche costituirono nellantichit una corrente dipensiero che esercit indiscussa influenza o fuoggetto di diretta polemica da parte di altre scuole,prima tra tutte quella che ha la sua figura di mag-gior spicco in aristosseno di Taranto.

    nel ginepraio costituito da questa congerie diproblemi si muove con agilit, padronanza deglistrumenti e capacit di penetrazione la monografiadi a. Barbone, che analizza in modo nitido e sinte-tico, selettivo ma sostanzialmente completo, i vari

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    Bruno Centrone

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  • ambiti in cui si dispieg la teoria musicale pitagori-ca, dalla matematica allacustica, dallastronomiaal la dottrina dellanima e alletica.

    linteresse per la musica dei pitagorici, gi diquelli appartenenti alla prima fase dellassociazio-ne, non marginale. Ma si tratta, come mette benein evidenza Barbone, di un interesse di tipo filoso-fico-scientifico, non strettamente tecnico; non inquanto musicisti i pitagorici si volgono alla conside-razione della musica, ma in quanto propugnatori diuna visione del mondo complessiva e di un modo divita eticamente orientato, nel quale la musica giocaun ruolo di primo piano. Si pu dunque sostenereplausibilmente, con lautore, la tesi del carattereeminentemente musicale della dottrina pitagorica(p. 121).

    Connesso a questa situazione un aspetto op -portunamente sottolineato in questo libro, lapriori-smo metodologico dei pitagorici, cui gi ari sto telemuove radicali critiche. Se questo atteggia men tonon comporta la rinuncia allosservazione empiricae alla messa in atto di pratiche sperimentali (pp. 23-24, 27-29), presenti probabilmente gi nel pitagori-smo delle origini, persiste nondimeno anche incampo musicale la tendenza a piegare la realt allateoria, cosa che attir nel contempo sui pitagorici lecritiche di teorici professionisti, orientati piuttostoa pratiche di tipo sperimentale. un esempio ne il

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    PreFazione

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  • rifiuto di considerare consonanti gli intervalli supe-riori allottava perch non espressi da rapporti epi-mori (pp. 38-43), bench limportanza a priori delrapporto epimorio derivi soprattutto dal suo essereesemplificativo della fondamentale armonia di limi-te e illimitato, in quanto rappresenta la connessio-ne di un numero pari e di un numero dispari; e cia riprova della collocazione delle dottrine mu sicalidel pitagorismo in una pi ampia dimensionecosmica. Possono permanere dubbi sul fatto chelo studio dellirrazionalit fosse derivato ai pitagori-ci dalla teoria musicale, o sulla possibilit di attri-buire ai pitagorici la divisione dellottava (pp. 31-38), ma la ricostruzione della musica pitagoricaofferta da Barbone risulta convincente nel suocomplesso e assai spesso anche nel dettaglio.

    lunico pensatore che nella filosofia greca anticaha attribuito alla musica un peso paragonabile aquello attribuitole dai pitagorici notoriamentePlatone, opportunamente considerato nella partefinale di questo libro per quanto riguarda il suodebito nei confronti del pitagorismo. il debito diPlatone verso le dottrine musicali pitagoriche visi-bile in particolare nel noto passo riguardante ladivisione dellanima cosmica nel Timeo, del qualeBarbone offre uninterpretazione originale destina-ta ad arricchire il dibattito (pp. 92-99). Ma anche lanozione pitagorica e la pratica della catarsi, il valo-

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  • re magico-terapeutico della musica, capace di in -fluire profondamente sullanima umana, hanno la -sciato tracce importanti in Platone e nella sua con-cezione politico-pedagogica. limportanza del-lethos delle armonie o modi musicali notoriamen-te parte integrante del progetto della Repub blica, esi tratta di un tipo di indagine le cui origini vannoricercate nella tradizione pitagorica. lo stessodamone, principale referente di Platone, dovevarappresentare lerede di una lunga tradizione diricerca in questo campo. ed proprio in questopunto che si verifica la congiunzione di due aspettiche rendono ragione della natura poliedrica dellan-tica associazione, non riducibile esclusivamente auna scuola scientifica n a una setta religiosa.Quanto mai opportuno, dunque, rimettere al cen-tro della di scus sione, come avviene felicemente inquesta monografia, il ruolo della musica nellambi-to del complesso fenomeno del pitagorismo, anticoe di et posteriore.

    Bruno CenTrone

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  • PREMESSA

    Nellambito della filosofia pitagorica alla musica stato riservato un posto speciale, non perch Pita-gora o qualcuno dei pitagorici fossero musici, maesclusivamente per gli interessi di matematica, fisi-ca, cosmologia, etica e psicologia connessi allo stu-dio della musica. Lattenzione che lantico pitagori-smo ha riservato alle questioni musicali stata ere-ditata da Platone attraverso Damone e Archita, finoa raggiungere Aristotele e la sua scuola. Largomen-to della musica greca antica non dunque solo que-stione da musicologi, ma a buon diritto pu essereoggetto di studi filosofici.

    Il termine musica viene oggi usato per indica-re la scienza e larte della combinazione dei suonivocali e strumentali. Ma per gli antichi Greci quel-lo di mousikh (scil. tecnh) era un concetto assai pivasto, che comprendeva tutte le attivit soggettealla protezione delle Muse: non solo dunque larte

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  • di produrre suoni per mezzo di strumenti e di com-binarli secondo regole, o il canto, ma pure la danza,la poesia (soprattutto in riferimento alla metrica),fin anche lastronomia. Linteresse dei pitagorici perla musica, per, si rivolto quasi esclusivamentealla scienza di combinazione dei suoni, non allapratica artistica, in grazia del legame che univa, ailoro occhi, la teoria dei suoni ad altre discipline filo-sofiche, nellambito delle quali sar opportunoinserire il discorso musicale dei pitagorici.

    Distingueremo, per comodit di studio, quattroambiti in cui si espressa la riflessione pitagoricasulla musica: 1) la matematica; 2) lacustica o fisicadel suono; 3) lastronomia; 4) la psicologia e letica.

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    N solo nei fatti demonici e divini tu puoi vedere la natura del numero e la sua potenza dominatrice, ma anche in tutte, e sempre, le opere e parole umane, sia che riguardino le attivit tecniche in generale, sia propriamente la musica.

    Filolao di Crotone, Sulla natura, VS 44 B 11 DK

    1. La scoperta dei rapporti di consonanza

    Gli interessi musicali che le fonti unanimemen-te attribuiscono a Pitagora ben si collocano nellam-bito della multiscienza (polumaqih) che Eraclitopolemicamente attribu al filosofo samio1. La testi-monianza eraclitea di un Pitagora ricercatore inogni ambito del sapere pu essere interpretata nelsenso di un sapere multidisciplinare di cui Pitagorasarebbe stato possessore e maestro, e del qualeavrebbe fatto parte anche la scienza musicale. Nonin quanto musicisti Pitagora e i suoi scolari si volse-

    1 VS 22 B 81 DK e VS 22 B 129 DK.

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  • ro allo studio della musica, ma i loro interessi furo-no di natura esclusivamente scientifica: i pitagoricisi accostarono alla mousikh non come tecnh ma inquanto e\pisthmh. Come stabilire la veridicit dellatestimonianza che fu Pitagora il primo a scoprire irapporti matematici relativi agli intervalli musicalifondamentali di quarta, quinta e ottava, se proprioil maestro e non uno dei suoi discepoli ne fu lo sco-pritore, tenuto conto anche del carattere comunita-rio della primitiva scuola? invero sempre compi-to arduo voler ricostruire levoluzione storica dellericerche avvenute in seno al pitagorismo, e stabilirea quale dei suoi esponenti debba risalire una sco-perta o una nuova teoria. Il velo mitico in cui fuavvolta la figura del maestro, al punto da esser con-siderato un semi-dio2, lesagerata venerazione per lasua sapienza3 fecero maturare nei discepoli la con-vinzione che ogni nuovo traguardo raggiunto allin-terno della scuola, anche dopo la morte del mae-stro, dovesse esser fatto risalire ai suoi originari

    2 VS 14 A 7-8 DK. Cfr. Iambl. Vit. Pyth. 140-144; Porph. VitaPyth. 23-31. Cfr. B. Centrone, Introduzione ai pitagorici, Laterza,Roma-Bari 1996, pp. 62-67.

    3 Cfr., sopra tutte, la testimonianza di Empedocle (VS 31 B129 DK): Cera tra essi un uomo di straordinaria sapienza, /che possedeva davvero ricchezza immensa dingegno, / e valen-tissimo era in opere varie e sapienti; / s che quando tendevacon ogni potenza la mente, / facilmente ciascuna di tutte lecose vedeva / che son nel corso di dieci, di venti et umane,trad. it. di M. Timpanaro Cardini in Ead., Pitagorici. Testimo-

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  • insegnamenti, in essi trovandosi i germi di ogni suc-cessivo sviluppo. Au\tov e"fa, lha detto lui, pan-ta e\keinou tou% a\ndrov, tutto () di quelluomo:questi modi di riportare ogni teoria alla sapienza diPitagora ben testimoniano della sua autorit allin-terno della scuola. Per conto nostro, eviteremodiscorsi di attribuzione quando questi finirebberoper essere soltanto inutili lungaggini, preferendoparlare, anzich di Pitagora o di qualcun altro deipitagorici, di pitagorismo, tranne nei casi in cui,soprattutto a proposito dei pitagorici del V sec.cosiddetti secondi, parlare dei singoli non risultiaffatto velleitario o aleatorio, data la maggioredisponibilit di fonti4.

    La sensibilit musicale degli uomini non uni-versale ma relativa ai popoli e alle epoche: unacombinazione di suoni che per il nostro orecchiorisulta armoniosa, poteva non esserlo per un orec-chio antico. Come accade per ogni altro ambito

    nianze e frammenti, 3 voll., La Nuova Italia, Firenze 1964, vol.I, p. 17. Ma cfr. ancora VS 7 A 1 DK.

    4 Cfr. G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, 10 voll.,Bompiani, Milano 2004, vol. I, pp. 127-131. Reale ritiene chela peculiare conformazione del movimento pitagorico richiedauna considerazione globale del fenomeno, piuttosto che unosforzo disolare i contributi dei singoli esponenti della scuola, equesto vale per tutto larco di tempo in cui operarono i pitago-rici, cio dal VI al IV secolo. A noi tuttavia questa tesi sembraridurre eccessivamente la possibilit di isolare alcune persona-lit allinterno dellantico pitagorismo, a proposito delle quali le

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  • dellestetica, anche in musica spesso questione digusto, gusto di unintera generazione o di tuttaunepoca. Cos per gli antichi Greci risultaronoconsonanti soltanto gli intervalli di quarta, quinta eottava, non riuscendo mai essi a riconoscere tra leconsonanze (sumfwniai) anche gli intervalli di ter-za e sesta5: essi chiamarono consonante un interval-lo composto di due suoni differenti la cui emissio-ne simultanea suscita nellorecchio ununicaimpressione sonora, e tali erano solo la quarta, laquinta e lottava. Questi intervalli sono le basi dellamusica greca, diremo i primi princpi della loroscienza musicale, i cui pionieri e in seguito massimiteorici furono appunto i pitagorici6.

    Un lungo passo tratto dalla Vita pitagorica diGiamblico offre un quadro generale riguardo alleconoscenze musicali dei pitagorici:

    Una volta [Pitagora] [...] pass davanti allofficina diun fabbro e [...] ebbe a udire dei martelli che battevano il

    fonti ci tramandano notizie sufficientemente precise circa iloro personali e originali contributi. Ci riferiamo specialmentea Filolao e Archita.

    5 Cfr. Aristox. Elem. Harm. II 45, 5-20 (ed. R. Da Rios,Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1954, pp. 65-66).

    6 Cfr. V. Capparelli, La sapienza di Pitagora, 2 voll., Cedam,Padova 1941, vol. I, p. 491: Quanto alla teoria matematicadella scala musicale, [...] essa ha costituito un merito quasiesclusivo della scuola pitagorica, uno dei loro pi insigni ecaratteristici contributi alla scienza occidentale, perch non

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  • ferro sullincudine e davano suoni tutti in perfetto accordoarmonico reciproco, tranne una coppia. In quei suoniPitagora riconosceva gli accordi di ottava (dia pasw%n), diquinta (dia pente) e di quarta (dia tessarwn), e notava chelintervallo tra quarta e quinta era in s stesso dissonante,ma idoneo a colmare la differenza di grandezza intercorren-te tra luna e laltra. [...] Entr nellofficina e grazie a svaria-te prove cap che la differenza nellaltezza dei suoni dipen-deva dal peso dei martelli e non dalla forza con cui si batte-va, n dalla forma dei martelli medesimi, n dalla posizionedel ferro battuto. Poi, dopo aver fissato con la massima pre-cisione il peso dei martelli, se ne torn a casa. Qui fissallangolo di due pareti un unico piolo [...]; al piolo leg unadopo laltra quattro corde di uguale spessore e tensione,fatte della stessa materia e dello stesso numero di fili eallestremit inferiore di esse attacc un peso, badando ache le corde fossero di lunghezza perfettamente uguale.Quindi, pizzicando le corde a due a due alternatamente tro-vava gli accordi gi menzionati, uno per ogni coppia dicorde. In effetti cap che la corda tesa dal peso pi granderisuonava in un rapporto di ottava con quella tesa dal pesopi piccolo: una aveva un peso di dodici unit e laltra di sei.Cos dimostrava che lottava si basa sul rapporto 2:1, comemostravano gli stessi pesi. La corda con il peso pi granderisuonava in un accordo di quinta con quella che aveva ottounit di peso ed era posta accanto alla corda tesa dal pesopi piccolo: su questa base dimostr che la quinta fonda-ta sul rapporto 3:2, lo stesso nel quale stavano i pesi.Inoltre, con la corda che per il suo peso veniva subito dopo ne aveva uno di nove unit e che era maggiore dellealtre, la corda pi tesa di tutte era in un accordo di quarta,

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    solo stata la risultante di tutta la loro teoria delle proporzio-ni, ma anche il primo esempio nella storia della scienza di unaricerca sperimentale minuziosa, e di una consapevole applica-zione della matematica alla fisica; ha cos costituito un modello.

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  • 7 Vit. Pyth. 115-118 (trad. it di M. Giangiulio in Id., Pita-gora. Le opere e le testimonianze, 2 voll., Mondadori, Milano2000, vol. II, pp. 403-405).

    8 Cfr. E. Riverso, Natura e logo. La razionalizzazione dellespe-rienza da Omero a Socrate, Libreria Scientifica Editrice, Napoli1966, p. 190, e V. Capparelli, op. cit., vol. II, p. 613.

    analogamente a quanto avveniva per i pesi. Cos cap chequesto accordo si basa sul rapporto 4:3, mentre la cordaposta accanto alla pi piccola stava in un rapporto di 3:2 (ineffetti in questa proporzione stanno 9 e 6). Nello stessomodo, la corda con un peso di otto unit, che accanto allameno tesa, sta in un rapporto di 4:3 con quella tesa da unpeso di sei unit, e invece in un rapporto di 2:3 con quellatesa da un peso di dodici unit. Veniva cos dimostrato chelintervallo tra quinta e quarta, vale a dire la misura di quan-to la quinta sopravanza la quarta, si basa sul rapporto di 9:8.E lottava si mostrava in un duplice senso quale un accordocomposto: ossia quale il prodotto dellunione di quinta edi quarta (allo stesso modo che il rapporto 2:1 il prodottodei rapporti 3:2 e 4:3, cio 12:8:6), ovvero, al contrarioquale il prodotto di quarta e di quinta (al modo che il rap-porto 2:1 il prodotto di 4:3 e 3:2, cio 12:9:6, rapporto nelquale consiste lottava)7.

    La scoperta che Giamblico attribuisce a Pita-gora non riguarda le consonanze fondamentali in sstesse, che dovevano essergli gi note da una lungatradizione8, bens i rapporti matematici corrispon-denti, nonch il rapporto dellintervallo costituitodalla differenza tra la quinta e la quarta, vale a direil tono maggiore. Lepisodio riportato da Giamblicofu sicuramente creato a bella posta, allo scopo di

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  • dar per ragione di esperimenti che allinterno dellascuola pitagorica furono certamente condotti, e inmodo non distante dal racconto di Giamblico. Unaprova di questo ci offerta da alcune testimonian-ze su Ippaso di Metaponto, pitagorico di primagenerazione, il primo dopo Pitagora di cui le fontiattestino interessi di teoria musicale e le cui ricer-che sulle consonanze costituiscono uno dei puntifondamentali del pi antico insegnamento pitagori-co9. Da queste testimonianze risulta che i pitago-rici avevano allestiti dei veri e propri laboratori incui conducevano le loro ricerche acustiche serven-dosi degli strumenti i pi vari, dal monocordo aidischi di bronzo ai vasi ricolmi dacqua10. proprioa questi due ultimi espedienti che le fonti ci dicono

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    MUSICA E MATEMATICA

    9 M. Timpanaro Cardini, op. cit., vol. I, p. 83.10 Il ricorso a esperienze acustiche ripetute in laboratori il

    presupposto imprescindibile delle indagini di matematica dellamusica condotte dai pitagorici. Cfr. M. Timpanaro Cardini, op.cit., vol. II, pp. 310-311, in nota; E. Riverso, op. cit., p. 191; V.Capparelli, op. cit., vol. I, p. 524; G. Comotti, Pitagora, Ippaso,Laso e il metodo sperimentale, in Harmonia mundi. Musica e filo-sofia nellantichit (Quaderni Urbinati di Cultura Classica, 5), acura di R. W. Wallace e B. MacLachlan, Edizioni dellAteneo,Pisa 1991, pp. 24-29, il quale parla per Pitagora, Ippaso e Lasodi un vero e proprio procedimento sperimentale induttivo, nonlontano da quello teorizzato da Bacone e Galileo nei secoliXVI-XVII, credendo degna di fede la testimonianza di Dio-gene Laerzio (VIII 12) di un Pitagora inventore del monocor-do (kanwn e\k mia%v cordh%v) per i suoi esperimenti di acustica.Alquanto discordante dalle precedenti lopinione di W.

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  • Burkert, Lore and science in ancient Pythagoreanism, trad. ingle-se di E. L. Minar, Harvard University Press, Massachusetts1972, p. 400 (tit. orig. Weisheit und Wissenschaft. Studien zuPythagoras, Philolaus und Platon, Erlanger Beitrge zur Sprachund Kunstwissenschaft, 10, H. Carl, Nrnberg 1962), per ilquale la teoria musicale dei primi pitagorici non si basa sullamatematica o sulla fisica sperimentale, ma sulla riverenza percerti numeri nel ruolo che essi hanno nella musica e nellacosmologia; il primo ad attuare una sorta di sperimentazionesarebbe stato invece Ippaso.

    11 Schol. Plat. Phaed. 108 D, fr. 90 Wehrli (in M. TimpanaroCardini, op. cit., vol. I, p. 98).

    abbia ricorso Ippaso per verificare i rapporti mate-matici su cui si basano le consonanze fondamentali:

    $Ippasov gar tiv kateskeuase calkou%v tettarav di-skouv ou$twv, w$ste tav men diametrouv au\tw%n i"sav u|par-cein, to de tou% prwtou diskou pacov e\pitriton men ei&nai tou%deuterou, h|miolion de tou% tritou, diplasion de tou% tetar-tou, krouomenouv de toutouv e\pitelei%n sumfwnian tina.

    Ci fu un certo Ippaso, il quale costru quattro dischi dibronzo, tali che i loro diametri erano uguali, ma lo spesso-re del primo disco era una volta e un terzo quello delsecondo disco, una volta e mezzo quello del terzo e duevolte quello del quarto; sicch, percossi, producevano unaspecie di accordo musicale11.

    Tautav de tav sumfwniav oi| men a\po barw%n h\xiounlambanein, oi| de a\po megeqw%n, oi| de a\po kinhsewn kaia\riqmw%n, oi| de a\po a\ggeiwn. La%sov de o| {Ermioneuv, w$vfasi, kai oi| peri ton Metaponti%non $Ippason Puqagorikona"ndra sunepesqai tw%n kinhsewn ta tach kai tavbraduth%tav di} w/n ai| sumfwniai*** e\n a\riqmoi%v h|goumenov

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  • logouv toioutouv e\lambanen e\p} a\ggeiwn: i"swn gar o"ntwnkai o|moiwn pantwn tw%n a\ggeiwn to men kenon e\asav, to deh$misu u|grou% e\yofei e|kater, kai au\t% h|dia pasw%n a\pedidoto sumfwnia: qateron de palin tw%na\ggeiwn kenon e\w%n e\v qateron tw%n tessarwn merw%n to ene\necee, kai krousanti au\t% h| dia tessarwn sumfwniaa\pedidoto: h| dia pente, en merov tw%n triw%n sune-plhrou ou"shv th%v kenwsewv prov thn e|teran e\n men t+% diapasw%n w|v b' prov e$n, e\n de t% dia pente w|v g' prov b', e\n det% dia tessarwn w|v d' prov g'.

    Queste consonanze (sumfwniav) alcuni pensarono diottenerle da [rapporti di] pesi, altri da grandezze, altri damovimenti e da numeri, altri da oggetti cavi. Laso diErmione, come si racconta, e la scuola di Ippaso Meta-pontino, uomo pitagorico, seguirono il criterio della variavelocit e lentezza dei movimenti, da cui risultano le con-sonanze (tw%n kinhsewn ta tach kai tav braduth%tav di} w/nai| sumfwniai) *** ritenendo che tali rapporti si trovino neinumeri, ricorreva a dei vasi. Presili uguali di capacit e diforma, ne lasciava uno vuoto, un altro lo riempiva dacquaper met, e percotendoli ambedue, otteneva laccordo diottava; poi di nuovo, lasciatone uno vuoto, riempiva dellal-tro la quarta parte, e percotendoli otteneva laccordo diquarta; infine otteneva quello di quinta quando di unoriempiva la terza parte. Cos il vuoto del primo vaso stavaal vuoto del secondo come 2:1 nella consonanza di ottava,come 3:2 nella consonanza di quinta, come 4:3 nella con-sonanza di quarta12.

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    12 Theo Smyrn. p. 59, 4 Hiller (in M. Timpanaro Cardini,op. cit., vol. I, p. 100). Cfr. A. Privitera, Laso di Ermione nellacultura ateniese e nella tradizione storiografica, Ateneo, Roma1965, pp. 68 e segg. Per lesperimento dei vasi cfr. gli aristote-lici Problemi musicali, n. 50 (Aristotele, Problemi musicali, acura di G. Marenghi, Fussi-Sansoni, Firenze 1957).

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  • 13 Cfr. Arist. Metaph. 985b 23 e segg.: Essi [scil. i pitagori-ci] per primi si applicarono alle matematiche e le fecero pro-gredire e, nutriti delle medesime, credettero che i princpi diqueste fossero princpi di tutti gli esseri. E, poich nelle mate-matiche i numeri sono per loro natura i princpi primi, e appun-to nei numeri essi ritenevano di vedere, pi che nel fuoco enella terra e nellacqua, molte somiglianze (o|moiwmata) con lecose che sono e che si generano []; e inoltre, poich vedeva-no che le note e gli accordi musicali consistevano nei numeri;e, infine, poich tutte le altre cose, in tutta la realt, pareva aloro che fossero fatte a immagine dei numeri e che i numerifossero ci che primo in tutta quanta la realt, pensarono chegli elementi dei numeri fossero elementi di tutte le cose, e chetutto quanto il cielo fosse armonia e numero. E tutte le concor-

    Queste fonti dimostrano che le ricerche musica-li dei pitagorici erano indissolubilmente connesseagli interessi matematici della scuola, che a lorovolta, com risaputo, traevano origine dalla con-vinzione che la realt non solo possa essere intera-mente spiegata dal numero, ma sia numero nellasua sostanzialit13. Pertanto, la possibilit di spiega-re gli accordi musicali mediante rapporti numerici(logoi) non faceva altro che confermare, agli occhiestasiati dei pitagorici, unintuizione che sar il lorochiodo fisso: in tutto ritrovare la ragione numerica,tutto spiegare secondo una ragione matematica idea che a volte, come nel caso delle indagini musi-cali, li porter ad assumere posizioni di estremoapriorismo e attirer loro le critiche di molti teoricimusicali dellantichit.

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  • Se impossibile stabilire quando lorecchio deiGreci si sia abituato a considerare alcune combina-zioni di suoni come pi piacevoli di altre, nel sensodella consonanza dei suoni costituenti gli accordi, per opinione ormai condivisa che proprio allinter-no della scuola pitagorica, e non altrove, avvenneroquelle ricerche che condussero alla sistemazionescientifica dei rapporti matematici su cui si basanogli intervalli, e ci in virt della mentalit matema-tica del tutto peculiare di cui fu informato il pensie-ro di questi filosofi. Un problema, per, si pone, edi non poca importanza: chi ha provato a ripetere leesperienze che la tradizione ci ha tramandateriguardo alle indagini musicali che i pitagorici con-dussero per arrivare alla scoperta dei rapporticorrispondenti agli intervalli consonanti, si trova-to, a volte, di fronte a risultati diversi da quelli che

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    danze (o$sa ei&con o|mologoumena) che riuscivano a mostrare frai numeri e gli accordi musicali e i fenomeni e le parti del cieloe lintero ordinamento delluniverso, essi le raccoglievano e lesistemavano, trad. it. di G. Reale in Metafisica di Aristotele, acura di G. Reale, Bompiani, Milano 2004, p. 27. Per uninter-pretazione generale della teoria pitagorica del numero comeprincipio della realt, in rapporto alle indagini musicali, cfr. J.Burnet, Early greek philosophy, The World Publishing,Cleveland 1961, pp. 97-108: il Burnet ritiene che la teoria del-lidentificazione dei numeri con le cose abbia unorigine pret-tamente musicale; lo stesso giudizio esprimono B. Centrone,op. cit., p. 127, V. Capparelli, op. cit., vol. I, p. 529, T. Reinach,La musique des sphres, in Revue des tudes grecques 13,1900, pp. 432-449.

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  • 14 Cfr. C. A. Huffman, Philolaus of Croton Pythagorean andPresocratic, Cambridge University Press, Cambridge 1993, p.148; L. Laloy, Aristoxne de Tarente, Paris 1904 (rist. anast.Forni Editore, Bologna 1979), pp. 54-55; P. Tannery, A proposdes fragments philolaque sur la musique, in Revue de philolo-gie, de littrature et dhistoire anciennes 28, 1904, pp. 233-249; V. Capparelli, op. cit., vol. II, pp. 627-629; E. Zeller-R.Mondolfo, La filosofia dei greci nel suo sviluppo storico, LaNuova Italia, Firenze 1943, pp. 504-505, nota 2.

    ci si aspettava dal racconto delle fonti: alcune diquelle esperienze risultano infatti impossibili. Dalfatto che Pitagora non avrebbe mai potuto ascolta-re le consonanze di ottava, quarta e quinta prodot-te dai martelli che battono sullincudine, alcunihanno arguito che egli non dovesse conoscere queirapporti musicali, mentre le esperienze di Ippasocon i dischi, essendo possibili, dimostrerebbero cheIppaso conobbe realmente quei rapporti14. Si saquanto le fonti antiche, soprattutto concernenti ilpensiero dei presocratici, siano spesso incerte econfuse, a volte per giunta favolose, e che perciallo studioso sono richiesti un certo intuito e unanon piccola dose di buon senso, se non vuole di-chiararsi sconfitto in partenza, o finire per giudica-re a malincuore leggendarie e non storiche le figuredei filosofi antichi. Noi riteniamo che la testimo-nianza di Giamblico sullepisodio che vede Pitagoraalle prese con martelli e incudini, e con pesi legatialle corde, pur essendo certamente una delle tantestorie che la tradizione ha inventate sulla figura di

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  • Pitagora, ha avuto un suo fondamento sulla scortadi tradizioni che parlavano di esperimenti musicalirealmente condotti dai pitagorici nei loro laborato-ri. La questione stabilire se Pitagora stesso abbiapreso parte a queste indagini, o se i suoi scolari,primo fra tutti Ippaso, ne furono gli iniziatori. Oltrealla testimonianza di Giamblico, ce ne sarebbe unaben pi antica di Senocrate15, che visse in pieno IVsec. e fu scolaro diretto di Platone, dal quale avevacertamente sentito parlare della musica pitagorica;ma Senocrate per molti risulta poco attendibile,perch appartiene a quella fase dellAccademia nella cui direzione successe a Speusippo che, percos dire, pitagorizz il platonismo, in grazia delleinfluenze che il pitagorismo matematico (per trami-te di Filolao e Archita) e mistico-religioso avevaavute sugli insegnamenti di Platone16. C poi unatestimonianza di Porfirio17 tratta dagli Annali dellostorico Duride di Samo, vissuto tra il 340 e il 270 a.C. ca. e allievo di Teofrasto, che parla di un epi-

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    15 Fr. 9 Heinze = 87 Isnardi Parente (Porph. in Ptolem.Harm. 30, 2 Dring): Pitagora, come dice Senocrate, scoprgli intervalli musicali (ta e\n mousik+% diasthmata), che non sioriginano a prescindere dal numero (cwriv a\riqmou%).

    16 Cfr. B. Centrone, op. cit., pp. 14-15.17 VS 14 A 6 DK (Porph. Vit. Pyth. 3): Puqagorew filov

    ui|ov }Arimnhstov m} a\neqhke / pollav e\xeurwn ei\ni logoivsofiav. Cfr. i commenti di M. Timpanaro Cardini, op. cit., vol.I, p. 29, in nota; A. Maddalena, I pitagorici, Laterza, Bari 1954,p. 69, nota 12; M. Giangiulio, op. cit., vol. I, p. 79, nota 69.

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  • 18 L. Laloy, op. cit., p. 52. Secondo il Laloy (op. cit., p. 54)se non gi Pitagora, almeno Ippaso (parla infatti di pitagoricidel VI sec.) inizi le indagini sulla suddivisione della scala oltrele consonanze fondamentali.

    19 M. Timpanaro Cardini, op. cit., vol. I, p. 33, in nota. 20 B. L. Van der Waerden, Die Harmonielehre der Pytha-

    goreer, in Hermes 78, 1943, pp. 163-199.21 P. Tannery, op. cit., p. 238.22 J. Burnet, op. cit., p. 106.23 C. H. Kahn, Pitagora e i pitagorici, in Le radici del pensie-

    ro filosofico, vol. II, Istituto della Enciclopedia ItalianaTreccani, Roma 1993, p. 23.

    gramma apposto su un dono votivo in bronzo cheArimnesto, figlio di Pitagora, avrebbe dedicato inun santuario di Era. Nellepigramma si fa menzio-ne di ei\ni logoiv sofiav, espressione che fa riferi-mento a conoscenze musicali.

    Le fonti, dunque, pi o meno antiche, ci porte-rebbero a concludere che Pitagora e la prima cer-chia dei suoi scolari si occuparono effettivamente diricerche musicali, attraverso esperienze casuali o dilaboratorio, e fondarono la scienza musicale in con-nessione alla matematica. Cos il Laloy concludeche Pitagora certamente aveva conosciuti i rappor-ti di ottava (2:1), quinta (3:2) e quarta (4:3), masicuramente aveva ignorato quello corrispondenteal tono (9:8), che per fu scoperto molto prestovisto che Filolao lo conosceva18. Anche altri, comeTimpanaro Cardini19, van der Waerden20, Tannery21,Burnet22 e Kahn23, propendono per lantichit della

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  • scoperta dei rapporti fondamentali, ma non dellul-teriore loro suddivisione; pi cauti, invece,Huffman24 e Centrone25, che non se la sentono diriportare la scoperta dei rapporti di consonanza aPitagora, ma si fermano a Ippaso.

    Ritorniamo al passo di Giamblico (Vit. Pyth.,XXVI, 115-118), e riflettiamo sulla serie di numeri6, 8, 9, 12, da lui impiegata parallelamente alla serie1, 2, 3, 4. Giamblico si serv dei numeri della primaserie per uno scopo preciso, vale a dire mostrareunimportante propriet matematica risultantedalla composizione degli intervalli: lottava, infatti,pu essere espressa da due serie numeriche, lunaarmonica, latra aritmetica, se considerata una voltacome somma di una quinta pi una quarta (12:8:6),unaltra come somma di una quarta pi una quinta(12:9:6)26. Unulteriore propriet matematica degliaccordi era che la loro somma risulta dal prodottodei rispettivi rapporti, mentre la loro differenza dalquoziente dei rapporti: infatti il rapporto esprimen-te lottava risultava dal prodotto dei rapporti diquarta e di quinta (4:3 3:2 = 2:1), mentre il rap-porto corrispondente al tono dal quoziente dei rap-porti di quinta e di quarta (3:2 : 4:3 = 9:8). Quale

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    24 C. A. Huffman, op. cit., p. 148.25 B. Centrone, op. cit., p. 126.26 Cfr. VS 18 A 15 DK (Ippaso) (Iambl. in Nicomac. arithm.

    100, 19); VS 44 A 24a DK (Filolao) (Nicom. Arithm. II 26, 2).

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  • 27 Nel caso di somme o differenze di intervalli musicali,espressi da rapporti numerici, il risultato non ottenuto som-mando o sottraendo tra di loro i rapporti relativi agli intervalli.Volendo, per esempio, sommare una quarta a una quinta, nonsi sommano i loro rapporti, ma si moltiplicano, per ottenere ilrapporto corrispondente allottava, che lintervallo costituitodalla somma di una quarta pi una quinta congiunte. Infatti, siha che: 4:3 + 3:2 = 17:6; mentre 4:3 3:2 = 2:1. Questoperch le operazioni con gli intervalli musicali sono descritte dauna funzione logaritmica, la cui scoperta risale a Napier(1614).

    28 L. Laloy, op. cit., pp. 49-58.

    stupore dovevano suscitare queste scoperte nel-lanimo matematico di questi antichi filosofi: laverricondotto le combinazioni di suoni, e quindi lamusica, al numero fu una scoperta che li confermnella loro intuizione originaria della coincidenza dinumero e realt.

    Ma che la somma di intervalli musicali si otte-nesse col prodotto dei loro rapporti, e che la diffe-renza si ricavasse dal loro quoziente, i pitagoricipoterono conoscerlo per via sperimentale, non giteorica, mancando a loro gli strumenti matematicinecessari27. Il Laloy, perci, ritenne che Pitagoranon aveva potuto conoscere il rapporto dellinter-vallo di tono (9:8), esprimente leccesso della quin-ta sulla quarta e ottenuto dal quoziente dei rappor-ti corrispondenti28.

    Allora quando fu intuito, seppure sperimental-mente, questo procedimento matematico, e quindi

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  • scoperto anche lintervallo di tono? La nostra opi-nione che la scoperta del tono deva esser colloca-ta nellambito delle ricerche dei primi pitagorici,volte a trovare una comune unit di misura per laquarta e la quinta, cio un rapporto espresso danumeri razionali per il quale potessero essere sud-divise sia la quarta sia la quinta, e di conseguenzaanche lottava. Se gi Pitagora e Ippaso avevanomisurato gli intervalli di quarta, quinta e ottava, sipu credere che il passo alla successiva indagine,che avrebbe condotto alla scoperta del tono, potessere compiuto gi allinterno della loro cerchia.Lintervallo minimo immediatamente disponibile epi adatto allo scopo non poteva essere che quellorappresentato dalleccedenza della quinta sullaquarta, che risultava dalloperazione 3:2 : 4:3 =9:8. Cos la quarta risultava costituita da due inter-valli di 9:8 pi un resto (lei%mma, detto anche die-siv, passaggio) di 256:243 (infatti: 9:8 9:8 256:243 = 4:3), mentre la quinta risultava costitui-ta di tre intervalli di 9:8 pi un resto di 256:243(infatti: 9:8 9:8 9:8 256:243 = 3:2). Di con-seguenza lottava risultava costituita di cinque tonipi due leimmata o dieseiv, ovvero dalla congiun-zione29 di una quarta e una quinta.

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    29 Un intervallo era detto congiunto (sunhmmenon) al prece-dente quando aveva con esso una nota in comune, quellaappunto per cui risultava lunione (mi-la e la-mi); disgiunto

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  • (dihzeugmenon), invece, era detto quando non aveva nessunanota in comune collintervallo precedente, ma tra luno e lal-tro era intercalato lintervallo di un tono (mi-la e si-mi).

    Che gi Filolao fosse a parte di queste cono-scenze, cio delle operazioni mediante le quali siottengono i rapporti esprimenti la somma o la dif-ferenza dintervalli musicali, lo dimostra limpor-tante frammento VS 44 B 6 DK conservatoci daNicomaco nel Manuale di armonia (MusiciScriptores Graeci, ed. Jan 252, 4) e da Stobeo nelleEcloghe (1, 21, 7 d) dove lintervallo tra le cordemese e trite chiamato epgdoo, mentre lottava detta esser espressa dal rapporto doppio (2:1):

    {Armoniav de megeqov e\sti sullaba kai di} o\xeia%n. to dedi} o\xeia%n mei%zon ta%v sullaba%v e\pogdo. e"sti gar a\po u|pa-tav e\pi messan sullaba, a\po messav e\pi neatan di} o\xeia%n,a\po de neatav e\v tritan sullaba, a\po de tritav e\v u|patandi} o\xeia%n. to d} e\n mes messav kai tritav e\pogdoon, a| desullaba e\pitriton, to de di} o\xeia%n h|miolion, to de diapasa%n diploon. ou"$twv a|rmonia pente e\pogdoa kai duo die-seiv, di} o\xeia%n de tria e\pogdoa kai diesiv, sullaba de du}e\pogdoa kai diesiv.

    La grandezza armonica [lottava] formata dagli inter-valli di quarta e di quinta; la quinta maggiore della quar-ta di un tono. Infatti dalla corda pi alta (hypte) alla media(mse) c una quarta; dalla media allultima (nte) c unaquinta; poi dallultima alla terza (trte) c una quarta, edalla terza alla pi alta una quinta. Lintervallo tra media eterza di un tono. La quarta espressa dal rapporto epitr-to (4:3), la quinta dallemilio (3:2), lottava dal doppio

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  • (2:1). Cos la scala armonica comprende cinque toni e duesemitoni minori; la quinta tre toni e un semitono minore;la quarta due toni e un semitono minore30.

    Filolao non solo conosceva i rapporti esprimen-ti la quarta, la quinta e lottava, gi noti a Pitagorae a Ippaso, ma conosceva anche il procedimento diriduzione di questi accordi fondamentali a un unicoaccordo che fosse lunit di misura minima di tuttigli altri, vale a dire il tono, cui egli si riferisce, nelframmento test citato, col nome del relativo rap-porto numerico (epgdoo, perch 9:8 = 1 + 1:8).Ci dimostra che, almeno sperimentalmente, altempo di Filolao era risaputo che in acustica allasomma corrisponde il prodotto e alla differenza ilquoziente.

    Lardore scientifico del quale furono animati ipitagorici non poteva non spingerli a condurreindagini sulla possibilit di suddividere ulterior-mente il tono, anche perch nella prassi musicalevenivano facilmente eseguiti intervalli inferiori altono, potendo lorecchio percepirli in tutta chiarez-

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    30 Cfr. anche i commenti a questo frammento in M.Timpanaro Cardini, op. cit., vol. II, pp. 202-211; in C. A.Huffman, op. cit., pp. 147-165, che adduce prove assai convin-centi sullautenticit del frammento, e fornisce un dettagliatoconfronto con la scala musicale del Timeo (34 b-36 a); in A.Maddalena, op. cit., pp. 190-191. P. Tannery, op. cit., p. 242,giudicava quantomeno sospetto il frammento e per niente con-clusa la disputa sulla sua autenticit.

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  • 31 Cfr. P. Tannery, op. cit., pp. 239-241; M. TimpanaroCardini, op. cit., vol. II, p. 185, nota 26a; P. Odifreddi, Penna,pennello e bacchetta. Le tre invidie del matematico, Laterza,Roma-Bari 2005, pp. 138-143.

    za, ed era necessario esprimere anche questi inter-valli in numeri. Ma questi filosofi, che gi avevanosubita lamara delusione derivata dallincommensu-rabilit della diagonale del quadrato con il lato, cheaveva condotto alla scoperta dei numeri irrazionali(a"logoi), dovettero scoprire con uguale dispiacereche anche lottava risultava aritmeticamente indivi-sibile in parti uguali, cos pure il tono, la diesis e ilcomma, questultimo pari alleccedenza del tono sudue dieseis. Infatti, la met di unottava pari allaradice quadrata di 2, la met di un tono ugualealla radice quadrata di 9:8, la met della diesis allaradice quadrata di 256:243, la met del comma allaradice quadrata di 9:8 : (256:243), tutti numeriirrazionali31.

    Il frammento VS 44 B 6 DK di Filolao il piantico riguardo alla suddivisione dellottava in tonie semitoni; ci nonostante ci sembra improbabileche se Pitagora e Ippaso conobbero i rapporti degliintervalli fondamentali, non fossero gi giunti a cal-colare la differenza tra la quinta e la quarta, e quin-di a esprimere quegli accordi per mezzo di toni esemitoni, al modo riportato nel frammento diFilolao. Gli esperimenti con i dischi di bronzo per-

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  • misero a Ippaso di ottenere il rapporto di ottava,che musicalmente risultava dalla somma della quar-ta e della quinta, ma matematicamente dal loroprodotto32. Anche una mente ancora inesperta dichiss quali calcoli quale certamente non fu ilgenio matematico dIppaso si sarebbe accortache, se la somma di intervalli si ottiene mediante ilprodotto dei loro rapporti, allora la differenza deveaversi per divisione di essi: nulla di sorprendente,dunque, se Ippaso stesso fosse giunto a conoscenzadel rapporto epgdoo (9:8) esprimente il tono. E seavesse voluto procedere alla suddivisione del tonosi sarebbe accorto dellimpossibilit di esprimerequesto intervallo con un numero razionale33, e lastessa cosa sarebbe avvenuta con la diesis, che puredoveva conoscere come eccesso della quarta su duetoni e della quinta su tre. Se poi gli stessi esperi-menti aveva gi condotti Pitagora, giustamente lascoperta dovrebbe essere ulteriormente anticipata,per essere finalmente riportata alle origini dellascuola. Noi stentiamo a credere, pur in assenza difonti certissime, che alla conoscenza del rapporto di

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    32 Cfr. al riguardo, in aggiunta alle fonti gi riportate pisopra, VS 18 A 14 DK (Boethius, Inst. mus. II 19 p. 250Friedlin [da Nicomaco]), dove a Eubulide e a Ippaso attri-buita la conoscenza delle consonanze doppia e tripla.

    33 Cfr. laggiunta a VS 44 B 6 DK da Plutarco (De an. procr.in Tim. c. 17 p. 1020 E) in M Timpanaro Cardini, op. cit., vol.II, pp. 212-213. 7291

  • ottava, cosiddetto doppio, non dovesse necessaria-mente seguire quella del rapporto epgdoo di tono.Per cui ci sentiamo di dover attribuire tutte questenozioni alla primitiva cerchia che si raccolse attornoa Pitagora, senza dire a quale personaggio vadanoindividualmente attribuite, ma preferendo parlaredi scoperta comunitaria del primo pitagorismo.

    2. Lapriorismo matematico

    Pi sopra abbiamo accennato al fatto che laposizione dei pitagorici fu sovente aprioristica, unpo in ogni campo da loro indagato. Un esempioassai noto la celebre teoria dellAntiterra, traman-dataci da Aristotele nella Metafisica34. Ma non menoesemplificativo di tale atteggiamento un caso trat-to proprio dallambito delle teorie musicali, perchi pitagorici trattarono la musica come una scienzaastratta al pari della matematica. I rapporti numeri-ci corrispondenti agli intervalli di ottava, quarta equinta rispettano tutti una propriet matematica,sono tutti cio rapporti epimri, come dicevano iGreci, o superparziali, alla latina. Epimorio o super-parziale quel rapporto il cui numeratore supera ildenominatore di una unit, propriet che espressain simboli diventa (a + 1) : a. Il rapporto di ottava,

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    34 A 5, 986 a 4-10. Cfr. anche Arist. De caelo, II 13, 1.

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  • infatti, 2:1 = (1 + 1) : 1; cos la quarta 4:3 =(3 + 1) : 3, la quinta 3:2 = (2 + 1) : 2. Poich leconsonanze erano tutte espresse da rapporti epimo-ri, i pitagorici arguirono che ogni consonanza dove-va corrispondere a un rapporto di questo tipo.Stando cos le cose, qualunque intervallo espressoda un rapporto non epimorio, non poteva esser con-siderato una consonanza. Questa concezione rimaseradicata nei teorici di musica almeno fino allepoca diAristosseno (IV sec.), se questi sentiva il bisogno dipolemizzare con quanti, contrariamente ad ogni giu-dizio della sensazione (ai"sqhsiv), negavano la quali-t di consonanze a intervalli superiori allottava:

    Siano otto le grandezze degli intervalli consonanti: lapi piccola la quarta; che sia la pi piccola determinatodalla natura stessa della melodia, perch noi eseguiamomolti intervalli pi piccoli della quarta, ma tutti sono disso-nanti; seconda la quinta, perch qualunque intervallo trala quarta e la quinta dissonante; terza, la somma dei dueintervalli nominati, cio lottava, perch tutti gli intervallitra la quinta e lottava sono dissonanti. Questi intervalli chenominiamo sono gli intervalli consonanti che abbiamo presodai nostri predecessori (para tw%n e"mprosqen), quanto aglialtri siamo noi che li dobbiamo determinare. Prima, dunque,si deve dire che qualunque intervallo consonante si aggiun-ga allottava, la somma un intervallo consonante35

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    35 Elem. Harm. II, 45, 5 e segg. Su Aristosseno si veda ilvolume di S. Gibson, Aristoxenus of Tarentum and the birth ofmusicology, Routledge, New York 2005.

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  • Anzich nominare tutti gli intervalli consonantisuperiori allottava, Aristosseno stabilisce un princi-pio per la loro determinazione: basta aggiungereallottava un intervallo consonante, e si avr unnuovo intervallo consonante. In teoria non c unlimite massimo agli intervalli consonanti e disso-nanti, ma poich ad Aristosseno, musicista oltre cheteorico, preme dare delle direttive che siano utilialla pratica musicale, egli pone come intervallo con-sonante massimo quello composto di due ottave euna quinta. Scrive infatti:

    Riguardo alla natura stessa della melodia, lintervalloconsonante pu estendersi allinfinito, come lintervallodissonante; perch, aggiungendo a unottava un intervalloconsonante qualunque, sia esso pi grande o pi piccolo odi uguale grandezza dellottava, linsieme una consonan-za. Cos, da questo punto di vista, sembra che non ci sia unintervallo consonante massimo. Ma, se consideriamo ilnostro uso pratico intendo per nostro uso pratico quellodella voce umana e degli strumenti , vi evidentementeun intervallo consonante massimo. Questo lintervallocomposto di due ottave e di una quinta; perch non pos-siamo estenderci fino a tre ottave. Ma si deve determinarelestensione del massimo intervallo consonante riferendosialla tonalit e ai suoni limite di un solo dato strumento;poich formano un intervallo pi grande di quello menzio-nato di tre ottave il suono pi acuto degli auloi parthenii eil suono pi grave degli auloi ipertelii []. Lo stesso avvie-ne tra la voce di un bambino e quella di un uomo. In que-sto modo possiamo conoscere i pi grandi intervalli conso-nanti, perch, dal confronto di voci di diversa et e di stru-menti di diverse misure, noi abbiamo appreso che gli inter-

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  • valli di tre, di quattro ottave e anche un intervallo pi gran-de di questi, sono intervalli consonanti36.

    A decidere se un intervallo o meno consonan-te non pu essere, per Aristosseno, un aprioristicogiudizio sulla forma del rapporto corrispondente.Cos, se a unottava si aggiunge una quarta, si avrancora una consonanza (undicesima, o anchessaquarta), bench il rapporto ad essa relativo non siaepimorio; infatti il rapporto dellundicesima 2:1 4:3 = 8:3. Il diverso modo di ragionare usato daipitagorici in questioni del genere si pu inveceevincere dagli aristotelici Problemi musicali, dove alnumero 34 si chiede: Perch la doppia quinta e ladoppia quarta non formano consonanza ma la dop-pia ottava s? Non sar perch n la doppia quintan la doppia quarta hanno [rapporto epimorio] mala quarta e la quinta [s]?.

    Limpostazione teorica del filosofo tarantino,musico nato, contrariamente a quella assunta daipitagorici che erano piuttosto matematici, prevedelimprescindibile impiego della percezione sensibilenelle cose di musica: i suoi Elementi di armoniasono disseminati di indicazioni in tal senso:

    La nostra trattazione si riferisce a due facolt: lorec-chio (a\koh) e lintelletto. Per mezzo dellorecchio noi giu-

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    36 Elem. Harm. I, 20, 5 e segg. (ed. R. Da Rios, op. cit., pp.30-31).

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  • dichiamo le grandezze degli intervalli, per mezzo dellintel-letto ci rendiamo conto del loro valore37.

    Per lo studioso di scienza musicale fondamentalelesattezza della percezione sensibile (ai"sqhsiv), perchnon possibile che chi ha una percezione sensibile defi-ciente possa spiegare convincentemente dei fenomeni chenon ha in nessun modo percepito38.

    Lessenza e lordine, che si mostrano nella melodiaarmonizzata, non dipendono da nessuna propriet deglistrumenti []. Ognuno degli strumenti sotto la sorve-glianza della percezione sensibile (ai"sqhsiv), dalla qualedipendono essi e ogni altra cosa in musica39.

    Larmonizzazione una prerogativa dellorecchio(ai"sqhsiv)40.

    Un pitagorico non si sarebbe mai espresso neitermini di Aristosseno, quantunque il trattato delTarantino non difetti di scientificit, e ci perchper un pitagorico contavano sopra ogni cosa le ana-logie con le quali era possibile ricondurre la molte-plicit delle esperienze sotto un unico principio oununica legge, soprattutto se si trattava di nume-ri41. A questa mentalit si deve ricondurre il rifiutodi considerare consonanti gli intervalli superioriallottava perch non espressi da rapporti epimori,

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    37 Elem. Harm. II 33, 5 (ed. R. Da Rios, op. cit., p. 47).38 Elem. Harm. II 33, 23 (ed. R. Da Rios, op. cit., p. 48).39 Elem. Harm. II 41, 30 e 42, 28 (ed R. Da Rios, op. cit.,

    pp. 62-63).40 Elem. Harm. II 43, 6 (ed R. Da Rios, op. cit., p. 63).41 Cfr. Arist. Metaph. N 6, 1093 b 10-17, e, pi diffusamen-

    te, N 6, 1093 a 12-1093 b 29.

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  • cos come lintroduzione dellAntiterra quale deci-mo pianeta. Ma a un musicista non poteva minima-mente importare che un intervallo di undicesimanon fosse espresso da un rapporto epimorio: eglilavrebbe comunque impiegato nelle sue esecuzio-ni. Ci rivela come latteggiamento aprioristico neiconfronti della realt poteva esser causa, per i pita-gorici, di un allontanamento da essa, errore nelquale Aristosseno non volle cadere come teorico, ein cui non poteva incorrere in quanto musico42.

    3. Le mediet e la tetractys

    Lo studio delle proporzioni (a\nalogiai) omediet (mesothtev) fu un impegno costante dellascuola pitagorica, dai suoi albori fino ai pitagoricidei secoli V e IV. Questo studio sinseriva nel pivasto disegno di scoprire ovunque una legge nume-rica che permettesse di tracciare dei ponti tra gli

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    42 Cfr. L. Laloy, op. cit., pp. 59-60. Giustamente W. Burkert,op. cit., p. 384, ricorda che in un rapporto epimorio esempli-ficata larmonia del Limite e dellIllimitato. Perci la teoriamusicale pitagorica intimamente connessa alla cosmologianumerica, e limportanza del rapporto superparziale deriva dallasua relazione con la speculazione sui numeri in generale. Laverit di questa osservazione ci conferma ancor pi nella nostraopinione circa limpostazione intellettualistica delle teoriemusicali dei pitagorici, attenti anzitutto alle corrispondenzenumeriche.

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  • enti, di creare collegamenti che potessero tenereinsieme la realt sotto un unico principio o struttu-ra razionale. Le mediet sono progressioni di tretermini [numerici], tali da dare relazioni di egua-glianza43. Leggiamo la spiegazione delle medietfatta da Giamblico, perch egli ricollega esplicita-mente la questione al discorso musicale, riportandoun importante frammento dal Peri mousikh%v diArchita (VS 47 B 2 DK):

    Nel libro Della musica [] Archita parlando delle me-diet proporzionali scrive cos:

    Ci sono tre medie nella musica; una laritmetica,seconda la geometrica, terza la subcontraria, che chiamanoarmonica. Si ha laritmetica quando tre termini stanno fraloro in rapporto secondo una data eccedenza; cio, diquanto il primo supera il secondo, di tanto il secondo supe-ra il terzo [...]. La media geometrica si ha quando i tre ter-mini sono tali, che il primo sta al secondo come il secondosta al terzo [...]. La media subcontraria, che chiamiamoarmonica, si ha quando i termini stanno tra loro cos: diquanta parte di s il primo supera il secondo, di altrettantaparte del terzo il medio supera il terzo.

    Tre dunque, in origine, le mediet scoperte daipitagorici: laritmetica, in cui i termini successivi a,b, c stanno tra di loro secondo la propriet c b =b a (p. es. i numeri 6, 9, 12: infatti 12 9 = 9 6); la geometrica, quella che propriamente vienedetta proporzione, in cui i termini a, b, c stanno tra

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    Alessandro Barbone

    43 E. Riverso, op. cit., p. 188.

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  • di loro secondo la propriet c : b = b : a (p. es. inumeri 2, 4, 8: infatti 8 : 4 = 4 : 2); infine, la sub-contraria o armonica, in cui i tre termini a, b, c stan-no tra di loro secondo la propriet (c b) : (b a)= c : a (p. es. i numeri 6, 8, 12: infatti (12 8) : (8 6) = 12 : 6). La cosa per noi rilevante cheArchita trattasse delle mediet in un libro dedicatoalla musica, e che quindi lo studio delle medietfosse imprescindibile, almeno analogicamente,dallo studio della musica. basandosi sul principiodellanalogia che i pitagorici poterono considerareastronomia, geometria, aritmetica e musica comescienze sorelle44, e tracciare tra loro paralleli a voltegeniali come nel caso dei rapporti numerici corri-spondenti agli intervalli musicali , altre volte forza-ti il caso del cubo, che veniva chiamato armonia,perch realizza la mediet armonica, essendo costi-tuito di 12 lati, 8 angoli e 6 facce45. SempreGiamblico, nella Vita pitagorica, mostra in che modoi pitagorici collegavano le mediet alla musica:

    E lottava si mostrava in un duplice senso quale unaccordo composto: ossia quale il prodotto dellunione diquinta e di quarta (allo stesso modo che il rapporto 2:1 ilprodotto dei rapporti 3:2 e 4:3, cio 12:8:6), ovvero, alcontrario quale il prodotto di quarta e di quinta (al modo

    45

    MUSICA E MATEMATICA

    44 Cfr. VS 47 B 1 DK (Archita, da Porph. in Ptolem. Harm.p. 56 Dr.).

    45 Cfr. VS 44 A 24a DK (Filolao).

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  • che il rapporto 2:1 e il prodotto di 4:3 e 3:2, cio 12:9:6,rapporto nel quale consiste lottava)46.

    La mediet armonica 12:8:6 rappresentava lot-tava, poich questa poteva essere scomposta in duerapporti, una quinta 3:2 e una quarta 4:3, corri-spondenti ai due rapporti in cui pu esser suddivi-sa la mediet armonica; infatti, 12:8 = 3:2 e 8:6 =4:3. E cos lottava poteva ancora essere scompostacome somma di una quarta 4:3 e di una quinta 3:2,sicch si aveva, questa volta, una corrispondenzacol modo di suddivisione della mediet aritmetica12:9:6, poich 12:9 = 4:3 e 9:6 = 3:2. Le medietaritmetica e armonica consentivano la suddivisionedellintervallo di ottava in due rapporti disuguali(una quarta e una quinta, appunto); non cos lamediet geometrica, che permette solo la divisionedi un rapporto in due rapporti uguali47. Accadevainoltre che le tre mediet potevano essere combina-te insieme nella formula 6:8:9:12, cos che si aves-sero le uguaglianze 6:8 = 9:12 e 6:9 = 8:12, espri-menti rispettivamente gli intervalli di quarta e diquinta. Questo intreccio mirabile di relazioni ar-moniche (Timpanaro Cardini) aveva il merito diprovare la parentela fra due scienze, laritmetica ela musica, a ulteriore conferma dellintrinseca ma-

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    Alessandro Barbone

    46 Vit. Pyth. 115-118.47 Cfr. sulla mediet geometrica lopinione di Platone nel

    Tim. (31 c).

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  • tematicit del reale. Se poi ci aggiungiamo lanalo-gia tra cubo e mediet armonica, la parentela siallargava anche alla geometria, e in virt della teo-ria dellarmonia celeste, il quadro si completava conlastronomia.

    Le tre mediet erano state sperimentate daiprimi pitagorici nel corso delle loro esperienzemusicali per mezzo di corde, vasi o dischi. Pren-dendo, per esempio, tre corde, e facendole vibrareluna per intero, laltra per i suoi 3:4 (secondo lac-cordo di quarta), lultima per la sua met (1:2,secondo laccordo di ottava), si ottiene una medie-t aritmetica; di nuovo, facendo vibrare la primaper intero, la seconda per la sua met (accordo diottava), la terza per un suo quarto (1:4, secondolaccordo di doppia ottava), si ottiene una medietgeometrica; infine, facendo vibrare la prima cordaper intero, la seconda per i suoi 2:3 (accordo diquinta), la terza per la sua met (accordo di ottava),si ottiene una mediet armonica48. Di conseguenza,gli accordi non solamente potevano avere una loroespressione aritmetica secondo le tre mediet, mapotevano anche esser fissati mediante i numeri 1, 2,

    47

    MUSICA E MATEMATICA

    48 Cfr. il frammento musicale di Aristotele (47 Rose), in M.Timpanaro Cardini, op. cit., vol. III, pp. 388-393 (anche inEad., Il frammento musicale di Aristotele 47 Rose, in La paroladel passato 85, 1962, pp. 300-312), che riflette le idee musi-cali dispirazione filolaica che il giovane Aristotele pot appren-dere alla scuola di Platone.

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  • 3, 4, la cui espressione geometrica, secondo lusopitagorico di rappresentare i numeri mediantepunti49, la famosa tetractys:

    I rapporti tra la teoria della tetractys e la musicasono molto ben testimoniati dagli antichi autori50.La tetractys contiene gli intervalli consonanti fonda-mentali: 2:1 (o anche 4:2) lottava, 3:2 la quinta,4:3 la quarta, 4:1 la doppia ottava; per questo essaera chiamata anche armonia51. E poich anche inumeri 6, 8, 9, 12 erano adatti a esprimere i rappor-ti delle consonanze, alcuni autori antichi estendeva-no il nome tetractys anche alla somma di tali nume-ri pi lunit, cio 36, che pure la somma deiprimi quattro numeri pari e dei primi quattronumeri dispari52.

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    Alessandro Barbone

    49 Cfr. VS 45 2 DK (Eurito).50 Un elenco delle fonti si pu trovare in A. Delatte, La

    ttractys pythagoricienne, in tudes sur la littrature pythagoricien-ne, Slatkine Reprints, Genve 1974 (I ed. . Champion, Paris1915, Bibliotheque de lcole des hautes tudes. Scienceshistoriques et philologiques, 217).

    51 Cfr. Iambl. Vit. Pyth., 82: Cos loracolo di Delfi? Latetractys, cio larmonia, nella quale sono le Sirene.

    52 Cfr. excerpt. ex Nicom., 7 in C. Jan, Musici scriptores grae-ci, Hildeschein 1962, p. 279; A. Delatte, op. cit., pp. 255-257.

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  • 4. La scala musicale del Timeo (35 b-36 b)

    Parlando della costituzione del mondo (o| e\so-menov qeov, il dio che sar) ad opera del dio chesempre (o| a\ei w!n qeov), Platone introduce nelTimeo un discorso musicale di notevole importan-za. Dopo aver parlato del modo in cui il dio ha pen-sato il mondo per il suo aspetto materiale (32 c-34b), Platone passa a esporre il processo costitutivodellanima del mondo, la parte pi importante edirettrice del tutto. a questo punto (35 b) che,discutendo della divisione dellanima cosmica inparti, si serve di uno schema numerico derivatodalle teorie musicali del suo tempo, in modo chelanima del mondo risulti composta secondo le leggidellarmonia musicale. Leggiamo il testo:

    [Il dio] cominci a dividere cos: prima tolse dal tuttouna parte, dopo di questa tolse una doppia della prima,quindi una terza, una volta e mezzo pi grande della secon-da e il triplo della prima, poi una quarta doppia dellaseconda, una quinta tripla della terza, una sesta che eraotto volte la prima, una settima ventisette volte pi grandedella prima. Dopo di ci, riemp gli intervalli (diasthmata)doppi e tripli, tagliando ancora dal tutto altre parti eponendoli in mezzo a questi intervalli, sicch in ciascunintervallo vi fossero due medi (mesothtev), e uno superas-se gli estremi e fosse superato della stessa frazione di cia-scuno di essi, mentre laltro superasse e fosse superatodallo stesso numero. Originandosi da questi legami neiprecedenti intervalli nuovi intervalli di uno e mezzo (h|mio-

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    MUSICA E MATEMATICA

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  • lion), di uno e un terzo (e\pitriton), e di uno e un ottavo(e\pogdoon), riemp tutti gli intervalli di uno e un terzo conlintervallo di uno e un ottavo, lasciando una piccola partedi ciascuno di essi, in modo che lintervallo lasciato di que-sta piccola parte fosse definito dai valori di un rapportonumerico, come duecentocinquantasei sta a duecentoqua-rantatr53.

    La serie numerica che risulta dal passo platoni-co, mediante la quale il dio ha diviso lanima delmondo, 1, 2, 3, 4, 8, 9, 27. Secondo unantichis-sima tradizione che risale addirittura al primo com-mentatore del Timeo, Crantore54, tutti i successivicommentatori hanno rappresentato la serie numeri-ca del Timeo disponendo i numeri in forma di trian-golo mancante di base, o di lambda, al modo chesegue:

    12 3

    4 98 27

    Salta subito agli occhi che la figura in questione,sostituendo al posto dei numeri i punti, non altroche la tetractys pitagorica. Per quel che riguarda i

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    Alessandro Barbone

    53 Tim. 35 b-36 b.54 Per le fonti di questa notizia, cfr. A. E. Taylor, A commen-

    tary on Platos Timaeus, Clarendon Press, Oxford 1928, p. 137;cfr. anche F. M. Cornford, Platos cosmlogy, Routledge andKegan, London 1937, pp. 66-70.

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  • numeri, si tratta di due serie geometriche (1, 2, 4, 8e 1, 3, 9, 27), la prima costituita da intervalli doppi(diplasioi), la seconda da intervalli tripli (tripla-sioi). opinione che Platone abbia voluto attribui-re alla serie numerica 1, ..., 27 un significato musi-cale55: il nostro filosofo, nellambito di un mitocosmologico connesso alla teoria pitagorica del-larmonia celeste, volle rappresentare in quei nume-ri le distanze tra i pianeti. Tratteremo pi dettaglia-tamente la questione nel III capitolo di questonostro lavoro, che avr per tema proprio larmoniaceleste; qui basti dire che il debito che Platonedov alla tradizione matematica pitagorica si evinceanche da questo passo del Timeo, dove il filosofoateniese assegna astrattamente e aprioristicamentealle distanze tra i pianeti dei numeri che hanno ilsolo pregio di rispettare delle propriet matemati-che, ma non hanno niente a che vedere con effetti-

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    MUSICA E MATEMATICA

    55 Cfr. A. E. Taylor, op. cit., pp. 138-140. Lidea del Taylor che il numero 27 possa essere pensato come un rapporto 27:1,e che tale rapporto esprima un intervallo musicale costituito diquattro ottave pi una quinta pi un tono maggiore (16:1 +3:2 + 9:8 = 27:1). La scala di Platone risulterebbe assai piampia di quella ammessa da Aristosseno circa un secolo pitardi, la quale si estendeva per due ottave e una quinta; questoelemento rende problematica linterpretazione della serienumerica del Timeo come rappresentazione di una scala musi-cale, conoscendo le riserve che frequentemente Platone haespresso sullevoluzione musicale, accusata di corrompere icostumi: come poteva poi lui stesso essere artefice di un ampli-

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  • ve misurazioni astronomiche o con scale musicalipraticamente impiegate ai suoi tempi. Lunico veroobiettivo del pitagorico Platone ritrovare nellordi-namento divino delluniverso il kosmov tanto osan-nato dalla scuola italica, e il solo modo che un pita-gorico concepiva per descrivere lordine era espri-merlo mediante numeri e propriet matematiche.

    Il testo prosegue con lesposizione delle relazio-ni matematiche in base a cui il demiurgo procedet-te alla suddivisione degli intervalli tra le parti, ciotra i pianeti: si tratta delle due mediet tradizional-mente riscontrate dai pitagorici nei rapporti degliintervalli musicali, la mediet armonica e la medie-t aritmetica, con le quali, dice il testo, vengonoriempiti gli intervalli doppi e tripli, in modo checiascun intervallo sia diviso da un medio armonicoe da uno aritmetico. Che significa tutto questodiscorso? Che ognuno degli intervalli iniziali (1:2,1:3, ecc.) si trova suddiviso in intervalli pi piccoli,secondo i rapporti 3:2 (h|miolion), 4:3 (e\pitriton) e

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    Alessandro Barbone

    amento della scala cos notevole?! Si pu allora ipotizzare chequi Platone abbia semplicemente voluto offrire, nellambitodel mito, un modello matematico del cosmo, senza troppo sof-fermarsi sulle sue implicazioni musicali, che invece sono il prin-cipale obiettivo nella ulteriore suddivisione degli intervalli, laquale rispetta perfettamente la scala musicale di Filolao. Cfr.pure F. M. Cornford, op. cit., pp. 66-70; L. Brisson, Platon.Time, Critias, Flammarion, Paris 1992, pp. 284-287; P.Varvaro, Studi su Platone, 2 voll., Mori, Palermo 1965-1967,vol. II, pp. 1540-1564.7291

  • 9:8 (e\pogdoon), che sono rispettivamente i rapportidegli intervalli di quinta, di quarta e di tono. Evolendo procedere allennesima suddivisione, il dioriemp gli intervalli maggiori (3:2 e 4:3) con tantevolte quello minimo (9:8), in modo che da questul-tima divisione risultasse ancora unaltra piccolaparte, la pi piccola questa volta, pari a 256:243,che non altro che la diesis. A questo punto ildemiurgo dovette rendersi conto che non era pos-sibile andare avanti nella suddivisione dellanimadel mondo, e perci si ferm qui.

    Secondo quanto abbiamo appreso analizzandoil frammento filolaico VS 44 B 6 DK, questa suddi-visione utilizzata da Platone era proprio quella teo-rizzata da Filolao, la quale aveva evidentementefatto scuola ed era stata assunta come suddivisionecanonica dellottava56. Del resto Proclo, nel suocommento al Timeo, non manc di notare che lamaggior parte dei termini [deglintervalli] scritti nelTimeo derivano manifestamente da Filolao57.Platone, per il quale luomo a\coreustov, cio noneducato nella coreia (linsieme di danza, canto emusica), assolutamente a\paideutov, cio noneducato affatto58, doveva ben conoscere le teorie

    53

    MUSICA E MATEMATICA

    56 Cfr. P. Tannery, op. cit., pp. 241-242, e C. A. Huffman, op.cit., pp. 149-151.

    57 VS 44 A 26a DK.58 Leg. II, 654 a. Cfr. E. Moutsopoulos, La musica nellopera

    di Platone, trad. it. di F. Filippi, Vita e Pensiero, Milano 2002,

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  • musicali dei massimi esperti in materia, cio i pita-gorici, e quindi il modo da essi adottato di suddivi-dere lottava in toni e semitoni. Questo discorso ciconferma nellopinione che le teorie musicali deipitagorici, se avevano fatto presa su Platone, dove-vano senza alcun dubbio godere di una stabile einconcussa autorevolezza, la quale, per mezzo del-ladesione da parte di un filosofo del calibrodellAteniese, da autorevolezza dovette diventarepresto autorit, fissandosi in numerosi trattati,quali quelli di Aristosseno e Euclide.

    54

    pp. 186-252 (tit. orig. La musique dans loeuvre de Platon,Presses Universitaires de France, Paris 1959); J. Stenzel,Platone educatore, trad. it. di E. Gabrielli, Laterza, Bari 1936,pp. 60-78 (tit. orig. Plato der Erzieher, Meiner, Leipzig 1928).

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  • 55

    II

    MUSICA E FISICA: LACUSTICA PITAGORICA

    Alternando questo e quello Pesantissimo martelloFa con barbara armonia Muri e volte rimbombar.

    G. Rossini, Il barbiere di Siviglia

    1. La natura del suono

    Vogliamo ora trattare delle teorie acustiche deipitagorici, di cosa essi pensassero della natura delsuono, del suo modo di produzione, propagazionee ricezione. Nei trattati di musica dellantichit, dalpresunto Logov peri mousikh%v di Laso di Ermioneagli Elementa Harmonica di Aristosseno, dalla Sectiocanonis di Euclide allArmonica di Tolomeo, dallIn-troduzione armonica di Euclide al Trattato musicaledi Teone di Smirne: tutti hanno affrontato, accantoalle questioni degli intervalli musicali e dei loro rap-

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  • porti numerici, anche argomenti di fisica del suono.Un esempio ci servir a chiarire quanto le questio-ni musicali implicassero riflessioni di ordine fisico:il fenomeno dei suoni consonanti, sperimentatonellascolto durante gli spettacoli, o nelle esperien-ze acustiche di laboratorio, originava il problema dicome intendere la consonanza dal punto di vistafisico se cio i due suoni consonanti si fondono inun terzo suono, o altro.

    Le fonti antiche sono meno generose riguardoalle questioni di fisica del suono, tuttavia sufficien-ti per avere unidea precisa di ci che i pitagoriciintendessero per suono (fqoggov, fwnh). Anzitutto,secondo quanto abbiamo detto nel capitolo prece-dente, il postulato dellacustica pitagorica, comunea tutti gli esponenti della scuola, che il suono una cosa esprimibile in numeri anzi, la cosa chepossiede per eccellenza tale propriet. Prodotti dacorde o da canne, da vasi o da dischi, od anche dauna pietra che cade a terra, i suoni sono leffetto diun urto (plhgh): si pu credere che questimmedia-ta e intuitiva costatazione sia anteriore alla scuolapitagorica. I pitagorici, dal canto loro, posero lac-cento, oltre che sullessenza numerica del suono,sul fatto che per comprenderne la natura fisicafosse necessario il riferimento al movimento (kinh-siv), in rapporto al quale determinata laltezza deisuoni. La testimonianza sugli esperimenti coi vasi di

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    Alessandro Barbone

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  • 57

    MUSICA E FISICA: LACUSTICA PITAGORICA

    Laso o Ippaso contiene unimportantissima notiziacirca le teorie del suono dei primi pitagorici:

    Queste consonanze alcuni pensarono di ottenerle da[rapporti di] pesi, altri da grandezze, altri da movimenti e danumeri (a\po kinhsewn kai a\riqmw%n), altri da oggetti cavi.Laso di Ermione, come si racconta, e la scuola di IppasoMetapontino, uomo pitagorico, seguirono il criterio dellavaria velocit e lentezza dei movimenti, da cui risultano le con-sonanze (tw%n kinhsewn ta tach kai tav braduth%tav di} w/nai| sumfwniai)*** ritenendo che tali rapporti si trovino neinumeri, ricorreva a dei vasi. Presili ecc.1

    Il concetto che qui cinteressa quello dellavelocit dei movimenti sonori, messa in rapportoallaltezza dei suoni. Non pochi interpreti rendonoil termine kinhseiv del passo di Teone con vibra-zioni o moti vibratori2: questa traduzione ciporterebbe a credere che laltezza dei suoni, e quin-di le consonanze, variasse, secondo lopinione diLaso e Ippaso, al variare della velocit delle vibra-zioni. Ma la teoria che mette in rapporto laltezzadei suoni alla velocit delle vibrazioni , secondo

    1 VS 18 A 13 DK (Theo Smyrn. p. 59, 4 Hiller).2 M. Timpanaro Cardini, Pitagorici... cit., vol. I, p. 101; A.

    Maddalena, op. cit., p. 103; A. Lami, I presocratici, Rizzoli,Milano 1997, pp. 173-175. G. Comotti, op. cit., pp. 23-24, purtraducendo lespressione a\po kinhsewn kai a\riqmw%n da movi-menti e numeri, spiega: e qui lallusione certamente al motodei corpi che genera il suono, cio alla vibrazione, e ai rapportidi frequenza.

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  • noi, ignota nei secoli VI e V. Perci il termine kinh-seiv del passo di Teone non deve essere inteso nelsignificato di vibrazioni, ma di movimenti di tra-slazione del suono3. Infatti, proprio questa la teo-ria degli antichi pitagorici, conservata ancora nelTimeo platonico4, circa la causa dellaltezza del suono:essa dipende dalla velocit con cui il suono percorrelo spazio frapposto tra il corpo sonoro e lorgano udi-tivo. Su questa posizione ci consolida la teoria pitago-rica dellarmonia celeste, a cui dedicheremo il pros-simo capitolo, la quale cinduce a ritenere che i pita-gorici credettero che ad essere determinante per lal-tezza del suono fosse la velocit del suo movimentodi propagazione5. In tal senso va letta la testimonian-za di Alessandro di Afrodisia secondo la quale, per ipitagorici, (i pianeti) producono nel muoversi unsuono, grave i pi lenti, acuto i pi veloci6.

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    Alessandro Barbone

    3 Tratteremo pi diffusamente largomento alle pp. 69-77.4 Cfr. infra pp. 63-64, 69.5 Cfr. A. Privitera, op. cit., p. 71; F. Lasserre, Plutarque. De

    la musique. Texte, traduction, commentaire, prcds dun tudesur lducation musicale dans la Grce antique, Urs Graf-Verlag,Olten-Lausanne 1954, p. 37; L. Laloy, op. cit., p. 144.

    6 Alex. ad h. l. p. 38, 10 Hayduk, in M. Timpanaro Cardini,Pitagorici... cit., vol. III, p. 67.

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    MUSICA E FISICA: LACUSTICA PITAGORICA

    2. Lacustica di Archita

    Le fonti pi discusse circa le teorie di fisica delsuono dei pitagorici riguardano il tarantino Archita.Per comodit vogliamo riportarle in blocco qui diseguito:

    test. 1) Porfirio, Commento allArmonica di Tolo-meo (VS 47 A 18 DK):

    Dicevano Archita e i suoi scolari che nelle consonanzesi percepisce con ludito un solo suono.

    test. 2) Aristotele, De sensu 448 A 19 (aggiuntoda Timpanaro Cardini al VS 47 A 18 DK):

    Quanto a quello che affermano coloro che studiano leconsonanze, che cio i suoni non giungono proprio simul-taneamente, ma sembrano, perch ci sfugge lintervallo ditempo quando sia insensibile, cosa giusta o no?

    test. 3) Teone di Smirne, Trattato musicale (VS47 A 19a DK):

    Eudosso e Archita ritenevano che le consonanze consi-stono in rapporti numerici, e anche concordavano nel pen-sare che tali rapporti sono tra movimenti, e che il movi-mento veloce d il suono acuto in quanto percuote ininter-rottamente laria e pi celermente la urta, il lento d ilsuono grave in quanto pi tardo.

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  • test. 4) Porfirio, Commento allArmonica diTolomeo (VS 47 B 1 DK):

    [Archita] al principio del suo libro Sulla matematicadice cos: [Gli studiosi di scienze matematiche] osservaronoche non pu esserci rumore senza che si produca un urtodi cose tra loro. E lurto, dicevano, avviene quando cose inmovimento, incontrandosi, battono luna contro laltra.Quando dunque cose che si muovono in direzioni oppostesincontrano e si frenano a vicenda, oppure quando, muo-vendosi alla medesima direzione, ma con velocit disugua-le, sono raggiunte dalle sopraggiungenti, allora urtandosiproducono rumore. Molti di questi rumori non possonoessere percepiti dalla nostra natura, alcuni per la debolez-za dellurto, altri per la grande distanza da noi; alcunianche per leccesso stesso della loro intensit; perch nonpenetrano nel nostro orecchio i rumori troppo grandi, coscome anche nel collo stretto di un vaso, quando vi si versiqualcosa in massa, nulla vi entra.

    Dei suoni poi che percepiamo, quelli prodotti da urtirapidi e forti si sentono acuti; quelli prodotti da urti lenti edeboli, si sentono gravi. Cos, se uno prende una verga elagita di moto lento e debole, produrr con lurto unsuono grave; se di moto veloce e con forza, un suonoacuto. N solo da questa prova possiamo renderceneconto, ma anche dal fatto che quando vogliamo, parlandoo cantando, emettere una voce forte e acuta, mandiamofuori il fiato con forza []. Lo stesso avviene anche per levoci: a quella emessa con forza di fiato avviene desserintensa ed acuta; a quella con fiato debole, esile e grave[]. Eppoi anche negli auli: il soffio emesso dalla boccaquando incontra i fori a lei vicini, per il forte impulso pro-duce un suono pi acuto; quando nei fori lontani, unsuono pi grave. Sicch risulta evidente che il movimentorapido rende acuto il suono, il lento lo rende grave.

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    MUSICA E FISICA: LACUSTICA PITAGORICA

    E dopo aver detto altre cose sulla propriet del movi-mento sonoro di essere regolato da intervalli, egli riassumeil suo discorso cos: Che dunque i suoni acuti hanno motipi rapidi, e quelli gravi pi lenti, un fatto che risultachiaro da molti esempi.

    Le prime due testimonianze cintroducono alproblema di come intendere la consonanza (sum-fwnia) di due suoni dal punto di vista fisico, que-stione che dovette sorgere prestissimo nella scuolapitagorica, se non verosimilmente essere anterioread essa. Il passo del De sensu di Aristotele testimo-nia di una disputa tra i teorici musicali: era ammis-sione comune che i due suoni di una consonanza,in origine distinti, sono percepiti dalludito final-mente come un unico suono, dal quale fenomenoderivava anche il nome di sumfwnia (suono simul-taneo); ma, stando ad Aristotele, cera chi mettevain dubbio una tale spiegazione basata sul sensocomune, sostenendo che i due suoni, pur essendopercepiti simultaneamente, in realt giungonoallorecchio in due istanti distinti, bench talmentevicini da sembrare appunto coincidenti. Ora, que-sta obiezione muoveva proprio da quella teoria cuiabbiamo accennato poco sopra, e cio dal fatto cheai suoni di diversa altezza tutti i teorici attribuivanovelocit di propagazione differenti, e precisamenteconsideravano pi veloci i suoni acuti, pi lenti igravi. Questa teoria, da Teone di Smirne attribuita

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  • ad Archita (test. 3), la si ritrova identica in un deci-sivo frammento del Tarantino, riportato da Porfirio(test. 4). Dobbiamo tuttavia notare, per evitareequivoche attribuzioni, che il frammento B 1 diArchita in realt esso stesso, a nostro avviso, unatestimonianza su teorie e personaggi anteriori adArchita: nella parte che precede il passo da noi cita-to, Archita elogia i contributi che gli antichi studio-si hanno apportato alle discipline matematiche (lequattro scienze sorelle: astronomia, aritmetica, geo-metria e musica), prima di esporre in dettaglio leloro teorie di fisica del suono architei possonoessere considerati al massimo alcuni degli esempiche illustrano e giustificano quelle teorie7. Il conte-nuto essenziale del frammento B 1 di Archita non certamente ascrivibile a una personale scoperta delfilosofo di Taranto: egli fin troppo esplicito nellin-dicare i padri di tali scoperte negli studiosi di scien-ze matematiche (oi| peri ta maqhmata), cio neipitagorici che lo hanno preceduto8. Anteriore adArchita, dunque, la teoria del suono come movi-

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    7 Cfr. A. Olivieri, Su Archita tarantino, in Civilt grecadellItalia Meridionale, Libreria Scientifica Editrice, Napoli1931, pp. 74-79.

    8 Espressioni come paredwkan a|mi%n, e\skeyanto, e"fan, chehanno tutte come soggetto oi| peri ta maqhmata, fanno chiaroriferimento agli antichi pitagorici precursori di Archita, a quel-li che prima di lui si sono occupati di astronomia, aritmetica,geometria e musica, considerandole scienze sorelle in virt delfatto che tutte mettono capo al numero. Uno scolio greco al

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    mento, anteriore ancora la teoria delle differentivelocit di propagazione dei suoni di diversa altez-za: un urto potente muove laria circostante conmaggior veemenza, imprimendole maggiore velocite provocando in tal modo un suono pi acuto rispet-to a un urto debole che, movendo meno aria e conminore velocit, genera un suono pi grave.

    Questa teoria la ritroviamo pressoch identicanel Timeo di Platone, n ci pu stupire, vista la fre-quenza con cui nel pensiero platonico si affaccianomotivi di manifesta derivazione pitagorica:

    In base a questo principio [del movimento impressoallaria] si devono spiegare i fenomeni che riguardano leventose mediche, la deglutizione e la traiettoria dei corpiche vengono sollevati in aria o rotolano sulla terra, e anco-ra i suoni che possono apparire rapidi o lenti, acuti o gravi,che ora sono discordanti perch non si accordano con ilmovimento che essi provocano in noi, ora in accordo per-ch vi uniformit. Quando infatti i movimenti dei suonimossi per primi e pi rapidi stanno per cessare e farsi simi-li ai suoni pi lenti, questi li raggiungono e giungendo dopo

    Timeo (24 c) di Platone spiega il termine maqhmata cos: gewme-tria, a\stronomia, logistikh, a\riqmhtikh kai ai| tautaiv sugge-nei%v, (M. Naddei Carbonara, Gli scolii greci al Timeo di Platone,Ferraro, Napoli 1979, p. 28): queste discipline sono dette sug-genei%v perch hanno un genov comune, il numero appunto. Diopinione affatto diversa M. Timpanaro Cardini, Pitagorici...cit., vol. II, p. 326, in nota, e p. 365, in nota, secondo la quale adArchita andrebbe ascritta lintuizione che laltezza del suonodipende direttamente dalla velocit del movimento.

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  • imprimono un altro nuovo movimento, e quando li rag-giungono non li turbano, perch non imprimono un diver-so movimento, ma linizio del movimento pi lento vienead assimilarsi a quello del pi rapido che finisce, procuran-do ununica impressione che deriva dal combinarsi delsuono acuto con quello grave9.

    Platone intende spiegare le ragioni acustiche efisiologiche del fenomeno della consonanza, e a talescopo ricorre proprio alla teoria delle velocit dipropagazione dei movimenti sonori. Questo passoplatonico offre una soluzione del problema di fisicadel suono contenuto nel De sensu aristotelico. Al dil degli errori contenuti in questa spiegazione, chenon tiene conto del fatto che i suoni anche di diver-sa altezza si propagano tutti alla stessa velocit (nPlatone poteva saperlo), essa testimonia di unpostulato per quei tempi imprescindibile per chi sifosse accinto a trattare il fenomeno suono: ai suoniacuti corrispondono movimenti sonori di maggiorevelocit, di minore ai suoni gravi. Quelli citati nelDe sensu, ai quali Platone sispira per la sua teorianel Timeo, vale a dire coloro che come dice Ari-stotele si sono occupati dello studio delle conso-nanze (tinev tw%n peri tav sumfwniav), cio i pita-gorici e Archita fra loro, pensarono di risolvere ilserio problema delle consonanze ricorrendo a undifetto di percezione: la velocit dei suoni talmen-

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    9 Tim. 79 e-80 b. 729

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    te elevata e che sia cos lo si ricava facilmenteconsiderando che il suono prodotto da una cordaviene percepito praticamente nello stesso istante incui prodotto, bench logicamente e cronologica-mente si debba ammettere tra i due eventi una suc-cessione dicevamo, la velocit dei suoni talmen-te elevata che lo scarto temporale tra i due suoni diuna consonanza non pu essere avvertito, e perciessi sembrano simultanei.

    Platone attinse la teoria del suono come movi-mento dallambiente culturale pitagorico: nonsarebbe troppo supporre che ancora una voltaArchita sia stato lintermediario tra la scuola elAteniese. E altrettanto evidente lorigine delleteorie fisiologiche utilizzate da Platone nel passodel Timeo: esse risalgono ai medici del V sec., inparticolare se ne trova uneco in una testimonianzadi Teofrasto sul pensiero di Alcmeone, tradizional-mente considerato vicino al primo pitagorismo:

    Dice che si ode mediante le orecchie perch in esse cvuoto (kenon); questo risuona (a sua volta la voce vieneemessa da una cavit) e laria la ripercuote10.

    Il vuoto che Alcmeone diceva esserci nella cavitauricolare evidentemente laria, che in comunica-zione con laria esterna e da essa riceve il movimen-

    10 VS 24 A 5 DK. Cfr. anche VS 24 A 6 DK.

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  • to. Questinterpretazione suffragata da unanalogateoria presente nel De anima di Aristotele:

    Il vuoto si dice giustamente causa determinante del-ludire perch si crede che il vuoto sia laria e questa pro-duce ludire quando posta in movimento essendo conti-nua e una []. C dellaria naturalmente unita allorganodelludito e, per essere lorecchio nellaria, quando mossalaria esterna, mossa quella interna11.

    Non possiamo dire se la fisiologia del Timeofosse condivisa anche da Archita, perch le fontinon ci permettono di avanzare unipotesi al riguar-do. Tuttavia si pu affermare con certezza assolutache Archita abbia almeno riconosciuto nellaria ilmezzo di propagazione del suono; crediamo dipoter sostenere una tale tesi, perch essa suppor-tata da una serie di prove indirette: prima fra tutteil passo su Alcmeone, ricordato poco sopra, nel

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    11 De anima 8, 420 a. La stessa teoria contenuta nel nume-ro 29 dei Problemi di fonazione e acustica di scuola aristotelica(Aristotele, Problemi di fonazione e acustica, a cura di G.Marenghi, Libreria Scientifica Editrice, Napoli 1962, p. 55):Perch sbadigliando si sente meno? La ragione non sar chemolto del fiato emesso nello sbadiglio va a finire anche entro leorecchie, s che il movimento, che questo fiato provoca nelcondotto uditivo, avvertito distintamente dal senso, special-mente al risveglio? Il suono aria o modificazione di essa. Ora,il suono esterno entra nellorecchio mentre quello interno locontrasta, e per lo spostamento di aria (interna) respinge ilmovimento e il suono esterno.

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    quale si afferma che la percezione uditiva resapossibile dalla trasmissione del movimento sonorodallaria esterna allaria interna alla cavit auricola-re: se questa teoria accolta immutata nel Deanima di Aristotele, crediamo dovesse godere diindiscussa autorit. Ma argomenti probanti per lanostra tesi risultano essere gli esempi che lo stessoArchita riporta nel VS 47 B 1 DK (test. 4): se ilsuono prodotto da un urto, la verga che vienefatta oscillare in aria cosa urta, se non laria? Laria,dunque, in questo come negli altri casi, il mezzodi propagazione del suono: Archita riteneva che leparticelle di aria, urtandosi tra di loro, trasmettonoil suono sino allorecchio e al cervello. Del restoquesta teoria ci pare sottintesa anche nel Timeo pla-tonico; ma dov illustrata con assoluta nettezza in due testi aristotelici: nel numero 6 dei Problemidi fonazione e acustica e nel De anima (8, 420 a):

    [] Lo spostamento daria produce il suono (o| a\hr o|feromenov poiei% ton yofon); e come ci che per primo hamosso laria causa suono, cos occorre che faccia a sua voltalaria mossa, e sempre ci sia aria che muove ed altra che mossa. Perci il suono continuo, in quanto aria moventesottentra ininterrottamente ad aria movente, finch non siesaurisca il processo: e questo, nel caso dei gravi, corri-sponde alla caduta, ove laria non sia pi in grado di spin-gere in questo caso la freccia e, nel caso del suono, altraaria. Il suono, infatti, diventa continuo quando aria sospin-ge aria, mentre la freccia procede quando il corpo mossoda aria. In questo caso, quindi, sempre il medesimo

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  • corpo che procede finch cade, e in quello sono strati sem-pre differenti di aria. E allinizio corpi pi piccoli si muovo-no pi velocemente, ma per poco: perci le voci da lonta-no sono pi acute e sottili, ch moto pi veloce d suonoacuto, come si gi discusso12.

    Sonoro dunque il corpo capace di muovere unamassa di aria che sia una per continuit fino alludito.

    In riferimento alla teoria secondo cui laltezzadei suoni varia al variare della loro velocit di pro-pagazione, la testimonianza aristotelica del De sensucompleta il passo platonico del Timeo: a chi avesseobiettato che il suono pi veloce e acuto, giungen-do allorecchio prima del suono lento e grave,dovrebbe esser percepito distintamente prima difondersi con laltro suono in un terzo suono (la con-sonanza appunto), si sarebbe potuto rispondereche lintervallo di tempo tra larrivo dei due suoni talmente piccolo, bench reale, da sembrare inesi-stente per lorecchio. Proprio in quanto la teoriaimponeva lesistenza di uno scarto temporale tralarrivo dei due suoni, si doveva risolvere il proble-ma, e lo si risolse facendo appello allinsufficienzadella facolt uditiva, quella stessa insufficienza

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    12 Quasi tutti i Problemi di fonazione e acustica sono risoltiadducendo come argomentazione il principio dellaria che,mossa pi o meno velocemente, d suoni pi o meno acuti.Cfr. soprattutto il probl. 29: il suono aria o modificazione diessa (o| de fqoggov a\hr, h! paqov a\erov, e\stin).

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    deprecata da Archita nel passo riportato da Porfirio(test. 4), a causa della