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MUSEO DEL BACO DA SETA

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MUSEO DEL BACO DA SETA

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L’attività bachisericola ha svolto per molto tempo un ruolo fondamentale nell’economia vittoriese, connotando anche il paesaggio con la presenza di gelsi diffusi un po’ ovunque, e di cui rimangono ancora numerosi esemplari.L’allevamento del baco da seta è iniziato come piccola attività a carattere famigliare integrativa del lavoro agricolo, per poi assumere consistenza sempre più rilevante. A partire dalla fine dell’Ottocento sono sorti stabilimenti e osservatori bacologici di ricerca applicata che hanno portato l’industria del seme bachi di Vittorio Veneto all’avanguardia in campo nazionale. L’allevamento dei bachi, il lavoro in filanda e nei centri bacologici hanno riguardato la grande maggioranza della popolazione locale fino a un passato recente. Il Museo restituisce alcune tracce di queste memorie personali e collettive, per raccontare alle nuove generazioni e ai visitatori esterni il complesso mondo agricolo, industriale, scientifico e sociale che per lungo tempo è ruotato attorno a questo insetto così utile.

L’ambiente naturale vittorieseMuseo del baco da seta

L’industria bacologica vittoriese è stata sicuramente avvantaggiata dalle condizioni ambientali particolarmente favorevoli per l’allevamento del baco da seta e per la gelsicoltura. Il territorio collinare esposto a mezzogiorno e con declivi lievi è caratterizzato da un clima mite, senza nebbie e da una piovosità abbondante in primavera, quando si verifica la fogliazione del gelso. Inoltre non ci sono forti escursioni termiche, alle quali il baco è molto sensibile.Le varietà altimetriche della zona garantivano poi diversi periodi di sviluppo della foglia del gelso, consentendo di scaglionare strategicamente l’inizio degli allevamenti.

Ne derivava il grosso vantaggio di distribuire in un tempo più lungo le fasi di lavoro presso gli stabilimenti bacologici. I versanti soleggiati delle colline cenedesi permettevano, per esempio, di avviare allevamenti precoci già nella prima metà di aprile. Nelle zone montuose di Serravalle, della Valle Lapisina e dell’Alpago, la fogliazione e dunque l’allevamento del baco, iniziavano invece verso metà maggio, quasi un mese dopo.

“È cosa ormai risaputa che Vittorio è centro importantissimo di produzione di seme bachi” ‘L’Economia Nazionale’, 1929

Materiale di grande interesse, già appartenuto a privati ed a imprese che avevano operato nel campo bacologico, è stato riunito a mezzo di donazione o acquisto e ora trova collocazione ideale in una vecchia filanda, uno dei complessi industriali più consistenti e più antichi di Vittorio Veneto e attuale sede del Museo.

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StabilimentiAllevamenti rustici

Negli ultimi decenni dell’Ottocento l’urgenza di migliorare la qualità del seme bachi ha portato all’istituzione di osservatori e stabilimenti bacologici con il compito di selezionare, tramite attenti controlli e opportuni incroci, un seme più forte al fine di aumentarne la resistenza alle malattie e incrementare la quantità e la qualità della seta prodotta. Il seme bachi ottenuto tramite l’esame al microscopio delle farfalle e dunque non infetto da malattie ereditarie in particolare dalla temutissima pebrina, causa di una grave crisi del settore, era venduto agli allevatori, che così potevano contare in un risultato maggiormente certo.

La notevole diffusione dell’allevamento del baco da seta è stata favorita dalla sua perfetta compatibilità con l’assetto della campagna veneta. La gelsicoltura per esempio,fondamentale per il nutrimento dei bachi, rappresentava un innesto e non uno stravolgimento nel radicato modello produttivo basato sui cereali e sul vino. I gelsi infatti erano maritati alle viti e lo spazio intermedio tra i filari delle vigne restava libero per la cerealicoltura. Inoltre la manodopera richiesta era di facile reperibilità, potendo essere impiegati le donne, gli anziani e i bambini della famiglia che non dovevano essere pagati. Il lavoro, sia pur duro, si riduceva poi a circa 30 giorni concentrati tra aprile e giugno, periodo in cui non erano ancora iniziate le grandi fatiche agricole estive.Nel 1936 in provincia di Treviso erano 40.000 le famiglie di contadini che allevano bachi da seta; per queste i soldi ricavati dalla vendita dei bozzoli (gaéte)

costituivano il primo guadagno dopo il lungo inverno e una delle poche entrate in denaro.

Stabilimenti bacologici

Vendita bozzoliI bozzoli avevano due possibili destinazioni: la filanda o gli stabilimenti bacologici. La maggior parte dei bozzoli era condotta all’ammasso e quindi all’essiccazione per ricavarne in filanda il filo di seta. I bozzoli, provenienti dagli allevamenti da riproduzione, erano invece trasferiti negli stabilimenti bacologici specializzati nella produzione e vendita del seme-bachi. Qui, dopo una cernita, avveniva la sfarfallatura controllata e l’accoppiamento. Le famiglie degli allevatori di bozzoli da riproduzione erano scelte con particolare cura, dovendo garantire dei bozzoli con le crisalidi vive in ottime condizioni ottenute nel rispetto di prescrizioni precise.

Per allevare i bachi che nascevano dalle 20.000 uova contenute in un telaino erano necessari 2 graticci e 400 kg di foglia di gelso.

F.A.S.T. Fondo Fini

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PoliibridiFilanda

Nel 1952 è stato importato dal Giappone un primo quantitativo di seme bachi poliibrido, frutto di un innovativo filone di ricerca sviluppato seguendo gli stessi principi degli studi americani sui mais ibridi. I vantaggi in termini di produttività resi possibili dai nuovi incroci poliibridi (unione di quattro razze) hanno portato nel corso degli anni ’50 a quella che fu definita la “riconversione della bachicoltura italiana”.

I bozzoli di razze pure producono dai 500 ai 1000 metri di filo di seta

I bozzoli ottenuti incrociando le razze pure (poliibridi) producono dai 1500 ai 2000 metri di filo di seta

L’operazione della trattura (detta impropriamente filatura) consiste nel trarre dai bozzoli un filo di seta continuo e dallo spessore costante unendo più bave. Queste infatti non sono sufficientemente resistenti per essere utilizzate singolarmente. Tale operazione è rimasta un’attività di carattere domestico e ar tigianale fino alla fine del XVIII secolo, quando hanno iniziato ad essere costruiti i primi stabilimenti meccanici di filatura. A Vittorio Veneto le prime filande risalgono agli inizi dell’Ottocento.Il lavoro in filanda ha rappresentato una risorsa importante per numerose generazioni di donne. Oltre al fondamentale contributo apportato a una economia agricola di sussistenza, la vita da operaie, pur dura e faticosa, ha significato sperimentare forme nuove di socialità, rafforzando la consapevolezza della forza del mondo femminile. Entrando in filanda giovanissime, le operaie accedevano progressivamente ai diversi livelli di lavoro:

Filanda

scoatìna, ingropìna e mistra. Solo le più attente e capaci arrivavano però a questo ultimo grado di filatrice. L’ambiente interno risultava alquanto malsano. Il caldo afoso era dovuto al vapore proveniente dalle bacinelle, da cui emanava anche un caratteristico odore nauseabondo prodotto dalla macerazione nell’acqua dei bozzoli e delle crisalidi liberate dalla bava.

“No voio tredaresse, le spussa da bigati, le fa diventar mati tre ore vanti dì”

Poliibridi

Centro Genetico ed Ecologico del baco da setaIl Centro Genetico ed Ecologico del baco da seta a San Giacomo di veglia è stato istituito nel 1955 con il compito di riprodurre il seme poliibrido importato dal Giappone. Il Centro provvedeva alla selezione delle razze pure e alla loro moltiplicazione per ottenere i primi incroci. Questi erano quindi trasferiti agli stabilimenti bacologici privati, dove avveniva la preparazione delle varie combinazioni di poliibridi, da cui ricavare il seme bachi commerciale.La concorrenza delle sete asiatiche e la trasformazione della realtà agricola italiana hanno comportato la progressiva diminuzione della produzione di seme bachi, fino alla chiusura nel 1978 della struttura.

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La crisi

La crisi in Italia dell’industria bachisericola è fatta risalire ai primi anni del Novecento. Il crollo produttivo netto comincia però a par tire dagli anni ’30 del secolo scorso. Varie le cause di tale decadenza: innanzitutto la fine dell’economia agricola soppiantata dall’industrializzazione. Non si hanno più i contratti di mezzadria che costringevano di fatto i contadini ad allevare i bachi. Conseguentemente le case rurali, con i loro ampi spazi perfetti per la bachicoltura, sono state progressivamente abbandonate o ristrutturate. La seta inoltre è stata sostituita dall’introduzione sempre più massiccia nel mercato delle fibre sintetiche: più resistenti, “moderne” e soprattutto economiche. Pesante il contraccolpo all’industria bachisericola italiana causato anche dalla concorrenza della seta prodotta a basso costo dai Paesi asiatici e in par ticolare dalla Cina.Attualmente il settore risente delle problematiche dell’ambiente. Per por tare a compimento il proprio ciclo produttivo,

La crisi della bachicoltura

il baco ha bisogno di un ambiente sano, in par ticolare protetto dalla presenza di fitofarmaci che non vadano a intaccare la foglia di gelso di cui si nutre.

Europa occidentaleEuropa orientaleLevante e Asia Centrale

Italia

U.R.S.S.

Spagna

Francia

Europa occidentaleEuropa orientaleLevante e Asia Centrale

Iran

Siria - Libano

TurchiaGreciaBulgariaaltri stati

MEDIA RACCOLTI DECENNIO 1927-1936

F.A.S.T.

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Città di Vittorio VenetoMusei Civici

con il patrocinio di

Città di Vittorio VenetoMusei Civici

In collaborazionecon

Farmacie Comunali

Via della Seta n.23/6 San Giacomo di Veglia 31029 Vittorio Veneto (TV)

Tel. e fax 0438 914024e-mail: [email protected]

www.museobaco.it