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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI DIPARTIMENTO DI FISICA ED ASTRONOMIA Master Universitario di II livello in MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI E NON IONIZZANTI E RISCHIO AMBIENTALE PROGETTO CIP n. 2007.IT.051.PO.003/IV/12/F/9.2.14/1368 - CUP n. E65C10000850009 Direttore: Prof. Antonio Triglia A.A. 2010-2011 Catania - luglio 2012 MONITORAGGIO DI RADIAZIONI IONIZZANTI E NON IONIZZANTI IN ALCUNI ISTITUTI SCOLASTICI DEL COMUNE DI RAGUSA MARCO LEGGIO UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA Unione Europea Fondo Sociale Europeo "Investiamo per il vostro futuro" REGIONE SICILIANA Assessorato Regionale dell'Istruzione e della Formazione Professionale Dipartimento Regionale dell'Istruzione e della Formazione Professionale Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali SICILIA FONDO SOCIALE EUROPEO PROGRAMMA OPERATIVO 2007-2013 Dott.ssa S. Tormene A.R.P.A. Ragusa Prof.ssa G. Immè Università degli Studi di Catania Tutor:

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIAFACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

DIPARTIMENTO DI FISICA ED ASTRONOMIA

Master Universitario di II livello inMONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI E NON IONIZZANTI

E RISCHIO AMBIENTALEPROGETTO CIP n. 2007.IT.051.PO.003/IV/12/F/9.2.14/1368 - CUP n. E65C10000850009

Direttore: Prof. Antonio Triglia

A.A. 2010-2011Catania - luglio 2012

MONITORAGGIO DI RADIAZIONI IONIZZANTI E

NON IONIZZANTI IN ALCUNI ISTITUTI SCOLASTICI

DEL COMUNE DI RAGUSA

MARCO LEGGIO

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DICATANIA

Unione EuropeaFondo Sociale Europeo

"Investiamo per il vostro futuro"

REGIONE SICILIANAAssessorato Regionale dell'Istruzione

e della Formazione ProfessionaleDipartimento Regionale dell'Istruzione

e della Formazione Professionale

Ministero del Lavoroe delle Politiche Sociali

SICILIAFONDO SOCIALE EUROPEOPROGRAMMA OPERATIVO 2007-2013

Dott.ssa S. TormeneA.R.P.A. Ragusa

Prof.ssa G. ImmèUniversità degli Studi di Catania

Tutor:

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INDICE

ELENCO DELLE FIGURE v ELENCO DELLE TABELLE viii SOMMARIO ix

1. ARPA: AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE

DELL ’A MBIENTE 1 1.1. Profilo dell’Agenzia .................................................................... 1 1.2. Le attività dell’Arpa .................................................................... 2 1.3. Organigramma ARPA Sicilia ...................................................... 4 1.4. Le attività della Struttura Territoriale di Ragusa ......................... 5

2. MONITORAGGIO DEI CAMPI ELETTROMAGNETICI AD ALTA

FREQUENZA 9 2.1. I campi elettromagnetici ad alta frequenza ................................. 9 2.1.1. Le sorgenti di campo elettromagnetico a radiofrequenza: le

antenne .............................................................................................. 11 2.1.2. Parametri caratteristici delle antenne: guadagno e diagramma

di radiazione ..................................................................................... 11 2.1.3. Tipologie di antenne ............................................................... 13 2.1.4. Caratteristiche dei campi elettromagnetici emessi dalle antenne ................................................................................................. 15 2.1.5. Il L’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza: gli impianti per telecomunicazione ........................................................ 17 2.2. Effetti sanitari dei campi elettromagnetici ad alta frequenza ... 26 2.2.1. Effetti acuti dei campi a radiofrequenza e microonde ........... 28 2.2.2. Effetti a lungo termine dei campi a radiofrequenza e

microonde ........................................................................................ 28 2.3. La normativa sui campi elettromagnetici ................................. 31 2.3.1. La normativa italiana ............................................................. 34 2.4. La campagna di monitoraggio dei campi elettromagnetici ad alta

frequenza in alcuni istituti scolastici del comune di Ragusa ........... 39 2.4.1. Liceo Scientifico Statale “E. Fermi” ..................................... 42 2.4.2. Istituto Tecnico Commerciale Aeronatico Statale “F.Besta”

................................................................................................ 46 2.4.3. Istituto Tecnico Industriale Statale “E.Majorana” ................. 49

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3. MONITORAGGIO DEL GAS RADON 53 3.1. Il radon ...................................................................................... 53 3.2. Effetti sanitari del radon ............................................................ 59 3.3. La normativa sul radon .............................................................. 62 3.4. I diversi sistemi di monitoraggio del radon e la tecnica di misura preventiva con camera a ionizzazione .................................................... 65 3.5. La campagna di monitoraggio del radon in alcuni istituti

scolastici del comune di Ragusa ................................................... 72 3.5.1. Liceo Scientifico Statale “E. Fermi” ...................................... 74 3.5.2. Istituto Tecnico Commerciale Aeronatico Statale “F.Besta” . 78 3.5.3. Istituto Tecnico Industriale Statale “E.Majorana” ................. 83

4. CONCLUSIONI 87

BIBLIOGRAFIA 89

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v

ELENCO DELLE FIGURE

FIGURA 2.1. Esempio di solido di radiazione e sezioni sui due piani principali .................................................................... 13

FIGURA 2.2. Antenna a dipolo a sinistra e antenna biconica a destra .................................................................................... 14

FIGURA 2.3. Antenna a horn o a tromba ......................................... 14

FIGURA 2.4. Antenna a riflettore parabolico ................................... 15

FIGURA 2.5. Rappresentazione di un’onda elettromagnetica piana 16

FIGURA 2.6. Zone di campo intorno a un’antenna .......................... 17

FIGURA 2.7. Schiera di antenne log-periodiche .............................. 20

FIGURA 2.8. Antenna per trasmissioni televisive ........................... 21

FIGURA 2.9. Schema di riuso delle frequenze con divisione del territorio in celle ......................................................... 22

FIGURA 2.10. Antenna per stazione radio base e solido di radiazione . .................................................................................... 23

FIGURA 2.11. Tecniche di accesso dei sistemi di telefonia mobile ...... .................................................................................... 24

FIGURA 2.12. Limiti di esposizioni, valori di attenzione e obbiettivi di qualità fissati dal d.P.C.M. 08 luglio 2003............. 37

FIGURA 2.13. Valori limite di esposizione DLgs 257/07 ................. 38

FIGURA 2.14. Antenna per trasmissioni televisive ........................... 39

FIGURA 2.15. Monitoraggio Liceo Scientifico “centrale” ................ 42

FIGURA 2.16. Prima settimana monitoraggio ................................... 43

FIGURA 2.17. Seconda settimana monitoraggio ............................... 43

FIGURA 2.18. Terza settimana monitoraggio .................................... 44

FIGURA 2.19. Quarta settimana monitoraggio .................................. 44

FIGURA 2.20. Monitoraggio Liceo Scientifico “succursale” ............ 44

FIGURA 2.21. Prima settimana monitoraggio ................................... 45

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vi

FIGURA 2.22. Seconda settimana monitoraggio ............................... 45

FIGURA 2.23. Terza settimana monitoraggio ................................... 46

FIGURA 2.24. Quarta settimana monitoraggio .................................. 46

FIGURA 2.25. Monitoraggio ITCA “F. Besta” ................................. 47

FIGURA 2.26. Prima settimana monitoraggio ................................... 47

FIGURA 2.27. Seconda settimana monitoraggio ............................... 48

FIGURA 2.28. Terza settimana monitoraggio ................................... 48

FIGURA 2.29. Quarta settimana monitoraggio .................................. 48

FIGURA 2.30. Monitoraggio ITIS “E. Majorana” ............................. 49

FIGURA 2.31. Prima settimana monitoraggio ................................... 50

FIGURA 2.32. Seconda settimana monitoraggio ............................... 50

FIGURA 2.33. Terza settimana monitoraggio ................................... 50

FIGURA 2.34. Quarta settimana monitoraggio .................................. 51

FIGURA 2.35. Fine della quarta settimana di monitoraggio .............. 51

FIGURA 3.1. Dose efficace media annua in Italia ................................................................................... 55

FIGURA 3.2. Decadimento alfa del Radio-226 ............................... 56

FIGURA 3.3. Effetto camino ............................................................ 58

FIGURA 3.4. Possibili vie d’ingresso del gas Radon in una casa .... 58

FIGURA 3.5. L’alveolo .................................................................... 60

FIGURA 3.6. Epitelio bronciale ....................................................... 61

FIGURA 3.7. Rivelatori a carboni attivi .......................................... 67

FIGURA 3.8. Rivelatori a tracce ...................................................... 68

FIGURA 3.9. Elettrete ...................................................................... 69

FIGURA 3.10. Cella di Lucas ............................................................ 70

FIGURA 3.11. Camera a ionizzazione ............................................... 71

FIGURA 3.12. Monitoraggio Liceo Scientifico “succursale” ............ 75

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vii

FIGURA 3.13. Planimetria generale Liceo Scientifico con indicazione dei punti di misura del Radon .................................... 75

FIGURA 3.14. Andamento temporale della concentrazione di Radon nell’aula professori del Liceo Scientifico “succursale” .................................................................................... 76

FIGURA 3.15. Monitoraggio Liceo Scientifico “centrale” ................ 77

FIGURA 3.16. Andamento temporale della concentrazione di Radon nell’aula professori del Liceo Scientifico “centrale” . 77

FIGURA 3.17. Planimetria generale ITCA con indicazione dei punti di misura del Radon ........................................................ 78

FIGURA 3.18. Monitoraggio segreteria amministrativa ITCA .......... 79

FIGURA 3.19. Andamento temporale della concentrazione di Radon nella segreteria amministrativa ITCA ........................ 79

FIGURA 3.20. Monitoraggio biblioteca ITCA ................................... 80

FIGURA 3.21. Andamento temporale della concentrazione di Radon nella biblioteca ITCA ................................................. 81

FIGURA 3.22. Monitoraggio segreteria docenti ITCA ...................... 82

FIGURA 3.23. Andamento temporale della concentrazione di Radon nella segreteria docenti ITCA .................................... 82

FIGURA 3.24. Planimetria generale ITIS con indicazione dei punti di misura del Radon ........................................................ 83

FIGURA 3.25. Monitoraggio segreteria didattica ITIS ...................... 84

FIGURA 3.26. Andamento temporale della concentrazione di Radon nella segreteria didattica ITIS .................................... 84

FIGURA 3.27. Monitoraggio segreteria didattica ITIS ...................... 85

FIGURA 3.28. Andamento temporale della concentrazione di Radon nella segreteria didattica ITIS .................................... 85

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viii

ELENCO DELLE TABELLE

TABELLA 2.I. Spettro elettromagnetico ............................................ 10

TABELLA 2.II. Caratteristiche e usi delle RF ..................................... 10

TABELLA 3.I. Monitoraggio Radon aula professori Liceo Scientifico “succursale” ............................................................... 76

TABELLA 3.II. Monitoraggio Radon aula professori Liceo Scientifico “centrale” ................................................................... 78

TABELLA 3.III. Monitoraggio Radon segreteria amministrativa ITC . 80

TABELLA 3.IV. Monitoraggio Radon biblioteca ITCA ....................... 81

TABELLA 3.V. Monitoraggio Radon segreteria docenti ITCA .......... 82

TABELLA 3.VI. Monitoraggio Radon segreteria didattica ITIS .......... 84

TABELLA 3.VII. Monitoraggio Radon segreteria didattica ITIS ........... 85

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SOMMARIO

ix

SOMMARIO

Il Project Work seguente nasce a conclusione delle attività didattiche e di tirocinio svolte durante il Master “Monitoraggio delle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti e rischio ambientale”, il cui obbiettivo principale era quello di formare esperti capaci di elaborare corrette valutazioni dei rischi ambientali per la popolazione e per i lavoratori connessi alle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti.

Tale lavoro nasce da un’intensa attività didattica svolta presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università degli Studi di Catania e dal tirocinio presso l’Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) svolto nella Struttura Territoriale di Ragusa.

Quasi a rispecchiare il percorso formativo del Master il lavoro di Project Work è stato strutturato in modo da trattare argomenti riguardanti sia il monitoraggio delle radiazioni ionizzanti sia delle non ionizzanti, trattando ogni argomento con una introduzione teorica dell’argomento, un cenno agli effetti sanitari sui lavoratori, un richiamo alle normative vigenti e infine i risultati dei monitoraggi, effettuati durante il tirocinio, in alcuni istituti scolastici presenti nel territorio del comune di Ragusa.

Gli studenti delle scuole, oltre a essere oggetto di particolare attenzione data la loro giovane età anagrafica, sono soggetti a tutte le normative in merito alla prevenzione e protezione della salute dei lavoratori. Il Testo Unico per la Sicurezza, DLgs 9 Aprile 2008, n. 81 e smi, recita all’ art.2 lettera a: “«lavoratore»: persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività' lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore così definito e' equiparato: … l'allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l'allievo sia effettivamente applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione;…”.

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SOMMARIO

x

Nel dettaglio sono stati trattati gli argomenti delle radiazioni non ionizzanti dovute ai campi elettromagnetici a radiofrequenza, riportando i risultati relativi al monitoraggio effettuato in tre istituti scolastici presenti nel territorio del comune di Ragusa e delle radiazioni ionizzanti dovute al gas radon riportando i risultati relativi all’attività di monitoraggio svolta.

L’esperienza svolta ha mostrato buone condizioni ambientali all’interno degli istituti scolastici del territorio ragusano in quanto non sono stati riscontrati valori preoccupanti né di campi elettromagnetici né tantomeno concentrazioni di radon tali da prevedere particolari misure di prevenzione e protezione. Le misure effettuate, come vedremo in questo elaborato, infatti non hanno messo in luce nessun superamento dei valori di limite imposti dalle normative vigenti.

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CAPITOLO 1 ARPA AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’A MBIENTE

1

1. ARPA: AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL ’A MBIENTE

1.1. Profilo dell’Agenzia La legge regionale del 3 maggio 2001, n. 6 riguardante le

“Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2001” all’art. 90 del Titolo VI (DISPOSIZIONI IN MATERIA DI EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA URBANISTICA AMBIENTE E LAVORI PUBBLICI) sancisce: “Istituzione dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente. 1. Per l'esercizio delle funzioni in materia di prevenzione e tutela ambientale, di cui al decreto legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito con modificazioni dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61 e successive modifiche ed integrazioni, da esercitarsi nel rispetto del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni è istituita l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente in sigla (A.R.P.A) ente strumentale della Regione e di seguito denominata "Agenzia" con sede in Palermo. 2. L'Agenzia è dotata di personalità giuridica pubblica, di autonomia tecnica, gestionale, amministrativa e contabile ed è posta sotto la vigilanza dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente da cui promanano gli indirizzi programmatici”.

L’ARPA nasce quindi allo scopo di fornire servizi volti alla protezione e tutela dell’ambiente e quindi della salute umana. L’Agenzia offre infatti servizi di controllo, informazione, ricerca e consulenza sia agli enti pubblici sia alle imprese private, attraverso una rete di laboratori ed uffici presenti in ciascuna provincia siciliana. L’attività dell’ARPA riguarda il controllo della qualità dell’ambiente nella totalità delle sue matrici, la tutela ed il recupero dello stesso nell’ottica della sostenibilità dello sviluppo. Tali azioni si realizzano per mezzo di servizi, controlli e monitoraggi ambientali in grado di acquisire, elaborare e quindi restituire informazioni sullo stato di salute dell’ambiente; in tale ottica l’ARPA Sicilia risponde ad esigenze non soltanto istituzionali, ma anche e soprattutto sociali, esprimendo e realizzando la comune esigenza di salvaguardia dell’ambiente, inteso sia come risorsa naturale che come elemento di tutela della salute umana.

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CAPITOLO 1 ARPA AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’A MBIENTE

2

Per la realizzazione di tali primari obiettivi, l’Agenzia attua il monitoraggio ambientale tramite la rilevazione di fattori fisici, geologici, chimici e biologici; esegue analisi di laboratorio di rilievo ambientale e di prevenzione sanitaria della collettività; vigila sul rispetto della normativa vigente e delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori rilasciati dalle Autorità competenti in campo ambientale, ed opera inoltre nell’ambito della produzione e dello scambio di conoscenze, attuando campagne informative che diffondano nel territorio regionale nuove realtà e soprattutto nuova coscienza e cultura ambientale[0].

1.2. Le attività dell’Arpa ARPA Sicilia sin dalla sua istituzione, nel 2001, svolge la

funzione di monitorare l’ambiente della regione per diffondere i dati e favorire presso cittadini ed istituzioni, una maggiore consapevolezza delle pressioni sull’ambiente siciliano nonché una partecipazione sempre più consapevole alle scelte che ispirano le azioni di tutela e di valorizzazione ambientale. L’Agenzia, infatti, tiene sotto controllo i fattori che possono provocare inquinamento e danni all’ambiente e, pertanto, essere nocivi per la salute dell’uomo, attraverso la continua verifica, qualitativa e quantitativa, dei loro valori per segnalare gli eventuali superamenti dei livelli di sicurezza consentiti dalle norme di settore. In pratica l’Agenzia, attraverso l’attività della sua sede centrale e delle sue nove articolazioni provinciali, tiene costantemente sotto controllo lo stato della qualità delle matrici ambientali nel loro complesso ed effettua le analisi sugli agenti inquinanti di varia origine e delle loro ricadute sulla salute dell’ambiente e, quindi, sulla salute umana. ARPA Sicilia rende così un importante servizio alla nostra comunità, che in questo modo è costantemente informata sulla qualità delle componenti caratterizzanti l’ambiente in cui vive e che ne determinano la qualità della vita.

L’attività istituzionale prevista dal Regolamento sull’assetto organizzativo dell’Agenzia, oltre al monitoraggio e al controllo, comprende la tutela ambientale finalizzata alla promozione di comportamenti culturali orientati ad uno sviluppo sostenibile. Infatti, tutti noi, come singoli cittadini, abbiamo la responsabilità di contribuire

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CAPITOLO 1 ARPA AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’A MBIENTE

3

al mantenimento della qualità dell’ambiente. D’altra parte, essere informati sulle tematiche ambientali è uno dei principali diritti di cittadinanza sanciti dalle normative internazionali, europee e nazionali. Per aiutare ad esercitare il proprio diritto/dovere di cittadinanza, favorendo la consapevolezza delle conseguenze ambientali dei propri comportamenti e delle proprie scelte, anche quelle quotidiane, l’impegno dell’Agenzia si è concentrato su diverse attività, avendo cura di organizzare i propri uffici e servizi anche nell’ottica di una puntuale diffusione dei dati ambientali, così come prevedono le norme vigenti. Attraverso i referenti URP (Ufficio per le Relazioni con il Pubblico) dell’Agenzia, ogni cittadino può richiedere, direttamente o attraverso le strutture sanitarie o gli Enti locali di riferimento territoriale, tutte quelle informazioni relative allo stato di salubrità delle varie matrici ambientali (aria, acqua e suolo). Anche le pubblicazioni specifiche, quali l’Annuario regionale dei dati ambientali (che riporta i valori degli indicatori quantitativi e qualitativi utilizzati a livello internazionale per descrivere lo stato dell’ambiente), le collane editoriali ARPA Strumenti e Studi & Ricerche e la rivista Arpaview sono utili alla diffusione delle conoscenze ambientali raccolte dall’Agenzia. Tutte le pubblicazioni dell’Agenzia e anche numerosi altri volumi e riviste di settore sono disponibili al pubblico presso la biblioteca del Centro di Documentazione della sede centrale. Ma è soprattutto il sito istituzionale www.arpa.sicilia.it a permettere la diffusione capillare delle conoscenze ambientali, grazie anche all’implementazione degli specifici sistemi informativi come la Sezione regionale del Catasto rifiuti – che ha il compito di raccogliere, quantificare e qualificare i dati e le informazioni relative alla produzione, movimentazione, detenzione, gestione, recupero e smaltimento dei rifiuti nel territorio regionale – ed il Sistema Informativo Regionale per la Valutazione Integrata della qualità dell’aria (SIRVIA) – che permette la valutazione chimica della qualità dell’aria per individuare le parti del territorio compromesse da questo punto di vista e per mettere a punto, laddove occorrano, i più idonei interventi di pianificazione territoriale contenenti le necessarie misure correttive e verificarne nel tempo l’efficacia.

I dati delle diverse reti confluiscono presso il CED di ARPA Sicilia e contribuiscono alla dematerializzazione documentale dell’Agenzia. L’Agenzia in questi anni si è, inoltre, impegnata nel

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CAPITOLO 1 ARPA AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’A MBIENTE

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settore dell’educazione ambientale, per coinvolgere i cittadini più giovani e le loro famiglie, normalmente non raggiunti dalle ordinarie attività tecniche dell’Agenzia, in un progressivo percorso di avvicinamento alle tematiche ambientali, nella convinzione che sia la strategia più efficace per migliorare il futuro del nostro territorio. Tutte le informazioni prodotte dall’Agenzia, così, raggiungono anche i più giovani attraverso lo specifico sito www.arpa-kids.it, che parla un linguaggio meno tecnico ma comunque efficace. Inoltre, l’Agenzia collabora attraverso il Laboratorio Infea con quei soggetti locali che si occupano a vario titolo di ambiente per fornire loro un supporto organizzativo e culturale per garantire l’efficacia e la permanenza dei risultati, attraverso le strategie e le azioni definite nel Piano di Educazione ambientale, ed agisce in prima persona attraverso le visite guidate delle scolaresche presso le strutture centrali e territoriali dell’Agenzia attraverso il progetto ARPA incontra la scuola, finalizzato ad accrescere comportamenti responsabili nelle nuove generazioni tramite l’approfondimento e la riflessione di insegnanti e studenti rispetto alle tematiche dell’ambiente e della sostenibilità del territorio.

1.3. Organigramma ARPA Sicilia L’Agenzia è articolata in un struttura centrale con sede a

Palermo e in nove strutture periferiche provinciali. L’organigramma dell’azienda è così composto:

1. Direttore Generale

2. Area di Staff

2.1.1. Struttura G1 - Coordinamento Area di Staff

2.1.2. Struttura G2 - Formazione, Informazione e Comunicazione

2.1.3. Struttura G3– Prevenzione e Protezione, Gestione Qualità e Promozione dei Sistemi di Gestione Ambientale

3. Area Amministrativa

3.1.1. Struttura A1 - Affari Generali e Legali

3.1.2. Struttura A2 - Bilancio e Contabilità

3.1.3. Struttura A3 – Patrimonio, Provveditorato ed Economato

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CAPITOLO 1 ARPA AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’A MBIENTE

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3.1.4. Struttura A4 - Amministrazione Risorse Umane e Politiche del Personale

4. Area Tecnica

4.1.1. Struttura T1 - Controlli Ambientali

4.1.2. Struttura T2 - Monitoraggi Ambientali

4.1.3. Struttura T3 - Sistema Laboratori

5. Strutture Territoriali

5.1.1. Struttura Territoriale di Agrigento

5.1.2. Struttura Territoriale di Caltanissetta

5.1.3. Struttura Territoriale di Catania

5.1.4. Struttura Territoriale di Enna

5.1.5. Struttura Territoriale di Messina

5.1.6. Struttura Territoriale di Palermo

5.1.7. Struttura Territoriale di Ragusa

5.1.8. Struttura Territoriale di Siracusa

5.1.9. Struttura Territoriale di Trapani

1.4. Le attività della Struttura Territoriale di Ragusa

Il dipartimento provinciale di Ragusa dell’ARPA si occupa di:

• attività tecniche, laboratoristiche e di controllo e monitoraggio;

• progettazione ed efficace attuazione a livello territoriale dei programmi e dei progetti in materia di Prevenzione e Protezione, Formazione ed Aggiornamento Scientifico, Educazione Ambientale, Rinnovo Tecnologico e Strumentale, Documentazione e URP;

• collaborazione e relazioni con Enti, Organismi, Associazioni e privati cittadini nello svolgimento delle attività di competenza;

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CAPITOLO 1 ARPA AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’A MBIENTE

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• accordi, convenzioni e protocolli con gli Sportelli unici per le attività produttive nell’ambito della generale attività di supporto agli enti locali in tema di protezione ambientale;

• proposta, nell’ambito delle competenze dell’ARPA Sicilia, alle Amministrazioni competenti di misure cautelari, di emergenza e di comunicazione di rischio che si rendano necessarie a livello provinciale e locale.

• raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Direzione dell’ARPA Sicilia;

Le principali funzioni del Dipartimento sono riconducibili alle attività di monitoraggio, controllo e emissione di pareri. Svolge inoltre, attività di supporto agli enti locali per il rilascio delle autorizzazioni relative alla tutela ambientale, secondo quanto previsto dalla normativa vigente. Ha compiti di consulenza e di supporto all'attività di vigilanza del Dipartimento di prevenzione dell’ASP, ad altri Enti pubblici e privati. In particolare le attività sono realizzate mediante il presidio del territorio di competenza, con interventi di vigilanza e controllo sulle attività umane con ricadute ambientali, in relazione a:

• acque: superficiali, sotterranee, di scarico

• aria

• rumore

• suolo e rifiuti

• agenti fisici

In particolare gli interventi sul territorio riguardano:

ARIA: Monitoraggio qualità dell’aria mediante tre centraline dislocate sul territorio del comune di Ragusa secondo quanto previsto dal D.Lgs 155/2010. Verifica autocontrollo emissioni in atmosfera D L.gs. 152/06;

ACQUA: Monitoraggio acque superficiali, sotterranee, marino – costiere; controlli acque reflue;

SUOLO E BONIFICHE: Attività di controllo e campionamento siti inquinati - Parere su terre e rocce da scavo;

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CAPITOLO 1 ARPA AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’A MBIENTE

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RIFIUTI: Attività di controllo su discariche autorizzate, pozzi sentinella, percolati, impianti di trattamento e recupero dei rifiuti - Sopralluoghi su richiesta autorità giudiziaria;

SERVIZIO DI LABORATORIO: Esecuzione di analisi per competenze istituzionali su matrici acqua e suolo;

AGENTI FISICI: Monitoraggio e controllo tramite misure e calcoli previsionali delle emissioni di radiazioni non ionizzanti a bassa e alta frequenza. Rilascio di pareri per l’installazione di nuove antenne. Monitoraggio tramite campagne preventive per valutare la presenza di gas radon in ambienti di vita e sui luoghi di lavoro.

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CAPITOLO 2 MONITORAGGIO DEI C.E.M.

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2 MONITORAGGIO DEI CAMPI ELETTROMAGNETICI AD ALTA FREQUENZA

2.1. I campi elettromagnetici ad alta frequenza Tutti noi viviamo in un ambiente permeato da campi

elettromagnetici ad alta frequenza, identificando con questo termine quella parte dello spettro elettromagnetico compreso tra le frequenze 100 kHz e 300 GHz, denominate anche radiofrequenze (RF) [1]. Per accorgersi di questa presenza pervasiva è sufficiente accendere un apparecchio che capta tali campi elettromagnetici, quale una radio, una televisione o un telefono cellulare: la ricezione di una trasmissione radio-televisiva o la presenza del segnale sul display del telefonino, ci fanno capire che l’ambiente in cui viviamo è completamente permeato dai campi elettromagnetici.

L’avvento delle telecomunicazioni, con lo sviluppo dei sistemi di radiodiffusione, ha quindi di fatto reso l’esposizione a campi elettromagnetici RF una condizione comune a tutti gli ambienti in cui vivono membri di popolazioni tecnologicamente evolute come la nostra. Si tratta di una forma di esposizione relativamente recente per l’uomo, se consideriamo che le telecomunicazioni hanno una storia di circa un centinaio di anni e che campi elettromagnetici RF di origine naturale quali quelli generati dal sole, hanno livelli talmente bassi da non essere neanche rilevabili se non usando strumentazione particolarmente sofisticata.

I sistemi per telecomunicazioni, principali responsabili di questa nostra convivenza con i campi elettromagnetici RF, hanno peraltro conosciuto negli ultimi anni un grande sviluppo che non accenna a rallentare. Maggiori e più efficienti possibilità nelle trasmissioni di dati, immagini e informazioni sono associate a nuove tipologie di sorgenti quali trasmettitori per la televisione digitale, antenne per servizi wireless e WiFi, ripetitori per telefonia digitale UMTS, ripetitori per servizi televisivi su portatili e così via.

Dando uno sguardo allo spettro elettromagnetico (tabella 2.I), anche abbreviato in spettro EM e definito come l'insieme di tutte le

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possibili frequenze delle radiazioni elettromagnetiche, possiamo vedere la collocazione delle radiofrequenze all’interno delle radiazioni.

Tabella 2.I. Spettro elettromagnetico

Nella tabella 2.II possiamo vedere le applicazioni delle RF e le loro caratteristiche. Banda Caratteristiche Usi

VLF Bassa attenuazione a qualunque ora del giorno e della notte, in qualsiasi stagione

Radio navigazione, radio localizzazione, comunicazioni intercontinentali

LF Bassa attenuazione notturna C.S.

MF Alta attenuazione diurna Radio trasmissioni AM, comunicazioni per navi e aerei

HF Trasmissione a lunga distanza variabile tra giorno e notte e a seconda delle stagioni

Radio trasmissioni di tutti i tipi a media e lunga distanza tra punti fissi e mobili

VHF Propagazione sostanzialmente rettilinea

Televisione, radio trasmissioni FM, radar, radio navigazione

UHF C.S. Televisione, radar, ponti radio, radio navigazione

SHF C.S. Radar, ponti radio, radio navigazione

EHF C.S. Radio navigazione, radar, meteorologia

Tabella 2.II. caratteristiche e usi delle RF

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Vediamo ora nel dettaglio dove hanno origine queste radiofrequenze e come si propagano fino al nostro ambiente di vita quotidiano.

2.1.1. Le sorgenti di campo elettromagnetico a radiofrequenza: le antenne

L’antenna è un dispositivo in grado di convertire un segnale elettrico in onde elettromagnetiche e irradiarle nello spazio circostante o, viceversa, convertire in un segnale elettrico, che si propaga in un cavo, un’onda elettromagnetica captata nello spazio. L’antenna è quindi un trasduttore, in quanto converte le due seguenti forme di energia: onde elettromagnetiche guidate nei cavi che connettono l’antenna all’alimentatore e onde elettromagnetiche radiate che si propagano nello spazio circostante. Le antenne possono pertanto essere di tipo ricevente o trasmittente a seconda dell’uso cui sono destinate oppure possono svolgere entrambe le funzioni anche simultaneamente. Anche se qualsiasi oggetto conduttivo può fare da antenna, l’efficienza nella conversione tra le due forme di energia è fortemente dipendente dalla sua forma e dal rapporto tra le sue dimensioni e la lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica. Forme e dimensioni delle antenne saranno pertanto progettate per ottenere le maggiori efficienze di conversione alle diverse frequenze dell’onda elettromagnetica ricevuta o trasmessa.

2.1.2. Parametri caratteristici delle antenne: guadagno e diagramma di radiazione

Le modalità di irradiazione o ricezione dei segnali elettromagnetici da parte delle antenne sono descritte in gran parte sulla base dei due seguenti parametri: guadagno e diagramma di irradiazione [2].

Per definire il guadagno, immaginiamo di avere un’antenna ideale che irradia energia elettromagnetica allo stesso modo in tutte le direzioni, che chiameremo radiatore isotropo puntiforme. Per questa antenna ideale la potenza irradiata, PIRR, è distribuita uniformemente in ogni direzione e pertanto la densità di potenza irradiata o intensità di

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radiazione, SISO, non dipende dalla direzione di irraggiamento e assume un valore dato dalla seguente espressione:

24 r

PS IRR

ISO π=

Il radiatore puntiforme isotropico, per quanto sia un modello puramente ideale, è comunque molto utile come antenna di riferimento, con la quale confrontare i risultati ottenuti per le antenne reali.

In particolare, si definisce guadagno direttivo di una antenna, D(q,ϕ),in una determinata direzione (q,ϕ) il rapporto tra l’intensità di radiazione in quella direzione e l’intensità di radiazione che avrebbe un radiatore puntuale isotropo a parità di potenza totale irradiata PIRR.

ISOS

rSD

),,(),(

ϕϑϕϑ =

Il valore massimo del guadagno direttivo DMAX , prende il nome di direttività che, per ciascuna antenna, assume un valore costante rappresentando il guadagno direttivo nella direzione di massimo irraggiamento dell’antenna.

Per visualizzare la distribuzione spaziale della radiazione emessa da un’antenna si usa una rappresentazione grafica denominata diagramma di radiazione.

Il diagramma di radiazione dovrà descrivere graficamente la distribuzione di grandezze quali l’ampiezza del campo elettrico, la densità di potenza o il guadagno, nello spazio tridimensionale e, quindi, dovrà essere rappresentata da una figura solida detta solido di radiazione. Per comodità si possono considerare, in luogo del solido di radiazione, due sue sezioni che consentano, grazie a simmetrie su due piani di riferimento, la ricostruzione del solido (vedi fig. 2.1).

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Figura 2.1. Esempio di solido di radiazione e sezioni sui due piani principali

Tipicamente il diagramma di radiazione si esprime in dB, in quanto i valori rappresentati in termini di ampiezza del campo elettrico, di densità di potenza o di guadagno, sono normalizzati rispetto al valore massimo. Il diagramma di radiazione descrive la distribuzione angolare dell’intensità della radiazione emessa dall’antenna solo a partire dalla distanza che determina l’inizio della cosiddetta zona di campo lontano. A distanze inferiori le caratteristiche di emissione dell’antenna non sono più descrivibili con un diagramma di radiazione in quanto la distribuzione angolare dell’intensità del campo elettromagnetico dipende dalla distanza.

2.1.3. Tipologie di antenne In funzione dei loro utilizzi, le antenne possono essere realizzate

in modo tale da avere determinati guadagni e diagrammi di radiazione. Le antenne si possono a grandi linee ricondurre alle seguenti tipologie: antenne lineari, antenne ad apertura, antenne a riflettore, schiere o allineamenti di antenne.

Le antenne lineari hanno una forma basata su una struttura di tipo filiforme con una geometria variabile. Si tratta di antenne che hanno

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solitamente simmetria cilindrica con un diagramma orizzontale isotropo ed un guadagno basso. Due esempi di questa tipologia di antenne sono i dipoli e le antenne biconiche (figura 2.2).

Figura 2.2. Antenna a dipolo a sinistra e antenna biconica a destra

Le antenne ad apertura sono caratterizzate da una apertura (bocca) praticata in una parete metallica attraverso la quale viene irradiata l’onda elettromagnetica. Esse hanno elevati guadagni ed una buona uniformità del campo elettromagnetico irradiato su porzioni di piani ortogonali alla direzione di propagazione anche a distanze prossime all’antenna. Un esempio di antenna ad apertura denominata horn, o antenna a tromba, è riportata in figura 2.3.

Figura 2.3. Antenna a horn o a tromba

Le antenne a riflettore sono costituite da un illuminatore che irradia verso una o più superfici riflettenti, così da ottenere fasci collimati con elevate direttività e guadagni. Le più utilizzate sono a riflettore parabolico e si basano sulla proprietà di collimazione del fascio offerta da una superficie parabolica quando illuminata dal fuoco (vedi figura 2.4).

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Figura 2.4. Antenna a riflettore parabolico

Un’ulteriore tipologia di antenne è costituita da quelle ottenute con una schiera di singoli elementi messi insieme. L’effetto voluto è quello di aumentare il guadagno finale dell’antenna, inoltre questo tipo di antenne consente di variare la direzione di massimo irraggiamento del fascio applicando sfasamenti ai segnali che alimentano i singoli elementi. Nel caso dell’antenna log-periodica solo un dipolo è alimentato e induce correnti sugli altri dipoli che sono passivi. In funzione del dipolo che viene alimentato cambierà la frequenza di funzionamento dell’antenna, che sarà massima se viene alimentato il dipolo più corto e minima se viene alimentato il dipolo più lungo. Antenne come le log-periodiche che funzionano in un ampio intervallo di frequenze vengono dette a “banda larga”.

2.1.4. Caratteristiche dei campi elettromagnetici emessi dalle antenne

Un modello fisico che descrive la propagazione dell’energia elettromagnetica nello spazio è quello dell’onda elettromagnetica piana, che ha le seguenti proprietà [3]:

• I campi elettrico (E) e magnetico (H) oscillano con una certa frequenza f sullo stesso piano e in direzioni ortogonali tra loro;

• Il piano sul quale oscillano i due campi E e H è ortogonale alla direzione di propagazione dell’onda;

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• Le ampiezze dei campi sono espresse: E in volt/metro [V/m] e H in ampere/metro [A/m].

L’onda elettromagnetica piana può pertanto essere rappresentata come in figura 2.5.

Figura 2.5. Rappresentazione di un’onda elettromagnetica piana

Un’altra importante grandezza fisica che caratterizza l’onda elettromagnetica è il vettore di Poynting, S, che è legato ai vettori campo elettrico e magnetico dalla seguente espressione:

HESrrr

×=

Il modulo del vettore di Poynting, esprime la densità di potenza dell’onda elettromagnetica: l’energia elettromagnetica che fluisce nell’unità di tempo attraverso una superficie ortogonale alla direzione di propagazione.

Nello spazio circostante il centro elettrico possono essere individuate tre differenti zone delimitate da due distanze r dal centro elettrico e caratterizzate da differenti modalità di propagazione del campo elettromagnetico emesso, come rappresentato in figura 2.6:

• zona di campo reattivo o di Rayleigh, dove i campi elettrico e magnetico sono di tipo quasi-statico e decrescono con la distanza secondo la funzione 1/r3;

• zona di campo vicino radiato o di Fresnel, dove il campo elettromagnetico decresce secondo la funzione 1/r2;

• zona di campo lontano o di Fraunhofer, dove il campo elettromagnetico decresce secondo 1/r.

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Figura 2.6. Zone di campo intorno a un’antenna

In funzione dei modelli che si usano e delle approssimazioni adottate si possono individuare in diversi modi le distanze che segnano il confine tra le diverse zone di campo. L’approssimazione più usata è la seguente: il campo reattivo si estende fino a una distanza dal centro di antenna pari a l/2p,mentre la zona di Fresnel è compresa tra il campo reattivo ed una distanza che corrisponde al valore maggiore tra la quantità l e 2D2/l, con D pari alla dimensione massima dell’antenna. Nella zona di campo reattivo prevalgono, quindi, componenti del campo di tipo quasi - statico che non rappresentano una propagazione di energia elettromagnetica. Nella zona di campo vicino, o di Fresnel, si hanno ancora significative variazioni dell’intensità dei campi elettrico e magnetico da un punto all’altro, tuttavia in ogni punto di questa zona riusciamo a correlare il campo elettrico e magnetico uno funzione dell’altro. Nella zona di campo lontano, la distribuzione spaziale del campo elettromagnetico e le sue modalità di propagazione sono molto più semplici di quelle delle altre due zone in quanto, in questo caso, il campo elettromagnetico si comporta come un’onda piana.

2.1.5. L’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza: gli impianti per telecomunicazione

Negli ambienti frequentati dalla popolazione l’esposizione ai campi elettromagnetici (CEM) a RF è determinata in modo quasi esclusivo dagli impianti per telecomunicazione, intendendo con questo

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termine i sistemi di antenne trasmittenti installate su tralicci o edifici allo scopo di comunicare informazioni a distanza.

Vi sono altri dispositivi di diffuso utilizzo, anche domestico, che possono emettere radiazione a RF come effetto non voluto di dispersione di energia, quali i forni a microonde, o per trasmettere segnali non nell’ambito delle telecomunicazioni, quali antifurti, telepass e telecomandi. Queste tipologie di sorgenti non verranno prese in considerazioni in quanto emettono campi di livello molto basso, in spazi confinati o per durate molto limitate, quindi non costituiscono una fonte significativa di esposizione per la popolazione [4].

Un caso particolare è rappresentato da sorgenti utilizzate come dispositivi personali, quali i telefoni cellulari. L’esposizione a questo tipo di apparati merita attenzione perché il loro utilizzo richiede il posizionamento a breve distanza dalla testa per tempi significativi [5].

I diversi sistemi di telecomunicazioni sono caratterizzati dalla banda di frequenza ad essi assegnata e dal tipo di modulazione del segnale trasmesso. La modulazione è una caratteristica essenziale dei segnali utilizzati nelle telecomunicazioni in quanto, in sua assenza, il segnale non potrebbe avere alcun contenuto informativo. Infatti una singola armonica elementare avente una certa ampiezza e frequenza non è in grado di trasportare alcuna informazione se non quelle relative alla propria frequenza, ampiezza e fase. Per attribuire un contenuto informativo al segnale occorre far variare uno o più dei parametri che caratterizzano la portante secondo una specifica funzione che definisce il segnale modulante. Si avranno in questo modo segnali modulati in ampiezza (AM), in frequenza (FM), e in fase (PM). Se il segnale modulante è una funzione continua si avrà una modulazione di tipo analogico; se, invece, assumerà solo due possibili valori, del tipo 0 o 1, o una stringa di questi in modo da rappresentare un’informazione in formato binario, si avrà una modulazione di tipo digitale. Le principali tipologie di modulazione digitale di ampiezza, frequenza e fase sono rispettivamente denominate: ASK (Amplitude Shift Keying), FSK (Frequency Shift Keying) e PSK (Phase Shift Keying).

Sia i trasmettitori di segnali radio-TV che le stazioni radio base per telefonia mobile sono progettate per ottenere una copertura mirata di una parte del territorio, evitando dispersioni inutili di energia

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elettromagnetica verso luoghi in cui non ci sono utenti e interferenze in luoghi coperti da altre antenne. L’intensità dell’esposizione al campo elettromagnetico in prossimità di un impianto per telecomunicazione non è determinata solo dalla distanza dall’impianto e dalla potenza con cui esso viene alimentato, ma anche dalla sua altezza da terra, dalle modalità di irraggiamento (diagramma di radiazione) e dall’inclinazione verso il basso del fascio di radiazione (tilt). Vediamo, brevemente, come funzionano nel dettaglio gli impianti per le telecomunicazioni.

Gli impianti di diffusione radiotelevisiva hanno potenze che variano, in funzione del bacino di utenza, da qualche kW a qualche decina di kW; in particolare, potenze maggiori di 1 kW sono caratteristiche degli impianti progettati per coprire un’estesa area di servizio. Il bacino di utenza, infatti, può essere costituito da un’area urbana, da un gruppo di comuni, da una provincia o da un’intera regione; conseguentemente gli impianti sono localizzati in area urbana, su tralicci o su edifici, oppure sulle colline circostanti un centro abitato o sui crinali delle montagne. La trasmissione di un segnale radiotelevisivo segue il seguente percorso: il segnale viene inviato tramite un ponte radio ad alta frequenza e a bassa frequenza, realizzato con antenne paraboliche, dallo studio radiotelevisivo alla posizione del ripetitore dove un sistema di broadcasting ad alta potenza e di adeguata frequenza emette il segnale fruibile dall’utenza. Nella stessa postazione può essere presente un trasmettitore, o anche più di uno che invia il segnale ad altri ripetitori.

Vediamo nel dettaglio ora le trasmissioni radiofoniche. Esistono diverse tipologie di servizi per diffusione di trasmissioni radiofoniche, a ciascuno dei quali è assegnata una diversa banda di frequenza. Il servizio radiofonico maggiormente utilizzato è quello che fa uso di segnali modulanti in frequenza FM nella banda II VHF: 87.5 kHz – 108 kHz.

I sistemi radianti per le trasmissioni in FM sono costituiti da schiere di dipoli, di antenne log-periodiche o di pannelli che si estendono per diversi metri o decine di metri per ottenere una buona direttività del fascio nel piano verticale. In figura 2.7 è rappresentato un esempio di impianto radiofonico costituito da una schiera di antenne log-periodiche.

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Figura 2.7. Schiera di antenne log-periodiche

Nelle bande di LF, MF e HF assegnate rispettivamente alle onde lunghe, medie e corte, i servizi radiofonici utilizzano segnali a modulazione in ampiezza AM con frequenza modulante fino a 4,5 kHz. I servizi nelle bande LF e HF sono poco utilizzati sul territorio nazionale. Il servizio in onda corta HF è in particolare utilizzato solo per le trasmissioni radiofoniche per l’estero in quanto la propagazione delle onde corte, di tipo ionosferico, è adatta a comunicazioni intercontinentali.

I sistemi radianti degli impianti in onda media sono costituiti da monopoli su un piano conduttivo. Il segnale emesso da questi impianti si propagano lungo una superficie terrestre (onda di superficie) ed è rilevabile fino a diverse centinaia di chilometri.

Le frequenze assegnate alle trasmissioni televisive riguardano la banda VHF, UHF, SHF e EHF. I servizi televisivi sono in questo momento in una fase di importante trasformazione che sta portando all’abbandono dei segnali con modulazione analogica e all’esclusivo utilizzo di segnali con modulazione digitale (DVB-T Digital Video Broadcasting – Terrestrial). La modulazione del segnale televisivo è più complessa di quella di un segnale radiofonico in quanto, in questo caso, vi è un maggior numero di informazioni da trasmettere relative a parametri quali luminosità, colore, suono e sincronismi, tra trasmettitore e ricevitore, per le scansioni verticali e orizzontali necessarie alla

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formazione dell’immagine sullo schermo. Le frequenze del sistema DVB-T sono nelle stesse bande di quelle assegnate ai sistemi televisivi analogici, pertanto, il passaggio al digitale non ha richiesto un cambiamento nei sistemi radianti usati dagli impianti televisivi. Si tratta di sistemi costituiti da una serie allineata di pannelli contenenti schiere di dipoli montati in polarizzazione orizzontale. Le dimensioni tipiche dei pannelli variano da 2 a 4 metri. In figura 2.8 è mostrato un tipico impianto per trasmissioni televisive. Nella figura si notano, oltre ai pannelli rettangolari per la diffusione televisiva, le antenne di forma parabolica per i collegamenti in ponte radio. I diagrammi di radiazione sono molto simili a quelli degli impianti radiofonici, infatti presentano come i primi un’elevata direttività sul piano verticale.

Figura 2.8. Antenna per trasmissioni televisive

Per quanto riguarda invece il servizio di telefonia mobile le reti di trasmissione del segnale elettromagnetico si basa su una copertura del territorio tramite la sua suddivisione in celle. Ogni cella è servita da una stazione radio base che trasmette su un certo numero di canali radio diversi da quelli utilizzati nelle celle adiacenti, allo scopo di evitare interferenze. Poiché la risorsa radio è limitata, per servire un numero elevato di utenti è necessario che i canali radio siano ripetuti nella struttura cellulare, condizione possibile poiché il segnale a radiofrequenza in propagazione nello spazio si attenua con la distanza. Le frequenze associate ai canali vengono dunque riutilizzate in celle differenti, separate tra loro da una distanza d tale che le interferenze generate dai trasmettitori (SRB) che operano alla stessa frequenza siano

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limitate. L’insieme di celle che utilizzano tutti i canali radio disponibili per il servizio di telefonia mobile è detto cluster e costituisce l’elemento di ripetizione della banda di frequenza del territorio (vedi figura 2.9).

Figura 2.9. Schema di riuso delle frequenze con divisione del territorio in celle

Diminuendo le dimensioni della cella aumenta il passo di ripetizione delle frequenze e di conseguenza il numero di comunicazioni gestibili contemporaneamente dal sistema (traffico telefonico). Questo comporta che, in aree a bassa densità di utenza, si realizzano celle di dimensioni elevate ossia aventi un raggio r di copertura grande (qualche km), viceversa in aree ad alta densità le celle avranno un raggio di copertura minore (300 – 400 m). A causa delle più limitate aree di copertura, le stazioni radio base per telefonia mobile sono caratterizzate da potenze molto più basse di quelle tipiche dei trasmettitori radiotelevisivi. Le potenze degli impianti per i servizi di telefonia mobile variano generalmente da alcuni W e alcune decine di W. Essi sono costituiti da un minimo di uno a un massimo di tre sistemi radianti (celle o settori), solitamente a schiere lineari di dipoli con riflettore, che emettono in modo direttivo sul piano verticale, con guadagni variabili dai 15 dB ai 18 dB [6]. In figura 2.10 si riporta un esempio di sito per telefonia mobile insieme allo schema di un settore ed al suo solido di radiazione.

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Figura 2.10. Antenna per stazione radio base e solido di radiazione

Il primo sistema diffusamente utilizzato per la telefonia mobile, ormai dismesso da alcuni anni, è stato il sistema analogico TACS (Total Access Communication System), detto di “prima generazione”. Questo sistema opera con sistemi modulanti in frequenza in modo analogico. Il suo funzionamento si basa sulla tecnica di accesso al canale radio di tipo FDMA (Frequency Division Multiple Access), che consiste nel far corrispondere ad ogni frequenza portante un singolo canale radio sul quale il terminale mobile e la stazione radio base comunicano. Ogni conversazione richiederà, quindi, l’attivazione continua di due portanti, una nella banda down-link e una nella banda up - link.

Il sistema GSM (Global System for Mobile communication), detto di “seconda generazione”, usa segnali con modulazione in frequenza e fase GMSK (Gaussian Minimum Shift Keying), e sfrutta una tecnica di accesso mista a divisione di tempo e frequenza: FDMA/TDMA. La banda assegnata ad un operatore è suddivisa tra diverse frequenze portanti (FDMA) su ognuna delle quali è possibile trasmettere più canali con tecnica TDMA (Time Division Multiple Access). La tecnica TDMA è caratterizzata dalla ripartizione della singola portante, di ampiezza pari a 200 kHz, in frazioni temporali denominate time-slot, in modo tale che più utenti possono utilizzare la stessa portante in istanti e slot diversi. Nei sistemi GSM la trasmissione del segnale è, pertanto, discontinua perché avviene solo durante il time slot assegnato e il canale di traffico è identificato da un determinato intervallo di tempo e da una portante radio. Per questi sistemi la massima potenza irradiata dalle stazioni radio base si avrà solo in condizioni limite di traffico, difficilmente realizzabili: tutti i time slot di tutte le portanti simultaneamente attivati. La potenza irradiata dalle stazioni radio base GSM è ulteriormente limitata dalle modalità di

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funzionamento specifiche di questo servizio: controllo di potenza PC (Power Control) e trasmissione discontinua DTX (Discontinous Transmission). La funzionalità PC consente di calibrare i livelli di potenza da assegnare a ciascun canale di traffico entro un intervallo predefinito: il sistema regolerà una potenza del canale minima per utenti mobili vicini alla stazione radio e una potenza del canale massima per utenti posti ai margini della cella. Tramite la funzionalità DTX, il sistema è in grado di riconoscere quale dei due interlocutori sta parlando ad ogni istante di tempo e attiverà pertanto il canale di trasmissione solo negli istanti in cui l’utente, che è raggiunto dalla stazione radio, è nella posizione di ascolto.

La terza generazione delle reti di telefonia mobile è rappresentata dal sistema UMTS (Universal Mobile Telecommunication System) che utilizza segnali con modulazione digitale QPSK e una tecnica di accesso a divisione di codice W-CDMA (Wideband – Code Division Multiple Access), in base alla quale gli utenti trasmettono alla stessa frequenza e nello stesso istante. La separazione dei vari utenti è ottenuta assegnando a ciascuno un “codice” diverso. Anche per i sistemi UMTS valgono le funzionalità PC e DTX che limitano le potente delle portanti, di ampiezza pari a 5 MHz, rispetto ai valori massimi gestibili dalla SRB. Nella figura 2.11 sono rappresentate, in forma schematica, le tre tecniche di accesso prima esposte.

Figura 2.11. Tecniche di accesso dei sistemi di telefonia mobile

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Le SRB sono, quindi, caratterizzate da potenze non elevate, inferiori solitamente a 50 W, a causa della loro piccola area di copertura (cella). I livelli di esposizioni a tali impianti, che nelle normali condizioni di funzionamento utilizzano peraltro solo una parte della potenza massima disponibile, sono generalmente contenuti ben al di sotto dei valori di riferimenti previsti dalla normativa nazionale.

Per finire prendiamo in analisi i sistemi di trasmissioni WiFi e WiMAX. I dispositivi ricetrasmittenti genericamente indicati con l’acronimo WiFI (Wireless Fidelity) fanno parte di una particolare tipologia di rete wireless a banda larga: la rete WLAN (Wireless Local Area Networks). Tali dispositivi sono normati dagli standard 802.11 [7,8]. I sistemi radianti sono del tipo omnidirezionali, quali antenne a stilo, con guadagni molto bassi, dell’ordine di 2 dB. Una ulteriore tipologia di rete wireless è la WMAN (Wireless Metro Area Networks) utilizzata per applicazioni in spazi aperti quali quelli necessari per servire a banda larga regioni periferiche prive di connettività cablata. I sistemi più avanzati per lo sviluppo di reti WMAN sono quelli basati su tecnologia WiMAX (Worldwide Interoperability for Microwave Access) definita dagli standard IEEE 802.16. I sistemi WiMAX operano nella banda di frequenze 3,4 GHz – 3,6 GHz. I sistemi radianti degli impianti WiMAX sono simili a quelli utilizzati per telefonia mobile, con guadagni variabili tra 15-18dB e con potenze inferiori a 4-5W. Tali sistemi radianti non sono ancora molto diffusi in quanto la tecnologia WiMAX non ha avuto un grande successo in controtendenza alle aspettative dei gestori. I sistemi WiFi, pur essendo di bassa potenza, possono essere installati in aree dove è possibile la presenza di persone in prossimità dell’impianto. La distribuzione del campo elettrico emesso da un dispositivo WiFi con potenza in antenna 100mW, installato in un ufficio a 2,2 metri dal pavimento assume valori superiori a 6 V/m a distanze inferiori ai 35 cm dall’access point mentre a distanze superiori a 2 m il campo elettrico si riduce a valori inferiori a 1 V/m. Utilizzando invece un sistema WiMAX con sistema radiante avente guadagno pari a 16 dB e potenza in antenna 3,5 W si raggiungono i 6 V/m a una distanza inferiore ai 10 m nella direzione di massimo irraggiamento.

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2.2. Effetti sanitari dei campi elettromagnetici ad alta frequenza

I campi elettromagnetici interagiscono con le cariche elettriche presenti nel corpo umano, esercitando forze su di esse, e quindi provocano una qualche risposta, che può tradursi in un effetto biologico. Questo non implica necessariamente un effetto di danno alla salute (o effetto sanitario). Come espresso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità "un effetto biologico si verifica quando l'esposizione alle onde elettromagnetiche provoca qualche variazione fisiologica notevole o rilevabile in un sistema biologico", mentre "un effetto di danno alla salute si verifica quando l'effetto biologico è al di fuori dell'intervallo in cui l'organismo può normalmente compensarlo, e ciò porta a qualche condizione di detrimento della salute”. Gli effetti biologici e sanitari sono diversi secondo la frequenza dei campi esterni che li inducono. L’importanza relativa di ciascun effetto cambia gradualmente all’aumentare della frequenza e in alcune zone dello spettro elettromagnetico coesistono effetti diversi. Si possono comunque schematicamente individuare intervalli caratterizzati da meccanismi di interazione, e quindi effetti biologici e sanitari, specifici. Ai fini della protezione si distinguono solitamente i seguenti tipi di campi: campi elettrici e magnetici statici (0 Hz), campi elettrici e magnetici a frequenza intermedia (300 Hz - 10 MHz), campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde (10 MHz - 300 GHz).

Gli unici effetti sanitari accertati sono di natura acuta (cioè immediati) e si verificano solo al di sopra di determinati livelli (soglie) di esposizione. Su questi effetti si basano i limiti di esposizione raccomandati dalle più autorevoli organizzazioni internazionali. Sono stati anche ipotizzati effetti a lungo termine che potrebbero derivare da esposizioni croniche a livelli di campo inferiori ai limiti, ma di questi effetti la ricerca non ha trovato indicazioni convincenti.

Le risposte dell’organismo umano ai campi elettromagnetici dipendono in modo determinante dalla frequenza di questi ultimi. I meccanismi di interazione con i tessuti biologici e con gli organi variano infatti sostanzialmente nelle diverse regioni dello spettro elettromagnetico. Schematicamente, si possono distinguere quattro regioni: campi elettrici e magnetici statici, campi elettrici e magnetici a

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frequenza estremamente bassa (ELF, Extremely Low Frequency), campi elettrici e magnetici a frequenza intermedia (IF, Intermediate Frequency) e campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde (RF/MW, Radiofrequency/Microwaves). Sono stati identificati, e sono ben compresi, alcuni meccanismi di interazione a livello macroscopico che danno luogo a risposte biologiche ben definite. I campi magnetici statici possono provocare l’allineamento di molecole dotate di particolare struttura (magneticamente polarizzate o polarizzabili) mentre i campi elettrici statici, efficacemente schermati dalle cariche elettriche che si dispongono sulla superficie del corpo per effetto dei campi stessi, non penetrano nel corpo e provocano al più sensazioni superficiali. I campi elettrici e magnetici ELF inducono all’interno del corpo campi elettrici e correnti elettriche che possono stimolare tessuti elettricamente eccitabili, in particolare quelli del sistema nervoso e i tessuti muscolari. I campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde trasportano energia elettromagnetica che viene assorbita dai tessuti corporei e trasformata in calore provocando, in definitiva, un aumento di temperatura dell’intero corpo o di sue parti, secondo le modalità di esposizione. Gli effetti legati all’aumento di temperatura sono comunemente indicati come effetti termici. Nel caso dei campi elettromagnetici a frequenza intermedia possono essere attivi entrambi i meccanismi di stimolazione e di riscaldamento.

La ricerca di vari decenni, con la pubblicazione di migliaia di articoli scientifici, ha permesso di identificare chiaramente alcuni effetti sanitari. I dati indicano che tutti gli effetti accertati sono acuti (cioè si presentano come risposta immediata all’esposizione) e si osservano solo al di sopra di determinate soglie, ovviamente più alte delle soglie per gli effetti biologici. Essendo diversi i meccanismi di interazione, si hanno effetti acuti diversi per i campi statici, quelli ELF, quelli a frequenza intermedia e quelli a radiofrequenza e microonde.

Entriamo ora nel dettaglio degli effetti acuti e a lungo termine per i campi elettromagnetici a radiofrequenza.

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2.2.1. Effetti acuti dei campi a radiofrequenza e microonde

L’energia elettromagnetica associata ai campi ad alta frequenza viene assorbita dai tessuti biologici e convertita in calore. Questo meccanismo di interazione, ben documentato e compreso, è alla base dei cosiddetti "effetti termici" dei campi elettromagnetici.

L’aumento di temperatura (del corpo intero o di sue parti a seconda che l’esposizione sia generale o localizzata) è contrastato dai meccanismi di termoregolazione come l’aumento della circolazione sanguigna, la sudorazione o la respirazione accelerata. Queste reazioni biologiche rallentano il processo di riscaldamento e riducono la temperatura a cui si stabilisce l’equilibrio termico. Per la protezione del pubblico e dei lavoratori sono stati stabiliti a livello internazionale dei limiti di esposizione tali da limitare, anche nei soggetti più sensibili, l’aumento stabile della temperatura ben al di sotto di 1° C, una variazione inferiore a quelle associate ai normali processi fisiologici e quindi tollerabile dall’organismo anche per tempi prolungati. Il tempo richiesto per raggiungere l’equilibrio termico è di qualche decina di minuti. Per questa ragione i limiti di esposizione non debbono essere intesi come istantanei, bensì come valori da non superare in media entro un arco di tempo definito, che in genere è pari a 6 minuti.

2.2.2. Effetti a lungo termine dei campi a radiofrequenza e microonde

I possibili effetti a lungo termine dell’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde, sono stati oggetto di numerose ricerche sia di tipo sperimentale, sia di tipo epidemiologico, incentrate in gran parte sulla loro eventuale cancerogenicità.

I risultati dei numerosi studi di laboratorio su animali da esperimento condotti per indagare l’eventuale cancerogenicità dei campi a radiofrequenza e microonde (studi a lungo termine su roditori, studi su animali geneticamente predisposti allo sviluppo di tumori, studi di co-cancerogenicità e studi su eventuali effetti facilitanti lo sviluppo di tumori da cellule neoplastiche trapiantate) sono piuttosto coerenti nell’indicare che non vi sia alcun effetto cancerogeno. Anche gli studi di

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genotossicità, condotti su cellule umane o animali dopo esposizione ai campi in vivo o in vitro, si sono dimostrati per la maggior parte negativi, cioè non hanno dimostrato incrementi nella frequenza di rotture del DNA a singolo filamento, né di altri indicatori di danno genotossico (aberrazioni cromosomiche, scambi tra cromatidi fratelli, micronuclei) nei campioni esposti rispetto alla frequenza osservata nei campioni non esposti.

Alcuni studi sperimentali avevano segnalato la possibilità che l’esposizione a livelli sub-termici di campi a radiofrequenza e microonde potesse aumentare la permeabilità della barriera emato-encefalica (facilitando così il passaggio di eventuali composti cancerogeni dal sangue al cervello), ma molti studi successivi non hanno confermato questo sospetto.

Per quanto riguarda gli studi epidemiologici sugli effetti a lungo termine dei campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde, sono state effettuate soprattutto indagini sull’incidenza di tumori in gruppi di popolazione esposti in ambito professionale o residenziale, e studi sugli utilizzatori di telefoni cellulari. Alcuni studi su lavoratori professionalmente esposti hanno indicato un aumento di alcune neoplasie, ma altri non hanno indicato alcuna associazione tra esposizione e patologie. Le notevoli disomogeneità tra gli studi, e le differenze nell’esposizione, non consentono di effettuare meta-analisi per sintetizzare quantitativamente l’evidenza fornita da questi studi. Inoltre nessuno di questi studi fornisce indicazioni quantitative adeguate sull’intensità d’esposizione. La mancanza di utili indicazioni quantitative sull’intensità d’esposizione costituisce il limite fondamentale anche di alcuni studi geografici che sono stati condotti sulla frequenza di neoplasie tra i residenti in prossimità di antenne radiotelevisive.

Un significativo esempio delle incertezze che caratterizzano queste ricerche e della necessità di valutarne con prudenza i risultati è fornito dagli studi di alcuni autori britannici che hanno in un primo tempo confermato un segnalato aumento di leucemie e linfomi intorno ad un’antenna televisiva, ma non hanno trovato alcun aumento di rischio quando l’indagine è stata estesa alle 20 maggiori antenne televisive del paese, aumentando la popolazione in studio e quindi la potenza statistica dell’indagine.

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Nell’insieme, le indagini condotte fino ad ora non forniscono indicazioni coerenti di un’associazione tra forme tumorali e esposizioni ai campi elettromagnetici generati da trasmettitori radiotelevisivi. Per i limiti intrinseci a tutte le analisi epidemiologiche (cioè basate su dati aggregati e non su dati individuali) non è ragionevole attendersi risultati più conclusivi da ulteriori indagini di questo tipo. Gran parte della ricerca epidemiologica recente è stata dedicata alla valutazione dei possibili effetti cancerogeni dell’esposizione alle microonde emesse dai telefoni cellulari. Nel 1997 un gruppo di esperti dell’UE raccomandò lo sviluppo di ricerche epidemiologiche di ampie dimensioni per indagare la possibilità di effetti a lungo termine associati all’uso dei telefonini. Sulla base di questa raccomandazione, la IARC ha coordinato uno studio epidemiologico internazionale, noto come progetto INTERPHONE, che ha coinvolto numerosi Paesi (Australia, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Inghilterra, Israele, Italia, Giappone, Nuova Zelanda, Norvegia e Svezia). Il progetto, costituito da diversi studi nazionali caso-controllo basati su un protocollo comune, mirava in particolare a valutare l’ipotesi che l’uso del cellulare fosse associato ad un incremento dell’incidenza di tumori cerebrali (glioma e meningioma), del nervo acustico e delle ghiandole salivari. A questo studio l’Italia ha partecipato con un gruppo di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità. In questo studio è stato chiesto ai partecipanti (persone malate e soggetti sani di controllo) di indicare quando avevano iniziato a usare il telefono cellulare, il numero di telefonate effettuate e il tempo medio quotidiano trascorso al telefonino. Tra gli utilizzatori regolari di telefoni cellulari, lo studio non ha riscontrato alcun aumento di rischio di gliomi o meningiomi cerebrali, così come non è stato riscontrato nessun aumento del rischio di tumore cerebrale neppure tra coloro che usavano il telefonino da dieci anni o più. Principalmente sulla base di questi dati, tuttavia, nel 2011 la IARC ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde come "possibilmente cancerogeni" (Gruppo 2B), in quanto l'evidenza epidemiologica è stata giudicata "limitata", cioè un’interpretazione causale delle evidenze è ritenuta credibile, ma non è possibile escludere con ragionevole certezza un ruolo del caso, di distorsioni o di fattori di confondimento. Va comunque tenuto presente che alcuni membri dello stesso Gruppo di Lavoro della IARC che ha effettuato la classificazione hanno ritenuto che l'evidenza epidemiologica fosse "inadeguata" (grado di evidenza inferiore a

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"limitata"): se questa opinione fosse stata maggioritaria all’interno del Gruppo di Lavoro, i campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde sarebbero stati presumibilmente assegnati al Gruppo 3 dei "non classificabili in relazione alla loro cancerogenicità per l’uomo".

A seguito della classificazione della IARC, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), di cui la IARC fa parte, si è espressa in favore di ulteriori ricerche giustificate dal crescente utilizzo dei telefoni cellulari e dalla carenza di dati relativi a durate d’uso superiori ai 15 anni. L’OMS non ha invece suggerito revisioni degli attuali standard di protezione fissati a livello internazionale (finalizzati alla prevenzione degli effetti noti, di natura termica, dei campi elettromagnetici a radiofrequenza), né ha suggerito di adottare misure precauzionali di limitazione delle esposizioni connesse all’utilizzo di telefoni cellulari [9].

2.3. La normativa sui campi elettromagnetici La normativa riguardante i limiti di sicurezza per esposizione a

campi elettromagnetici ha raggiunto, negli anni recenti, una sostanziale omogeneità a livello internazionale. Nella maggioranza dei casi si tratta di raccomandazioni o linee guida; l'Italia è uno dei pochi paesi (se non l'unico) ad avere promulgato un "Regolamento" avente forza di legge con decreto del Ministero dell'Ambiente del 10 settembre 1998 [10]. Verranno qui di seguito illustrati i seguenti documenti:

a) le linee guida elaborate dalla Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non-Ionizzanti (ICNIRP) da 0 a 300 GHz. "Guidelines For Limiting Exposure to Time-Varying Electric, Magnetic, and Electromagnetic Fields (up to 300 GHz)", Health Physics, 74 (4), April, 1998 pp. 494-522.

b) lo Standard dell'IEEE approvato dall'American National Standard Institute (1992) da 3 kHz a 300 GHz. "IEEE Standard for Safety Levels with Respect to Human Exposure to Radio Frequency Electromagnetic Fields, 3 kHz to 300GHz", April 27, 1992.

c) la Norma Europea sperimentale del Comitato Europeo di Normalizzazione Elettrotecnica (1995). "Human Exposure to

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Electromagnetic Fields High Frequency (10 kHz to 300 GHz)", CENELEC, January 1995

d) Il Regolamento emanato con Decreto dal governo italiano. "Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana", Decreto Ministero dell'Ambiente n° 381 del 10 settembre1998. GU n° 257 del 3 novembre 1998 e legge quadro 36 del 2001.

I primi tre documenti illustrano i criteri che sono stati seguiti per definire i livelli di sicurezza e le procedure per la loro attuazione. Il quarto riporta solo le conclusioni operative. Pertanto esporremo insieme, in modo comparato i primi tre,e successivamente il quarto.

Le raccomandazioni internazionali a), b), c) contengono alcuni argomenti comuni:

1) definizioni, glossario e unità di misura;

2) criteri di Base: indicazione degli effetti accertati e correlazione con le quantità fisiche del campo (corrente nei tessuti, tasso di energia introdotta, ecc.);

3) effetti diretti e indiretti;

4) fattori di sicurezza;

5) fattore "tempo" (medie temporali, campi pulsati, ecc.);

6) criteri di correlazione tra campo "esterno" e quantità fisiche significative al variare della frequenza;

7) esposizione simultanea a campi di diversa frequenza.

Le raccomandazioni contengono una parte "tecnica" (definizioni unità di misura, ecc.), una esposizione dei criteri di Base; campo e criteri di applicazione;livelli di esposizione consentiti in funzione della frequenza; metodi di misura. Ciascuna di queste parti è sviluppata con diversa enfasi a seconda della natura dell'organismo che le ha prodotte.

Tutti i documenti si prefiggono lo scopo di prevenire il verificarsi di effetti nocivi alla salute umana, individuando, attraverso una valutazione critica e sistematica della letteratura pubblicata, quelli di

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cui è dimostrata l'esistenza e la relazione di causa-effetto. Gli effetti nocivi riconosciuti sono:

1) elettrostimolazione di cellule eccitabili dei nervi e dei muscoli;

2) riscaldamento dei tessuti.

Non sono stati riconosciuti gli effetti nocivi per esposizione a basso livello e dilunga durata, riportati da alcuni autori, perché non suffragati da consistenti prove ed argomentazioni scientifiche. Effetti biologici osservabili non necessariamente si traducono in un effetto nocivo come visto nel paragrafo precedente.

I documenti a) e c) individuano due insiemi distinti di soggetti ai quali si riferiscono le norme: Professionalmente esposti e Popolazione in generale. Per i primi si considera che si tratti di adulti esposti a condizioni note e controllate, informati della possibilità dei rischi e istruiti a prendere opportune precauzioni. La Popolazione in generale si considera composta da individui di tutte le età in varie condizioni di salute o di particolare suscettibilità e non necessariamente informati dei rischi e delle eventuali misure precauzionali. Il documento b) non accetta questa distinzione ma introduce quella tra esposizione in Ambiente Controllato e la esposizione in Ambiente non Controllato. Ambienti Controllati si definiscono i luoghi dove l'esposizione può verificarsi per persone che ne siano consapevoli o che siano di passaggio occasionale e nei quali i livelli possono superare quelli fissati per gli Ambienti non Controllati. Questi ultimi sono i luoghi “dove sono esposti individui che non hanno consapevolezza e controllo della loro esposizione. Le esposizioni possono verificarsi in abitazioni o ambienti di lavoro dove non è previsto che i livelli di esposizione possano superare i valori fissati”. Questa definizione, di per sé poco chiara, rifiuta la distinzione tra sottogruppi di persone esposte mentre considera l'ambiente in cui può avvenire l'esposizione. I limiti fondamentalmente vengono fissati per l'Ambiente non Controllato, dove può essere presente, anche permanentemente un qualsiasi individuo della popolazione. Limiti più alti sono consentiti o per esposizioni occasionali o a soggetti informati del rischio negli Ambienti Controllati, tuttavia lo Standard non dice nulla sul tipo di controllo o di informazione e questa distinzione non sembra trovare accoglienza in ambito internazionale. Le Restrizioni

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Fondamentali (e i Livelli di Riferimento che ne derivano) vengono fissati con un opportuno fattore di riduzione (Fattore di Sicurezza) rispetto alle soglie minime individuate come potenziali cause di effetti nocivi alla salute. Il concetto di Fattore di Sicurezza è ampiamente illustrato nel documento c); esso presuppone:

1) l'identificazione del rischio;

2)la scelta di un fattore moltiplicativo che assicuri la eliminazione del rischio.

Esso tiene conto di condizioni ambientali avverse e della particolare possibile sensibilità di alcuni soggetti. Il fattore di sicurezza è una cautela aggiuntiva rispetto ai criteri con cui sono individuate le soglie di rischio: tali criteri sono già prudenziali perché basati sulle condizioni più sfavorevoli di esposizione.

I livelli di Campo Elettrico, Campo Magnetico, Densità di Potenza che assicurano, con fattori di sicurezza più o meno ampi, che non vengano superate le Restrizioni Fondamentali, sono tabulati e descritti in grafico in funzione della frequenza. Poiché si tratta di grandezze che possono variare rapidamente nello spazio e nel tempo sono anche definite le condizioni spazio-temporali per cui si intendono definiti i Limiti di Esposizione.

2.3.1. La normativa italiana Già dal 1998, con il d.m. n. 381/1998, e poi con la legge quadro

n. 36 del 2001 e i d.P.C.M. 8 luglio 2003 [11] [12], l’Italia ha deciso di adottare politiche di protezione più spinte sul terreno della tutela rispetto all’approccio internazionale, ovvero di tenere in debito conto il rischio connesso con esposizioni prolungate nel tempo a livelli molti bassi, anche in assenza di una accertata connessione causa – effetto tra esposizione e patologie. L’Italia ha deciso di basare le proprie politiche sul principio della prudent avoidance, che afferma come sia prudente evitare o quantomeno ridurre per quanto possibile un’esposizione a un agente esterno, se ci sono dei dubbi sulla sua innocuità.

Di conseguenza, questa filosofia viene attuata attraverso una definizione di valori limite a più livelli: limite di esposizione, che tutelano dagli effetti sanitari accertati (effetti acuti), valori di attenzione

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o misure di cautela, da rispettare negli ambienti adibiti a permanenze prolungate, nonché obbiettivi di qualità, finalizzati alla ulteriore riduzione delle esposizioni indebite, da rispettare all’aperto nelle aree intensamente frequentate.

Secondo la normativa nazionale, il valore di attenzione rappresenta quindi lo strumento per assicurare che lo sviluppo di tecnologie non contribuisca in maniera sensibile a un peggioramento delle condizioni di esposizione degli individui, mentre gli obbiettivi di qualità tendono a contenere ulteriormente nel medio e lungo periodo i livelli dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici nei nostri ambienti di vita.

La “legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” n.36 del 22 febbraio del 2001 stabilisce i principi fondamentali volti ad assicurare la tutela della salute dei lavoratori e della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici e d elettromagnetici generati da qualsiasi tipo di impianto che operi con frequenze comprese tra o Hz e 300 GHz, nonché la tutela dell’ambiente e del paesaggio.

La legge, quindi, allarga gli obbiettivi di tutela non limitandosi alla tutela della salute ma mirando a tutelare anche l’ambiente ed il paesaggio. In particolare, la tutela della salute viene conseguita:

1. attraverso la definizione dei tre differenti limiti, limiti di esposizione, valori di attenzione, obbiettivi di qualità, per gli impianti fissi sorgenti di emissioni elettromagnetiche nell’ambiente;

2. tramite l’informazione agli utenti per le attrezzature di uso domestico e per l’ambito lavorativo, al fine di consentire un utilizzo consapevole delle apparecchiature stesse.

Nella legge, i valori limite sono i seguenti:

• limite di esposizione: valore che non deve essere superarto in alcuna condizione di esposizione, ai fini della tutela della salute dagli effetti acuti;

• valore di attenzione: valore che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze

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prolungate. Esso costituisce la misura di cautela ai fini della protezione da possibili effetti a lungo termine;

• obbiettivi di qualità: sono i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, che hanno il fine di consentire la minimizzazione progressiva dell’intensità e degli effetti, nonché dei valori numerici da rispettare nelle aree all’aperto.

I provvedimenti attuativi di maggiore rilevanza delle legge 36/2001 sono sicuramente quelli che definiscono numericamente i valori limite per le diverse tipologie di sorgente; questi decreti sono stati emanati e sono vigenti dal luglio 2003.

Il d.P.C.M. 8 luglio 2003 “fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obbiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalla esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz” riguarda gli impianti delle telecomunicazione e radiotelevisivi; infatti, il decreto non si applica a impianti radar e agli impianti con emissioni pulsate, nonché agli impianti delle forze armate e delle forze di polizia, per i quali è previsto un successivo decreto, mentre per le sorgenti non riconducibili ai sistemi radio - telecomunicazioni si applicano le restrizioni di cui alla Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 12 luglio 1999.

Il d.P.C.M. fissa i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obbiettivi di qualità (vedi figura 2.14).

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Figura 2.12. limiti di esposizioni, valori di attenzione e obbiettivi di qualità fissati

dal d.P.C.M. 08 luglio 2003

I valori di attenzione valgono all’interno di edifici adibiti a permanenza superiore alle 4 ore giornaliere, nelle pertinente esterne di essi (balconi, terrazzi e cortili) ad esclusione dei lastrici solari. Gli obbiettivi di qualità, individuati per garantire la progressiva minimizzazione dell’esposizione, rappresentano i valori di immissione del campo elettromagnetico che non devono essere superati all’aperto nelle aree intensamente frequentate, intese anche come superfici edificate ovvero attrezzate permanentemente per il soddisfacimento di bisogni sociali, sanitari e ricreativi.

Il d.P.C.M. fissa i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obbiettivi di qualità per la popolazione esposta mentre le esposizioni professionali sono regolamentate dal decreto legislativo 257 del 19 novembre 2007, con cui l'Italia recepisce la direttiva europea 2004/40/CE sulla protezione dai rischi derivanti dall'esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici.

Tale decreto è stato integrato nel testo unico per la sicurezza: DLgs 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i., che all’art. 207 sancisce: “1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si intendono per:

a) campi elettromagnetici: campi magnetici statici e campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo di frequenza inferiore o pari a 300 GHz; b) valori limite di esposizione: limiti

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all'esposizione a campi elettromagnetici che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti garantisce che i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici sono protetti contro tutti gli effetti nocivi a breve termine per la salute conosciuti; c) valori di azione: l'entità dei parametri direttamente misurabili, espressi in termini di intensità di campo elettrico (E), intensità di campo magnetico (H), induzione magnetica (B) e densità di potenza (S), che determina l'obbligo di adottare una o più delle misure specificate nel presente capo. Il rispetto di questi valori assicura il rispetto dei pertinenti valori limite di esposizione”.

Quindi: il rispetto dei valori d’azione assicura il rispetto dei pertinenti valori limite di esposizione e garantisce, pertanto, che i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici di frequenza inferiore a 300 GHz sono protetti contro tutti gli effetti nocivi a breve termine per la salute conosciuti. I valori limite di esposizione sono riportati nell'allegato XXXVI, lettera A, tabella 1 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 I valori di azione sono riportati nell'allegato XXXVI, lettera B, tabella 2 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (vedi figure 2.15 e 2.16).

Figura 2.13. Valori limite di esposizione DLgs 257/07

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Figura 2.14. Valori di azione DLgs 257/07

2.4. La campagna di monitoraggio dei campi elettromagnetici ad alta frequenza in alcuni istituti scolastici del comune di Ragusa

Il monitoraggio dei campi elettromagnetici (cem) ad alta frequenza è un´importante attività di Arpa che si affianca a quella tradizionale di ispezione, controllo e vigilanza svolta tramite rilievi puntuali, permettendo di tenere costantemente sotto controllo diverse aree del territorio antropizzato, caratterizzato dalla presenza concomitante di molteplici sorgenti di campi elettromagnetici (impianti per radiotelecomunicazione: stazioni radio base per la telefonia cellulare, impianti radiotelevisivi,..).

In generale, il monitoraggio in continuo dei campi elettromagnetici ad alta frequenza risponde ai seguenti obiettivi:

1. analisi della variabilità temporale;

2. analisi di situazioni complesse, ad es. per la presenza di molteplici sorgenti che variano nel tempo in modo indipendente e di elementi di perturbazione, (che rendono non del tutto efficaci gli strumenti previsionali ed i rilievi istantanei);

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3. monitoraggio di aree estese;

4. ottimizzazione della pianificazione degli interventi;

5. maggiore visibilità dei dati.

In caso di rilevamento di valori superiori alle soglie di riferimento normativo, Arpa procede ad una verifica dell´eventuale superamento, mediante esecuzione di ulteriori rilievi attraverso altri metodi di misura secondo le norme tecniche di riferimento.

Le centraline di misura utilizzate, hanno dimensioni e peso contenuti, che le rendono facilmente trasportabili e ricollocabili, e sono dotate di capacità di funzionamento autonomo, che ne consente il posizionamento in ambiente esterno, in quanto alimentate a pannello solare. Al loro interno si trovano sensori isotropi a banda larga, operanti nell’intervallo di frequenza compreso tra 100 KHz e 3 GHz, che registrano in continuo il valore efficace del campo elettrico, mediato su un intervallo di 6 minuti, secondo i dettami della normativa vigente. Si parla di monitoraggio in continuo perché la centralina viene posizionata nelle vicinanze del sito da monitorare e registra continuamente, ogni 2 secondi, il campo elettrico. Le sonde presenti al loro interno hanno le seguenti caratteristiche:

Marca e Modello: PMM 8055S

Campo di frequenza: 100 kHz - 3 GHz (“Wide band”);

100 kHz - 860 MHz (“Low band”);

Risoluzione: 0,01 V/m

Sensibilità: 0,5 V/m

Incertezza delle misure: ±10% per f fino a 300 MHz

±15% per f da 300 MHz a 3 GHz.

Le centraline vengono collocate in strutture pubbliche o private (scuole, asili, ospedali, case di cura, case di riposo) o in edifici privati abitativi e di lavoro da personale Arpa, in modo tale da garantire la sicurezza sia della strumentazione sia delle persone che normalmente accedono ai locali interessati.

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La scelta dei siti di monitoraggio avviene di norma in accordo con le Amministrazioni competenti per territorio, con priorità per i siti ritenuti più critici (per numero e tipologia di impianti presenti) o più delicati (asili, scuole, etc). Le campagne di monitoraggio hanno in genere una durata variabile da un minimo di una settimana ad un massimo di due o tre mesi, in base alla criticità dei valori rilevati, e alla variabilità delle sorgenti ed alla disponibilità delle strutture ospitanti.

Nel periodo di misura (durata della campagna) i dati vengono trasmessi dalle stazioni di misura al centro di controllo della Sezione provinciale Arpa di riferimento tramite un trasmettitore GSM che permette di scaricare agevolmente i dati e tenerli costantemente sotto controllo. I dati scaricati riguardano il periodo monitorato e la media su un intervallo di sei minuti del campo elettrico misurato.

Nel caso specifico, durante il periodo di stage, l’ARPA in accordo con la Provincia Regionale di Ragusa responsabile degli istituti scolastici di istruzione secondaria, ha posizionato le centraline per il monitoraggio dei campi elettromagnetici a radiofrequenza nei luoghi pertinenti ad alcuni edifici scolastici presenti nel territorio del comune di Ragusa per monitorarne l’esposizione ai campi elettromagnetici.

Essendo gli studenti considerati dei lavoratori dal D.Lgs 81 del 2008 e s.m.i denominato “Testo Unico per la Sicurezza”, devono essere presi in considerazione i valori limiti e di azione per le esposizioni professionali contenute nel D.Lgs 257 del 2007 per la protezione dei lavoratori dagli effetti a breve termine delle esposizioni ai cem (vedi paragrafo precedente). Tali valori sono sicuramente più elevati rispetto ai valori di attenzione del d.P.C.M. 08 luglio 2003. Questo, infatti, fissa i valori di attenzione per le esposizioni della popolazione che occupa per un periodo maggiore di quattro ore un luogo di vita per la prevenzione dagli effetti a lungo termine dei cem. Durante il nostro monitoraggio abbiamo visto come in effetti i valori di campo elettrico misurato (le misure sono state sempre condotte a banda larga e in condizione di campo lontano) sono di modeste intensità e sempre inferiori al valore di attenzione fissato per la popolazione che ricordiamo vale 6 V/m.

Il periodo di monitoraggio è stato fissato in quattro settimane (un mese circa) motivo per cui è stato possibile acquisire i dati solo in tre strutture scolastiche.

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CAPITOLO 2 MONITORAGGIO DEI C.E.M.

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Le strutture monitorate sono state:

1. Liceo Scientifico Statale “E. Fermi”;

2. Istituto Tecnico Statale Commerciale “F.Besta”;

3. Istituto Tecnico Industriale Statale “E.Majorana”.

2.4.1. Liceo Scientifico Statale “E. Fermi” Il Liceo Scientifico “E. Fermi” di Ragusa ha un edificio

scolastico molto esteso composto da tre edifici indipendenti, uno di queste detto “centrale” e due succursali. Vista la grande estensione il monitoraggio è stato condotto nei punti maggiormente esposti della scuola, uno esposto a un complesso di antenne appartenente alla TELECOM e un altro esposto a una stazione radio base appartenente al gestore telefonico VODAFONE.

Sono stati pertanto individuati i punti maggiormente esposti grazie all’ausilio di uno strumento portatile per la misura delle RF e successivamente sono state collocate le centraline per il monitoraggio.

Monitoraggio Liceo Scientifico “E. Fermi” – edificio “centrale”

Il primo punto di monitoraggio (vedi figura 2.17) è stato individuato in una pensilina , in cui si affacciano le aule degli studenti, posizionata proprio di fronte alle antenne, di proprietà della TELECOM, che si vedono nella figura 2.17 a sinistra (la distanza stimata si attesta a circa 200 metri).

Figura 2.15. Monitoraggio Liceo Scientifico “centrale”

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CAPITOLO 2 MONITORAGGIO DEI C.E.M.

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Il monitoraggio è iniziato giorno 27 aprile 2012 ed è terminato giorno 20 maggio 2012 per un periodo complessivo di quattro settimane. Il software di scarico dati utilizzato evidenzia con una linea rossa il valore di attenzione per il valore del campo elettrico nel range di frequenze considerate che vale 6 V/m. Si riportano nelle figure 2.18/19/20/21 i risultati del monitoraggio.

Come si vede il valore di attenzione non è mai stato superato essendo i valori dei campo elettrico molto minori rispetto a 6V/m; l’aver rispettato il valore di attenzione imposto dal d.P.C.M. 08 luglio 2003 (riguardante le esposizioni della popolazione ai cem) ci permette di affermare che sono rispettati anche tutti i valori limiti per le esposizioni professionali.

Figura 2.16. Prima settimana monitoraggio

Figura 2.17. Seconda settimana monitoraggio

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CAPITOLO 2 MONITORAGGIO DEI C.E.M.

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Figura 2.18. Terza settimana monitoraggio

Figura 2.19. Quarta settimana monitoraggio

Monitoraggio Liceo Scientifico “E. Fermi” – edificio “succursale”. Il secondo punto di monitoraggio (vedi figura 2.22) è stato individuato in una terrazza, vicina alle aule degli studenti, posizionata proprio di fronte alle antenne, di proprietà della VODAFONE, che si vedono nella figura 2.22 a sinistra (la distanza misurata con telemetro laser è risultata pari a 58 metri).

Figura 2.20. Monitoraggio Liceo Scientifico “succursale”

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CAPITOLO 2 MONITORAGGIO DEI C.E.M.

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Il monitoraggio è iniziato giorno 02 luglio 2012 ed è terminato giorno 30 luglio 2012 per un periodo complessivo di quattro settimane. Il software di scarico dati utilizzato evidenzia con una linea rossa il valore di attenzione per il valore del campo elettrico nel range di frequenze considerate che vale 6 V/m. Si riportano nelle figure 2.18/19/20/21 i risultati del monitoraggio.

Come si vede il valore di attenzione non è mai stato superato essendo i valori dei campo elettrico molto minori rispetto a 6V/m; l’aver rispettato il valore di attenzione imposto dal d.P.C.M. 08 luglio 2003 (riguardante le esposizioni della popolazione ai cem) ci permette di affermare che sono rispettati anche tutti i valori limiti per le esposizioni professionali.

Figura 2.21. Prima settimana monitoraggio

Figura 2.22. Seconda settimana monitoraggio

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CAPITOLO 2 MONITORAGGIO DEI C.E.M.

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Figura 2.23. Terza settimana monitoraggio

Figura 2.24. Quarta settimana monitoraggio

2.4.2. Istituto Tecnico Commerciale Aeronatico Statale “F.Besta”

La sede dell’Istituto Tecnico Commerciale Statale “F. Besta” di Ragusa è un edificio scolastico molto esteso composto da un solo edificio. Il monitoraggio è stato condotto nel punto maggiormente esposto della scuola (vedi figura 2.27), in una pensilina posta di fronte a una stazione radio base appartenente al gestore telefonico VODAFONE (la distanza stimata si attesta a circa 70 metri). Il punto maggiormente esposto è stato individuato grazie all’ausilio di uno strumento portatile per la misura delle RF e successivamente è stata collocata la centralina per il monitoraggio.

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CAPITOLO 2 MONITORAGGIO DEI C.E.M.

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Figura 2.25. Monitoraggio ITCA “F. Besta”

Il monitoraggio è iniziato giorno 10 maggio 2012 ed è terminato giorno 08 giugno 2012 per un periodo complessivo di quattro settimane.

Il software di scarico dati utilizzato evidenzia con una linea rossa il valore di attenzione per il valore del campo elettrico nel range di frequenze considerate che vale 6 V/m. Si riportano nelle figure 2.28/29/30/31 i risultati del monitoraggio.

Come si vede il valore di attenzione non è mai stato superato essendo i valori dei campo elettrico molto minori rispetto a 6V/m; l’aver rispettato il valore di attenzione imposto dal d.P.C.M. 08 luglio 2003 (riguardante le esposizioni della popolazione ai cem) ci permette di affermare che sono rispettati anche tutti i valori limiti per le esposizioni professionali.

Figura 2.26. Prima settimana monitoraggio

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CAPITOLO 2 MONITORAGGIO DEI C.E.M.

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Figura 2.27. Seconda settimana monitoraggio

Figura 2.28. Terza settimana monitoraggio

Figura 2.29. Quarta settimana monitoraggio

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CAPITOLO 2 MONITORAGGIO DEI C.E.M.

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2.4.3. Istituto Tecnico Industriale Statale “E.Majorana”

La sede dell’Istituto Tecnico Industriale Statale “E. Majorana” di Ragusa è un edificio scolastico molto esteso composto da più edifici indipendenti. Il monitoraggio è stato condotto nel punto maggiormente esposto della scuola (vedi figura 2.32), nella piazzola di una scala di emergenza posta di fronte a una stazione radio base; la distanza stimata si attesta a circa 150 metri. Il punto maggiormente esposto è stato individuato grazie all’ausilio di uno strumento portatile per la misura delle RF e successivamente è stata collocata la centralina per il monitoraggio.

Figura 2.30. Monitoraggio ITIS “E. Majorana”

Il monitoraggio è iniziato giorno 28 maggio 2012 ed è terminato giorno 26 giugno 2012 per un periodo complessivo di quattro settimane.

Il software di scarico dati utilizzato evidenzia con una linea rossa il valore di attenzione per il valore del campo elettrico nel range di frequenze considerate che vale 6 V/m. Si riportano nelle figure 2.33/34/35/36/37 i risultati del monitoraggio.

Come si vede il valore di attenzione non è mai stato superato essendo i valori dei campo elettrico molto minori rispetto a 6V/m; l’aver rispettato il valore di attenzione imposto dal d.P.C.M. 08 luglio 2003 (riguardante le esposizioni della popolazione ai cem) ci permette di affermare che sono rispettati anche tutti i valori limiti per le esposizioni professionali.

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CAPITOLO 2 MONITORAGGIO DEI C.E.M.

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Figura 2.31. Prima settimana monitoraggio

Figura 2.32. Seconda settimana monitoraggio

Figura 2.33. Terza settimana monitoraggio

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Figura 2.34. Quarta settimana monitoraggio

Figura 2.35. Fine della quarta settimana monitoraggio.

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CAPITOLO 3 MONITORAGGIO DEL RADON

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3. MONITORAGGIO DEL GAS RADON

3.1. Il radon Il radon è un elemento radioattivo presente in natura. La sua

radioattività si classifica nella specie della radioattività naturale, cioè dovuta a elementi contenuti nella crosta terrestre e a sorgenti di origine cosmica. Ogni persona che vive sulla Terra è esposta a un irraggiamento esterno da radiazioni che vengono dallo spazio (radiazioni cosmiche) e da quelle emesse da sostanze radioattive presenti nella crosta terrestre, nell'aria e nell'acqua fin dalle origini del nostro Pianeta. I raggi cosmici e gli elementi radioattivi della crosta terrestre sono la causa di due tipi di esposizione: interna, tramite l’ingestione di elementi radioattivi, ed esterna, dall'irradiazione. L'esposizione interna, dovuta non solo all'inalazione ma anche all'ingestione, varia sia con le zone sia con il tipo di alimentazione. La radiazione cosmica in questo senso contribuisce ben poco. L'esposizione esterna dovuta agli elementi radioattivi terrestri dipende invece dalla loro concentrazione nel suolo e quindi varia con la posizione geografica e la composizione delle rocce.

Esistono in natura degli elementi, come l’uranio, il torio, i quali hanno la proprietà di emettere spontaneamente delle radiazioni penetranti, capaci d’impressionare una lastra fotografica e dotate di forte potere ionizzante. Questa proprietà viene detta radioattività e le sostanze che la posseggono vengono dette sostanze radioattive. Le sostanze radioattive terrestri sono i radionuclidi primordiali che decadendo danno origine ad altri elementi radioattivi. In natura sono di particolare rilevanza i nuclidi radioattivi appartenenti alle tre famiglie naturali: la serie dell'Uranio con capostipite 238U, la serie del Torio con capostipite 232Th e la serie dell'Attinio con capostipite 235U. In ciascuna di queste serie è presente un isotopo del Radon (Rn). Il 222Rn, prodotto dall'Uranio-238 che è il più abbondante in natura, è quello con tempo di dimezzamento più lungo e pertanto è quello che viene maggiormente considerato. La radioattività venne scoperta casualmente dal francese Becquerel nel 1896 nel corso di ricerche su dei sali di uranio. In seguito, soprattutto per merito della polacca Curie, si scoprì che l’emissione era direttamente proporzionale alla quantità di uranio presente e che gli

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CAPITOLO 3 MONITORAGGIO DEL RADON

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effetti radioattivi erano indipendenti dallo stato chimico e dalle condizioni fisiche (fase di aggregazione, temperatura, pressione) del materiale attivo. La radioattività infatti è un fenomeno nucleare cioè è una proprietà che risiede nel nucleo e dipende solamente dalle proprietà di quest’ultimo. È un processo naturale attraverso il quale gli atomi instabili di un elemento emettono energia da parte dei nuclei, trasformandosi in atomi di un diverso elemento (decadimento alfa o beta) o in stati energetici minori di uno stesso elemento (decadimento gamma).

La radioattività ambientale è determinata da due componenti: la radioattività artificiale e quella naturale (fondo naturale di radiazioni).

La radioattività naturale è la principale sorgente di radiazioni a cui l’uomo è normalmente esposto. Le radiazioni naturali sono, infatti, da sempre presenti nell’ambiente terrestre e sono state l’unica fonte di radiazione fino a poco meno di un secolo fa. Ancora oggi, nonostante il largo impiego di sostanze radioattive artificiali di vario genere, la radioattività naturale continua a fornire il maggior contributo alla dose ricevuta dalla popolazione.

La radioattività naturale può essere:

• di origine terrestre, dovuta ai radionuclidi primordiali, risalenti alla formazione del sistema solare e presenti in diverse concentrazioni nei materiali inorganici della crosta terrestre (rocce, minerali). Tra questi distinguiamo l’238U l’ 235U e il 232Th che, decadendo, danno origine alle famiglie radioattive, di cui fanno parte tre dei più importanti isotopi del Radon: il 222Rn, il 220Rn, il 219Rn. La radioattività naturale di origine terrestre è dovuta, in parte, anche a radionuclidi singoli (radionuclidi primordiali che non appartengono alle famiglie radioattive):40K e 87Rb;

• di origine extraterrestre, costituita dai radionuclidi cosmogenici prodotti dalle reazioni nucleari dovute all’interazione dei raggi cosmici, provenienti dal Sole e dalla galassia, ed elementi presenti nell’atmosfera.

Nella figura 3.1 vengono riportate le percentuali dei contributi alla dose delle diverse sorgenti naturali di radiazioni ionizzanti, in Italia. Confrontando l’esposizione dell’uomo alla radioattività dovuta al Radon

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CAPITOLO 3 MONITORAGGIO DEL RADON

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con quella di diversa origine, in generale, si può affermare che il Radon rappresenta la maggior causa di esposizione alle radiazioni.

Figura 3.1 Dose efficace media annua in Italia

Il radon è un gas radioattivo naturale, incolore, inodore, chimicamente inerte ed estremamente volatile. Deriva dal decadimento naturale dell’uranio, un elemento radioattivo primordiale presente ovunque nella crosta terrestre fin dalla sua formazione. L’uranio è distribuito in maniera ampia sulla crosta terrestre, la quantità di Radon dovrebbe dipendere direttamente dalle concentrazione di questo elemento, ma ciò, in realtà, si verifica solo raramente a causa del fatto che l’Uranio e il Radio hanno un comportamento geochimico diverso ed hanno la tendenza a concentrarsi in rocce e minerali differenti.

Il termine “Radon” fu introdotto per la prima volta da Schimt nel 1918 per indicare l’elemento con massa atomica 222 (222Rn), derivante dal decadimento radioattivo dell’uranio 238 (238U). Tale termine è venuto ad indicare l’elemento con numero atomico 86.

Questo elemento ha 26 isotopi che vanno da 199Rn a 226Rn, tra questi i tre più importanti presenti in natura sono:

• il 222Rn, prodotto dal decadimento α del 226Ra (τ= 1600y), appartiene alla serie di decadimento dell’238U. Tale radionuclide ha una vita media di 3.82 giorni;

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• il 220Rn, detto anche thoron, è prodotto dal decadimento α del 224Ra (τ = 3.7d), che appartiene alla famiglia di decadimenti di cui è capostipite il 232Th. Tale radionuclide ha una vita media di 55 secondi;

• il 219Rn, detto anche Actinon, il cui padre radiogenico è l’ 235U e ha una vita media di soli 4 secondi.

Dei tre isotopi, sicuramente il più interessante è il 222Rn, essenzialmente per due motivi, anzitutto perché la sua vita media di 3.82 giorni gli permette di passare attraverso notevoli spessori di suolo o di materiali e quindi la sua concentrazione in ambienti chiusi o in atmosfera, in condizioni di scarsa diluizione, può essere molto elevata; poi perché esso è presente in natura in quantità maggiori rispetto agli altri due isotopi, grazie all’abbondanza del suo capostipite, l’238U. Quando si parla di inquinamento da Radon, quindi, si fa riferimento quasi esclusivamente proprio al 222Rn. Il padre diretto del 222Rn è il Radio-226 che decade con un tempo di dimezzamento di circa 1500 anni, come mostrato nella figura 3.2:

Figura 3.2 Decadimento alfa del Radio-226

Trattandosi di un decadimento a due corpi, la particella emessa ha un energia fissa pari a circa 4.48 MeV, mentre l’energia di rinculo del Radon è di circa 90 keV. Il 226Ra a sua volta deriva dal 238U, il più abbondante (in natura) degli isotopi dell’uranio.

Il 220Rn a causa della sua vita media breve, ha una probabilità molto minore di fuoriuscire all’aria aperta, benché la quantità prodotta di

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tale isotopo sia confrontabile con quella del 222Rn, per l’abbondante presenza in natura del 232Th.

Il 219Rn, invece, è presente in atmosfera in quantità ancora più esigue a causa sia della sua brevissima vita media che ne impedisce la fuoriuscita e l’accumulo, sia a causa della percentuale molto bassa con cui il suo capostipite, l’235U, è presente nella crosta terrestre.

Altra caratteristica importante del Radon è che i figli prodotti dal suo decadimento hanno una vita media breve (inferiore a trenta minuti) e sono chimicamente attivi, hanno, quindi, una forte tendenza ad aderire alle particelle di aerosol presenti in atmosfera per passare poi rapidamente allo stato di nuclei aggregati che rimangono sospesi nell’aria dell’ambiente.

In particolar modo il 222Rn decade in quattro radionuclidi caratterizzati da vite medie inferiori a trenta minuti che sono, nell’ordine: 218Po,214Pb, 214Bi,214Po. Se inalati tali prodotti aderiscono alle pareti dell’apparato respiratorio e decadono emettendo particelle α, β e radiazioni γ. Ciò provoca un incremento della probabilità di contrarre tumori all’apparato respiratorio.

Il radon diventa di particolare interesse da un punto di vista sanitario quando è presente negli ambienti confinati: il cosiddetto radon indoor.

Quando il radon prodotto dal suolo e dalle rocce fuoriesce, si diluisce nell'atmosfera e la sua concentrazione risulta talmente bassa da non costituire un rischio per la salute della popolazione. Se invece il gas radon penetra in un ambiente confinato, tenderà ad accumularsi raggiungendo livelli tali da rappresentare un rischio.

I valori della concentrazione di Radon quindi si mantengono decisamente bassi all’aria aperta e in luoghi ben ventilati, mentre possono raggiungere valori preoccupanti negli spazi chiusi degli edifici; infatti, una volta penetrato, filtrando dal terreno attraverso i pavimenti o attraverso gli stessi materiali da costruzione difficilmente si disperde: ciò soprattutto a causa dell’isolamento termico che fa si che la pressione all’interno delle case sia leggermente inferiore a quella dell’esterno, generando il cosiddetto “effetto camino”.(figura 3.3)

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Figura 3.3 Effetto camino

Per quanto riguarda le abitazioni e i luoghi di lavoro, però, la presenza del Radon dipende principalmente dalla tipologia del suolo sul quale è costruito l’edificio e dai materiali da costruzione utilizzati; tutto ciò comunque in funzione della permeabilità del suolo stesso (densità, porosità, microfratturazioni), del suo stato (secco, impregnato d’acqua, gelato o coperto di neve) e delle condizioni metereologiche (temperature del suolo e dell’aria, pressione barometrica, velocità del vento).

Normalmente il Radon penetra nelle costruzioni dalla parte inferiore dell’edificio (crepe, fessure, canali, tubazioni ecc. nella pavimentazione o nelle pareti a diretto contatto con il terreno).

Figura 3.4 Possibili vie d’ingresso del gas Radon in una casa

Alcuni materiali da costruzione contenenti minerali di origine vulcanica possono emettere quantità di radon non trascurabili che si vanno a sommare al contributo dovuto all’emissione dal suolo; infatti la componente della concentrazione indoor complessiva nelle case italiane,

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relativa ai materiali da costruzione, è più rilevante che in altre nazioni. In molte regioni infatti costruire in tufo è una prassi secolare motivata da indubbi vantaggi di coibentazione. Senza le necessarie accortezze però il tufo può rappresentare una consistente componente dell’inquinamento da “Radon” . È, infine, fondamentale sottolineare che i livelli di concentrazione di Radon indoor non si mantengono costanti nel corso di un anno solare, bensì subiscono variazioni stagionali, dovute al riscaldamento e alla ventilazione interna nonché dalle condizioni climatiche. In linea generale, la concentrazione di Radon indoor notturna è più alta che di giorno e d’inverno più che d’estate. A tal proposito, risulta ovvio che per ottenere una stima significativa dell’esposizione media annua della popolazione saranno necessarie misure di concentrazione di radon su lunghi periodi di tempo. Una misura istantanea, anche se tecnicamente possibile, non è sufficientemente indicativa dell’esposizione a cui una persona possa essere effettivamente soggetta nell’ambiente monitorato. Tuttavia, un’informazione istantanea risulta comunque utile soprattutto nel caso sia necessario ottenere informazioni preliminari in tempi brevi sul rispetto dei limiti di concentrazione in aree ritenute a rischio radon; Negli ultimi decenni, sono state effettuate misure della concentrazione di Radon indoor in gran parte dei Paesi europei ed è stato rilevato che un basso livello medio nazionale non esclude l’esistenza di aree limitate caratterizzate da alta concentrazione di Radon.

3.2. Effetti sanitari del radon La modifica del nostro stile di vita rappresenta un importante

fattore di esposizione al Radon; oggi, infatti, rispetto ad un secolo fa, viviamo molto di più al chiuso ed in ambienti sempre meglio coibentati a fini di risparmio energetico. Infatti tutte le maggiori organizzazioni di salute pubblica, ad iniziare dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, auspicano un controllo del livello di Radon in ciascuna abitazione dal momento che indagini su larga scala, se anche consentono di individuare un trend, non forniscono indicazioni di dettaglio necessarie a programmare interventi strutturali di riduzione della concentrazione. Alcuni studi nell’ultimo decennio hanno dimostrato che l’inalazione di radon ad alte concentrazioni aumenta di molto il rischio di tumore polmonare. I risultati di tali studi supportano la tesi scientifica che il

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radon è la seconda causa, in ordine di importanza dopo il fumo, del cancro ai polmoni [13].

Infatti i prodotti del Radon, così depositati, a loro volta decadono emettendo soprattutto radiazioni alfa che possono danneggiare le cellule per irradiazione interna. I danni prodotti sono generalmente riparati dai meccanismi biologici. In alcuni casi uccidono le cellule, ma esiste anche la probabilità che il danno cellulare sia di tipo degenerativo e che la cellula mantenga la sua capacità di riproduzione entrando a far parte di un processo cancerogeno. Non esiste una concentrazione sicura al di sotto della quale la probabilità di contrarre il tumore è nulla. Tuttavia molte organizzazioni scientifiche internazionali, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Comunità Europea e singoli Paesi hanno fissato dei livelli di riferimento per le abitazioni e per gli ambienti di lavoro al di sotto dei quali ritengono il rischio accettabile. Al di sopra di questi valori, invece, suggeriscono, e in alcuni casi impongono, di adottare provvedimenti per la riduzione della concentrazione.

Vediamo adesso le principali conseguenze del gas radon sulla salute umana. L’aria viene inalata attraverso il naso o la bocca e inviata verso il basso per mezzo della faringe e della trachea, che si dividono in un infinito numero di ramificazioni; giunge poi a minuscole sacche d’aria dette alveoli (vedi figura 3.5).

Figura 3.5 L’alveolo

Le prime ramificazioni dei bronchi sono rivestite da ciglia, minuscoli peli che filtrano l’aria che viene inalata ed entro alcune ore dall’inalazione, provvedono all'esalazione anche delle impurità veicolate con essa. Il radon emette la propria radiazione prima che le impurità alle quali è collegato siano eliminate; infatti, molti dei tumori ai polmoni

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sono localizzati nelle vie bronchiali superiori perché qui vengono intrappolate le particelle di polvere che veicolano i figli radioattivi del radon.

La membrana che riveste i polmoni è detta epitelio ed è costituita da due strati: lo strato basale e quello esterno connettivo. La divisione delle cellule (mitosi) è accentuata nello strato basale. Lo strato mucoso e quello epiteliale esterno, normalmente spessi circa 60 micron, proteggono le cellule basali. Queste vengono però raggiunte dalle particelle alfa, se lo spessore dell’abbinamento muco con epitelio esterno arriva ai 20-30 micron. Le particelle alfa hanno inoltre la possibilità di penetrare l’epitelio quando nelle vie bronchiali periferiche, in prossimità degli alveoli polmonari, lo spessore dell’epitelio diminuisce fino a 15 micron.

Figura 3.6 Epitelio bronciale

Si suppone che le radiazioni alfa, a causa della loro grande massa, entrando in una zona ricca di cellule in mitosi (epitelio basale) e incontrando il DNA, siano in grado di rompere in piccole parti la doppia elica, provocando un serio danneggiamento al materiale nucleare. Questo può dar luogo a mutazioni permanenti delle cellule colpite aumentando così la probabilità di contrarre tumori polmonari. Le cellule, naturalmente, con sistemi enzimatici, sono in grado di riparare la catena spezzata, quando le rotture sono minime, ma non riescono a farlo quando i danni causati dalle particelle alfa sono di notevole entità.

È soprattutto negli ambienti polverosi che le particelle, formatesi in seguito al decadimento radioattivo dell'uranio e poi del radon, si fissano al pulviscolo dell'aria prima dell’inalazione e così vengono veicolate fino agli alveoli polmonari.

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CAPITOLO 3 MONITORAGGIO DEL RADON

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Infatti particelle di aerosol aventi diametro inferiore al decimo di micron non sono fermate, durante la respirazione, dai peli delle narici e dal sistema mucociliare dell’apparato respiratorio, di conseguenza sono in grado di penetrare all’interno del corpo umano, irraggiando soprattutto i tessuti dei polmoni.

Il deposito delle particelle inalate nelle vie respiratorie dipende dalle dimensioni geometriche delle particelle stesse:

• Diametro fino a 0,5µm: deposito prevalente negli alveoli polmonari;

• Diametro tra 0,5µm e 2µm: deposito alveolare e nasofaringeo;

• Diametro tra 2µm e10µm: deposito prevalentemente nasofaringeo;

• Diametro maggiore di 10µm: deposito quasi totale nel nasofaringe.

3.3. La normativa sul radon Il problema del radon è relativamente recente, per questa

ragione la normativa italiana non si è ancora totalmente aggiornata agli standard previsti dalle raccomandazioni internazionali sulle concentrazioni massime di gas radon nei luoghi di vita. La normativa presenta delle differenze a seconda dell'ambito al quale si riferisce (luoghi di lavoro, edifici pubblici, scuole, abitazioni).

Luoghi di lavoro.

In Italia la regolamentazione dell’esposizione al radon nei luoghi di lavoro è stata introdotta all’inizio del 2001 con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 241/00, che ha recepito la Direttiva 96/29/Euratom, modificando e integrando il DLgs 230/95. Il Capo IIIbis del Decreto incentra l’attenzione su luoghi di lavoro sotterranei in generale e particolari, quali grotte, tunnel, etc, nei quali è obbligatorio effettuare la misura annua della concentrazione di radon e luoghi di lavoro in aree che hanno elevata probabilità di alte concentrazioni di radon (talvolta chiamate radon-prone areas o aree a maggiore presenza di radon), che devono essere individuate dalle Regioni. In assenza delle indicazioni previste dal decreto, per garantire una uniforme applicazione delle norme sul territorio nazionale la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome ha approvato le Linee guida per le misure di concentrazione di radon in aria e nei luoghi di lavoro sotterranei.

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Per quanto riguarda i livelli di azione e di riferimento per la concentrazione di radon nei luoghi di lavoro e nelle scuole, il Decreto stabilisce che, se la concentrazione media annua di radon nei luoghi di lavoro supera il livello di azione di 500 Bq/m3, il datore di lavoro deve mettere in atto azioni di rimedio per ridurre la concentrazione di radon, e procedere a verificare l’efficacia dell’intervento con una nuova misura di durata annuale, il tutto entro 3 anni dalla prima misura. Le azioni di rimedio non sono dovute se il datore di lavoro dimostra che non viene superata la dose di 3 mSv/anno ai lavoratori, dose da valutarsi tenendo conto del tempo di permanenza nell’ambiente di lavoro. Nelle scuole, se la concentrazione di radon supera 500 Bq/m3, non è prevista la valutazione della dose, è necessario procedere alla riduzione della concentrazione. Per le azioni di rimedio e le valutazioni di dose la normativa attuale prevede che il datore di lavoro si avvalga di un esperto qualificato (art. 10-quinquies DLgs 230/95 e s.m.i.). Nel caso invece che la concentrazione di radon superi il livello di riferimento di 400 Bq/m3, è necessario ripetere la misura (per tenere conto della variabilità annua e dell’incertezza sul risultato della misura) nell’anno successivo.

Nell’attuale quadro normativo nazionale gli edifici pubblici non sono distinti dai luoghi di lavoro; il testo della prossima direttiva in corso di adozione da parte dell’Unione Europea prevede invece livelli di riferimento per gli edifici con accesso al pubblico uguali a quelli delle abitazioni, ovvero 200 Bq/m3 per edifici futuri e 300 Bq/m3 per edifici esistenti.

I criteri per l’individuazione delle aree a maggiore presenza di radon devono essere fissati dalla Sezione Speciale della Commissione Tecnica prevista all’art. 10-septies del citato Decreto, che a distanza di 10 anni non si è ancora insediata. Anche in assenza di criteri emanati a livello nazionale e di criteri accettati a livello internazionale per definire le aree, molte Regioni hanno intrapreso indagini sul territorio per conoscere la distribuzione dei livelli di radon. È importante sottolineare, a questo proposito, che la normativa italiana (D.Lgs 230 e s.m.i.) richiede che vengano identificate non solo le aree a maggiore probabilità di elevati valori di concentrazione di radon, ma anche le caratteristiche dei luoghi di lavoro maggiormente correlate con alti valori di concentrazione di radon.

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Abitazioni. In Italia non è presente uno strumento normativo per la protezione dall’esposizione al radon nelle abitazioni; l’elaborazione di una proposta normativa in tal senso è stata prevista nell’ambito del Piano Nazionale Radon (PNR) (Ministero della Salute, 2002), le cui prime attività sono finanziate con un progetto del CCM (Centro per il Controllo delle Malattie); la realizzazione del progetto è affidata all’Istituto Superiore di Sanità. È tuttavia da sottolineare che la situazione a livello internazionale è molto cambiata, in quanto i principali organismi hanno emanato nuovi livelli di riferimento per limitare l’esposizione al radon nelle abitazioni. I nuovi livelli raccomandati sono in generale più bassi dei precedenti, a causa della rivalutazione dei rischi attribuibili all’esposizione al radon, derivati dai recenti studi epidemiologici (WHO, 2009).

A tale proposito l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda un livello di riferimento compreso fra 100 e al massimo 300 Bq/m3 (WHO, 2009), e la International Commission for Radiological Protection ha subito dopo raccomandato anch’essa un livello non superiore a 300 Bq/m3 (ICRP Statement, 2009). Anche la International AEA (IAEA) sta adottando un livello di 300 Bq/m3 nei Basic Safety Standard che sono in corso di pubblicazione. Quando è superato il livello di riferimento per le abitazioni, i suddetti organismi internazionali raccomandano di realizzare interventi per ridurre la concentrazione di radon, ovvero effettuare quelle che sono chiamate “azioni di rimedio”, che sono generalmente finalizzate a ridurre l’ingresso del radon nell’edificio e/o ad aumentare il ricambio dell’aria interna attraverso l’immissione di aria esterna (la quale contiene solitamente valori molto bassi di concentrazione di radon).

Sulla base di tali recenti raccomandazioni, anche la bozza di Direttiva introduce la normativa sul radon nelle abitazioni e nei luoghi pubblici (distinti questi ultimi dai luoghi di lavoro); la direttiva prevede un livello di riferimento diverso per abitazioni e edifici pubblici esistenti (300 Bq/m3) e futuri (200 Bq/m3), nell’ottica di ridurre in generale anche con le nuove costruzioni e ristrutturazioni l’esposizione al radon. L’introduzione nella normativa italiana di livelli di riferimento per le abitazioni avverrà dunque al più tardi con il recepimento della prossima direttiva europea in materia, per la quale è stato avviato l’iter di approvazione. La Direttiva in corso di approvazione prevede fra l’altro:

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- che siano misurati gli edifici pubblici nelle radon-prone areas;

- l’introduzione di tecniche costruttive adatte a prevenire l’ingresso del radon proveniente dal suolo e dai materiali da costruzione e il conseguente accumulo a livelli elevati negli edifici di nuova costruzione;

- che anche i materiali da costruzione siano soggetti a regolamentazione sulla base del contenuto di radionuclidi naturali.

3.4. I diversi sistemi di monitoraggio del radon e la tecnica di misura preventiva con camera a ionizzazione

Esistono molte tecniche di misura della concentrazione del Radon e dei suoi prodotti di decadimento. La scelta di uno di questi metodi dipende principalmente dall’obiettivo che si vuole raggiungere, in quanto esso determina da una parte il grado di accuratezza delle misure, dall’altra il tipo di tecnica più adatta. Una tecnica ambientale, mirante a stabilire quale sia la concentrazione in un dato locale o a sostenere una prima valutazione della situazione di rischio, si baserà su tecniche più speditive e generalmente meno costose, mentre uno studio dosimetrico, mirante a misurare con precisione i contributi di dose dovuti a ciascun componente della progenie, richiederà tecniche più sofisticate e complesse.

I metodi di misura del Radon possono essere classificati in base alle tecniche di campionamento:

1. misure con campionamento istantaneo;

2. misure con campionamento continuo;

3. misure con campionamento integrato nel tempo.

Il 222Rn è un elemento che può essere misurato con relativa facilità: infatti esso è un emettitore α, ma, includendo anche i decadimenti dei figli, la radiazione emessa comprende anche particelle β e radiazione γ. Sono stati sviluppati tre diversi metodi per la misura della

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concentrazione del Radon o dei suoi prodotti di decadimento classificati in tre diverse categorie:

1. istantaneo: la misura viene eseguita in tempi brevi rispetto alle variazioni di concentrazione, perciò il valore fornito dallo strumento è praticamente “istantaneo”. Sebbene tali misure forniscano informazioni sulla concentrazione di Radon in tempi brevi, risultano poco indicative se non vengono ripetute più volte nell’arco della giornata, data la variabilità della concentrazione del gas in dipendenza di vari parametri ambientali;

2. continuo: tale metodo permette di determinare le variazioni temporali della concentrazione di Radon indoor e outdoor. Tali strumentazioni permettono di visualizzare l’andamento della concentrazione di Radon, con campionamenti continui di volumi d’aria noti, in periodi variabili tra pochi minuti e qualche ora. Questa metodologia permette, poi, di mettere in relazione la concentrazione di Radon con la variabilità di parametri ambientali quali umidità relativa, pressione atmosferica e temperatura. L’attendibilità delle misure eseguite con un metodo di campionamento continuo dipende essenzialmente dalla quantità d’aria esaminata e dalla durata dell’acquisizione;

3. integratore: questo metodo è utilizzato per determinare concentrazioni medie in intervalli di tempo selezionati. Esso prevede l’utilizzo di strumenti che forniscono una misura integrata, appunto, su intervalli temporali che possono variare da qualche giorno ad un anno a secondo del rivelatore utilizzato ed assumono un’importanza rilevante nell’ambito di studi di tipo sanitario, soprattutto relativamente a valutazioni dell’esposizione a cui è sottoposta in media la popolazione, e al calcolo della conseguente dose assorbita, in campagne di misura di vaste proporzioni.

Le misure più attendibili sono sicuramente quelle effettuate su tempi dell’ordine dell’anno, anche se caratterizzate da incertezze dovute alla variabilità stagionale della concentrazione di Radon. Le misure vengono generalmente effettuate con dispositivi a riempimento, nei quali l’aria viene introdotta o mediante una pompa di aspirazione (sistemi attivi) oppure per diffusione mediante un mezzo filtrante (sistemi passivi).

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I rivelatori passivi. Per rivelatori passivi si intendono dispositivi che non necessitano di alimentazione elettrica; dopo un tempo di permanenza, la cui durata dipende dal tipo di rivelatore, vengono rimossi e soggetti in laboratorio a procedure di tipo chimico-fisico per la determinazione della concentrazione media nel periodo di integrazione. Gli intervalli di tempo nei quali tali rivelatori operano possono andare dai due giorni nel caso dei canestri di carbone attivo, a qualche mese (sino ad un anno) nel caso dei rivelatori a tracce e dei rivelatori ad elettrete. La tecnica dei carboni attivi. Rutherford fu il primo a mostrare che il carbone può essere utilizzato per trattenere il Radon mediante adsorbimento e fare una misura della sua concentrazione in aria. Per adsorbimento si intende la ritenzione superficiale della sostanza da parte di un liquido o di un solido, mentre la penetrazione della sostanza all’interno del materiale è chiamato assorbimento. L’attività del Rn-222 è determinata mediante spettrometria gamma, di solito con un rivelatore di NaI(Tl). I picchi analizzati sono quelli corrispondenti alle diseccitazioni dei nuclei prodotti nei decadimenti di Pb-214 (242, 295 e 352 KeV) e Bi-214 (609 KeV). Questo metodo risulta piuttosto semplice ed economico, ma richiede rigorosi controlli sui fattori di correzione e di calibrazione. L’accuratezza della misura può infatti essere influenzata dal tempo di esposizione, dal peso del carbone, dalla accuratezza con cui viene eseguita la spettrometria e dall’eventuale adsorbimento dell’acqua presente nell’atmosfera. La correzione per la ritenzione dell’acqua, che di solito è valutata pesando il rivelatore prima e dopo l’esposizione, può essere superiore al 50%. I rivelatori in uso sono contenitori di metallo cilindrici con un diametro compreso tra 5 e 10 cm e un altezza tra i 2 e i 5 cm, riempiti con una quantità di carbone variabile da 25 a 250 g. Nella figura 3.9 è illustrato un esempio di tali rivelatori.

Figura 3.7. Rivelatori a carboni attivi

I rivelatori a carboni attivi possono inoltre essere riutilizzati per ulteriori esposizioni, dopo aver perso memoria della loro precedente

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misura, in seguito ad un riscaldamento ad alte temperature che elimina il Radon residuo.

Rivelatori a tracce nucleari. I rivelatori a tracce nucleari o SSNTD (Solid State Nuclear Track Detector) sono costituiti da lastre composte da particolari materiali plastici e sono largamente utilizzati per monitorare l’esposizione al radon della popolazione. I rivelatori più usati sono: CR39 (Allildigicolcarbonato), l’LR115 (nitrato di cellulosa) e il Makrofol (policarbonato).

Il passaggio di una particella carica pesante attraverso queste particolari plastiche produce delle fratture ai legami polimerici del materiale lungo la traiettoria della particella e provoca delle tracce che, a temperatura ambiente, si conservano per un determinato tempo.

La larghezza della traccia varia a seconda del mezzo e dell’intensità della ionizzazione e risulta più marcata in prossimità della parte finale della traccia. La lastra dopo essere stata esposta (per il CR39 si attendono solitamente tre mesi) deve subire un processo di sviluppo chimico che evidenzia e fissa in modo permanente la traccia della particella. Per il CR39 lo sviluppo consiste nell’immersione della lastra in una soluzione di NaOH ad alta concentrazione ad una temperatura di 70°C per circa 7 ore. In questo caso il tipico diametro di una traccia provocata da una particella dopo lo sviluppo è di circa 10-20 mm. I dosimetri che utilizzano i rivelatori nucleari sono di varie geometrie e possono prevedere o meno l’utilizzo di filtri per determinare una differenziazione nelle tracce. Nella figura 3.8 vediamo alcuni tipi.

Figura 3.8. Rivelatori a tracce

Rivelatori a elettrete. Questo tipo di rivelatori si basa sull'uso di un voltmetro digitale per misurare la variazione di potenziale indotta su un elettrete dalla raccolta degli ioni prodotti dal decadimento del Radon

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e dei suoi figli. L'elettrete è un disco di materiale dielettrico, generalmente Teflon, che presenta una carica elettrica stabile se rimane imperturbato. Nella figura 3.9 possiamo vedere un esempio di un rivelatore ad elettrete. Il rivelatore, inizialmente chiuso viene aperto per permettere l’ingresso del campione di aria contenente il Radon da misurare. L'elettrete è posto in una camera contenente un certo volume di aria e raccoglie gli ioni prodotti dalle particelle emesse nel decadimento del Radon e dei suoi figli. In seguito a tale fenomeno il potenziale elettrostatico si riduce in modo proporzionale alla radioattività presente nella camera. Misurando la differenza di potenziale durante un certo intervallo di tempo e utilizzando appropriati fattori di calibrazione si determina la concentrazione media di Radon nella camera e quindi nell'ambiente.

Figura 3.9. Elettrete

I rivelatori attivi.

Metodi che utilizzano lo scintillatore ZnS(Ag). Il solfuro di zinco attivato in argento è uno scintillatore inorganico utilizzato fin dai primi esperimenti sulla radioattività. Va notata la grande efficienza di scintillazione, cioè la frazione dell’energia della particella incidente che è convertita in luce visibile, rispetto a quella dello NaI(Tl). Questo scintillatore è disponibile unicamente in forma policristallina e di conseguenza si può usare esclusivamente in sottili strati, sensibili solo a particelle a e a ioni pesanti. Spessori maggiori di 25 mg/cm2 diventano inutilizzabili a causa della sua opacità alla propria radiazione di luminescenza.

La cella di Lucas. La cella di Lucas è uno dei più semplici e utilizzati strumenti di misura della concentrazione del Radon. La tecnica

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di misura è stata sviluppata da Lucas nel 1957. Il gas contente il Radon viene introdotto in un contenitore di forma cilindrica le cui pareti sono ricoperte di un sottile spessore (20 mg/cm-2) di ZnS(Ag). Il contenitore è dotato di una finestra di quarzo trasparente ai fotoni di luminescenza prodotti dallo scintillatore che viene accoppiato otticamente con un fotomoltiplicatore, come indicato nella figura 3.10:

Figura 3.10. Cella di Lucas

Per evitare che i prodotti di decadimento si depositino sul quarzo, attirati dalla carica negativa indotta dal fotomoltiplicatore, si riveste la finestra di un sottile strato di ossido di stagno. L’efficienza di rivelazione di questo tipo di celle, cioè il rapporto tra il numero di impulsi elettrici che fuoriescono dal fotomoltiplicatore e il numero di decadimenti all’interno della cella, è tipicamente del 70-80%. Le particelle per essere rivelate devono raggiungere la parete della cella e, a causa delle brevi distanze che possono percorrere in aria (circa 5 cm), la grandezza delle celle di Lucas è limitata a poche centinaia di centimetri cubici rendendone possibile l’uso solo con concentrazioni di Radon superiori a 40 Bq·m-3. La cella di Lucas può essere utilizzata per un campionamento continuo, con periodi di misura di circa 30 minuti, facendo flussare l’aria al suo interno con una velocità di 3 l/min. Questo tipo di misura ha bisogno di una correzione a causa della deposizione dei prodotti di decadimento sulle pareti della cella. A tale proposito si effettua una misura preliminare del fondo prima di introdurre il campione; tale misura verrà successivamente sottratta a quella ottenuta con il campione di Radon. Ovviamente l’accumulo dei prodotti di decadimento costituisce un notevole svantaggio nell’utilizzo di tale

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metodo di misura, poiché la contaminazione della cella aumenta ogni volta che viene utilizzata per una nuova misura.

Una differente tecnica di conteggio utilizza al posto dello ZnS(Ag) uno scintillatore liquido. Il campione d’aria da misurare è fatto passare attraverso un solvente organico nel quale il Radon è altamente solubile anche a basse temperature; il solvente è poi introdotto in un recipiente contenente uno scintillatore liquido con il quale viene miscelato. Questa tecnica permette la misura di grandi campioni d’aria con celle di conteggio di volume ridotto e può essere una valida alternativa alle celle di Lucas, nonostante la presenza di un conteggio di fondo relativamente elevato.

Camera a ionizzazione. Le particelle emesse dal decadimento del Radon-222 e dei suoi discendenti, possono essere rivelate in camere a ionizzazione. La camera a ionizzazione, come mostrato nello schema seguente (figura 3.11), è costituita da un contenitore cilindrico metallico (catodo) che si trova ad un diverso potenziale rispetto all’elettrodo centrale (anodo), sul quale viene prelevato il segnale prodotto dal rivelatore.

Figura 3.11. Camera a ionizzazione

Il campione di aria contenente Radon viene introdotto nel volume del rivelatore attraverso un filtro in grado di rimuovere le particelle di aerosol a cui sono legati i prodotti di decadimento del Radon; una volta introdotto all’interno del rivelatore il Radon decade nei suoi figli, ma l’attività totale misurata è legata solamente al quantitativo di Radon iniziale. Le particelle emesse dal decadimento del Radon e dai suoi figli ionizzano l’aria creando delle coppie ione-elettrone. Queste

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cariche vengono raccolte dal campo elettrico esistente nella camera e durante il loro percorso inducono una corrente elettrica sul filo, che varia a seconda del tipo di particella ionizzante. La misura può essere eseguita dopo alcune ore dall’introduzione del campione d’aria all’interno della camera, affinché sia raggiunto l’equilibrio secolare tra il Radon e i suoi prodotti di decadimento. La sensibilità di questo strumento è dell’ordine di 10-14 A Bq-1 , l’incertezza di misura è dell’ordine del 10-20%, mentre la minima concentrazione rivelabile dipende fortemente dal tempo di misura e dal volume della camera e, per una camera con un volume di 1 litro, con un tempo di misura di circa 1000 minuti, è di poco minore di 1 Bq/m3.

3.5. La campagna di monitoraggio del radon in alcuni istituti scolastici del comune di Ragusa

Il monitoraggio del gas radon è un´importante attività di Arpa che si affianca a quella di altri agenti fisici come le radiazioni non ionizzanti ad alta e bassa frequenza, che permette di tenere costantemente sotto controllo le concentrazioni di gas radon in luoghi di lavoro, scuole, ambiente di vita e in genere diversi luoghi antropizzati.

Il monitoraggio è stato condotto con uno strumento portatile a camera a ionizzazione commercializzato in Italia dalla RadTech e prodotto in Germania dalla GENITRON INSTRUMENTS chiamato AlphaGUARD. È uno strumento portatile compatto per la determinazione in continuo della concentrazione del Radon e della relativa progenie, oltre ai parametri climatici, in ambienti di lavoro o abitativi. La misura viene ripetuta e registrata automaticamente in memoria ogni 10 minuti. AlphaGUARD può funzionare in maniera autonoma con batterie oppure con alimentazione di rete. Il rivelatore AlphaGUARD è costituito da una camera a ionizzazione ad impulsi associata a spettrometro alfa ed analizzatore DSP (Digital Signal Processing) in grado di riconoscere la forma specifica degli impulsi dovuti al Radon. La presenza dello spettrometro alfa e dell’analizzatore DSP rende lo strumento sensibile solo al Radon e insensibile a raggi X – gamma – cosmici, al trizio ed ai gas nobili (come Xe133). Inoltre lo strumento non è soggetto a disturbi dovuti a vibrazioni e urti; a campi magnetici, all’umidità relativa nell’intero range 0–100%. L’insieme delle

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caratteristiche assicura al rivelatore una sensibilità molto elevata (pari a 1 cp, a 20 Bq/m3) ed un fondo proprio molto basso (minore di 1 Bq/m3). Il range di misura va da 2 Bq/m3 a 2000000 Bq/m3 lo strumento in dotazione dell’ARPA può funzionare solo in modalità a “flusso” mediante pompa a portata variabile e calibrata.

L’AlphaGUARD garantisce la massima efficienza nella misura del Radon, una risposta veloce e precisa alle diverse concentrazioni ed un funzionamento a lungo termine senza la necessità di alcuna manutenzione periodica. Lo strumento attivo AlphaGUARD è indispensabile per:

• conoscere con precisione l'andamento giornaliero o settimanale della concentrazione di Radon in un dato ambiente di lavoro o abitativo;

• mappare con precisione un ambiente per evidenziare gli eventuali punti deboli dai quali diffonde il gas, e quindi pianificare la messa in opera dell'intervento di bonifica maggiormente consono alla situazione;

• controllare l'efficacia degli interventi di bonifica effettuati;

• effettuare misurazioni nelle condizioni ambientali più critiche (di temperatura o umidità).

La campagna di monitoraggio, sviluppata durante il periodo di stage e oggetto del presente elaborato, è stata condotta dall’ARPA in accordo con la Provincia Regionale di Ragusa responsabile degli istituti scolastici di istruzione secondaria. Tale monitoraggio ha riguardato alcune scuole presenti nel territorio del comune di Ragusa. Per ogni scuola sono stati scelti i luoghi a maggior rischio di presenza di Radon (non sono mai stati trovati locali sotterranei per cui sono stati monitorati locali a piano terra) ed è stato condotta una campagna di misura della durata di una settimana per ogni luogo selezionato. Le misure sono state condotte a “flusso” scegliendo tra le opzioni presenti nella pompa una portata di 0.5 L/min. Questa scelta è stata fatta dopo un confronto dei dati rivelati ad una misura durata due giorni tra un AlphaGuard che misura in modalità “diffusione” (studio condotto in collaborazione con il Dott. Rosario Mineo Responsabile del SERVIZIO N.3. Rete Sismometrica Provinciale, Rete Rilevamento Emissioni Gas Radon,

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Sistema informatico in rete in uso al settore e relativa gestione ed ottimizzazione, Gestione ed ottimizzazione del sito web del settore della Provincia Regionale di Ragusa) e l’AlphaGuard dell’ARPA di Ragusa riscontrando tra i due strumenti valori di concentrazioni con scarti minimi.

Essendo gli studenti considerati al pari dei lavoratori dal D.Lgs 81 del 2008 e s.m.i e dal D.Lgs. 241/00 nelle scuole la concentrazione del Radon non deve superare i 500 Bq/m3, se la concentrazione di radon supera infatti tale valore, non è prevista la valutazione della dose, è necessario procedere alla riduzione della concentrazione. Le strutture monitorate sono state:

4. Liceo Scientifico Statale “E. Fermi”;

5. Istituto Tecnico Commerciale e Aeronautico Statale “F.Besta”;

6. Istituto Tecnico Industriale Statale “E.Majorana”.

All’interno di tali edifici scolastici, tutte le aule e gli uffici presentano le stesse caratteristiche costruttive: sono infatti edifici coevi realizzati con la stessa tecnica costruttiva dell’epoca e quindi con materiali da costruzione aventi le stesse caratteristiche; inoltre tutti gli edifici non hanno locali sotterranei poiché tutte le strutture sono state costruite a partire dal piano campagna. Vista quindi la similitudine di tutte le aule dal punto di vista costruttivo e altimetrico, il monitoraggio è stato condotto scegliendo locali come le segreterie, le aule professori, biblioteche, etc, tutti locali in cui gli studenti hanno un accesso limitato in modo che non potessero toccare direttamente lo strumento falsando in tal modo la misura, rimanendo comunque validi i dati sulle concentrazioni per qualsiasi aula studenti per i motivi sopra spiegati.

3.5.1 Liceo Scientifico Statale “E. Fermi” Il Liceo Scientifico “E. Fermi” di Ragusa ha un edificio

scolastico molto esteso composto da tre edifici indipendenti, uno di queste detto “centrale” e due succursali. Nonostante la grande estensione del complesso scolastico, tutte le aule e gli uffici dei diversi edifici presentano le stesse caratteristiche costruttive: sono infatti edifici coevi realizzati con gli stessi materiali da costruzione e tutti gli edifici non

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hanno locali sotterranei. Il monitoraggio è stato condotto nelle due aule professori, per prima quella della succursale e per seconda quella della centrale. In figura 3.12 vediamo l’AlphaGuard posizionato all’interno dell’aula professori della succursale, mentre in figura 3.13 riportiamo la planimetria generale in cui evidenziamo i punti di misura dove è stato posizionato lo strumento per il monitoraggio.

Figura 3.12. Monitoraggio Liceo Scientifico “succursale” aula professori

Figura 3.13. Planimetria generale Liceo Scientifico con indicazione dei punti di misura

del Radon

Il monitoraggio è iniziato giorno 9 maggio 2012 ed è terminato giorno 14 maggio 2012 per un periodo complessivo di cinque giorni. I risultati mostrano la tipica variabilità giorno/notte e valori al di sotto dei limiti di legge. In figura 3.14 viene riportato il grafico con l’andamento temporale della concentrazione di Radon all’interno del locale esaminato, mentre la tabella 3.I riassume i dati del monitoraggio.

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Figura 3.14. Andamento temporale della concentrazione di Radon nell’aula professori

del Liceo Scientifico “succursale”

Risultati monitoraggio

Inizio monitoraggio (data/ora) 09/05/2012 ore 10.20

Fine monitoraggio (data/ora) 14/05/2012 ore 10.40

Valore massimo 124.5 +/- 37.25 Bq/m3

Valore medio 38.35 Bq/m3

Tabella 3.I. Monitoraggio Radon aula professori Liceo Scientifico “succursale”

Riportiamo di seguito i risultati del monitoraggio aula professori Liceo Scientifico “centrale”. In figura 3.15 vediamo l’AlphaGuard posizionato all’interno dell’aula professori della centrale, mentre in figura 3.13 riportiamo la planimetria generale in cui evidenziamo i punti di misura dove è stato posizionato lo strumento per il monitoraggio.

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Figura 3.15. Monitoraggio Liceo Scientifico “centrale” aula professori

Il monitoraggio è iniziato giorno 16 maggio 2012 ed è terminato giorno 21 maggio 2012 per un periodo complessivo di cinque giorni. I risultati mostrano la tipica variabilità giorno/notte e valori al di sotto dei limiti di legge. In figura 3.16 viene riportato il grafico con l’andamento temporale della concentrazione di Radon all’interno del locale esaminato, mentre la tabella 3.II riassume i dati del monitoraggio.

Figura 3.16. Andamento temporale della concentrazione di Radon nell’aula professori

del Liceo Scientifico “centrale”

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Risultati monitoraggio

Inizio monitoraggio (data/ora) 16/05/2012 ore 11.50

Fine monitoraggio (data/ora) 21/05/2012 ore 9.50

Valore massimo 245.0 +/- 59.75 Bq/m3

Valore medio 84.40 Bq/m3

Tabella 3.II. Monitoraggio Radon aula professori Liceo Scientifico “centrale”

3.5.2 Istituto Tecnico Commerciale e Aeronautico Statale “F.Besta”

L’Istituto Tecnico Commerciale e Aeronautico Statale “F.Besta” di Ragusa (denominato in seguito ITCA) ha un edificio scolastico molto esteso composto da un solo edificio. Tutte le aule e gli uffici del complesso scolastico presentano le stesse caratteristiche costruttive: sono infatti stati edificati contemporaneamente e quindi realizzati con gli stessi materiali da costruzione, inoltre non ci sono locali sotterranei. Il monitoraggio è stato condotto nelle due segreterie, amministrativa e docenti nella biblioteca. In figura 3.17 è riportata la planimetria generale in cui evidenziamo i punti di misura dove è stato posizionato lo strumento per il monitoraggio.

Figura 3.17. Planimetria generale ITCA con indicazione dei punti di misura del Radon

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Il monitoraggio della segreteria amministrativa (vedi figura 3.18) è iniziato giorno 22 maggio 2012 ed è terminato giorno 29 maggio 2012 per un periodo complessivo di sette giorni. I risultati mostrano valori al di inferiori ai limiti di legge. In figura 3.19 viene riportato il grafico con l’andamento temporale della concentrazione di Radon all’interno del locale esaminato, mentre la tabella 3.III riassume i dati del monitoraggio.

Figura 3.18. Monitoraggio segreteria amministrativa ITCA

Figura 3.19. Andamento temporale della concentrazione di Radon nella

segreteria amministrativa ITCA

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Risultati monitoraggio

Inizio monitoraggio (data/ora) 22/05/2012 ore 11.00

Fine monitoraggio (data/ora) 29/05/2012 ore 09.20

Valore massimo 137.00 +/- 39.00 Bq/m3

Valore medio 42.65 Bq/m3

Tabella 3.III. Monitoraggio Radon segreteria amministrativa ITCA

Il monitoraggio della biblioteca (vedi figura 3.20) è iniziato giorno 05 giugno 2012 ed è terminato giorno 12 giugno 2012 per un periodo complessivo di sette giorni. I risultati, mostrano la tipica variabilità giorno/notte e valori molto più elevati rispetto alle altre aule monitorate, questo si spiega con la minore presenza umana all’interno della stanza che porta a maggiori ricambi d’aria a seguito dell’apertura della porta di ingresso e delle finestre per aerare i locali. Tuttavia i valori rimangono inferiori ai limiti di legge. In figura 3.21 viene riportato il grafico con l’andamento temporale della concentrazione di Radon all’interno del locale esaminato, mentre la tabella 3.IV riassume i dati del monitoraggio.

Figura 3.20. Monitoraggio biblioteca ITCA

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Figura 3.21. Andamento temporale della concentrazione di Radon nella

biblioteca ITCA

Risultati monitoraggio

Inizio monitoraggio (data/ora) 05/06/2012 ore 10.30

Fine monitoraggio (data/ora) 12/06/2012 ore 10.00

Valore massimo 282.00 +/- 59.25 Bq/m3

Valore medio 110.32 Bq/m3

Tabella 3.IV. Monitoraggio Radon biblioteca ITCA

Il monitoraggio della segreteria docenti (vedi figura 3.22) è iniziato giorno 12 giugno 2012 ed è terminato giorno 25 giugno 2012 per un periodo complessivo di tredici giorni. I risultati mostrano la tipica variabilità giorno/notte e valori che sono inferiori ai limiti di legge. In figura 3.23 viene riportato il grafico con l’andamento temporale della concentrazione di Radon all’interno del locale esaminato, mentre la tabella 3.V riassume i dati del monitoraggio.

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CAPITOLO 3 MONITORAGGIO DEL RADON

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Figura 3.22. Monitoraggio segreteria docenti ITCA

Figura 3.23. Andamento temporale della concentrazione di Radon nella

segreteria docenti ITCA

Risultati monitoraggio

Inizio monitoraggio (data/ora) 12/06/2012 ore 10.30

Fine monitoraggio (data/ora) 25/06/2012 ore 10.40

Valore massimo 288.00 +/- 59.25 Bq/m3

Valore medio 88.29 Bq/m3

Tabella 3.V. Monitoraggio Radon segreteria docenti ITCA

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3.5.3. Istituto Tecnico Industriale Statale “E. Majorana”

L’Istituto Tecnico Industriale Statale “E. Majorana” di Ragusa (denominato in seguito ITIS) ha un edificio scolastico molto esteso composto da un solo edificio. Tutte le aule e gli uffici del complesso scolastico presentano le stesse caratteristiche costruttive: sono infatti stati edificati contemporaneamente e quindi realizzati con gli stessi materiali da costruzione, inoltre non ci sono locali sotterranei. Il monitoraggio è stato condotto nelle due segreterie, didattica e amministrativa. In figura 3.24 è riportata la planimetria generale in cui evidenziamo i punti di misura dove è stato posizionato lo strumento per il monitoraggio.

Figura 3.24. Planimetria generale ITIS con indicazione dei punti di misura del Radon

Il monitoraggio della segreteria didattica (vedi figura 3.25) è iniziato giorno 27 giugno 2012 ed è terminato giorno 03 luglio 2012 per un periodo complessivo di sette giorni. I risultati mostrano la tipica variabilità giorno/notte e valori al di inferiori ai limiti di legge. In figura 3.26 viene riportato il grafico con l’andamento temporale della concentrazione di Radon all’interno del locale esaminato, mentre la tabella 3.VI riassume i dati del monitoraggio.

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Figura 3.25. Monitoraggio segreteria didattica ITIS

Figura 3.26. Andamento temporale della concentrazione di Radon nella

segreteria didattica ITIS

Risultati monitoraggio

Inizio monitoraggio (data/ora) 27/06/2012 ore 11.00

Fine monitoraggio (data/ora) 03/07/2012 ore 10.30

Valore massimo 390.00 +/- 72.00 Bq/m3

Valore medio 122.31 Bq/m3

Tabella 3.VI. Monitoraggio Radon segreteria didattica ITIS

Il monitoraggio della segreteria amministrativa (vedi figura 3.27) è iniziato giorno 03 luglio 2012 ed è terminato giorno 10 luglio 2012 per un periodo complessivo di sette giorni. I risultati mostrano la

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tipica variabilità giorno/notte e valori inferiori ai limiti di legge. In figura 3.28 viene riportato il grafico con l’andamento temporale della concentrazione di Radon all’interno del locale esaminato, mentre la tabella 3.VII riassume i dati del monitoraggio.

Figura 3.27. Monitoraggio segreteria didattica ITIS

Figura 3.28. Andamento temporale della concentrazione di Radon nella

segreteria didattica ITIS

Risultati monitoraggio

Inizio monitoraggio (data/ora) 03/07/2012 ore 10.40

Fine monitoraggio (data/ora) 10/07/2012 ore 09.50

Valore massimo 102.00 +/- 33.00 Bq/m3

Valore medio 29.22 Bq/m3

Tabella 3.VII. Monitoraggio Radon segreteria didattica ITIS

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CONCLUSIONI

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4. CONCLUSIONI Il Project Work, a conclusione delle attività didattiche e di

tirocinio svolte durante il master “Monitoraggio delle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti e rischio ambientale”, ha perseguito l’obbiettivo di monitorare l’esposizione ai campi elettromagnetici ad alta frequenza e alle radiazioni ionizzanti dovute al gas radon presente nei locali destinati alle attività scolastiche in tre scuole presenti all’interno del territorio del comune di Ragusa.

Tale lavoro è stato sviluppato durante il tirocinio presso l’Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) svolto nella Struttura Territoriale di Ragusa, e si inquadra perfettamente all’interno delle attività di prevenzione e controllo degli Agenti Fisici (vedi primo capitolo) svolte dall’Agenzia nelle sue strutture provinciali.

Il monitoraggio dei campi elettromagnetici ad alta frequenza nelle tre scuole (Liceo Scientifico Statale “E. Fermi”, Istituto Tecnico Commerciale Aeronautico Statale “F. Besta” e Istituto Tecnico Industriale Statale “E. Majorana”) è stato condotto, come visto, utilizzando centraline di monitoraggio in continuo posizionate nei punti maggiormente esposti a sorgenti di campi elettromagnetici, stazioni radio base per la telefonia cellulare e impianti radiotelevisivi. I risultati dell’intensa attività di monitoraggio, riportati nel capitolo secondo di questo elaborato, non hanno mostrato mai superamenti dei valori di attenzione previsti dalla normativa vigente in materia di protezione della popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici.

Il monitoraggio del gas radon all’interno dei locali scolastici dei tre istituti sopraccitati è stato condotto utilizzando uno strumento portatile a camera a ionizzazione denominato AlphaGUARD. I risultati dell’attività di monitoraggio, riportati nel capitolo terzo di questo elaborato, non hanno mostrato valori di concentrazioni elevate del gas radon, inoltre non sono mai stati superati i valori di attenzione massimi imposti dalle normative vigenti. Tuttavia questa tecnica è utilizzata per avere una prima valutazione della situazione di rischio presente in un dato locale e in futuro sarebbe auspicabile fare una campagna di misure condotta con metodologie che permettono di determinare valori di

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CONCLUSIONI

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concentrazione di Radon media annua, ad esempio la tecnica che utilizza i rivelatori a tracce.

Concludendo, l’esperienza svolta ha mostrato una buona situazione ambientale all’interno degli istituti scolastici del territorio ragusano in quanto non sono stati riscontrati valori preoccupanti ne di campi elettromagnetici ne tantomeno concentrazioni di radon tali da prevedere particolari misure di prevenzione e protezione. Le misure effettuate, come visto in questo elaborato, infatti non hanno messo in luce nessun superamento dei valori di soglia limite imposti dalle normative vigenti.

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BIBLIOGRAFIA

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BIBLIOGRAFIA

[0] http://www.arpa.sicilia.it/

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[5] EFRHAN, Report on the level of exposure (frequency, patterns and modulation) in the European Unit. Part 1 – Radiofrequency (RF) radiation, agosto 2010

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[12] D.P.C.M. 8 LUGLIO 2003, Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione degli obbiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalla esposizione a campi elettrici, magnetici alla frequenza di rete (50Hz) generati dagli elettrodotti, G.U. 29 agosto 2003, n. 200

[13] http://www.epicentro.iss.it/problemi/radon/epid.asp