MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

15
Fa piacere al nostro piglio patriottico (perlomeno a chi ce l’ha) constatare che alcuni artisti italiani abbiano imposto la loro arte in tutto il mondo. Un esempio su tutti è quello di Ennio Morricone, per- sonaggio burbero ma geniale, schivo quanto preparato e creativo al quale per- doniamo la scontrosità in cambio di intramontabili melodie. Anche Pavarotti ha portato nel mondo uno stile inconfon- dibile, pure se il fisco non perdonò i suoi torti in cambio di note vibranti. Tuttavia, Pavarotti rimane un cantante straordinario in grado di fondere la pro- pria voce con quella dell’orchestra, non un artista - termine che etimologicamen- te ha un’accezione legata al momento creativo, al «dar principio a qualcosa», riferibile quindi al compositore - ma sicuramente un grandissimo interprete di cui andare fieri. Esistono però anche dei fenomeni che solo in Italia trovano spazio, probabilmente dovuti alla scarsa cultura musicale che contraddistingue la nostra gente e la porta ad apprezza- re musica il cui collocamento più adatto sarebbe negli ascensori, pos- sibilmente per pochi piani. Preso da una smaniosa volontà di appro- fondire ho cominciato a scaricare musica dal web; è un utilizzo dei mezzi informatici che ritengo giusto se il fine è quello di conoscere la musica prima di comprarla. Ho trovato diversi brani ad esempio di Ludovico Einaudi, un pianista italiano molto noto, sulla cui carriera ha forse anche influito il cognome altisonante e i salotti che si porta dietro. Certo, spacciare queste note per «musica colta» è un’offesa a Beethoven, Bach e Schoenberg, spacciarla per musica di qualità dipende dalla norma ISO 9001 di riferimento, spacciarla per «musica intellettuale» poi cosa significa? Che viene apprezzata nei salotti bene? Allora definiamola musica da salotto. Ho ascoltato I Giorni, Le Onde e altri brani, forse è proprio vero quello che malignamente si sussurra nei salotti Ikea, quelli del popolo: «Questo musicista usa solo i tasti bianchi». Per i non musicisti garantisco che è un’espressione che non suona come un complimento, tradisce una sciattezza creativa e una banalità tematica che neanche uno studente di musica di 2° anno riuscirebbe a giustificare in una propria composizione. Anche altri suoi pezzi hanno suscitato la stessa sensazione, ricordandomi certa musica new age degli anni Novanta, che però era volutamente concepita in manie- ra sempliciotta ed essenziale, ossessivamente ripetitiva e asettica in quanto destinata a fare da sottofondo ad altre attività e non ad avere una valenza artistica autonoma. CONTINUA NELLA PAGINA JAZZ&BLUES FENOMENI TUTTI ITALIANI MA SOLO ITALIANI Non è morto solo lui, il tenore, anche se è ciò che vogliono far credere sotterrando quegli altri con una pala bella grossa. Ci sono altri artisti a un palmo da terra, freddi. Due a caso, Joe Zawinul e Maxwell Lemuel Roach. Fresco fresco Luca Giacometti, chi- tarrista dei Modena City Ramblers, schiantatosi su un guard rail la notte del 5 ottobre. Sul colpo, non una morte elegante né annunciata quanto quella toc- cata a Luciano Pavarotti o al pianista austriaco Zawinul, che hanno entrambi simpatizzato con il cancro. Né quanto quella da idrocefalo di Max Roach, uno che dormiva mentre moriva. Nel silenzio e nel sonno come coloro che, dovendo ricordarlo, lo hanno passato in cavalleria: e allora grazie al monopolio, grazie a chi decide chi deve morire e chi no. Ma grazie, soprattutto, alla morte, che ha coperto gli spazi vuoti delle testate e ne ha lasciati altri, quella stessa che consente di ricordare la mortalità di un immortale. Sarà d’accordo per una volta con me Benedetto XVI quando dico che morto un papa se ne fa un altro. Ci sono brani, però, che una volta scritti restano come fossero Dna a dimostrare la teoria darwiniana dell’evoluzione della specie, quella selezione naturale che avviene sugli incapa- ci, sugli inadatti, sulle code che non servono e sui denti del giudizio. Restano note come Dna nei nostri geni, come quan- do Elvis Presley interpretò pezzi innovativi e ben scritti o quattro ragazzotti schitarrarono a Liverpool. Come quando un’Édith molto simile a un passerot- to, piccola, sfortunata, si esibiva nei campi di con- centramento per i prigionieri di guerra e, nonostante questo, riusciva a scrivere che la vita era rosa. Poi ci sono pezzi che fruttano milioni di dollari e, contandoli, sembra quasi che la morte non li sfiori. Ma che sono immortali al pari di una coda che pro- prio non serve. Sono immortali per quei trenta minuti di una vita intera in cui la coda serve per sco- dinzolare, ossia trenta minuti di felicità fasulla. Perché non è più lunga, non è di più, non è vera comunque. Trenta minuti e poi la coda sparisce dalla specie. Così il brano da milioni di dollari, il tempo di ascoltarlo, canticchiarlo, scaricarlo, sparisce natu- ralmente. Diventa come un osso che di sacro non ha niente. Siamo ciò che ci tramandano e stiamo tra- mandando male. Nel Dna resta Bohemian Rapsody, resta New York New York, resta un duetto tra Louis Armstrong e Aretha Franklin. Generazioni future, inconsapevoli, avranno un pelo cresciuto direttamente dal genoma di My Funny Valentine e un carattere forgiato dall’Arte della Fuga di Johannes Sebastian Bach. C’è qualcuno che una mattina si è alzato e ha scrit- to un molare come Take The A Train, un dente che mastica, che nessuno consiglia di togliere anche se fa male come una canzone d’amore. C’è qualcuno che ha composto ossi sacri che, sacri, per quanto inutili, restano nell’orecchio a ricordo di un’era mentre l’era è crollata tutta con la coda, e risbuca come un motivetto nella doccia proprio come il dolore agli arti torna durante un cambio di stagione. È in natura, è già dentro la specie. C’è qualcuno che ha lavorato come Dio e ha creato una coda utile, felicità che dura più di trenta minuti: questi sono gli immortali, quelli che prima che arte facevano scienza perché conoscevano il cuore, prima che arte facevano psicologia perché curavano l’anima, prima che arte facevano musica perché la studiavano prima di essere musicisti. C’è chi una mattina si è svegliato e ha composto Imagine, e chi non si è svegliato proprio. E un po’ li invidio entrambi. LA CODA CHE NON SERVE Direttore Responsabile SALVATORE MASTRUZZI Direttore STEFANO MASTRUZZI Condirettore ROMINA CIUFFA Redazione Romina CIUFFA [email protected] Flavio FABBRI [email protected] Rossella GAUDENZI [email protected] Valentina GIOSA [email protected] Roberta MASTRUZZI [email protected] Corinna NICOLINI [email protected] Progetto grafico e impaginazione Romina CIUFFA Logo Caterina MONTI Redazione Via Cimarra 19/b 00184 Roma Tel 06.4870.017 Fax 06.4891.3051 Mail [email protected] Marketing e Pubblicità Mail [email protected] Tipografia Litografica Iride Srl Via della Bufalotta 224, Roma Anno I n. 2 Ottobre-Novembre 2007 Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 349 del 20 luglio 2007 PERIODICO DI INFORMAZIONE, ATTUALITÀ E CULTURA MUSICALE A CURA DEL SAINT LOUIS COLLEGE OF MUSIC STEFANO MASTRUZZI EDITORE Romina Ciuffa Sono quelli da salotti Ikea, cui è dedicata la musica dei tasti bianchi, dove maturano fenomeni senza spessore che in Italia si impongono come suonerie da cellulare mentre squilla il telefono. Sono quelli che ci ricordano quanto indietro sono l’educazione musicale italiana, gli investimenti nel settore e il mercato dei sottobicchieri da tavola SOUND SOUND t t r r a a c c k k i i n n g g CLASSICA &opera MUSIC AL AL L L EDGE AND AND BACK BACK Ottobre-Novembre 2007 Periodico di informazione, attualità e cultura musicale a cura del Saint Louis College of Music

description

www.musicin.eu PERIODICO DI INFORMAZIONE, ATTUALITÀ E CULTURA MUSICALE A CURA DEL SAINT LOUIS COLLEGE OF MUSIC www.slmc.it Editore STEFANO MASTRUZZI Direttore Responsabile SALVATORE MASTRUZZI Direttore ROMINA CIUFFA Redazione Romina CIUFFA [email protected] Flavio FABBRI [email protected] Rossella GAUDENZI [email protected] Valentina GIOSA [email protected] Roberta MASTRUZZI [email protected] Corinna NICOLINI [email protected] Redazione Via del Boschetto,106 - 00184 Roma Tel 06.4544.3086 Fax 06.4544.3184 Mail [email protected] Marketing e Pubblicità Mail [email protected] Anno II n. 4 Febbraio-Marzo 2008 Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 349 del 20 luglio 2007 (less)

Transcript of MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

Page 1: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

Fa piacere al nostro piglio patriottico(perlomeno a chi ce l’ha) constatare chealcuni artisti italiani abbiano imposto laloro arte in tutto il mondo. Un esempiosu tutti è quello di Ennio Morricone, per-sonaggio burbero ma geniale, schivoquanto preparato e creativo al quale per-doniamo la scontrosità in cambio diintramontabili melodie. Anche Pavarottiha portato nel mondo uno stile inconfon-dibile, pure se il fisco non perdonò i suoitorti in cambio di note vibranti. Tuttavia, Pavarotti rimane un cantantestraordinario in grado di fondere la pro-pria voce con quella dell’orchestra, nonun artista - termine che etimologicamen-te ha un’accezione legata al momentocreativo, al «dar principio a qualcosa»,

riferibile quindi al compositore - ma sicuramente un grandissimointerprete di cui andare fieri. Esistono però anche dei fenomeni chesolo in Italia trovano spazio, probabilmente dovuti alla scarsa culturamusicale che contraddistingue la nostra gente e la porta ad apprezza-re musica il cui collocamento più adatto sarebbe negli ascensori, pos-sibilmente per pochi piani. Preso da una smaniosa volontà di appro-

fondire ho cominciato a scaricare musica dal web; è un utilizzo deimezzi informatici che ritengo giusto se il fine è quello di conoscere lamusica prima di comprarla. Ho trovato diversi brani ad esempio diLudovico Einaudi, un pianista italiano molto noto, sulla cui carrieraha forse anche influito il cognome altisonante e i salotti che si portadietro. Certo, spacciare queste note per «musica colta» è un’offesa aBeethoven, Bach e Schoenberg, spacciarla per musica di qualitàdipende dalla norma ISO 9001 di riferimento, spacciarla per «musicaintellettuale» poi cosa significa? Che viene apprezzata nei salottibene? Allora definiamola musica da salotto. Ho ascoltato I Giorni, LeOnde e altri brani, forse è proprio vero quello che malignamente sisussurra nei salotti Ikea, quelli del popolo: «Questo musicista usa soloi tasti bianchi». Per i non musicisti garantisco che è un’espressione che non suonacome un complimento, tradisce una sciattezza creativa e una banalitàtematica che neanche uno studente di musica di 2° anno riuscirebbe agiustificare in una propria composizione. Anche altri suoi pezzihanno suscitato la stessa sensazione, ricordandomi certa musica newage degli anni Novanta, che però era volutamente concepita in manie-ra sempliciotta ed essenziale, ossessivamente ripetitiva e asettica inquanto destinata a fare da sottofondo ad altre attività e non ad avereuna valenza artistica autonoma.

CONTINUA NELLA PAGINA JAZZ&BLUES

FFEENNOOMMEENNII TTUUTTTTII IITTAALLIIAANNII MMAA SSOOLLOO IITTAALLIIAANNII

Non è morto solo lui, il tenore, anche se è ciò chevogliono far credere sotterrando quegli altri con unapala bella grossa. Ci sono altri artisti a un palmo daterra, freddi. Due a caso, Joe Zawinul e MaxwellLemuel Roach. Fresco fresco Luca Giacometti, chi-tarrista dei Modena City Ramblers, schiantatosi suun guard rail la notte del 5 ottobre. Sul colpo, nonuna morte elegante né annunciata quanto quella toc-cata a Luciano Pavarotti o al pianista austriacoZawinul, che hanno entrambi simpatizzato con ilcancro. Né quanto quella da idrocefalo di MaxRoach, uno che dormiva mentre moriva. Nel silenzio e nel sonno come coloro che, dovendoricordarlo, lo hanno passato in cavalleria: e allora

grazie al monopolio, grazie a chidecide chi deve morire e chi no.Ma grazie, soprattutto, alla morte,che ha coperto gli spazi vuotidelle testate e ne ha lasciati altri,quella stessa che consente diricordare la mortalità di unimmortale. Sarà d’accordo per una volta conme Benedetto XVI quando dicoche morto un papa se ne fa unaltro. Ci sono brani, però, che una

volta scritti restano come fossero Dna a dimostrarela teoria darwiniana dell’evoluzione della specie,quella selezione naturale che avviene sugli incapa-ci, sugli inadatti, sulle code che non servono e suidenti del giudizio. Restano note come Dna nei nostri geni, come quan-do Elvis Presley interpretò pezzi innovativi e benscritti o quattro ragazzotti schitarrarono a Liverpool.Come quando un’Édith molto simile a un passerot-to, piccola, sfortunata, si esibiva nei campi di con-centramento per i prigionieri di guerra e, nonostantequesto, riusciva a scrivere che la vita era rosa. Poi ci sono pezzi che fruttano milioni di dollari e,contandoli, sembra quasi che la morte non li sfiori.Ma che sono immortali al pari di una coda che pro-prio non serve. Sono immortali per quei trentaminuti di una vita intera in cui la coda serve per sco-dinzolare, ossia trenta minuti di felicità fasulla.Perché non è più lunga, non è di più, non è veracomunque. Trenta minuti e poi la coda sparisce dallaspecie. Così il brano da milioni di dollari, il tempodi ascoltarlo, canticchiarlo, scaricarlo, sparisce natu-ralmente. Diventa come un osso che di sacro non haniente. Siamo ciò che ci tramandano e stiamo tra-mandando male. Nel Dna resta Bohemian Rapsody, resta New York

New York, resta un duetto tra Louis Armstrong eAretha Franklin. Generazioni future, inconsapevoli,avranno un pelo cresciuto direttamente dal genomadi My Funny Valentine e un carattere forgiatodall’Arte della Fuga di Johannes Sebastian Bach.C’è qualcuno che una mattina si è alzato e ha scrit-to un molare come Take The A Train, un dente chemastica, che nessuno consiglia di togliere anche sefa male come una canzone d’amore. C’è qualcuno che ha composto ossi sacri che, sacri,per quanto inutili, restano nell’orecchio a ricordo diun’era mentre l’era è crollata tutta con la coda, erisbuca come un motivetto nella doccia propriocome il dolore agli arti torna durante un cambio distagione. È in natura, è già dentro la specie. C’è qualcuno che ha lavorato come Dio e ha creatouna coda utile, felicità che dura più di trenta minuti:questi sono gli immortali, quelli che prima che artefacevano scienza perché conoscevano il cuore,prima che arte facevano psicologia perché curavanol’anima, prima che arte facevano musica perché lastudiavano prima di essere musicisti. C’è chi una mattina si è svegliato e ha compostoImagine, e chi non si è svegliato proprio. E un po’ liinvidio entrambi.

LLAA CCOODDAA CCHHEE NNOONN SSEERRVVEE

Direttore ResponsabileSALVATORE MASTRUZZI

DirettoreSTEFANO MASTRUZZI

CondirettoreROMINA CIUFFA

RedazioneRomina CIUFFA [email protected] FABBRI [email protected] GAUDENZI [email protected] GIOSA [email protected] MASTRUZZI [email protected] NICOLINI [email protected]

Progetto grafico e impaginazioneRomina CIUFFALogo Caterina MONTI

RedazioneVia Cimarra 19/b00184 RomaTel 06.4870.017Fax 06.4891.3051Mail [email protected]

Marketing e PubblicitàMail [email protected]

TipografiaLitografica Iride SrlVia della Bufalotta 224, Roma

Anno I n. 2 Ottobre-Novembre 2007

Registrazione presso il Tribunale di Roman. 349 del 20 luglio 2007

PERIODICO DI INFORMAZIONE, ATTUALITÀ E CULTURA MUSICALE A CURA DEL SAINT LOUIS COLLEGE OF MUSIC

STEFANOMASTRUZZI EDITORE

Romina Ciuffa

Sono quelli da salotti Ikea, cui è dedicata la musica dei tasti bianchi, dove maturano fenomeni senza spessore chein Italia si impongono come suonerie da cellulare mentre squilla il telefono. Sono quelli che ci ricordano quantoindietro sono l’educazione musicale italiana, gli investimenti nel settore e il mercato dei sottobicchieri da tavola

SSOOUUNNDDSSOOUUNNDDttttrrrraaaacccckkkk iiii nnnngggg

CCLLAASSSSIICCAA&opera

MMUUSSIICCALALLL

EEDDGGEEANDAND BACKBACK

Ott

obre

-Nov

embr

e 2

00

7

Per

iodi

co d

i inf

orm

azio

ne, a

ttua

lità

e cu

ltur

a m

usic

ale

a cu

ra d

el S

aint

Lou

is C

olle

ge o

f M

usic

Page 2: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

Music In Ottobre Novembre 2007

PIANO, SOLO Luca Flores eKim Rossi Stuart come uno, solo.

DIETRO LE QUINTE Qualcuno haspiegato a Stuart come essere Flores.Principalmente Principato.

QUENTIN TARANTINO Ilmago del Nerve che fischietta

SSOOUUNNDDSSOOUUNNDDttttrrrraaaacccckkkk iiii nnnngggg

lores era un grande musicista. Uno di quelli chesuonava ogni nota come se fosse l’ultima, proprio

come egli stesso definiva i musicisti che amava ascoltare».A parlare è Pierpaolo Principato, il maestro che ha avuto ilcompito di preparare Kim Rossi Stuart ad interpretare ilruolo di Luca Flores e di assisterlo durante le riprese percurare i play-back delle esecuzioni pianistiche. Grande pia-nista jazz, racconta la sua esperienza come insegnante dipianoforte sul set del film «Piano,solo».

Come è stato «vedere» un film da «dietro le quinte? Assisterealle riprese è stata un’esperienza interessante perché ti permette di scoprire i segreti che stannodietro la costruzione di una storia. Dall’interno comprendi meglio la grande fatica fisica ed emo-tiva che accompagna la realizzazione di un film. La cosa più intensa è l’emozione che suscita il«ciak» e la ripresa di una scena, quando tutti in pochi minuti devono dare il massimo.

Quali sono state le difficoltà maggiori? L’unica reale difficoltà era legata al poco tempo a dispo-sizione per la preparazione. Questo ci ha costretto a trascurare un pò lo studio della tecnica el’impostazione e a lavorare direttamente sulle musiche del film cercando di raggiungere il mas-simo di credibilità possibile. In questo devo dire che Kim Rossi Stuart ha dimostrato di avereun grande talento ed un grande spirito di osservazione ed emulazione. Ciò gli ha consentito diinterpretare al meglio un ruolo così difficile e in così poco tempo. Tra l’altro ha imparato a suo-nare l’intero brano dell’ultima esecuzione in studio, How Far Can You Fly.

C’è differenza nell’insegnamento quando si tratta di preparare un attore ad interpretare un perso-naggio realmente esistito? C’è una grande differenza. Abbiamo dovuto trascurare aspetti legatiallo studio dello strumento per favorire quelli che portassero alla maggiore aderenza possibileal personaggio. Abbiamo concentrato l’attenzione sulle zone del pianoforte in cui la musica simuoveva e cercato di adeguare gli atteggiamenti del corpo, ispirandoci allo stile di Flores. Kimha approfondito l’osservazione dei suoi modi di muoversi, sia come pianista che come uomo.

Hai mai incontrato Flores? Ho conosciuto Flores nel 1987, durante il Festival della Versiliana incui ho suonato con il Quartetto «Jazz Union». Luca suonava tutte le sere nello spazio «JazzClub». Andai a sentirlo il giorno prima del nostro concerto e ne rimasi affascinato: suonavabenissimo! Quella sera tra il pubblico c’era anche Herbie Hancock il quale, piacevolmente col-pito dalla sua esecuzione, andò di persona a complimentarsi con lui. Questa cosa mi emozionòmolto. Posso dire di averlo conosciuto a distanza perché non ho poi avuto modo di parlarci, maho ben scolpite nei miei ricordi le emozioni di quella sera.

Nel film emerge il legame di Flores con l’Africa dove ha trascorso l’infanzia e dove torna da adultodopo un momento di crisi, ci sono influenze di quella terra nella sua musica? Le influenze africanesi sentono già nel jazz in sè. In particolare, in alcune sue composizioni mi sembra si colgano gliechi di quella terra, come ad esempio nei brani del disco Love For Sale. Luca Flores considera-va la musica un linguaggio universale, forse per lui l’unico modo per esprimere le sue emozio-ni Ho apprezzato molto in lui la grande padronanza armonica e soprattutto quell’atteggiamen-to di chi non si accontenta ma cerca sempre il massimo della profondità nella musica: il gusto,il tocco, il fraseggio ricercato, carico di intensità e sofferenza.

PIERPAOLO PRINCIPATO

mmaginate. Un assolato paesaggio americano. Una lunga strada pol-verosa e una meta lontana da raggiungere. Una macchina anni 70 coni sedili in pelle e una radio per tenervi compagnia. Come sottofondo

musicale la colonna sonora dell’intera filmografia di Quentin Tarantino.Siete pronti? Che il viaggio abbia inizio.La scelta del primo brano è fondamentale. È lo stesso regista a sottoline-arlo: «Non riesco ad andare avanti nella scrittura di una sceneggiatura senon so quale sarà la musica d’apertura. È la musica che mi fa entrare nel-l’atmosfera e nel ritmo di un film». E allora potete scegliere: la voce diNancy Sinatra che con sommessa malinconia canta Bang Bang e ci ripor-ta alla mente la figura di Uma Thurman in abito da sposa e la strage ini-ziale di Kill Bill durante i preparativi delle nozze. Oppure, la chitarra diThe Last Race di Jack Nitzsche, il brano che dà inizio a Grindhouse - AProva Di Morte, immaginando di avere accanto una delle terribili prota-goniste dell’ultimo lavoro di Tarantino, rigorosamente a piedi nudi. Per ipiù ribelli, Misirlou, la canzone che accompagna i titoli di testa di “ulpFiction, preannuncia un film carico di pallottole, vendette, rapine.Pensare che il brano lanciato negli anni 60 dai Dick Dale & The DelTones era originariamente un antico canto liturgico ebraico. Questo è pro-prio il punto di forza del regista americano.Scegliere la musica che meglio si adatta alla scena e fonderla con essafino a creare un legame indissolubile. E chi ricorda più che You NeverCan Tell era cantata da Chuck Berry? Ora è per tutti il ballo più famosodella storia del cinema: Uma Thurman e John Travolta che si esibisconoin un twist spettacolare. Perché nei film di Tarantino la musica è il valo-re aggiunto. A volte basta poco, come il motivo fischiato da DarylHannah in Kill Bill (Twisted Nerve di Bernard Hermann). Ed è così chela donna dall’occhio bendato assume una sfumatura più inquietante.

E come per magia, mentre l’asfalto scorre sotto di noi e la radio continua ad accompa-gnarci, tutto si trasforma. La musica surf non ci fa più pensare ai falò e alle spiaggie dellaCalifornia, ma agli spietati killer di Pulp Fiction. E con sorpresa scopriamo un pezzo delnostro passato tra le note che accompagnano gli inseguimenti automobilistici diGrindhouse. Franco Micalizzi (Italia A Mano Armata), i fratelli De Angelis (La PoliziaIncrimina, La Legge Assolve) ed Ennio Morricone (Il Gatto A Nove Code e L’UccelloDalle Piume Di Cristallo di Dario Argento). Musica per le orecchie dei nostalgici che rim-piangono i film polizieschi italiani degli anni 70. La musica nel cinema di Tarantino torna anche nei dialoghi. Indimenticabile la discussio-ne tra le Iene su quale sia il vero significato del testo di Like A Virgin di Madonna: ragaz-za romantica che scopre l’amore per la prima volta o ninfomane insoddisfatta? Il segreto è cogliere il lato ironico della vita. Il cinema è per Tarantino prima di tutto purodivertimento. E anche la violenza, portata al suo estremo, diventa surreale e a suo mododivertente. E mentre il viaggio sta per terminare, torna in mente il sermone che SamuelL. Jackson, killer pentito, recita alle sue vittime. Spari finali. Buio in sala. Silenzio. Giuntia destinazione. (RM)

a cura di ROBERTA MASTRUZZI

HHOO INSEGNATOINSEGNATO AA KKIMIM RROSSIOSSI SSTUARTTUARTAA SUONARESUONARE ILIL PIANOPIANO

HHOO INSEGNATOINSEGNATO AA KKIMIM RROSSIOSSI SSTUARTTUARTAA SUONARESUONARE ILIL PIANOPIANO

«F

LLUCAUCA FFLORESLORES::VVITAITA BBREVEREVE DIDI UNUNPPIANOIANO, S, SOLOOLO

LLUCAUCA FFLORESLORES::VVITAITA BBREVEREVE DIDI UNUNPPIANOIANO, S, SOLOOLO

infanzia trascorsa in Africa e ilricordo della madre scompar-sa, l’incontro con il jazz e la

scoperta dell’amore, e poi il pianoforte,croce e delizia. La musica dove rinchiu-dersi per non affrontare il dolore, rifugiotroppo accogliente che lo porterà adistaccarsi da tutto e da tutti. Questa èla storia di Luca Flores, pianista jazz.«Piano, solo» di Riccardo Milani è il filmispirato alla sua vita, interpretato daKim Rossi Stuart con Paola Cortellesi,Michele Placido e Jasmine Trinca. Il sog-getto nasce da un libro di WalterVeltroni, che ipnotizzato dalle note diHow Far Can You Fly?, il brano inciso daFlores pochi giorni prima del suo sucidio,decide di scrivere la biografia dell’artistascomparso a soli 40 anni. Ripercorre lasua vita attraverso i ricordi degli amici,le interviste ai familiari, le lettere scrittedallo stesso Luca e racchiude tutto nellibro «Il disco del mondo. Vita breve diLuca Flores, musicista». La storia delgrande pianista che ha suonato conChet Baker, Dave Holland e MassimoUrbani rivive ora nelle sale cinematogra-fiche. Più che la carriera, è la vita intimadell’artista e la sua estenuante ricercadi un attimo di felicità, ciò che interessaRiccardo Milani, il regista che già nel2003 si interrogava su dove fosse «Ilposto dell’anima», intenso film con SilvioOrlando, operaio in fabbrica che rischia ilposto di lavoro e tra scioperi e lotte sin-dacali ci rimette speranza e salute. Mase nell’opera precedente il dramma sialterna alla commedia, in «Piano, solo»la leggerezza sembra quasi assente. La

storia si fa via via più drammatica, lapassione diventa frenesia, l’amore siconfonde con la pazzia, la musica divental’unico linguaggio possibile. Molto piùdelle parole, è la musica di Flores a rac-contare la sua storia. Un film non puòrestituire la complessità della vita di unuomo. Tanto meno se si tratta di unuomo con un talento fuori dal comune,un mondo interiore complicato e ricco dipensieri inespressi, un dolore costanteche lo accompagna per una vita intera.L’intensa interpretazione di Kim RossiStuart regala però immagini indelebili esignificative, frammenti di vita di unuomo che vive il suo talento da testimo-ne quasi inconsapevole e subisce la real-tà di un mondo moderno che lascia pocospazio agli animi più sensibili, a chi cercala verità prima dell’apparenza. Chi non sirassegna alla solitudine e accusa ilmondo di essere troppo grande e disper-sivo e di allontanare le persone dagliaffetti più cari. Chi pur avendo la fortunadi suonare con i grandi nomi del jazz,preferisce «una casetta di plastica,come quelle dei bambini, per suonarcidentro senza essere visto». Da vero arti-sta, Flores non cercava la notorietà. Alcontrario, provava il desiderio di scom-parire. Decise di farlo prima di diventarequalcuno «da imboccare e portare alsole». Scomparire, per mancanza dicoraggio, per la difficoltà di affrontare larealtà, ma non solo. Scomparire, perlasciar parlare solo la musica. Lasciarlavolare fino a dove troverà ascolto, fino adove ci sarà spazio, fino a chiedersi: HowFar Can You Fly? (Roberta Mastruzzi)

L’

TTAARRAANNTTEELLLLEEAALLLLAA TTAARRAANNTTIINNOO

II

Page 3: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

RAMIN BAHRAMI Cheha fatto della fuga (di Bach)un’arte

NORDGARTEN Un lumi-noso blu dove si trovanoBuckley e De André

THE SILENCE BEFO-RE BACH A Venezia, ilnuovo film di Portabella

MARCELLO ROSAL’incosciente. Il bambino.Un preludio a un bacio.

DAVID SYLVIAN Un unicobrano di 80 minuti. In Giappone

FFEEEEDDFFEEEEDDL’ARTE DELLA FUGA DI BACH INTERPRETATA DA RAMIN BAHRAMI

ffrontare un’opera come la BWV 1080,meglio conosciuta come Die Kunst der

Fuge-L’Arte Della Fuga, composta da unJohann Sebastian Bach malato e prossimoalla morte, non è cosa da poco. Eppure ilgiovane e talentuoso pianista iranianoRahmin Bahrami non ha esitato. Il suo Artedella Fuga (Decca, 2007) presenta la carat-teristica di un’interpretazione coraggiosa eforte, piena di una malinconia avvolgente edi una sicurezza nell’esecuzione che nontradisce fino all’ultimo brano. Coraggio esicurezza, perché questa BWV 1080 è pro-prio l’ultima opera del grande Bach, porta-ta avanti sotto dettatura dal maestro diLipsia, ormai cieco e malato, e nella qualenon ne erano neanche stati specificati glistrumenti per l’esecuzione. La consuetudi-ne prevalente nel tempo ha indicato nel pia-noforte e nel cembalo quelli più idonei, maè fuori di dubbio che questa partiturarimanga nei secoli un oggetto misterioso equindi di difficile esecuzione. Bach morìsenza terminare la Die Kunst der Fuge nel1750, lasciandoci nel dubbio e nell’insicu-rezza espressiva, nonché tecnica. La Fuga

rimane ancora oggi una delle forme del pen-siero musicale occidentale tra le più impor-tanti e Bach ne fece nelle sue note unasumma di arte combinatoria senza preceden-ti ne seguiti. Ecco quindi le platee intuire

questo passo difficoltoso e rispondere conentusiasmo. Rahmin Bahrami ha datoall’opera immortale un’aura trascendenta-le e sognante, una chiave alternativaall’universo bachiano basata sulle trascri-zioni del nobile maestro del piano CarlCzerny (1791-1857), allievo viennese diBeethoven e a sua volta maestro di Liszt.Secondo molti la stella iraniana ha dato aquesti brani il significato di un omaggiopersonale al J. S. Bach suo idolo assoluto. Probabilmente è vero perché questo è unlavoro intenso, tecnicamente impeccabile,con un’interpretazione estremamente emo-tiva che forse ha lasciato un fianco dell’au-tore scoperto alla critica più intransigente.Una nota negativa, se c’è, è da evidenziarenella scelta della Decca di presentareun’opera di tale importanza con una lun-ghezza complessiva di 78 minuti, contro i90 di media degli altri solisti. Una scelta di

mercato si dice, meglio un cd solo che unodoppio, forse remunerativa economicamen-te, ma sconsigliabile in rapporto alla qualitàdelle esecuzioni, in alcuni casi simili a unagaloppata sui tasti. FLAVIO FABBRI

aa

Music In Ottobre Novembre 2007

back

resentato alla 64^ Mostra del Cinema di Venezianella Sezione Orizzonti, Die stille vor Bach (TheSilence Before Bach), l’ultima opera del cineastaspagnolo Pere Portabella è un intenso lavoro emo-

tivo legato all’estetica pura delle melodie eterne del com-positore tedesco.

Johann Sebastian Bach però non è il soggetto di questofilm, né il film è un suo biopic, ma ne è l’oggetto. La suamusica attraversa la pellicola anche con l’esecuzione inpresa diretta eseguita dall’attore ed esecutore ChristianBrembeck. Portabella, da ‘regista Punk’ (da una nota defi-nizione che ne diede un critico), ha cominciato a sforbicia-re la storia del compositore, mantenendo ferma la suamusica. Per poi ricomporla, a prima vista casualmente, inun patchwork spazio-temporale, in cui si alternano perso-naggi e situazioni non collegate ma piene dell’universalitàderivante dalla musica stessa.

Per una volta quindi, non sarà la musica a commenta-re le immagini, ma viceversa. Ecco perché non importase queste ultime non seguono un piano temporale omo-geneo. Perché non sono da seguire le immagini, ma lamusica. Quando Bach arriva con la sua famiglia a Lipsiaper lavorare era ancora un kantor senza un soldo. Lasua era una vita poco agevole ma dignitosa, grazie allasua musica e al suo amore per questa. Poi arrivano iriconoscimenti e il benessere materiali, prima che lastoria decide di inghiottire nell’oblio tutto la sua stermi-nata produzione. Ma la musica non si ferma alla storiae le immagini cominciano a seguire le note di un ronde-au ubriaco passando per la bellissima scena dalle cro-mature eccitanti del macellaio che incarta la carne conlo spartito insanguinato della Passione secondo Matteo(la preferita dallo stesso Bach), finita fortunosamentenelle mani di un giovane Felix Mendelssohn Bartholdy,che ebbe il merito, eseguendola di nuovo nel 1829, diriportare alla luce il genio di Bach.

Per poi passare nella camera scura dell’accordatorecieco e ritrovarci con due camionisti che nei loro bison-ti d’autostrada ascoltano le melodie di Bach, fino adarrivare sotto la metro e trovare violoncellisti che suo-nando sempre le sue melodie chiedono l’elemosina.Infine, bellissimo, il parallelo tra i ragazzi del XXI secoloche ascoltano le sue composizioni e il JohannSebastian padre che insegna a suonare questa musicaai suoi ragazzi (da notare che i suoi figli furono tutti deitalentuosi musicisti, tant’è che Bach divenne termineper indicare chi suonava a corte).

Un gioioso ponte immaginario che solo la musica puòcreare tra generazioni altrimenti perdute nella Storia,cercando di unire tempi e vite diverse come fosse un innoall’Europa di tutti i tempi, all’unione dei popoli (nel film siparla italiano, tedesco e spagnolo), come volontà finale diuna composizione ipotetica, fatta finalmente di persone enello stesso tempo di note musicali. Anche la musica, nonsolo la politica, è in grado di portare le idee lontano neltempo. Flavio Fabbri

WHEN LOUD WEATHER BUFFETED NAOSHIMA DI DAVID SYLVIAN

n concomitanza con il tour che lovede impegnato in questo periodotra Europa e Giappone, David

Sylvian da alle stampe il suo nuovolavoro dal titolo When Loud WeatherBuffeted Naoshima, che–è bene che ilpubblico sia avvertito–non ha nulla ache vedere con il raffinato e ricercatopop d’autore che ci ha regalato con ilrecente progetto firmato Nine Horses enelle ultimissime apparizioni live inItalia. Siamo di fronte ad un unicobrano di 70 minuti commissionatodalla Naoshima Fukutake Art MuseumFoundation in Giappone come partedella mostra Naoshima-Standard 2 chesi è svolta nell’omonima isola giappo-nese da ottobre 2006 ad aprile 2007. Il pensiero, al primo ascolto, corre subito aquella produzione strumentale di Sylvianche, partita con Alchemy–An Index OfPossibilities (contenente l’inarrivabile suiteWords With The Shaman e la splendidaSteel Cathedrals) e la seconda parte del dop-pio Gone To Earth, si è sviluppata nelle col-laborazioni con l’ex-Can Holger Czukay(Plight&Premonition e Flux+Mutability) enelle istallazioni con Russell Mills (EmberGlace–The Permanence Of Memory) e conRobert Fripp (Redemption–ApproachingSilence).

Nella sua ultima produzione il nostro fa unpasso in avanti. Si sposta dall’ambient«classico» alle sonorità più elitarie del fieldrecording con inserti e collage sonori.Come al solito Sylvian si rivela sapientenella scelta dei collaboratori, questa voltatutti o quasi paladini della più significativascena sperimentale ed elettronica delmomento. Bastano i nomi: il francese AkiraRabelais, l’austriaco Christian Fennesz, iltrombettista norvegese Arve Henriksen e ilmaestro di shakuhachi Clive Bell. La lungacomposizione si presenta come un assem-

blaggio di voci filtrate dal saporearcano, suoni di foreste, vento, stru-menti a fiato, altre vocalità dal fasci-no angelico, qualche drone piùtagliente e qua e là rumori di passi,porte che si aprono e cigolano. Tuttoapparentemente senza un filo condut-tore. Poco importa. Qui Sylvian è piùvicino alle concezioni di John Cage ealla musica concreta di Pierre Henryche alla musica per aeroporti di BrianEno o i soundscapes di Robert Fripp. Nata com’è per una istallazione artisti-ca che deve essere fruita in presenzadei forti rumori ambientali del luogoper il quale è stata scritta, la composi-zione è stata volutamente mixata per laproduzione in cd con i suoni della città

di Honmura, in modo tale da avvicinarel’ascoltatore all’esperienza reale dell’istalla-zione stessa. L’ultima particolarità di questodisco–che si presenta in una raffinata e sem-plice confezione da dvd con la cover art diSachiyo Tsurumi–è data dal fatto che esso èin edizione limitata e non sarà mai ristampa-to. Per volere dell’artista e della Fondazionecommittente, infatti, la composizione entre-rà a fare parte delle istallazioni permanentidel museo e solo lì potrà essere ascoltata unavolta esaurita l’edizione originale.

GABRIELE BRUZZOLO

ii

A CHILD IS BORN DI MARCELLO ROSA

iunto, come la chiama lui, all’etàdell’«incoscienza» il decano deitrombonisti jazz italiani, Marcello

Rosa, ci sorprende con l’uscita del cdnuovo di zecca A Child Is Born (NelsonRecords) che comprende, insieme a rilet-ture di celebri standard, molte sue compo-sizioni originali e ben quattro perle«bonus» rimasterizzate e riportate in granspolvero per i veri appassionati di questamusica, «brani vecchi ma non invecchia-ti», come tiene a sottolineare Rosa, infati-cabile artigiano e divulgatore del jazz (haideato e condotto per ben 30 anni trasmis-sioni radiofoniche musicali in Rai). E il bambino che compare tanto nel titoloquanto nella copertina è forse la cifra percomprendere l’anima di questo piccolo gio-iello, come da tempo agli appassionati dijazz non capita di ascoltare. Un’energia,una vitalità ed una spontaneità che, se nonsi sapesse chi ne è responsabile e che fiorfiore di musicisti lo stanno accompagnando(qualche nome? Andy Gravish, FabrizioBosso, Paolo Tombolesi, Gianluca Renzi etanti altri ancora), sembrerebbe avere lagrinta di un’opera prima, solo perfezionatada 55 anni di professionismo e da collabo-razioni con veri monumenti del calibro diLionel Hampton, Earl Hines, SlideHamtpton, Kay Winding. La voce del suo trombone è quella di sem-pre, quando ombrosa e malinconica, quan-do soprendentemente spumeggiante edironica, con quel fraseggio fluido, perfetto

ritmicamente ed essenziale al tempo stes-so, nessuna concessione a «note» fuoriposto e con un’idea melodica di cantabili-tà sempre scolpita in ogni battuta d’im-provvisazione. Due aspetti convincono maggiormente di

questo album: gli arrangiamenti articolatied intriganti che danno corpo e solidità adogni brano (ascoltate bene Lover Man, sianella versione di oggi sia in quella del 1974con Enrico Pieranunzi al piano e GegèMunari alla batteria, entrambe presenti nelcd) e, finalmente, la sensazione di compat-tezza del «gruppo» musicale jazz, in cui alprotagonismo del solista è sostituito il mec-canismo di insieme e dove ogni strumentoè al servizio dell’altro per la migliore riu-scita dell’ensamble; il cuore prende il postodel virtuosismo e ricama, traccia dopo trac-cia, il disegno unitario di una sensibilitàmusicale fuori dal comune.L’atmosfera in cui ci sembra muoversimeglio Marcello Rosa è quella degliumori della New Orleans perduta nelprimo decennio dello scorso secolo, sim-bolo e culla della musica jazz (TheSinner), come anche nello swing piùautentico che in brani come Senorita, dopoil tema spagnoleggiante, prende d’improv-viso per mano ed invita a ballare, mentrela versione della ballad The Very ToughtOf You arrangiata per quattro tromboni etromba (suona tutto su diverse piste lostesso Rosa) emoziona per l’intensità e laforza interpretativa. E quando si parla di swing, non può man-care un omaggio al suo nume tutelare,Duke Ellington, in una splendida versionedella celebre Prelude To A Kiss, ingentili-ta dalla bella interpretazione della giovaneAngelica Caronia. PAOLO ROMANO

gg

PP

a musica dellos c a n d i n a v oN o r d g a r d e n ,

contaminata dainfluenze inglesi eamericane (rock ejazz), si sviluppasoprattutto comeenergia personale,intima, sul solcodella tradizione deicantautori a cuiattinge (da Cohen a

Jeff Buckley, da Bruce Springsteen a Fabrizio De André).Per il suo secondo disco, A Brighter Kind Of Blue, si èavvalso della collaborazione di Peder Øiseth (tromba, vio-lino, banjo, organo), di E. Hareide (basso) e C. Skaugen(batteria); un cd acustico, quindi, che mette in risalto suavoce potente e limpida. La title track, che è anche il branodi apertura, risulta particolarmente efficace: ha una melo-dia ampia, illuminata da un arrangiamento arioso ed essen-ziale; il suo titolo può suggerire riferimenti alla celebreKind Of Blue di Miles Davis, ma questi sono presenti dipiù in altri brani del disco (To The River, Good ThingsDie). La leggerezza e la serenità che sembrano sosteneretutto l’album sono venati dalla malinconia di Blessed,quasi una ballata barocca, a cui Nordgarden aggiunge levibrazioni di una voce ben timbrata, e Metronome, branostrumentale, in cui un violino classico, dolente scandisce ilfluire del tempo. Dieci tracce partorite da un'ispirazionepura, rielaborate in maniera raffinata, in cui pop, jazz efolk convivono in maniera armonica e convincente.Crepuscolare. NICOLA CIRILLO

RRIICCCCAARRDDOO FFOONNSSEECCAA

ll

A BRIGHTER KIND OF BLUEDI NORDGARTEN

THE SILENCE BEFORE BACHTHE SILENCE BEFORE BACH

ttttrrrraaaacccckkkk iiii nnnngggg SSOOUUNNDDSSOOUUNNDD

Page 4: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

a cura di FLAVIO FABBRI

CCLLAASSSSIICCAA&opera

6 set-tembre2007 si

è spento uno deipiù grandi teno-ri al mondo,L u c i a n oPavarotti. Aifunerali pubblicidi Modena deci-ne di migliaia dicittadini comunie decine e deci-ne di ospiti dellapolitica e dellospettacolo mon-diali hanno volu-to decretare illoro personaletributo ad unadelle voci più

belle della musica. Passate le commemorazio-ni, sepolto Big Luciano nel piccolo cimitero diMontale Rangone, sembra proprio che deb-bano iniziare le tipiche polemiche da salottinotelevisivo fatto da e per il nuovo vulgumpecus, ben diverso da quello che un temporiempiva il loggione della Scala di Milano.

Già negli ultimi anni, mentre le condizionidel Maestro peggioravano nel silenzio, nubiminacciose si addensavano sul suo ingom-brante cognome. Dicerie su una moglie,Nicoletta Mantovani, che in tutti i modi hacercato di isolare il marito e che lo ha obbli-gato, sembra, ha cambiare il testamento duesettimane prima della morte.

Ritornano anche le ombre lunghe più vec-chie, sui suoi concerti di beneficenza, suscuole in Africa mai costruite e su evasioni

del fisco ripetute. Insomma, sembra proprioche i solenni requiem verranno eseguiti dalingue avvelenate e molto lunghe. Una voceunica che rischia davvero il silenzio?

Cerchiamo di allontanarci da questa palu-de insidiosa per cominciare a ragionare suche cosa Luciano Pavarotti ci abbia veramen-te lasciato. Torniamo allora al 1961, al Teatrodell’Opera di Reggio Emilia, quando inter-pretando il Rodolfo ne La Bohéme diGioacchino Puccini, Pavarotti diede esempiodi una potenza vocale davvero fuori delcomune.

Molto presto anche dall’estero cominciaro-no a richiedere le sue performance. Sarà pro-prio interpretando Puccini, Donizetti e Verdiche il mondo gli tributerà un successo che haavuto dell’incredibile. Alcuni suoi concertifurono interrotti dalla forza degli applausiinterminabili. Cose mai successe nei teatridella storia della Lirica.

La sua stessa immagine, enorme, da bohé-mien lirico, con cappello, barba e sciarpalunga, meglio se rossa come Aristide Bruantnel dipinto di Henri Toulouse-Lautrec, hadecisamente affascinato tutti. Probabilmenteè vero, quando si dice che Pavarotti è l’imma-gine dell’Italia nel mondo.

Un uomo fatto di passioni mediterranee,amante delle grandi abbuffate e delle donne,pieno d’amore per la musica. Negli anniNovanta comincerà lentamente ad allonta-narsi dai grandi palchi dell’Opera lirica, peraffrontare le sterminate platee di Hyde Parka Londra o di Central Park a New York.

Forse è qui e dopo, con i vari Pavarotti &Friends, che il grande artista ha lasciato ilposto ad un ingombrante vocione e certo auna fama planetaria. Così, forse, è proprio

qui che Pavarottisi è spento dav-vero prima deltempo. E allorabisogna chieder-si: qual’è la veraeredità che ci halasciato il piùgrande tenoreitaliano dopoCaruso? Chi inItalia può essereconsiderato ilsuo successore?O nel mondo?Salvatore Licita,R o l a n d oVillazon, AndreaBocelli, RobertoAlagna, MarcoAlvarez?

Tutti nomi che l’industria discografica cer-cherà di spingere e far conoscere, perché lospettacolo va avanti, mentre nel frattempo leroyalties sui diritti d’autore e sul merchandi-sing dell’immagine del grande tenore porte-ranno nelle tasche degli eredi di Pavarottiun’enorme fortuna.

Una fortuna piena di insidie, per i parenti eper il ricordo del lirico che tutti noi abbiamo.Forse la sua voce non rischierà il silenzio eper il momento è solo questo che ci ha lascia-to il Maestro del bel canto, insieme a tantegrandi emozioni e qualche smorfia, comequando dal Loggione arrivavano i fiori piùbelli tra le ovazioni e un attimo dopo i fischiumilianti mischiati alle urla. Tante immagini,centinaia di ore di filmati, e la sua voce pun-tata verso il futuro.

LLUUCCIIAANNOO PPAAVVAARROOTTTTII::UUNNAA VVOOCCEE CCHHEE

RRIISSCCHHIIAA IILL SSIILLEENNZZIIOO

Music In Ottobre Novembre 2007

TESI Quella sulla morte di Beethoven.Veleno, altro che cirrosi epatica.

TRIGESIMO Morto un Pavarotti,se ne fa un altro. O forse no

DANZA Cos’è diventata oggi,com’era prima. Secondo la CrazyGang School

iilliill

non è danzasenza generosità.La danza che è

un linguaggio che trascende il corpo. Primaforma espressiva che l’uomo abbia sperimen-tato e conosciuto con il proprio corpo e partedella sua storia fin dall’antichità, è strumentodi comunicazione; il gesto ne è il linguaggio. La madre delle arti, boicottata: dopo la grandetradizione che danza e balletto hanno avuto inItalia nell’Ottocento e nel Novecento, ora nonversa in una situazione eccellente.

Innanzitutto poca cultura del balletto classi-co: anche se nell’ultimo periodo c’è stato unritorno dovuto a trasmissioni televisive come«Amici», ma un avvicinamento confalsi presupposti, la voglia di sfon-dare e non di studiare.

Luogo comune sì, ma all’estero lacultura della danza spopola, e inFrancia ogni settimana i balletti sonoin televisione, rete nazionale. InItalia, tante le scuole, molti gli allie-vi e gli appassionati accolti da unpubblico caloroso, eppure intornoquasi nulla. La danza fatta di tradi-zione, cultura, arte, non abita più qui.

Poche scuole sono realmente ido-nee a formare ballerini professioni-sti. E se la follia, per gli artisti, per la danza, perla situazione itaiana che è quella che è, è richie-sta per decidere di dedicarsi in tutto e per tuttoalla disciplina e all’insegnamento, non dell’artedi sfondare ma di quella di ballare, allora ilnome della scuola «Crazy Gang» lascia imma-

ginare che i presupposti ci siano. Music In neintervistato uno dei fondatori, Marco Stopponi,che si è fidato dell’idea «classica», quella di unaprofessione di danzatore fatta di studio costantee serio, fatica, impegno e forza di volontà, mache, assieme all’amore per il lavoro e alla pas-sione per quest’arte meravigliosa, dà grandisoddisfazioni a chi lavora in questo campo efuturo ai tanti allievi che studiano con la speran-za di realizzare i propri sogni.

Stopponi, coreografo e ballerino, è uno diquelli che ha il fuoco sacro della danza che glibrucia l’animo. Ci dice: «La Crazy Gang è nataa Roma, inizialmente come Crazy Dance nel1981. Il primo spettacolo che abbiamo fatto è

stato al Teatro Olimpico, quindi,passati a Canale 5 con PoP Corn,ne abbiamo cambiato il nome conCrazy Gang. La fortuna ha volutoche tanti ragazzi sopra i 18 annihanno iniziato insieme senzavoler perdere tempo. La grintac’era, e così non hanno tardato adarrivare Domenica In, con PippoBaudo, Maurizio Costanzo, turnèal Teatro Sistina, e collaborazionicon molti artisti ancora presenti intelevisione. Finché non è entrataAntonella Steni, con la quale

abbiamo fatto spettacoli dal 1985 al 1989, e conla quale collaboriamo tutt’ora. Nel 1985Mustafà si ritirò dalle coreografia e io presi ilsuo posto. Subito dopo con i miei fratelli,Stefano Stopponi, anche lui ballerino e coreo-grafo, ed Enrico Stopponi, abbiamo aperto laCrazy Gang School. La scuola realizza spettaco-li, inclusi matinèes per le scuole al Sistina, cer-cando di creare un dialogo con i giovani, e col-labora con diverse compagnie teatrali».

Su quale principi si basa? «Creare persone,gruppi, cercare dai giovani un modo di vivere,dar loro un’educazione teatrale. Una scuola lon-tana dai valori trasmessi dai programmi in tele-visione, in cui sembra che per arrivare al succes-so basti poco: solo nello studio si possono rag-giungere risultati».

Qual è il legame tra la musica e la danza?

«Non c’è legame perché è una cosa unica. Bastaguardare al modello primitivo africano in cuiogni movimento era accompagnato da musica eogni nota era accompagnato da un movimento.Le due cose non possono essere separate. Nonsono infrequenti scelte radicali e suggestive,come la totale indipendenza dell’una dall’altra,oppure la danza scolpita nel silenzio più assolu-to, alla ricerca della purezza del movimento, delsuo diapason espressivo. Al contrario, qualchevolta coreografo e compositore si sono insegui-ti nel reciproco territorio creativo, alla ricerca diechi e risonanze espressive, di corrispondenzenella scrittura, di sintonie nel colore emotivo diun pezzo».

Quali sono i vostri punti di forza? «I punti diforza sono la passione, l’educazione, la qualitàdegli insegnanti. Ma soprattutto, i ragazzi».

Un consiglio ai giovani? «Non farsi prenderein giro dai programmi televisivi, e sapere che civuole una vita di studio. La danza deve essereaffrontata come un divertimento, all’inizio,senza prendersi troppo sul serio; quindi, divienesacrificio, serio e costante».

Da quando hai iniziato la tua vita da ballerino,come è cambiata la danza nel tempo? «La danzaè cambiata come è cambiata la società: mentreprima i ragazzi erano colpiti dalla musica, oraquando vengono qui già conoscono tutto e nongli basta. Dobbiamo far loro capire l’umiltà.

Cos’è la danza? «Seduzione, Passionalità,Intimità e Poesia». E conclude: «La prima cosaè l’istinto, che deve essere lasciato libero. È que-sto che mi fa scegliere la musica. È l’istinto chefa la differenza, perché se basi tutto sulla tecni-ca diventi come gli altri». (AliceS)

distanza di 150 anni qualcuno siè preoccupato di raccontarci dicosa è morto Ludwig Von

Beethoven, uno dei più grandi composito-ri di tutti i tempi. Fino a oggi tutti o quasihanno creduto alla tesi mai confutata deldecesso per cirrosi epatica avanzata.

Eppure, grazie alle analisi condotte suicapelli dell'immortale, la verità sembrastia per emergere dal buio della storia.Christian Reiter, medico legaledell'Università di Vienna, dopo gli studicondotti su alcuni dei capelli del musicistatedesco, ha potuto evidenziare una possi-bile nuova verità: Beethoven fu avvelenatodal piombo! La classica morte di un divodell'epoca insomma: omicidio. I livelli delmetallo, infatti, sembrano essere moltoalti nei capelli esaminati.

E i capelli d'altronde ci dicono tanto,quasi tutto: mantengono traccia dellesostanze ingerite e conservano cellule dicuoio capelluto da cui ricostruire il Dnadel povero proprietario. Il piombo, ci ricor-da Reiter, ad alti livelli diviene tossico emortale. Anche negli USA si è battuta lapista dell'avvelenamento, da mercurioperò, portando avanti una ricerca moltosimile al Pfeiffer Research Center aNapperville (Illinois).

Secondo alcuni studiosi del composito-re di Bonn, però, non si deve parlare diomicidio o morte sospetta, molto proba-bilmente, infatti, il corpo di Ludwig assor-bì i letali livelli di piombo, o altra sostanzautilizzata in cure mediche, dai Sali con cuiil suo medico personale cercava, invano,di lenire i gonfiori e i dolori addominaliprovocatigli dalla cirrosi.

Niente di sicuro ci affrettiamo a dire,ma è una plausibile spiegazione per darragione della repentina morte di un genioassoluto, avvenuta il 26 marzo del 1827.

A

La danza

BEETHOVEN AVVELENATO?UNA «CLASSICA» MORTE

Un uomo ingombrante, un’ingombrante eredità. Finiti i cd davendere in allegato alle riviste degli avvoltoi, ora l’industriadiscografica cerca il nuovo lirico. Aspettando che muoia

La televisione uccide la danza.Parola di MarcoStopponi,fondatore dellaCrazy GangSchool

CRAZY GANG SCHOOL: L’ISTINTO RENDE DIVERSI

PPEEEERRPPEEEERR GGYYNNTTGGYYNNTT

rande appuntamento al Teatrodell’Opera di Roma con il Peer Gynt del

drammaturgo Henrik Ibsen e le musiche delcompositore Edvard Grieg. Dal 7 all’11novembre l’imponente dramma norvegeseverrà messo in scena dall’Orchestra, il coroe il corpo di ballo dell’Opera di Roma, direttida Peter Tiboris e dal Maestro del CoroAndrea Giorni. Un balletto in due tempi perla regia di Beppe Menegatti e la coreografiadi Renato Zanella. Danzatore ospite AdrianFadacev, per la partecipazione straordinariadi Carla Fracci. Un’opera, questa di Ibsen,scritta proprio a Roma nel 1867 e partico-larmente difficile nella sua rappresentazionescenica, sia per la lunghezza (5 atti) che perl’ambientazione fantastica. Le stesse fortu-nate musiche di scena composte da Grieg,per la difficoltà delle scene (il dramma erascritto in versi) e la lunghezza dell’opera,divennero il collante definitivo di Peer Gynt.(Illustrazione Peer Gynt di Elena Prette)

gg

Page 5: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

Il poeta del pianoforte

hiamato così dagli amici artisti edagli ammiratori degli ambientiintellettuali ‘romantici’ europei,

Frédéric François Chopin, è oggi con-siderato il più grande compositorepolacco e uno dei più grandi pianisti ditutti i tempi. Eseguire Chopin, compo-sitore inquieto e pessimista, significaleggere con attenzione una scritturamusicale tra le più precise e interpreta-re alcuni dei Lieder del repertorio pia-nistico mondiale dallo stile perfetto einimitabile. All’Accademia Filarmonica Romana, il 29 novembre,sarà il grande maestro di pianoforte Aldo Ciccolini (francese diorigini italiane) che ci farà rivivere le melodie sognanti deiNotturni, le intime e calde Mazurche, o le Polacche, espressioniqueste del più tipico folclore nazionale; come pure le più com-plesse Sonate, qui presentata quella in Si minore n. 3. Un appun-tamento da non perdere per gli amanti delle musiche da piano-forte e di uno dei suoi maggiori esecutori.

E lucevan le stelle…

oltissime le repliche della Tosca,opera lirica in tre atti di GiacomoPuccini del 1899, al Teatro

Flaiano di Roma a partire dal 1 novem-bre prossimo e fino a maggio 2008. Perla regia di Rossana Siclari e l’accompa-gnamento dell’Orchestra della PiccolaLirica, il capolavoro pucciniano è inscena in uno dei teatri storici dellaCapitale che, sia pure di prestigio, è con-siderato per le dimensioni ridotte unluogo più intimo e introspettivo, di gran-de resa musicale soprattutto grazie al

nuovo impianto tecnologico e alla cura del disegno audio. Di gran-de importanza invece l’esecuzione affidata a giovani cantanti sele-zionati da concorsi, conservatori e scuole di canto, che esprimononella loro presenza scenica il pieno rispetto della musica e del rac-conto drammaturgico. Originale anche la compressione temporalein 90 minuti di incantesimi lirici e suggestioni ambientali strettamen-te legati a riferimenti storici sia tradizionali che inediti rispetto ailibretti. Di nota anche l’impianto scenografico che, partendo dallatradizione squisitamente teatrale nella tecnica costruttiva, nellemanualità e nei trucchi, vede una ricerca volta espressamenteverso una nuova dimensione dello spazio e della sua percezione daparte del pubblico.

Dagli Champs-Élysées arrivanoStrauss e Mahler

arà l’Aula Magna del Rettorato ad ospitare la pre-stigiosa Orchestre des Champs- Élysées in arri-vo a Roma il 13 e 14 ottobre. Con l’occasione, il

direttore e fondatore dell’Orchestre, PhilippeHerreweghe e il soprano Carolyn Sampson inter-preteranno la sinfonia n. 4 dell’ironico e provocato-rio Gustav Mahler e i Lieder Orchestrali del «Re deiwalzer» Richard Strauss. Nata dal Théâtre desChamps-Elysées (lo storico teatro parigino su AvenueMontaigne), l’Orchestre si è esibita nei più celebri teatrieuropei, da Londra a Francoforte, passando per Berlinoe Vienna, divenendo nel tempo garanzia di qualità nelrispetto di un vastissimo repertorio classico e romanti-co della migliore tradizione francese eeuropea. L’interpretazione dei braniviene eseguita con l’utilizzo di precisi epreziosi strumenti d’epoca.

SS

aria Callas è stata la voce femminile più bella e affasci-nante dei nostri tempi. Divinità musicale ‘assoluta’ e frivo-la, fragile ragazza mondana. Una donna che divenne pre-

sto leggenda e che in occasione del trentennale della sua morte(16 settembre 1977) torna a rivivere più che mai grazie al docu-mentario di Philippe Kohly, Callas Assoluta, presto disponibilein dvd per la Bim con il Corriere della Sera. Un documentarioemozionante e commovente, presentato in anteprima mondia-le alla 64a Mostra del Cinema di Venezia, in cui il regista fran-cese ripercorre le tappe fondamentali della vita della Callas,dalla natia New York degli anni 30 alla Grecia sotto l’occupazio-ne fascista, passando per l’Italia anni 50 della Dolce Vita fino aigiorni parigini degli anni 70. Immagini profonde, regalate, ruba-

te, testimonianze di una vita sempre divi-sa a metà tra successi mondiali e amoridrammatici. Dal matrimonio col facolto-so industriale veronese Giovan BattistaMeneghini all’amore infinito e tragicodurato tutta la sua vita per l’armatoregreco Aristotele Onassis. La Signoradell’Opera e del Canto rivive così nelle

immagini eterne di un film, sconsolatahybris moderna e immensa voce

che attraversa luminosa ognitempo.

CALLAS ASSOLUTA. DIVINA, ECCESSIVA, MORTALE.

CCLLAASSSSIICCAA&operaMusic In Ottobre Novembre 2007

li esseri umani, ormai è dimo-strato, sono programmati, dalpunto di vista uditivo, neurolo-

gico e finanche emotivo verso la musi-ca. Nella nostra vita la musica sembraavere un valore probabilmente pari aquello del linguaggio, solo che ancoranon si riesce a capire a che cosa ciserva tanta dote cerebrale.

Solo gli uomini e nessun altro nelmondo animale reagiscono con talepotenza alle note musicali e tali mecca-nismi sono lungi dall’essere svelati.Queste sono le posizioni di molti neu-rologi di fama mondiale come OliverWolf Sacks (a molti noto per il roman-zo Risvegli da cui fu tratto nel 1990l’omonimo film di successo con RobinWilliams e Robert de Niro) o RobertZavorre ricercatore scientifico per laFondazione Mariani. La stessa presti-giosa rivista di neurologia a Oxford,‘Brain’, non ha dubbi a riguardo.

Le neuroscienze ci aiuteranno a capi-re le ragioni fisiche e biologiche allabase del potere della musica di toccare,calmare o eccitare il cervello umano,perché comprenderle significa in ulti-ma analisi, non solo trovare uno stru-mento capace di ottenere un effettoterapeutico in molte patologie neuro-psichiatriche, ma anche gettare unaluce attraverso la quale esplorare a

fondo l’evoluzione e la psiche del-l’uomo.

Negli ultimi anni la biologia mole-colare sembra aver trovato un inso-spettabile rapporto tra il nostro Dna ela musica. La nostra più piccola partedi organismo è fatta di figure meravi-gliose, eleganti cristalli, perfette spira-li, mirabili geometrie. Il materiale ere-ditario, il famoso Dna (AcidoDesossiribo Nucleico) è un nastroavvolto in una regolare e lunghissimaelica di misure costanti e perfette. Èda qui che parte l’armonia perfettadella natura e da questo stesso punto

un ricercatore giapponese operante inCalifornia, Susumu Ohno (BeckmanResearch Institute of the City of Hope,Duarte), ha fatto una scoperta incredi-bile: Ohno è riuscito a produrre melo-die musicali dalla struttura del Dna.

Il principio da cui è partito è che lavita è caratterizzata da una moltitudinedi ricorrenze, da ripetizioni di moduli.In natura il messaggio genetico generadunque catene di amminoacidi (protei-ne) attraverso un codice. Lo stessomessaggio, processato con un codicemusicale, genera catene di note che sisistemano nel pentagramma a produrresuoni, musica.

Che genere di musica? Una musicatonale, semplice, caratterizzata dallaricorrenza di un tema musicale domi-nante e dalle sue variazioni. Qui ricor-da Bach, là è limpidamente Chopin. Ilritorno del motivo esprime quellaricorrenza ripetitiva che il Dna dei geniserba nel suo messaggio. Una sequenzagenica ad esempio rassomiglia straor-dinariamente alla versione chimica del‘Notturno’ op. 55 n°1 di Chopin: lachiave musicale consente di rendere laripetizione di un modulo chimico in unmotivo musicale ritornante, in un ritor-nello.

Possibile che la natura ci rivela unamelodia chopiniana che da milioni emilioni di anni teneva serbata nel suocifrario chimico? Probabilmente sì equella melodia, discesa dal mondodegli archetipi, ha ispirato il moto delledita del grande pianista polacco su unatastiera incantata del secolo scorso. Lamusica, sempre più chiaramente, tra-scende la nostra dimensione particola-re per metterci in contatto con gli ele-menti originari della vita. E quest’ulti-ma sembra davvero essere nata circon-data di note.

MMMM

MMMM

CC

SCIENZA I notturni di Chopin?Sono un plagio di milioni e milioni di anni.

ASSOLUTAMENTE Callas, ma anche loChopin di Ciccolini, la Tosca del Flaiano e loStrauss dell’Orchestre des Champs-Élysées

he la tecnologia, da sempre, metta paura non c’è dub-bio. In ogni settore lavorativo, o creativo, l’impattodelle nuove tecnologie ed eventualmente delle nuove

tecniche derivate sembra essere stato nella storia sempreun evento inizialmente drammatico, per poi generarebenessere e ricchezza, sia materiale che spirituale.

Anche nella musica classica grandi cambiamenti sonoall’orizzonte, se non fosse altro che l’intero universo musi-cale ne è coinvolto, per la gran parte già da molti anni.Soprattutto Internet, la rete delle reti, sembra esser riusci-ta a contaminare anche l’ultimo spazio di questo universo,il più tradizionale e ‘antico’: il mondo della classica. Ne ènato un nuovo modo di fare musica e di diffonderla.Parliamo del fenomeno Pod-Casting, ovvero della possibili-tà di fare musica e diffonderla direttamente in rete, attra-verso siti personali e personalizzati.

Il termine americano nasce come neologismo dalla fusio-ne di due termini: iPod, conosciutissimo riproduttore di fileaudio Mp3, e broadcasting, le tradizionali trasmissioni dicontenuti audio e video come radio e televisione. Ciò di cuisi ha bisogno per fare podcasting è un pc connesso adinternet, un apposito programma (detto client) e un abbo-namento presso un fornitore di podcast (i file audio-video).

Spesso sia il programma che la fornitura di contenuti ègratuita. In questo modo abbonandosi ad un sito fornitoredi file audio e video, si possono scaricare o fruire in temporeale composizioni da studio o live, interviste, articoli, com-prare cd o scambiare idee e impressioni magari diretta-mente con l’artista. Ogni autore può in questo modo river-sare il suo mondo creativo in un sito che ne fa da vetrina,in cui ognuno può affacciarsi.

Piano, piano, in questa vetrina altre persone cominceran-no ad entrare, ad interagire, a scambiare, cosicché la vetri-na diverrà sempre più ricca e attrarrà nuove persone. Daqui chiunque può entrare in rapporto con la musica, con lamusica classica, conoscerla attraverso interviste diretta-mente ascoltabili in rete o scaricabili con il download dalsito di riferimento; ascoltando un concerto on-line eseguitoa Berlino direttamente dallo studio di casa a Roma, o sca-ricando brani di Mozart e di Morricone in una raccolta per-sonale da ascoltare quando si vuole e dove si vuole.

E qui sta un’altra grande risorsa di questa tecnologia: lalibertà di poter fruire di Musica ovunque e in qualsiasitempo. Insomma una nuova forma di libertà a portata dimouse. (Flavio Fabbri)

CC

TUTTI DENTRO LA RETE

LLAA MMUUSSIICCAAÈÈ SSCCRRIITTTTAANNEELL DDNNAAGG

PODCASTING

&CLASSIC

Adi 500 le compo-sizioni scritte da

Ennio Morriconecome colonne sonore

per il cinema. Un Maestro indiscusso, conosciuto estimato in tutto il mondo, premiato quest’anno conl’Oscar alla carriera a Hollywood, massimo ricono-scimento dell’industria del cinema ad un artista. Iprossimi 27, 29 e 30 ottobre presso la Sala SantaCecilia dell’Auditorium di Roma, Morricone ese-guirà con l’Orchestra e il Coro dell’Accademia diSanta Cecilia (di cui è Accademico effettivo) lecolonne sonore più belle e celebri della storia delcinema con due opere: Voci dal silenzio, contro tuttele guerre, e Musica per il cinema, ovvero i motivimusicali dei film più belli di tutti i tempi. Dal soda-lizio artistico con Sergio Leone, agli altri grandiregisti, è facile sentire un brivido per l’emozione:Bernardo Bertolucci, Pier Paolo Pasolini, MarcoBellocchio, Roland Joffé, Brian de Palma,Tornatore, Polanski e tanti, tanti altri. La storia diEnnio Morricone, che è storia di tutti noi, passaattraverso le sue melodie e queste sono divenutecoscienza collettiva di una magia: il cinema.

passato per Roma il grande compositore ingleseMichael Nyman per presentare i suoi Sonettilussuriosi. Un’opera nata per commissione dellaBiennale di Venezia 2007 dove, accompagnato

dalla blasonata Orchestra di Santa Cecilia, Nymanpresenta e musica uno dei primi esempi in assolutodi pornografia nella storia della letteratura mondiale,i Sonetti Lussuriosi di Pietro Aretino (1492-1556).Figlio del minimalismo musicale di maestri comeSteve Reich e Philip Glass (melodie brevi e sempli-ci, ripetitive o ossessive, con sonorità inusuali dielettronica o musica popolare), il genio anglosasso-ne è divenuto nel tempo uno dei massimi composito-ri viventi. Sue alcune delle colonne sonore piùmemorabili del Novecento cinematografico, da quel-la per L’ultima tempesta di Peter Greenaway, aLezioni di piano di Jane Campion, a Wonderland diMichael Winterbottom. Un artista completo, incurio-sito dallo sperimentalismo e dall’innovazione.

++

EENNNNIIOOEENNNNIIOOMMOORRRRMMOORRRRIICCOONNEEIICCOONNEELLAALLAAMMAAGGIIAAMMAAGGIIAADDEELLDDEELLCCIINNEECCIINNEEMMAAMMAA

èèLLUUSSSSUURRIIOOSSOO NNYYMMAANNLLUUSSSSUURRIIOOSSOO NNYYMMAANN

PODCASTING Scaricare Mozart eMorricone come fossero entrambi in chat

Page 6: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

a cura di ROMINA CIUFFA

Lee Konitz, 80. Sonny Rollins, 77. Roy Haines, 81. Paul Motian, 75.Jazz as a potion of eternal youth and a mix with the new generation

MMUUSSIICCAALL IINNSSPPIIRRAATTIIOONN,, BBOOTTHH OOLLDD AANNDD NNEEWW

Music In Ottobre Novembre 2007

ast week I went to hear The Lee KonitzNonet perform at the Iridium Room in NewYork. Lee Konitz (in the drawing above) is

eighty years old. He has known and worked withmany of the legendary figures of jazz starting backin the 1940’s. His sound is still as pure and his linesas clear as they were 50 years ago.

Longevity like his would seem rare, except thatthis week we also happen to have Sonny Rollinsperforming at Carnegie Hall with Roy Haynes.Sonny Rollins is 77, Roy Haynes is 81. Both artistshad a tremendous impact on the development ofjazz in the 50’s and 60’s and continue to be energe-tic performers today. We are fortunate that this con-cert will be released next year, along with a recentlydiscovered recording of Mr Rollins at Carnegie Hallfrom 50 years ago. Both concerts feature the trioformat of saxophone, bass and drums. This conceptwas unheard of when Mr Rollins first began experi-menting with it in the late 1950’s. The absence of achordal instrument allowed for more harmonic free-dom and a more austere sound, where each notebecomes more important than it might have been ifinterwoven within the fuller sound of a quartet.

As if that weren’t enough, we also have the greatdrummer Paul Motian (in the photo on the left) perfor-ming at The Village Vanguard with his trio featuringBill Frisell and Joe Lovano. Mr Motian is 75, andalthough he has retired from touring, he plays regularweeklong engagements in New York at TheVanguard, Birdland, and other venues. Mr Motion hasseveral bands, many of them featuring some of thebrightest younger talents in New York such as BenStreet, Chris Cheek, Mark Turner, Ben Monder, Steve

Cardenas, and TonyMalaby. This is also trueof Lee Konitz, whoseNonet features musicians

who are all at least 35years younger thenhim.

This kind of colla-boration is benefi-cial to the music intwo directions atonce: these younger,upcoming musicianshave the experienceof working with, andlearning from, alegend, and the vete-ran artist is infusedwith the energy andideas of a new gene-ration of players.

There are manynew recordingsworth listening tofrom these younger musicians. «The SlightestShift», by the brilliant young pianist and composerKris Davis, features a modern aesthetic blendedwith influences from 20th century classical music.The gifted alto saxophonist and composer JohnO’Gallagher has a new CD called «Abacus» whichoffers challenging, improvisation-based pieces.

Julie Hardy is a singer and composer to watch.Her new CD «The Wish» features a great band andstrong compositions that avoid cliche. The recentrecording by guitarist Brad Sheoik, «Places YouGo», features an inspired use of the trio format ofguitar, organ and drums. Any CD which features themagnificent drummer, Tom Rainey, is worth repea-ted listenings.

Between recently discovered recordings of thelegendary greats like Sonny Rollins, John Coltrane,and Thelonius Monk, to the many new recording fromthe prolific young voices on the New York jazz scene,it seems that we have plenty of listening to do.

NEW YORK Legendary musicians mixwith new generations. Worth it?

CANADA Bernadette and The North FromIreland to Canada, love for her dad

CALIFORNIA SixemixDigitalizing three friends

BBEEYYOONNDDBBEEYYOONNDDBBEEYYOONNDDBBEEYYOONNDD

MusicAll

NYCNYC BBEEYYOONNDDBBEEYYOONNDD Venice Beach, CaliforniaVenice Beach, California

by DAVE ALLEN

by CINDY MESLEM

SIZEMIX LIKE SEISMIC

by KARLA COURTNEY Good genes, a great voice and a gritty rock band:Bernadette Gernon talks about her life, music

and exciting future with band «The North»

Dave Allen is a jazz guitarist and composer from New York. His new CD «Real andImagined» is now available from Fresh Sound Records. About his debut album,«Untold Stories», it has been said: «Untold Stories, the debut CD from New YorkJazz Guitarist Dave Allen, showcases an exciting and unique player in the mold ofPat Metheny, Ben Monder, Jonathan Kreisberg and Adam Rogers. Monster chops,harmonic resourcefulness, strong melodic sense, seamless group interaction, con-siderable compositional talent and a kick-ass group of talented players make this CDan electrifying piece of work» (JazzGuitarLife).

izemix equal to Mike Nissen, IvanPiesh (DJ Eye) and Jason Hoopes.They met in the Fall of 2000 in

Ashland, Oregon, attending SouthernOregon University, Ivan and Mike as Artmajors, Jason as a Music major and werebrought together by a mutual friend toform a 5 piece band (Varius Ardis). For ayear and a half they played in and aroundthe Southern Oregon area. After sometrials and errors, Various Ardis disbanded,but the three of them decided to continueplaying. They approached their first few sessionstogether as a chance to «exercise» someof the creative demons that had manife-sted over the previous year beginning witha clean slate. The momentum of this youngcollaborative telepathy allowed them toachieve an immediate coherence, eventhough their early material was purelyimprovisational. Each of them had begun to explore thepossibilities in using digital effects, andeach of them was beginning to blur thelines between abstract sound and the«traditional» roles of their chosen instru-ments. Mike and Jason had digitally expan-ded their harmonic ranges, Mike’s onewell into the bass frequencies and Jason’sone well into the guitar's highest regi-sters. Suddenly, listeners weren't surewhich of them was responsible for whichsound.Without abandoning the abstractness oftheir improvised soundscapes, they beganto develop their groove-oriented materialinto more concise statements with writ-ten motives, melodies, progressions andsamples. They moved comfortably fromhip-hop to rock to pure noise and back.They chose the name Sizemix (a play onthe word «seismics») being on to some-thing that, at the time, was not being donein our area. with tracks long 20+ minutes. They wanted to pursue their direction of

refined groove based music yet retainthier experimental nature and tendencies.Some tracks contain purely improvisedsections in the middle of highly composedmaterial.After recording and releasingFound Sound, Sizemix relocated to the BayArea roughly a year apart from eachother, for different reasons. Sizemix is currently in hiatus. Mike is anArt Director at Live Nation and is pursuingmusic. Ivan has since graduated fromX’Pression as Valedictorian and now tea-ches there. Jason is currently in hissecond year of study at Mills and performregularly with a wide variety of projects.The future is open.

SSL

Cindy Meslem, born and rai-sed in Paris, France, trave-led a lot with her mother, sopassionated by music thathad her daughter listen toall styles of music. After amaster in Journalism andworking for the French tele-vision, she now writesabout music.

www.myspace.com/daveallenquartet www.daveallenjazz.com

the daughter of Status Quo front manFrancis Rossi (aka the Grand Old Man ofRock and Roll) it would seem thatBernadette has some big shoes to fill. I amhappy to report that even at just 157 cmshe is doing a damn good job of it.

When I first saw Bernadette and TheNorth play at a little deli on the outskirtsof Toronto, I really didn’t know what toexpect. Her small stature, innocent bigblue eyes and flowing blond hair screamedtinkerbell. I questioned whether or not hersound would even reach the end of thestage. But like her excentric father,Bernadette is full of surprises.

Citing big names such as Dylan and theBeatles as her influences, Bernadette’smusic exudes the raw spirit of these clas-sics but is layered with a characterful andpristine voice – think Cheryl Crow meetsChristina Aguilera.

Of course, no woman is anisland, and hersoulful

and equally

talented band (Neal Lyons, guitar/vocals;the Hodge, bass; Tommy K, guitar/keys;and Greg Lyons, drums) give the show arich, rock and roll sound that invites com-parison to Canadian rock legends such asNeil Young, The Band or Blue Rodeo.

Though her crisp voice and strong stagepresence seem to be inherited from herfather, she spent very little time with himgrowing up. Born in Ireland, Bernadettemoved to Canada at a very young age, onlyreconnecting with him a few years ago.Her musical passion, however, startedmuch earlier, learning to play guitar at 10and singing at every opportunity she could.

Bernadette and Francis’ relationshiphas certainly helped her be more focusedon her career, with her dad’s experiencesin the business providing her with bothinspiration and guidance. Francis also hel-ped out by showcasing his stellar guitarskills on her debut, self-titled album,Bernadette.

The story behind the formation of theNorth is equally as whimsical.Bernadette caught Neal Lyons’ eye ata local pub outside of Toronto, anddespite their very different musicalstyles they began to talk business.Neal, with a background in extremesports and hard rock (he was an ex-games gold medalist and guitar-

tist/vocalist in Canada’s Kover), beganworking with Bernadette occasionally until

he and hisbrother Greg(also fromKover) joinedon full-time toform «theNorth». With the Hodge and Tommy K tofollow, the band adopted a fuller, rocksound and began some serious gigging.Now poised to open for Status Quo ontheir 32-show UK tour beginningNovember 8, little Bernadette has bigplans: «We are really excited to see howthis will be. I know Status Quo fans arereally loyal and passionate, so I hope toblow them away. (But) I know that it wonÕtbe an easy task...».

B - with your stunning stage presence,stellar band, solid soloalbum and healthyCanadian touring career, I am sure it willbe easier than you think.

For more information, including tourdates and how to get her album, check outwww.myspace.com/bernadettegernon.

BBEEYYOONNDDBBEEYYOONNDDCanadaCanada CANADA’S BERNADETTE.CANADA’S BERNADETTE.AND THE NORTH GOES EASTAND THE NORTH GOES EAST

Karla Courtney, born and rai-sed in Canada, writes fromMelbourne, Australia, wherethe alternative music on offerrivals the likes of Toronto'sBroken Social Scene and Feist.Trained pianist with a passionfor music of all kinds, she’s theeditor of 3 magazines.

as

ARGENTO 925 PODIATO

WWWWWW..CCOOLLLLEETTTTIINNII..NNEETT

SSYYMMBBOOLLIICC JJEEWWEELLRRYY

OLLETTINIOLLETTINIOLLETTINIOLLETTINI

Page 7: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

surprising new album by Euro-Trash Girl, which confirms themdefinitely as one of best indie rockbands in the country. Passionateabout the most genuine Americansounds, Kiss Away The Rain is thelogical result of an excellent song-writing skill (songs like So WhatAbout You?, Beauty (dis)connec-tion, No Time To Stall become pie-ces for compulsive listening) and asuperb sound, both accurate andrich (the album has been recordedand produced by Luis Martínez).

Simple and sincere, the songshave been created from feeling.They are aimed at showing life andmaking you an accomplice to theirplots, like in Radar Love, a precioussurprise in an album whose all-enveloping last piece, StayOvernight claims to be the begin-

Music In Ottobre Novembre 2007

a chilly Tuesdaynight as I settleinto my chair inthe empty Public

Bar on the northern fringes ofMelbourne’s CBD. There’s aregular game of poker goingon in the back room, andamong the punters is BryanDochstader, bassist withMelbourne five piece the 67Special. He’s agreed to taketime out of his game of Texashold’em to chat about the ban-d’s new album, The Devil MayCare, and as events on thetable take a turn for the worse,he seems grateful for the inter-ruption. Fresh off the back of gigs inNew South Wales, the 67Special have been touringtheir new 12-track LP up anddown the East coast. Theband has played a range ofvenues, from Melbourne’sCorner Hotel to Bendigo’sGolden Vine, and they’reequally at home bringingtheir music to the fans in ruralareas as those in the city.

«That’s kinda why you do it.You can make money at thebig shows in the metropoli-tans and then you go out tothe smaller regional areas,which are usually less popula-ted. They’re less attended butit’s more for the fans that areout there that can’t get into thecity, you know, to play forthem.»

We’d initially agreed tomeet soon after the albumlaunch at the Corner Hotel onAugust 10th, but a combina-tion of the packed touringschedule and other decidedlyun-Rock ‘n’ Roll reasons haddelayed our interview. It’dbeen a couple of weeks sincethe Corner gig, but Bryan wasquick to recall the band’s fee-lings that night.

«Yeah, it was a good show.Although there was a reallygood vibe it was just one ofthose things where we reallygot nervous. I usually neverget nervous, apart from oncebefore playing Rove and thatsort of thing, but that showjust felt like a really important

one and wewanted it togo well sobadly.»

N e r v e s ?Casting mym e m o r yback to thatnight at theCorner, ner-vous woul-dn’t be theword I’d useto describe

the band’spolished per-f o r m a n c e .Ash Santilla(lead vocals)delivered hist r a d e m a r kcombinationof in-your-face rockvocals andJagger-esquestrut faultle-

ssly as he swigged his waythrough a bottle of red. Eitherside of Santilla, GavinCampbell (lead guitarist) torethrough intricate solos andDochstader pumped out pro-pulsive bass lines effortlessly,covering the flanks from fold-backs to amps. Louis Macklin(keyboards) and Ben Dexter(drums) drove the rest of thebluesy rock rhythm, a soundthe 67 Special have madetheir own.

«Nerves?»«Not the debilitating kind.

Three beers and a couple ofcigarettes, then you’re fine.Those kind of nerves.»

Dochstader’s nonchalant,laid backexplanationbelies thedifficultiesthe band hasfaced in thelast fewyears, butalso hints attheir resi-lience anddetermina-tion to suc-ceed. Soonafter therelease oftheir debutalbum, TheWorld CanWait, theirrecord label,F e s t i v a lMushroom,was boughtout by thel a r g e rW a r n e rMusic Australia, throwing aspanner in the album’s pro-motional works.

«That had a horrible effecton us. We were getting readyto go overseas where we’dgotten a lot of attention. Itcoincided with about a monthafter we’d released the albumso we’d put in all this promo-tion and got the ball rolling.Then the wind just came outof our sails and we were leftdrifting with no help from themedia. We were so close tobreaking into something greatand the timing was reallygood too because Rock ‘n’ Rollwas hitting a decent stride.»

The band were suddenlyfaced with the collapse of themomentum they had workedso hard to build up behindtheir debut release, but charac-teristically could only see oneway to go - forward.

«As soon as that startedhappening we just began wri-ting the next album. We deci-ded it wasn’t going to phase

us. We just kept going, andafter 6 months we thought wehad the second album. We had12-14 songs that were reallygood but we just decided theyweren’t good enough. Weworked another three monthsand wrote another six songs,so by then we had 20 songs.OK, so break that down to tenand you’ve got a good album,right? Nah, not nearly goodenough. So we just kept onwriting.»

And so it is that The DevilMay Care finally came to be.12 triple-distilled cuts thatshowcase not only the band’sstraight-up Rock ‘n’ Roll roots(singles Sold Your Little Sisterfor a Red Motor Car, KillerBees, and Shot at the Sun) butalso their willingness to mixother musical flavours in ser-vice of the perfect blend. Thehaunting Running from theMan is reminiscent of theDoors’ Riders on the Storm,whilst the slow tempo andjazzy It’s Not Like You blendsroots-reggae with one ofMacklin’s soulful keyboardsolos. «At the end of the day

if welook at asong andits value,that’s gotabsolute-l yn o t h i n gto dowith thegenre. Ifit’s ag o o ds o n gthen youcan takeit and geta polkaband todo it andit’ll stillbe a goodsong. Yougive it toa reggaeband andif it’s a

good song, you’ll still hearthat.»

As Bryan excuses himself toreturn to his poker game andour interview comes to anend, one thing seems clear:whatever the new album’stitle suggests, the 67 Special’sapproach to their music isanything but cheerfully rec-kless. This is a band thatunderstands the deceptivelysimple recipe for success inthis business: write a bunch ofgreat songs, deliver a killerlive show every time, add justa pinch of good old fashionedluck, stirand serve.And judgingby the waythe crowd atthe Cornerate up thelive show,the 67Special seemto be gettingthe balancejust right.

FRANCE Winter Family A church in thecentre of Paris, not a group but an expe-rience of childhood bedtime stories

SPAIN Euro Trash GirlIndie Rock in Valencia

AUSTRALIA 67 Special Interviewingthe drummer of the Australian band

BBEEYYOONNDDBBEEYYOONNDDAustraliaAustralia

AA

Scott Drummondis a freelance wri-ter from the UK,living and workingin Melbourne,Australia. Therehe writes regularreviews and fea-tures for a num-ber of print publi-cations and editsthe music blog‘For People WhoCan’t Read’.

BBEEYYOONNDDBBEEYYOONNDDMusicAll

by SCOTT DRUMMOND

A crypt in Paris for Ruth andXavier, in a journey to the very

depths of the self

6677 SSPPEECCIIAALL6677 SSPPEECCIIAALL

it’s

JEN CARSWELL

soft hum echoes against the vaulted ceilings and chipping frescos in thecrypt of St Suplice, a church in the centre of Paris. A piano, organ, harmonium,

and arm chair patiently await, like the rest of us, the arrival of Winter Family.This duet comprised of Israeli Ruth Rosenthal and French Xavier Klaine wasformed in Jaffa in 2004 and since then has been performing in similar such

venues in New York, Europe, and the Middle East.Winter Family is not simply a group, but an experience, at once

reassuring and terrifying. The sound is a combination of melodic spoken-wordtexts in English and Hebrew against sparse hypnotic music. A deep feminine

voice recites words and creates images reminiscent of childhood bedtime sto-ries. With a haunting melody continually playing like a broken gramophone, it

quickly becomes evident that what we are entering is not a dream but a nightmare.

«I was born in the spring, that’s why it tookme so long to find my real family, my true family, my

winter family» is both the first line from the titletrack and an example of Ruth’s beautifully intricate

and elegantly perplexing poetry. Her texts explore theworst of what human beings are capable of doing to

one another: violence, pride, suffering, uncertainty,death. The message is at times clear and direct while

others ambiguous and abstract. One song fills theroom with gunfire as a mother waits for a son who

will never return, while another paints the world fromthe point of view a slug. The political and the philoso-

phical are interwoven, often accentuated by the ironicand the absurd. This melancholy music constructs a universe steeped in dar-

kness. Light exists only blindingly and in bursts. The journey is not however to the outreaches of the galaxy but to the very

depths of the self. It is an introspective look and according to Ruth ‘a gift’ to beinterpreted differently and independently by each individual.

Winter Family’s debut album was released in September with theirsecond album well under way. The follow up to I Was Born In Spring

is apparently fuller-sounding, more accessible, and darker. The group will be per-forming at the Horse Hospital in London on November 10th and are constantly

adding dates and locations. With few influences and fewer contemporaries,this unique duet promises nothing but facilitates a musical sojourn that goes

beneath and beyond the majority of indie bands.Left with goosebumps and shivers,

they should not be missed.

aa

WINTER FAMILYBBEEYYOONNDDBBEEYYOONNDDParisParis

ning of a new listening.The Valencian quintet are at their

best moment, confident and capableof creating hypnotic atmospheres ofelegant rock and of injecting magicinto the songs that Judit Casadosings in an incomprehensibly uni-que way.

It’s difficult to explain how hervoice conveys such intimate emo-tions, with an adhesive groove thatboosts the melody from the centreof the Earth to infinity with theeuphoria of rock and the temperan-ce of country–punk. But the respon-se to this fact can be found in a bandwhich is well-oiled and perfectlysolid, and also able to embody andexpress with energy any soundatmosphere. The time has come tosay goodbye to the rain and to wel-come a new sun.

EURO TRASH GIRLEURO TRASH GIRLKISS AWAYKISS AWAYTHE RAINTHE RAIN

EURO TRASH GIRLEURO TRASH GIRLKISS AWAYKISS AWAYTHE RAINTHE RAIN

Vicente Martinez is the managing director ofZebra Records & Tabalet Editorial Publishing,a Spanish label with artists and bands asNice Man & The Bad Boys (UK), The Mockers(US), Euro-Trash Girl (ES) or Siwel (ES).

by VICENTE MARTINEZ MARCO

It’s a chilly Tuesday night as I settle into mychair in the empty Public Bar on the northernfringes of Melbourne’s CBD. There’s a regu-lar game of poker going on in the back room,and among the punters is Bryan Dochstader,bassist with the 67 Special...

BBEEYYOONNDDBBEEYYOONNDDSpainSpain

Page 8: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

uando ci sitrova davantia gruppi

come i Tuxedomoon èdifficile limitarsi aparlare semplicemen-te di musica. La bandformata da Blaine L.Reininger, StevenBrown e PeterPrinciple a SanFrancisco, con il sup-porto tecnico dell’arti-sta video TommyTadlock, è riuscita conun’eccellente visiona-rietà ad abbracciareteatro, cinema, danza,letteratura, dando vitaa una vera e propriamultiarte. Probabilmente la«multimedialità» deinostri giorni è proprioil momento miglioreper apprezzare piena-mente il ritorno deiTuxedomoon che conl’uscita del nuovoalbum Vapour Trailsfesteggiano ben 30anni di carriera.La band californiana èstata senza dubbio unadelle realtà più origi-nali e innovative dellastagione new-wavema, a differenza deigruppi dell’epoca èriuscita ad andare ben

oltre un’este-tica puramen-te musicale. ITuxedomooncominciano afarsi stradadurante lafine deglianni 70 suo-nando indiverse esposizioni accompagnando le perfor-mances degli Angels of Light e divengono prestocelebri per i loro spettacoli sperimentali e avan-guardistici in cui mescolano sapientemente musi-ca avantgarde-rock, classica e sintetica, melodietipiche del dark, voci spettrali e sussurrate, atmo-sfere decadenti, coinvolgenti shows che tantoricordano gli psicodrammi del vecchio teatroespressionista (basti pensare che la band, venneinizialmente coadiuvata da alcuni esponenti dellascena teatrale locale fra cui in particolare il mimo-cantante Winston Tong). In un’intervista Reinenger ha addirittura affer-mato di aver conosciuto gente che era completa-mente «terrorizzata» dai loro show, ovvia con-seguenza del fatto che gran parte dei brani deltrio californiano erano costruiti con il «tritono»,intervallo di quarta aumentata bandito dallaChiesa ai tempi del Medioevo perché considera-to «la musica del Diavolo».Cresciuti in piena epoca post-punk ma, decisa-mente lontani da ogni forma di «americani-smo», i Tuxedomoon sono costretti a partire perl’Europa stabilendosi prima ad Amsterdam e poia Bruxelles. Ed è proprio in Europa a metà deglianni 80 che la loro popolarità cresce a dismisura,in particolare con l’uscita di Half-Mute, probabil-mente il disco che meglio fotografa l’unicità dellaband. Il nuovo tour dei Tuxedoomon, che perl’occasione hanno scelto di eseguire oltre ai nuovi

TTUUXXEEDDOOMMOOOONNIINN IINNTTEERRVVAALLLLOOTTRRIITTOONNOO

Music In Ottobre Novembre 007

TUXEDOMOON Suonano la musica deldiavolo, quella che fa paura alla Chiesa.Perché è un intervallo di quarta aumentata.

A TOYS ORCHESTRA I campanidell’indie-rock si addormentato colcarillon e sognano in technicolor

FIERA C’è quella di Faenza

giunta all’undicesimaedizione la più granderassegna discografica e di

musica indipendente italiana,ospitata dalla Fiera di Faenza(24-25 novembre, anteprima il23). Il Meeting EtichetteIndipendenti e delle autoprodu-zioni 2007 si conferma nuova-mente come un momento fonda-mentale per la scena musicaleindipendente, con live di qualità,dibattiti, convegni e premiazioni.Ben 250 gli artisti previsti perlive e show, 300 stand presenticon oltre 200 realtà indipendenti,50 media partner del settore ed oltre 60 festivalper emergenti.

La manifestazione è un vero e proprio teso-ro per tutti i talenti emergenti del panoramamusicale italiano che possono qui trovarel’occasione di incontrare discografici italianie stranieri, conoscere e farsi conoscere, tro-vare contatti per accedere ad un mercatodiscografico minore ma sempre in fermento elontana dalle frequenti manipolazioni dellemajors ma anche un modo per addentrarsinella nuova scena indipendente ed emergenteitaliana e capire quale direzione sta prenden-do il districato panorama musicale.

Tra gli appuntamenti fissi del M.E.I., il PIMI(Premio Italiano per la Musica Indipendente),che premierà gli album preferiti da una giuriadi critici musicali garantita dai giornalistiFederico Guglielmi, Daniel Marcoccia, EnricoDeregibus, Valerio Corzani, John Vignola eFabrizio Galassi. Il miglior disco indipendente(che negli anni precedenti è stato vinto daAssalti Frontali, Afterhours, Nada e Yuppi)sarà uno tra i migliori 20 album indipendentidell’ultima stagione, selezionato fra Nada,Avion Travel, Tetes de Bois, Virginiana Miller,Tre Allegri Ragazzi Morti, Ginevra Di Marco,

Teatro degli Orrori, Jennifer Gentle, IvanaGatti e Gianni Marroccolo, Etherea+UochiToki, Moltheni, Rudy Marra, Port Royal,Melody Fall, A Toys Orchestra, Giardini diMiro’, Dente, Atletico Defina, Ardecore ePiccola Bottega Baltazar.

«Questi venti album–dice GiordanoSangiorgi, organizzatore del M.E.I.–sono ilmeglio di quanto espresso dalla nuova scenaindipendente nel nostro Paese, alcuni dei qua-lisono stati ai primi posti delle classifiche divendita ufficiali. Mi auguro che questi e tuttele altre produzioni indipendenti italiane possa-no ispirare gli organizzatori dei grandi festivalmusicali, con la possibilità di ospitare questebands e dar loro la visibilità che meritano».

Già noti i primi vincitori del Pimi 2007: aiDiaframma andrà il premio per la miglior auto-produzione, i Giardini di Mirò sono il migliorgruppo indipendente dell’anno, Moltheni ilmiglior solista, i Tetes de Bois hanno realizza-to il miglior tour, la Radiofandango è l’etichet-ta dell’anno, Giulio Favero (Teatro degliOrrori, Super Elastic Buble Plastic, OneDimensional Man) e Giovanni Gandolfi (Disco Drive), i migliori produttori artistici ediscografici dell’anno. Tra le rivelazioni indie

rock i Canadians, il Teatro degliOrrori, gli LnRipley. Nell’indie-pop, invece, The Second Grace,Vanilla Sky e Khorakhanè.Fondamentale lo spazio dedica-to alla musica internazionale, ilM.E.I. International, che, a parti-re dalla scorsa edizione, ha por-tato alla fiera più di cinquantaoperatori stranieri e sta prose-guendo per allargare i contatti econsolidare gli scambi con real-tà musicali a livello mondialeattraverso un accordo con ilMinistero del Commercio conl’Estero.

Oltre alle produzioni musicali indipendentiitaliane, che spazieranno dall’indie-rock allanuova musica d’autore, dal nuovo pop al neo-folk, dal reggae all’hip-hop, dall’elettronica lapunk, dal jazz al blues, dallo ska al metal, ilM.E.I. accoglierà band da oltre 17 Paesi:Inghilterra, Francia, Germania, Svizzera,Irlanda , Spagna, Svezia, Olanda, Portogallo,Russia, Grecia, Lettonia, Slovenia, Danimarcae Lussemburgo.

Tra le novità di quest’anno, oltre alla presen-za di tutte le produzioni indies nei tre padiglio-ni della fiera - insieme ai tre tendoni per i live- spicca sicuramente la presenza di SuonoItalia, con il meglio della produzione artigiana-le nazionale di strumenti musicali in un padi-glione del Palazzo delle Esposizioni, in centroa Faenza, che porterà una grande attenzione daparte del mondo della musica colta (jazz e con-temporanea) cui si aggiunge il progetto dellavalorizzazione delle musiche regionali con lapresenza di festival e operatori del settore.

Presente anche una sezione World, dovesaranno realizzati showcases, dibattiti e tavolerotonde legate al genere: un passo importanteche copre un vuoto di attenzione nei confrontidi questo settore così dinamico e ricco.

campani A Toys Orchestra nascononel 1998 dalle ceneri della bandMesuild, dopo la partecipazione allacompilation Soniche Avventure e la

vincita del concorso Gruppo Soniche del2000 indetto da Sony/Fridge, nel giugno2001 pubblicano il primo album dal titoloJob (Fridge). Nel 2003 partecipano e vin-cono il concorso nazionale per le etichetteindipendenti MusicalBox di Urbino.Nell’autunno dello stesso anno la bandlascia la Fridge per passare alla UrtovoxRecords e comincia a lavorare a CuckooBoohoo, album pubblicato nell’ottobre2004, considerato una delle rivelazionidella stagione 2005-2006. L’ultimo lavorodella band (marzo 2007) si intitolaTechnicolor Dreams, album maturo e raffi-nato che dimostra uno stile personalissi-mo oramai consolidato dove ballate, carril-lon di pianoforte, sognanti arrangiamentiorchestrali, suoni morbidi e chitarre tipica-mente «indie-rock» disegnano uno scena-rio fantastico di intimismo, romanticismo emagia. 13/10 Circolo degli Artisti Info 0670305684 H 21 Û 5

Q

è

A TOYS ORCHESTRA

uscito ad agosto, pubblicato dallaYoung God Records, il nuovo album del-l’americano Michael Gira We are Him.

Da tutti conosciuto come fondatore e co-leader degli Swans, straordinaria band diavant-garde rock attiva fino ad alcuni annifa, Gira è stato impegnato negli ultimi tempiper lo più come produttore di altri musicistio come co-autore di diversi progetti speri-mentali fra cui The Body Lovers e Angels ofLight. We are Him vanta la collaborazione diprestigiosi musicisti fra cui Christoph Hahn(Swans, Angels Of Light), Bill Riefli (REM,Ministry, Robert Fripp, Robyn Hitchcock),Julia Kent (Antony and The Johnsons),Steve Moses (Alice Donut). Amore, deside-rio, perdita, sesso, tradimento, amarezzasono i temi che accompagnano da sempreun artista «completo» e sui generis, capacedi coinvolgere l’ascoltatore senza aver biso-gno di abbellimenti e inutili orpelli. Come haaffermato Seth Olinsky (Akron/Family):questo non è «indie rock», questa è «auten-tica musica americana», o come dice GramParsons «American Cosmic Music». 17/10Circolo degli Artisti Info 06 70305684 H 21

ati nel 1993 con l’intento di riproporrele straordinarie atmosfere dei concertidei Genesis nel loro periodo d’oro degli

anni 70, i Musical Box sono l’unica coverband ad aver ottenuto la licenza di riprodur-re The Lamb Lies Down On Brodway daPeter Gabriel in persona. Uno studio attentodi coreografie, trucco, maschere, effetti spe-ciali, luci e a una grande padronanza tecnica.Tutto esaurito per i Musical Box, che sicimenteranno con Foxtrot il 9 novembre econ Selling England By The Pound il 10. 9-10/11 Gran Teatro Info 06 37353588 H 21 Û 40

èè

Terrorizzano col tritono, scappano dall’Americae, metà muti (metà no), conquistano l’Europa

a cura di VALENTINA GIOSA

GIOSA

PERCHÉ VI SI RIUNISCONOTUTTI. QUELLI CHE SONO

EMERGENTI E QUELLICHE LI FARANNO EMERGERE

PPPPOOOOPPPPCCCCKKKKpop&rock

IIII MICHAEL GIRA

Quando pubblicammo il nostro primoalbum, una buona fetta della critica uffi-

ciale trovò scandaloso che la chitarra uscis-se da un sampler!», afferma il cantante-com-positore Franz Treichler, chitarrista fonda-tore del trio svizzero, Al Comet (campionato-ri) e Bernard Trontin (batteria). Rock, elet-tronica e sperimentazione sono gli ingre-dienti di questa band, una delle più influentisulla scena musicale europea (basti pensarea Chemical Brothers, Nine Inch Nails,Prodigy) che festeggia con l’uscita del nuovoalbum ben vent’ anni di carriera. Gli YoungGods tornano con Super Ready/Fragmenté,summa dei lavori dell’ultima decade dellaband, segnata dallo straordinario Tv Sky(1992), Only Heaven (1998) e Music forArtificial Clouds (2004). Giunta al tredicesi-mo capitolo, la band ha proseguito la stradadella ricerca e della sperimentazione dandonuova veste alle sonorità elettroniche che inSuper Ready/Fragmenté si uniscono allanew-wave e all’hard rock, aprendo le porte aun’atmosfera tipicamente industrial che nondispiacerebbe agli appassionati di Ministry oKilling Joke. 18/10 Circolo degli Artisti Info 0670305684 H 21 Û 20.70

««YOUNG GODS

NN

brani anche una rielaborazione in chiave «cameri-stica» dei loro due capolavori (il già citato Half-Mute e Desire, nato da ua colonna sonora compo-sta per un balletto di Maurice Bejart), partirà pro-prio dall’Italia.Sarà una buona occasione per apprezzare ancorauna volta una band che risulta ad oggi profonda-mente attuale, classica e sperimentale, minimale emultimediale, in bilico fra la «ricchezza dell’espe-rienza» e «l’incoscienza del nuovo».

FAENZA. CHE FA RIMA CON EMERGENZA

MMuussiiccaall BBooxxMMuussiiccaall BBooxx

Page 9: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

Music In Ottobre Novembre 007

Dopo aver incantato e sedot-to l’intera platea milanese adaprile, Lisa Gerrard, cantantemusicista e compositriceaustraliana, ex Dead CanDance, voce unica e incon-fondibile, ultraterrena esenza tempo, torna a Roma il6 novembre a seguito dellapubblicazione di The Best ofLisa Gerrard, che ripercorregran parte della sua carriera.Difficile non restare comple-tamente ammaliati dal fasci-no della Gerrard: volto d’an-gelo, voce carezzevole chesfiora l’infinito e tanta musi-calità nell’anima. Dopo i lun-ghi studi di canto classico ini-

ziati da bambina, l’ex Dead Can Dance ha proseguito con passione e dedi-zione la sua ricerca musicale attingendo con il tempo ad influenze tra lorolontanissime che l’hanno portata ad esprimersi in un linguaggio talvoltainventato o ad utilizzare lingue antiche come il latino, il gaelico e l’aramai-co. Questa apertura all’universalità le ha permesso di spaziare dal goticodegli esordi alla world music, dalla new age alla musica sacra fino a dedi-carsi magistralmente alla composizione di colonne sonore per cui ha otte-nuto diversi importanti riconoscimenti. Dopo la lunga ed intensa parente-si cominciata nel 1981 con i Dead Can Dance (una delle band più influen-ti della corrente gotica degli anni 80 insieme a Bauhaus, The Cure, JoyDivision, Siouxie and the Banshees, Sisters of Mercy), la Gerrard intra-prende la carriera solistica nel 1995 guadagnandosi l’attenzione di un pub-blico certamente meno di nicchia. L’estetica prettamente dark degli esordiviene infatti con il tempo contaminata dalle diverse culture con cui la musi-cista australiana entra in contatto ma la forte attitudine mistica di Lisarimarrà senza dubbio una costante. Dopo Mirror Pool, il suo primo albumda solista, la Gerrard pubblica Duality nel 1988, lavoro che sancisce l’ini-zio di un’importante collaborazione con Peter Bourke, uno fra i maggioricompositori attuali di colonne sonore. Insieme a Bourke firma infatti lemusiche di Insider - Dietro la verità e Alì (premiati per due Golden Globe)e insieme a Hans Zimmer quelle de Il Gladiatore (2000), con cui vince unGolden Globe e riceve una nomination per il premio Oscar. Questi ricono-scimenti faranno si che Ennio Morricone la voglia con sé per realizzare lemusiche di Fateless (2006). Lisa Gerrard incarna alla perfezione l’attitudi-ne del musicista contemporaneo autentico che, nello scenario multimedia-le e frenetico dei nostri giorni, dove il concetto di «nuovo» è in perennetransizione e riscrittura, non può più essere legato all’idea di «genere»musicale ma può soltanto reinventarsi e sperimentare. Ha senso ancoraoggi parlare di rock, jazz o blues? O forse si può solo imitarli, guardareindietro, al vecchio e rielaborarli? Bisognerebbe allora usare un’altra pro-spettiva, quello della colonna sonora, divenuta oramai elemento impre-scindibile che accompagna ogni piccolo istante della vita, sempre e ovun-que. Questo articolo è stato scritto tutto di un fiato da Valentina Giosa.

LISA GERRARD Incanta, ammalia, seduce. Incarna. TONY LEVIN Il pionere della ChapmanStick, l’inventore della «funk fingers».Decisamente, un Sick Man.

EDITORS Si chiama Smith, come Robert. Perlui The End Has A Start. Vero, se Start vuol direprimo posto nelle classifiche UK.

opo 71 concerti in Italia e in Europa, le tre repli-che in Arena (tutte esaurite) e dopo aver attraver-sato Sudamerica, Canada, Stati Uniti per oltre 50

concerti, fra cui anche una data nella prestigiosaCarnagie Hall il 28 settembre, dove ha festeggiato i suoi52 anni, ed una in occasione del Columbus Day l’8 otto-bre a New York, il Fly Tour di Zucchero torna nei pala-sport in Italia cominciando da Roma. Adelmo Fornaciari,in arte Zucchero, bluesman italiano per eccellenza, haportato per il mondo la sua ultima fatica intitolata Flyche ha visto la collaborazione di Ivano Fossati eJovanotti, album di undici tracce, fra cui spicca il tor-mentone radiofonico Il Kilo, ormai canticchiato da tutti.È prevista per novembre l’uscita del doppio cd The BestOf che conterrà 35 brani, con quattro inediti e variecover prese degli anni 80. Intanto il musicista emilianoha rivelato che gli piacerebbe molto poter fare un duet-to virtuale con Pavarotti, sulle note del Miserere, ma hapaura della reazione del pubblico «perché non so comela prenderebbe». 13-14/11 Palalottomatica - Ex Palaeur Info199128800 H 21 Û 30-55

LLIISSAALLIISSAAGGEERRRRAARRDDGGEERRRRAARRDD

TTUUTTTTAATTUUTTTTAADDIIDDII

UUNNUUNN FFIIAATTOOFFIIAATTOO

PPPPOOOOPPPPCCCCKKKKpop&rock

apitanati da Ed Wynne, chitarrista emente del gruppo, gli Ozric Tentacles

(denominazione che viene fuori da una rosadi fantasiosi nomi per un’ipotetica marca dicereali psichedelici per la prima colazione),nascono nel 1983 e si ritagliano una sem-pre più numerosa fetta di pubblico grazie auno stile accattivante che fonde psichedelia,elettronica, riff di chitarra hard rock, unbasso prettamente funky e sonorità spessoetniche, arabeggianti o ambient. Gli OzricTentacles hanno affrontato negli anni molte-plici cambi di formazione, in cui l’unicacostante è rappresentata proprio da EdWynne. Pungent Effulgent è stata la loroprima registrazione ufficialmente distribuitada un’etichetta discografica nel 1989. Finoad allora infatti, nessuno dei loro lavori avevaancora visto la distribuzione ufficiale e ilgruppo disponeva solo di nastri autoprodot-ti durante le numerosissime esibizioni live.Divenuti oramai leggenda dell’undergroundinglese, ad oggi gli Ozric hanno inciso ben 20album. Attualmente sono in studio per regi-strare il loro nuovo album. 2 /11 Stazione BirraInfo 06 79845959 H 21.30 Û15+dp

opo la memorabileesibizione del Godsof Metal dove la

band statunitense haregalato al pubblicodell’Idroscalo di Milanouno dei loro capolavoriassoluti, nonché un capo-saldo del progressive-metal, Image and Words, iDream Theater tornano inItalia con il Chaos inMotion World Tour2007/2008, che paritiràda Bologna per prosegui-re per Roma, Andria,Milano e Padova.Protagonista della nuova

tournée è l’ultimo lavoro della band,Systematic Chaos, ennesima dimostrazioneche sicuramente i Dream Theater ci sannofare ma forse l’ispirazione di dischi, come ilgià citato Image and Words e MetropolisPart II, è un po’ lontana. Il Chaos in MotionWorld Tour 2007/2008 che vedrà la bandaccompagnata da un altro dei gruppi piùinfluenti della scena metal degli ultimi tempi,i Symphony X, sarà un appuntamento danon perdere sia per i numerosi affezionatiche per chi vuole godersi un bel concertoall’insegna dell’hard rock. Palalottomatica - ExPalaeur Info 199128800 H 20 Û 36 a 4O

ato a Boston nel giugno del ‘46, TonyLevin è sicuramente uno dei più grandi

bassisti degli ultimi tempi grazie al semprepiù raro connubio di tecnica e passione. Ilsuo groove inconfondibile ha accompagnatodiversi artisti mondiali come Peter Gabriel,King Crimson, Yes, Liquid TensionExperiment, Pink Floyd, John Lennon, DireStraits, Joan Armatrading, Alice Cooper,Seal, David Bowie, Carly Simon, CaliforniaGuitar Trio, Sarah McLachlan, Kevin Max,Paul Simon, Michael Schenker Group ed hacollaborato con numerosi artisti italianicome Vasco Rossi, Alice, Claudio Baglioni,Raf, Eros Ramazzotti, Ron e Fossati (per cuifirma il brano L’Abito Della Sposa contenutoin Macramè). Levin è stato pioniere dell’usodella Chapman Stick e del contrabbassoelettrico, e inventore di una nota tecnicachiamata «funk fingers». Il musicista ameri-cano ha da poco annunciato il suo nuovoalbum da solista che prende il nome propriodalla sua tecnica Sick Man, registrato in col-laborazione con Scott Schorr (batteria, per-cussioni e tastiere), Chris Albers (chitarraacustica) e Tim Dowe (batteria). 23/10Stazione Birra Info 06 79845959 H 21.30

nnTONY LEVIN

li Apocalyptica (attualmente: EiccaToppinen, Paavo Lötjönen e Perttu

Kivilaakso) nascono nel 1990 a Helsinkidopo essersi laureati all’AccademiaSibelius, il più prestigioso conservatoriofinlandese. Appassionati e ispirati dallamusica heavy metal, quattro violoncellistisi dedicano al riarrangiamento dei branipiù celebri dei Metallica donando loro unaveste del tutto nuova, sognante e a trattimagica. Debuttano nel 1996 con PlaysMetallica By Four Cellos, disco compostoda otto brani che furono quasi uno shockper molti amanti del genere metal. Dopol’album Cult e l’uscita di uno dei componen-ti dal gruppo gli Apocalyptica decidono diinserire un batterista, Mikko Siren cheindubbiamente, sia sul disco che dal vivo haconferito più potenza alla loro musica. Siintitola World Collipse l’ultimo lavoro dellaband finlandese, album dove compaionoillustri ospiti come Till Lindemann deiRammstein (che interpreta la versionetedesca della celebre Heroes di DavidBowie), Cristina Scabbia dei Lacuna Coil, ilcantante degli Slipknot Corey Taylor eDave Lombardo degli Slayer. 11/11 Circolodegli Artisti Info 06 70305684 H 20 Û 23

Italia per due imperdibili date gliEditors, considerati tra i migliori gruppidella scena neo-wave britannica. Il

quartetto di Birmingham sarà a Roma e aBologna per presentare il nuovo e già accla-mato An End Has A Start. Tom Smith (chi-tarra e voce), Chris Urbanowicz (chitarra),Ed Lay (batteria) e Russell Leetch (basso) siconoscono all’Università di Stafford, vicinoBirmingham. Nel 2003 danno vita agliEditors, nel 2004 firmano il loro primo con-tratto discografico con l’etichetta indipen-dente Kitchenware e l’anno successivo dopoun intenso tour in madrepatria, pubblicanoin tiratura limitata il singolo di debuttoBullett, esaurito in un solo giorno che antici-perà l’uscita di dell’album di debutto TheBack Room, disco di platino in UK. An EndHas A Start affonda le radici nel post-punk enella new-wave inglese più oscura ed emoti-va, ma non si tratta di un lavoro completa-mente dark, come sottolinea il leader TomSmith, perché esso è anche il frutto di dueanni di tour, due anni frenetici e eccitantispesi in mille posti diversi tra persone di ognitipo. E l’energia di quel periodo si riversa ine-vitabilmente sui brani che compongono que-sto secondo album. An End Has A Start hascalato le classifiche inglesi e ha raggiunto ilprimo posto subito dopo l’uscita. 21/11 PiperInfo 06 8555398 — 347 0928416 Û 18 euro+d.p.

EDITORS

DDRREEAAMM TTHHEEAATTEERRDDRREEAAMM TTHHEEAATTEERR

PPoorrccuuppiinnee TTrreeeePPoorrccuuppiinnee TTrreeee

dd

cc

APOCALYPTICA

GG

a prog-rock band inglese Porcupine Tree torna in Italia per promuovere con un nuovotour l’ultimo album, Fear Of A Blank Planet. Primo appuntamento al Teatro Tendastriscedi Roma, mentre il bis sarà concesso a Milano. È una storia curiosa quella della forma-

zione britannica che, partendo dalla passione comune per le sonorità psichedeliche deiprimi Pink Floyd e il progressive di Yes, King Crimson, Genesis, e passando per il grungeche tanto ispirerà Steven Wilson, (autore di tutti i brani perlomeno fino all’ uscita di StupidDream - 1999), è riuscita a creare una sorta «space-progressive». Semi-sconosciuti inpatria, dove si trovano a «subire» il primato di gruppi assai meno originali, come Oasis,Prodigy e compagnia, i Porcupine Tree trovano successo in Italia, in in particolare a Roma,dove anche grazie alla promozione dell’emittente Radio Rock, sono riusciti a creare unanutrita colonia di fan. I Porcupine Tree avranno uno special guest d’eccezione: gli Anathema,deliziosa band di Liverpool che riesce a fondere melodie eleganti e sonorità piu’ aggressive.17/11 Teatro Tendastrisce Info 06 45496305 349 6692455 H 20 Û 31.05

LL

inin

ZZuucccchheerrooZZuucccchheerroo d

Page 10: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

alla savana alla metropoli congoleseKinshasa fino ai palchi prestigiosi ditutto il mondo. Questo il viaggio di

Konono n. 1, il gruppo di apertura di Meet inTown, la rassegna che tutti gli anni porta nellesale prestigiose dell’Auditorium i nomi piùimportanti della scena elettronica mondiale.

Una musica dai sapori rurali e urbani. Unacontaminazione che sa di storia, la storiadell’Africa. Quella terra che oggi ricorda un po’le descrizioni della Londra di Charles Dickens ole città francesi di Emile Zola e nella quale ilritmo della musica non ha mai smesso di batte-re. Ma neanche le forme più pure dell’arte pos-sono sfuggire all’evoluzione e all’industrializ-zazione. Sarà un male? Forse no. E un live diKonono n.1 ce lo sa dimostrare.

Il progetto nasce da Mingiedi, un virtuoso dellikembé, strumento tradizionale africano, com-posto da lamelle metalliche fissate ad una cassarisonante. Si sa, la musica ha per natura una fun-

zione sociale e per perseguirla deve parlare illinguaggio del suo popolo. Per questa ragionequella che può definirsi un’orchestra di ispira-zione tradizionale ha dovuto elettrificare i pro-pri strumenti e adeguarsi ad una comunità ormaifortemente urbanizzata. E lo ha fatto mischian-do sapientemente alla fantasia e alla culturaogni tipo di materiale di recupero.

È così che i tre likembè che compongono ilgruppo si elettrificano e il loro suono si propagagrazie all’aiuto di microfoni costruiti con vecchimagneti di automobili. Tre voci calde si appog-giano su percussioni tradizionali che tengono iltempo intrecciandosi a casse fatte di scarti indu-striali e meccanici. Tre ballerini si muovono inuna danza primordiale e coinvolgente sulle notediffuse da un sound system dotato di grandimegafoni risalenti all’epoca coloniale.

Un’atmosfera ipnotica fa da sfondo così ad ungroove che scuote. I ritmi africani si lascianoattraversare dall’elettronica più estrema e rumo-

Music In Ottobre Novembre 007

NERVOSO CABARET Urlaccipunk, chitarre metal, groove no-wave e fiati jazzistici

KONONO N. 1 Non un nuovoprofumo, ma il ritmo selvaggiodella gente povera del Congo

BLUEBEATERS Sono quelli di Palma,quelli che portano a spasso un cane e i ritmidei negri portoricani di New York

ornano i BlueBeaters.Giuliano Palma e lasua band pubbliche-

ranno il loro nuovo disco ametà ottobre, terzo albumufficiale del gruppo se siesclude quello realizzato dalvivo, e uscirà ancora unavolta per l’etichetta V2. Ilsound è sempre caratterizza-to da una rilettura in chiavebluebeat di canzoni giàedite. La curiosità è troppa.Abbiamo incontrato Ferdi, ilbatterista dei B.B., per capiremeglio come sarà Boogaloo.

Il boogaloo è un genere fattodi soul e r&b impregnati diritmi latini, il vostro suono ha preso un’altradirezione?

In realtà il genere è sempre quello. Soloche il boogaloo, ovvero un misto di gene-ri portato dai neri portoricani a New York,mischia anche il rythm&blues e ilrock&roll al mambo e al calipso, inventan-dosi una soluzione ritmica meticcia, comequella dello ska, ma ancora più colorita.Noi abbiamo un approccio che resta lega-to alla musica giamaicana, ma adesso ciabbiamo aggiunto anche un’altra prospet-

tiva, mischiandoci ancoraqualcos’altro. I pezzisono comunque arran-giati alla nostra maniera,la base è sempre ska erocksteady, anzi il lorolato più nostalgico: ilbluebeat.

Come nasce il nuovoalbum?

Abbiamo iniziato apensare al disco subito

dopo il tour. A gennaio ci siamo presi unapausa dai palchi, quindi abbiamo decisodi chiuderci in studio per preparare inuovi brani. Siamo partiti con dei provini,con calma, con un po’più di tempo rispet-to al solito; in genere i nostri pezzi nasce-vano direttamente sul palco, per TheAlbum e Long Playing è stato così. Questavolta la preparazione è stata più lunga.Abbiamo avuto un bel po’ di tempo in piùper pensare a come rapportarci ai braniche sono entrati a far parte del nostrorepertorio. In realtà, poi, sia le cose fatte difretta che quelle registrate con più prepa-razione, come è successo per il nuovodisco, si assomigliano, nel senso che lanostra attitudine musicale è sempre quel-la. Naturalmente questa volta il fonico hapotuto lavorarci meglio, ha avuto unruolo meno marginale, come la produzio-ne del resto, a cui si sono dedicatiGiuliano Palma e Fabio Merigo. Il nostrosuono adesso è ancora meno grezzo, piùpop. Possiamo definire Boogaloo un discopiù radiofonico dei precedenti.

Nel disco, insolitamente, c’èanche un brano scritto da voi...

C’è un pezzo strumentale.È il pezzo più boogaloo deldisco, si ispira a quell’atmo-sfera portoricana di NewYork in atto nei tardi anniSessanta. Il cantato resta unelemento marginale delbrano, c’è solo qualche lineadi voce. The MarvinBoogaloo è una traccia origi-nale, registrata in una solamattinata, abbiamo decisodi tenerla perché ci è piaciu-ta da subito. Del resto, va acoprire anche un vuoto, nelsenso che nei dischi prece-

denti avevamo incluso più pezzi stru-mentali, questa volta avevamo già trop-po materiale per farlo, quindi una com-posizione di questo tipo, addiritturanostra, era in linea con le prerogativedegli album precedenti ed è risultataazzeccata.

D

T

Dalla savana alla metropoli,portano in giro la musica della gente più povera della terra

a cura di CORINNA NICOLINI

STEFANO CUZZOCREA

INTERVISTA A FERDIIL BATTERISTA

EEDDGGEEANDAND BACKBACK

odrigo e Gabriela, ovvero Messico eIrlanda andata e ritorno. Questo duo dichitarristi inizia a collaborare in molti

progetti di natura Metal tra cui i TierraAcida. Spinto dall’esigenza di nuove sonoritàparte per l’Irlanda e approda a Dublino doveha l’onore di aprire i concerti di Damien Rice.Lì parte la carriera musicale vera e propriache li fa registrare l’album d’esordio Re-Foce soprattutto il secondo, Tamacun. Sotto lasupervisione prestigiosa e sapiente del pro-duttore John Leckie (Stone Roses, Verve,Radiohead, Kula Shaker), Rodrigo e Gabrielatirano fuori un disco unico. Nasce un suonoin cui si mischia la tradizione messicana,simbolo di melodia e calma, con la frenesiadel mondo moderno. Le chitarre di Rodrigosono la parte virtuosa del lavoro e sono valo-rizzate dal tappeto ritmico di Gabriela, cheprende in prestito l’ossatura del flamencoma la attualizza in un approccio più rock. Laparte live di questo strano duo è la più fortee sembra che l’apice di questo viaggio traMessico e Irlanda sia la rivisitazione di“Starway to Heaven”, a dimostrazione che idue non hanno dimenticato il loro passatometal. Chiunque sia interessato alla fusionedegli estremi non può perdersi Rodrigo yGabriela. 22/11 Stazione della Birra

sound per una band è tutto. È la propriaanima, il proprio segno distintivo. Losanno bene i Nervous Cabaret che tra-

sferiscono nel loro suono il Melting Pot tipi-co di Brooklyn. Elys Khan, frontman e leaderdel progetto, butta nel calderone della suamusica melodie tradizionali pakistane, urlac-ci punk, chitarre metal, groove no-wave efiati jazzistici come se fosse il più normaledei procedimenti artistici. Il risultato è stupe-facente. I Nervous sono fondamentalmenteun collettivo aperto in cui entrano ed esconoliberamente musicisti che spesso hanno giàprogetti propri in parallelo ma sentono l'esi-genza di apportare qualcosa. Citare la line-up attuale è simbolico della loro filosofia edel viaggio musicale che si affronta ad unloro concerto. Non uno ma due batteristi(Brian Geltner e Greg Wiz), un basso elettri-co (Matt Moranti), un coronet (FredWright), un sax baritono (Don Undeen) eovviamente voce e chitarra acustica (ElysKhan). Aggiungiamo che ognuno di loro utiliz-za nel live svariati oggetti che producono dif-ferenti e inconsueti suoni. Si prevede maremosso al Circolo degli Artisti. 15/11 CircoloDegli Artisti

ililNERVOUS CABARET

RR

rista prendendo le sembianze del rock. Sul palco è tutta una festa. Si suona, si balla, si

canta, si crea, ci si reinventa con un entusiasmoquasi adolescenziale. Si assiste rapiti alla stralu-nata Kule Kule. Ci si diverte con Masikuku e ci silascia travolgere da Ungundi Wele Wele mentre ipercussionisti eccitati si uniscono alle voci delgruppo.

Quando un progetto vale davvero può partireanche dalle terre più antiche e lontane ma riescead arrivare. La stampa di tutto il mondo ha subì-to il fascino di Konono n.1 e ha tessuto le suelodi. Il BB3 World Music Award 2007 li ha elettivincitori. Persino un’artista del calibro di Bjork liha voluti ospitare nel brano Hope, dell’albumVolta. E l’Orchestra di Piazza Vittorio ha datoloro appuntamento in alcune date del suo tour.

Portano in giro la musica della gente più pove-ra della terra. E anche se sotto le loro scarpe nonc’è più la sabbia fangosa del Terzo Mondo assi-stendo ai loro live si riesce quasi a sentirlaaddosso.

CORINNA NICOLINI

BLUEBEATERS E IL BOOGALOO DEI NUYORICANS

RODRIGO & GABRIELA

KKOONNOONNOO NN..11,, LLAA SSAAVVAANNAA

Page 11: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

Music In Ottobre Novembre 007

arà un inverno caldo. Meteorologi a parte,ci penserà il reggae ad alzare la temperatu-re. Un’altra stagione infuocata della rasse-

gna intitolata Top A Top ha già aperto i battenti,ancora una volta al Brancaleone. Il giovedì roma-no continua a suonare in levare, affidando la con-solle a One Love Hi Pawa.

«Eravamo un gruppo di persone che amavano lamusica reggae e, nei primi anni Novanta, ci trova-vamo nel circuito dei centri sociali ed è qui cheabbiamo organizzato le prime feste. Con il quartie-re San Lorenzo di contorno, il 32 come punto diritrovo, Radio Onda Rossa per colonna sonora e leserate chiamate Tortuga al Forte Prenestino qualenostro punto di partenza. Era il periodo delle Possee usciva una cassetta autoprodotta, in cui alcuni dinoi cantavano in italiano sulle strumentali giamai-cane. Avevamo un sogno: costruire un impiantocome nella tradizione della musica giamaicana»,ci racconta Duccio, uno dei dj di O.L.H.P.

Ne è passato di tempo da allora, oggi la loro pro-spettiva ha già fatto tanta strada, come ci spieganoloro stessi: «Abbiamo costruito quell’impianto,già da un po’, e continuiamo ad occuparci di musi-ca reggae, la diffondiamo in vari modi, e abbiamodiverse attività legate a questo ambito: c’è il nostronegozio, aperto qui a Roma nel novantasei, in cuivendiamo dischi. Ci occupiamo di distribuzione divinili e cd tramite una nostra apposita società inGiamaica, creata lì tre anni dopo il negozio.Abbiamo una piccola etichetta discografica concui produciamo reggae italiano e internazionale.Poi, c’è la nostra attività di sound system che ciporta a suonare in giro per il mondo».

Tra Asia, America e Europa, isole comprese, OneLove Hi Pawa riesce ancora fare una tappa setti-manale a Monte Sacro ogni giovedì. La rassegnaintitolata Top A Top è un nodo tra Italia eGiamaica, in cui suonano ospiti provenienti daogni parte del mondo, ma legati ad un minimocomune denominatore: il reggae.

Brancaleone significherà Rufino e Bonifax,Black Scorpio, i giapponesi Mighty Grownd, gliafricani Sciasciamani, Alborosie, Perfect. Unprogramma rovente. Un sound che brucia di pas-sione per il reggae. Sarà un inverno molto caldo.Non c’è dubbio. (Stefano Cuzzocrea)

ONE LOVE HI PAWA L’intervista aDuccio, uno dei Dj che animano la scenareggae italo-romana

DIDATTICA Il Saint Louis apre il32esimo anno accademico a più di 1400allievi e li avvia alla professione artistica

MYSPACE GENERATION Sono quelli checonquistano le dita oltre che il cuore. Anche inAlbania. Quelli tipo Luca Bussoletti

DJ Miss Kittin,soft-fetish electro-clash

l mondo dell'elettronica fa dell'inno-vazione e della ricerca il proprio finesupremo. A volte, però, la ricerca sispinge così in avanti da tornare

indietro fino alle nostre origini. È il casocurioso e riuscitissimo dei brasiliani BondeDo Role, che mischiano la loro musica tra-dizionale con la dance e l'elettronica piùaccattivante. Il terzetto proviene dal suddel loro paese, Curtiba, e il loro nome, chedal portoghese si traduce in “crew delRole”, cita il bar in cui si sono formati siacome band che come ragazzi di strada. Madi strada ne hanno fatta tanta: possonovantare, infatti, di essere stati scoperti daDiplo, uno tra i nomi più potenti della musi-ca elettronica a stelle e strisce. Proprioper la sua etichetta, la Mad Decent, è usci-to il loro primo album ufficiale intitolato“Bonde Do Role With Laser”. La serata alCircolo degli Artisti si prevede calda emovimentata. Non a caso i Bonde Do Rolesono definiti dalla critica i re del Baile-Funke chiunque sia stato ad un loro live giurache si tratta di un'esperienza quasi tattile.29/10 Circolo Degli Artisti

BONDE DO ROLE

freepress Ubix organizza una festa Rock in cui siesibiranno quattro tra le band più importanti delsettore. Domenica 11 novembre al Jailbreak ci

saranno gli Endorphyn, i This Void Inside, i Glassmode esoprattutto i Belladonna. Questi ultimi sono la band ita-liana numero uno su Myspace dove stanno collezionan-do numeri impressionanti: 300 mila visite alla loro pagi-na e oltre 53 mila fan registrati. I ragazzi sono di Romama la loro musica li ha portati ad oltrepassare spesso iconfini italiani. Il 23, 24 e 25 novembre per esempiosaranno a Londra per suonare al prestigiosissimo festi-val Erotika in apertura allo show della controversa spo-gliarellista Dita Von Teese di fama mondiale. Il loro ulti-mo video, Mystical Elisian Love, è stato girato intera-mente a Berlino ed è soprattutto negli Stati Uniti che sitrovano i loro fan. Il concerto avrà un ingresso di 5 euroe si prospetta come una lunga marcia di due ore di purorock energico a spasso tra la sensualità del genere el’atmosfera gotica che aleggerà in tutta la sala.

EEDDGGEEANDAND BACKBACK

IIII dj donna vanno molto di moda, sonocool. Questo però non significa chesiano tutte uguali e con lo stesso spes-

sore artistico. C'è chi si è buttata nel trendimprovvisandosi e chi è una vera e propriastella. La francese Miss Kittin appartienealla seconda categoria, forse anche perchéha iniziato la sua attività a metà degli anniNovanta quando, a fare le dj, di donne nonc'erano. Al secolo Caroline Hervè, oggi tren-tunenne, svolta la sua carriera incontrandoMichel Amato, alias The Hacker, che la portaal successo e a grandi collaborazioni connomi del calibro di Felix Da Housecat, DetroitGrand Pubhas, Sven Vath e Golden Boy.Miss Kittin è una delle regine incontrastatedel club-culture internazionale. Il suo è ungenere che è stato definito electro-clash,cioè la rivisitazione degli anni Ottanta in chia-ve techno-d'n'b, e parte del successo è dovu-to proprio ai live in cui spicca, sotto ai ritmiincalzanti, la sua immagine soft-fetish che larende inconfondibile. 27/10 Brancaleone

MISS KITTIN

lele

UUbbiixx RRoocckkUUbbiixx RRoocckk il

itorna Salento Musica E Parole, l’evento che offri-rà il palcoscenico a cinque cantautori della cosi-detta My-Space Generation: Luca Bussoletti (nella

foto), Roberto Casalino ed i salentini NicCo Verrienti, KaBizzarro e Giulia Led. Un cast importante ed una novità.Oltre alla serata del 14 ottobre nel centro storico diLecce presso il Road 66, Notas Music Factory esporta iltalento italiano nella vicina Albania. Questi giovani artisti,veri e propri fenomeni in internet, registrano migliaia dicontatti nei loro «space» e girano in lungo ed in largo lanazione. Notas Music Factory, con il supporto dell’Imaieche ha creduto fortemente nell’iniziativa, ha portato que-sto collettivo di cantautori a Tirana per un concerto-even-to il 12 ottobre in un Palazzetto dei Congressi che si pre-annuncia già tutto esaurito.

R

s

IITTAALLIIAANNII AA TTIIRRAANNAAIITTAALLIIAANNII AA TTIIRRAANNAA

iapre il sipario del Saint LouisCollege Of Music, che dal 1976offre a più di 1400 allievi corsi di

diploma per tutti gli strumenti, con possibi-lità di specializzazione jazz, rock e blues.Una vera e propria fucina di giovani talentie nuove proposte che si realizzano profes-sionalmente negli anni anche attraverso lapartecipazione a Festival come UmbriaJazz o Villa Celimontana, o rassegne dimusica leggera come il Festival di Sanremoo il premio Tenco.

Un dipartimento del Saint Louis è intera-mente dedicato alla promozione di giovaniartisti sul territorio nazionale: formazionemusicale professionale, produzione e pubbli-cazione di Cd originali e agenzia artisticaper i nuovi talenti costituiscono un collauda-to iter di avviamento alla professione, aldilàdi falsi miti e pseudoscuole televisive chedeclassano una seria professione (quelladidattica) a un mero e superficiale spettaco-lo circense. Meritano menzione alcuni corsiparticolari come il diploma di Composizionee Musica da Film, con il M° Gianluca Podio e

il M° Ferdinando Nazzaro, un quinquennio distudi di armonia, contrappunto, composizio-ne su computer e orchestrazione con untaglio moderno e finalizzato all’inserimentoin un contesto lavorativo.

Notevoli sbocchi professionali offre ilcorso biennale di Tecnico del Suono, unmestiere indispensabile in un mondo sem-pre più multimediale, oltr il 60 per cento deidiplomati trova lavoro nei due anni successi-vi presso studi di registrazione, auditorium,studi televisivi o radiofonici.

Fra i nuovi insegnanti che arricchirannoda questo anno accademico il già nutritocorpo docenti formato da 74 professionistitroviamo il trombettista Andy Gravish, ilpercussionista Giovanni Imparato, il batteri-sta Agostino Marangolo che si occuperàdel ruolo del batterista in studio di registra-zione, il chitarrista gipsy-jazz SalvatoreRusso e un rientro importante, AmedeoTommasi, pianista e compositore che tornaora con un moderno corso di Analisi e riar-

monizzazione degli standard Jazz. È statoappena avviato per la prima volta in Italia ilcorso di diploma in vibrafono jazz, con il M°Andrea Biondi, da diversi anni vibrafonistadell’orchestra di Ennio Morricone.

Per chiudere le ultime due novità riguar-dano l’introduzione di una specializzazione didiploma in Arrangiamento e Song-writing,un campo prezioso mai esplorato che aprenuove strade professionali nel mondo dellamusica leggera d’autore e il corso di musi-cal con M° Maria Grazia Fontana.

Il Saint Louis conferma la propria identità,ormai punto di riferimento per la didattica inItalia, una struttura che ogni anno si rinno-va, si aggiorna in base alle esigenze del mer-cato professionale proiettandosi con fer-mezza in un contesto europeo senza peròperdere la propria caratteristica fondamen-tale, il rapporto umano, professionale edidattico che si crea con e fra gli allievi. Nona caso è la prima ed unica in Italia ad averconseguito la presa d’atto del Ministerodell’Istruzione, Università e Ricerca e adessere accreditata e autorizzata per i corsidi formazione professionale riconosciutinella Comunità Europea.

R

SSAAIINNTT LLOOUUIISS TTRREENNTTAADDUUEESSIIMMOO AATTTTOOSSAAIINNTT LLOOUUIISS TTRREENNTTAADDUUEESSIIMMOO AATTTTOO

Page 12: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

a cura di ROSSELLA GAUDENZI

Music In Ottobre Novembre 2007

LUIS BACALOV L’intervista al mostrosacro argentino. Ma anche un po’ romano.

MAX ROACH Il re delle bacchette passa in caval-leria. Muore e i media italiani se lo scordano.

ax Roach è morto a New York il 16agosto a 83 anni. Mi scuseranno i

lettori il fatto personale: l’ho appreso men-tre ero in Francia, la radio nazionale hadato l’informazione in apertura del notizia-rio, la tv idem. La famiglia della quale eroospite, non straordinariamente edotta infatto di cultura musicale, lo conoscevabene, almeno di nome.

Da noi, le agenzie di stampa hanno battu-to la notizia di rimbalzo in modo piuttostosciatto. I guru del giornalismo musicale ita-liota, i soliti noti, forse fiaccati dal sole ago-stano e vacanziero si sono limitati a tradur-re e a far collage dei pezzi dei loro ben piùbravi e informati colleghi stranieri (leggil’Independent, come il New York Times,come El Paìs, e potremmo continuare).

I tiggì nazionali, che pure beneficiano inagosto della pausa della politica perdispensarci trite notizie su come idratarcidopo il mare, sulle dosi di frutta e verdurada ingurgitare, sulla curiosa storia dei cuc-cioli di bradipo siamesi nati in Indonesia,hanno ignorato del tutto la notizia dellascomparsa di un gigante della musica,prima ancora che del jazz. Perché?

Ma Max Roach non ha sempre riempitoi teatri di tutta Europa, Italia compresa,ogni volta che si è affacciato per regalarcila sua musica? È o non è unanimementericonosciuto dalla sedicente critica comeuna pietra miliare del jazz (cioè della piùvitale e innovativa musica del Novecento),cofondatore dell’hard bop, rivoluzionarioper eccellenza nel drumming e innovatore

dell’impianto ritmico jazzistico? Quindi, più che da un necrologio - e quan-

do si parla di arte non ci piace parlare dimorte - è per una volta forse il caso di ini-ziare a parlare di un grande che scomparea partire dal silenzio delle idee, dalla deser-tificazione culturale che sempre più dilaganei media nostrani che pretendono diinformarci, dalla dolosa ignoranza editoria-le che si abbatte su tutto ciò cui non èricondotta una funzione economicamenteproduttiva immediatamente evidente(pensare costa fatica).

La carriera lunghissima di MaxwellRoach inizia al fianco di Bird nei locali della52a strada a NYC ed ha attraversato daprotagonista cinquant’anni di musicaafroamericana; una carriera che non hasnobbato incursioni nelle nuove tendenzehip hop e in avanguardistici progetti multi-mediali nel corso degli anni Ottanta.

Sarebbe, peraltro, ingrato voler identifi-care una tappa piuttosto che un’altracome più significativa di un artista cheebbe modo di dichiarare, a proposito dellapropria visione musicale: «Non si può scri-vere lo stesso libro due volte. Nonostanteio abbia partecipato a situazioni musicalistoriche, non potrei tornare indietro e farlodi nuovo. Penso di andare da una crisi arti-stica ad un’altra e questo mantiene la miavita interessante».

Ciò che non si può però ignorare è lanuova concezione con la quale egli intese,nel contesto di un ensamble musicale, labatteria, la cui funzione trasformò da

subordinata a melodico solista, a funzioneorganica e lirica sempre al servizio dellamusica prodotta. Attentissimo all’armoniae allo sviluppo del linguaggio musicale,Roach diede uno statuto autonomo allabatteria in grado di dialogare con gli altristrumenti conferendo loro una forza e una«spinta» nella fase improvvisativa straordi-nariamente rilevante.

Da allora il bop, meglio il be bop suonatoda Gillespie e Parker, non fu più lo stesso.Si riempì di uno swing nuovo ed aggressivo(che un’etichetta contestata battezzò hardbop) in cui confluirono gli elementi ritmicipiù propri del funk, del rhythm and blues edel soul, unitamente al ricorso ai tempidispari e al largo uso di poliritmie in gradodi muovere le intere fondamenta armoni-che dell’esecuzione.

Ma la musica si ascolta e sa comunicareemozionando, per cui il consiglio non puòessere se non quello di prendere qualcunadelle registrazioni storiche di Roach (BirthOf The Cool di Davis, tutte le registrazionicon lo storico quintetto con Clifford Brown,We insist! Freedom Now Suite, DrumsUnlimited, ad esempio), e capire perchécon l’hard bop il jazz tornò a essere musicada ballo, sempre presente nei juke box diHarlem e nelle radio popolari.

Quelle i cui editori capivano davvero cosala musica popolare, meglio la musica toutcourt, fosse.

Max Roach muore e i media lo ammazzano

Luis Enriques Bacalov, quello del Postino, che ha consegnato almondo colonne sonore, jazz e tango, è diventato quello che è oggi perpuro caso, dice, senza fatica. Ma col grande istinto di un innamorato

uis Enriquez Bacalov: inseriamo su unqualsiasi motore di ricerca queste due

parole chiave e si apriranno migliaia di pagine asoddisfare le nostre curiosità sulla biografia diuno dei maggiori pianisti, compositori, direttoridorchestra, maestri del tango contemporaneo ditutti i tempi. Che immediatamente la nostramemoria collega alla celeberrima vittoriadell’Oscar come miglior colonna sonora del ‘94del film Il Postino.Questo mostro sacro della musica non nasce esat-tamente a Buenos Aires, bensì in una sorta diperiferia che lui stesso paragona alla banlieu pari-gina, quartieri al di fuori del raccordo della maga-lopoli argentina, il 30 agosto del 1933. A casa sivuole che studi il pianoforte, e Luis lo fa talmen-te bene da far poi ricadere su di sé la pretesa didiventare un pianista classico di professione. A questo punto non ci sta. E dato che il suo animoargentino fa sì che abbia una propensione conna-turata per la musica a trecentosessanta gradi, enon solo per un determinato modo di far musicache lo inchiodi allo studio accademico fino allosfinimento e all’alienazione - questo avrebbesignificato per lui diventare un pianista classico -si è fatto guidare da un istinto che lo ha portatonella nostra Europa. Anni Cinquanta: trascorre tre o quattro anni aParigi. Dopodiché approda nella Città Eternanella quale vive ormai da oltre quarantanni.Perché Roma? Non ci sono sentimentalismi alla

base di questa scelta. Ma il caso, elemento tal-mente ricorrente nella vita di Luis Bacalov dapoterlo considerare un suo tratto distintivo. Si tro-vava allora a Parigi, studiava composizione e suo-nava musica leggera per vivere; un amico, can-

tante venezuelano, gli parla di un contratto trime-strale molto ben pagato per andare a suonare aRoma. È estate, l’idea può essere allettante quan-do puoi lavorare e contemporaneamente far tra-scorrere delle vacanze fuori dall’usuale a tuamoglie e ai tuoi due bambini, quindi si accettacon entusiasmo, e la villeggiatura si prospettasuddivisa tra Capri, Rimini e Roma.A fine settembre si sta per chiudere la parentesidell’esperienza musicale italiana. Quando, ilgiorno prima di rientrare in Francia, un musici-sta conosciuto a Roma chiede a Luis di fare unprovino per un artista già noto all’epoca:Claudio Villa.Quel giorno non avevo realmente nulla da fare.Le valige erano pronte. Attendevo la partenza,dovevo in qualche modo ammazzare la noia. Inutile dire che il provino sia andato straordina-riamente bene, e che per la famiglia Bacalov siprospetta la possibilità di una vita maggiormenteagiata, perché il compenso di 30 mila lire al gior-no, a fine anni Cinquanta, è realmente un com-penso da capogiro.C’è un clima perfetto in Italia, in quegli anni.Dobbiamo fare uno sforzo di immaginazione perricrearla, l’Italia del boom economico e dellaricrescita degli anni tra la fine dei Cinquanta e iprimi dei Sessanta; eppure la scelta di rimanereviene fatta anche in base ad un confronto con unaFrancia impegnata nella guerra in Algeria che stadivenendo sempre più xenofoba. Roma hal’aspetto di una piccola città di provincia, se con-frontata con la cosmopolita, imperialistica edarrogante Parigi. E quale spazio dedica alla musi-ca la Roma di quegli anni? Sebbene attiva in misura inferiore rispetto ad unacittà come Milano, e sebbene nei quartieri cen-trali dopo le ore 23 ci fosse il nulla, quasi un veroe proprio coprifuoco, la realtà musicale romanaera in fermento e soprattutto si capiva che era increscita. Il jazz negli anni Sessanta era vitale, melo testimoniava Gato Barbieri, del quale eromolto amico.Ma per Luis Bacalov è ormai giunto il tempo del-lincontro con il cinema. Egli ha avuto la fortunadi scrivere musica da film quando il cinema ita-liano era il cinema, avendo il privilegio di cono-scere e lavorare con i migliori registi di tutti itempi: Pierpaolo Pasolini, Federico Fellini, Elio

Petri, Ettore Scola, Francesco Rosi, DamianoDamiani. Egli stesso lo definisce un momentoartisticamente non più ripetibile. Un elemento di grande dinamismo, a quei tempi,era rappresentato dalla forza del Pci: l’80 percento dei cineasti era di sinistra, di cui il 50 percento comunisti; la fine del grande sogno e lacaduta del muro di Berlino ha causato la fine dellaspinta creativa ed ha portato un profondo senso dismarrimento nella vita di molti. Tutto da allora èun po più tiepido, edulcorato.Tra le ultime fatiche, in qualità di compositore dimusiche da film, Luis Bacalov può vantare il con-tributo ad un film solido, sostanzioso: HotelMeina di Carlo Lizzani, che narra la prima stragedi ebrei in Italia presso Baveno da parte delle SS.Film fuori concorso a Venezia, che ha ricevutouna ovazione in piena regola, dieci minuti ininter-rotti di applausi.Parallelamente il lavoro per la televisione: usciràa breve per la Rai un film in due puntate sulla vitadi Caravaggio. Forse il miglior lavoro televisivoche abbia fatto in vita mia.Tra i musicisti grandi autori di colonne sonore, haparole di forte stima e ammirazione per EnnioMorricone, che conosce da quando ha iniziato alavorare per la Rca. Nonostante si frequentinopoco, è un amico ed un maestro, avendogli fattocapire come funzionino i meccanismi della crea-zione musicale per il cinema. Tra i giovani, è pro-babilmente Piovani il compositore che più deglialtri ha arricchito validamente il panorama dellecolonne sonore.Due parole sul tango, altra grande passione. Sipotrebbe dire che l’amore per il tango gli argen-tini ce l’hanno nel sangue, eppure per Bacalov èsopraggiunto in età adulta, verso i quarantacin-que anni; ha scritto due opere di tango e almomento lavora ad un quartetto insieme aGiovanni Tommaso. Preferisce ribadire che gliargentini sono musicalmente onnivori. Hanno lacapacità di spaziare senza rimanere ancorati abinari fissi; chissà che proprio grazie a questavisione della vita, la sorte non abbia voluto ten-dergli la mano. Nella mia vita professionale,tutto, ma proprio tutto, è avvenuto per caso. Èstato il destino a venirmi a bussare. Non cè statafatica, mi sono sempre trovato al posto giusto nelmomento giusto. ROSSELLA GAUDENZI

JJAAZZZZJJAAZZZZ&& bblluueess

II BBRRAADDIIPPII SSIIAAMMEESSII EE AALLTTRREE SSTTOORRIIEE

di PAOLO ROMANO

M

L

BBAACCAALLOOVV:: DDEELL CCIINNEEMMAA,,DDEELL CCAASSOO EE DDEELLLLAA NNOOIIAA

Page 13: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

Music In Ottobre Novembre 2007

L’EDITORIALE DI STEFANO MASTRUZZII sottobicchieri italiani firmati da Giovanni Allevi eLuigi Einaudi e il miracolo del peer-to-peer

«DIRITMI» Movimenti che si battono per farascoltare la musica anche al Legislatore

EUROPA Cè qualcosa di più fuori l’Italia.Investimenti e jazz accessibile

JJAAZZZZJJAAZZZZ&& bblluueess

a non perdere questo tributoa Willie Dixon, il «gigantebuono del blues» nato nel

Mississippi nel lontano 1915 escomparso nel 92. Prolifico e cor-pulento songwriter, oltre ad esserestato contrabbassista, poeta distrada, produttore, arrangiatore,talent scout con il quale, consape-voli o no, quando si parla di blues cisi va ad imbattere. Autore di circa250 pezzi, tra cui Hoochie CoochieMan, My Babe, Whola Lotta Loveed altri celebri brani. Ma non ètutto: ha ispirato gruppi rock dellalevatura dei Cream (Spoonful),Doors (Back Door Man), LedZeppelin (I Cant Quit You Babe).Verrà questa sera interpretato daun quartetto di casa al Big Mama:Lello Panico, Luca Trolli, Mick Brill,Franco Vinci. Lello Panico (chitarra),Mick Brill (basso), Luca Trolli (batteria),Franco Vinci (chitarra) 10/10 Big MamaINFO 06 5812551 H 22.30

DD

THEWILLIEDIXONSONGBOOK

Mentre in Italia sembra impensabile rendereaccessibile il jazz al popular, nel nord Europa

crescono festival competitivi che investononella musica, destinati ad essere temibili rivali

dei classici luoghi del jazz senza una lira

di ROSSELLA GAUDENZI

di NICOLA CIRILLO

cuore dell’Europa ama fortemente il jazz. L’ho toccato con mano quest’anno, a fine maggio, quando ho avuto la fortuna di visitare

Bruxelles, assistere al concerto della Dave Matthews Band e godermi qualche appuntamentodella Dodicesima Edizione della Brussels Jazz Marathon. E non è mai troppo tardi per discu-

terne, perché ci sono numeri che parlano ancora e inequivocabilmente chiaro: una piovosa tregiorni di concerti tra le quattro grandi piazze della città (Grand-Place, Sablon, Sainte-

Catherine, Place Fernand Cocqplein) e una cinquantina di locali tra bar, caffè, club, alberghi.Un totale di 125 concerti, oltre 450 musicisti e più di 250 mila spettatori. Non paganti.

Perché la nordica Bruxelles mostra una forte apertura nei confronti della musica e la capaci-tà coraggiosa di sapervi investire. Il ritorno c’è: dal debutto ad oggi il pubblico è in crescita esi può ormai parlare di un evento che attira spettatori internazionali, non più soltanto euro-

pei. La scelta musicale di questa manifestazione - a ragione definita densa - è assai ampia,spaziando dal Traditional al Modern Jazz, dal Blues al Rock ai ritmi latini.

Non solo: ci si muove agilmente per la città grazie agli speciali autobus che intensificano lecorse; quindi si può saltellare da un capo all’altro di Bruxelles, passando da un palco all’aper-

to che ospita una Big Band ad un interno dove ci attende un piccolo gruppo d’avanguardia,nei tempi ragionevoli di una maratona vera e propria.

L’inaugurazione dell’ultima edizione è stata affidata al vernissage della mostra Jazz Is Femaledi Cédric de Lièvre; a seguire tre grandi concerti sulle grandi piazze, per terminare nelle

medesime piazze tre notti dopo. Questi sono dati. Ma si può, e a mio avviso si dovrebbe, parlare della bellezza della capitale

belga durante la Brussels Jazz Marathon. Delle piazze strabordanti di persone che si muovo-no tra bianchi tavolini di plastica e gente, gente ovunque: viuzze affollate; ristoranti, bistrot,caffè zeppi; ombrelli aperti e richiusi decine di volte al giorno ad aumentare il colore di una

città che non faccio fatica ad immaginare grigia e mesta per la maggior parte dell’anno. Una rassegna musicale di grande qualità può significare molto per una capitale europea che

non si chiama Roma, Parigi o Londra. Se un evento nato per il pubblico di un genere musicalespecifico è realmente ben confezionato, vince la sfida e diviene, con il passare degli anni, un

importante appuntamento fisso, di sempre più ampio respiro. Che la musica muova masse insospettabili di fedeli è ormai fatto assodato.

Che una determinata musica muova masse insospettabili di fedeli è stata una piacevolissimasorpresa. Il concerto più avvincente a cui abbia assistito è stato quello festoso della Daniel

Romeos Band con Rosario Giuliani quale special guest.A Roma, il nostro artista verrà ospitato allAlexanderplatz, alla Casa del Jazz, all’Auditorium.

Perché qui la musica jazz è musica jazz e sembra impensabile renderla più accessibile, dafarla diventare popular.

Peccato.

ilil

evo dire che la colonnasonora da lui compostaper il film Luce Dei Miei

Occhi era di per sé un discreto commentoall’azione anche se basato su un unico spun-to tematico per l’intero film; un po’ ripetiti-vo, ma almeno in quel caso c’era una storiada seguire che distraeva dalla musica.

Ma la moda del momento è GiovanniAllevi che blasonate firme giornalistiche, equesto è grave, continuano a definire ungrande jazzista. Questo signore non improv-visa una nota - meno male - e certamente nonpuò essere definito un jazzista; con questo, aparte sottolineare un’erronea collocazionestilistica, non voglio certo declassare il suolavoro solo perché non va considerato un jaz-zista, anzi.

Molti musicisti, con la scusa di fare jazz, ciammorbano con infinite improvvisazionisensa senso, un fluire continuo di note chedenota l’incapacità di «fermare» una melo-dia, di «scriverla» nel senso più creativo deltermine.

Da un punto di vista compositivo neidischi di Allevi troviamo, a differenza diquello di prima, alcuni spunti originali chepotrebbero e dovrebbero essere sviluppati,ma si tratta sempre di ben poche note in unmare di fragranze stucchevoli già sentite.Però ci sa fare con la gente, la affascina con isuoi monologhi e con l’aneddotica dellagenesi mistica dei suoi brani.

E si sa che quando un pubblico non riescea distinguere una rapsodia di Brahms dallasuoneria di un cellulare, sarà proprio quellostesso pubblico ad andare in visibilio e inlacrime quando l’artista racconterà di comeuna melodia sia giunta dal cielo alla suamente attraverso l’autobus che lo portava acasa in una malinconica giornata di pioggia.E se riuscirà anche a piangere mentre eseguequella melodia dal vivo, e vi assicuro che ciriesce, sarà l’apoteosi consacrante. C’è pro-prio da piangere.

Aldilà dei casi specifici, è sintomatico chein Italia certi fenomeni privi di spessore alcu-no si impongano senza motivo; sembra diassistere all’entusiasmo di genitori e parentiche applaudono la poesia recitata dal nipoti-no di quattro anni, che ha da poco imparatoa parlare. Ma se la musica non ce la insegna-no nelle scuole, perché la scuola ne è privadalle elementari alle superiori, se escludiamoquelli che la amano, se la studiano e se laconquistano per conto proprio, agli altri,diguni, sembrerà sempre geniale il primocretino che suona dieci note in fila; se poiquesto musico si atteggerà ad artista male-detto si griderà al miracolo e allora PippoBaudo lo inviterà in televisione e il personag-gio assurgerà immeritatamente a successiimmediati.

Ma provate a esportare questi fenomenitutti italiani all’estero, perlomeno in certipaesi dove la musica la si conosce davvero edove non è possibile bluffare troppo a lungo.«Popolo italiano, apri le orecchie e ascolta lamusica, non solo quella che propone il palin-sesto televisivo di prima serata o che trionfaa piene pagine sui giornali; anche i giornali-sti possono sbagliare… le sale da concerto e ilive club sono il posto ideale per coltivareuna coscienza autonoma dell’emozionemusicale». È vero che il gusto e l’esperienzapersonale sono il primo filtro con cui ciascu-no approccia l’arte, ma c’è una sostanzialedifferenza fra apprezzare qualcosa che altrinon gradiscono (de gustibus) e prendere unabbaglio per scarsa conoscenza in materia.

Esistono tanti bluff nel campo artistico, maè anche giusto che ci siano e che trovino spa-zio in un mondo intellettualmente libero;possiamo solo augurarci che un giornoabbiano esattamente la collocazione e la con-siderazione che meritano.

Non finirò mai di ringraziare la tecnologiae l’mp3 in particolare - stasera ho potutovalutare la musica prima di comperarla -,fortunatamente in Italia la Cassazione non loconsidera reato in assenza di un fine di lucro;ciò mi ha evitato un incauto acquisto di alcu-ni compact disc che comunque avrei potutosempre usare come sottobicchieri.

Stefano Mastruzzi

SOTTOBICCHIERI (SOLO) ITALIANI

ossiamo liberamente definirloil jazz vocalist italiano più quo-tato ed apprezzato a livello

internazionale, appassionato culto-re della black music con grandecapacità di spaziare tra blues, jazz,funk. Alla quale può aggiungerel’esperienza di chi con il pubblico cisa fare, collaudata da anni ed annidivisi tra televisione, radio, palco-scenici sparsi per il mondo. Doppioconcerto a Roma per presentarel’ultima fatica, l’album Love AndOther Contradictions, ricco dellavoce dell’ottima Mia Cooper, voca-list di New Orleans e testimone diuna svolta decisa, in questo disco,verso la musica nera. Una bandtalentuosa, i Groovinators (Bottini,Deidda, Zeppetella, Surace) scelticon cura per un repertorio di braninuovi di forte impronta funk (daessere paragonati all’opera miglio-re degli Earth, Wind & Fire) e trenuovi arrangiamenti: una splendidaversione bossa nova di Rule OfThumb di John Scofield, Here ButI’m Gone di Mayfield e un’avvincen-te Air Mail Special di BennyGoodman. GeGè Telesforo (vocals, per-cussioni), Mia Coopers (vocals), MaxBottini, (basso), Fabio Zeppetella (chitar-ra), Marcello Surace (batteria), AlfonsoDeidda (pianoforte, tastiere, sax alto &soprano, vocals) 10-11/10 Casa delJazz INFO 06 704731 Û 15

GEGÉTELESFORO&GROOVINATORS

PP

musica, pur essendo parte integrantedella nostra storia e della nostra iden-tità nazionale, è poco conosciuta e per

niente praticata. Due esempi chiariscono benequesta contraddizione. La forte tradizione cultura-le della musica italiana, dicevamo: ho un amicotedesco che ha imparato litaliano attraversol’Opera e per telefono mi dice: «Spero che verraitosto a Berlino» oppure «Stasera avevo un grandedesio di pizza»; d’altra parte, l’analfabetismomusicale di ritorno per noi italiani: le nostre scuo-le di perfezionamento musicale sembrano riserva-te a giapponesi e americani (scuole utili e attraentievidentemente, ma non abbastanza per gli italiani).Da tempo alcuni professionisti del settore si sonoposti questo problema: «La musica è benessere, èqualità della vita, è socializzazione, è arte, è piace-re». Ed è un argomento che in Italia ha un grossovuoto legislativo se si pensa che la legge che disci-plina la materia ormai ha 40 anni. Per questo, riu-nitisi in un comitato, si sono fatti promotori di unManifesto nel quale ripercorrono le aspettative delsettore in materia di promozione, formazione, dif-fusione della musica in tutti i suoi aspetti, nonchédelle condizioni di quanti vi operano. Trovato un primo riferimento politico nellaCommissione politiche giovanili del Comune diRoma, il comitato sta cercando di mantenere vivauna pressione democratica, sia attraverso un dibat-tito serrato sulle proposte di legge depositate inParlamento, sia attraverso la mobilitazione dicoloro che sono interessati, con concerti ed eventi.All’Auditorium Teresa De Sio, Avion Travel,Grazia Di Michele, Mimmo Locasciulli,l’Orchestra di Roma e del Lazio, SimoneCristicchi, Giovanna Marini hanno chiuso la Festadel Diritto alla Musica.

«Le aspettative sono reali»,ci dice Tonino Tosto, uno deimembri del comitato, chepresto incontrerà PietroFolena (nella foto), presiden-te della commissione Culturadella Camera, «perché la legge del 1967 è del tuttoinadeguata a gestire la promozione della musica.Pensiamo ai fenomeni che scaturiscono dall’usodelle nuove tecnologie: da un recente sondaggiocommissionato presso le biblioteche romane si èevidenziato che i giovani scaricano da Internet unaquantità di musica enorme, fino a costruire archividi files che in cd riempirebbero intere stanze. Sec’è gente che scarica musica, vuol dire che lamusica è un bisogno individuale e ne va garantital’accessibilità; bisogna considerare, però, che èanche professione per autori ed esecutori».Educazione, nuove forme di reclutamento degliinsegnanti, agevolazioni fiscali, riforma della Siaee del diritto d’autore, costituzione di spazi idonei,perché, continua Tosto, «la musica non è unamodalità espressiva solitaria, ma collettiva, enecessita di luoghi di condivisione»: sono questele richieste del Comitato, che va allargando i con-sensi e il raggio d’azione: partito da Roma, infatti,sta preparando iniziative analoghe a Milano eNapoli, fino a coinvolgere i vari Festival musicalisparsi per la penisola. Forse si potrebbe pensare anche a un livello sovra-nazionale: in fondo la musica è il linguaggio più«contaminato» e un confronto con la legislazionedegli altri Paesi europei a riguardo non potrebbeche rafforzarne il suo carattere universale.

La

««TTOOSSTTOO»» UUNNAA LLEEGGGGEE««TTOOSSTTOO»» UUNNAA LLEEGGGGEEPPEERR II MMUUSSIICCIISSTTIIPPEERR II MMUUSSIICCIISSTTII

BBrruusssseellss,, llaa mmuussiiccaa cchheessmmuuoovvee ii ffeeddeellii

Creato un Comitato e un Manifesto per colmare il vuoto legislativo:la legge 1967 è tutta inadeguata a gestire la promozione della musica (...) D(...) D

segue dalla prima paginasegue dalla prima pagina

Page 14: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

l punto di forza del quartetto è rappresentato dalla presenzadel clarinetto solista di Gianni Sanjust, elemento sfruttatoall’insegna della raffinatezza e del pianoforte sognante di

Riccardo Biseo. Il repertorio vuole proporre i classici del jazz, affi-dati a musicisti di fama internazionale e grande esperienza. Si puòdefinire un concerto per tutti, con brani scelti in un ventaglio cheva dagli anni Venti ad oggi, arrangiati con gusto e con quella linea-rità che li rende comunque riconoscibili. Gianni Sanjust (clarinetto),Riccardo Biseo (pianoforte), Giorgio Rosciglione (contrabbasso), Lucio Turco(batteria) 20/10 Charity Caf� INFO 06 47825881 H 22

II

lasse 75, cubano dallarapida ascesa, il piani-

sta Roberto Fonseca(Robertico per i suoi conter-ranei) deve la sua notorietàal fortunato incontro con laband del Buena Vista SocialClub e poco meno di diecianni fa già affiancava nomidel calibro di HerbieHancock, Wayne Shorter eMichael Brecker. All’internodel ciclo di concerti Solodell’Auditorium, presentaZamazu, il quarto album soli-sta con il quale si consacrafinalmente come tale. Il tito-lo del disco nasce da ungioco di parole della nipotinae dà efficacemente l’impron-ta all’opera, fondendo funky,soul e jazz. La tradizionecubana che incontra il jazz inun gioco di contrasti: caloreed improvvisazione, spiritua-lità e ritmi ballabili. Il tuttoimpreziosito dal contributodi Carlinhos Brown, ToninhoFerragutti, Vicente Amigo,Orlando Chachaíto Lopez,Manuel Guajiro Mirabal.Questa sera, a tu per tu conil pubblico dell’Auditorium.Roberto Fonseca pianofor-te. 21/11 Auditorium Parcodella Musica Teatro Studio INFO199.109.783 H 21 Û 15

Music In Ottobre Novembre 2007

JOE ZAWINUL Sono unozingaro ma muoio a casa mia

FUGA A TRE In tempi come questi lafuga è l’unico mezzo per mantenersi vivi

CONCERTI Arrivano anche Ribotdal New Jersey e Fonseca da Cuba

JJAAZZZZJJAAZZZZ&& bblluueess

oe Zawinul è morto nella sua Vienna pro-prio dove era nato settantacinque anni fa, il7 luglio del 1932, dopo aver fatto del viag-

gio, della conoscenza delle culture etnomusicalisparse nel mondo, senza confini e pregiudizi, ilproprio segno distintivo: «Sono uno zingaro dasempre - ha detto una volta -, ho avuto una vitafortunata e sono felice». Merito, forse, delle sueorigini meticce che facevano confluire in lui san-gue ungherese, ceco e rom, merito anche di quellaVienna così ancora fortemente mitteleuropea;fatto sta che Zawinul ha saputo, con le sue imman-cabili coppole coloratissime e i suoi occhi curiosied ironici, deviare un affluente di quel grandefiume carsico che è il jazz per dare vita al primo epiù convincente esempio di musica fusion.Un’infanzia quella di Joe (all’anagrafe, JosefErich) all’insegna di spostamenti coatti determina-ti dai bombardamenti della guerra, per poi finire -giovanissimo talento, polistrumentista, affascinatodalla musica classica, popolare, folk e dai nuovisuoni doltreoceano - ad esibirsi nelle basi america-ne sparse qua e là per l’Europa (e qui, gli storicisapranno collocare l’importanza di quella presen-za militare e la diffusione dei cosiddetti V-disc perl’affermazione e la diffusione del jazz nel vecchiocontinente). Joe non si è mai accontentato di un linguaggioconvenzionale, fosse esso classico o jazzistico,sempre alla ricerca piuttosto di un canone diversodi espressività. E la storia ha riservato a questogrande il talento e la fortunata congiuntura di tro-varsi al fianco di Davis al momento della lavora-zione di quella pietra miliare che sarebbe diventa-to In A Silent Way, brano scritto dallo stessoZawinul. Sedotto dalle potenzialità dell’elettroni-ca applicate alla musica (e non viceversa), seppeda subito trovare una nuova coniugazione allafusione tra rock e musica afroamericana, che con-solidò nel 1971 con i suoi Weather Report fondati

insieme a Wayne Shorter. Il suono delle sue tastie-re diventava spesso etereo, visionario e quasimetafisico in contrasto con una ritmica potentissi-ma ed esplosiva. Una sorta di Chagall della musi-ca, come ha sottolineato molto acutamente ilDownbeat non molto tempo fa. Mercy MercyMercy, Birdland, Black Market sono solo alcunetra le sue più note composizioni. La sua intuizione più importante fu probabilmentequella che per trovare nuovi suoni, nuove energieinterne alla musica, non era più sufficiente ascol-tare con curiosità tutta la world music, ma occor-reva viaggiare e nel viaggio trovare giovani - spes-so giovanissimi - musicisti che lo potessero affian-care nella scrittura, nell’arrangiamento e nell’ese-cuzione dei nuovi album. È in questo fermento sperimentale che nacque nel1988 un album splendido e complesso come TheImmigrants, con la formazione in continuo cam-biamento dei Syndacate. Il primo tour fu un suc-cesso superiore alle aspettative e gli consentì dicontinuare a portare avanti il proprio laboratoriomusicale. Il lavoro con lo Zawinul Syndacate siascolta in album dai titoli più che significativi:Brown Street, Dialects, My People, fino all’ultimoFaces And Places. Quest’ultima fatica con i Syndacate, pubblicata dapochi mesi e che - per chi ha avuto la fortuna diesserci - ha presentato in uno degli ultimi concertia Villa Celimontana a Roma lo scorso luglio, s’in-serisce proprio nel solco di quest’ininterrotta ansiadi ricerca. Faces And Places è il frutto - come haraccontato lo stesso Zawinul in una lunga intervi-sta al NYT - di un viaggio lunghissimo attraversola Tunisia, la Nuova Caledonia, l’India e la Russia,e che riassume, in splendidi brani come Tower OfSilence o Rooftops Of Vienna, lo spirito malinco-nico e fresco insieme con il quale questo eternoragazzo si è sempre rivolto con divertimento,curiosità ed umiltà alla musica e al suo mondo.

J

JJOOEE ZZAAWWIINNUULL::LLOO CCHHAAGGAALLLLDDEELLLLAA MMUUSSIICCAA

di PAOLO ROMANO

BISEO-SANTJUST QUARTET

esibizione in Solo dell’eclettico chitarrista del NewJersey è un’occasione da non lasciarsi scappare qua-lora se ne vogliano assaporare l’inimitabile tocco e le

caratteristiche stilistiche. Noto ai più per la lunghissimacollaborazione con John Zorn con il quale ha fondato il movi-mento della Radical Jewish Culture, ha suonato accanto aipiù interessanti musicisti americani: Arto Lindsay, DonByron, Evan Lurie, Sun Ra Arkestra, Bill Frisell. Oltre ai quin-dici anni di sodalizio con Tom Waits. Ha manifestato inte-ressi musicali disparati e esplicitato numerosi lavori da soli-sta avvicinandosi alla musica cubana, al free jazz e allecolonne sonore. 6/11 Auditorium Parco della Musica Biglietteria199.109.783 Sala Petrassi Û 15

MARC RIBOT

randi nomi. Tollak Ollestad, eccellente armonicista e pianista,è dotato di una vocalità strepitosa che ne fa un importanteinterprete delle sonorità blues, soul e funk, già al fianco di arti-

sti come Al Jarreau, Billy Idol e Natalie Cole. Di casa al Big Mama,il chitarrista Lello Panico può vantare un tocco invidiabile, un’otti-ma tecnica ed una resa dal vivo sempre gioiosa, valorizzata da unforte feeling che lo lega al batterista Luca Trolli. Ormai collaudato,il quartetto (Tollak, Panico, Trolli e Puglisi) è garante di un concer-to carico e coinvolgente. Tollak (voce, armonica, tastiere), Lello Panico(chitarra e cori), Francesco Puglisi (basso), Luca Trolli (batteria e cori) 3/11Big Mama INFO 06 5812551 H 22.30

gg

cc

TOLLAK & LELLO PANICO BLUES BAND

l’l’

RRIICCCCAARRDDOO FFOONNSSEECCAARRIICCCCAARRDDOO FFOONNSSEECCAA

igorosamente, quella che si fa intrio. «Viaggio nell’arte dell’im-provvisazione», che vuole ritrovar-ne le origini risalendo al remoto

canto gregoriano per giungere alFree Jazz, a noi storicamente piùvicino ma non per questo più facil-mente decodificabile.

Fuga A Tre, per l’appunto: è laprima edizione di una rassegna cheprevede otto eventi musicali ospitatipresso la Sala Trevi di Vicolo delPuttarello, in collaborazione con ilGruppo Cremonini, con il patrociniodella provincia di Roma ed il soste-gno Imaie la Scaramuccia Srl.

Si inizia il 5 novembre e si chiu-dono i battenti il 12 per alternareappuntamenti di musica world, elet-tronica, etno-jazz, classica, folk-jazze popolare; presenze iraniane, roma-ne, campane, svedesi, lombarde,lucane e pugliesi. Filo conduttoredella manifestazione sarà il linguag-gio dell’improvvisazione, altalenan-do tra scrittura ed «imprevedibilità»,con il fine ultimo di solleticarecuriosità e creatività in chi ascolta.

La prima serata ci cala nelle terreiraniane, con il concerto Sarawan-tamburi d’Iran di un trio di musicistidalle diverse origini culturali magi-camente comunicanti tra loro:Mohssen Kasirossafar, Simonetta

RRImperiali, Luigi Marino.

Il mondo che contamina il jazzcon la musica elettronica ci presentail progetto di prossima pubblicazio-ne Slow Food Music 3: piano(Francesco D’Errico), contrabbasso(Daniele Esposito) e batteria(Salvatore Tranchini) in linea conl’idea di una musica da masticare egustare con la dovuta lentezza.

Apre il terzo appuntamento ilblues dei Serpente Nero, per lasciarepoi spazio al trio Berg-Gwiss-Pirozzi con il Lutte Berg Ensembleche darà vita ad una felice commi-stione musicale Svezia-Italia densadi chiaroscuro, di fredde atmosferenordiche, di calore nostrano.

Nel concerto Goldberg InJazzSuite si viaggia nel tempo: progetto,arrangiamenti e pianoforte diFrancesco Venerucci, AlessandraD’Andrea al flauto e ottavino,Daniele Basirico al basso elettrico econtrabbasso. Partiamo da Bach eMozart per tornarvi, dopo essercipersi fino a raggiungere il tango

LA FUGA PERFETTALA FUGA PERFETTALA FUGA PERFETTALA FUGA PERFETTAargentino. In apertura di serata, iltrio Free Jazz del pianista LorenzoDi Lorenzo.

Ambientazioni lucane di folk-jazzper il concerto del trio di Rocco DeRosa: piano, fiati (Pasquale Laino) epercussioni (Antonio Franciosa).

La rassegna si conclude conl’esplorazione delle tradizioni bal-caniche nel concerto Balkan Freedel trio che fa capo al puglieseCarlo Cossu affiancato da AngeloOlivieri (tromba) e AntonioIasevoli (chitarra).

Settimana ghiotta dunque, quelladi Fuga A Tre: al bando gli accosta-menti scontati ed ovvi, per far postoa eventi di qualità per tutti i gusti.

Si vuole mantenere alto il livellodi concentrazione del pubblico,affinché venga rapito dal valore cul-turale della contaminazione musica-le e sospeso, trasportato, dall’artedell’improvvisazione che da semprefugge ogni sorta di conformismo.

Viene in mente una frase celebre:«In tempi come questi la fuga èl’unico mezzo per mantenersi vivi econtinuare a sognare» (HenriLaborit).

Page 15: MUSIC IN n. 2 OTT-NOV

Music In Ottobre Novembre 2007

PETER PAN IL MUSICAL Quello che vola. Quello che pre-ferisce un’isola che non c’è alla nostra. Le interviste a Peter Pan,Capitan Uncino e Spugna, tutti malati della stessa sindrome.

MMUUSSIICCALALLLTIC TAC Come batte l’orologio dentro un coccodrillo

p a s s a t opure per

Gerusa lemmecantando e bal-lando, quandoha fatto il

Musical Jesus Christ Super Star, e haconosciuto la first lady argentina EvitaPeròn. Nella finzione, ovviamente, male ha ballate tutte, anche Grease mentresi laureava in Legge e girava film comeMalena o Terra Rossa. Sarà che la vitalo ha incattivito, ma ora ClaudioCastrogiovanni ha un uncino conficca-to al posto della mano.

Tu che sei il suo nemico numero uno,hai la sindrome di Peter Pan? «Sonobimbo da tanti anni e resto tale. Èun’era in cui tutti ad avanzare verso lavecchiaia non ci si abitua, e allora rifa-cimenti e cure estetiche: non siamodisposti ad abbracciare l’avanzare deltempo inesorabile. Il personaggio diUncino in realtà non vuole diventaregrande, ma è già grande e, nonostanteintorno il tempo sia immobile, solo luiinvecchia nell’Isola che non c’è.Uncino è vecchio anche come spirito,l’unico che avverte veramente inesora-

tipo di spettacolo, ma la scuola non si fain televisione, si fa in una scuola con uncorpo insegnante bravo e non con genteimprovvisata che arriva e dice due cose,non con maestri che si esibiscono comegli alunni».

Accetteresti una «docenza televisi-va»? «Mai».

Ci sono soldi in Italia per il Musical?«Iniziano ad esserci ma è zona riserva-ta ancora ai cosiddetti ruoli: purtroppo,mentre in America anche il secondarioha uno stipendio settimanale che èdignitosissimo, qui in Italia i ballerininon percepiscano grosse cifre nono-stante gli incassi elevati. Nel nostroPeter Pan i soldi ci sono, perché haincassato moltissimo essendo stato ilpiù visto d’Italia.

Cosa condividi con Uncino? «Il fattoche sia un bastardo. È talmente diver-tente fare Capitan Uncino che non pote-vo desiderare di meglio».

Cosa faresti se avessi un uncino alposto della mano? «Starei molto atten-to nei movimenti».

E se non avessi una mano? «Trovereiun modo: ci sono persone molto fortiche cercano di affrontare la vita condegli handicap e lo fanno in manieraabituale. È il nostro cervello che ciporta a razionalizzare e la voglia divivere che comunque fa andare avanti.Con essa puoi continuare anche se haiuna molecola in meno. Ci vuole moltoamore per la vita, ed averne può aiutare- anche senza avere nessun handicap - atrovare un motivo».

bile lo scorrere del tempo raccontatodalla metafora del coccodrillo, che è iltempo che passa».

Il Musical in Italia: non suona stra-no? «C’è stata indubbiamente un’evo-luzione del pubblico, che ora è piùdisposto ad accettarlo come generemusicale. Peter Pan è uno spettacolo

che riesce a non far pesare troppo glistacchi tra il cantato e il recitato. Quiperò non c’è la stessa educazione delpubblico anglosassone, poché nonabbiamo ancora ricevuto spazio realerispetto alla produzione: non possiamocompetere con gli investimenti che sifanno in America o in Inghilterra».

Sei d’accordo con la televisione? «Iprogrammi di oggi hanno l’unico meri-to di avvicinare il pubblico a questo

ui è statoMammolo (inBiancaneve)

e Joker (in Batman), o meglio, le loro vocie quelle di moltissimi altri. Ma oltre al doppiaggio RiccardoPeroni ha un curriculum che non finisce più, e che non finisce nécon Annie and I di Woody Allen, né tantomeno con Spugna. E,nemmeno a farlo apposta, si chiama di cognome come una birra.

Conosci Spugna? «Mi diverte moltissimo e si può dire chesono cinquant’anni che lo studio, perché la sera a cena si brinda...Mi piace questo modo fuori le righe, più fantastico di fare teatrosu un personaggio come Spugna. Va bene così, per il bambinoche è in me che è sempre in agguato. Spugna in realtà è più unbambinone, un bambino in un adulto nell’Isola dei bambini».

Hai fatto di tutto nella tua vita artistica. Ora ci sono program-mi che insegnano ad essere multidimensionali proprio come te.«Mi fanno orrore. Non si impara assolutamente nulla, ho visto iloro spettacoli e ‘ballicchiano’, ‘canticchiano’ e ‘reciticchiano’male. Quella non è una scuola vera, i giovani dimenticano che ilpubblico italiano era abituato alla commedia musicale, all’ope-retta, e che i teatri si riempivano. Il nostro Peter Pan sta riem-piendo tutti i teatri e il nostro pubblico non è inferiore agli altri,nemmeno al pubblico di Brodway o di Londra, che ne sa moltodi teatro. In Italia non c’è ancora un’alta scuola del Musical masi sta formando. A prescindere dal fatto che qualitativamente iprodotti siano buoni o cattivi, è grave quando le scuole non legit-timano lo sbaglio, ed esser guardati da mille telecamere che giu-dicano continuamente non lascia la libertà di sbagliare. Questo èl’errore principale: non insegnare a mettersi in gioco».

robabilmente James Matthew Barrie neigiardini di Kensington, quando giocavacon Peter, il più piccolo dei cinque figli

della vedova Llewellyn-Davies per cui venneanche accusato di pederastia, non aveva inmente una Wendy con spiccato accento fer-

rarese (quello di Alice Mistroni), o una madreche scivola nel romano; né tantomeno che

Spugna dovessere perdere colpi (e riprendersida grande attore quale è Riccardo Peroni) acausa del pessimo audio al Teatro Sistina di

Roma. Fortuna che il Peter napoletano Bennato urla «ciurma»e non fa solo canzonette, che l’interpretazione artistica multidi-

mensionale di Manuel Frattini rende questo folletto degnodella nomea di Musical dell’anno, e che la calda voce modula-

ta di Claudio Castrogiovanni permette di credere a CapitanUncino almeno quanto ci crede un vecchio, di quelli che

sanno cosa vuol dire invecchiare così come lo sa lui, che hapaura del tempo. E allora il coccodrillo ha ingoiato una svegliasolo per riportare il vecchio alla realtà, dire che sì, s’invecchia,

sì, si muore, sì, ti uccido quando voglio, sì, tic tac tic tac.Bambini che non crescono mai, sono questi gli italiani mam-

moni e tic tac, sono gli irresponsabili e tic tac, sono i figli dipapà, e tic tac, sono i papà, tic tac, sono quelli che si suicida-no volando dalla finestra della stanza da letto perché non c’è

stato tempo per starli a sentire, troppe cose da fare e tic e tac,e tic tac, coloro che non vengono ascoltati dalla famiglia quan-

do hanno da dire qualcosa, tic tac, ma io, tic tac, eppure, tictac, secondo me, tic tac, volevo dire che, tic tac, sì però, tic

tac, ma-però, tic tac, quelli che hanno dentro un nodo troppogrosso da sciogliere, quelli che scappano, quelli che non rie-

scono più a sfidare, e tic tac, il tempo passa e l’uncino arrugi-nisce, tic tac, l’ombra di Peter Pan si fa più grossa, e tic tac,

più grossa, e tic tac, più grossa che quasi fa paura, a queibambini che non sanno più a chi confidarsi, tic tac, a chi rac-

contare una storia, tic tac, da chi farsela raccontare, tic tac, leloro paure, tic tac, disegnare senza essere malinterpretati, tic

tac, usati, tic tac, violati, tic tac, confusi, tic tac tanto quantoun coccodrillo, tic tac tanto quanto l’insensibilità degli adulti,tic tac tanto quanto chi si vanta di non essere mai cresciutoma è fin troppo grande, tic tac quanto chi si vanta di essere

cresciuto ma poi ruba, copia, incolpa, marina. E tic tac, tic taca Rignano e Brooklyn, tic tac in Africa, tic tac dallo psicologo,

e tic tac, l’ombra è grossa, tic tac, più grossa, tic tac, un giocodi luci puntate addosso e più grossa, tic tac, e Peter Pan è

una favola, una sindrome, tic tac, e Uncino è la verità, un ferroappuntito, e tic tac, è la notte che sta fuori dal letto, e tic tac.

E drin.

lo spettacolo piùvisto nella stagioneteatrale invernale

2006-2007, con più di135 mila spettatori econ un tour estivo supiazze e grandi spaziaperti di tutta Italia.Ritorna, per la stagione2007-2008, Peter Panil Musical, capolavoronato dalla penna diJames MatthewBarrie: una produzionetotalmente italiana diATI Il Sistina in collabo-razione con TeatroDelle Erbe-OfficineSmeraldo, che vede sulpalco un cast d’eccezio-

ne di 25 artisti, per l’innovativa regia di Maurizio Colombi.Manuel Frattini è Peter Pan che, insieme a ClaudioCastrogiovanni (Capitan Uncino), Alice Mistroni (Wendy),Riccardo Peroni (Spugna), una Trilly laser e un numerosocorpo di ballo, canta lo storico concept-album Sono SoloCanzonette di Edoardo Bennato, ri-arrangiato in versionemusical, insieme al nuovo singolo Che Paura Che FaCapitan Uncino, composto ad hoc dall’artista per l’occasio-ne. Il tutto coordinato dal direttore artistico ArturoBrachetti. Per il regista Maurizio Colombi «Peter Pan IlMusical è uno spettacolo di ispirazione volutamente car-toonistica», un musical in cui gli attori volano attaccati a fili(purtroppo visibili: volutamente?).

Manuel Frattini, artista completo, danzatore, cantante eattore, ha trovato nel Musical il canale d’espressione a luipiù congeniale. È già stato Pinocchio, è già stato un fratel-lo dei sette per le sette spose, un ballerino di Chorus Linee ha cantato sotto la pioggia; ha aperto una piccola botte-ga degli orrori, tributato a George Gerwshin come farebbeun americano a Parigi e ha debuttato come protagonistaassoluto in un musical da lui stesso ideato, Musical,Maestro!. Chi � Peter Pan e chi Manuel Frattini? «Chi è Peter Pan

e chi sono io, dura da dire. Io sono molto Peter Pan, da sem-pre soggetto alla sindrome. In questo caso gioca a miofavore e il ruolo riesce alla perfezione (modestamente)anche un po’ per questa grazia: il bimbo che è in me verràsempre fuori nel bene e nel male perché obblighi e respon-sabilità sono un casino. Insomma, mi scordo di pagare lebollette e faccio tutti questi macelli qui».CosÕ� il Musical per te? Dico sempre di essere cresciu-

to al tempo di Fred Astaire, con la grande passione per ilMusical e tutti i film che c’erano all’epoca, negli anniCinquanta, l’Hollywood dei tempi: cose che da piccolo m’in-cantavano forse ancora di più dei cartoni animati, quandodi solito a quell’età gli altri guardavano programmi da

bimbo. Sono cresciuto con questa grande passione noninvano perché ho potuto incontrare la compagnia dellaLancia, che è una pioniera nel genere Musical in Italia. Da lìho promesso che non si libereranno più di me».Cosa ne pensi di programmi come Amici? «Dovendo

essere onesto, avrei partecipato volentieri a un program-ma di questo tipo se fosse esistito negli anni della mia for-mazione artistica. So che si tratta di una scelta molto per-sonale, ma è comunque un’esperienza importante chegarantisce una vetrina e delle possibilità di un certo tipo.Solo bisogna fare attenzione quando si esce da lì, perché‘oltre’ c’è la giungla: oggi la tendenza è faticare poco peravere un grande successo e credere che nel momento incui la gente ti riconosce per strada coincida con quello incui si è arrivati. Non è così che vanno le cose: devi esserericonosciuto per quello che sei e quello che sai fare, lapopolarità è solo una conseguenza. Rischio così di gettareun po’ di fumo negli occhi a chi vuole fare questo mestiere,ma è chiaro che un programma televisivo non può essereun’accademia che prepara a questo mondo, anche per il solfatto che nove mesi non sono sufficienti per prepararsi».Insegneresti in trasmissione? «Sono già stato giurato in

tre puntate, Garrison ed io abbiamo una conoscenza ditanti anni e sì, insegnerei ad Amici, perché credo sia l’uni-co programma in questo momento che dia un po’ di danza,altrimenti molto penalizzata in televisione. Queste trasmis-sioni almeno stanno avvicinando i giovani ad appassionarsianche alla danza.Canti Edoardo Bennato. Chi � pi� Peter Pan fra di voi?

«Tra me e lui c’è una bella lotta. Lui è laureato in ‘peterpa-nologia’, io ho la sindrome di Peter Pan. È stato una grandeesperienza per me passare da un gruppo storico comequello dei Pooh, di cui ho interpretato le musiche nelMusical Pinocchio, a un grande cantautore che ha segnatola storia della canzone italiana. Questo Peter Pan, poi, nonha avuto vincoli: di solito i Musical arrivano in Italia precon-fezionati con un bel pacchetto all’interno del quale hai musi-ca, coreografie ed altro, mentre questo ci ha lasciato lapossibilità di inserire la colonna sonora di Bennato all’inter-no della storia. Che chiaramente calza a pennello».Musical nel cassetto di Frattini? «Cresciuto al passo di

Fred Astaire amo il Tip Tap, lo Swing, tutto un genere cheun po’ manca in Italia. Vorrei ballare Astaire, che nei suoifilm è stato legato a grandiosi musicisti: sarebbe questaanche l’occasione per riascoltare bellissimi motivi».Pinocchio o Peter Pan? «Sempre un bambino sono.

Comunque scenicamente potrebbero avere la stessa etàcon delle differenze fondamentali: Pinocchio bambino inge-nuo, curioso, un po’ sprovveduto, bugiardo, che vuole cre-scere; Peter Pan leader, capetto, che di crescere non cipensa minimamente. Durante Pinocchio ho sempre dettoche il Peter Pan che era in me aiutava Pinocchio ad uscire,quest’anima bambina che ho tirava fuori il mio burattino dilegno. Ora invece sono più Peter Pan, io e lui siamo facciaa faccia. Ma se mi rifiuto di crescere, come di fatto faccio,allora sì, mi sento più Peter Pan». ROMINA CIUFFA

SPUGNAUNCINO

CLAUDIO CASTROGIOVANNICLAUDIO CASTROGIOVANNI

PETER PANDI ROMINA CIUFFATIC TAC

SSOONNOO OO NNOONN SSOONNOOSSOONNOO OO NNOONN SSOONNOOIILL CCAAPPIITTAANN UUNNCCIINNOOIILL CCAAPPIITTAANN UUNNCCIINNOOSSOONNOO OO NNOONN SSOONNOOSSOONNOO OO NNOONN SSOONNOOIILL CCAAPPIITTAANN UUNNCCIINNOOIILL CCAAPPIITTAANN UUNNCCIINNOO

PPEERROONNII UUGGUUAALLEEPPEERROONNII UUGGUUAALLEESSPPUUGGNNAASSPPUUGGNNAAPPEERROONNII UUGGUUAALLEEPPEERROONNII UUGGUUAALLEESSPPUUGGNNAASSPPUUGGNNAA

MANUEL FRATTINI

èè

èè LL

PP

a cura di ROMINA CIUFFA

DDAA PPIINNOOCCCCHHIIOO AA DDAA PPIINNOOCCCCHHIIOO AA PPEETTEERR PPAANN AALL PPAASSSSOOPPEETTEERR PPAANN AALL PPAASSSSOODDII FFRREEDD AASSTTAAIIRREEDDII FFRREEDD AASSTTAAIIRREE

DDAA PPIINNOOCCCCHHIIOO AA DDAA PPIINNOOCCCCHHIIOO AA PPEETTEERR PPAANN AALL PPAASSSSOOPPEETTEERR PPAANN AALL PPAASSSSOODDII FFRREEDD AASSTTAAIIRREEDDII FFRREEDD AASSTTAAIIRREE

RICCARDO PERONI

Our Guest: Silvia Pietropaoli