MUSIC IN n. 10

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PERIODICO DI INFORMAZIONE, ATTUALITÀ E CULTURA MUSICALE AVERLO ADDOSSO di Roberta Mastruzzi «Il primo jazz che ho sentito era la tromba di Louis Armstrong che usciva da un carro arma - to americano. Avevo 12 anni, è stata passione fin dall’inizio, una scoperta meravigliosa... insieme alla cioccolata». Gino Paoli, cantauto- re di quella che viene chiamata la scuola di Genova, ovvero un gruppo di amici che si chia- mavano Fabrizio De Andrè, Luigi Tenco e Bruno Lauzi, ricorda così la sua iniziazione musicale: «Per me la musica è nata con l’ascolto del jazz. Dopo la guerra è arrivata la musica americana ed è arrivato lui». (...) TREMA IL CASELLA di Flavio Fabbri Terremoto dell’Aquila. Bruno Carioti, direttore del Conservatorio Alfredo Casella, vede lontano, oltre le macerie e le passerelle dei politici: «Costruiremo un nuovo Conservatorio, più sicuro e moderno, che consi- deri lo studente il centro delle nostre attività e delle nostre attenzioni», e ci fa contenti. La notte tra il 6 e il 7 apri- le 2009 un fortissimo terre- moto pari a 5,8 gradi Richter (8°/9° grado della scala Mercalli) ha devastato l’Aquila e la sua provincia, causando quasi 300 morti e ingenti danni mate- riali stimati attorno ai 12 miliardi di euro, ma c’è chi dice ne serviranno molti di più. Anche il Conservatorio di Musica dell’Aquila, uno dei più prestigiosi d’Italia per tradizione e qualità dei docenti, è rimasto gravemente danneggiato. (...) STEFANO MASTRUZZI EDITORE CONTINUA NELLA PAGINA SOUNDTRACKING CONTINUA NELLA PAGINA CLASSICA-MENTE Direttore ROMINA CIUFFA Redazione Romina CIUFFA [email protected] Flavio FABBRI [email protected] Rossella GAUDENZI [email protected] Valentina GIOSA [email protected] Roberta MASTRUZZI [email protected] Luca BUSSOLETTI [email protected] Contributi Lorenzo Bertini, Nicola Cirillo Alessandra Fabbretti, Gianluca Gentile Adriano Mazzoletti, Corinna Nicolini Paolo Romano, Eugenio Vicedomini Livia Zanichelli Contributi fotografici: Romina CIUFFA Sabrina SIMONETTI Direttore Responsabile SALVATORE MASTRUZZI Progetto grafico Romina CIUFFA Impaginazione Romina CIUFFA Cristina MILITELLO Logo Caterina MONTI Redazione Via del Boschetto, 106 - 00184 Roma Tel 06.4544.3086 Fax 06.4544.3184 Mail [email protected] Marketing e Pubblicità Mail [email protected] Tipografia Litografica Iride Srl Via della Bufalotta, 224 - Roma Anno III n. 10 Estate 2009 Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 349 del 20 luglio 2007 VALERIA VAGLIO GIOVANNI BAGLIONI PINA BAUSCH CONTINUA NELLA PAGINA POPCK T iritera 1 o - il tema è più culinario che musicale - polpettone: manifestazioni di livello confermano Roma capitale anche nell’ambito musicale, altre deludono le aspettati- ve e gli onori (e gli oneri) tributati. Facciamo i nomi: poche rischiano alla ricerca di vere produ- zioni originali, come l’Auditorium, i Concerti nel Parco, Rock in Roma, la Casa del Jazz (nonostante i tagli) e lo fanno con personalità, con cartelloni intriganti carichi di novità; lascia senza parole invece il programma di alcune ras- segne come Villa Celimontana, che nonostante venga dichiarata manifestazione storica, presen- ta un programma da jazz-club, eccezion fatta per una decina di grandi concerti. Ma su tre mesi di programmazione sono un po’ pochini. Va bene promuovere le nuove leve, ma quasi 40 concerti con i saggi dei Conservatori generano il sospetto che si voglia riempire il calendario senza troppi sforzi, soprattutto economici. Pochi concerti ma originali e di spessore sono preferibili a polpettoni non commestibili. Anche gli editori di giornali e riviste hanno una parte di responsabilità. Oggi, la pagina dello spettacolo è invasa da comunicati stampa, più o meno tritati per dar l’impressione che ci lavori su, ma è noto che inverten- do l’ordine delle parole il risultato non cambia. Nel gergo si chiama «cuci- na» e rappresenta un preciso orientamento editoriale. Senz’altro, la funzio- ne di segnalare concerti ed eventi è encomiabile, ma una testata non può ridursi a mero elenco di annunci, anche perché con pochi clic possiamo tenerci aggiornati auto- nomamente, in tempo reale, direttamente sui siti degli organizzatori di eventi. Scarseggia invece la critica, il giornalista che partecipa all’evento e ne parla nei giorni successivi, nel bene e nel male, senza ammiccamenti. Gli editori dovreb- bero lasciar libere le penne dei giornalisti non solo per fare segnalazioni, ma critica a posterio- ri. A noi interessa conoscere l’opinione di chi per lavoro dovrebbe assistere a centinaia di con- certi e avere, pertanto, una visione ampia per capire se un’artista quella sera si è concesso al proprio pubblico o se ha fatto una marchetta, se la scelta musicale è frutto di un progetto artisti- co o se non esiste alcun percorso, se il contesto organizzativo è piacevole o infastidisce, se il patron della manifestazione è una persona pulita al ser- vizio della musica o dello smercio di cous-cous. Chi conosce la differenza tra un violino e un violino di capra 2 ? 1 Tiritera [ti-ri-tè-ra] s.f. I Filastrocca, cantilena. II estens. Discorso lungo e monotono. 2 «Prodotto tipico per eccellenza il Violino di capra della Valchiavenna deve il suo nome alla forma simile a quella di uno stradivari. Si tratta infatti di un salume artigianale ricavato dalla spalla (spalata) e dalla coscia della capra con la zampa che funge da manico e la massa musco- lare da cassa. La tradizione vuole che per affettarlo lo si maneggi proprio come lo strumento musicale, appoggiandolo sulla spalla e, utilizzando il coltello a mo’ di archetto, se ne ricavino delle piccole fettine» (cit., www.waltellina.com). Stefano Mastruzzi QUANDO DICI VIOLINO DI CAPRA UOMO A L LO SPECCHIO di Romina Ciuffa Quello che era un uomo allo specchio ha lo specchio rotto. Qualcosa che ricorda un film fanta- sy, in cui il protagonista - un maghetto, un eroe, un sofferente - viene risuc- chiato in un altro mondo e perde il contatto con il proprio bagno mentre si domanda: «Who am I to be blind?», chi sono io per essere cieco? Quand’è morto, lo scorso 25 giugno, nello stomaco aveva solo Vicodin anti- dolorifico, Soma rilas- sante muscolare, Xanax antidepressivo in quanti- tà impressionanti, e vive- va nella terra di un Nessuno qualunque: Michael Jackson. (...) &further A LT E R PATTI SMITH

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MUSIC IN n. 10ESTATE 2009www.musicin.euwww.myspace.com/[email protected]: ROMINA CIUFFAEDITO DAL SAINT LOUIS COLLEGE OF MUSICwww.slmc.itRubricheJazz&Blues Rossella GAUDENZIClassica-MENTE Flavio FABBRIALTerNATIVE Valentina GIOSAPop&Rock Luca BUSSOLETTIIBeyond Romina CIUFFASoundTracking Roberta MASTRUZZIMusicALL Romina CIUFFABallet Rossella GAUDENZIFeedback Romina CIUFFACONTRIBUTI DI RUBRICANicola CirilloRedazione Via del Boschetto, 106 - 00184 RomaTel 06.4544.3086 Fax 06.4544.3184Email redazioneRomina CIUFFA [email protected] FABBRI [email protected] GAUDENZI [email protected] GIOSA [email protected] MASTRUZZI [email protected] BUSSOLETTI [email protected] Bertini, Nicola Cirillo Alessandra Fabbretti, Gianluca GentileAdriano Mazzoletti, Corinna NicoliniPaolo Romano, Eugenio VicedominiLivia ZanichelliContributi fotografici:Romina CIUFFAProgetto graficoRomina CIUFFAImpaginazioneRomina CIUFFACristina MILITELLOLogo Caterina MONTIRedazione Via del Boschetto, 106 - 00184 RomaTel 06.4544.3086Fax 06.4544.3184 Mail [email protected] e PubblicitàMail [email protected] Iride SrlVia della Bufalotta, 224 - RomaAnno III n. 10 Estate 2009Registrazione presso il Tribunale di Roman. 349 del 20 luglio 2007STEFANO MASTRUZZI EDITORE

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PERIODICO DI INFORMAZIONE, ATTUALITÀ E CULTURA MUSICALE

AVERLO ADDOSSO

di Roberta Mastruzzi

«Il primo jazz che ho sentito era la tromba diLouis Armstrong che usciva da un carro arma -to americano. Avevo 12 anni, è stata passionefin dall’inizio, una scoperta meravigliosa...insieme alla cioccolata». Gino Paoli, cantauto-re di quella che viene chiamata la scuola diGenova, ovvero un gruppo di amici che si chia-mavano Fabrizio De Andrè, Luigi Tenco e BrunoLauzi, ricorda così la sua iniziazione musicale:«Per me la musica è nata con l’ascolto del jazz.Dopo la guerra è arrivata la musica americanaed è arrivato lui». (...)

TREMA IL CASELLAdi Flavio Fabbri

Terremoto dell’Aquila.Bruno Carioti, direttore delConservatorio A l f r e d oCasella, vede lontano, oltrele macerie e le passerelle deipolitici: «Costruiremo unnuovo Conservatorio, piùsicuro e moderno, che consi-deri lo studente il centro dellenostre attività e delle nostreattenzioni», e ci fa contenti.

La notte tra il 6 e il 7 apri-le 2009 un fortissimo terre-moto pari a 5,8 gradi Richter(8°/9° grado della scalaMercalli) ha devastatol’Aquila e la sua provincia,causando quasi 300 morti e ingenti danni mate-riali stimati attorno ai 12 miliardi di euro, ma c’èchi dice ne serviranno molti di più. Anche ilConservatorio di Musica dell’Aquila, uno dei piùprestigiosi d’Italia per tradizione e qualità deidocenti, è rimasto gravemente danneggiato. ( . . . )

S T E F A N OMASTRUZZI E D I T O R E

CONTINUA NELLA PAGINA SOUNDTRACKING CONTINUA NELLA PAGINA CLASSICA-MENTE

DirettoreROMINA CIUFFA

RedazioneRomina CIUFFA [email protected] FABBRI [email protected] GAUDENZI [email protected] GIOSA [email protected] MASTRUZZI [email protected] BUSSOLETTI [email protected]

ContributiLorenzo Bertini, Nicola Cirillo Alessandra Fabbretti, Gianluca GentileAdriano Mazzoletti, Corinna NicoliniPaolo Romano, Eugenio VicedominiLivia Zanichelli

Contributi fotografici:Romina CIUFFASabrina SIMONETTI

Direttore ResponsabileSALVATORE MASTRUZZI

Progetto graficoRomina CIUFFAImpaginazioneRomina CIUFFACristina MILITELLOLogo Caterina MONTI

RedazioneVia del Boschetto, 106 - 00184 RomaTel 06.4544.3086Fax 06.4544.3184Mail [email protected]

Marketing e PubblicitàMail [email protected]

TipografiaLitografica Iride SrlVia della Bufalotta, 224 - Roma

Anno III n. 10 Estate 2009

Registrazione presso il Tribunale di Roman. 349 del 20 luglio 2007

VALERIA VAGLIO

GIOVANNI BAGLIONIPI N A BA U S C H

CONTINUA NELLA PAGINA POPCK

Tir i t e r a1 o - il tema è più culinario chemusicale - polpettone: manifestazioni dilivello confermano Roma capitale anche

nell’ambito musicale, altre deludono le aspettati-ve e gli onori (e gli oneri) tributati. Facciamo inomi: poche rischiano alla ricerca di vere produ-zioni originali, come l’Auditorium, i Concertinel Parco, Rock in Roma, la Casa del Jazz(nonostante i tagli) e lo fanno con personalità,con cartelloni intriganti carichi di novità; lasciasenza parole invece il programma di alcune ras-segne come Villa Celimontana, che nonostantevenga dichiarata manifestazione storica, presen-ta un programma da jazz-club, eccezion fatta peruna decina di grandi concerti. Ma su tre mesi diprogrammazione sono un po’ pochini. Va bene promuovere le nuove leve,ma quasi 40 concerti con i saggi dei Conservatori generano il sospetto chesi voglia riempire il calendario senza troppi sforzi, soprattutto economici.Pochi concerti ma originali e di spessore sono preferibili a polpettoni noncommestibili.

Anche gli editori di giornali e riviste hanno una parte di responsabilità.Oggi, la pagina dello spettacolo è invasa da comunicati stampa, più omeno tritati per dar l’impressione che ci lavori su, ma è noto che inverten-do l’ordine delle parole il risultato non cambia. Nel gergo si chiama «cuci-na» e rappresenta un preciso orientamento editoriale. Senz’altro, la funzio-ne di segnalare concerti ed eventi è encomiabile, ma una testata non può

ridursi a mero elenco di annunci, anche perchécon pochi clic possiamo tenerci aggiornati auto-nomamente, in tempo reale, direttamente sui sitidegli organizzatori di eventi. Scarseggia invecela critica, il giornalista che partecipa all’eventoe ne parla nei giorni successivi, nel bene e nelmale, senza ammiccamenti. Gli editori dovreb-bero lasciar libere le penne dei giornalisti nonsolo per fare segnalazioni, ma critica a posterio-ri. A noi interessa conoscere l’opinione di chiper lavoro dovrebbe assistere a centinaia di con-certi e avere, pertanto, una visione ampia percapire se un’artista quella sera si è concesso alproprio pubblico o se ha fatto una marchetta, sela scelta musicale è frutto di un progetto artisti-

co o se non esiste alcun percorso, se il contesto organizzativo è piacevoleo infastidisce, se il patron della manifestazione è una persona pulita al ser-vizio della musica o dello smercio di cous-cous.

Chi conosce la differenza tra un violino e un violino di capra2?1 Tiritera [ti-ri-tè-ra] s.f. I Filastrocca, cantilena. II estens. Discorso lungo e monotono.2 «Prodotto tipico per eccellenza il Violino di capra della Valchiavenna deve il suo nome allaforma simile a quella di uno stradivari. Si tratta infatti di un salume artigianale ricavato dallaspalla (spalata) e dalla coscia della capra con la zampa che funge da manico e la massa musco-lare da cassa. La tradizione vuole che per affettarlo lo si maneggi proprio come lo strumentomusicale, appoggiandolo sulla spalla e, utilizzando il coltello a mo’ di archetto, se ne ricavinodelle piccole fettine» (cit., w w w. w a l t e l l i n a . c o m ) .

Stefano Mastruzzi

QUANDO DICI VIOLINO DI CAPRA

UOMO A L LO SPECCHIOdi Romina Ciuffa

Quello che era unuomo allo specchio ha lospecchio rotto. Qualcosache ricorda un film fanta-s y, in cui il protagonista -un maghetto, un eroe, uns o fferente - viene risuc-chiato in un altro mondoe perde il contatto con ilproprio bagno mentre sid o m a n d a : «Who am I tobe blind?», chi sono ioper essere cieco?Quand’è morto, lo scorso25 giugno, nello stomacoaveva solo Vicodin anti-dolorifico, Soma rilas-sante muscolare, Xanaxantidepressivo in quanti-tà impressionanti, e vive-va nella terra di unNessuno qualunque:Michael Jackson. (...)

&furtherA LTE R PAT T I SM I T H

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a cura di ROSSELLA GAUDENZI

Music In Estate 2009

S T E L LY DAN Musicisti antipatici cheparlano tra di loro per arcane semantiche in cerca del solo esatto che hanno in mente

OTIS TAYLOR Pentatonic Wa r sand Love Songs Ricattura il banjoper cantare la negritudine del blues

G I O VANNI BAGLIONI Figlio diSe tutti i «figli di» fossero così

uglio ha suonato bene, soprattuttoquando, nella Cavea dell’Auditorium, isignori Donald Fagen e Walter Becker -al secolo meglio noti come Steely Dan -

hanno regalato una serata speciale, all’insegnadella musica colta. Colta? Già… per nulla penti-to dell’aggettivo, perché lo trovo perfetto in bino-mio col concetto di «divertimento», che è forse lamigliore chiave interpretativa per cercare digustare le canzoni bellissime che questo duo, conalterne vicende e con discontinua cronologia,regala al pubblico da quasi quarant’anni.

I più brizzolati ricorderanno per certo più la figu-ra di Fagen che con il suo N i g h t f l y del 1982 portòun raggio di sole estetico ad un disgraziatissimoperiodo per il pop raffinato, massacrato dall’elet-tronica fine a se stessa e dalle strutture imbaraz-zanti. Il singolo New fro n t i e r s diede addiritturafilo da torcere in classifica al re M i c h a e lJ a c k s o n che nello stesso anno pubblicavaT h r i l l e r, tormentone pur apprezzabile in queldesolante deserto musicale. Gli Steely Dan propongono una musica proba-bilmente più pensata e destinata alla cura dellostudio e, in effetti, le loro performance livehanno sempre subito diversa fortuna, anche acausa delle manie del duo perennemente allaricerca di una perfezione formale e ad una seve-rità strumentale con pochi precedenti. Ma chi ha

potuto ascoltarli, e non sono in molti, garantisco-no emozioni davvero forti. Alla loro corte sono transitati nei lustri musicistidel calibro di Larry Carlton, Mark Knoplfer, JeffPorcaro, Joe Sample, Michael e Randy Brecker,Wayne Shorter... e le battute concesse alla recen-sione mi impongono di fermarmi qua.Collaborazioni che pur racconteranno qualcosadella qualità musicale di questi ormai anzianottisignori. Non simpatici, diciamo. Anzi, proprioantipatici. Dileggiano i fan, si parlano tra loro perarcane semantiche solo a loro conosciute, sem-pre in bilico tra perfezionismo e nevrosi, ostili acritici e giornalisti come la peste bubbonica,capaci di torturare un chitarrista per ore in studioalla ricerca del «solo» esatto che hanno in mentema che non vogliono spiegare. E pensare che finirono financo in tribunale peruna causa di plagio intentata da quell’altro «sim-paticone» di Keith Jarrett, perdendola e finendoper dover risarcire il fragile pianista diAllentown. Ma pare che le declinazioni caratte-riali appartengono ad una sfera extra-musicale equindi con tranquillità le si può abbuonare incambio dell’atmosfera meravigliosa che i duesanno garantire nel corso delle performance. GliSteely Dan (invitiamo i curiosi ad investigaresull’origine del nome, pruriginosamente malizio-sa) contano una discografia non sconfinata, inragione degli anni insieme, ma costante nellaqualità non solo musicale in senso stretto, maanche tecnico, tanto che dopo tanti anni i lorodischi vengono utilizzati per testare le qualitàdegli impianti di alta fedeltà. Il loro ultimo lavoro risale al 2003, E v e ry t h i n gmust go, ma non occorrerà correre in negozio atrovarne una copia per gustare il concerto, perchéla scaletta delle serate viene sempre cambiata eporta con sé brani nuovi e vecchissimi del duo,quando riarrangiati quando riproposti con lostesso groove dello studio. Insomma, niente di meglio per una calda seratadi luglio che una pioggia di note e di armoniedivertenti ed una musica sempre fresca.

Paolo Romano

oce (di donna) e contrabbasso. Libertàed emozione. Petra Magoni eFerruccio Spinetti. È Musica Nudasin dagli inizi della loro collaborazio-

ne, dal primo album inciso quasi per gioco nel2004, perché procede per sottrazione, si aff i d aalla forza evocativa e suggestiva di due soli puristrumenti: una voce e delle note di contrabbas-so. Nel 2006 arrivano Musica Nuda 2 (con cuivincono il Premio Tenco) e Quam Dilecta, discodi musica sacra, progetti in cui iniziano ad esse-re ospitati nomi come Stefano Bollani e NicolaStilo. Nel 2007 il duo produce un live registratopresso l’Auditorium di Radio France e, per suo-nare, si divide tra Italia e Francia. Quest’estateson passati per Roma - il tour dell’ultima faticaè Musica Nuda 55/21 (Blue Note), partito dalSan Carlo di Napoli, che ha poi toccato Parigi eNantes e resta in Italia fino a settembre -. È unlavoro intimista, romantico, nostalgico, unomaggio sia alla canzone italiana sia a quellafrancese d’autore, e il ritorno di Stefano Bollani,con Gianluca Petrella e Jacques Higelin. Inoltrebrani originali affidati all’estro di Cristina Donà,Pacifico, Nicola Stilo, Silvia Donati, StefanoBollani e David Riondino. Musica sì spogliata,ma abbellita qua e là con qualche raro e prezio-so gioiello. (Rossella Gaudenzi)

sce in Italia Pentatonic Wars and LoveSongs, l’ultimo album del bluesmandella Windy City, Chicago, OtisTaylor. È stato detto più e più volteche la sua è una musica intrisa di

negritudine, così come il suo suono viene defi-nito, per i ritmi ipnotici ed ossessivi, per la vocecalda e profonda, «trance blues». Dunque que-sto straordinario musicista, candidato per duecategorie ai Blues Music Awards 2009 come«artista acustico dell’anno» e «miglior strumen-tista», fa nuovamente parlare di sé anche nelnostro Paese, con il nuovo disco che lo portaalla XV edizione di Roma Incontra il Mondo.

Si potrebbe tracciare il profilo dell’innovati-vo Otis Taylor con la massima aderenza anchesolo citando alcuni dei suoi album: indiscutibi-le il suo profondo radicamento nella culturaafroamericana, che si riconferma puntualmenteogni qualvolta prende in mano, suonandolo davirtuoso, un banjo. Da riascoltare a tal proposi-to l’album del 2008 Recapturing the Banjo, con

il quale egli riconduce lo strumento alle piùautentiche radici, quelle africane, e conseguen-temente al blues.

Egli predilige anche, accanto al banjo e allachitarra, un mandolino o un violoncello o un’ar-monica elettrica, strumenti del blues della tradi-zione ormai quasi caduti in disuso. È notoanche per la scelta dei temi che compongono isuoi lavori, che sempre si focalizzano sui dirittiumani, sulla fierezza degli oppressi, in primisgli africani ridotti in schiavitù: When Negroeswalked the Earth (1998), White African (2001).

La sua voce intensa, roca ed aspra esprimeancora una volta con un’interpretazione ammi-revole, una ricerca senza posa, il bisogno didenuncia, ed arriviamo a Truth is not fiction(2003). Il talento, la tecnica, l’originalità, ilcoraggio, il cuore: Otis Taylor li racchiude in sée ne fa dono a quanti sono in grado di ascoltar-li, sentirli, aprendo un varco alla più alta umanasensibilità.

Rossella Gaudenzi

ungi da noi ricordare il padre, ci intratterremo qui - brevi righe - soloparlando di un chitarrista, Giovanni Baglioni, che sa suonare. E non èpoco. Talento naturale, acustica nell’orecchio e fra le dita, nel suoalbum d’esordio Anima meccanica mette ciò che di Michael Hedges il

suo Pino Forastiere gli ha trasmesso: soprattutto tecnica - uso estensivo diaccordature alternative e aperte, tapping a due mani, chitarra percussiva -che questo figlio di re applica come Giotto. Del suo Cimabue replica spes-so Aerial Boundaries, The Rootwitch, A rro w h e a d, ma l’album è tuttoBaglioni: dalla sua R u b i k, un cubo spezzato e malinconico che è come unrompicapo, a quello che è, a tutti gli effetti, un gioiello, B i j o u x, grande

carica evocativa ed immagini rasserenanti seppur complesse; I n s o n n e è ilsalto dentro un’audace nostalgia e, nel contempo, silenzio delle corde acu-stiche. In questi e negli altri 7 brani dolcezza e virtuosismo, una narrazio-ne che si ascolta come favola, e preciso il t a p p i n g - l’uso di entrambe lemani sulla tastiera e ritmica percussiva sulla cassa - che lo salva da ogniaccusa di strade spianate. Come ad agosto grilli e stelle, glieli promettevasuo padre dedicandogli «Avrai», ma anche un lavoro da sudare, un soleche uccide e pescatori di telline. Giovanni i discorsi chiusi dentro li tra-sforma in musica, e usa mani che frugano le tasche nella vita con tappingsu una chitarra ineccepibile. E un’anima che è tutto fuorché meccanica.

TAY LOR NEGRI T UDINEPRURIGINOSI ST E E LY DAN

AVRAI UN’ANIMA MECCANICA

V

L

M U S I CA N U DA

E

l

Scivolo in una «trance blues» per banjo mandolino, violoncelloe armonica elettrica, quando canto la fierezza degli oppressi

Nuda, e abbellita qua e là da qualche raro, prezioso gioiello:intimismo, introspezione, nostalgia. Un omaggio alla canzone italiana

e a quella francese d’autore con soli due strumenti: voce e contrabbasso

di Romina Ciuffa

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JAZZ’S COOL Una full immersion dal31 agosto al 6 settembre. Nel jazz d’autore

TRIO FLY Mark Tu r n e r, Jeff Ballarde Larry Grenadier. Un volo in triposto.

N A N C Y KING Le foto possonoanche dar da pensare. Ma la voce

Music In Estate 2009 S L M CSaintLouis

a cura di ROSSELLA GAUDENZI

DA JAZZ’S COOL

U npianista talentuoso come Phil Markowitz,che a fine anni 70 ha suonato nella band

di Chet Baker, ha avuto modo di crescere e attra-verso decenni di musica jazz ha potuto affinare lapropria arte, divenendo un esperto arrangiatore ecompositore sopraffino. Vanta tra le collaborazio-ni nomi quali Dave Liebman e Bob Mintzer; èstato alla testa inoltre di proprie formazioni,a ffiancato da Toots Thielmans, Eddie Gomez, JoeLocke e Al Foster. La profonda esperienza e latecnica impeccabile lo hanno portato ad inoltrar-si nelle potenzialità dell’improvvisazione epadroneggiarle, e ha reso il suo stile maturo a talpunto da raggiungere uno stile personale caratte-rizzabile come punto di sintesi tra le influenze diMcCoy Tyner e Bill Evans, il quale incise il suobrano Snos’ Peas nel celebre disco A ff i n i t y, ren-dendolo un classico del jazz.

« La più grande cantante jazz vivente»: così viene defini-ta da Herb Hellis l’artista Nancy King. Ma anche:

«artista cult... e senza compromessi» (Earshot Jazz). La can-tante originaria dell’Oregon calca le scene di San Franciscodagli anni 60; decisivo l’incontro con Sonny King, suo futu-ro compagno, unendosi al suo gruppo. A fine anni 60 fa ilgiro del circuito Playboy della città jazz-club della città e siesibisce a Las Vegas, unendosi poi alla Charlie Smalls andC o m p a n y. Incide tre album con Glen Moore, con il quale siesibisce presso la Town Hall di New York ed il MontrealJazz Festival. L’impegno didattico culmina negli anni 90insegnando insieme al pianista Steve Christofferson ai semi-nari della Stansford University, del Bud Shank’s Centrum edel Jazz Camp West.

Originario di Santa Cruz in California tra-piantato a New York nel 1990, è uno

splendido batterista e percussionista, originale eversatile teso spesso a superare le frontiereaccademiche del jazz. Nella sua biografia loincontriamo con Ray Charles, con il sassofoni-sta Lou Donaldson, con il pianista BuddyMontgomery, fratello del grande chitarrista WesMontgomery che nel 1968 ha lasciato un vuotoincolmabile nel mondo del jazz e con il vibrafo-nista Bobby Hutcherson che in anni recenti hadimostrato grande interesse per le radici africa-ne e caraibiche della musica nera. Ma la perfet-ta maturità l’ha raggiunta con il trio di ChickCorea, con cui rimane per sei anni, incidendotre lavori di notevole importanza.

Espressività, intensità,estro. Il giovane califor-

niano Mark Turner porta il tim-bro del sax tenore a livellieccelsi di bellezza, purezza,complessità. Negli anni di stu-dio presso la Berklee Collegeof Music di Boston ha avutomodo di conoscere e lavorarecon i sassofonisti MyronWalden e Chris Cheek, il trom-bonista Steve Davis, il chitarri-sta Kurt Rosenwinkel, conver-tendosi al jazz definitivamente;a seguire l’approdo a New Yorkgli ha permesso di lavorare sindagli inizi con musicisti qualiJames Moody, Joshua Redmane Jimmy Smith. Suona da annicon il trio Fly, accanto a LarryGrenadier e Jeff Ballard; haall’attivo numerose incisionitra cui alcune come leader, perla Warner Bros: In This World,Ballad Session. Originalità erigore combinati insieme, adare un inconfondibile apportoalla scena jazzistica dei nostrigiorni.

Californiano come Jeff Ballard anche LarryGrenadier ha avuto pressappoco lo stes-

so percorso del suo collega. Anche per lui tuttoha inizio nel 1990, quando, dopo aver fatto deigig nella zona di San Francisco, con JoeHenderson, Stan Getz, Bobby Hutcherson sisposta a Boston per entrare nella band di GaryBurton, per un ingaggio di circa un anno. Nel1991 anche lui è a New York, dove dopo qual-che tempo diventa uno dei contrabbassisti piùrichiesti. Lo troviamo a fianco di Betty Carter,Joshua Redman, che aveva incontrato già nel1990 quando suonava con Burton, DaniloPerez, David Sanchez, Tom Harrell, JohnScofield, Pat Metheny, Paul Motian, CharlesLloyd e soprattutto Brad Mehldau di cui diven-ta il contrabbassista abituale con il quale, anchelui come Ballard con Chick Corea, suona persei anni assieme a Jorge Rossy. Ed infineanch’egli, musicista versatile ed originale, hasempre avuto un forte interesse per i contrab-bassisti degli anni 50/60 quali Percy Heath,Richard Davis, George Duvivier, Ron Carter,dei quali conosce perfettamente l’opera.

TRIO FLY J A Z Z ’ SC O O L

La presenza del chitarristanewyorkese Peter Bernstein

aggiunge alla rassegna RomaJazz’s Cool un tocco in più quantoa classe, gusto spiccato, creatività.Egli è inoltre compositore e bril-lante sideman; la capacità di farrivivere il jazz della tradizioneverrà affidata alla sua competenzadel linguaggio jazzistico e allapadronanza delle possibilitàespressive del proprio strumento.Tra le influenze, rilevanti quella diJim Hall, Wes Montgomery,Charlie Christian e soprattuttoGraham Green. Attivo sulla scenadella Grande Mela dal 1989, vantacollaborazioni, per citarne alcune,con Jim Hall, Lou Donaldson,Jimmy Cobb, Tom Harrell, LeeKonitz, Diana Krall, EricAlexander.

S ettimana dal 31 agosto al 6 settembre digrande rientro con questa full-immersiondi perfezionamento jazz riservata a musi-

cisti di livello alto e medio-alto. Ogni giorno dalle 6alle 8 ore di lezione di improvvisazione, interplay elinguaggio jazz con artisti internazionali.

Quest’anno salgono in cattedra: Phil Markovitz alpiano, Peter Bernstein alla chitarra, Mark Turner alsax, Larry Grenadier al contrabbasso, Jeff Ballardalla batteria, Nancy King alla voce.

Le lezioni si tengono in piccoli gruppi da 6 massi-mo 8 allievi, permettendo così un rapporto perso-nale quotidiano molto stretto con i docenti, un’op-portunità praticamente unica di vivere a contattocon grandi artisti per diverse ore al giorno e pertutta la settimana. Ciascun iscritto può assisteregratuitamente anche a tutti i concerti del festival.

Anche quest’anno, il Saint Louis College of Musicsi avvale della collaborazione della Casa del Jazzdel Comune di Roma. Sotto ai pini, quindi.

(NELLA FOTO ABSTRACT SAX, PAUL BRENT)

PETER BERNSTEIN LA CHITA R R A

JEFF BALLARD LA BAT T E R I A

L A R RY G R E N A D I E RIL CONTRABBASSO

PHIL MARKOWITZ IL PIANOFORT E

NANCY KING LA VOCE

Il Trio Fly, già conosciuto in Italia per aver suonato a Umbria Jazz Winter, dà lustroquest’anno ai corsi del Roma Jazz’s Cool. Il sassofonista Mark Turner, uno dei piùcreativi e innovativi sassofonisti oggi in attività, è un esponente di punta della nuovascena di New York. Una lunga e prestigiosa carriera alle spalle hanno anche, gli altricomponenti il trio, Jeff Ballard e Larry Grenadier. Il loro primo disco è stato pubblica -to nel 2004 da Savoy.

MARK TURNER IL SAX

DI ADRIANO MAZZOLETTIS I N D RO M E

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a cura di LUCA BUSSOLETTI

MORGAN Non c’è nientedi più semplice che odiarlo.Come si odiano i sovrani.

FRANCESCO DE GRE-GORI C’è chi del tempo nonsi accorge, come sul Ti t a n i c

DANIELE SILVESTRI Ognuno ha il suo piccolo razzo lan-ciato nel blu dello spazio con dentro frammenti di sé/Ma sì lo soche avrei dovuto prenderti e sfidare il mondo, è solo che mi persi

Music In Estate 2009pop&rock

L’Etat c ’est moi (lo Stato sono io)»,dichiarava il re Sole Luigi XIV nel 1670.Dopo quattro secoli il nostro pianeta cono-

sce nuovamente un essere umano altrettantoegocentrico ed istrionico. Sempre di re trattasi,questa volta della musica popolare. Morgan, alsecolo Marco Castoldi, è partito da molto lonta-no per giungere nelle case di tutti gli italiani. Èpartito dai premi della critica vinti col bellissi-mo progetto dei Bluvertigo per approdare a giu-dice acchiappa-ascolti di X-Factor.

Tralasciamo i giudizi di qualità e concentria-moci su un uomo che ha reso se stesso musica.Lo spartito è il suo corpo su cui lui arrangia eriarrangia continuamente nuove melodie e sucui appone suoni nuovi e sempre più ricercati.C’è grande studio dietro al ciuffo canuto e allagiacca rinascimentale. C’è grande talento dietroai giudizi x-factorini attraverso cui comunicacon i concorrenti, pur continuando a comunica-re solo con sé di sé.

Nessuno si sarebbe aspettato un’evoluzionesimile. Neanche Andrea Fumagalli, in arteAndy, quando lo incontrò a Monza nel 1988 edecise di formare con lui gli Smoking Cocksche poi divennero più tardi, nel 1994, i

Bluvertigo. Neanche la Mescal, la casa disco-grafica di allora, che pubblicò tra il 1995 e il1999 la trilogia acida Acidi e Basi, Metallo nonMetallo e Zero - ovvero la famosa nevicatadell’85.

Forse il suo pubblico fedele sì. Perché quandoM o rgan avvicina la bocca al microfono sa esse-re magico e sprigiona talento come luce. Chiabbia assistito ad un live con la sua presenza sulpalco sa che quell’omino dalle unghie laccate edil rossetto scuro è capace di tutto. Nella splendi-da canzone Cieli Neri cantava «scegli me tra ituoi re», ma è lui che sceglie voi e lo sa.

È direttore artistico del canale satellitareMatch Music e parte della trilogia del talent-show di Rai Due. Ma soprattutto un musicistache ha appena pubblicato un nuovo disco inti-tolato Italian Songbook Volume I, in cui rican-ta a modo suo il nostro patrimonio storico e fada Cicerone alle nuove generazioni su ciò cherischia di andar perduto col funerale dellanonna. È un altro buon motivo per non manca-re il 20 luglio al Roma Rock Festival. Soloun altro pretesto per comprare il biglietto diuno show che promette molto di più di bellecanzoni. (L c b )

NON AVRAI ALTRO M O RGA NA L L’INFUORI DI LU I

«

Ora i tempi si sa che cambiano/passano e tornano tristezza e

amore/ da qualche parte c’è una stanzapiù calda/ sicuramente esiste un uomomigliore/ io nel frattempo ho scrittoaltre canzoni, di lei parlano raramente/ma non è vero che io l’abbia perduta,dimenticata come dice la gente».

Il passare del tempo è inevitabileper tutti, vecchi, giovani, menestrellie cantori. C’è chi dal tempo si lasciatrasportare passivamente e chi cercadi muoversi con esso, sfruttando laspinta. C’è chi guarda con nostalgiaai fasti del passato e chi, pur nell’in-comprensione generale, cerca di cam-biare, talvolta adattandosi nel miglio-re dei modi, mantenendo la propriapersonalità. Siamo nel 2009 eFrancesco De Gregori è ancora lì,immagine oramai stereotipata delcantautore italiano tra il politico el’autobiografico, figura marmoreaimmortale che non soltanto si fainterprete dei processi della canzone d’autoreitaliana dagli anni 70 ad oggi ma che divienesimbolo, icona, di tutto un mondo che sembraquasi metafisico, irraggiungibile che travalicaed unisce più di tre generazioni.

Alice non lo sa, Rimmel, Bufalo Bill, Vival’Italia, Titanic, La donna cannone, album ecanzoni cardine di tutta la produzione musicaleitaliana e colonna sonora emozionale dellagente, tra gli echi del ‘68 e la denuncia sociale,la caduta del vecchio mondo e il sogno ameri-cano, gli anni di piombo e i suoi conflitti,l’emarginazione degli sconfitti, la forza di spu-tare la propria rabbia contro il sistema, le fitti-zie contraddizioni del benessere effimero e illu-sorio dopo il boom degli anni 80, un progressoche procede verso lo sfascio degli strati piùdeboli della popolazione, ma anche e soprattut-to la nostalgia, la tenerezza, il ricordo, l’amore.

È il «principe» dei cantautori italiani, tantolegato ai folksinger d’oltreoceano quali BobDylan, Leonard Cohen, Simon & Garfunkelquanto ai nostrani Luigi Tenco e Fabrizio DeAndrè, tanto appassionato di musica tradizionalepopolare quanto intellettualmente legato allaproduzione poetica europea del ‘900. Il cantauto-re romano che ha sempre avuto una certa ritrosiaverso i media si forma tra le serate passate nellaprolifica e stimolante cantina del Folkstudio aTrastevere, culla di tanti altri giovani cantautoriromani (Antonello Venditti, Ernesto Bassignano,Mario Schiano, Giovanna Marini, MimmoLocasciulli, Edoardo De Angelis, RiccardoCocciante, Paolo Pietrangeli, Giorgio Lo Cascio)ed esordisce a soli 21 anni con Theorius Campusinsieme ad Antonello Venditti.

Uno che non ha mai nascosto il suo modo divedere il mondo e che spesso è stato fraintesonegli intenti, nonché accusato e contestato pub-blicamente, durante un concerto, di arricchirsicon la scusa del messaggio politico. Una sensi-bilità che sente più volte il bisogno di rifiatare,di prendersi degli anni di silenzio, ora lavoran-do in una libreria romana, ora improvvisandosigiornalista sull’Unità, diretta dall’amico WalterVeltroni. Ed ogni volta che ritorna qualcosanella sua musica è cambiato. Niente più amoree schegge d’autobiografia, ma uno sguardosecco e limpido, amaro e disincantato sulla real-tà e sui cambiamenti che essa comporta allenostre anime, da parte di chi non ha più l’ambi-zione di cambiarlo.

«Neanche la sinistra mi appassiona più.Canto frammenti di vita, dolore e confusione».La sua attività live invece è da sempre instanca-bile. Come il maestro Dylan, i suoi brani assu-mono forme nuove ad ogni concerto, guidatidalle suggestioni del momento. Il suo ultimo

album, Per brevità chiamato artista (2008), sigiostra tra quel songwriting di maniera che pro-babilmente non gode più dei lampi melodici epoetici degli anni d’oro.

Ma forse anche questo è sintomo che i tempisono cambiati. Ciò che non cambierà è la suaimpronta. L’uomo che diventa esempio e model-lo di un certo modo di fare arte. La musica e leparole che divengono chiave di lettura personaleed intima di una realtà che si nutre dell’evasionedel sogno per svelare il mistero apparente. Storiee racconti di uomini, compreso se stesso, espo-nenti di una quotidianità che appartiene a tutti eche si fanno metafora sensibile di universalità.

«D ’O RO E D’A RG E N TOD I V E N T E R À

D aniele Silvestri è uno di quegli artisti che,nonostante il prestigio riconosciuto neglianni dalla critica e dai tantissimi premi,

nonostante la solita gavetta, la carriera ormaiquindicennale e le frequenti apparizioni televi-sive (Festival di Sanremo su tutti), per qualchestrano motivo non riesce ad essere mainstream.Forse perché è un vero e proprio giocolieredella musica. Passa da uno stile all’altro senzadifficoltà, districandosi ad agio tra i generi piùdisparati, che sia il pop facile, il rock, la disco,le ballate, le melodie latine e tribali o il jazz.

Il punto è che riesce ad essere talmente sotti-le da far apparire facile anche ciò che in realtànon lo è. Lo abbiamo visto anche con singoliquali La paranza o Gino e l’alfetta, tratti dal-l’ultimo lavoro Il latitante (2007). I suoi branitrasfigurano la forma canzone tradizionale,appaiono spesso scanzonati e spensierati, scon-finano per giungere ad un significato che spes-so si cela dietro le parole ed oltre la musica, traironia e allusione metaforica.

Un talento compositivo che gli dà la possibi-lità di figurare tra gli artisti più eclettici, piace-voli ed intelligenti del panorama musicale ita-liano, in grado di suonare ad alto livello diversistrumenti e con un background che lo vedespesso a lavoro per il cinema e per il teatro, investe di autore, attore e cantante oltre ad avercomposto brani che figurano nei dischi diTiromancino, P.F.M., Subsonica. Da sempreattento in prima persona alle problematiche

sociali mondiali, le esibizioni dal vivo, oltre cheessere occasione incredibile per immergersi nelvariegato mondo del cantautore, sono soprattut-to un mezzo per offrire il proprio contributo allecause in cui crede, il raduno musicale contro lemine antiuomo, il concerto per Adriano Sofri,Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani, lediverse partecipazioni al concerto del 1° mag-gio di Piazza San Giovanni, l’opposizione allapena di morte, il dramma dei desaparecidosargentini.

Silvestri è un cantautore moderno che non hamai avuto paura di confrontarsi con nuovisuoni, di sperimentare, di giocare talvolta,senza dimenticare le proprie radici culturali emusicali. Per questo diventa quasi essenzialeesserpresenti in tutti i suoi concerti, anche inquelli segreti. Non capita sempre di assisterealla storia moderna.

di Gianluca Gentile

di Gianluca Gentile DANIELE

E L’ALFETTA

CREDITS ROMINA CIUFFA

CREDITS SIMONE PEZZANO

Scegli me fra i tuoi re/un vortice ci avvolge -rà/ti prenderò, se mi vuoi/danzammo in due,lei se ne andò ed io ora/ho i ricordi chiusi inte/la tristezza dentro me/tra due mani, lemie/di lacrime, poi si bagnò il regno che hochiesto a te, ed ora ho i ricordi chiusi in te/latristezza dentro me/tra due mani, le mie/sonoi cieli neri che, io so/non si scioglieranno più

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M I C H A E L JACKSON Per morire,comincerò dall’uomo nello specchio.

VA L E N T I N A G I O VAGNINI U n aonlus nel nome di una cantante-cometa

FABRIZIO DE A N D RÈ S e q u e s t ro Se titagliassero a pezzetti il vento li raccoglie-rebbe e il regno dei Ragni cucirebbe la pelle

Music In Estate 2009 pop&rock

La terra di Nessuno è dove viviamo tutti, non solo lui. La maggior parte di coloroche lo criticano - per aver cambiato pelle, per aver abusato di farmaci, per aver dor-mito in una camera iperbarica, per essere morto - prende benzodiazopine,

Lexotan, calmanti, antidepressivi, Prozac e fluoxetina, stimola la ghiandola surrenaleprovocando un’eccesso di cortisolo, si garantisce sinapsi durature di neurotrasmet-titori connessi con la serotonina e inibisce come e quando può le monoamminoos-sidasi (MAO). La maggior parte di coloro che il 25 giugno di quest’anno hannopensato «se l’è cercata» non lo hanno mai nemmeno incontrato, non un con-certo, non sanno dov’è l’Indiana e hanno trascorso la propria vita cantic-chiando B a d o Thriller tralasciando di conoscere Human Nature o The Ladyin my life (che non riuscì mai registrare senza piangere). Pochi di essi hanno,in effetti, preso solo una camomilla tutte le volte che il padre ha rovinatoloro la vita. Altrettanto pochi sono nati in uno sconosciuto paesino america-no (Gary) dai villini a schiera e i giardini che sanno solo di BBQ e preghie-re protestanti. Infine, pochi sono, in effetti, neri e quelli che lo sono non sem-pre hanno disforie come ne può avere chi, durante il corso della propria vita,decide di subire un’operazione di mutazione di genere (transessualismo) o dialtro tipo (per tutti Dennis Av n e r, che si è trasformato in un gatto). Se voglia-mo poi credere che fosse un pedofilo, crediamolo pure: stiamo credendo a ciòche dicono di lui, non a ciò che sappiamo esser vero. Ci sono fatti che resteran-no sempre misteri, e non importa quanto ci accaniamo per odiarlo: non avremomai le prove sufficienti per odiarlo di più. Certo che abbiamo bisogno di un caproespiatorio. Se poi fosse provato, non sarebbe difficile riportare la sua condotta a

un’infanzia difficile, a un blocco della crescita, all’esperienza di unapersonalità traumatica. L’evidenza non potrebbe annullare mezzosecolo di successi, invereconde prove dell’esistenza di un dioMusica, il suo. Sin da quando, ultimo nato, era il leader tra i suoi

fratelli nel gruppo di famiglia, i Jackson 5 e, a 11 anni, con I wantyou back superava nelle classifiche Let It Be dei Beatles; fino ad O f f

the Wa l l, primo album da solista, e negli anni un colorito sempre piùpallido, poi una vipera d’estate che si scrolla di dosso la pelle.

Collaborazioni con Freddy Mercury, Paul McCartney, Lionel Richie,Quincy Jones, Diana Ross, chiunque altro, lo storybook su E.T., We A re the

Wo r l d per l’Africa orientale, cinema (il ruolo da protagonista nel film in 3DCaptain EO di George Lucas e Francis Ford Coppola, della durata di 17 minuti), e unacamminata sulla luna - il passo Moonwalk per la prima volta durante lo show del

25esimo anniversario della Motown sulle note di Billie Jean -, la coreografia diThriller (l’album da cui il singolo è estratto è stato certificato nel 2006 come il più

venduto di tutti i tempi dal Guinness dei primati con oltre 104 milioni dicopie), un innaturale delirio dei fans, Black and White e l’essere o non esse-re jacksoniano, il dolore fisso anche dentro a un sorriso, le sorelle La Toya eJanet, un’isola del famoso - Neverland - piena di giocattoli, luna e antidolo-rifici. C’era una lacerazione, in questo Peter Pan, evidente sin dai suoi primi

anni di vita, quell’agghiacciante, insostenibile desiderio di non essere che soloalcuni hanno sperimentato, così evidente nello specchio di chi, come lui, hapassato la vita a romperlo con una parola sola: b a d .

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MAN IN THEdi ROMINA CIUFFA

Originaria di Pozzo della Chiana, una frazione del comunedi Foiano della Chiana, Valentina Giovagnini è passatasulla musica italiana con la stessa velocità e luminescenza

di una cometa. Come chi è? Nel 2002 strega l’Italia intera alFestival di Sanremo con Il passo silenzioso della neve. In perfet-to stile nostrano la vittoria va ad Anna Tatangelo ma i cuori degliascoltatori sono tutti per lei. La canzone riscuote ottimi giudizidalla giuria di qualità e viene premiata con il premio per il migliorarrangiamento e nelle successive settimane raggiunge il 14esimoposto nella classifica dei singoli. Nel marzo dello stesso annopubblica il suo primo album, C reatura nuda, e l’estate seguentepartecipa al Festivalbar; ottiene inoltre una nomination agli ItalianMusic Awards nella categoria Rivelazioni.

Poi, inspiegabilmente, arriva il silenzio ed un lungo periodo ditentativi frustrati di riemergere. I media, in tutto il loro cinismo, sir i a c c o rgono di lei il 2 gennaio 2009, quando la cantante vienericoverata all’ospedale Le Scotte di Siena in gravissime condizio-ni a causa di un brutto incidente stradale: è finita con l’auto con-tro un albero. Muore nella tarda nottata nonostante un disperatointervento chirurgico. La sua famiglia reagisce creando laValentina Giovagnini Onlus. Scambiamo quattro chiacchierecol presidente Giacomo Giovagnini.

Valentina a molti è sembrata un angelo di passaggio su que-sto pianeta. Pensi che la sua natura gentile si sposi bene conl’Onlus coordinata dalla sua famiglia?

C e rtamente. Va l e n t i n aera una creatura meravi -gliosa sospesa tra sogno erealtà, sempre disponibilee generosa, pronta ad aiu -t a re chi era in difficoltà e are g a l a re un sorriso since -ro, di quelli che vengonod i retti dal cuore e vannodritti al cuore, un angelo.

Visto l’enorme succes-so che Valentina ebbe alsuo esordio e tutto l’affetto ancora manifestato dal pubblico,come ti spieghi che la discografia abbia quasi subito smesso dii n v e s t i re sul suo talento?

P e rché Valentina era una persona semplice, modesta, pulita,t r a s p a rente, sempre se stessa e mai disponibile ad alcun tipo dic o m p romesso. Quanto ha ottenuto lo deve ai suoi meriti e a qua -lità speciali che trasmetteva con immediatezza: bastava incontra -re il suo sguardo per rimanerne innamorati, ascoltare la sua voceper esserne incantati.

Ma il mondo discografico italiano, fatto di compromessi, diclientelismo e freddi calcoli, succube di ogni tipo di potere e cre a -t o re di miti fasulli, non se ne è accorto, non si è fatto neppure sfio -r a re dalla sua genuinità.

Cosa sognava una ragazza di 29 anni per la sua generazione?Amore, pace, giustizia, serenità.

Un episodio non musicale che descriva bene la suaa n i m a ?

A n o v e m b re 2005 Valentina era in attesa di una notizia moltoi m p o rtante: aveva svolto il provino dal vivo per le selezioni diS a n remo Giovani 2006 e quella sera la Commissione avre b b ereso ufficiali i nomi dei partecipanti a quell’edizione. Durantel’audizione aveva ricevuto i complimenti, oltre che del pre s i -dente della Giuria, anche del dire t t o re artistico Paolo Bonolis.Udì una frenata agghiacciante sulla strada che costeggiava lasua abitazione, si affacciò e vide che una macchina aveva inve -stito un randagio. Si precipitò in strada e rimase con quel canefinché non venne raccolto dal veterinario accorso dopo la suatelefonata. Valentina in quella occasione così pre g a v a :« S i g n o re, a me di part e c i p a re a Sanremo non importa, ti pre g o ,salva questo cane». Non si salvò, né lei quell’anno non part e -cipò a Sanre m o .

Qual è il primo progetto e lo sviluppo futuro di quest’as-sociazione culturale?

La prima importante iniziativa nata grazie alla stretta colla -borazione con l’associazione Più Vita Onlus p revede la costru -zione, in una comunità rurale del Nicaragua, di un’aula mensainfantile intitolata a Valentina. I lavori avranno inizio nell’ot -t o b re 2009 e avranno una durata di dodici mesi, al termine deiquali la struttura sarà in grado di ospitare circa 150 bambini.R i u s c i re a port a re avanti un progetto simile ad appena tre mesidalla nascita della Valentina Giovagnini Onlus fa sperare dipoter coinvolgere un numero sempre più grande di persone,così da allarg a re i nostri orizzonti e raggiungere nuovi tra -g u a rdi. Siamo su w w w. v a l e n t i n a g i o v a g n i n i . i t .

Luca Bussoletti

M I R R O R

VALENTINA GIOVAGNINICREATURA (E ONLUS) NUDA

a Sardegna accoglie una emotiva mostra, quella dedicata aFabrizio De Andrè in tutti gli spazi del MAN, il Museod ’ A rte di Nuoro, dal 16 luglio al 4 ottobre: omaggio allafigura e all’opera di un poeta e il racconto intenso ma

insieme leggero della vita, della musica, delle esperienze di unanticipatore dei mutamenti e delle pulsioni della contemporanei-tà. Stregato dalla Sardegna, Fabrizio De Andrè l’aveva sceltacome luogo per vivere, un «incidente della felicità» la definìcitando Albert Camus. 11 lettere di scuse dei suoi sequestratori, eNuoro gli rende omaggio. Come se, infine, De Andrè fosse statoil più sardo di tutti per quel tatuaggio indelebile di un sequestrosulla pelle.

Nella seconda metà degli anni 70, in previsione della nascitadella figlia, si stabilisce nell’Agnata, vicino il Tempio Pausania,insieme a Dori Ghezzi, sua compagna dal 1974 poi sposata nel1989. La sera del 27 agosto 1979, vengono rapiti dall’anonimasequestri sarda e tenuti prigionieri nelle montagne di Pattada,incappucciati senza mai vedere la luce per i primi venti giorni disequestro, liberati dopo quattro mesi - lei il 21 dicembre, lui il 22- dietro il versamento di un riscatto di circa 550 milioni di lirepagato in gran parte dal padre Giuseppe.

«...Ci consentivano, a volte, di rimanere a lungo slegati e senzabende. (...) Noi ne siamo venuti fuori, mentre loro non potrannofarlo mai», ma i suoi sequestratori - gli confidarono - preferivanole canzoni di Francesco Guccini. Molti i pezzi ispirati al seque-stro, che fu per lui l’incipit di una riflessione senza rancore sulla

realtà sociale sarda; è del 1981l’album senza titolo conosciu-to come L’ i n d i a n o d a l l ’ i m m a-gine di copertina, che raff i g u-ra un nativo americano, a rap-presentare i sardi e l’assaltoalla diligenza bianca - questicostretti sulle montagne daicartaginesi, poi dai romani; ipellerossa confinati nelleriserve, privati di se stessi.

È questo il momento delbrano Hotel Supramonte ( c h esta per l’industria dei seque-stri), di un De Andrè che rice-ve «un invito all’Hotel Supramonte dove ho visto la neve sul tuocorpo così dolce di fame, così dolce di sete», il ricordo del modoin cui i sequestratori, provenienti dalla Barbagia, si prendevanocura di entrambi (come neanche suo padre), e dirle «ma se ti sve -gli e hai ancora paura ridammi la mano». Romanticismo politi-co e amore per il proletariato che è vittima, il perdono per un car-ceriere succube di un mandante imperdonabile. Per questo il 14agosto 1998, durante un concerto a Roccella Jonica, De André lodice: «Se nelle regioni meridionali non ci fosse la criminalitào rganizzata, come mafia, ‘ndrangheta e camorra, pro b a b i l m e n t ela disoccupazione sarebbe molto più alta».

LD E A N D R È A P E Z Z E T T I di Romina Ciuffa

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a cura di VALENTINA GIOSA NIN Carina questa macchina d’odio.

M O G WAI Come Gremlins, dopo mezza-notte non vanno bagnati, esposti alla luce,nutriti. O si mettono a cantare

PATTI SMITH Gesù è morto per ipeccati di qualcun altro, non per i miei

Music In Estate 2009A LTE R

Ma si,definiamolo proprio mal d’Africa.Perché è quello che è, dolore,

fame. Ma ci sono i progetti: quello della H e a l t h -Aid Onlus, ad esempio, che mette in ballo stru-mentistica e musicisti (all’Ex-Mattatoio diRoma, nella fattispecie, dove ammazzavano levacche ed oggi si pensa a ricostruire scuole). Unprogetto che oggi fa un concerto a Roma, ma nonsi ferma perché è internazionale e intendemigliorare le condizioni sanitarie di una comuni-tà rurale del nord del Ghana. La mobilitazionesanitaria è gestita da staff locale e coordinata dapersonale medico in collaborazione con volonta-ri italiani. Si mira ad educare la comunità diSaboba e Chereponi in materia di igiene, preven-zione e sanità pubblica. La formazione di stafflocale garantirà più coinvolgimento da partedella comunità e la continuità del progetto, una

volta esaurito il contributo italiano, attraverso lacostituzione di uno Youth Club. La onlus dà lapossibilità ai partecipanti italiani di conoscere econfrontarsi con la cultura africana deiKokombas. Intanto 10 quadri musicali per illu-strare il racconto di un griot sull’insaziabilitàdegli abbienti, sulla necessità di misura e larivincita degli umili, e 5 strumenti per descrivereuna storia: per l’Africa suonano i Sagen (MadyaDiebate per kora e voce, Angelo Olivieri al fli-corno, Francesco Lo Cascio al vibrafono,Stefano Cesare al contrabbasso, Marco A r i a n oper batteria e percussioni).

Romina Ciuffa

« L ’arte non è un hobby, ma una neces-sità»: così il giovane compositoreRoberto Fiore crea Nua - L’arte amo-

rosa, la cui edizione estiva 2009 è ospite dalCircolo degli Artisti di Roma, fucina di creatività.L’evento, articolato in varie sessioni annuali, cata-lizza intorno a sé in un clima di creativa contami-nazione le opere di decine di artisti professionistiemergenti, non ancora famosi (NUA è l’acronimodi New Unknown Artists), ed è giunto alla suasesta edizione con una notevole partecipazione dipubblico e di addetti al settore (1200 visitatorinell’edizione di giugno 2008).

La prima edizione estiva del 2009 ospita vernis-sage di pittura, scultura, fotografia, grafica evideo arte, ai quali seguono rappresentazioni dimusica e danza: uno spazio-tempo per presentare,gustare e discutere di un’arte sconosciuta ai più,«l’arte dei giovani che vivono la vita di tutti, parla-no con la vita di tutti, sentono la vita di tutti, cre-ando qualcosa per tutti».

L’ A R T EA M O

R O S AD E LN UA

NIN NEBULOSA INCANDESCENZA NOT T U R NA

atti Smith nasce artisticamente come poe-tessa che attraverso il potere visionariodella musica trova la formula perfetta perraggiungere un pubblico più ampio che si

riconosce nei suoi versi intrisi di ribellione.Inizia la sua attività discografica nel 1975. Lasconfitta del movimento culturale giovanileamericano di fine sessanta aveva portato lamusica da un lato ad un ripiegamento in se stes-sa e dall’altro verso un certo pop rock di massa.

Il contesto politico è tra i più deprimenti (lafine della guerra del Vietnam e le dimissioni diNixon in seguito allo scandalo Wa t e rgate). Inforte contrasto a questo scenario, la scena musi-cale americana di quel periodo vive una tra lepiù grandi esplosioni creative che abbia mai vis-suto. Siamo alla metà degli anni Settanta e si

avverte l’esigenza di riportare il rock alle sueradici. La scena si sposta dalla California allaGrande Mela. Principalmente in due club:CBGB e Max’s Kansas City. Qui le giovaniband non hanno interesse sull’aspetto tecnicoma sprizzano fuoco ed energia (New York Dollse Ramones su tutti) in netto contrasto con latranquillità e l’introspezione del cantautoratoamericano e soprattutto del pop rock mainstre-am di quegli anni. Altre ancora (Television eTalking Heads) vertono verso l’intellettualismocon riferimenti poetici che si spostano dall’erabeat ai poeti maledetti Verlaine e Rimbaud perevadere ed essere un’alternativa al mercato

dominante. Patti Smith recupera questi due ele-menti (energia ed intellettualismo) con una cari-ca di rabbia non sopita di chi non accetta lasconfitta del m o v e m e n t di fine Sessanta (« s c o n -fitti i miei fratelli maggiori ma non io»).

La femminilità dirompente è però l’elementoinnovativo. Fino ad allora infatti, la donna (conl’eccezione di Janis Joplin e Grace Slick) avevaavuto un ruolo marginale nel rock. Insieme aDebora Harry dei Blondie, la Smith segneràl’inizio di un ondata di donne in un mondoessenzialmente maschilista. Riprende il discorsoche, per cause naturali, la Joplin era statacostretta ad interrompere indicando la strada aduna generazione intera di ragazze per poter suo-nare il rock in maniera completa e libera sottoogni punto di vista senza doversi limitare e ditrattare i testi (che normalmente parlavano didonne e di automobili) alla maniera di un edu-canda dal vestito castigato.

I contenuti che la Poetessa canta sono perso-nali, politico-sociali e legati al femminismo(«outside the society I wanna be») senza farsiscudo di nulla. È la prima donna che va in scenacome un uomo e non si pone il problema dellafemminilità. La band rimane dietro poiché laprotagonista è solo lei. L’impatto dei primidischi dal sapore underground sull’ascoltatore èenorme. Diventa star planetaria nel ‘78 in pienaera punk (verrà inserita in questo contesto piùper legami ideali che musicali) soprattutto gra-zie a un brano scritto per lei da BruceSpringsteen: Because the Night. Patti Smith loprende, lo re-inventa e lo fa suo cancellandonela sofferenza springsteeniana e facendolo diven-tare capolavoro di perdizione totale. A l l ’ a p i c edel successo con Wa v e (1979) scioglierà la suaband (il Patti Smith Group) per ritirarsi dallescene e condurre una vita domestica con suomarito Fred Sonic Smith. Tornerà nel 1988 conun inno dal sapore populista: People Have theP o w e r. Pubblicherà dischi con il contagocce. Lofarà solo quando avrà davvero qualcosa da dire.

Divina, irriverente del rock: «Gesù è mort oper i peccati di qualcun altro, non per i miei» .

Eugenio Vicedomini

M A LD ’ A F R I C A

era una volta un genietto che ese-guiva Mozart a sei anni, ma amavail metal. Potrebbe essere l’inizio diuna favola dark, alla Tim Burton,ma tra quei due poli si racchiude

come in una spirale lo spettro di dissonanze epsicosi di Trent Reznor, creatore e mente deiNine Inch Nails.

C’è stato un tempo, poi, in cui i NIN eranola nuova terra promessa del rock e Tr e n tReznor veleggiava tra le menti calde del pia-neta nelle classifiche del Times. David Bowie,che in Outside attinse non poco alla loro fonte,li additò come nuovi Velvet Underground. Siera nel pieno degli anni 90, e i NIN, con laloro incandescente miscela di compattezzametal, sonorità elettro-industriali, vetrositàpost-grunge, pomparono la giusta colonnasonora dentro le orecchie di una generazioneresa da poco orfana di Kurt Cobain.

Due album fulminanti come una rivelazione,The Downward Spiral e Fragile, tra ‘94 e ‘99, talmente corposi e densida colmare a sufficienza il vuoto di quei cinque anni. Colate soniche,melodie rapprese, scariche elettriche, in un’ alternanza di pieni e vuoti checaratterizza anche il loro percorso musicale. Più del glam decadente degli

Smashing Pumpkins e del trash teatrale dei MarilynManson, i NIN hanno saputo catturare e assorbire lepulsioni distruttive e l’energia cupa da pre-millenniumtension.

Vennero poi gli zeroes, l’apocalisse si materializzòsotto forma di 11 settembre, un bel po’ di roba è muta-ta. Nel frattempo Trent ha fatto in tempo a perdersilungo le personali lost highway e a ripresentarsi al fron-te, sempre tenendo alto il vessillo dell’indipendenzaartistica, cavalcando le nuove tecnologie digitali control’industria mainstream. Del 2005 è With Teeth, seguitada una produzione torrenziale di progetti, collaborazio-ni e album. Year Zero del 2007, anno del definitivosganciamento dal business musicale, Ghost I-IV e TheSlip, del 2008, annunciati con fantomatici post da serialkiller, 2 weeks, e scaricabili gratuitamente dal sito.

Ma il meglio Reznor lo esprime dal vivo, in spettaco-lari perfomance dove lasciare esplodere tutta la sua setedistruttiva e incendiaria. Il live romano del 22 luglio,che li ha visti headliner all’Ippodromo delle Capanelleassieme a Tv On the Radio e Animale Collective, band

di punta della scena indie americana dell’ultima decade, rischia di essereuno degli ultimi (almeno sotto dizione NIN), considerato il recenteannuncio di fine corsa. A vent’anni esatti da Pretty Hate Machine, loroalbum d’esordio, la perfetta chiusura del cerchio.

di Lorenzo Bertini

PPRIMA DONNA

Sonosenza dubbio fra i maestridella generazione post-noise-

rock fatta di feedback, digressioni,malinconia, instintività e schizofrenia.Esponenti della scena di Glasgow, iMogwai nascono nel 1995 prendendo ilnome delle creature del film Gremlins.Inizialmente sono un organico di 3 ele-menti: con Stuart Braithwaite ci sonoDominic Aitchinson al basso e MartinBulloch alla batteria. Pochi mesi dopo un

secondo chitarrista, John Cummings, poiBarry Burns alle tastiere e flauto. Oltre anumerosi ep la band pubblica 6 album,(l’ultimo, The Hawk Is Howling, è del2008). Compone ed esegue la colonnasonora per Zidane: A 21st CenturyPortrait, vincitore del Turner Prize edefinito dall’Observer «il più grande filmsul calcio mai realizzato», che riceve nel2006 un’ovazione interminabile aCannes oltre al consenso unanime di tuttala stampa inglese. Nel corso dello stessoanno i Mogwai registrano, insieme aiKronos Quartet e al compositore ClintMansell, la colonna sonora del nuovofilm di culto della science fiction TheFountain (L’Albero Della Vita).

Valentina Giosa

M O G WA I : M A INUTRIRLI PRIMA DI MEZZANO T T EC ’

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FRANZ FERDINAND Hanno uccisoFerdinando d’Asburgo nel 1914 ed ora,infatti, cantano con i Killers e i White Lies

MASOKO Davanti a un maso-chista ci deve essere, sempre,un sadico. A l t r i m e n t i

FANO MOONLIGHT F E S T I VA L A chi ama la lucedella luna, a chi è cresciuto con le sonorità elettronico-decadenti degli anni 80, a chi con la musica impallidisce

Music In Estate 2009 A LTE R

Dall’altro lato, però, cinici. Giorgio Canaliincontra quattro figli degli anni 90 e nasco-

no dischi come questo: canzone d’autore conscariche elettriche del punk. Masokismo, l’os-sessione per un corpo perfetto, ubriacarsi persocializzare, sapere sempre come comportarsi.Attivi come Masoko dal 2002, tra il 2003 e il2007 aprono i concerti di Kaiser Chiefs,Babyshambles, The Rakes, Art Brut, Solex, XiuXiu, Bugo, Max Gazzè, Giardini di Mirò,Yuppie Flu, La Crus e tanti altri ottenendo con-sensi dalla critica musicale nazionale più auto-revole: «Punto di forza del quartetto romano èl’autoironia, che diventa gentile rimbrotto neiconfronti di un’intera generazione di indie-snob, tra sonorità new wave nervose e testiacuti» (da XL/La Repubblica).

«Non sono soltanto bravi e svegli: si muovo-no con grande disinvoltura nel rock, o meglio inun intelligente mix di rock, pop, new wave ecanzone d’autore, una ricetta condita con testitutti in italiano, la giusta dose di punk, un piz-zico di dance e soprattutto molto gusto per ildivertimento» (da Il Messaggero). Nel 2004,premio speciale della critica di Rockit ed inizia-no una frenetica attività live. Nel 2005 si clas-sificano primi al Today I’m Rock, vincono leselezioni di Arezzo Wave Festival e si esibisco-no all’Heineken Jammin Festival.

Il brano Superattico è incluso all’internodella compilation distribuita da Rumore.Partecipano insieme a Marlene Kuntz,Mariposa, Amari a Lo zecchino d’oro dell’un -d e rg ro u n d, prodotto da Snowdonia, con il

brano La compagnia. Nel 2006 la stessa eti-chetta pubblica il loro primo album Bubù 7te.Nel 2007 si esibiscono allo Sziget Festival diBudapest. Nel 2008 offrono il loro primo con-tributo musicale al cinema italiano e lo fannoper il film Riprendimi, prodotto da FrancescaNeri per la regia di Anna Negri con la canzone2 dita remix. Nel luglio 2008 pubblicano l’EpM, per la neonata Hit Bit Records di Roma, checontiene 5 tracce pop, punk, rock, disco, ancheil featuring degli Amari Musica. A marzo 2009c’è Masokismo (Snowdonia/Audioglobe), lorosecondo disco che si avvale della produzioneartistica di Giorgio Canali, chitarrista neiC.C.C.P., poi nei C.S.I., oggi nei P.G.R. e pro-duttore artistico della scena musicale alternati-va (Verdena, Timoria, Noir Desir,Tre Al l e g r iRagazzi Morti, Bugo).

Oggi che sono tutti figli di..., nel senso diqualcuno - che non creano musica ma si rifannoa... - ecco, oggi ci sono questi masochisti che sio ffrono, originalmente, ad ogni sadico che c’è incircolazione. Li distrugga pure. Loro hanno deiprogetti in testa sì, per esempio una rivoluzione,«c o m i n c e rei adesso ma non ho fatto ancorac o l a z i o n e». Mentre, a me, fanno pensare: cosami manca? «Ho tutti i miei comfort per esserefelice, per non pensare più a te: vasca ad idro -massaggio, freezer con il ghiaccio, momentivisionari, strumenti musicali, aria condizionata,l’erba e l’insalata» e, soprattutto, «un porno daf i n i re, un altro da iniziare » .

Romina Ciuffa

SIAMO TUTTI M A S O K I S T I

C e rt o che se la band di Glasgow almomento della scelta del nome avesse

avuto l’intenzione di scatenare effetti simili aquelli che ha comportato l’evento a cui esso siriferisce, la missione non sarebbe per niente fal-lita. Già, perché l’assassinio di FrancescoFerdinando d’Asburgo il 28 giugno 1914 aSarajevo fu la causa scatenante della dichiara-zione di guerra dell’Austria alla Serbia, nonchéatto d’inizio della prima guerra mondiale.

Allo stesso modo i Franz Ferdinand hannoquasi cambiato le sorti del mondo col loro esor-dio nel lontano 2004, innestando un processoche, non soltanto ha portato una band indipen-dente a scalare da subito le classifiche di tutto ilmondo, ma anche a divenire modello primo ditutto un filone del rock britannico odierno, sca-tenando la nascita di una infinità di band cloninell’aspetto e nello stile musicale.

Così Alex Kapranos e soci nel giro di duealbum (Franz Ferd i n a n d e You Could Have It SoMuch Better) hanno forgiato un sound unico epeculiare che sa unire l’energia del rock alle raf-finatezze del pop, il tutto scandito dalla melodiadominante delle chitarre e della voce, sfornandouna serie impressionante di singoli i cui motivirisuonano nelle menti di tutti, profani e non.Invincibile punto di forza le loro perfomancelive intrise di pura energia, giungono a Roma(Capannelle) in compagnia di due band altret-tanto sensazionali quali The Killers e W h i t eL i e s. Tonight (2009) poi, il loro terzo album, ha

veramente spiazzato tutti. Al loro sound incon-fondibile di matrice punk-rock si aggiungono lemagie infinite dell’elettronica, i synth e i suonivintage anni 60, le suggestioni tribali, la discomusic anni 70, il kraut-rock tedesco e soprattut-to il dub. Un disco che probabilmente tende aoperare una separazione tra i nostalgici deiprimi due dischi e chi continuerà, pur nell’inno-vazione, a cogliere il talento di quella che senzadubbio è una delle migliori, se non la migliore,band rock-pop odierne.

Non si può dire cosa sarebbe accaduto se quelgiorno Francesco Ferdinando non fosse statoassassinato; quel che è certo è che se non ci fos-sero stati i Franz Ferdinand si parlerebbe ditutto un altro rock.

FRANZ FERDINANDRIVOLUZIONE INDIPENDENTE

di Gianluca Gentile

GLOBAL CITIZEN

GOTHIKA

A CURA DI VALENTINA GIOSA

Dedicato a chi ama la luce della luna, a chi è cresciuto con le sonorità elettronico-decadenti degli anni 80, a chi le ha incontrate dopo o a chi deve ancora sco -prirle, il Fano Moonlight Festival è il primo evento in assoluto in Italia dedicato alla corrente dark-new wave. 3 giornate ricche di concerti, conferenze, djs,libri, musicoterapia, incontri con musicisti e dibattiti nella cornice del porto Marina dei Cesari a Fano. Un festival che coinvolge il pubblico attivamente dalmattino fino a notte fonda, vera e propria full immersion nella musica che ha appassionato un’intera generazione e che continua ad essere attuale e fonte diispirazione per molti (basti pensare al forte ritorno delle sonorità electro nella musica come al look glamour rock o il punk style nella moda). Band storiche comeSex Gang Children, Specimen e gli italiani Neon e i nuovi nomi di punta della scena electro-wave degli ultimi anni fra cui Din [a] Tod, Spetsnaz, Gothika.

FA N O / C H I A RO DI LU NA DA R K

DIN [A] TOD www.myspace.com/dinatod il 1°agosto alle ore 21.30 Il loro nome criptico e il sim-bolismo non inducono ad una facile categorizzazionedella band di Berlino. «I simboli non sono nient’altroche immagini concentrate - afferma il cantante Sven-. Tutti i nostri pensieri sono guidati dalle immagini.Il potere inerente a tali simboli è simile a quello cheviene emanato dalla musica: può rinvigorire, affasci-nare e causare sconvolgimento. Tutto ciò èD i n [ A ] Tod». Sven e Claudia hanno formato iDin[A]Tod nel 2003, annoiati dalle bands che segui-vano la solita linea di chitarra/basso/batteria e inizia-no ad amalgamare il suono degli inizi degli anni 80,dai Joy Division ai primi Sisters of Mercy, insiemeall’elettronica minimale. Nel 2004 registrano laprima demo, nel 2005 firmano con la casa discogra-fica tedesca Out of Line Music e realizzano il lorosingolo di debutto su vinile 10’’. Due anni dopo ilgruppo fa parte della line up dell’Out of Line FestivalTour . Nell’aprile 2009 esce il loro secondo albumWestwerk, che presentano in anteprima per l’Italia.

SEX GANG CHILDREN w w w. s e x g a n g c h i l-d ren.com www. m y s p a c e . c o m / s e x g a n g c h i l d ren il31 luglio alle ore 23.50 I Sex Gang Children si for-mano a Londra nel 1981, guidati dal cantante AndiSex Gang. La band si contraddistingue subito per ilsound cupo e tribale e la teatralità macabra da caba-ret oscuro conferitole dalla voce acida del leader. Un

gruppo che non ha bisogno di molte presentazioni, trai più importanti della scena Batcave dei primi anni 80che influenza l’estetica del movimento dark di quelperiodo e di quel che verrà dopo. È di prossima usci-ta il nuovo cd album Viva! con inedite composizioniche i Sex Gang Children.

NEON www.neonfactory.it www.myspace.com/neonofficial il 1° agosto alle ore 22.45 La storia delrock Italiano passa da qui. Dopo 20 anni di assenzadalle scene, tornano ad esibirsi i Neon con la line uporiginale. I Neon, tra i più attivi gruppi della newwave tricolore degli anni 80, nascono come duo nel1978 a Firenze. Dopo un inizio esclusivamente elet-tronico con il singolo Information of Death del 1980,attraverso numerosi cambi di formazione arrivano asintetizzare una miscela di ossessività elettro, atmo-sfere oscure e melodie pop piuttosto originali cheprendono forma nei successivi lavori Tapes ofDarkness (1981), Obsession (1982), My Blues is You(1983), Dark Age (1984) e soprattutto il maturoRituals del 1985. L’eccellente produzione in studio,unita ad un’intensa attività live, contribuisce a faredei Neon una delle poche icone della musica alterna-tiva Italiana degli anni 80.

G O T H I K A w w w.myspace.com/gothikatokyo il31 luglio alle ore 21.30 Una band bizzarra e dal lookstravagante dal Giappone nata dalle ceneri degliEuthanasie, i Gothika nascono nel gennaio 2007 dopo

il loro primo tour europeo che li vede protagonisti diben 16 concerti in 10 Paesi. I Gothika (Andro allavoce e #449 alle tastiere) hanno un sound elettronicoche si rifà principalmente alle sonorità degli anni 80.Nel 2008 suonano nel famoso Wave Gothic Tr e ffen diLipsia (Germania) e ancora al Summer Darkness in(Olanda) per il secondo anno consecutivo. Da lì apoco firmano il loro primo contratto discografico conla Danse Macabre. Dopo il primo album prodotto daBruno Kramm dei Das Ich, la band sta per pubblicareun secondo lavoro. 8 tour europei e più di 90 concertiin Europa negli ultimi, mentre oggi sono fra gli ospitipiù attesi del Moonlight Festival.

GLOBAL CITIZEN www.myspace.com/global-citizenuk il 1° agosto alle ore 20.30 Vengono daLondra e propongono un dark electro-industrial dalleatmosfere cupe e sensuali. Nel 2009 è prevista l’usci-ta del loro secondo album Nil By Mouth e alMoonlight Festival ne daranno un’anticipazione.

SPETSNAZ www.myspace.com/spetsnazebm il2 agosto alle ore 22.30 La band svedese Spetsnaz siè formata nell’autunno 2001 ad Orebro in Svezia daPontus Stalberg e Stefan Nilsson. Il primo ep, Perfectbody, raggiunge subito la vetta delle charts alternati-ve di Germania, Francia e Svezia. Un anno dopo è lavolta di Totalitar, album che consacra definitivamen-te gli Spetsnaz ad essere una delle band più interes-santi del panorama electro europeo.

SPETSNAZ

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a cura di ROMINA CIUFFA INFERNO OPERA ROCK Noi cheall’Inferno ci mettiamo a ballare.

LADY OSCAR. FRANCOIS-VERSAILLES ROCKDRAMA Intervista a Cristiano Leopardi Tre brigan-ti con spada e con lancia, agguato a sua maestà

Music In Estate 2009M U S I C

Quando l’occasione è ghiotta,torniamo a parlare dei nostrimiti. Stavolta si torna su

Lady Oscar e ci incuriosisce lostraordinario successo registrato dalmusical in due atti ispirato al mangadi Ryoko Ikeda Versailles no bara,dal titolo suggestivo: Lady Oscar.F r a n c o i s - Versailles Rock Drama.Direzione, testi e musiche di AndreaPalotto, coreografie di Rita Pivano,prima un debutto al Teatro Vascelloil 20 marzo 2009; in scena fino al 5aprile, poi, improvviso, un grandesalto: non nel vuoto, ma al TeatroSistina.

Un lavoro di qualità rispetto alla media (ahinoi) dei musicalche ci propinano nel nostro Paese, e, per chiudere una sorta dicerchio magico, musical di successo, ma non di un successoannunciato. Un successo sudato legato al passaparola di un pub-blico entusiasta, unito alla valutazione critica degli esperti delsettore. Una prima settimana di avviamento in crescendo, unaseconda di sold-out totale.

Qualcuno della direzione del Sistina segnala il lavoro e propo-ne su due piedi un ingaggio per 8, 9 e 10 maggio. Tiriamo un

sospiro di sollievo: sipuò parlare ancora dimeritocrazia.

Il nostro interlocu-tore è C r i s t i a n oL e o p a r d i, attoredella compagniaUscita d’Emergenza,entrato a far parte delcast nella maniera piùtradizionale.

Trovo notizia delprovino per interpre -tare il ruolo di André su internet; la parte è assegnata a DaniloBrugia, attore televisivo dalla visibilità maggiore (Centovetrine,ndr), ma mi viene proposto il ruolo del soldato della guardiareale Bastien, l’Alain del manga originale.

È piaciuta molto la mia fisicità, quindi il personaggio è diven -tato più scattante e mobile. Amico stretto di Robespierre, eglinon ne possiede né il ceto sociale, né conseguentemente le basiculturali: è sanguigno, spaccone, legato alle questioni del vive -re quotidiano; orfano di padre, ha sempre dovuto prendersi curadi madre e sorella, dando vita ad un quadro di amore fraternoche è uno dei nodi centrali dei rapporti d’amore dell’opera,

come quello tra Oscar e André, Maria Antonietta e il Conte diFersen.

Le ragioni di tanto successo?Il pubblico avverte quando in uno spettacolo chi ci lavora ci

mette il cuore, e qui lo ha percepito, da parte di tutti: ballerini,coreografa, cast intero. Pur se non è uno spettacolo perfetto: lecritiche sono state mosse nei confronti delle canzoni, della rea -lizzazione dei personaggi, del modo di recitare.

Elogio il grande coraggio della produzione: si parla di ragaz -zi tra i 28 e i 40 anni che hanno investito tutto in questo proget -to. Ciò che fa la differenza, rispetto ad altri musical italiani, è illivello generale medio-alto.

Purtroppo in Italia, a differenza di America e Paesi anglosas -soni, si punta non su chi sa far bene questo mestiere ma su chi fabotteghino, e continuano ad uscire prodotti di scarsa qualità.Lady Oscar. Francois- Versailles Rock Drama è riuscito a sov -vertire in parte questo ordine…

Una piacevole sorpresa che non dimenticherai.La matinée fatta per le scuole. Il teatro pieno, due ore di atten -

zione e concentrazione che mi hanno realmente stupito. C’è dav -vero da ben sperare..

Rossella Gaudenzi

Inferno OperaRock - del-l ’ a s s o c i a z i o-

ne musico-tea-trale A s s o m e t a(non ferma:West Side Story,R u g a n t i n o ,N o t re Dame deP a r i s e altre 4r e a l i z z a z i o n i ) ,regia di Fabio

Rosati e direzione artistica di Maria Vittoria Frascatani - è più diun musical: è un intreccio emozionante di poesia, musica, ritmo,danza, recitazione. Un’espressione artistica a tutto tondo che cat-tura i cinque sensi e coinvolge mente e anima.

P e r c h é I g o r Conti (testi e musica), nel riadattare parte delcapolavoro di Alighieri, ha deciso di portare con sé tutti - pubbli-co e attori - nel viaggio più terribile e fantastico che la storia dellaletteratura abbia mai conosciuto: l’Inferno.

«Ero in cerca di un autore serio e drammatico che avesse unvalore didattico, quando la mia attenzione è caduta casualmentesu Dante: l’idea fu fulminante. In meno di un anno l’ho messo inscena. l’Inferno descrive le sofferenze dei dannati con una dram -maticità per la quale mi sono sentito incline a dar loro un’entitàmusicale. Non ho scartato il Purgatorio e Il Paradiso, ma liriprenderà in seguito, perché sto terminando un’altra opera.»

Grande libertà di scelta nei generi musicali, che spaziano dalrock alla pop music, dai ritmi etno all’heavy metal. Le coreogra-

fie (di Laura Apostoli) comunicano ciò che con le parole non sipuò dire, dando voce a quei personaggi che devono restare muti:di grande effetto l’incontro di Dante con le fiere, o la lotta a colpidi metal e pop tra angeli neri e angeli di Dio alle porte di Dite. Aidannati cui è lecito parlare, figure magnifiche dell’immaginariopoetico dantesco, spetta il compito di esprimere la drammaticitàdella loro eterna condizione: Ulisse, Pier delle Vigne, Francescada Rimini, il Conte Ugolino.

«Adattare i versi in musica è stato molto laborioso, non pote -vo alterarne il contenuto, né potevo aggiungere parole nuove,tutto questo in un impianto melodico moderno. Ho dato anchevoce a Lucifero e Semiramide.»

Mentre Dante e Vi rgilio (Piero Nicolini e Fabio Rosati) si muo-vono nel percorso infernale che, grazie alle abili scenografie diIgor Great, rendono l’effetto dantesco moderno e fruibile senzaperderne il contenuto, le terzine del primo cantico risultano fluidee scorrevoli, amalgamate e cadenzate dal ritmo sempre mutevoledella musica. E così la creazione di un poeta trecentesco torna avivere, le rime e gli endecasillabi palpitano nei balletti dei perso-naggi, e l’aspetto più fragile dell’esistenza umana - il suo esseredopo la morte - non è più mero spunto poetico ma centro di unpercorso fisico ed intellettivo geniale e complesso, quale misteroi n a fferrabile e incomprensibile, su cui arte e spiritualità converg o-no in un dialogo a cui il punto ancora non è stato messo.

Laddove manca l’amore la pena è la conseguenza che ci ricor-da che, se vogliamo un mondo migliore, non esistono altre stra-de se non quella dei sentimenti e del giusto. Il messaggio assur-ge ad unica verità senza tempo che culmina nella consapevolez-za dell’esistenza di una salvezza.

di Alessandra Fabbretti

B E N VE N U TIA L L ’ I N F E R N O

L A DYDAG L I O C C H I B L U

c’

Il Sistina stesso li ha cercati. Un successo inaspettato per un musical, quello diLady Oscar, e solo perché hanno lasciato prevalere il cuore, non lo show

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MOTUS DANZA La guerraper una compagnia di danza èuna notte di passione

L A C O M PA G N I A L’ h asupervisionata Pina Bausch

TAT I A N A B A G A N O VAL’illusione stolta del ballare

P I N A BAUSCH Bamboo, equello che non ci darà più

Music In Estate 2009

a cura di ROSSELLA GAUDENZI

on fate la guerra. Servirsi dell’arte per farsi sentire. Per esserescomodi. Per una buona causa. Il che non significa fare i buoni-sti di turno che vogliono ostentare e mettere in bella mostra unanimo angelico, ma per un senso civico innato, che ci fa essere

curiosi del mondo e ci fa sentire partecipi del destino del mondo.Abbiamo una forte potenzialità tra le mani, e abbiamo la libertà di deci-dere che direzione prendere. Potremmo concepire la danza, poiché di que-sta forma d’arte si parla, come l’esaltazione della forma, della bellezza,dell’estetica; ma no, abbiamo una diversa propensione. Decidiamo di uti-lizzarla per esaltare invece un contrasto, ci sentiamo degli «engagés» eti-

camente impegnati per ricercare un vocabolario che tratti tematiche diimpatto sociale. Vogliamo essere, anche, dei portavoce di denunce. LaToscana è da qualche anno a questa parte fucina di interessanti progetti,compagnie, laboratori di danza, tra le quali spicca la Motus Danza, resi-dente presso il Teatro Comunale di Siena, sostenuta dalla RegioneToscana e dal Comune di Siena. Nata nel 1991 ad opera della ballerina ecoreografa Simona Cieri con il nome di Duncaniando, dà vita a progettioriginali, e diviene dopo soli tre anni, nel 1994, Motus Danza. Numerosii riconoscimenti ottenuti (vincitori dei Premi Internazionali Teatarfest nel2006 e nel 2008) e le partecipazioni in importanti festival nazionali edinternazionali. La compagnia porta oggi in scena, all’interno della rasse-gna inEURoff Festival Musica, Danza e Teatro, dal titolo La Guerra, lospettacolo One step beyond, frutto del progetto Moving to Peace che lascorsa estate ha debuttato nella città bosniaca di Srebrenica, per una «coo-perazione per la memoria» volta a facilitare, attraverso la creatività, undialogo senza frontiere. Una performance di danza che affronta i temidella guerra e della perdita, che evidenzia il ruolo dei media in un’acce-zione positiva di diffusori di messaggio di speranza per un futuro basatosulla tolleranza e su una convivenza pacifica.

FATE

L’AMORE

Undittico, l’ultima coreografia della russaavanguardista Tatiana Baganova, dai

sapori distinti, netti e antitetici. La compagniaProvincial Dances da lei fondata nel 1994 pre-senta (in prima nazionale il 18 luglio), per larassegna Teatro a Corte (10-26 luglio, Torino eResidenze Sabaude del Piemonte), lo spettaco-lo Poste Engagement. Diptych. Part I-II.Cinque coppie di danzatori dalla tecnica inecce-pibile a presentare due momenti differenti maparimente drammatici, accomunati dall’idea di«stoltezza delle illusioni».

Dapprima scene di vita di coppia con ambien-tazione da Belle Èpoque; a seguire un’enormesfera trasparente che campeggia sulla scena cir-condata da palloni bianchi fluttuanti e nevicatedi farina bianca. Nella grande sfera, una ragazzache vorrebbe gridare qualcosa, ma è senza voce.

Qualche accenno, tanto per iniziare, al titolo:Post Engagement.

E n g a g e m e n t è un termine che caratterizza unprocesso di coinvolgimento nelle relazioni congli altri, nelle conquiste, nel raggiungimentodegli obiettivi. Il balletto consta di due parti (dit-tico). La P a rt I trae ispirazione dalla pièce teatra-le Le Tre Sore l l e di Checov. «Engagement»come appuntamento, fidanzamento nell’illusionedi un futuro radioso, ma la coreografia è pervasadal tema della disperazione e dell’inattività.

La P a rt II, in contrasto con la prima, presentala percezione della realtà dei giorni nostri, ed èpervasa dal senso della velocità, una caratteristi-ca della nostra epoca che impone un diversoorientamento nelle relazioni. Le persone si stan-cano molto presto, e avvertono le necessità dinuovo carburante, nuove esperienze. Si riescead essere più produttivi, ma ci si fa ancora tra-volgere dai sogni, dalla ricerca di un futuro idea-le e anche quando si affaccia la comprensionedell’illusorietà di tale stato, è difficile abbando-nare la dimensione onirica.

Il tema dell’illusione diviene il cardine perentrambe le parti del dittico.

La prima parte della coreografia è stata ideatain una fattoria in Francia, un luogo remoto in cuidanzatori, coreografi, musicisti vivevano insie-me e lavoravano al progetto della compagnia. A lcontrario, la seconda parte è nata dalla pressan-te atmosfera di un festival negli USA, doveincontrarsi, fare conoscenza, scambi di espe-rienza, rappresentavano attimi rubati di tempo.

Cosa si intende nello specifico con l’espres-sione «stoltezza delle illusioni»?

I filosofi orientali affermano che dovremmovivere per il presente, vivere qui e adesso. Nonesistono né passato né futuro. C’è solo il presen-te, e se vivi nel presenti esisti. Se cadi in fanta-sticherie sul futuro, stai vivendo un sogno;parallelamente, anche il ricordo del passato tirelega in un sogno.

Quale parola potrebbe pronunciare la fanciul-la racchiusa nella sfera, al termine del balletto?Una parola di speranza o di perdita della speran-za? Nessuna parola. Penso che prevedere lasituazione significhi mozzarla in anticipo. Comeinterrompere il flusso della vita.

U nnome semplice, un progetto ambizio-so. Undici danzatori tra i 19 e i 25 anni

provenienti da tutto il mondo (Italia, A rg e n t i n a ,Germania, Repubblica Ceca) saranno i protago-nisti de La Compagnia, il primo ensemble sta-bile internazionale e ufficialmente riconosciutoche vede la supervisione di Pina Bausch e ladirezione artistica di Ismael Ivo, CristianaM o rganti, Adriana Borriello e Marg h e r i t aParrilla.

Il progetto ha preso piede nel 2008all’Accademia Nazionale di Danza di Roma edopo un anno intenso di formazione debutta il27 giugno a Venezia al Teatro Piccolo A r s e n a l ein occasione della 53esima edizione dellaBiennale con la sua prima produzione dal titoloIncipit.

Lo spettacolo è un trittico coreografico chevede nella prima parte la d i rezione di PinaB a u s c h che affida alla Compagnia e CristinaM o rganti (ballerina del Wuppertal Ta n z t e a t h e rqui protagonista di un assolo velocissimo e riccodi dettagli), una performance tratta da Nefes ( i nlingua turca significa «respiro»), nata durante unsoggiorno di tre settimane ad Istanbul.

«Ho cercato di rispondere alle domande diPina - racconta la Morganti - cogliendo lo spiri -to, l’allegria e la spigliata voglia di comunicaredelle persone che avevo incontrato ad Istanbul,uno spirito molto simile a quello che si re s p i r anel centro-sud d’Italia. La gioia di vivere, labuona cucina, il piacere della seduzione comegioco per passare il tempo e quella sana pigri -zia dei paesi del sud, sono tutti elementi che ho

tentato di far passare nella mia scelta di movi -mento. Ricordo che avevo creato molte sequen -ze che contenevano dei giri, delle «piro u e t t e s » ,era successo senza che me ne fossi accorta. FuPina, guardando il mio materiale che me lo fecen o t a re e che mi propose di scegliere proprio «ilg i ro» come tema da sviluppare, come motivor i c o rrente per il mio assolo» .

L’esibizione prosegue con una coreografiaoriginale dal titolo With astonishment I note the

dog (re v i s i t e d ) di Robyn Orlin,artista sovversiva formatasi traLondra e Chicago, che ha con-tribuito a dare un nuovo voltoalla danza del Sudafrica svelan-do tutte contraddizioni del suoPaese. Orlin ha voluto dedicarelo spettacolo alla figura del«cane».

«Quando ho cominciato al a v o r a re allo spettacolo, c’eraappena stato il terremoto inItalia, a L’Aquila. Le primeimmagini diffuse ritraevano les q u a d re dei soccorritori con icani mentre cercavano la vita inmezzo alle macerie. Mi sonor i c o rdata perché, quando port a -vo il mio cane al corso di adde -stramento, mi sembrava di esse -

re ad un corso di danza. Così come ogni danza -t o re mi ricordava un certo tipo di cane, cani‘senzatetto’, cani ‘religiosi’, cani ‘artisti’, cani‘danzanti’, e come ogni volta che scrivo ‘cane’questa parola può essere sostituita con ‘essereumano’. Le libere associazioni sono state mol -tissime, così come è stato per i miei collabora -tori, danzatori molto coinvolti in questo spetta -colo. Come spero sarà per il pubblico».

Incipit dedica invece la terza parte ad unpezzo originale del danzatore italiano JacopoGodani, solista del Ballet Frankfurt di Forsythee coreografo per le maggiori compagnie europee(dal Rotterdamse Dansgroep al Royal BalletCovent Garden di Londra, dal Nederlands DansTheater 2 alla Companìa Nacional de Danza diMadrid). Un progetto che va al di là della puraesibizione. La Compagnia è un’occasione unicadi ricerca e di sperimentazione dei linguaggiespressivi attraverso il confronto fra culture erealtà differenti con versatilità e moltiplicità,parole chiave della realtà contemporanea.

Valentina Giosa

Bamboo Blues, chi lo avrebbe mai detto, in scena a Spoleto orfano della sua creatrice. L’umanità intera piange Pina Bausch, la madre del teatro-danzaeuropeo; è un vero e proprio fiore reciso per la sua nazione, la Germania, che l’ha definita attraverso la voce del presidente federale Horst Koehler«straordinaria rappresentante della Germania come nazione culturale». Esile e sottile? E sia. Ma il vigore racchiuso in quelle membra tese e nervose

a quale altra danzatrice potremmo associarlo in maniera così rappresentativa? Un corpo magico, da dare l’idea di potersi spezzare da un momento all’altro e di essere al contempo di fibra resistente ed immortale. Quest’estate 2009

ci ha lasciati orfani una volta in più: dopo averci privati di idoli della musica e attori ha contaminato il mondo della danza e ci ha tolto Pina Bausch (stiamo dav-vero parlando di lei?) in maniera inattesa. La fondatrice del Tanztheatre, la creatrice di Cafè Muller, ci lascia il 30 giugno all’età di 68 anni: due giorni primasi esibisce in teatro, solo il 25 giugno le viene diagnosticato un cancro, e i suoi spettatori la attendono pochi giorni dopo al Festival dei Due Mondi di Spoleto.

Perdiamo un’artista innovatrice dall’animo critico, sensibile e geniale; una danzatrice e coreografa capace di utilizzare la propria materia per fare denunciacontinua sulla società occidentale odierna. Abbiamo perso una voce forte volta a proteggere i soprusi nei confronti dei deboli, quasi che potesse prevedere,come una veggente, che il consumismo tanto condannato ci ha portati a vivere accanto ad oltre un miliardo di affamati (come sbandierano tutte le testategiornalistiche: la fame nel mondo è in aumento). Una voce forte su un corpo d’angelo. Riusciremo a sentirne l’eco? Au revoir mademoiselle. (Rossella Gaudenzi)

«Vogliamo un pubblico più numeroso, maanche un pubblico che, attraverso l’arte, vuoleinteressarsi e interrogarsi su questioni che loriguardano.» Motus Danza

«Conoscersi, parlarsi, informarsi, inter-agire: più abbiamo a che fare gliuni con gli altri, meglio ci comprenderemo.» Alex Langer

I L L U S I O N IT A T I A N AIN DANZABA G A N O V A

Se vivi nel presente esisti, Tutto il resto è un sogno. Quanto sono stolte le illusioni?

LA COMPAG N I AIl primo ensemble stabile internazionale che nasce sotto la benedizione di Pina Bausch

di Rossella Gaudenzi

N

«Certe cose si possono dire con le parole, altre con i movimenti, ma ci sono anche dei momenti in cui si rimane senza parole, completamente perduti e disorientati, non si sa più che cosa fare. A questo punto comincia la danza.»

IO DANZO LA RABBIA E IL DOLORE

di Rossella Gaudenzi

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a cura di FLAVIO FABBRI

A RTISTI BUCATI La rubrica dichi per un giorno ha sfondatoG i o rgio Costantini, mercante di note

LANG LANG & CECILIA B A RTOLI Avrei dovuto - ma, saggio o pazzo, a 16anni si è timidi - vederle il bacio sulla bocca, non l’insetto sul collo/La sua bocca fre-sca era lì, io mi chinai sulla bella e presi la coccinella ma il bacio volò via

Music In Estate 2009C LA S S I CA

Si dice che chi fa arte lo faccia percolmare un buco. A volte i buchi

sono troppo grandi, più estesi dell’artistastesso. Se Jim Morrison ed Elvis Presley cisono caduti dentro, però, non sempre lastoria finisce così. C’è ancora, in questianni di vuoto pneuma-tico da talent-showmortale, chi investesul proprio talento esacrifica le ore passa-te davanti allo spec-chio a laccarsi il ciuffoper studiare da musi-cista moderno.

Credo che il suobuco il pianista italia-no Giorgio Costantinise lo sia riempito qual-che notte fa, nelregno del Sol Levante.Perché ha appenasuonato al NationalConcert Hall Theatredi Taipei e al CulturalCenter Chih-Deh Halldi Kaohsiung davantiad un delirio di genteentusiasta e perché l’unico altro artista ita-liano ammesso al banchetto era un certoAndrea Bocelli.

Tasto nero e tasto bianco la musica delsuo pianoforte lo ha portato lì, davanti aquello che sognava di avere, e poi lo ha por-tato un gradino più su. Nell’olimpo degli ita-liani che ce la fanno all’estero.

Al ragazzo di Venezia la gavetta nonmancava di certo. Oltre 1200 concerti conFiorella Mannoia, Peppino Di Capri e

Michele Zarrillo. Mancava il successo per-sonale, ma è storia di molti. Di pochi invecel’intelligenza di mettersi la notte al lume deipropri sogni e studiare. Non solo lo stru-mento ma anche tutto il baraccone cheserve per dargli lustro. Sbarca su

MySpace e, quandoesplode, Giorgio è giàa leggere tomi damesi. Su cosa signifi-chi, cosa diventerà,come si può usare perspingere la propriaarte. Avete mai vistoun discografico? È benvestito, tendenzial-mente abbronzato edha il cellulare all’ultimogrido. Secondo voi havoglia di smazzarsi?

E così il disco PianoPiano Forte è un’auto-produzione. Ma nonresta, come succedepurtroppo ad altri, sulcomodino. Esce addi-rittura dai confininazionali e atterra in

tutte le classifiche di vendita digitali. Dischivenduti vuol dire successo e successo vuoldire visibilità. Il musicista viene invitato asuonare da molte parti e quando lo fabutta fuori la voglia di chi si è dato da farea trecentosessanta gradi. È emozione equest’emozione arriva fino a dove si spinseMarco Polo.

Marco Polo e Giorgio Costantini: venezia-ni e mercanti entrambi. La merce? Anchequella è la stessa… l’immaginazione.

di Luca Bussoletti

GIORGIO COSTA N T I N I ,MARCO POLO

DELLE SETTE NOT E

Grande la stagione estiva dell’Accademiadi Santa Cecilia che, dopo l’enorme suc-cesso del Lang Lang Fest (2-5 giugno),

ha proposto al pubblico capitolino una serie diappuntamenti col grande Cinema al sinfonico.Premi Oscar e maestri di livello internazionale,accompagnati dall’O rchestra e dal Corodell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia,si sono per diversi giorni avvicendati sul palcodella splendida Sala Santa Ceciliadell’Auditorium romano.

Sono passati 82 anni dal primo film sonoro eancora oggi, anche attraverso questi eventi pub-blici, la musica e le immagini sono due elemen-ti di intrattenimento indissolubilmente legati.La tecnologia si è evoluta, rispetto le primemacchine rudimentali che permettevano la sin-cronizzazione della pellicola con la musica delgrammofono, o ‘vitaphone’ come veniva chia-mato, ma le emozioni sono sempre le stesse.

Un programma ricco di grandi nomi che adiniziare ha avuto come apripista il trentasetten-ne Stefano Bollani, uno dei principi del jazzitaliano. Il pianista milanese si è dilettato nel-l’interpretazione magistrale delle musiche diGershwin, da Piano improvvisations, insieme diimprovvisazioni registrate in studio e alla radiotra il 1916 e il 1934, a Rhapsody in Blue, colon-na sonora per Fantasia 2000 e Manhattan diWoody Allen; finendo con il tema di An ameri -can in Paris, film musical del 1951 diretto daVincente Minnelli, presentato in concorso alFestival di Cannes 1952 e vincitore di 6 premiOscar, fra cui quello per il miglior film e lamiglior colonna sonora.

Un Bollani strepitoso che ha deliziato il pub-blico con un delicatissimo Gershwin Showcasee che, per l’occasione, ha permesso agli appas-sionati di musica della città di Roma di incon-trare il M° Xian Zhang, nuovo direttore musi-

cale dell’Orchestra Sinfonica di MilanoGiuseppe Verdi dalla Stagione 2009/2010.

La prima volta di una donna alla guida dellaprestigiosa orchestra meneghina e dal curricu-lum di tutto rispetto, essendo stata negli ultimianni prima titolare delle più prestigiose orche-stre del mondo, tra le quali la ChicagoSymphony Orchestra, la London SymphonyOrchestra, la Los Angeles Philharmonic e laBerliner Sinfonie Orchester.

Un evento davvero speciale, questo delCinema al sinfonico, che nelle serate del 25 e26 giugno ha presentato sul palco un grandecompositore internazionale di musiche sinfoni-che per il grande schermo, il canadese HowardShore, che proprio per Il Signore degli anellinel 2002 e nel 2004 ha ricevuto l’Oscar per lamigliore colonna sonora.

È stata anche unica l’occasione per il pubbli-co romano di ascoltare per la prima volta inItalia l’esecuzione live delle sinfonie delSignore degli anelli, avvicinando un musicistache negli anni ha firmato melodie importantiper diversi cult-movie e collaborato con registiprestigiosi del calibro di David Cronenberg (Lamosca e A history of violence), David Fincher(Seven e The game) e Martin Scorsese (Gangsof New York e The aviator).

Ma non è finita qui, perché la sera del 2luglio, nella splendida Cavea dell’AuditoriumParco della Musica, è stata la volta del maestroindiscusso della musica per il cinema, EnnioMorricone, che ancora una volta ha ripropostole sue composizioni musicali per film indimen-ticabili e che hanno fatto la storia del cinemamondiale. Nasce così Morricone Story, pro-gramma diviso in due tempi, una prima partecon le musiche di Il papa buono, La sconosciu -ta e, per l’omaggio al regista Mauro Bolognini,i componimenti Per le antiche scale, L’eredità

Ferramonti e Nostromo; una seconda parte conCanone inverso, La battaglia di Algeri, La clas -se operaia va in paradiso, Sostiene Pereira,Indagine su un cittadino al di sopra di ognisospetto, Vittime di guerra e l’immancabilemedley di Mission, con Gabriel’s oboe-Falls-Come in cielo così in terra.

Il 3 luglio Morricone si sposta nella romanaPalestrina, sempre con l’Orchestrae il Coro dell’Accademia di SantaCecilia, nello splendido Tempiodella Fortuna Primigenia , strut-tura del II secolo a.C, con direttalive su mega schermo nellaparallela manifestazione di musicainternazionale Nel nome del ro c k(Palestrina, 29 giugno - 5 luglio), cheproprio quest’anno compie 20 anni.

Seguono l’8 luglio a Roma e il 9 aSiena due imperdibili serate conAntonio Pappano n e l l ’ a p p a s s i o n a n t emondo della Nona sinfonia di LudvigVan Beethoven, consentendoci così diricordare anche il genio di Stanley Kubrick,che proprio tale sinfonia utilizzò nel celebreArancia Meccanica del 1971 con uno deiprimi utilizzi del sintetizzatore analogicoMoog da parte del noto fisico e musicistaWalter Carlos, che due anni dopo divenneWendy Carlos (nel 1973 si è sottoposto ad unintervento chirurgico per il cambiamento disesso).

Ulteriori e diversi sono stati gli adattamenticinematografici dell’Inno alla gioia del compo-sitore tedesco (così chiamato perché utilizzòcome incipit per la Nona sinfonia q u e l l odell’Ode alla gioia di Friedrich von Schiller)recentemente anche nei film Io e Beethoven diAgnieszka Holland del 2006 e Lezione ventunodi Alessandro Baricco nel 2008.

Accompagnano l’estro ela forza di Pappano ilsoprano A n i t aWatson, il mezzoso-prano Andrea Baker,il tenore S i m o nO ’ N e i l l e il bassoBrindley Sherratt.Ancora Pappano il 17

luglio, assieme al bassoAlexander Tsymbalyuk,ospite nella cornice di

Piazza Plebiscito a Napoli,dove presenta il Verdi gala.Sinfonie, cori e danze,un’altra occasione perlasciarsi rapire dalle ariedel Nabucco, dalla solen-ne Aida gloria all’Egitto edalle tante altre opere cele-berrime.

Appuntamenti imperdi-bili questi del Cinema alsinfonico, progetto itineran-te organizzato per il secondo

anno dall’AccademiaNazionale di Santa Ceciliae Telecom Italia, che perdiversi giorni ha attra-versato le città di Roma,Palestrina, Siena e

Napoli, regalandomomenti di cultura, piaceredello stare insieme e ricercadel bello nell’arte, sia a chi èamante della grande musicasinfonica, sia a ha sempre tro-vato nel cinema e nella siner-gia tra note e immagini unmotivo in più per sognare.

G rande suc-c e s s o

a l l ’ A u d i t o -rium Parco della Musica per la quattro giornidedicata al pianista Lang Lang. Cecilia Bartoliè stata per un giorno ninfa gentile di Bellini,Rossini, Donizetti, Bizet e Vi a r d o t .«Meravigliosa!», «Splendida!», «Bravissima!».A stento il pubblico attendeva la fine del pezzoper urlare la sua ammirazione a Cecilia Bartoli,perché subito dopo l’ultimo tasto del pianoforteaccarezzato da Lang Lang una valanga diapplausi incontenibile si abbatteva sul palcodella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parcodella Musica di Roma. Una serata entusiasman-te, ricca di emozioni, vivace, dove il bel cantodelle romanze tratte dal repertorio di Rossini,Bellini, Donizetti e Bizet ha conquistato unaplatea a dir poco estasiata.

Il Lang Lang Fest (2-5 giugno) ha probabil-mente raggiunto il proprio apice proprio nel-l’appuntamento del 4 giugno, che ha vistol’estroso pianista cinese esibirsi assieme ad unadelle voci più angeliche e suadenti del panora-ma internazionale, la romana Cecilia Bartoli.Lui è l’artista più richiesto al momento sui pal-chi di tutto il mondo, per concerti da camera esinfonici, per pianoforte a quattro, ambasciato-re della Yo u Tube Symphony Orchestra edell’Expo 2010 di Shangai, recente-mente nominato per il GrammyAward come Migliore strumenti-sta solista.

Lei, virtuosa mezzosoprano,ha venduto più di 6 milioni dicd, vinto Grammy, Brit Award,Dischi d’oro e quant’altro, senzacontare le innumerevoli onorifi-cenze ricevute in diversi Paesi,già Accademico eff e t t i v od e l l ’Accademia Nazionaledi Santa Cecilia, ancheChevalier des art set des let-ters e Gran Crocedell’Ordine al Merito dellaRepubblica.

Due fenomeni assolutidella musica classica, chehanno deliziato gli appassio-

nati dell’operetta di Roma con le romanze piùaffascinanti del repertorio romantico, attraversoi componimenti poetici e musicali di formabreve, ma anche del movimento Arcadia con lesue canzonette, che ritroviamo soprattutto neinostri Vincenzo Bellini, Gioachino Rossini eGaetano Donizetti.

Ariette che la voce incredibilmente cristallinadi Cecilia Bartoli, nel giorno del suo complean-no, ha lasciato aleggiare tra le poltrone rossedella Sala Santa Cecilia, a partire dall’Anzoletadi Rossini, passando per l’Abbandono o lamelodica Dolente immagine di fille mia diBellini, in Amore e morte di Donizetti o maga-ri nella magnifica La coccinelle di GeorgesBizet, il cui testo porta la firma niente meno chedi Victor Hugo. Solo alcuni dei momenti piùsignificativi di una serata che è andata oltre ilsemplice appuntamento, assumendo l’atmosfe-ra di un vero e proprio evento.

Il modo gentile e quasi etereo di Lang Langdi toccare le note, muovere e giostrare melodieche in modo delicato vanno a legare con invisi-bili linee di voce - che solo la naturalità espres-siva e generosa di Cecilia Bartoli ha saputo fardanzare in trasparenza dalle labbra alle cordeemotive, colorate e tese degli ascoltatori - rapi-sce il pubblico dei colloqui amorosi con trilli econtrappunti. Ma anche continui scambi di sor-

risi che gli esili imbarazzi del palcohanno presto vinto nell’impeto della

musica e del canto. Soavi zeffire t t i in chiave di do

hanno conquistato i pensieri dicoloro che al termine del con-certo non volevano abbando-nare la sala. «DivinaCecilia!», «Bis!» per più

riprese, fino al goliardico,emozionante e trasci-

nante Tanti auguri ate, tanti auguri a te,a cui quasi duemilapersone hanno volu-to prendere parte:

Tanti auguri Cecilia,tanti auguri a te.

Flavio Fabbri

C IN EMA AL S I NFO NI C O di Flavio Fabbri

Il pianoforte di Lang Lang, la voce di Cecilia Bartoli, leoperette buffe di Donizetti, Rossini, Bizet. Che follia.

COC C I N E L L E

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Fortunatamente non risulta-no perdite di vite umane, nétra il personale docente, nétra gli studenti, ma per por-

tare avanti l’attività didattica in sicurezza si èdovuto necessariamente fare ricorso a struttureesterne, cioè localizzate fuori dall’area colpitadal sisma. Oggi all’Aquila si parla del G8 diluglio, di ricostruzione, del caldo asfissiantedell’estate nelle tendopoli e del ben più temutofreddo del prossimo inverno.

Chiediamo al direttore del Casella, il maestroBruno Carioti, cosa è successo a L’Aquila adistanza di tre mesi dal terremoto e se ci sonoprogetti nel cassetto per il Conservatorio, par-tendo proprio da quei momenti terribili del doposcossa, fino all’attuale fase di messa in sicurez-za e pianificazione degli interventi futuri.

Sembra sia stato detto tutto sulla dramma-tica notte del 6 aprile a L’Aquila. Cos’altropotete raccontare voi del ConservatorioAlfredo Casella?

L’edificio è inserito proprio ai margini dellacittà vecchia, nel complesso medievale di ColleMaggio, struttura risalente alla seconda metàdel 1300, che, in occasione di questo tremendosisma, ha visto paradossalmente la parte piùvecchia tenere, mentre tutti gli uffici più recen -ti, edificati nel tardo XVIII secolo, venire giùsenza resistenza. Parliamo di pesanti volte amattoni ed è stata una fortuna, essendo notte,che non vi fosse nessuno a lavorare o studiare,altrimenti avremmo avuto inevitabilmentenumerosi lutti anche nel Conservatorio.

La parte dedicata alla didattica, invece, haresistito abbastanza bene, anche se sono moltoevidenti gravi lesioni e brutte cre p e .Continuano i rilievi tecnici sulla tenuta staticacomplessiva dell’edificio, anche per stabilirequelli che sono gli interventi più urgenti.

In che modo insegnanti e allievi hanno rea-gito? Siete riusciti a riprendere la didattica ele attività del Conservatorio?

La didattica in qualche modo sta andandoavanti, grazie a quello che possiamo definire unpiano virtuale. Certo, l’anno accademico èstato chiuso il 4 aprile, soprattutto per garanti -re il passaggio all’anno successivo di tutti glistudenti.

Per gli esami di Conservatorio, invece, idocenti hanno convocato uno per uno i ragazziaccordandosi sugli orari, sulle nuove modalitàdi lezione, spostandole in diversi luoghi dispo -nibili ad accoglierci, come Rieti, Avezzano, il

C o n s e rvatorio e l’Accademia di musica diPescara; a Roma, il Conservatorio di SantaCecilia, la Casa del jazz e l’Istituto Pontificiodi Musica Sacra.

Su 111 insegnanti, nonostante la situazioneche definire difficile è un eufemismo, 87 stannofacendo lezione regolarmente. La gran partedegli studenti, inoltre, mi risulta non abbiaperso molte lezioni, e già questo è un altrogrande risultato.

Nei momenti successivi al terremoto, aquanto pare, le prime comunicazioni sonoavvenute oltre che via radio soprattutto viaInternet. Cosa ne pensa della rete?

Il web ha avuto un ruolo decisivo, anzi fonda -mentale. Con il nostro web master, il maestroPier Marini, abbiamo immediatamente apertoun forum all’interno del sito del Conservatorio,(www.consaq.it) con vari canali dedicati allaricerca di persone di cui non si aveva più noti -zia, amici da contattare, studenti o professoridispersi. In questo modo è rinata in brevetempo una comunità virtuale del Casella, cheha consentito di tenerci in contatto, di farciforza e di riprendere in mano il nostro lavoro, ilnostro futuro. Direi che Internet è uno strumen -to fondamentale, straordinario, anche per noimusicisti definiti ‘classici’.

Passiamo alla ricostruzione. Il ministrodella Pubblica Istruzione, Maria StellaGelmini, ha annunciato tre milioni di europer voi, mentre anche la Provincia di Roma,con Nicola Zingaretti, si è offerta di farsicarico dei lavori di ristrutturazione del con-servatorio. Pensa sia sufficiente?

Gli investimenti di cui parla sono stati inseri -ti quasi immediatamente nel Decreto Abruzzo,varato dal Governo nei giorni successivi al ter -remoto. Circa 3 milioni di euro, a cui vannoaggiunti altri 2 milioni stanziati dal Ministerod e l l ’ I s t ruzione e una raccolta fondi dellaProvincia di Roma a cui sono legate altre inte -ressanti iniziative, tra cinema e teatro.

Proprio in questi giorni è stata annunciatauna raccolta di fondi speciale a cura dellaSIAE, a cui si aggiunge il lancio del brano21.04.09 a cui hanno partecipato tutti i bigdella musica italiana.

Iniziative importantissime da cui iniziare adecidere sul come e sul quando ristrutturare lavecchia scuola e magari pensare anche allacostruzione di una nuova sede. Bisogna innan -zitutto poter creare le condizioni migliori peri n v o g l i a re gli studenti a tornare alConservatorio dell’Aquila, non solo per la qua -lità del personale docente, ma anche per lasicurezza della struttura.

Abbiamo contattato l’ambasciata giapponese,ad esempio, affinché i loro ingegneri pro g e t t i n oun nuovo Conservatorio, sicuro e moderno, checonsideri lo studente il centro delle nostre attivi -tà e delle nostre attenzioni. Nell’immediato ilC o n s e rvatorio dell’Aquila subirà sicuramenteuna contrazione di iscritti, è normale, ma biso -gna guard a re avanti e mettersi subito nelle con -dizioni ideali per ripart i re .

Può una catastrofe come questa, oltre checambiare il nostro modo di percepire il pre-sente e ancora di più il futuro, influire sulmodo di fare e di percepire la musica?

Bisognerebbe chiederlo agli studenti. Sonoloro che hanno passato quei secondi terribili,tra la paura e l’ angoscia, tra la vita e la morte.Contattando i ragazzi e ascoltando i loro rac -conti, ho constatato che in quei momenti dram -matici la prima cosa che hanno fatto fuggendoè stato portare con sé il proprio strumento, loroprima preoccupazione.

Pensi che nel nostro sito era stato ideato unospazio proprio dedicato agli ‘Strumenti perdu -ti’ e si è verificato che in effetti, tranne alcunicasi isolati, davvero pochi sono stati gli stru -menti dichiarati persi o non utilizzabili.

Strumento come parte ed estensione delcorpo quindi…

Esattamente così, un’estensione del corpo edell’anima, perché è attraverso lo strumentoche si esterna la realtà più intima dell’artista,sia nei modi di percepire la musica e di sentirele sue vibrazioni positive, sia di riprodurreemozioni per il pubblico suonandola.

In che modo i nostri lettori possono aiuta-re l’Aquila e il Conservatorio?

A noi ora, anche se è brutto ammetterlo, ser -vono risorse concrete, soldi. Ricostruire il con -servatorio, vecchio e nuovo, costa. Per fortunagli strumenti, come detto, si sono salvati.

L’unica preoccupazione seria al momento,parlando di strumenti, è per l’organo di SanDomenico. Un gioiello a 53 registri, con tra -smissione meccanica, alto nove metri e largoa l t rettanto, fornito di migliaia di canne,costruito da Tamburini negli anni 70 e custodi -to nella chiesa di San Domenico, che è a rischiodi crollo.

La sovrintendenza ci ha chiesto di spostarel’organo e abbiamo bisogno per questo di con -tattare un esperto che rimuova lo strumento e losistemi in un magazzino adeguato, prima dellasua nuova ubicazione.

Se c’è un’arte che è dura a morire è pro-prio la musica. A quando il prossimo eventoche vedrà protagonista il ConservatorioAlfredo Casella? Ci dia un appuntamento...

In realtà, nell’ultimo mese abbiamo avutomolti appuntamenti e tanti altri ci aspettano pertutta l’estate. Le lezioni, come anticipato, sonoormai ripartite e lo stesso si può dire per l’atti -vità di produzione artistica, con diversi concer -ti in tutta Italia e all’estero.

Che dire, l’Italia ha dimostrato di avere ungrande cuore chiamandoci per serate di solida -rietà all’interno di strutture pubbliche e priva -te, per dimostrare di voler dare un contributoconcreto alla tragedia che ha colpito mezzoAbruzzo. Sapere che c’è chi si preoccupa per te,che vuole sapere costantemente come stai, èuna cosa bellissima, che ti aiuta davvero a rico -minciare, facendo nascere in tutti noi un sanodovere di rispondere a tali stimoli, a partiredalla musica. Come abbiamo sempre fatto.

T E R R E M O TO Intervista a Bruno Carioti, dire t t o re delConservatorio dell’Aquila Perché vogliamo sapere se è anda-ta distrutta anche la musica e cosa possiamo fare noi da qui

W O O D Y ALLEN Puccini G i a n n iSchicchi è il nuovo personaggio cheinterpreta: ma questa volta in musica

CANTIERE D’AR-TE L’Inferno bruciaa Montepulciano

Music In Estate 2009 C LA S S I CA

( . . . )

W O O D Y A L L E N :PER COSA

VALE LA PENAV I V E R E

L’amore per la musica, WoodyAllen non lo ha mai nascosto: gran-de appassionato di jazz (con il suoclarinetto e la sua band ha suonatonelle più prestigiose sale da concer-to europee), estimatore della musi-ca classica del 900 (se oggi alcunibrani di George Gerswhin sono cosìpopolari è anche perché sono colon-na sonora di alcuni suoi film), è con-vinto che il secondo movimento dellaJ u p i t e r di Wolfgang AmadeusMozart sia tra le cose per cui valgala pena di vivere.

Questa volta ha deciso di affronta-re l’Opera. Un’opera «minore» eintrigante: è Giacomo Puccini, manon quello dei fastosi avelli, dellecolte citazioni orientali, del melo-dramma puro.

È il Puccini di Gianni Schicchi, lasua unica opera comica, scritta acompletamento del Trittico. Il libret-to è ispirato alla storia dell’astutoGianni Schicchi, personaggiodell’Inferno dantesco.

Ambientata nella Firenze del XIIIsecolo, l’opera è la storia di una truf-fa giocosa e dal finale conciliatore:una specie di commedia popolared’altri tempi, in cui non mancano,però, belle caratterizzazioni dei per-sonaggi.

La versione di Woody Allen è giàstata presentata a Los Angeles adun pubblico entusiasta e divertito. IlFestival di Spoleto l’ha ripropostasotto la direzione di James Conlon inprima europea, in tre date a giugno,ristabilendo quel filo culturale chelega gli USA e l’Italia (la prima asso-luta dell’opera avvenne proprio nelMetropolitan di New York nel 1918)e che è stato il motivo ispiratore del-l’ex Festival dei due mondi. Inutiledire che è stato un successo.

Nicola Cirillo

TREMATREMAL’ a m o re per la musica non trema: chi fuggiva pensava ad afferrare il proprio strumento

e nel sito del Conservatorio Casella una pagina è dedicata agli ‘Strumenti perduti’

TREMA IL CONSERVATO R I O

NEL MEZZO DEL CAMMIN di Livia Zanichelli

CONTINUA DALLA PRIMA PAGINA a cura di FLAVIO FABBRI

Al via, sotto la direzione artistica di Detlev Glanert, la prima delle tre edizioni dantesche del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano. Purgatorio e Paradiso le tappe del prossimo biennio.

L’estate 2009 della provincia senese si animadelle suggestioni, delle immagini e delle atmosfe-re dell’Inferno dantesco, che faranno da sfondo apartire dal 18 luglio al 34° CantiereInternazionale d’Arte di Montepulciano. Primatappa di un triennio strutturato sul filo conduttoredella Divina Commedia, la 34a edizione dellamanifestazione toscana, ideata nel 1976 dal com-positore tedesco H . W. Henze,dedica uno spazio in aperturaproprio ad un’opera buffa, I lB a r b i e re di Siviglia, in scena il19 e 21 luglio, nella meno notaversione del 1782 di G i o v a n n iP a i s i e l l o, destinata al dimentica-toio in seguito al successo del-l’omonima opera rossiniana.

O rgoglio di questa «infernale»edizione è il progetto che il 29 e30 luglio vedrà la rappresentazio-

ne di due opere brechtiane: Carlo Pasquini eRoland Boer (direttore musicale del Cantiere). Idue si cimenteranno nella direzione di un dittico,una favola cinese dalla forte connotazione politi-ca: Il consenziente e La linea di condotta, que-st’ultima in scena per la prima volta in Italia.

La produzione e l’esecuzione di opere e spetta-coli in prima nazionale assoluta, insieme all’idea-

le di interazione tra pro-fessionisti e giovani talen-ti, alla sensibilità per unaformazione che abbracci ipiù disparati generi artisti-ci, si concretizza nei dueprogetti sperimentali diquesta 34a edizione:Dedalus autodafè, ispiratoal capolavoro di JamesJoyce, scritto e realizzatodai giovani del territorio,

spettacolo sorprendente e irriverente con più dicento elementi tra attori, musicisti e comparse;Stabat mater. A c t i o n, fantasia libera per attuanti ecoro di Sergio Sivori ed il Laboratorium Te a t r oRoma, in cui l’azione teatrale, in pieno spirito can-tieristico, diviene un vero e proprio atto creativocollettivo rivolto alla crescita artistica e morale delsingolo partecipante o spettatore.

Cinque saranno inoltre i concerti sinfonici ese-guiti dalla residente Royal College of MusicSimphony Orc h e s t r a diretta da Roland Boer ea ffiancata in più di un’occasione dai due «a rt i s t sin re s i d e n c e» Markus Bellheim (pianoforte) eTobias Ringborg (violino). Sono infine degni dinota i due gruppi giovanili: l’ensemble 2 A g o s t o el’ensemble A l g o r i t m o, emblemi dello spirito piùprofondo che ispirò Henze alla fondazione delCantiere e che da 34 anni anima una manifestazio-ne artistica al tempo stesso così fresca, cultural-mente e socialmente impegnata.

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S O U N DS O U N DTUTTI GIÙ PER A R I A Alitalia: Qui volano,volano gli asini/e brillano, brillano fulmini/Quivolano, volano bugie/e brillano, brillano ipocrisie

MARCELLO APPIGNANIMusica da cinema L’ultima nottedi nozze come una sorpresa

MAURICE JARRE Un artistaè tale quando riesce a esprimereil senso del bello

Music In Estate 2009

a cura di ROBERTA MASTRUZZI

Una compagnia aereafatta di aeroplani di

carta - chi di noi nonne ha fatto uno - nonha bisogno di piloti(basta inumidire la

punta con la saliva per farlivolare), né di hostess o ste-ward, che sono solo di intral-cio. Ma un Paese civile meri-ta molto più di una compa-gnia aerea di carta e serveuna grande immaginazione,dopo le vicende che hannosconvolto i cieli con il casoAlitalia, per riuscire a crede-re ancora una volta al mira-colo italiano.

Tutti giù per aria è unfilm-documentario che, inve-ce, tenta di tenere gli occhiben aperti sulla realtà, senzafare sconti a nessuno: non alGoverno né agli imprenditoripronti a risollevare le sortidella compagnia di bandieraa spese dello Stato, né tanto meno ai sindacati,sempre più lontani dai reali bisogni dei lavora-tori. Ma neanche ai lavoratori stessi, o a quantidi essi hanno accettato con rassegnazione lapropria sorte.

Il regista Francesco Cordio racconta questa

vicenda attraverso immagini rubate durante lemanifestazioni, le interviste ai protagonisti, gliinterventi di politici e sindacalisti, le testimo-nianze dei lavoratori. Il film nasce dalla volon-tà di un (ormai ex) dipendente A l i t a l i a ,Alessandro Tartaglia Pollini, e da Matteo

Messina, giornalista free-lance. È stato scritto, tragli altri, anche da duecassaintegrati A l i t a l i a ,con gli interventi diDario Fo e MarcoTravaglio e un illuminan-te monologo di AscanioCelestini.

Il documentario èdisponibile in dvd ecostituisce l’unico modoper vedere la vicendaCai/Alitalia da una pro-spettiva del tutto diversada quella che la televisio-ne ha mostrato negli ulti-mi mesi. Il filmato cercadi ristabilire in paritàl’ago della bilancia: se da

una parte i media hanno presentato i piloti e gliassistenti di volo (ma i lavoratori Alitalia sonoanche operai, tecnici e impiegati) come unacategoria privilegiata, è anche vero che volarenei cieli non comporta gli stessi rischi di unnormale impiego: i titoli di coda presentano il

conto dei danni alla salute provocati da uneccesso di ore di volo, una lista molto lunga, esono accompagnati dal brano scritto per l’occa-sione dal cantautore romano Luca Bussoletti(nella foto), che ha composto la colonna sonoradel documentario insieme a Riccardo Corso.

Il brano, che si intitola proprio Tutti giù peraria - e prosegue con «tutti quanti in ferie dalladignità» - ha il pregio di riuscire a sintetizzarein pochi minuti il senso di tutta la storia raccon-tata: trattasi di «una guerra di bottoni tra pez-zenti» e il timore è che non sia ancora finita.

Questo è il punto di vista di chi finora non haavuto voce: i settemila in attesa di riscuoterel’assegno di cassaintegrazione, i tremila cheerano precari e sono stati licenziati, quelli checontinuano a lavorare costretti a turni di lavoromassacranti, le donne che si sono viste negare ildiritto, sancito per legge, all’esonero dal turnonotturno in caso di figli piccoli o portatori dihandicap.

Si consiglia di rimanere davanti al video finoalla fine dell’ultimo dei credits, per gustarsi ilmonologo finale di Ascanio Celestini. A luil’amara conclusione che un Paese di carta comel’Italia meriti una compagnia aerea fatta diaereoplani di pari materiale.

Roberta Mastruzzi

Chi era Maurice Jarre? Come spiegare la vita di un uomo e diun musicista in poche righe? Un artista è tale nella misura incui riesce ad esprimere il senso del bello che forma e trasfor-

ma le sue opere, comunicandolo. E proprio qui si può intravederel’uomo che c’è dietro, assieme alla sua vita e alle forze che l’han-no resa unica. Maurice Jarre è morto il 30 marzo scorso a LosAngeles, all’età di 84 anni, segnato da una drammatica lotta con ilcancro e con un immenso amore per la musica e il cinema.

Sono oltre 200 le colonne sonore composte da Jarre e tre sonostati i Premi Oscar ricevuti per la miglior colonna sonora: nel 1962per L o w rence d’Arabia, nel 1965 per il Dottor Zivago e nel 1984per Passaggio in India. Tre grandi film e tre splendide soundtracknate anche dalla sua collaborazione artistica e dalla profonda ami-cizia che lo legava al regista David Lean. Il suo modo di lavorareha dato un immenso contributo nel dimostrare quanto la musicainfluisce e contribuisce al successo di un film. Tra gli altri grandiregisti del cinema (non tutti poi musicalmente così sensibili), percui ha curato colonne sonore, troviamo: Luchino Visconti, A l f o n s oArau, Elia Kazan, Michael Apted, Peter We i e r, Jerry Zucker,Adrian Lyne, John Huston e sir Alfred Hitchcock.

La sua musica ha accompagnato negli anni altri grandi film di

successo come Witness il testimone, Attrazione fatale, Gorilla nella nebbia, G h o s t - F a n t a s m a, pelli-cole per cui ha ottenuto diverse nomination all’Oscar e che hanno anche segnato la nascita di unasua seconda passione, dopo quella per le percussioni: la musica elettronica. Un ambiente in cui èstato trasportato dall’enorme successo che nel frattempo stava avendo un altro artista di notevolespessore (80 milioni di dischi venduti nel mondo), Jean-Michel Jarre, ovvero suo figlio.

L’amore per la musica di Maurice ha poi negli anni travalicato il cinema per finire ad esplorarealtri terreni artistici, tra cui il teatro e il balletto. Anche per la televisione ha trovato il modo di misce-lare le composizioni sinfoniche alle immagini e il suo maggior successo è stato sicuramente il G e s ùdi Nazare t h di Franco Zeffirelli del 1977. Vinse un Grammy Award per il disco più venduto dell’an-no nel 1966 (e secondo alcuni anche il più sciropposo) col Tema di Lara per Il dottor Zivago.Seguirono il British Academy Award per la miglior colonna sonora de L’attimo fuggente (1989) e ilGolden Globe per la miglior colonna sonora di Il profumo del mosto selvatico ( 1 9 9 5 ) .

Quando lo scorso febbraio si presentò per ritirare l’Orso d’Oro alla carriera al Festival di Berlino,Dieter Kosslick, direttore della manifestazione, così commentò le motivazioni del premio: «I com-positori di colonne sonore sono spesso messi in ombra dai grandi registi e dalle stelle del cinema.Diverso è il caso di Maurice Jarre perché le musiche de Il dottor Zivago, come molti dei suoi lavo-ri, sono universalmente note e rimarranno indimenticabili nella storia del cinema».

Doveva diventare un ingegnere, diceva sempre il padre divertito, ma proprio il papà un giorno disettant’anni fa portò in casa Jarre le Rapsodie ungheresi di Franz Liszt, un inno ai moti insurrezio-nali ungheresi del 1848 per la conquista dell’indipendenza dall’Austria. Così è nato e ha lavorato ungrande artista e così lo vogliamo ricordare.

1979, anno della morte di Sid Vi c i o u s ,London Calling dei Clash avevainfiammato e risvegliato un’interagenerazione unita da un solo ideale: il

rifiuto di qualsia-si forma di con-trollo. Il punk,una vera e pro-pria subculturache ancora oggitrova diversiseguaci in tutto ilmondo e che hacomunicato lasua ribellionenon solo attraver-so la musica(Ramones, SexPistols, Clash,tanto per citarne ipadri assoluti). Borchie, creste,anfibi, spille da

balia, colori scuri e skinny style. «Punk is atti-tude not fashion» («Punk è un modo di essere,non un modo di apparire») recitava un mottodegli anni 70. Trenta anni dopo, tanto è cambia-to ma l’attitudine ribelle della nuova generazio-ne non è poi così diversa. La «laptop genera-tion», figlia di MySpace, Yo u Tube, Facebook,Tw i t t e r, dall’abbigliamento high tech e l’im-mancabile I-pod, ama la virtualità, la tecnologia,la velocità, il multitasking, il downloading, latechno. Nessuna certezza, nessun ideale, solo lavoglia di perdersi fra le basse frequenze e i suoni

sintetici di uno dei tanti «cool» club del mondo.Nessuna fiducia nel sistema e nel futuro.Berlin Calling, film di Hannes Stohr (Berlin isin Germany - Berlinale 2001, PanoramaAudience Award - e One Day in Euro p e -Berlinale 2005, official competition -), dipingeil ritratto di questa nuova subcultura catturando-ne e restituendone perfettamente il mood. Il film narra la storia di un autore di musica elet-tronica, Martin (Paul Kalkbrenner, nella vitadavvero uno dei dj attualmente di punta dellanota label tedesca BPitch Control fondata daEllen Allien, qui autore della colonna sonora eanche attore di se stesso), conosciuto dalla follacome Ickarus, che compone con il suo laptop ecome tutti i suoi colleghi senza alcun bisogno diliriche. Ickarus gira il mondo con la manager e fidanza-ta Mathilde (Rita Lengyel) ma presto verrà rico-verato in clinica psichiatrica per abuso di dro-ghe. Proprio là scriverà il disco che lo riporteràal pubblico, un album sofferto e malinconicofatto di beat martellanti e inusuali fiati sognanti.Una tragic-comedy che non poteva non essereambientata a Berlino, culla dell’avanguardia einnovazione e protagonista dell’easyjetset, unfenomeno tipico degli ultimi anni che vedemigliaia di giovani accorrere da tutte le partid’Europa con voli low-cost solo per trascorrereun weekend in uno dei tanti club berlinesi.Maria am Ostbahnhof e il Bar 25 a Berlino, non-ché il Welcome to the Future Festival diAmsterdam e l’Hypnotik at Double MixteConcert Hall, Lyon sono le locations principalidel film.

di Flavio Fabbri

Valentina Giosa

Nel

La sorpresa è come salsa - piccante- Sopra insipida carne - Sola - trop-

po aspra - ma accompagnata Deliziacommestibile. (Emilie Dickinson)

Una sorpresa quest’opera diMarcello Appignani, salsa piccante suquella che - produzione musicale deinostri tempi - è insipida carne da man-giare come nutrimento commestibile.Sorpresa sono i brani per il lavoro tea-trale di Daniela Ariano, L’ultima nottedi nozze. Il tema è la violenza sulledonne (se n’è interessata anche la cri-minologa Noemi Novelli) mentre i duesposi, Anna e Lorenzo, trascorronouna notte sulle note di sola chitarraclassica che per loro suona StefanoMingo - a cui, in due brani, si affianca-no fisarmonica, basso, batteria, man-dolino, una seconda chitarra e percus-sioni. Tutti suonati da Appignani.

Quest’ultimo, che è un talento -romantico, intrigante, silenzioso anche- lo riceviamo senza indugi. Si apprez-zano i talenti silenziosi come la calmadi un pesce che vive poggiato sopra ilnostro pianoforte, e i suoi guizzi.

Il suo album precedente contiene26 brani strumentali che sono, lette-ralmente, piume in caduta libera, perl’appunto (il titolo) Piume dal cielo,melodie da film anche queste. Progettisempre incentrati sulla «colonnosono-rizzazione» facili per chi, comeAppignani, non sente la stretta delcopione, non disdegna la boccia perpesci rossi. Si dà il caso che Appignanisia rosso e che ci sguazzi: l’acqua perimmergersi la trova proprio in un testoda accompagnare.

Lascia fluire il pensiero compiendovolte silenziose spesso senza melodia,che è dove s’avverte una passionequasi dolorosa - quella di Anna eLorenzo nell’ultima notte di nozze,quella di un musicista sensibile e ilritmo cieco di una stanza buia innerva-ta d’incenso. Le branchie di Appignanirendono il nostro cibo commestibiledelizia, non più carne insipida che è ilnostro bisogno di ascoltarla.

Romina Ciuffa

P E S C E R O S S O

B�E�R�L�I�N C�A�L�L�I�N�G

T�U�T�T�I G�I�Ù P�E�R A�R�I�A

IL DOT TOR ZIVAGO E MR JA R R E

CREDITS SABRINA SIMONETTI

Sullo scaffale in cui ti impolvererai / l’etichetta che hai / è cassaintegrato / Cieli di sassi cheti piovono giù / Il bersaglio sei tu / e non lo Stato / è guerra di bottoni tra pezzenti / è unvolo d’aquiloni in mezzo ai venti / Siamo un aeroplano di carta / da cui il pilota è sceso di Romina Ciuffa

Page 13: MUSIC IN n. 10

GINO PAOLI L’ i n t e r v i s t aIl jazz è come la cioccolata

CADILLAC RECORDS Tutti quei muri checostruiamo per difenderci da nemici immaginari

I LOVE RADIO ROCK P i r a t e r i a :ci sono navi che trasmettono musica

Music In Estate 2009 S O U N DS O U N D

Nelle acque delMare del Nord,

un peschereccio tra-sporta al largo dellecoste inglesi un caricodi giovani uomini checon un’enorme anten-na radio trasmettononell’etere musica rock24 ore su 24, conta-giando milioni diragazzi: The boat thatrocked è il titolo origi-

nale dell’ultimo film di Richard Curtis, tradottoper le platee italiane in I love Radio Rock.

Il film è ispirato alla vera storia di RadioCaroline, la prima radio privata inglese che osòsfidare la BBC, colpevole di non aver saputocapire da che parte stava girando il vento:siamo a metà degli anni 60 e la radio pubblicatrasmette solo jazz e musica classica, relegandoil pop e il rock ad un piccolissimo spazio diappena due ore settimanali. Decisamente trop-po poco per il Paese che ha dato i natali aiBeatles e ai Rolling Stones e proprio negli anniin cui Londra si imponeva come centro di unanuova generazione di artisti ed intellettuali.

Per aggirare le leggi inglesi, le prime radiopirata pioniere del cambiamento trasmettono

rock dalla mattina alla sera navigando su vec-chie imbarcazioni al largo della costa. Fuori dalcontrollo governativo, la musica circola libera-mente entrando con discrezione in ogni casa eportando più di una rivoluzione nel mondo cul-turale: musicale, dei costumi, dello stile di vita,del modo di pensare. La rivoluzione avvieneanche nell’etere, allora monopolio del governo,al ritmo di Jimi Hendrix e degli Who, e cometutte le rivoluzioni ha bisogno di eroi: a sfidareil monopolio i primi Dj che, ispirandosi alleemittenti statunitensi, con linguaggio ironico eimmediato, conquistano milioni di ascoltatoriin poco tempo.

I love Radio Rock affronta il tema con simpa-tica irriverenza, costruendo una commedia nelpuro stile pop anni 60 dove la musica è presen-te in ogni fotogramma. Una colonna sonoracomposta da oltre 40 brani: ci sono i RollingStones di Jumpin’ Jack Flash e Let’s spend thenight together, i Kinks con All day and all ofthe night, gli Small Faces e la loro Lazy SundayA f t e r n o o n e ancora Jimi Hendrix, LeonardCohen, Otis Redding e molti altri artisti rappre-sentativi di un’epoca storica e della sua vogliadi libertà. Let’s dance, cantava David Bowienegli anni 80: idem nella scena finale del film,quando l’ottusità dei potenti china il capo difronte agli idealisti. (Roberta Mastruzzi)

«Una scoperta meravigliosa che poi miha seguito per tutta la vita, ma non avre i

mai pensato di poter anche suonare con grandij a z z i s t i ».

E invece così è stato: Un incontro in jazz è lospettacolo che porta in giro dal 2004, dove ibrani più celebri del suo repertorio, da Il cielo inuna stanza a Senza fine, da La gatta a S a p o re dis a l e, sono stati riarrangiati in chiave jazzistica eil cantante è sul palco insieme a R o b e rto Gatto,Enrico Rava, Danilo Rea, R o s a r i oB o n a c c o r s o e Flavio Boltro.

Il concerto non è «Gino Paoli accompagnatoda…», questo non mi interessa e ho insistito per -ché non fosse mai questo l’atteggiamento.Volevo essere parte di un gruppo che faceva ic i rcuiti del jazz e ci sono riuscito. È una grandesoddisfazione per me. Tra l’altro è una cosa nataper caso, è stato Rava a chiedermi di fare unospettacolo insieme. Il concerto è talmente pia -ciuto la prima volta che poi abbiamo pensato dic o n t i n u a re a proporlo.

La parola «caso» sarà ripetuta più volte nelcorso dell’intervista, quasi a lasciarci intendereche sia stato spesso il destino a scegliere per lui.

Fino a 26 anni facevo il pittore e credevo chela mia vita fosse quella. Poi invece - i casi dellavita - sono finito a fare il cantautore. Non hofatto la gavetta: ad un certo punto ho scritto unacanzone e ha avuto un grande successo. Da là èp a rtito tutto il resto.

Anche quando arriva il momento di parlare dicinema, perché oltre ai concerti di Un incontroin jazz e al tour per la presentazione del suo ulti-mo album di inediti S t o r i e, questa estate lo vedràimpegnato, al fianco di Danilo Rea, anche in unanuova avventura che si chiama Cinema songs,un omaggio ai grandi compositori italiani e stra-

nieri dagli anni 30 ad oggi, il caso sembra averavuto un ruolo fondamentale.

Cinema Songs racconta il cinema attraver-so alcune canzoni, come la bellissimaM o o n r i v e r, scritta da Henry Mancini perColazione da Ti ffany nel 1961. Com’è natal’idea di questo progetto?

Danilo Rea ha messo su questo spettacolo epoi mi ha chiesto se io avrei avuto piacere a par -t e c i p a re. Ho accettato subito perché con Danilof a rei qualsiasi cosa. In questo spettacolo io sonosolo un cantante che, insieme a Diana To rt o ,i n t e r p reta i brani scelti da Rea. Tra questi lui havoluto mettere anche alcune cose scritte da meper il cinema, ad esempio La bella e la bestia, dicui ho tradotto il testo per la versione in italia -no, ma c’è anche molto altro: da C a s a b l a n c a aS c h i n d l e r’s list, da L’amore è una cosa meravi-g l i o s a a C’era una volta il west.

È un excursus molto affascinante nella musicada film. C’è un grande schermo dietro i musici -sti dove scorrono le immagini e intanto noi suo -niamo musica dal vivo, un po’ come tornare alleorigini del cinema, a quando era muto e c’era ung ruppo che suonava per dare un sonoro alleimmagini senza voce.

Il rapporto di Gino Paoli con il cinema?Non sono dentro a tutti i meccanismi - a volte

anche particolarmente fastidiosi - a cui ti devia d e g u a re per lavorare nel cinema: devi esserenel giro, conoscere le persone giuste, mettert id ’ a c c o rdo con il pro d u t t o re, etc. Non ho maifatto niente di tutto ciò. Mi è capitato di lavora -re nel cinema semplicemente perché avevo degliamici registi che mi hanno chiesto di scrivere lacolonna sonora.

La prima colonna sonora èstata scritta per B e rt o l u c c i .Com’è nata la collaborazione?

Moltissimi anni fa GianniAmico, un grande regista moltos f o rtunato, mi presentò Bernard oB e rtolucci. Ci siamo conosciuti aGenova in un Festival di cinemasudamericano. Eravamo unabanda di amici e Bertolucci, chestava scrivendo il suo secondofilm Prima della rivoluzione, michiese di lavorare per lui.

Abbiamo adottato un metododi lavoro contrario rispetto alsolito: scrissi la musica sullasceneggiatura, la scrittura dellamusica quindi precedeva leimmagini, e in seguito le scenesono state girate e ritmate proprio sulla basedella colonna sonora. Il film ebbe molto succes -so all’estero, ma non in Italia. Oggi è considera -to un cult, allora invece prese anche alcuned e n u n c e .

La sua avventura nel cinema però non finìqui. «Da lontano» e «Una lunga storia d’amo-re» sono canzoni nate proprio per il grandes c h e r m o .

Dopo la collaborazione con Bertolucci part e -cipai ad un paio di film, «La sposa americana»di Giovanni Soldati, anche in questo caso fu ilmio amico regista a chiedermi di scrivere lamusica e «Una donna allo specchio» di PaoloQ u a regna, che non ebbe molto successo ma chemi portò fortuna perché la canzone che scrissiper il film, «Una lunga storia d’amore», è diven -tata un classico. Poi mi sono fermato. Se qualcu -

no mi chiedesse di scrivereuna musica per il cinemaa c c e t t e rei volentieri, per -ché mi piace scrivere atema. Ma non sono nel giro«giusto» e poi io sono abi -tuato a fare le cose nelmodo migliore possibile.R i c o rdo che per «Unadonna allo specchio» spesipersino dei soldi miei perf a re certe cose perché quel -li che mi dava la pro d u z i o -ne non mi bastavano!(ride).

Confessa che la basedel suo lavoro sta proprionel sapersi divertire.

Quando suoniamo insie -me io, Rea, Gatto, e Rava,ci divertiamo come pazzi.La base del suonare insie -me è amicizia e divert i m e n -

to, quando mancano questi due elementi è tuttofasullo. Oggi si fa il musicista come un mestiere ,una volta i musicisti pensavano «mi diverto e mipagano pure», oggi - se si esclude forse alcuniambiti del jazz - è esattamente il contrario: «mirompo le scatole ma almeno mi pagano». E que -sto non solo nella musica, è l’atteggiamentogenerale del mondo di oggi. Sono fortunato, per -ché per me non è mai stato così.

Rimane il dubbio che il suo successo sia daattribuire puramente al Fato. Un cantante che hasaputo attraversare mezzo secolo di storia ericominciare ogni volta con nuovi progetti senzaadagiarsi sulla scia di nostalgici «best of», unautore che ha cercato sempre nuovi spunti efonti d’ispirazione, distinguendosi per un’accu-rata ricerca stilistica e un raffinato gusto per leparole, non può esserlo diventato solo per caso.

I LOVE RADIO RO C K

Madonna regista:non paga di

esser stata cantante,ballerina, attrice, scrit-trice di libri per bam-bini, con poco talentoe grande successo -come dire massimiz-zazione del profitto - ilpasso successivo erarubare il mestiereall’ex-marito GuyRitchie e dimostrare

di saper fare meglio (l’impresa non è poi ardua). S a c ro e pro f a n o è la storia di un gruppo di

personaggi che tentano di afferrare il senso dellavita passando attraverso esperienze anche umi-lianti. Il protagonista A. K. (Eugene Hutz, leaderdel gruppo punk Gogol Bordello), per finanzia-re un progetto musicale, si prostituisce peruomini masochisti. Convive con Juliette, che

sogna di andare in Africa e lavora in una farma-cia subendo le avances del suo capo, e Holly,ballerina classica che trova lavoro in un locale dilap dance.

Il film era nato inizialmente come cortome-traggio e in questo sta il suo limite: sarebbe statoperfetto come videoclip. Apprezzabile il fatto divoler rappresentare la varietà etnica e culturaledi Londra, ma tutto il resto è già visto e pococoinvolgente. Ci sono tutte le cose che piaccio-no a Madonna: lo sfruttamento del corpo, l’esi-bizionismo, i frustini, le paillettes e persinoBritney Spears. Ma l’unico momento veramenteinteressante è la ripresa di un concerto dei GogolBordello e del suo leader. Troppo poco per giu-stificare un’ora e venti minuti di pellicola.

Senza infamia e senza lode, non farà cambia-re idea né ai fan né ai detrattori di Madonna. Iprimi continueranno ad amarla incondizionata-mente, i secondi ad ignorarla. ( R o b e rt aMastruzzi)

Nella Chicago anni 40, quando il coloredella tua pelle decideva da quale partedella transenna dovevi stare se volevi

assistere ad un concerto, il produttore discogra-fico Len Chess decide di investire sui bluesmanneri. La scommessa è coraggiosa: si tratta di lan-ciare giovani musicisti di indubbio talento su unmercato strettamente riservato ai «bianchi».Nasce così la Chess Records, leggendaria eti-chetta discografica per la quale incideranno ilchitarrista Muddy Waters, l’armonicista LittleWa l t e r, il cantante Howlin’Wolf e il compositore Wi l l i eDixon, fino a Etta James eChuck Berry.

Nasce un nuova musica, unsound che unisce ritmo emelodie malinconiche, maledi vivere e voglia di ballare: èil blues, e qualche anno doposarà rock n’ roll. DarnellMartin, giovane regista afro-americana che è stata assisten-te di Spike Lee in Do the rightt h i n g, dedica il suo filmCadillac Record s alla celebra-zione degli artisti che hannorivoluzionato la storia dellamusica. I brani della colonnasonora sono interpretati daglistessi attori, tra cui troviamo Adrien Brody, cheinterpreta il produttore Len Chess, e Beyoncénel ruolo di Etta James, e propongono classicic o m e I’m a man, M a y b e l l i n e, I’m your hoochiecoochie man, At last e Trust in me, in versionifedeli all’originale ma diverse, così come diver-sa è la storia di ogni singolo artista.

Il racconto di quegli anni prende vita e ritmograzie a uno script frenetico e ricco di spunti.Come nella loro musica nella vita, i musicistimettono tutto il loro dolore e la loro vitalità, glisbagli e le vittorie, in una parola l’anima. Unracconto che per ognuno sarà diverso. Comedice uno dei protagonisti: «Quella era un’epocain cui se sapevi suonare la chitarra da Dio eri

come Superman» e le donne ti adoravano, ilproduttore ti regalava una Cadillac (da cui iltitolo del film) e tutto sembrava a portata dimano. C’era chi sapeva approfittarne, chi riusci-va a restarne fuori e chi invece ci cascava inpieno: donne, alcool, droghe, il successo che daalla testa e tutto diventa troppo. Ognuno peròmetteva tutto se stesso nella musica, che permolti rappresentava l’unico modo per venirefuori da un passato di miseria e abbandono.

Cadillac Records è un film intrecciato da sto-rie di vita vera e aneddoti chesono diventate leggende: lavita sregolata di Little Wa l t e r,il forte sentimento di amiciziache lo legava a MuddyWaters, la rivalità artistica diMuddy con Howlin’Wolf, itormenti di Etta James che,riversati nella sua voce,incantano ancora oggi le pla-tee del mondo come agli inizidella sua carriera incantaronoil produttore Len Chess.

In una breve scena compa-iono anche 5 ragazzi inglesiche attraversano l’Oceano perconoscere i loro miti e queicinque un giorno prenderannoil titolo di un blues di Muddy

Waters e si chiameranno Rolling’ Stones. Poic’è Chuck Berry, scheggia impazzita che con isuoi riff rivoluzionari e la prima versione origi-nale del passo dell’anatra, molto prima che ilviso pulito di Elvis Presley si imponesse all’at-tenzione dei media, riesce ad abbattere le tran-senne che nei concerti servivano appunto a divi-dere il pubblico tra ragazzi bianchi e ragazzineri. Un film per chi ama il blues ma anche perchi crede che ogni barriera sia un limite e che imuri che costruiamo intorno alla nostra vita perdifenderci da nemici immaginari ci faccianoperdere di vista la bellezza del mondo reale.

Roberta Mastruzzi

C A D I L L AC RECORDS

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(...)

S AC RO E PRO FA N O

AV E R LO A D D O S S O

Page 14: MUSIC IN n. 10

a cura di ROMINA CIUFFA

VA L E R I A VAGLIO Stato inna-turale Se fossi il sole francamentedormirei di meno

R O B E RTO CASALINOC’è lui dietro un mesemolto particolare

FABRIZIO EMIGLI Non vale, c’è questa neb-bia che piovigginando sale/compro una birra, laincarto e passo a prenderti col tram

Music In Estate 2009&further

E NON È UN PICCOLO P A R T I C O L A R E

IO LA V A G L I Ohissà se Mina lo sa. Che c’è una nuova voce, assai simile allasua, che emerge. (Paura?) Valeria Vaglio è di Bari e, per unmovimento centrifugo interno, da 29 anni è alla ricerca dinuovi stimoli: un’inquieta - come si addice all’artista - cheindaga. «Sono molto irrequieta quando mi legano allo spa -

z i o » (Alda Merini), e fugge. Un’isola delle Maldive prima (doveper sei mesi canta un paio d’ore al giorno) che è un posto g r a n d ecome una moneta da 2 euro il cui perimetro è perc o rribile a piediin circa 6 minuti. Vi scrive Il più grande dei miei sbagli ( «Tu f f a r s ida due metri/comunque è un po’v o l a re/ci vuole del coraggio/e disi -n i b i z i o n e »). Poi l’Umbria di Mogol: vince una borsa di studioS.I.A.E. per il C.E.T. (Centro Europeo Toscolano) sui montidell’Amerino. Quindi il trasferimento più serio, quello in uno statodella sua mente - il continente incoltivato del crollo motivazionale- dove risiede per un periodo studiando grafica pubblicitaria.

L’ennesimo trasferimento - scoperta dal suo produttore, DiegoCalvetti - la porta all’Accademia di Sanremo con Ore ed ore. Edè Sanremo 2008, un pezzo che parla di amore omosessuale men-tre Anna Tatangelo domina sfrontata i tabloid con Il mio amico(e un altro sfacciato poi porterà Luca era gay). Lei, invece, nonè tormentata dai media e non tormenta - un bene o un male perun’artista? - nonostante la schiettezza del testo («Non metteròmai più/Il maglione rosa e blu/Che tutte le mattine indossavo acolazione/Preparando il tuo caffè/E non sarò più io/A dirtiamore mio/Come sei bella la mattina appena sveglia/È già tar -dissimo/Le interferenze fan rumore/E non si può cambiar cana -le/O spegnere il televisore/Durante ogni temporale»).

Un altro trasloco - quello in uno Stato Innaturale, il suo primoalbum - lo fa nuda, portando con sé solo un maglione rosa e blu.10 brani originali che sono 39 baci, tutti suoi e tutti degni di unatradizione italiana di cantautori. Più una sfida: l’undicesimo,Oggi sono io di Alex Britti, la cui prima strofa canta ore ed ore,e ancora ore, come le «ore ed ore» («far l’amore ore ed ore e giàiniziava a nevicare») che hanno portato Valeria Vaglio aSanremo. Allora è chiaro: per lei, è solo una questione di tempo.

Quali interferenze fanno più rumore?Quelle che appiattiscono, che non creano spinte verso l’alto,

quelle di chi le produce perché sa di non poter andare oltre, dichi abbatte per non costruire e danneggia per non risaldare.

Credi in Sanremo o, piuttosto, nei santi? Meglio detto: untrampolino di lancio spesso in grado di declassare un artista,un tuffo di testa dentro una piscina prosciugata.

Un tuffo di testa può essere letale anche in una piscina piena.Più in alto si sale maggiore è il rischio di farsi del male; ma èpiù rischioso non rischiare. Sanremo è stato un bel gradino diuna scala molto più lunga e complessa, una sorta di lavatrice inpiena centrifuga in cui è facile perdere il controllo e farsi male.

Sono molto contenta di aver fatto questa esperienza a 27 anni,

con una consapevolezza e una maturità che hanno fatto in modoche ne uscissi a testa alta e senza strani e innaturali picchi dipopolarità. Ho sempre avuto paura delle ascese veloci, normal -mente la velocità della discesa è doppia rispetto alla salita… Unbilancio molto positivo dell’esperienza sanremese: pubblico ecritica dalla mia parte.

La classica domanda: hai portato a Sanremo una canzoneche parla di un amore omosessuale. Perché Anna Tatangelo ePovia su tutti i giornali, tu in sordina?

Perché io faccio musica, non gossip.

Il coraggio di port a re te stessa nei i tuoi pezzi: un azzardo?Io sono i miei pezzi. L’emozione è senza filtri, non saprei fare

altro. E sono convinta che tutte le dimostrazioni di affetto, lemail, le presenze registrate ai miei concerti sono determinate dalfatto che questo mio essere sempre e comunque autentica arriviin modo quasi disarmante.

Sodalizi musicali: con chi ne fai, con chi ne faresti. Chiduetta con te nella fase R.E.M., quella in cui sogni?

L’estate scorsa sono stata in tour con Paolo Vallesi, ho apertoun concerto di Mariella Nava a Taranto e ho scritto un pezzo conBungaro. Ho duettato ora con Max De Angelis a Villa Pamphilia Roma e ho fatto concerti con Melissa Ciaramella, validissimacantautrice siciliana. Nel disco che uscirà il prossimo autunnoc’è un duetto, ma non posso ancora svelare il nome. I primi nomiche mi vengono per cantare in futuro sono Niccolò Fabi e SergioCammariere.

Le tue muse.Elisa, Paola Turci, Samuele Bersani, Carmen Consoli, Sting...

non c’è spazio per tutti.

Chi hai scelto per accompagnarti nella musica? Il tuo bat-terista, ad esempio, fa degli ottimi assoli.

In realtà sono loro che hanno scelto me, cosa che accade rara -mente ormai. Sono ragazzi molto talentuosi, ma soprattuttomossi dalla passione - per la musica, per il mio progetto -, pron -ti a sacrificarsi sempre e comunque, sognatori fino al midollo.Insomma, sono i miei uomini ideali.

Hai - come in un tuo pezzo - un bersaglio in movimento opiuttosto fermo?

Il mio bersaglio è molto chiaro, ma mai fermo. Nulla restafermo. Mi plasmo, mi modello, mi sagomo a seconda che sia inaria, in terra o in un angolo. Ma non lo perdo mai di vista.

Quale tonalità e su che ottava?Un grande classico: do maggiore sulla 3 ottava. Contralto.

Diesis o bemolle? Tasti bianchi o tasti neri?Non amo le alterazioni. Praticamente tutti (se ti chiedessi

«piede destro o piede sinistro»?), ideologicamente i neri: mihanno insegnato a diffidare del puritanesimo.

Usi il barré?Spesso.

Qual è il tuo «stato innaturale»? Quello in cui non si pensa, non ci si preoccupa di quello che

pensano gli altri, in cui si fa sempre quello che ci va di fare senzaledere nessuno, quello in cui si vive, si ama e ci si fa amare.

Insegni: cosa, a chi? E cosa impari?Credo che si possa insegnare qualcosa solo se non si ha la pre -

tesa di farlo. Io imparo un sacco di cose solo guardandomi intor -no, prestando attenzione a cose, gesti o frasi apparentementenormali, senza mai clonare nulla, ma semplicemente rimodellan -do il tutto su di me. Siamo unici ed inimitabili per questo, no?

Suoni la darbuka perché ti senti più: a) nord-africana, b)asiatica, c) pugliese?

Suono la darbuka perché è una percussione con una sonoritàmolto particolare e accompagna una danza sensuale come ladanza del ventre. Non rinnegherò mai le mie origini pugliesi, maonestamente mi sento molto «figlia del mondo».

Oggi sono io: Mina o Alex Britti?Alex Britti. L’autore è sempre l’autore.

Mina: non sarà forse un mirare molto in alto per colpireuna mela?

Certamente più stimolante che mirare in basso per colpireun’anguria.

In Bersaglio in movimento vendi l’anima al taglio: a quanto?Bisogna vedere: le condizioni di vendita sono rese note solo a

compratori con prerequisiti specifici.

Ca cura di ROMINA CIUFFA

èuno dei cantautori della MySpaceGeneration più importanti ed è famoso algrande pubblico per essere l’autore dei

pezzi di successo di Giusy Ferreri, come Non tis c o rdar mai di me e N o v e m b re. RobertoCasalino, originario di Latina, arriva al suoalbum d’esordio L’atmosfera nascosta d o p oaver percorso tanta strada solo con le sue forze.Tutto ha inizio nel 2002, quando lavora comecorista nel primo tour di un allora promettenteTiziano Ferro.

Da corista di Tiziano Ferro a suo collega: nehai fatta di strada.Sì, ho camminato molto. Io e Tiziano però siamofondamentalmente amici e il nostro rapporto eralo stesso di adesso, nonostante i grandi cambia -menti delle nostre vite.

Gli spazi nei network radiofonici sono asfitti-ci per i cantanti emergenti. È così anche perchi si porta in dote nome un percorso artisti-co profondo come il tuo?Le radio sono uno scoglio che difficilmente siriesce a superare. Sono loro a decidere spesso ilsuccesso o meno di un prodotto discografico.

Anche se i maggiori direttori artistici dei grandinetwork sanno chi sono, la risposta a seguitodell’ascolto del mio singolo è stata: «Ci piace,ma gli spazi sono limitati». Ma io non mi abbat -to, vado avanti epromuovo la mia creatura inogni modo possibile, sperando che prima o poianche le radio si accorgano di me.

Quale canzone attuale avresti voluto scrivere ?A questa domanda non so risponderti; ci sonotroppe canzoni che avrei voluto scrivere io.

Chi c’è dietro al tuo album? Chi ha sudatoinsieme a te per arrivare in cima alla collina?I miei produttori che mi seguono dal 2003:Mario Zannini Quirini e Manuela Petrozzi. Poic’è la mia famiglia che mi ha sempre sostenutoe incoraggiato in questa mia passione. Nonpossono mancare nella lista i miei carissimiamici e musicisti che da sempre hanno sposatoil mio progetto (Stefano Suale, SimoneSciamanna e Emiliano Licata). E poi tutte lepersone che mi sostengono e mi supportano daanni. Devo dire che avere intorno gente cheinsegue con te il tuo sogno ti fa sentire menosolo e ti fa perseverare.

Che Roberto Casalino sia Novembre, Giusy Ferreri e Non ti scordar mai di meQuesto pezzo di una bella voce,

Fabrizio Emigli - uno swing, un jazz- è d’altri tempi. Un gioiellino. In bianco enero praticamente, lui un povero ma bellouscito da un film di Dino Risi. Esce oggi ilsingolo (Saint Louis Jazz Collection), giàchiamato a rappresentare il nostro traspor-to locale. Emigli, che è fondamentalmenteun romantico, nel 2009 la va a prenderec o s ì : ti staccherò un assegno per farci unorigami/o una cambiale in bianco per scri -v e rci che m’ami./Leggero sarà ogni slan -cio per non pre n d e rci sul serio/e ad ognic u rva chiederemo se è davvero pro i b i t oa c c a l c a rci nel centro .

Romina Ciuffa

SAINT LOUIS TRA M

a cura di Luca Bussoletti

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a cura di ROMINA CIUFFA

S A I N T LOUIS BIG BAND Live in studioLa Gestalt insegna che la somma degliaddendi dà un risultato molto più grande

NEO Wa t e r resistance Come la calmapiatta del mare, nasconde correnti e ten-sioni sommerse violentissime

O C TOPUS Ep 2009 I n t e n s i t àrovente dei sedili in pelle quandofuori è estate. E un BBQ rock

Music In Estate 2009 back

Fare il napoletano stanca. Losa bene Federico Salvatore,cantautore napoletano salito

agli onori della cronaca negli anni 90 conA z z …, la canzone con cui, giocando sullo sdop-piamento del suo nome, ci presentava i perso-naggi di Federico e Salvatore, l’aristocratico eil popolano. Stanco di una maschera che glistava troppo stretta, quella del cabaret e

della risatafacile, ha fattoperdere le suetracce perqualche anno.Con il suo ulti-mo cd, Fare iln a p o l e t a n o …s t a n c a !, pro-dotto dallacasa discogra-fica indipenden-

te Arancia Records di Luigi Zaccheo e PaoloCiarlo, dà libero sfogo alla sua vena da can-tautore, scrive testi e musica e lo fa miscelan-do con intelligenza denuncia sociale, rabbia,polemica ma anche poesia, ricordi, speranze,senza tralasciare quella sottile ironia che locontraddistingue. Dodici tracce inedite, doveparla di storia (Il monumento), di prostituzione(Il progresso della marchetta), di solitudine(Senz’arte né parte) ma anche di amore (F r avent’anni di meno), alle quali si unisce Se iofossi San Gennaro, invettiva contro chi harovinato Napoli, con tanto di nomi e cognomi,per colpa della quale la sua presenza in Tvsembra sia poco gradita. La cantò in una tra-smissione e fu subito polemica. Perché in Tvpuoi spogliarti o prendere in giro la gente, manon puoi dire la verità. Ecco perché fare iln a p o l e t a n o … s t a n c a .

Roberta Mastruzzi

UMBERTO TOZZI - Non solo live

La Saint Louis Big Band, diretta da Antonio Solimene, è una formazioneorchestrale che rispetta in pieno la struttura classica della big band ovve-ro 5 sax, 4 trombe, 4 tromboni, Ritmica (pianoforte, chitarra, basso e bat-

teria), 2 voci. Il repertorio dell’ensemble, di tipo jazzistico, sfiora gran parte delle espres-sioni e dei cambiamenti che hanno caratterizzato la musica afro-americana fin dall’inizio

del secolo scorso, proponendo alcune tra lepagine più belle della letteratura jazzisticaorchestrale (Benny Goodman, DukeEllington, Dizzy Gillespie). Vengono privile-giate le elaborazioni di arrangiatori con-temporanei dell’area americana (SammyNestico, Don Sebesky, Bob Mintzer). La formazione, nata nel settembre del2007, ha già al suo attivo la partecipa-zione a molti festival jazzistici di grandeprestigio. Il quartetto della cantanteMarta Capponi nasce nel 2004. Lei hagià vinto il Lucca Jazz Donna nel 2008.Giovane questa vocalist, ma giàun’esperta sulla via di un’affermazioneforte. Innanzitutto, collaborazioni coneccellenti musicisti di fama internaziona-le (Bobby Durham, Aldo Zunino, MassimoFaraò, David Boato, Pietro Iodice). Qui, siavvale della collaborazione di talentuosimusicisti (sono Marco Bonini, Giulio

Ciani ed Emiliano Caroselli), che saltano dal Roberto Gatto Quintet, a RosarioGiuliani, a Andy Gravish. A Marta Capponi. Come fosse un passaggio obbligato. Personalità ed esperienze musicali differenti all’interno di questo gruppo, nel quale valeuna proprietà intransitiva: le qualità di ciascuno non si sommano come addendi perdare un risultato certo, bensì, gestaltianamente, danno una somma diversa, nuova, l’in-centivo a proseguire con gli standards del jazz ma anche con brani originali. Una BigBand che, innanzitutto, è band ma che, poi, è grande.

Romina Ciuffa

Parma è da sempre città dimusica ed è da lì che parto-no i Nokeys. Rico, Luca,

Gatto e Bonzo non arrivano da un casting dellaTim né da X-factor, ma dal sudore delle canti-ne. Ragazzi per la cui la musica non è unmezzo ma ilfine. E questofine li ha por-tati a regi-strare il loroalbum T h eRegency, checontiene diecitracce per lam a g g i o rparte cantatein inglese. Un applausoal packaging,

molto ricercato, e un altro alla scelta di cimen-tarsi nel rock con la erre maiuscola. Basta leg-gere i titoli: Rock’n’ roll pistolero e Pretty girl,per esempio, strizzano l’occhio ai Litfiba e aiDepeche Mode ma con stile. Piccola produzio-ne, è vero, ma pur sempre internazionale. Il cd,infatti, è stato missato e masterizzato aStoccolma, in Svezia. Scelta curiosa che donaal tutto un respiro meno provinciale con volu-mi poco italiani e suoni al passo col gusto dioggi.Evidenziatore giallo sulla riuscitissimaU n d e r w a t e r. Un gran bel riff di chitarra e unalinea melodica che sale e scende come lemaree. Pezzo piacione, nel senso buono deltermine, che è assolutamente essenziale per ilsuccesso di un progetto. Al cuor non si coman-da… per cui a volte per il cuor si spende.

Luca Bussoletti

Otto anni fa avevano conquista-to il pubblico con il singolo cat-chy a naif Living in a Magazine.

Sono la fusione perfetta fra il synth-pop deglianni Ottanta (che deve molto ai Kraftwerkquanto ai Pet Shop Boys) e l’ electro-dancedegli ultimi tempi. Vengonodall’Inghilterra e hanno unnome bizzarro che ben sisposa con il loro concept,musica e look. Gli ZootWoman sono i fratelliJohnny e Adam Blake eStuart Price (la live-line upinclude anche la bassistaJasmin O’Meara). La band è tornata con unnuovo, brillante ed entusia-smante album dal titoloThings are what they used to

be, in uscita il 21 agosto. Prima di godereappieno del disco potete averne un assaggiosu Myspace (www.myspace.com/ZootWoman), dove è possibile ascoltare inanteprima la trascinante Live In My Head o lairresistibile We won’t break, entrambe perfet-

te come colonna sonora esti-va. Se non li conoscete già,basterà molto poco a farciinnamorare degli ZootWoman. Speriamo venganoin tour anche in Italia.

Valentina Giosa

NEO - WATER RESISTANCE

FEDERICO SALVATORE - FARE IL NAPOLETANO STANCA

THE IDAN RAICHEL PROJECT - WITHIN MY WALLS

C’è un dato umano che accomu-na chi ama davvero la musica,quasi una condizione antropolo-

gica ed è la curiosità, come anticamera dellapercezione e della voglia di ascoltare le idee,ad avercele. È anche per questo che Music Inpercorre spesso e volentieri con coraggiostrade poco battute e cerca di far conosceredi più e meglio artisti di certo talento, come iNeo che hanno da poco prodotto, grazie aMegasound, un gran bel lavoro, W a t e rResistance, che ci sentiamo francamente diconsigliare ai lettori. E di solito, per le band meno conosciutedovrebbe principiare il critico con un elenco diviatici nobili e di riferimenti chiari, come se un«avo» di peso potesse portare più lustro all’ori-ginalità del progetto. Quanto ai Neo, attivi daoltre un decennio, si legge di citazioni deiDream Theatre, dei Franz Ferdinand, di JohnZorn fino a parlare della loro musica come di,udite udite, jazz progressive (chi sa cosa siamai, alzi la mano). In realtà, il trio di Terracinache vede Manlio Maresca alla chitarra, CarloConti al sax e Antonio Zitarelli alla batteria -come dire, niente basso - propone suoni intri-ganti e del tutto originali, missati con pazienzae una buona dose di anticonvenzionalità. I Neo suonano su ritmiche complesse, alter-nando andamenti binari a moti ternari, tempicomposti e suonati ad una velocità che, nullasacrificando al pregio melodico, rivelano unapadronanza tecnica non comune per precisio-ne ed interplay. Si tratta di una musica, se misi passa l’azzardo, ai limiti della nevrosi, pienadi tic e di momentanee isterie, che sembranotuttavia la cifra stilistica per entrare in un uni-

verso complesso che non ammette compro-messi; suoni che spesso si destrutturano e siricompongono con la paura di restare identicinel movimento. Cioè, uno specchio della proces-sualità della realtà e delle sue contraddizioni tra-dotta in un linguaggio ultroneo per definizionecome quello che le arti sonore e visuali sole con-sentono. E così, sulla scia di una citazione ben illustre,questo riferimento alla resistenza dell’acqua,titolo dell’album, riporta alla mente la metaforache a fine‘700 venneutilizzata perspiegare lanuova burra-scosa arter o m a n t i c ache, come lacalma piattadel mare,n a s c o n d ecorrenti e ten-sioni som-merse violentissime, che si traducono poi in una«nobile semplicità e tranquilla grandezza».Ascoltare questo trio per credere.Né, probabilmente, è un caso che il tour cheha già portato i Neo in giro per l’Europa e cheprevede molte date estive in Italia sia propostounitamente ad un progetto espositivo, matura-to da un collettivo di artisti, pittori e grafici chemodulano le proprie istanze creative con lamusica proposta, dando vita ad un connubiomagari non originale, ma di grande impatto.

Paolo Romano

C o n t a m i n a z i o n e .Israele e mondo, unbinomio impresen-

tabile all’orecchio medio, è l’IdanRaichel Project. Il trentunennetastierista, compositore, produt-tore e arrangiatore, che dà ilnome al collettivo, rivoluziona lamusica popolare miscelando popisraeliano, musica etiope tradizio-nale, poesia araba, canti yemenitied ebraici e ritmi caraibici. Oggidirige questo progetto e, per ilsuo secondo album internazionale Within MyWalls, immagina un conflitto tra sogno e real-tà, la storia di chi si sveglia un mattino senzanulla da realizzare: rimarrà confinato, pago dipensare solamente, o cercherà una ragioneper lasciare la stanza? Le canzoni - in israelia-no, spagnolo, arabo e swahili - non dannorisposte. I brani sono registrati negli annidurante tour, sessioni di registrazione in stan-ze di hotel, camerini, case private; i testi riflet-

tono le atmosfere con-templative dei viaggi. ATel Aviv, ispirato dallachitarra inquieta del can-tautore inglese NickDrake, Idan mette insie-me un’orchestra di 24elementi. The IdanRaichel Project è esem-pio di comprensione ecollaborazione intercul-turale, che apre unanuova prospettiva sui

conflitti del Medioriente a partire dall’esperien-za d’Israele. La pace interculturale dipendedalla capacità di apprezzare e rispettare le dif-ferenze fra popoli e Idan Raichel ne dà atto,guardando il cielo da una stanza, mentrepensa se alzarsi e uscire, per Tel Aviv, a vede-re che c’è. Se qualcosa è cambiato.

Romina Ciuffa

Un BBQ praticamente,l’odore acre di un garage edella benzina perduta da

una vecchia Bianchina. Poi i Red Hot ChiliPeppers (il riferimento va a favore degliOctopus e rende il loro esordio discograficovincente - ma a Cesare quel che è di Cesare)e tutto quello che è rock preciso, senzarumore né interferenza, asciutto anche nelfunk per un nuovo gruppo che si autoproducel’Ep e che, o mio Dio, è milanese - nessunafantasia su un’origine britannica o, che so,minnesotica di questi tre: sono proprio inostri - per poi scovarvi 3 tracce in studio, 2live e 3 bonus video tracks. C’è (al basso) Garrincha, che ha lasciato LeVibrazioni per queste, e un altro paio di nomifiloanglosassoni (Reepoman per voce e chi-tarra e Mr. Zed per la batteria), e allora lasuggestione è completa: siamo sui Navigli atutti gli effetti e ascoltiamo una versione livedel brano Crosstown Traffic di Jimi Hendrixcome fossimo in centro a Los Angeles anni70 (apriammo gli occhi e loro saranno aLybchburg, nel Tennesse, il prossimo otto-bre, dove si esibiranno in virtù della loro vitto-

ria del Jack Daniel’s Challenge al RollingStone di Milano). Ragazzacci, quello cheresta di noi quando torniamo da una festa inspiaggia, l’intensità rovente dei sedili di pellein una macchina lasciata d’estate al parcheg-giatore abusivo, peperoncino e guacamoledentro a fajitas. In attesa dell’album d’esor-dio, ci chiudiamo in questo rosso garage peril BBQ e aspettiamo che carne sia.

Romina Ciuffa

A LTE R

B E Y O N D&further

B E Y O N D&further

OCTOPUS - EP 2009

NOKEYS - THE REGENCY

ZOOT WOMAN - THINGS ARE WHAT THEY USED TO BE

S L M CSaintLouis

SAINT LOUIS BIG BAND - LI V E I N S T U D I O

A LTE R