M.S.G. InMovimento n°10 - Novembre -

8
La Sovranità La Sovranità La Sovranità La Sovranità appartiene ai mercati appartiene ai mercati appartiene ai mercati appartiene ai mercati di Stefano Parisi L’impero Berlusconi ha i giorni contati. Se a tenere il conto sono i mercati sembra che ne restino veramente pochi. Anche ad un occhio inesperto non può non sembrare incredibile la velocità con cui Silvio ha alzato i tacchi e se n’è andato davanti al diktat di banchieri e manager, uniti nella cro- ciata anti-berlusconiana, solo in un secondo momento cavalcata all’unisono da mondo della politica e della informazione italiana. L’unica che non mi trovo ad appoggiare, ma che devo ammettere gusto da lontano (molto) compiaciuto. Sono stato anti-berlusconiano quando l’oggetto del problema erano i tagli alla spesa pubblica, ai diritti civili degli italiani, agli sti- pendi dei lavoratori, alle speranze riposte nel futuro dai giovani. Ho visto un anno fa il Governo avere abba- stanza soldi da pagare gli Scilipoti, rimpiazzare i voti del Fini fuggitivo con nuovi peones e tenere botta anche di fronte un popolo incaz- zato, con Roma messa a ferro e fuoco da gio- vani che avevano imboccato un percorso an- che di lotta, perché no? Di fronte alla tracotante boria dei dittatori si distingue a malapena il disgusto dalla rabbia e tutto potrebbe diventare legittimo per chi sente di non avere niente da perdere. Ma ancora una volta ritratti in noi stessi e fru- strate le ambizioni di cambiamento siamo tor- nati a credere, durante quest anno, che ser- visse una strada più democratica, più convin- cente per chi sente che la violenza non è un linguaggio gradevole e convincente e per chi, come l’uomo della strada, assiste spesso atto- nito di fronte alle notizie sempre parziali che gli vengono preparate e reagisce male agli scatti d’orgoglio, a cui lui per primo ha rinun- ciato. (Continua a pagina 2) Il diritto della burocrazia Il diritto della burocrazia Il diritto della burocrazia Il diritto della burocrazia imbrigliato nella burocrazia imbrigliato nella burocrazia imbrigliato nella burocrazia imbrigliato nella burocrazia di Valentino Coppola Che il diritto amministrativo sia una materia dalla disciplina eterogenea, spesso confusa, ricca di piccoli dettagli che rendono l'attività burocratica tutt'altro che rapida, economica ed efficiente, possono intuirlo anche gli studenti di primo anno. Ma immagina- re che il caos tipico di questo ramo dell'ordinamento coinvolgesse addirit- tura la cattedra della materia stessa a tal punto da essere ancora vacante, penso che pochi studenti potevano immaginarselo. Ma andiamo con ordine. Fin dall'anno scorso gli studenti del corso M-Z, come se di disgrazie non ne avessero già abbastanza, si ritrovano con l'ango- sciante spada di Damocle: un docente di diritto amministrativo, il prof. Mario Savino, competente e preparato, che suscita entusiasmi in tutta la popola- zione studentesca per il suo approccio didattico, ma con l'irritante difetto di essere a Catania “a tempo determina- to”. Da un lato le voci di un fantomati- co ricorso del precedente titolare della cattedra, il professor Sambataro, dall'altro l'incertezza sulla permanenza del prof. Savino rendono incerta la situazione dell'insegnamento per mesi. (Continua a pagina 2) Novembre 2011 N.10 MENSILE del Movimento Studentesco Giurisprudenza - Stampato in proprio COURSES IN ENGLISH di Valentina Spallino Pag. 4. ITALIAE SUMMUM MALUM di Daniele Scuderi Pag. 5 15 OTTOBRE.QUELLO CHE È SUCCESSO A ROMA E IN CHE SENSO SBILANCIARSI di Vincenzo Rosa Pag. 6 Pag. 1 In Movimento Novembre N°10 (autore Sondron - Belgio) Visita il nostro sito Msgcatania.altervista.org Dove puoi trovare tantissime info sulla facoltà, sul post-laurea, sui programmi didattici e inoltre i precedenti numeri di “In Movimento”. Puoi contattarci anche tramite FB cercando “Movimento studentesco Giurisprudenza Catania” Ci riuniamo ogni Mercoledì alle ore 15.00 a villa Cerami NOEL GALLAGHER’S HIGH FLYING BIRDS di Giuseppe Andrea Rapisarda Pag. 8 Valentino Coppola , rappresentante del M.S.G. da Novembre. Em@il: [email protected]

description

Movimento Studentesco Giurisprudenza - Catania - mensile della facoltà -

Transcript of M.S.G. InMovimento n°10 - Novembre -

Page 1: M.S.G. InMovimento n°10 - Novembre -

La SovranitàLa SovranitàLa SovranitàLa Sovranità appartiene ai mercatiappartiene ai mercatiappartiene ai mercatiappartiene ai mercati

di Stefano Parisi

L’impero Berlusconi ha i giorni contati. Se a tenere il conto sono i mercati sembra che ne restino veramente pochi. Anche ad un occhio inesperto non può non sembrare incredibile la velocità con cui Silvio ha alzato i tacchi e se n’è andato davanti al diktat di banchieri e manager, uniti nella cro-ciata anti-berlusconiana, solo in un secondo momento cavalcata all’unisono da mondo della politica e della informazione italiana. L’unica che non mi trovo ad appoggiare, ma che devo ammettere gusto da lontano (molto) compiaciuto. Sono stato anti-berlusconiano quando l’oggetto del problema erano i tagli alla spesa pubblica, ai diritti civili degli italiani, agli sti-pendi dei lavoratori, alle speranze riposte nel futuro dai giovani. Ho visto un anno fa il Governo avere abba-stanza soldi da pagare gli Scilipoti, rimpiazzare i voti del Fini fuggitivo con nuovi peones e tenere botta anche di fronte un popolo incaz-zato, con Roma messa a ferro e fuoco da gio-vani che avevano imboccato un percorso an-che di lotta, perché no? Di fronte alla tracotante boria dei dittatori si distingue a malapena il disgusto dalla rabbia e tutto potrebbe diventare legittimo per chi sente di non avere niente da perdere. Ma ancora una volta ritratti in noi stessi e fru-strate le ambizioni di cambiamento siamo tor-nati a credere, durante quest anno, che ser-visse una strada più democratica, più convin-cente per chi sente che la violenza non è un linguaggio gradevole e convincente e per chi, come l’uomo della strada, assiste spesso atto-nito di fronte alle notizie sempre parziali che gli vengono preparate e reagisce male agli scatti d’orgoglio, a cui lui per primo ha rinun-ciato.

(Continua a pagina 2)

Il diritto della burocraziaIl diritto della burocraziaIl diritto della burocraziaIl diritto della burocrazia imbrigliato nella burocraziaimbrigliato nella burocraziaimbrigliato nella burocraziaimbrigliato nella burocrazia

di Valentino Coppola

Che il diritto amministrativo sia una materia dalla disciplina eterogenea, spesso confusa, ricca di piccoli dettagli che rendono l'attività burocratica tutt'altro che rapida, economica ed efficiente, possono intuirlo anche gli studenti di primo anno. Ma immagina-re che il caos tipico di questo ramo dell'ordinamento coinvolgesse addirit-tura la cattedra della materia stessa a tal punto da essere ancora vacante, penso che pochi studenti potevano immaginarselo. Ma andiamo con ordine. Fin dall'anno scorso gli studenti del corso M-Z, come se di disgrazie non ne avessero già abbastanza, si ritrovano con l'ango-sciante spada di Damocle: un docente di diritto amministrativo, il prof. Mario Savino, competente e preparato, che suscita entusiasmi in tutta la popola-zione studentesca per il suo approccio didattico, ma con l'irritante difetto di essere a Catania “a tempo determina-to”. Da un lato le voci di un fantomati-co ricorso del precedente titolare della cattedra, il professor Sambataro, dall'altro l'incertezza sulla permanenza del prof. Savino rendono incerta la situazione dell'insegnamento per mesi.

(Continua a pagina 2)

Novembre 2011 N.10

MENSILE del Movimento Studentesco Giurisprudenza - Stampato in proprio

COURSES IN ENGLISH

di Valentina Spallino

Pag. 4. ITALIAE SUMMUM MALUM

di Daniele Scuderi Pag. 5

15 OTTOBRE.QUELLO CHE È

SUCCESSO A ROMA E IN CHE

SENSO SBILANCIARSI

di Vincenzo Rosa Pag. 6

Pag. 1 In Movimento Novembre N°10

(autore Sondron - Belgio)

Visita il nostro sito

Msgcatania.altervista.org Dove puoi trovare tantissime info

sulla facoltà, sul post-laurea, sui

programmi didattici e inoltre

i precedenti numeri di

“In Movimento”.

Puoi contattarci anche tramite FB

cercando

“Movimento studentesco

Giurisprudenza Catania”

Ci riuniamo ogni Mercoledì alle ore

15.00 a villa Cerami

NOEL GALLAGHER’S

HIGH FLYING BIRDS di Giuseppe Andrea Rapisarda Pag. 8

Valentino Coppola, rappresentante del M.S.G. da Novembre.

Em@il: [email protected]

Page 2: M.S.G. InMovimento n°10 - Novembre -

Novembre 2011, ad un anno da allora e a differenza dei precedenti autunni, stavolta non è il popolo a protestare ma sono i finan-zieri a fare la voce grossa, mentre i tedeschi arricchiti dalla corsa pazza dei loro Bund (i famosi termini di paragone dei Btp, che per questo costituiscono attualmente per i tra-der l’investimento più sicuro, quanto il più costoso perché ricercatissimo) e gli america-ni, i cui titoli di stato “Treasury” stanno be-neficiando della crisi europea, se la ridono alle spalle del Berlusca che ormai “sfiduciato dai mercati” sente di dover lasciare. Capite dove sta il problema? Silvio non va via perché ha avuto dei rapporti sessuali con una minorenne; non va via perché aveva fatto delle cariche pubbliche italiane, rappresentative e non, il covo di meteorine, zoccoline e veline; non va via perché la sua maggioranza ha reputato credibile che per lui Ruby fosse la nipote di Mubarak; non va via perché ha corrotto Mills; non va via perché controlla le tre reti della RAI attraverso un’informazione capillarmen-te parziale e faziosa nella sua rete di punta e contemporaneamente ha tre televisioni pri-vate e una decina di testate giornalistiche; non va via perché è sfiduciato dal popolo italiano che negli ultimi dieci anni ha fatto di tutto per fargli capire che l’orlo era ormai colmo e che non si poteva continuare a ta-gliare sullo stato sociale, sulla cultura, sull’istruzione, sulla sanità ecc.. non va via perché i ragazzi di tutta Italia la-sciano da anni la propria terra perché non c’è lavoro e non ci sono prospettive valide e margini di miglioramento in cui credere. Berlusconi va via perché chi investe ha deci-so all’improvviso che il premier ha fatto il suo tempo, per cui il debito altissimo del nostro stato deve iniziare a pesare di più, per condizionare la politica del nostro paese e stabilire una volta per tutte che Berlusconi deve andar via. La cosa che mi fa più paura è che “il merca-to”, questi speculatori per intenderci, così magnanimi che ci leveranno Berlusconi, han-no deciso di agire solo adesso e soprattutto, dato che sono così condizionanti per la poli-tica del nostro paese, su chi punteranno? Qual è il futuro che vogliono per noi? Cioè Berlusconi non andava bene a loro e a noi, lo hanno fatto fuori loro, ci può stare a tutti bene. Ma dopo?

La SovranitàLa SovranitàLa SovranitàLa Sovranità appartiene ai mercatiappartiene ai mercatiappartiene ai mercatiappartiene ai mercati

di Stefano Parisi (Continua da pagina 1)

Pag. 2 In Movimento Novembre N°10

Pag. 2 In Movimento Novembre N°10

A giudicare dal tempo che ci hanno messo a fermare Berlusconi e i motivi occulti che avrebbero portato a questo strappo, che non sono affatto gli stessi che motivano le proteste degli indignati e degli incazzati, ho paura che di tutta questa faccenda sia chiara solo l’influenza un po’ antidemo-cratica sulla nostra politica interna, che questa vicenda lascia intravedere. Io sapevo che il governo di uno stato na-sce e crolla sul rispetto della rappresenta-tività del voto democratico popolare, il cui garante è il Presidente della Repubblica. Qui però mi sembra che lo Spread sia più importante della volontà popolare, delle modalità con cui i giovani tentano costan-temente di rinsaldarla, delle sue manife-stazioni in cortei, digiuni e purtroppo an-che suicidi per indigenza. E chi fa salire lo Spread operando in borsa su larga scala diventa il punto di riferimen-to di un Governo, di un Parlamento, dei Media e il tutto in barba alle esigenze e agli interessi del popolo che in questo ventennio non ha certo ottenuto alcun aiuto da parte di speculatori di buon cuo-re. Non voglio essere pessimista, ma un Ber-lusconi che se ne va così è una sconfitta, dopo le incalcolabili opportunità che ha dato a questo popolo per sollevarsi in un moto d’orgoglio, non dico tanto in una rivoluzione, quanto in un sussulto demo-cratico che riuscisse ad opporre un model-lo sociale, culturale, economico e politico diverso e migliore del berlusconismo, tan-to da convincere a tornare anche gli italia-ni all’estero. Purtroppo proprio questo tipo di fine per un personaggio quale è stato Berlusconi, che solo noi italiani sappiamo quanto a caro prezzo abbiamo pagato e paghere-mo , è segno dei tempi, non solo presenti ma anche presagio del futuro, di ciò che verrà e il modo in cui lo affronteremo. Se ci chineremo a subire supinamente ciò che l’ordine mondiale di buon cuore vuole per noi o se sapremo riprenderci le nostre vite e solo di conseguenza il governo del nostro paese, rivalutando l’importanza di essere coscienti e vigili della realtà che ci circonda. Altrimenti il futuro articolo 1 della nostra costituzione credo reciterà: “La sovranità appartiene ai mercati, che la esercitano nei limiti dello spread BTP/BUND”, almeno così tutto tornerebbe ad avere un senso, anche politico.

E la situazione da giugno a ottobre è drastica-mente peggiorata: non sono state avviate le lezioni, non è stato indicato il programma, non è stata neppure assegnata la cattedra, fino al 3 novembre! Insomma, nel caos più totale avviene il paradosso dei paradossi: uno degli insegnamenti più importanti del quarto anno non è attivo, con danno incalcolabile per gli studenti, in barba a qualsiasi principio che vorrebbe far corrispondere al pagamento di tasse tutt'altro che economiche l'erogazio-ne di servizi. Ebbene, la situazione si è fina-mente sbloccata. Abbiamo parlato con il personale dei servizi didattici, in modo costante e pressante, con i consiglieri di facoltà, con chiunque potesse darci notizie e rispondere alle tantissime do-mande che ci vengono poste quotidianamen-te dai nostri colleghi. Le risposte purtroppo sono state avvolte da un'aurea di imbarazzan-te incertezza, come tutta la vicenda. Final-mente però possiamo cominciare a dare delle risposte valide e certe. Di seguito ecco le do-mande che abbiamo posto per voi e le rispo-ste: -Perchè innanzitutto la Facoltà si è mossa

così tardi? A detta dei servizi didattici, la Facoltà si sa-rebbe mossa già da giugno, ma ci sono stati problemi per individuare la normativa sulla nomina dei docenti applicabile, visto che la “riforma Gelmini” ha cambiato tutta la proce-dura ma la normativa transitoria è tutt'altro che chiara. Così è stato richiesta al Ministero una nota interpretativa, o quanto meno un'indicazione di indirizzo su come muoversi, visto che il decreto ministeriale previsto nella riforma tarda ad essere emanato. Il Consiglio di Facoltà tenutosi lo scorso ottobre ha poi chiarito le modalità di selezione del nuovo docente: sarà emanato un bando della durata di 7 (secondo alcuni 15) giorni.

Il diritto della burocraziaIl diritto della burocraziaIl diritto della burocraziaIl diritto della burocrazia imbrigliato nella burocraziaimbrigliato nella burocraziaimbrigliato nella burocraziaimbrigliato nella burocrazia

di Valentino Coppola (Continua da pagina 1)

Page 3: M.S.G. InMovimento n°10 - Novembre -

Pag. 3 In Movimento Novembre N°10

Pag. 3 In Movimento Novembre N°10

Adesso si può dare la notizia ufficiale, per-chè il programma è apparso online. Il nuo-vo programma (che prevede per la secon-da parte ora anche il testo di “Giustizia Amministrativa” di Travi, già adottato nel corso A-L, si utilizzerà solo per gli esami a partire da giugno. L'intenzione dei servizi didattici era quella comunque di individua-re con il Preside ed il nuovo titolare della cattedra una soluzione che tuteli il più pos-sibile gli studenti, che non hanno alcuna responsabilità sulla situazione (meno male che se ne sono accorti! Considerato che qualsiasi cambiamento in questa facoltà in un modo o nell'altro ci danneggia, siamo quasi stupiti). Alla fine pare che la soluzio-ne della riconferma del prof.Savino abbia fugato tutti i dubbi. -Cosa succede a chi sta preparando la tesi

di laurea in diritto amministrativo?

Questa domanda, dopo la riconferma del professore, non avrebbe molto senso, però insieriamo lo stesso la risposta che ci è stata data, perchè è la “regola” generale: normalmente, quando vi è una successio-ne nella cattedra, i tesisti continuano a lavorare col proprio professore e a cambia-re è il solo relatore. Coloro che avevano avviato la tesi con il prof. Savino avrebbero dovuto quindi chiedergli di poter prosegui-re con lui il lavoro (sempre se riuscivano a trovarlo, personalmente per giorni ho cer-cato di parlare con lui per ulteriori chiari-menti ma era irreperibile). In conclusione e al di là dei torni sarcastici, è veramente incredibile la situazione. A parte il paradossale disordine amministra-tivo per un insegnamento che nei testi indica tutt'altri obiettivi. Trasparenza e chiarezza dei procedimenti per gli utenti sono stati tutt'altro che presenti in questa vicenda. C'è poco da ridere, se agli studen-ti del corso M-Z non è stato assicurato per un mese il diritto allo studio allo stesso modo degli studenti del corso A-L, doven-do affrontare il quarto anno con la sensa-zione di precarietà e disorientamento che lascia la non assegnazione della cattedra. Non sapere quando iniziare a studiare, quali libri adottare, in una facoltà dove anche l'esame con il minor numero di cre-diti può rivelarsi a volte fonte inesauribile di angoscia e preoccupazione, per non parlare che, in questo stato di perenne ansia in balia del quale siamo lasciati, abi-tuati a dover temere conseguenze negati-ve anche da eventi su cui non possiamo certo incidere in alcun modo. È incredibile

essere alla mercè delle lungaggini del Rettore (una procedura, come detto so-pra, avviata a giugno: per sostituire un professore, o meglio per una semplice riconferma, servono 5 mesi?) e del caos derivante da una riforma dell'Università poco chiara e priva di decreti attuativi. È inaccettabile questa confusione, ed è comprensibile la rabbia che molti studen-ti hanno scatenato sul forum della facoltà anche contro i propri rappresentanti, che però oggettivamente non hanno alcun potere decisionale sulla vicenda. Come succede spesso in questa facoltà, l'esito della vicenda è un “tutto è bene quel che finisce bene”, sembra tutto tor-nato nella norma. Ma questa logica e-mergenziale, per la quale ringraziamo il tutt'altro che tempestivo intervento riso-lutore, non ci appartiene. La riconferma del prof.Savino non è una bacchetta ma-gica con la quale dimentichiamo i mesi di incertezze e di confusione generale, anzi la vicenda dovrebbe proprio essere da monito per evitare ulteriori situazioni di questo tipo. Il Movimento Studentesco Giurisprudenza continuerà a monitorare questo e tutti gli altri “casi in sospeso”, a informarsi, ad informare, come ha fatto finora. Qualora dovessero giungere an-che solo le voci che forse ci saranno deci-sioni potenzialmente dannose gli studenti (come se già non fosse un enorme danno il non poter frequentare le lezioni e non poter sapere da inizio anno chi sia il pro-prio docente, in barba al concetto di “servizio pubblico”), saremo dietro la porta del Preside e dei Servizi Didattici, pronti a chiedere chiarimenti e ad alzare la voce. Solo, gradiremmo non farlo da soli, visto che è interesse di tutti!

In mancanza di candidature, si procederà a nomina interna di un professore già appar-tenente all'organico della facoltà. I rappre-sentanti degli studenti, alquanto perplessi, ricevono una data indicativa: 20 ottobre. Non si comprende se sia la data di emissio-ne del bando, o addirittura di scadenza, ma del resto quel giorno non è successo proprio nulla. Così mi sono recato ai servizi didattici, che hanno risposto che si attende l'emanazione del bando da parte del Ret-tore. Finalmente appare in data 2 novem-bre la comunicazione ufficiale dell'avvio delle lezioni, e i servizi didattici possono confermare che anche quest'anno il do-cente sarà il prof. Savino. -Considerato l'obbligo di frequenza per gli

studenti fuoricorso, per poter sostenere

la prova in itinere, come si comporterà il

docente eventualmente nominato, dato

che il corso non è ancora partito?

Il corso, è iniziato solo il 3 novembre, e non sembra credibile l'imposizione dell'ob-bligo di frequenza per i non frequentati, visto che verosimilmente il corso sarà te-nuto in un numero minore di ore, ma è rimesso al professore decidere, quindi sarà lui a decidere se permettere il libero acces-so per la prova in itinere o limitare la fre-quenza considerata alle sole lezioni effetti-ve. Qualche giorno fa i servizi didattici di-cevano che si sta cercando di assicurare la possibilità di sostenere la prova in itinere per tutti gli studenti (non si capisce cosa dovrebbe impedirlo loro: il veto di qualche professore irritato da tanta clemenza? Qualche comma sperduto che si ribella alla concessione di questa grazia sovrana? Ep-pure i “forse” sono tutti d'obbligo). -Quale sarà il programma d'esami per

gennaio, febbraio e marzo?

Anche qui, senza sbilanciarsi mai, i servizi didattici erano convinti convinti che il pro-gramma per la sessione invernale sarà quello che utilizzava il prof. Savino (ma non specificavano molto sulle modalità d'esa-

Page 4: M.S.G. InMovimento n°10 - Novembre -

Pag. 4 In Movimento Novembre N°10

Pag. 4 In Movimento Novembre N°10

Courses in EnglishCourses in EnglishCourses in EnglishCourses in English di Valentina Spallino

-Comparative criminal procedure

-European contract law

-European intellectual property law

-Selected topics in international criminal

law

-International judical cooperation in criminal

matters

-Legal theory

-Public policies

-Selected topics in public international law

-Sovereignty in roman law Fra la materie opzionali non professionaliz-zanti (7 crediti) la facoltà ci da la possibilità di scegliere questi corsi. Sono corsi pensati e sviluppati a seguito della normativa europea, per facilitare gli studenti in erasmus e (soprattutto) far sì che la nostra facoltà non sia tagliata fuori dal circuito erasmus appun-to perchè questo funziona a "condizioni di reciprocità". Tenete in considerazione che non tutti i corsi che vedete partono ogni anno; ognuno verrà attivato o meno in base al numero di iscritti, ma sarebbe un peccato farli chiudere. Perchè sceglierli? Varie ragioni: è importante provare a de-streggiarsi in "discussioni giuridiche" in ingle-se; (non vi ricapiterà in altre materie, nem-meno nell'inglese giuridico, che non ha nien-te a che fare con questi corsi); si ha la possi-bilità di confrontarsi con il professore e i col-leghi senza usare l'italiano; i malintesi che potrebbero instaurarsi saranno molto diver-tenti! La didattica: di solito i corsi saranno tenuti dagli assistenti, la frequenza non è obbligato-ria, ma (opinione personale) il bello è appun-to frequentare le lezioni, che non hanno nul-la a che vedere con le lezioni frontali di quasi tutte le nostre materie ma sono piuttosto "lezioni circolari" in cui, dato il basso numero di iscritti, è facile dialogare e confrontarsi (sempre sforzandosi di usare l'inglese, o i gesti, o quel che meglio riesce a "rendere

l'idea" di ciò che si vuole dire) I libri: li trovate elencati in ogni materia...ma non abbiate fretta a comprarli, aspettate che il professore vi indichi di preciso quale pren-dere, o vi dia i suoi appunti (molto più utili di libri di testo dispersivi e con gli argomenti esatti che avrete trattato a lezione) L'esame: di solito è scritto, e si tratta di un breve tema o delle risposte aperte a doman-de (molto generali). il tutto, ovviamente, sempre in inglese. COME SCEGLIERLI: come una qualsiasi altra opzionale...(attenzione alla probabili prope-deuticità richieste) andate su piano di studi, cliccate su modifica e poi fate la vostra scel-ta. nota bene: penso personalmente che sia importante andare alla prima lezione, alme-no per verificare se il corso parte o meno (o mandare una mail al professore di riferimen-to). La domanda che molti di voi faranno "ma se scelgo una materia che poi non parte che succede?" purtroppo non ha soluzione alle nostre conoscenze attuali. In teoria potete provare a chiedere in segreteria, ma per aggi-rare l'ostacolo magari prima di confermare nel piano di studi mandate una mail al pro-fessore della materia che volete scegliere che più o meno saprà dirvi se si prevedono iscritti o meno. Spero di essere stata esauriente ma soprat-tutto di essere riuscita a comunicarvi quanto penso sia importante sforzarci di sfruttare le (poche) opportunità di innovazione e "apertura europea" che la facoltà ci mette a disposizione.

Professore di Patologia: – Lei ha una qual-

che ambizione? Studente: – Ma… non… Professore (in modo incalzante): – E Allora

vada via… Se ne vada dall’Italia, lasci l’Italia finché è in tempo. Cosa vuole

fare: il chirurgo? Studente: – Non lo so, non ho ancora deci-

so… Professore: – Qualsiasi cosa decida, vada a

studiare a Londra, a Parigi! Vada in America, se ha le possibilità. Ma

lasci questo Paese. L’Italia è un Paese da distruggere; un posto

bello e inutile, destinato a morire… Studente: – Cioè secondo lei tra un poco ci

sarà un’apocalisse? Professore: – Magari ci fosse, almeno sa-

remmo tutti costretti a ricostruire. Invece qui rimane tutto immobile, uguale,

in mano ai dinosauri. Dia retta, vada via… (dal film “La migliore Gioventù”)

Volantini in mano ed una marea di giovani potenziali matricole fino a pochi minuti prima chini sul test d’accesso alla nostra facoltà . Uscivano da quell’enorme portone, come fossero stati rigurgitati da un mostro. L’M.S.G. quel giorno era lì a distribuire quei flyer, chiamiamoli “di presentazione”, con i nostri contatti e con l’intenzione di dare un primo benvenuto. Eppure, l’unica cosa che io avevo in mente era proprio quel dialogo tratto dal film “La migliore gioventù”, quelle parole: “Lasci l’Italia finchè è in tempo... l’Italia è un paese da distruggere.” Italia ...Italia… Italia. Più ripetevo quel nome più si riempiva e svuotava di significati e aspettative. Andare all’estero, andare al nord, andare via! Intanto, con i volantini in mano, cercavamo lo sguardo delle matricole, le parole giuste per comunicare con loro. Nel frattempo la mente divagava. Andare via diventa un problema quando non è più una libera scelta, ma una condi-zione imposta, quasi la sola prospettiva reale in un’ Italia troppo precaria (giusto?!). Ma soprattutto, se andiamo via, chi resterà a distruggere e ricostruire? Se oggi sono qui tra matricole e volantini, infondo non fa che riemergere quella parte di me che odia quel vecchio professore, ma soprattutto odia la gente che ci consiglia di andare via, persone complici e vittime di questo malessere collettivo, siciliano e non

L’Italia, L’Italia, L’Italia, L’Italia, un paese da distruggere?un paese da distruggere?un paese da distruggere?un paese da distruggere? di Laura Montante, Valentina

Spallino, Ste P.

Page 5: M.S.G. InMovimento n°10 - Novembre -

Pag. 5 In Movimento Novembre N°10

Pag. 5 In Movimento Novembre N°10

Italiae summum Italiae summum Italiae summum Italiae summum malummalummalummalum

di Daniele Scuderi

solo. C’è stato un tempo in cui anche io ho reputato giusto non intraprendere battaglie perse contro vecchi dinosauri e andare via o adattarmi! Ora invece mi fa ribrezzo il fatto che la parola chiave di questo nuovo secolo sembri essere “adattamento”. Ci adattiamo a degli studi in cui i professori spesso sono distanti ed autoritari, gli insegna-menti sembrano astratti e lontani persino dalla pratica professionale, gli esami sembrano più “chi vuol essere milionario” o un qualsiasi altro gioco mnemonico. Ci adattiamo ad un lavoro, spesso sottopagato, in cui risulta difficile realizzarsi per i numerosi ostacoli che ci pone chi già esercita la professio-ne e ha dimenticato come si stava, o semplice-mente chi insegue il profitto e non può permet-tersi di far star bene qualcuno oltre a sé. Ci adattiamo a vivere “chissà dove” per insegui-re studi lontani e lavori remoti. Ci adattiamo a vivere in nome di ideali che non sempre condividiamo, pian piano ci mettiamo da parte e abbandoniamo l’idea di vivere dove siamo cresciuti, con chi vogliamo bene da una vita, a contatto magari con quella famiglia un po’ stressante ma solo per l’apprensione che genera la lontananza di un/a figlio/a. Siamo educati con modelli che ormai risultano inapplicabili nella vita di tutti i giorni, perché forse niente di ciò che è appartenuto alla vita dei nostri genitori potrà essere ripercorso da noi, è difficile da accettare, ma bisogna adattar-si. Io non voglio adattarmi,io voglio scegliere! Io voglio una società che non frustri ogni aspet-tativa giovanile e che ci dia l’opportunità di rea-lizzare qualche ambizione affettiva, lavorativa e magari creativa. Passa il tempo e la zona ciminiere si svuota; osservo, fra la folla che sciama via, dei ragazzi che hanno ancora il volantino in mano, si avvici-nano, sorridono, ci dicono, “vi cercavamo!” Penso, “Forse non è tutto perduto, ecco il moti-vo del mio essere qui!” La mia confusione, disillusione, rabbia e voglia di abbattere i vecchi dinosauri di questo paese incontra una confusione, disillusione, rabbia forse più acerba, meno provata dai travagli uni-versitari, ma con la stessa consapevolezza di voler affrontare una sfida che più è difficile più si godrà nel combatterla e vincerla!

Quante manovre finanziarie pensate da questo governo Berlusconi, manovre da capogiro e capogiri di manovre. Tutte beatamente non definitive! Han-no invaso qualsiasi campo, spaziato su ogni possibile spesa (da recidere ovvia-mente), passando dalla demolizione delle amministrazioni territoriali del nostro sistema avviata tagliando i fondi ai Comuni e (solo) progettando l’abolizione delle province, fino a sca-gliarsi contro i più ricchi innalzando il livello della tassazione e su questo nul-la da dire. Ma sindaci e zii paperoni sono scesi in piazza a lamentarsi contro provvedimenti a loro parere improvvi-damente presi, scatenando in tal modo l’ennesima retromarcia del governo. E poi via a un’altra sfilza di tagli esaspe-rati all’istruzione e alla ricerca, esaspe-razione che arriva a sfiorare persino le Politiche previdenziali, fortunatamente ancora reduci da questo linciaggio solo grazie a motivi legati alla permanenza in carica del Presidente del Consiglio. Non sanno davvero più dove sbattere la testa. Ma alta resta la difesa dei vita-lizi e dei costi della politica, dei privilegi della casta, dei capricci dei potenti. Storia vecchia, forse digerita dal popolo

italiano, quasi impotente, privato

dall’arma della democrazia, della rap-

presentanza, un popolo dalle menti

annebbiate a causa della confusione

creata dai media, i quali, se non na-

scondono o mascherano di tesi sorrisi

realtà struggenti, introducono termini

tecnici di economia e finanza che la-

sciano la stragrande maggioranza dei

seguaci dei Tg con i visi attoniti alla fine

delle edizioni, quasi a voler filtrare,

indubbiamente non per facilitarci la

comprensione, una realtà che oramai

non ha più segreti, una realtà la cui

pesantezza è percepibile già nell’aria

che respiriamo. Ciò spiega perché que-

sta melma viene fuori adesso, quando

invece il New York Times già più di un

anno fa aveva previsto che dopo la

Grecia sarebbe toccato all’Italia.

Nonostante tutto, la situazione allar-

mante in cui versa quel che un tempo

veniva definito eufemisticamente il

“Bel Paese” resta invariata e i provve-

menti del governo, parte di una manovrra che sino all’ultimo doveva essere degna di nota e invece si è rivelata essere un maxi emendamento (la classica montagna che partorisce un topolino), portati al G20 pochi giorni fa si sono rivelati assolutamente inade-guati. A variare è invece la credibilità del mercato italiano che diminuisce ogni giorno di più. Siamo stati commissariati dall’unione europea, derisi dai capi di stato delle maggio-ri potenze mondiali e tutto ciò a causa di un governo inefficiente e incapace, troppo sotto pressione forse per colpa della “Magistratura di Sinistra” e non di certo per problemi legati alla legalità e alla giustizia. Pertanto, tornan-do a noi, lo spread di cui tanto sentiamo par-lare, che nella cronaca dei mercati indica lo scarto tra il Bund tedesco (l’emissione più solida d’Europa) e i titoli di stato dei paesi con maggior probabilità di insolvenza, au-menta compromettendo di conseguenza il giudizio di solvibilità (rating) del nostro paese il cui debito pubblico, che non è nostro, ma che noi e le generazioni future dobbiamo comunque estinguere, aumenta drastica-mente insieme alla difficoltà di emettere nuovi debiti, all’impossibilità di una reale crescita del paese e della domanda di lavoro. È chiaro dunque che tutto ruota attorno ad

una politica imperniata sull’economia e i

soggetti da tutelare, che un tempo erano gli

uomini adesso invece ridotti a meri finanzia-

tori, sono le banche. Del resto non si potreb-

be fare altrimenti, l’Europa necessita di ga-

ranzie e noi dobbiamo dargliele. Avremmo

solo bisogno di gente più motivata e spinta

da un amore cieco verso il bene del paese

piuttosto che da tornaconti personali e ga-

rantismi di libertà. Sentiamo la necessità di

avere politici che prendano in seria conside-

razione le tragiche conseguenze causate

dalla loro incompetenza. Invece per quel che

ci riguarda saremo noi a sbatterci la testa in

ogniddove per far fronte alla crisi e per poter

sopravvivere, mentre il nostro governo va

avanti boccheggiando, tenuto in vita da una

folle compartecipazione di Scilipoti e dei suoi

adepti. Ma quello che più mi inquieta è che

qualcuno ha il barbaro coraggio di chiamarli

“responsabili”.

Page 6: M.S.G. InMovimento n°10 - Novembre -

Pag. 6 In Movimento Novembre N°10

Pag. 6 In Movimento Novembre N°10

Sembra davvero strano scrivere qualcosa riguardo gli avvenimenti di questo 15 otto-bre. Sembra strano perchè si deve tentare di contenere all'interno di un foglio a4 tutti i fatti, le immagini, le urla e le esplo-sioni del corteo di ieri che vorticosamente mi rimbombano nella testa, provando a spiegare la cronologia di come un corteo numerosissimo oltre qualsiasi previsione e con precise rivendicazioni politiche e so-ciali, si sia trasformato in uno scenario di guerriglia urbana, di totale devastazione, con auto bruciate, vetrine infrante e teste spaccate dalla polizia.

Su tutti i telegiornali e su tutti i media non si parla d'altro che di devastazione e scon-tri: solite immagini di ragazzi col volto co-perto che lanciano sampietrini, che divel-gono tombini e segnaletica stradale, solite immagini di camionette che girano impaz-zite su se stesse e di cariche violente e disordinate delle forze dell'ordine. Non una parola sul mezzo milione di persone di ogni età ed estrazione sociale che, racco-gliendo l'appello degli indignados spagnoli, sono scesi in piazza al grido di "united for global change". Una manifestazione che ha raccolto e coinvolto centinaia di mi-gliaia di persone senza distinguerle dal punto di vista dell'appartenenza ad un'as-sociazione o ad un partito, piuttosto che ad un sindacato o ad un altro, senza con-tare i semplici cittadini e cittadine senza tessera e senza vessilli. Una piattaforma larghissima che aveva come parole d'ordi-ne il rifiuto dell'attuale sistema economico basato sullo strapotere di banche e specu-latori, sull'asservimento dei governi nazio-nali alle logiche puramente finanziarie di Bce e agenzie di rating, che hanno portato in vent'anni di finanziarizzazione dell'eco-nomia allo smantellamento dello stato sociale e dei servizi pubblici. La volontà di portare in piazza un'alternativa all'esisten-te, dove la persona umana e i suoi diritti vengono posti al centro della politica insie-me ad un nuovo modello di sviluppo costi-tuito dai beni comuni e dal ritorno alla proprietà pubblica. Mesi di mobilitazione in tutte le città e in tutti i territori, analisi e proposte comuni, hanno condotto all'im-mensa concentrazione di persone a Roma,

come in tutte le capitali di mezzo mondo. Anche se vi è stata la solita girandola di cifre e stime, l'appuntamento italiano è stato il più partecipato di tutta Europa. Tutti i ragionamenti del giorno dopo, tutte le dichiarazioni dei vari leaders politici, tut-te le trasmissioni degli esperti in tv, tutta l'attenzione dei cibernauti della rete, si sono concentrati solo sugli scontri con la polizia delle “frange nere”. Un universo politico impossibile da definire con preci-sione. Inutili e semplicisti i tentativi di far rivivere vecchi spauracchi come i black blocks o definirli riduttivamente anarchici: quelli vestiti di nero che sabato hanno dato vita agli scontri in piazza erano una compo-sta pletora che vedeva al suo interno di tutto, anarco-insurrezionalisti, centri socia-li, disobbedienti. C'è chi parla anche di ul-tras ed operai. Sicuramente -anche tra di loro- tanti figli di questa crisi economica. Hanno deciso di portare la loro indignazio-ne in piazza, con le modalità che tutti ab-biamo potuto vedere. Con quella organizza-ta violenza contro lo stato e le sue istituzio-ni che ha probabilmente portato alla defini-tiva rottura con “l'altro” movimento, quell'immenso popolo dalle lunghe pro-spettive che ieri, 15 ottobre, aveva deciso di iniziare un nuovo percorso politico. Ma andiamo con ordine. Piazzale Aldo Moro, antistante la Sapienza. Studenti e studen-tesse da tutte le parti d'Italia e appartenen-ti a tutti i network, collettivi ed associazioni che da due anni ormai affrontano e com-battono i tagli su scuola e università, si pre-parano a partire uniti verso piazza della Repubblica, da dove alle 14 partirà il corteo principale. Davanti gli studenti, il coloratis-simo camion del teatro Valle occupato, simbolo di un'esperienza di lotta che va avanti ormai da mesi contro i tagli alla cul-tura e al modo dell'arte da parte del gover-no. Studenti e artisti uniti contro i tagli al sapere e al mondo del sociale, uniti per proporre un alternativa a questo sistema di banche e banchieri, di speculatori e papa-veri della finanza. Arrivati in una piazza della Repubblica stracolma di gente, già si

comincia a percepire un'aria non certa-mente festosa: alle facce tranquille e spensierate del variegato universo so-ciale e politico che compone questa data, ai canti popolari e partigiani di chi credeva che la giornata si tramutasse esclusivamente in un corteo orgoglioso e determinato nel manifestare la pro-pria indignazione, si contrapponevano le facce tese e dure degli “incappucciati”. Già li si vedeva organiz-zarsi, pronti alle bardature da guerriglia urbana che ormai conosciamo perchè viste nei tg e su internet. Con il loro ingresso nel corteo si arriva da subito allo scontro verbale, con le grida e i cori delle frange nere verso gli altri parteci-panti al corteo. Viene apostrofato peco-ra chi sceglie di stare nel corteo all'in-terno di una delle decine di spezzoni, perchè secondo loro, non si può stare solo a sfilare. “Piantiamo grane non tende” recita una scritta su di un muro, una scritta che simboleggia la diversità di veduta sulle prospettive politiche che si hanno all'interno del movimento. I primi incidenti si verificano in via Ca-vour, dove vengono presi di mira lo sportello di una banca, un supermerca-to e due automobili che vengono fatte bruciare. Azioni velocissime, da gruppi compatti ed organizzati che dopo si dile-guano tra i manifestanti. Bombe carta, mazze e cartelli stradali sono le loro armi, utilizzate per sfondare vetrine e tergiscristalli. Addirittura procedono ad un esproprio in un supermercato, get-tando generi alimentari alla folla che però non accoglie il gesto ed anzi co-mincia a ribellarsi alle modalità dei neri. Qui avvengono i primi scontri fisici, vo-lano spintoni e addirittura un pugno con un militante dei Cobas che voleva allon-tanare un personaggio troppo esagitato. Il percorso del corteo continua, e poco dopo i fori imperiali viene dato alle fiamme un deposito del ministero della difesa. I dissidi tra manifestanti e neri crescono, sono sempre più frequenti gli scontri fisici tra i manifestanti e i cobas; saltano due dita ad un militante di sel che cercava di spostare una bomba car-ta gettata troppo vicino al corteo.

Continuano le azioni, sempre velocissi-me e sempre organizzatissime. Cercano di dare fuoco ad una pompa di benzina ma ci riescono perchè interviene una camionetta dei carabinieri lanciata a folle velocità. I primi spezzoni del corteo

15 Ottobre. Quello che è 15 Ottobre. Quello che è 15 Ottobre. Quello che è 15 Ottobre. Quello che è successo a Romasuccesso a Romasuccesso a Romasuccesso a Roma e in che senso e in che senso e in che senso e in che senso sbilanciarsi.sbilanciarsi.sbilanciarsi.sbilanciarsi. di Vincenzo Rosa

Page 7: M.S.G. InMovimento n°10 - Novembre -

Pag. 7 In Movimento Novembre N°10

Pag. 7 In Movimento Novembre N°10

arrivano in piazza San Giovanni, dove sa-rebbe defluito l'intero corteo, dove ci sa-rebbero stati gli interventi conclusivi, pro-babilmente il luogo dove il popolo del 15 ottobre avrebbe deciso definitivamente le modalità di permanenza e di lotta. In piaz-za san Giovanni, succede di tutto. I blocchi neri, decidono che quella piazza sarà a loro piazza. Ingaggiano uno scontro durissimo con le forze dell'ordine in tutta la zona antistante, mentre a poco a poco sempre più persone affluiscono dal corteo. Esplo-sioni, lacrimogeni, barricate e cassonetti della spazzatura dati alle fiamme fanno da sfondo ad un paesaggio da guerriglia urba-na. La reazione di polizia e carabinieri non si fa attendere e cominciano le prime cari-che all'interno della piazza: la solita gestio-ne caotica della piazza da parte delle forze dell'ordine fa sì che migliaia di persone che man mano arrivano dal corteo rimangano imprigionate all'interno della piazza duran-te le cariche. Al centro della piazza si riesce a dare fuoco ad una camionetta dei carabi-nieri che girando vorticosamente su se stessa cercava di alleggerire la pressione dei manifestanti. “La piazza è nostra e la dobbiamo difendere” gridano i neri, au-mentando l'intensità degli scontri. In que-sto contesto, il corteo non riesce più pro-seguire. L'iniziale trattativa dei cobas con la questura (l'ala del corteo più avanzata) salta, ed il loro camion deve tornare defini-tivamente indietro. Il corteo deve confluire al circo massimo, piazza san Giovanni non è più praticabile. Da questo momento, la situazione cambia definitivamente: la piaz-za diventa un campo di battaglia, con im-magini che ormai tutti conosciamo bene. Agli attacchi dei neri, le forze dell'ordine rispondono con modalità note: cariche confuse che colpiscono anche persone inermi, che non riescono assolutamente ad isolare i violenti, anzi esaltandoli; quando si arriva al contatto non si risparmiano manganellate su teste e visi, saltano denti e il sangue esce a fiotti. Gli arresti, quando ci sono, vengono condotti in modo casuale e selvaggio, con ragazze e ragazzi trascinati per i capelli e colpiti durante il trasporto. Infiltrati della polizia dagli improbabili tra-vestimenti sono all'opera, ormai non han-no paura di essere scoperti; chi scrive ha visto più e più volte utilizzare ricetrasmit-tenti da parte di apparenti manifestanti. Fattore che testimonia che gli insegnamen-ti di Cossiga sono sempre vivi. La gestione degli scontri in piazza san Giovanni ha te-stimoniato nuovamente l'inefficienza e l'incapacità delle forze dell'ordine di gesti-re situazioni cosi delicate. A causa del loro

intervento tardivo, confuso e violento si annovereranno tantissimi feriti tra i manifestanti confluiti dal corteo. Gli scontri continuano fino a tarda sera, i neri non desistono, e anzi accompagna-no la loro ritirata con nuovi incidenti. Nel frattempo il grande corteo del 15 ottobre si scioglie, senza aver potuto avere un momento di confronto comu-ne finale. Tanta la stanchezza negli oc-chi di operai, donne e studenti, che cre-devano magari di dormire in una tenda al termine della giornata, imitando gli spagnoli, o di poter manifestare la loro indignazione davanti un palazzo del potere. Le loro legittime pretese di ma-nifestare il loro malessere per una con-dizione economica e sociale insopporta-bile sono state frustrate dalla situazione venutasi a creare sabato a Roma. Il cas-saintegrato, il precario e lo studente hanno visto rubata la scena da scontri e da cariche, facendo perdere una grande occasione di mobilitazione permanente probabilmente mai accaduta nel nostro paese. Necessariamente ci ritroviamo nel day after delle valutazioni politiche, dei commenti e delle analisi da parte di tutti, politici e giornalisti, bloggers e semplici cittadini. Tutti pronti il giorno dopo, a condannare o ad esaltare una giornata di ordinaria follia. Sfortunata-mente molte delle volte si procede ad analisi sempliciste e pressapochiste con commenti ovvi e di fortuna per la parte che deve commentare, non riuscendo realmente ad individuare il nodo scorso-io del discorso sulla giornata di sabato. Quello che è successo a Roma risponde precisamente all'intenzione di alcuni gruppi organizzati che hanno portato in piazza, servendosi e facendosi scudo del corteo, determinate pratiche che ri-spondono alla loro ottica politica. Ripe-tersi oggi che quella che doveva essere una protesta pacifica sia stata rovinata da pochi facinorosi, o ancora peggio accusare esclusivamente le forze dell'or-dine di non essere state efficienti nel reprimere la parte violenta del corteo, è solo un alibi per non porsi interrogativi più profondi e sicuramente più pregnan-ti. Se è sicuramente vero che gli atti di violenza a cui abbiamo assistito non hanno portato ad alcun risultato che non sia stato di frattura e indebolimen-to di un movimento variegato, dalle molteplici sfaccettature ed anime, non possiamo dire che esse siano state ina-spettate e immotivate.

Già da giorni l'intera rete del movimento nei territori e nella capitale sul 15 ottobre si in-terrogava sugli scontri con vedute differenti e modalità diverse che in ogni caso facevano presagire in modo più o meno corrisponden-te alla realtà i fatti accaduti. Però quello che sicuramente deve essere assunto come veri-tà oggettiva è che la maggior parte dei pre-senti avevano scelto di individuare il momen-to di squasso politico nel decidere di iniziare un percorso di assedio ai palazzi del potere. Un momento che nasceva e non si esauriva nella data del 15 ottobre, ma che lì ne pone-va le basi sostanziali di una prospettiva di lotta imperniata sulla presenza, continua e costante, pacifica ma determinata davanti Montecitorio, Palazzo Chigi o qualche altro luogo fisico all'interno del quale oggi siede la feccia peggiore della società italiana. Alcuni -al di là dei complottismi e dei dietrologismi- hanno preferito altresì portare avanti prati-che diverse, modalità differenti di lotta politi-ca ma che, con buona pace del buonismo, avevano lo stesso significato del piantare la tenda in una piazza qualsiasi della capitale, che portavano alle estreme conseguenze il malessere di una intera generazione, di una intera società avverso l'attuale sistema politi-co ed economico.

Un gesto, quello della rivolta pura, che porta il significato di esasperazione del tessuto sociale del paese. Cambia il significante -il gesto- ma non cambia il significato. Volendo essere semplicisti ieri si è assistito a due mo-delli differenti che si sono trovati in piazza assieme: quello greco, della rivolta popolare violenta e drammatica, e quello spagnolo, dell'indignazione cittadina, costituita dalla presenza fissa e decisa nelle piazze. Sfortuna-tamente, ed è qui il punto focale che a mio avviso deve guidare qualunque analisi, la giornata di ieri non ha assunto una connota-zione positiva poiché le due modalità si sono venute a trovare in contrasto antiteticamen-te. Continuando il parallelismo con la realtà greca, lì la rivolta è una modalità del movi-mento, generalizzata ed accolta dalla totalità della popolazione in mobilitazione; in Italia invece è stata una modalità nel movimento, settarizzata e non in contatto con l'organizza-zione che aveva dato vita alla giornata del 15 ottobre, fattore che ha portato inevitabil-mente, appunto per la discordante visione politica, ad uno scontro non solo fisico ma di prospettiva ideologica. La prima modalità è riuscita a prendere il controllo indiretto della situazione, decidendo le sorti di chi aveva scelto la seconda modalità, conquistando la ribalta dei media e l'attenzione politica nei giorni che seguiranno.

(Continua a pag. 8)

Page 8: M.S.G. InMovimento n°10 - Novembre -

Pag. 8 In Movimento Novembre N°10

Pag. 8 In Movimento Novembre N°10

Così, non si è riuscito a dare una prospettiva futura al grande movimento degli indigna-dos nostrani, che in piazza san Giovanni ha trovato anziché una piazza di confronto, analisi, idea e proposta quindi un luogo ove costruire il percorso organizzato politico e sociale, un vero e proprio scenario di guerri-glia urbana che ha trovato impreparati (vuoi per cattiva organizzazione, vuoi per relativa immaturità di una macrostruttura) tutti.

Sostanzialmente tranciando forse le gambe alla grandissima rete di connettività politica in questione, a cui si è guardato con molto interesse da tutti i fronti anche e soprattutto per la sua vocazione internazionale di cam-biamento e per la sua forte e condivisa piat-taforma di rivendicazione. Le future conside-razioni dovranno vertere necessariamente sull'analisi della giornata di sabato e -sulla base di questo- sul ragionare come costruire un percorso reale ed incisivo di mobilitazio-ne permanente. In altre parole, non scadere nelle considerazioni sul 15 ottobre in chiave di condanna totale degli incidenti di piazza di chiaro stampo vendoliano, ma interpretando e canalizzando correttamente tutte le istan-za, anche quelle che hanno portato agli ac-cadimenti di sabato.

Questo impone sicuramente una riflessione nuova sulle forme di mobilitazione, che par-ta dalla constatata insufficienza di quelle attuali. Flashmob e cortei itineranti forse non riescono più a spiegare la loro efficacia mediatica e (sempre dubbia) politica; è trop-po forte l'attacco che il sistema attuale sta portando attraverso le sue distorsioni alle vite individuali e alla collettività. Attraverso quindi nuove proposte e nuova organizzazio-ne si potrà costruire un movimento radicato che possa assumersi la responsabilità di una prospettiva di cambiamento sostanziale nel paese. Mobilitazione per il rafforzamento delle rivendicazioni (reddito sociale e demo-crazia diretta), informazione nei territori ma consapevolezza di appartenere ad una vo-lontà politica e sociale di cambiamento glo-bale, come hanno insegnato le rivoluzioni in nord africa. Sicuramente l'eco del panorama di mobilitazione mondiale propagherà la sua forza mediatica nel medio periodo, quindi a Roma il quindici ottobre è stata persa una grande opportunità ma non è morto nulla. La data deve essere vista necessariamente il punto di inizio di un percorso di cambiamen-to politico ma soprattutto sociale di rivisita-zione e in alcuni casi di stravolgimento di

attuali categorie e strutture della realtà, riprendendo sul serio il titolo dell'appello “united for global change”.

15 Ottobre. Quello che 15 Ottobre. Quello che 15 Ottobre. Quello che 15 Ottobre. Quello che è successo a Romaè successo a Romaè successo a Romaè successo a Roma

e in che senso e in che senso e in che senso e in che senso sbilanciarsi.sbilanciarsi.sbilanciarsi.sbilanciarsi. di Vincenzo Rosa

(continua da pag. 7)

Debutto solista convincente per il cantautore

di Manchester.

A due anni dal clamoroso e pressoché ina-spettato scioglimento degli Oasis, Noel Galla-gher torna prepotentemente alla ribalta della scena musicale internazionale con il suo pri-mo e tanto atteso disco solista, Noel

Gallagher’s High Flying Birds. Dieci tracce in tutto, sound gradevole, orecchiabile, di gusto pop-rock melodico, brani che si lasciano ap-prezzare. Beh, in tutta franchezza, non mi pare che l’album si distingua per una compo-sizione del calibro di Wonderwall o Live Fore-

ver, un singolo trascinante e memorabile, un capolavoro insomma. Del resto, da uno come Noel Gallagher è sempre lecito aspettarsi tanto, in considerazione del fatto che il musi-cista di Manchester si è imposto, indiscutibil-mente, come uno dei principali songwriters britannici degli ultimi 20 anni circa. Ciò nono-stante, non ho riscontrato tra le dieci canzoni dei fiaschi, delle vere e proprie cadute di stile, come quelle che, in tutta sincerità, ab-bondano nel primo disco dei Beady Eye, la band messa in piedi dall’odiato fratello Liam Gallagher, in sostanza gli Oasis senza Noel. Different gear, still speeding, questo è il titolo altisonante del primo disco dei Beady Eye, si è rivelato una sorta di accozzaglia disarticola-ta di scarti di registrazione degli ultimi Oasis, brani privi di una melodia decente, di chiara ispirazione lennoniana post Beatles, privi anche di un minimo barlume di originalità (vedi, per esempio, The Roller, squallida sco-piazzatura di Instant Karma). Il disco del più grande dei fratelli Gallagher, invece, si distingue per una certa compostez-za e omogeneità musicale, confacente ad un cantautore già maturo, che, sebbene abbia in parte smarrito quella eccelsa vena creativa che lo contraddistinse a metà anni 90, riesce, comunque, a mettere insieme un album più che buono, seppur non eccezionale. Un disco che appare ancora come una sorta di pen-

dant della discografia Oasis, che non si tradu-ce, cioè, in un netto rinnovamento stilistico

del sound, ma che presenta numerose affinità musicali con le ultime fatiche compositive della storica band britpop mancuniana. Certo, Noel con questo esordio solista sembra definitivamen-te essersi scrollato di dosso la pesante eredità lennoniana che caratterizzava, in particolar mo-do, i pezzi scritti da Liam, autentico fan ai limiti dell’idolatria dell’ex Beatles. Quindi, tra le 10 tracce non troverete, per fortuna, canzoni prive di alcun valore artistico come Meaning of soul, ma essenzialmente ballate pop, sapientemente strutturate grazie ad un uso preponderante della chitarra acustica ed impreziosite qua e là da cori e da archi. Magari ad alcune canzoni, come dire, più roc-cheggianti ( Dream On, If I had a gun e la psiche-delica Stop the clocks), la rauca voce di Liam Gal-lagher avrebbe conferito maggiore enfasi e pre-gnanza. Ma Noel dimostra, comunque, di sapersi destreggiare egregiamente anche come cantante grazie a performance vocali come quella di The

death of you and me, primo singolo estratto da Noel Gallagher’s high flying birds, una ballata che sarebbe andata pure bene come colonna sonora di un film western. Non mi entusiasma affatto, invece, AKA…What a life, un pezzo, a mio avviso, un pò troppo commerciale, per cui non riesco a comprendere come possa esser stato scelto co-me secondo singolo. Con I wanna live in a dream

in my record machine, invece, si torna su standars compositivi ben più elevati. Per la verità, la can-zone è una vecchia conoscenza dei “mad fer it” (appellativo che identifica i fans degli Oasis); ebbi modo di ascoltarla già 5 anni fa, ma rispetto alla versione originaria è stata arricchita da un coro che la rende ancor più pregevole da un punto di vista artistico. Gli altri brani (Soldier boys and

Jesus Freacks, Everybody’s on the run, Aka …Broken arrow, Stranded on the wrong beach) in conclusione, sono discreti e contribuiscono anch’essi alla buona riuscita di un album tutt’altro che innovativo e sperimentale, ma, nella sua più intima essenza valido e ben fatto. Dunque, e’ più che legittimo, dopo un esordio solista così confortante, aspettarsi un altro disco convincente e sono sicuro che Noel Gallagher saprà non deludere i suoi numerosissimi fans.

Noel Gallagher’s Noel Gallagher’s Noel Gallagher’s Noel Gallagher’s high flying birdshigh flying birdshigh flying birdshigh flying birds

di Giuseppe Andrea Rapisarda