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Molecole di Gas Manuale didattico dedicato alle Scuole Elementari e Medie Inferiori

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Prem

essa

Viaggio alla scopertadelle risorse

L’acqua, i gas, le materie prime, le materie seconde, i loro cicli, la loro chimica, i loro rap-porti con l’uomo e la società, sono i temi affrontati dal progetto di MATERIALITA’ del trien-nio 1999-2002. Queste “risorse” sono analizzate attraverso esperienze pratiche e teoricheche costituiscono l’argomento di manuali didattici a disposizione dei docenti delle scuoleelementari e medie inferiori per aiutarli ad affrontare queste tematiche.

“Molecole di gas”, la seconda pubblicazione della collana, affronta i temi collegati alla“risorsa gas”. Gli aspetti affrontati rappresentano una minima parte dei possibili sviluppi cheun tema simile può offrire. Sicuramente non si è potuto prescindere dall’analisi dai compo-nenti del miscuglio gassoso più importante per la nostra sopravvivenza, l’aria, proseguendo,poi, con l’osservazione delle caratteristiche di altre sostanze utili per la vita di tutti i giornicome gli idrocarburi. Il manuale contiene anche considerazioni sulla pericolosità di alcunigas che in particolari condizioni possono portare problemi a carattere globale come l’effet-to serra. Non dimenticando lo scopo precipuo della pubblicazione si è cercato di aggregareuna serie di esperienze didattiche utili per la programmazione scolastica.

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L’elemento gasLe caratteristiche dei gas che compongono l’ariaAltro gas importante per l’uomo......e per continuare alcune raritàLe leggi fisiche dei gasLa velocità delle particelle gassoseIl volume delle particelle gassoseLa pressione delle particelle gassoseLa legge di BoyleLa legge di Charles, ovvero la legge dell’isocoraLa legge di Gay-Lussac, ovvero la legge dell’isobaraIl principio di AvogadroL’equazione di stato dei gas idealiI gas reali ed equazioni di Van der WaalsI gas in naturaI gas atmosfericiL’atmosfera primordialeL’atmosfera odiernaLa troposferaLa stratosferaLa mesosferaLa ionosferaL’esosferaI gas e i viventiL’azotoL’ossigeno e il monossido di carbonioL’anidride carbonicaI gas e l’acquaI gas e la terraIl vulcanesimoIl metanoI gas e la societàNella storiaNella casaIn cittàI gas serra e la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti ClimaticiIl Protocollo di KyotoGli obblighi del Protocollo di KyotoGli altri obblighi del Protocollo di KyotoLa formazione di nuovi strumenti di attuazioneIl gas metano a RavennaProposte didattiche1. La combustione2. L’ossidazione3. L’aria bruciando crea depressione4. Costruiamo l’anidride carbonica5. Costruiamo un estintore a CO2

6. Il peso dell’aria7. Pesa più l’aria calda o fredda?8. Il pallone aerostatico9. L’aria pesa?10. Come agisce la pressione11. L’esperimento di Cantoni12. Il barometro a palloncino13. I gas e l’effetto serraBibliografia

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aIl pianeta Terra, oltre che pianeta dell’acqua, può venire denominato il “pianeta dell’aria”, inquanto il suo involucro esterno è costituito da una massa gassosa, leggera e trasparente.Questo involucro è costituito da ciò che comunemente chiamiamo aria, cioè da una miscelagassosa che costituisce l’atmosfera, vocabolo greco che significa “sfera d’aria”. In questa sezione descriveremo i principali gas, che presentano interazioni con l’uomo e lasua sopravvivenza. Il primo di cui ci occupiamo, data la sua importanza per gli organismiviventi, è l’ossigeno. Negli strati più prossimi alla superficie terrestre, cioè nei primi 40-50 Km di spessore, l’ariaè formata in prevalenza da due gas: azoto (78%) e ossigeno (21%).

L’azoto (N2) è un gas incolore, inodore, e insapore e, a differenzadell’ossigeno, è poco reattivo, cioè mal si combina con altre sostanze.Quando respiriamo giunge ai nostri polmoni per uscirne, inalterato,nella stessa quantità.Nelle rocce associato ad altri elementi, è presente soltanto per lo0,03%; nei viventi è presente nelle principali molecole biochimiche, adesempio nelle proteine.Azoto in greco significa “senza vita”, in quanto gli esseri viventi nonsono in grado di sopravvivere in una atmosfera costituitaessenzialmente dal suo gas.

L’ossigeno (O2), un gas incolore, inodore, insapore, è di fondamentale importanza per la vitadegli organismi terrestri; ad ogni respiro viene assorbito ossigeno che viene trasportato,sciolto nel sangue, a tutti gli organi e tessuti.

La sua funzione è quella di combinarsi chimicamente con le sostanzeorganiche presenti negli alimenti ingeriti al fine di demolirle insostanze più semplici, ridurle ad acqua ed anidride carbonicaproducendo energia. Questo processo prende il nome di respirazionecellulare, (da con confondersi con il termine più ampio di respirazionepolmonare). È un gas molto reattivo che si combina facilmente conmolti altri elementi, sia gassosi che solidi; per esempio il ferro, acontatto dell’ossigeno dell’aria, si trasforma (si ossida) in ruggine. È di fondamentale importanza per le combustioni; senza ossigeno, lafiamma si spegne. Allo stato solido è presente nella gran parte delle

rocce che costituiscono la crosta terrestre, associato principalmente a Silicio, Alluminio,Calcio, Carbonio e altri elementi.

Il restante 1% rappresenta la somma delle concentrazioni di altri gas presenti nell’atmosferasoltanto in tracce; Argon, Neon, Idrogeno, Ozono, Elio, Anidride carbonica.Idrogeno ed Elio sono gas molto leggeri e non vengono trattenuti dalla forza di gravitàterrestre. Un palloncino riempito di elio, se sfuggito dalle mani di un bambino, vola rapida-mente alto nel cielo. Sono molto abbondanti nei maggiori pianeti del sistema solare (Giove,Saturno) in quanto la loro forza attrattiva è maggiore e rappresentano i principali compo-nenti gassosi delle stelle.Altro gas molto importante è l’anidride carbonica. Essa si forma in tutte le reazioni in cuisiano coinvolti l’ossigeno e il carbonio, che sono i suoi costituenti.

L’anidride carbonica (CO2), anche se presente nell’atmosfera soltanto per lo 0,03%, è un gas

La molecola diossigeno è compostada due atomi legati da in doppio legamemolto stabile.

La molecola di azoto è composta da due atomi diazoto legati da intriplo legame .

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di vitale importanza per la vita degli organismi terrestri. Ad ogni respiro, viene immessoossigeno, che si consuma ed emessa CO2 che viene prodotta. I vegetali, d’altro canto, assor-bono l’anidride carbonica atmosferica trasformandola, con una complicata serie di reazionifotosintetiche, in sostanza organica (zuccheri). Sostanza di scarto, nei processi di fotosinte-si, è l’ossigeno gassoso; i vegetali pertanto compiono azioni fondamentali per la vita degliorganismi viventi.Se sciolto in acqua, questo gas forma acido carbonico (CO2 +H2 O=H2 CO3) è ciò rendel’acqua debolmente acida (se in grande quantità può originare piogge acide e avere grandieffetti sui principali ecosistemi terrestri). Un incremento della sua concentrazione nell’atmosfera, può portare al cosiddetto “effettoserra”, cioè ad un innalzamento della temperatura atmosferica, come avremo modo dispiegare più avanti nel testo.

Il metano (CH4), è un gas di origine fossile, naturalmente presente nel sottosuolo. Per l’uso che ne facciamo, è sicuramente la fonte di energia più pulita estratta edutilizzata. Esso appartiene al gruppo degli idrocarburi, le sostanze organiche dipiù semplice composizione esistenti in natura rinvenibili sul nostro pianetaprevalentemente nelle porosità delle rocce che costituiscono la parte superioredella crosta terrestre e sono il prodotto di processi chimici e fisici svoltisi nel corsodella storia della Terra. Reperibile prevalentemente in giacimenti sotterranei, è piùleggero dell’aria, inodore, incolore e, in determinate condizioni, infiammabile.La sua molecola è formata da un solo atomo di carbonio posto al centro di un tetraedro aicui vertici si trovano quattro atomi di idrogeno. Sua caratteristica è quella di bruciare bene in presenza di ossigeno, sviluppando calore eliberando gas non inquinanti, secondo la reazione:

CH4 + O2 = CO2 + H2O + Energia

La produzione di anidride carbonica é del 25% inferiore rispetto agli altri combustibili. A titolo di curiosità, vale inoltre la pena di ricordare che il metano interviene nel processo diformazione delle cosiddette ‘nubi nottilucenti’, cioè nubi visibili soprattutto di notte, ed èuno dei principali componenti dell’atmosfera dei pianeti "esterni" (più lontani della Terra dalSole), ovvero Giove, Saturno, Urano e Nettuno.

Fino ad ora abbiamo parlato dei gas maggiormente conosciuti; passiamo ora ad occuparcidei gas definiti “rari” ; xenon, kripton e neon, presenti nell'atmosfera terrestre in quantita-tivi marginali. Per la loro caratteristica di essere poco reattivi, vengono anche indicati con ilnome di “gas nobili”.Poiché hanno la proprietà di emettere luce colorata se caricati elettricamente, trovanoapplicazione nel settore dell'illuminazione e dei laser. Inoltre vengono impiegati anche nellericerche di laboratorio.

Il neonIl neon è un gas incolore, inodore, inerte. Pur non essendo tossico, il neon può diventareasfissiante nel caso in cui una sua concentrazione divenga troppo elevata nell'atmosfera.Viene prodotto attraverso il processo di liquefazione nell'aria ed è utilizzato industrialmenteper la costruzione di lampadine, lampade fluorescenti, insegne luminose. Se si fa scoccare

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Molecola diMetano (CH4)

Molecola diAnidride Carbonica

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una scintilla elettrica in tubi contenenti neon a bassa pressione, si ha una intensa lucerosso-arancio. Se poi vi sono presenti in tracce anche altri gas nobili, si possono averealtre colorazioni. I tubi al neon hanno la caratteristica di non produrre calore(luce fredda) e quindi, a parità di consumo di elettricità, danno più luce dellecomuni lampadine.

Il radon Questo è un gas radioattivo incolore, estremamente volatile, prodotto nella disinte-grazione di molti isotopi radioattivi. Il radon viene generato continuamente da alcunerocce della crosta terrestre ed in particolar modo da lave, tufi, pozzolane, alcuni graniti etc.Soltanto da qualche decennio si è scoperto che questo gas radioattivo si infiltra nelle rocceporose fino a raggiungere la superficie terrestre, “viaggiando” anche per molti chilometri didistanza dal giacimento. Può quindi raggiungere cantine e scantinati di vecchi edifici co-struiti in rocce porose, dove la circolazione dell’aria è scarsa. Da qui, salire nelle abitazionied essere respirato dagli abitanti, rendendoli radioattivi. L’inalazione di questogas è pericolosissima, in quanto cancerogeno. Negli Stati Uniti, dove ilfenomeno è su scala ampia, si usa rivestire le pareti delle cantine convernici impermeabili al gas. Casi di inquinamento da radon sono stati già scoperti in Italia e nel1989 è iniziata una indagine da cui è emerso che le regioni più esposteall’inquinamento naturale da radon sono la Lombardia, il Friuli VeneziaGiulia e il Lazio; quelle meno coinvolte, Liguria, Marche e Basilicata.La grandezza che viene presa come riferimento per la rendersi conto dellaentità del problema è la concentrazione di radon gas espressa inBq/m3 (Becquerel per metro cubo) ossia il numero di disintegrazioninucleari per ogni secondo per ogni metro cubo di aria. In pratica unaconcentrazione di 400 Bq/m3 vuol dire che vengono emesse 400radiazioni ogni secondo, in ogni metro cubo di aria. A seguito della ricerca effettuata sul territorio italiano è emerso che il valore dellaconcentrazione media è risultato essere 75 Bq/m3 valore è relativamente elevato rispet-to alla media mondiale valutata intorno a 40 Bq/m3 .

L’argonE’ gas incolore, inodore, ininfiammabile, stabile chimicamente. Se presente in percentualeelevata può diventare asfissiante. Viene prodotto attraverso il processo di liquefazione e distillazione dell'aria ed utilizzato piùfrequente nell'industria metallurgica, siderurgica ed in elettrotecnica. Viene inserito neibulbi delle lampadine elettriche per rallentare la sublimazione del filamento. Nell’atmosfera è il gas nobile più abbondante

L’elioE’ un gas incolore, inodore, non infiammabile, chimicamente molto stabile, non tossico. L'elio èmolto più leggero dell'aria e questo ha comportato il suo utilizzo per alcune attività; viene infat-ti impiegato per riempire palloni sonda e dirigibili, in quanto più leggero dell’idrogeno e menoinfiammabile. Viene impiegato anche come diluente dell’ossigeno nelle bombole d’aria per sub-acquei. Insieme all’idrogeno, l'elio è il gas più abbondante nella fotosfera solare (strato visibilein luce bianca che rappresenta a grandi linee la superficie di separazione fra il sole e la suaatmosfera); infatti l'80% dell'energia solare è dovuto alla trasformazione dell'Idrogeno in elio.

L’elemento gas 5

Molecola di Neon

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Lo xenonE’ un gas incolore e inodore, abbastanza solubile in acqua, infiammabile, chimicamentestabile, atossico, ma con leggera azione narcotizzante. Viene impiegato come gas illuminante, come propellente per sonde spaziali, in medicinacome gas anestetizzante.

Per definizione, una sostanza si trova allo stato gassoso se le particelle che lo compongononon sono legate tra loro e possono pertanto muoversi nello spazio indipendentemente le unedalle altre. Questo è ciò che accade quando ad esempio apriamo, in un ambiente chiuso, unabottiglia contenente una soluzione concentrata di ammoniaca o di candeggina; le particelleescono spontaneamente dal contenitore disperdendosi nel locale e noi ne avvertiamoolfattivamente la presenza. La dispersione casuale delle molecole di un gas nell’ambienteviene chiamata diffusione.

Il movimento delle particelle non è ordinato ma caotico, frequenti sono gli urti e le variazionidi velocità di ogni singola molecola; all’interno di un gas esistono pertanto molecole piùlente ed altre più veloci. Non potendo conoscere la velocità reale di ogni particella siadotta, per definire la velocità di un gas, la velocità media delle molecole che lo compon-gono. È possibile far variare la velocità delle particelle gassose semplicemente aumentan-done o diminuendone l’energia; scaldare un gas significa fornire energia alle sue molecole,raffreddarlo, diminuirla. Possiamo quindi affermare che all’aumentare della temperaturaaumenta l’energia e quindi la velocità delle particelle gassose.

In un recipiente contenente un gas, le molecole si muovono continuamente in ogni direzionee ad altissima velocità, occupando tutto lo spazio a loro disposizione. Se potessimoaumentare il volume a disposizione, noteremmo che le molecole tendono ad occupare anchelo spazio aggiuntivo. Possiamo verificare questa affermazione in un modo molto semplice:spruzziamo in un locale della casa del profumo per ambiente, avendo l’accortezza dichiudere bene porte e finestre. Lasciamo passare un po’ di tempo in modo che le molecolesi disperdano naturalmente, apriamo quindi una porta che immetta in un altro locale cheabbia porte e finestre chiuse; ben presto il profumo sarà avvertito anche nel nuovoambiente. Occorre però precisare che il volume che un gas può occupare è molto maggioredella somma dei volumi delle singole particelle. Una bottiglia da 1 litro “vuota” e tappatacontiene aria (una miscela di gas) che occupa il volume della bottiglia, quindi un litro; peròla somma del volume delle particelle è molto inferiore a tale valore (1 ml circa). Si deduce che il volume di un gas non equivale alla somma dei volumi delle singolemolecole ma a quello dello spazio in cui le particelle possono muoversi. Per comprendere meglio ciò, prendiamo una siringa, togliamo l’ago e liberiamola dallostantuffo. Il suo interno è riempito di aria. Tappiamo ora l’estremità appuntita con un dito,avviciniamo lo stantuffo alla sua imboccatura e iniziamo a comprimere; il volume dell’ariasi è ridotto. Ora tiriamo lo stantuffo nella direzione opposta; il volume di gas aumenta purrimanendo inalterato il numero delle particelle. Da questa affermazione è possibile dedurreche, mantenendo il numero delle particelle costante, un gas può occupare volumi diversi epuò quindi essere facilmente compresso o espanso.L’unità di misura del volume di un gas, nel Sistema Internazionale (SI), è il metro cubo (m3).

Le leggi fisiche dei gas

Le leggi fisiche dei gas

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I chimici però spesso usano misurare i volumi in litri (l) o in millilitri (ml).1 m3 equivale a 1.000 l, 1 litro a 1.000 ml o a 1 dm3.

Ogni volta che le molecole di un gas urtano contro le pareti di un recipiente, imprimono unaspinta ed esercitano una forza. La forza esercitata sull’unità di superficie è detta pressione.Possiamo quindi affermare che l’urto delle particelle di gas sulle pareti del recipiente creauna pressione e che pertanto si definisce pressione di un gas la pressione che le molecoledel gas esercitano sulle pareti di un recipiente urtandole.L’unità di misura della pressione nel S.I. è il Pascal (Pa), ma i chimici adottano il bar o il suomillesimo, il millibar (mbar). 1 bar equivale a 100.000 Pascal e a circa 1 atmosfera. L’ariaatmosferica esercita una pressione che normalmente equivale a 1.013 millibar (1 atmosfera,atm); quando la lettura al barometro, lo strumento che “legge” la pressione atmosferica,indica un maggiore valore, ci troviamo in una fase di alta pressione. Quando la lettura è infe-riore, il momento è di bassa pressione. In laboratorio la misura della pressione esercitata daun gas viene effettuata da uno strumento chiamato manometro. Consideriamo ancora la bottiglia “piena” di aria dell’esempio precedente; una analisi chi-mica dimostra che l’aria è costituita da tanti gas diversi (ossigeno 21%, azoto 79%, argo0,9%, anidride carbonica 0,03%, neon 0,002, tracce di elio, kripton, idrogeno e xenon).Ognuno di questi gas esercita sulle pareti della bottiglia una sua propria pressione. Daltonasserì che la pressione totale in un recipiente è la somma delle pressioni parziali dei gas pre-senti nel recipiente stesso.

Ptot= P1+P2+P3+….+Pn

Il che significa che ciascun gas esercita la stessa pressione che eserciterebbe se fossepresente nel contenitore da solo alla stessa temperatura (pressione parziale).Abbiamo affermato che la pressione atmosferica in condizioni normali ha una pressione paria 1 atm. Se il 79% della miscela gassosa è costituita da molecole di azoto, significa che il79% della pressione è dovuto all’azoto; la pressione parziale esercitata dall’azoto incondizioni standard è quindi pari a 79/100 x 1atm= 0,79 atm. Lo stesso vale per gli altri gas componenti la miscela.

Riprendiamo quanto è stato precedentemente illustrato sulla comprimibilità di un gasall’interno di una siringa; premendo sullo stantuffo, il volume dell’aria diminuisce. Al posto

di una siringa prendiamoora un cilindro dotato distantuffo mobile ma atenuta, contenente Xmolecole di gas. Il vo-lume del contenitore siadi 4 litri e la pressionedel gas di 1 bar. Agendosul pistone, dimezziamoora il volume; il numerodelle particelle rimanecostante, ma lo spazio incui possono muoversi siè ridotto a 2 litri; non

Le leggi fisiche dei gas 7

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Misura dellapressione di ungas. In grigio il liquido barometrico (acqua o mercurio). I puntini rappresentano lemolecole di gas. h indicala pressione del gas

Facendo diminuire il volume occupato da un gas, aumenta il numerodelle particelle per unità di volume e quindi aumenta il numero degliurti contro le pareti del recipiente: la pressione aumenta. I valoririportati sopra le figure mostrano che il prodotto PV è semprecostante

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abbiamo più X molecole in 4 litri, ma X molecole in 2 litri. Abbiamo cioè raddoppiato ilnumero di molecole per litro. Di conseguenza, gli urti raddoppiano innalzando la pressioneche si porta a 2 bar.

Portiamo ora il volume a 1 litro agendo ancora sul pistone; questa volta si hannoX molecole in 1 litro, cioè il numero di molecole per litro si è quadruplicato.Pertanto anche la pressione è quadruplicata.Possiamo quindi affermare che la pressione aumenta quando il volume diminuisceo che la pressione esercitata da un gas è inversamente proporzionale al volumedel gas.Nell’eseguire queste trasformazioni abbiamo mantenuto costante la temperatura,abbiamo cioè compiuto delle trasformazioni isoterme. Nel 1962 Robert Boyledeterminò la sua prima legge sui gas che enunciava che: per ogni quantità di gasa temperatura costante, il prodotto dei valori della pressione e del volume è unacostante e cioè, matematicamente:

P V = K (legge isoterma)

dove P = pressione V = volume K = costante Nel caso del contenitore a stantuffo, questa legge può essere così verificata:V1=4 V2=2 V3=1P1=1 P2=2 P3=4P1V1=4 P2V2=4 P3V3=4

Ponendo i valori in un grafico, otteniamo la rappresentazione grafica della legge isoterma:una iperbole.La legge può essere applicata per conoscere la variazione di volume al cambiare dellapressione e viceversa, utilizzando questa semplice formula: P1V1 = P2V2

Spesso per calcolare volumi e/o pressioni, si preferisce considerare i gas in “condizionistandard” (STP, standard), in cui la pressione di riferimento è pari a 1 atmosfera (1atm=circa1 bar), la temperatura a 0°C e il volume viene riportato in m3 o in litri (dm3).

Prendiamo un palloncino, gonfiamolo leggermente e poniamolo dapprima in un recipiente divetro contenente ghiaccio quindi in un altro contenente acquacalda. E’ possibile osservare come il volume del palloncino varisecondo le diverse temperature. Il fisico Charles notò che apressione costante, il volume di qualsiasi gas aumenta di 1/273del suo volume a 0°C per ogni aumento di 1°C di temperatura. Inmaniera analoga, osservò che diminuendo la temperatura di 1°C,il volume dello stesso gas a 0°C diminuisce di 1/273. Teoricamentea –273°C (zero assoluto), il gas non dovrebbe avere nessun vo-lume; tuttavia i gas divengono liquidi prima di aver raggiunto taletemperatura, e la legge non è valida per i liquidi e i solidi. La leggeviene così enunciata: il volume di una quantità di gas, man-tenuto a pressione costante, varia in misura direttamenteproporzionale alla temperatura espressa in gradi Kelvin(dove 1K= 1°C+273 e 0K=273). La legge annuncia che il volume di un gas varia in mododirettamente proporzionale alla sua temperatura assoluta,

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Rappresentazionegrafica della legge Isotema:una iperbole

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V1/T1=k

dove k è una costante; se avviene un cambiamento di volume a pressione costante, è validala relazione V2=kT2. Però K=V1/T1; quindi sostituendo la variazione di volume diviene V2=V1 T2 /T1. La formula ci permette di calcolare le variazioni di un parametro conoscendo gli altri tre.

Abbiamo visto che quando scaldiamo un gas all’interno di un recipiente chiuso, aumental’energia cinetica delle particelle, quindi la loro velocità. Conseguentemente incrementaanche il numero degli urti tra le molecole e, pertanto, la pressione. Se il gas viene scaldatoin un contenitore che non permette una variazione di volume, si stabilisce questacorrelazione tra Pressione e Temperatura

P/T=k

La legge enuncia quindi che se il volume di un gas viene mantenuto costante (condizioneisocora) la pressione varia in misura direttamente proporzionale alla temperaturaassoluta (in gradi Kelvin).Per un valore iniziale di Pressione e Temperatura, si ha P1=kT1 e un valore finale pari a P2=kT2

(da cui k=P2/T2); sostituendo k nella prima equazione si ottiene P1= (P2/T2)T1 ovvero P1/T1= (P2/T2) che equivale a P1/P2= T1/T2 .Questa formula ci permette di calcolare un parametro conoscendo gli altri tre, come già perla precedente legge dell’isobara.

Amadeo Avogadro stabilì che a parità di volume e pressione, volumi di gas diversicontengono lo stesso numero di molecole.

Quattro sono le variabili che influenzano lo stato fisico dei gas; la pressione, la temperatu-ra, il volume, il numero di particelle. La legge di Charles annuncia che il volume varia in maniera direttamente proporzionale allatemperatura assoluta e quella di Boyle, in maniera inversamente proporzionale allapressione. Combinando le due relazioni abbiamo che PV=k”T dove K è una costante chedipende dal numero di particelle presenti nel gas. K” viene spesso indicato come K”=nR, doven è il numero di moli ed R è la costante universale dei gas.Per mole si intende il numero di particelle - atomi, molecole, ioni – pari al numero diAvogadro, cioè 6,02 · 1023. Ad esempio, una mole di molecole contiene 6,02 · 1023 molecole,una mole di atomi contiene 6,02 · 1023 atomi). R è una costante calcolata considerando i gas nelle condizioni standard (P=1atm, V=22,4l – volume occupato da una mole -, T=273K, n=1) ed è sempre pari a 0,0821 atm · l/moli · K (K=Kelvin).La formula generale dei gas ideali, o perfetti, diviene quindi

PV=nRT

Quanto descritto precedentemente vale per i gas ideali, quelli cioè in cui le molecole hannoun volume trascurabile e non interagiscono tra loro. Quando invece i volumi delle particelle

Le leggi fisiche dei gas 9

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non sono trascurabili e le forze di interazione sono presenti, si parla di gas reali e la leggegenerale dei gas deve essere così modificata:

(P+n2. ) (V-nb)=nRT

Il primo termine (Pressione) viene corretto per effetto dell’interazione delle molecole di gas,mentre il secondo riguarda la correzione del volume. I termini a e b sono costanti e sonopeculiari per ogni gas; la costante b viene definita covolume.

L’atmosfera terrestre è costituita da una miscela di gas i cui componenti principali sonoAzoto e Ossigeno, cui seguono altri gas in minori quantità, così come appare in tabella:

La quantità del vapor acqueo varia a seconda dei processi chimico-fisici biologici(evaporazione, condensazione, evapotraspirazione ecc.)

Ma non è sempre stato così.

In origine i gas presenti nell’atmosfera avevano origine solare ed erano rappresentati daidrogeno ed elio. Loro caratteristica è quella di essere molto leggeri tanto da sfuggire allagravità terrestre disperdendosi nello spazio.A seguito di violente eruzioni vulcaniche, una seconda atmosfera si sostituì alla prima; i gaseruttati insieme alle colate laviche, erano essenzialmente formati da anidride carbonica,metano, azoto, ammoniaca, idrogeno, monossido di carbonio e, soprattutto, vapor acqueo.Quando la temperatura globale cominciò a raffreddarsi, il vapor acqueo iniziò a condensar-si dando origine a piogge intense; ebbero così origine gli oceani. L’idrogeno continuò a dis-perdersi nello spazio mentre gran parte dell’anidride carbonica reagì con il calcio, l’idrogenoe l’ossigeno per formare rocce carbonatiche, carboni ed idrocarburi. La produzione di grandiquantità di ossigeno è da attribuirsi alla comparsa sulla Terra di primi organismi fotosinte-tizzanti che iniziarono a trasformare anidride carbonica e acqua in ossigeno e sostanzaorganica (nell’atmosfera primordiale l’ossigeno era presente in quantità ridotte, pari allo0,1% rispetto al quantitativo attuale del 21%). Gli organismi più complessi, la cui vita eralegata a processi respiratori aerobici, dovettero aspettare ancora un po’ prima di vedere laluce. Infatti la concentrazione di ossigeno utile per la respirazione è pari all’1% dell’ossigenoattualmente presente (punto Pasteur). Alla concentrazione dell’ossigeno atmosferico è lega-to un importante fattore: l’irradiazione ultravioletta. La quantità di radiazione ultravioletta

I gas in natura

I gas in natura

10

I gas

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Azoto

N2

78%

Ossigeno

O2

21%

Argon

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0,9%

Anidride

CO2

0,03%

Neon

Ne

0,002%

Elio

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tracce

Metano

CH4

tracce

Cromo

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tracce

Biossido

N2O

tracce

Idrogeno

H2

tracce

Ozono

O3

tracce

Xenon

Xe

tracce

Vapor

H2O

variabile

Elementigassosi

Simbolochimico

Quantità

Carbonica di azoto d’acqua

V2

a

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che giunge alla superficie terrestre è inversamente proporzionale al contenuto di ossigenoatmosferico; poco ossigeno, tanto irraggiamento. Prima dello sviluppo delle alghe, gli organ-ismi primitivi, erano costretti a vivere nelle acque ad una profondità di almeno 10 metri. Conla comparsa dei primi organismi fotosintetizzanti ed il raggiungimento del punto Pasteur laprofondità cui potevano spingersi le forme di vita raggiungeva già i pochi centimetri dallasuperficie. Quando la concentrazione dell’ossigeno atmosferico raggiunse il 10% del totale,gli organismi poterono lasciare le acque e iniziare a vivere sulla terraferma.

Lo spessore dell’atmosfera odierna non è definibile con esattezza, anche se, per consuetu-dine, si prende come limite esterno il valore di 3000 km di altezza. La composizione di questointervallo spaziale non è tuttavia uniforme; per primi 100 km di altezza i componenti gas-sosi sono pressoché costanti, sia per composizione che per concentrazione, per via di un con-tinuo rimescolamento degli strati atmosferici; salendo di quota tendono a variare. Per questomotivo l’atmosfera terrestre viene suddivisa in 5 strati; troposfera, stratosfera, mesosfera,ionosfera, esosfera.

La troposferaE’ la porzione della atmosfera nella quale noi viviamo; rag-giunge una altezza di 15 Km ed è molto densa, contenendoil 75% della massa totale d’aria. I gas che la compongonosono in continuo movimento (tropos in greco significa,appunto, movimento) e determinano tutti i fenomeni atmos-ferici compreso il riscaldamento terrestre. Il Sole emetteenorme quantità di energia sotto forma di radiazioni visibili(onde corte). Tale energia viene in parte assorbita ed in parteriflessa sia dalla superficie terrestre che dall’atmosfera, cosìcome è mostrato in figura. Dell’intera radiazione solaresoltanto il 26% arriva direttamente sulla superficie terrestre; del rimanente 74%, circa il16% viene assorbito gai gas atmosferici (vapor acqueo, anidride carbonica, ozono), il 18%diffuso in parte dagli stessi gas, in parte da polveri e ceneri vulcaniche oltre che dai com-posti delle combustioni. Di questo 18%, una parte, l’11% viene diffuso sulla superficie ter-restre. Un ultima parte, pari al 40% del totale, viene intercettata e riflessa dalle nubi, maanche di questa almeno il 14% giunge a noi indirettamente.Riassumendo, il 51% arriva a noi direttamente o indirettamente dopo aver attraversato l’at-mosfera, il 49% viene riflesso nello spazio. Sulla Terra però sono presenti alcune superficiriflettenti (mari, laghi, nevi e ghiacci, deserti) che rilanciano il 4% delle radiazioni nellospazio. Quindi, il bilancio totale porta ad una radiazione effettiva sulla Terra pari al 47%. L’irraggiamento della Terra, cioè la perdita di energia verso lo spazio, viene assorbito in granparte dal vapor acqueo e dall’anidride carbonica. Si calcola che, quando il cielo è nuvolosoo nebbioso, il 90% della radiazione riflessa possa essere “intrappolata” dall’atmosfera. Il Soleemette energia sotto forma di onde elettromagnetiche con lunghezza d’onda piccola (ondecorte); la Terra riflette queste onde sotto forma di onde lunghe a bassa frequenza del tipo ainfrarosso, con effetto termico maggiore rispetto alle onde corte ma con minore effetto pe-netrante. Queste onde lunghe vengono pertanto intercettate dai gas troposferici, per lo piùdall’anidride carbonica e dalle nubi, e quindi inviati di nuovo sulla Terra. In pratica è comese il nostro pianeta fosse circondato da una lastra di vetro trasparente ai raggi luminosi adalta frequenza, opaca per quelli infrarossi calorici riflessi dalla terra, come accade all’inter-no di una serra artificiale. I vetri di una serra lasciano passare le onde corte provenienti dal

I gas in natura 11

Come si distribuisce laradiazione solare

L’at

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sole che vengono assorbite dal suolo e lo riscaldano. Il suolo, una volta riscaldato funge da“radiatore” di onde lunghe. Queste onde caloriche vengono però riflesse dai vetri, per cui il

calore rimane all’interno della serra. Ecco perchéchiamiamo questo fenomeno “effetto serra”. In condizioni di equilibrio la temperatura media ter-reste rimane costante, in quanto le zone polari per-dono più calore per riflessione di quanto ne ricevono,mentre quelle equatoriali ne assorbono più di quantonon riescono a riflettere. La circolazione generaledell’atmosfera e delle correnti oceaniche porta allarealizzazione di un equilibrio termico. L’uomo ha peròalterato questo equilibrio naturale, immettendonell’atmosfera elevate quantità di anidride carbonica,

che abbiamo visto essere insieme al vapor acqueo il principali fautore dell’effetto serra.Maggior concentrazione di gas significa maggior capacità di trattenere le onde caloriche.L’anidride carbonica non è però il solo gas responsabile dell’incremento del fenomeno diriscaldamento globale. L’uomo emette con le proprie attività altri “gas serra” tra i quali ilmetano, i CFC (cloro-fluoro-carburi) implicati anche nella creazione del buco di ozono, di cuitratteremo più avanti, l’ozono stesso, l’ossido di azoto che sono normalmente tutti presentinell’atmosfera in basse concentrazioni. In assenza di questi gas la temperatura mediaterrestre sarebbe di –18°C, invece dei 15°C oggi presenti. L’aumento artificiale di questi gas rafforza l’effetto serra naturale. Tra tutti questi gas è comunque la CO2 ad avere un ruolo chiave. Le misurazioni effettuaterilevano che dall’inizio dell’ultimo secolo la concentrazione di tale gas nell’atmosfera è

aumentata di un quarto, causando un aumento della temperatura di0,7°C. Questo valore sembra essere molto basso, ma in realtà basterebbeun aumento di pochi gradi nella temperatura media annua per farsciogliere i ghiacci polari. Come conseguenza il livello dei mari crescerebbe, sommergendo moltezone costiere anche altamente popolate. Senza simili esagerazioni, ècerto che un aumento moderato della temperatura media porta ad unaridistribuzione delle precipitazioni con la conseguenza che molte zoneora fertili potrebbero divenire dei deserti. Che la CO2 aumenti è un datodi fatto; ma non è altrettanto certo che questo incremento porterà ad unriscaldamento climatico. L’aumento della CO2 nell’atmosfera potrebbeincrementare la fotosintesi e quindi provocare un aumento della biomas-sa, che finirebbe per consumare più anidride carbonica riportandola avalori più bassi. Come conseguenza, dopo un periodo di clima con tem-perature più alte, si giungerebbe ad un clima a temperature più fredde. È comparso sul quotidiano spagnolo “El Pais” del 28/07/2000, unarticolo che riportava la scoperta di un nuovo gas responsabile del riscal-damento dell’atmosfera. Si chiama “tri-fluoro-metil penta-fluoruro di zolfo” (CF3SF5) e vieneprodotto dall’industria elettrica. La presenza di questo gas nell’atmosfera aumenterebbe del 6% ogni

anno e il suo coefficiente di riscaldamento è superiore a quello dei gas finora tenuti più sottocontrollo dal “protocollo di Tokio” sulle emissioni del gas di scarico (vedi capitolo “I gas e lasocietà”).

I gas in natura12

Gli strati dell’atmosfera

terrestre

Effetto serra

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La stratosferaLa stratosfera è una fascia costituita da gas rarefatti che si sviluppa oltre la troposfera finoad una altezza di 50 km. Tra i 20 e i 50 km, si trova una sottofascia in cui è concentratoprincipalmente un solo gas, l’ozono che forma l’ozonosfera. Si tratta di un gas instabile dallavita breve, che si forma per scissione della molecola di ossigeno (O2) per opera delleradiazioni provenienti dallo spazio. Gli atomi di ossigeno liberati sono molto reattivi e silegano tra loro a formare una molecola triatomica, l’ozono (O3). Si tratta di un gas invisibile,dall’odore caratteristico e pungente (in greco “ozein” significa odorare).Questa molecola è in grado di assorbire i raggi ultravioletti di origine solare, che altrimentigiungerebbero sulla Terra causando la distruzione delle forme di vita. Gli ultravioletti,infatti, sono letali; in alte concentrazioni i vegetali morirebbero, gli animali sarebberocolpiti da ustioni, cecità, tumori per lo più della pelle; in particolare il plancton, che costi-tuisce l’alimento principale di moltissime specie ittiche e base fondamentale delle catenealimentari, è particolarmente sensibile alle radiazione ultraviolette. È dunque facilmente intuibile il danno non solo ambientale ma anche dal punto di vistaalimentare cui stiamo andando incontro. L’ozonosfera ha quindi l’importante compito di filtrare la quasi totalità dei raggi UV. La presenza dei CFC, cloro-fluori carburi, presenti un tempo nelle bombolette spray e negliimpianti di refrigerazione, causa una rottura nella molecola di ozono, in quanto si legano alterzo atomo di ossigeno, rilasciando molecole di O2. Si crea cioè un “buco nella fasciad’ozono” Da tempo sono iniziate campagne di studio in quelle zone dove lo strato di ozonosi è particolarmente ristretto; sono ormai 15 anni che l’Antartide è sotto osservazione perquanto concerne questo fenomeno. I primi dati allarmanti furono pubblicati per la primavolta nel 1985 dalla stazione inglese Antarctica Survey. Le misurazioni avevano registrato una diminuzione del 65% della concentrazione dell’ozono,diminuzione verificatasi per il 95% negli strati più bassi della stratosfera, nella fascia oscil-lante fra i 13 e 1 22 km di distanza dalla superficie terrestre. La situazione va via via peggiorando. Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale(Omm), i dati del periodo 16-22 agosto 2000 mostrano una diminuzione del 30% dei valoririspetto a quelli registrati nei periodi 1964-1976 che hanno preceduto la scoperta delfenomeno. Il buco di maggiori dimensioni è stato registrato nel 1998 quando raggiunse i 12milioni di km2 mentre nel 1999 si è ridotto a 10 milioni di km2. È stato altresì osservato unraffreddamento della stratosfera, con punte di –93°C a 20 km di altezza, che ha contribuitoalla distruzione dell’ozono.

La mesosferaOltre la stratosfera, fino ad una quota di 90 km, si trova la mesosfera, una fascia in cui letemperature si portano fino a minimi di 120°C sotto lo zero e i gas sono molto più rarefat-ti rispetto agli strati sottostanti e si presentano ionizzati, cioè dotati di cariche elettriche. Inquesta fascia si evidenziano le meteore, piccoli corpi celesti in caduta libera che, per attritocon i gas rarefatti, divengono incandescenti.

La ionosferaLa ionizzazione è ancora più spinta nella ionosfera in cui tutti gli atomi sono ionizzati. È di fondamentale importanza per le radiocomunicazioni in quanto le onde elettroma-gnetiche vengono riflesse dalla ionosfera rendendo possibili le comunicazioni fra luoghianche molto distanti sulla superficie terrestre, che non potrebbero aver luogo a causa dellacurvatura del pianeta. Le particelle solari che giungono a contatto con i gas ionizzati danno

I gas in natura 13

Molecola di ozono

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luogo alle suggestive aurore boreali o australi, a seconda dell’emisfero di riferimento.I gas principali di questa fascia sono l’azoto, l’ossigeno e l’idrogeno.

L’esosferaL’ultima fascia, la più esterna, è costituita dall’esosfera, raggiungendo i 900-1000 km di altez-za (oltre questo limite vi è lo spazio siderale). Sono presenti soltanto ossigeno e azoto allostato atomico e gas leggeri che sfuggono alla forza gravitazionale terrestre disperdendosi nellospazio, cioè idrogeno ed elio. La pressione atmosferica è nulla e la temperatura elevata.

L’azotoPer i cicli vitali, l’azoto rappresenta un elemento fondamentale; è indispensabile per lafertilità del terreno ed è importante per gli esseri viventi, poiché è presente negli ammi-noacidi, ovvero nelle proteine.I vegetali non sono in grado di utilizzare l'azoto atmosferico ma possono assorbirlo dal ter-reno sotto forma di composti azotati. L’azoto atmosferico viene “fissato” nel terreno da

alcuni batteri, detti azotofissatori, e trasformato in ammoniaca, o più propriamentein ioni ammoniacali, con un processo che chiamiamo fissazione dell’azoto, e cioè

N2 + 3H2 => 2NH3.

Alcuni di questi batteri si rinvengono liberi nel terreno (Azotobacter,Clostridium), altri (Rhizobium), si possono trovare sulle radici di alcunespecie di piante (soprattutto delle leguminose) stabilendo con loro unasimbiosi; gli azotofissatori forniscono cioè prodotti azotati alla pianta e

ricevono in cambio le sostanze presenti nella linfa elaborata dai vege-tali. Gli ioni ammoniacali (NH4+) possono essere assorbiti direttamentedalle radici della maggior parte dei vegetali, mentre altre specie pos-sono assorbire soltanto composti azotati ossidati, cioè ioni nitriti onitrati. (NO2-, NO3-). Intervengono quindi batteri nitrificanti in gradodi ossidare la sostanza organica secondo le reazioni:

2NH4+ +3O2 2NO2

- + 4H++2H2O

2NO2- + O2 2 NO3

- + 1/2O2

Gli erbivori, cibandosi di vegetali, introducono nella loro dieta questinuovi composti, cedendoli poi ai carnivori che li trasformano ad

esempio in sostanze proteiche. Con le feci o alla morte dell’animale, le sostanze azotatetornano di nuovo al terreno per intervento di organismi decompositori. Batteri denitrificanti trasformano poi nuovamente i nitrati e i nitriti in azoto, che si liberanuovamente nell'atmosfera. La denitrificazione è pertanto la reazione inversa alla nitrificazione. I batteri denitrificanti sono anaerobi facoltativi o obbligati, cioè possono vivere sia inpresenza che in assenza di ossigeno, in quanto possono estrarlo dai nitrati o dai nitriti; puòsuccedere che impieghino ossigeno atmosferico quando è disponibile in certe quantità,ricorrendo alla denitrificazione solo in condizioni di forte carenza; il processo di denitrifi-cazione è favorito quando i suoli sono scarsamente aerato, causando un impoverimento dinutrienti per i vegetali.

I gas in natura14

Schema del ciclo dell’azoto

(Nitrosomonas)

(Nitrobacter)

I gas

e

i viv

enti

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Pertanto:• Nitrificazione = formazione di nitriti e nitrati• Denitrificazione = trasformazione di nitrati e nitriti in altri composti

L’ossigeno e il monossido di carbonio (CO)L’ossigeno, prodotto dai vegetali con i processi fotosintetici, èessenziale per la vita di quasi tutti gli organismi terrestri inquanto non sono in grado di respirare in sua assenza; ne fanno eccezione i batteri anaerobi che sono gli unici esseriviventi che non necessitano di tale gas per compiere i propri cicli metabolici. Le alghe, i licheni, i muschi, le felci le piante superiori e alcuni batteri sono capaci di svolgere quella serie di reazioni che chiamiamo fotosintesi clorofilliana, attraverso le quali vengono prodotte sostanze nutritive complessea partire da acqua, sali minerali ed anidride carbonica. Come sostanza di scarto, vieneprodotto ossigeno. La fotosintesi può venire chimicamente così descritta:

6CO2 + 6H2O + energia solare => C6H12O6 + 6O2

L’anidride carbonica atmosferica entra nelle foglie tramite gli stomi, piccole aperture alivello dell’epidermide; l’acqua viene assorbita dalle radici. L’energia solare viene catturatadalla clorofilla, un pigmento presente soltanto nei vegetali, trasformata in energia chimicaed inglobata nella molecola di zucchero (C6H12O6). L’ossigeno per i vegetali è un prodotto discarto, un rifiuto e, come tale abbandonato nell’atmosfera. Gli animali e i vegetali utilizzanopoi l’ossigeno prodotto dalla fotosintesi per respirare, cioè per compiere quelle serie direazioni che portano all’assunzione di ossigeno e nell’eliminazione di anidride carbonica evapor acqueo allo scopo di fornire energia all’organismo. Può venire così descritta:

C6H12O6 + 6O2 => 6CO2 + 6H2O + energia Le due reazioni, sono esattamente l’una l’opposto dell’altra.Durante la respirazione noi inspiriamo aria ricca di ossigeno, tratteniamo quanto ci serve, edespiriamo aria che contiene anidride carbonica. La composizione dell’aria espirata da unindividuo in condizioni normali è data dai seguenti valori approssimati: 16% ossigeno, 78%azoto, 4% anidride carbonica, 2% vapore acqueo. Quando siamo a riposo compiamo circa15 respirazioni complete in un minuto, raggiungendo anche le 30 e più in stato di ansia o diaffaticamento. La quantità di aria inspirata e la quantità di ossigeno utilizzato sono variabilida individuo come si piò osservare dalla seguente tabella:

I gas in natura 15

Schema della fotosintesi clorofilliana

condizioni dinamichedell’individuo( 20°C, 1atm)

volume d’aria inspirato(litri / minuto)

Volume di ossigeno consumato (litri / minuto)

Riposando a letto

Stando seduto

Stando in piedi

Camminando a 3,2 km / h

Camminando a 6,4 km / h

Corsa veloce

Massimo sforzo

6

7

8

14

26

43

65-100

0,240

0,300

0,360

0,650

1,200

2,000

3-4

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L’ossigeno si lega ad una particolare molecola presente nei globuli rossi; l’emoglobina.Questa però ha una maggiore affinità (200-300 volte) con il monossido di carbonio (CO) checon l’ossigeno. In presenza di un’elevata concentrazione nell’aria inspirata, il CO viene assor-bito rapidamente, a livello degli alveoli polmonari, andando a formare un solido legame conl’emoglobina formando la Carbossiemoglobina (COHb). Questo legame limita la capacità ditrasporto e di rilascio di ossigeno ai tessuti impedendo infatti all’ossigeno di legarsi ai globu-li rossi determinando una carenza di ossigeno a livello dei tessuti . L’impossibilità dei globuli rossi di legare ossigeno in presenza di COHb, porta all’avvelena-mento acuto da monossido di carbonio.A causa della stabilità del legame con l’emoglobina il CO ha dei tempi eliminazione emati-ca molto elevati: in ossigeno al 21% ( aria atmosferica ) la concentrazione di CO si dimezzain 320-330 minuti. Somministrando ossigeno al 100% occorrono 40-80 minuti per dimez-zarne la concentrazione nel sangue. L’ossigeno terapia in camera iperbarica (3 atm) permet-te di ridurre a metà la quantità di CO nel sangue in un tempo inferiore ai 25 minuti; daquesto si comprende come l’utilizzo di ossigeno a pressioni maggiori di quella atmosfericarappresenti la terapia più adatta in caso di intossicazione acuta.Nessun individuo sopravvive in un ambiente dove l’ossigeno è in quantità inferiori al 15%;esistono però dei batteri in grado di respirare in condizioni anossiche, utilizzando altre mo-lecole ad esempio i nitrati, i solfati, l’anidride carbonica o il ferro. Come per l’azoto, anche l’ossigeno in natura è rappresentato da un ciclo. L’ossigeno è presente in grande concentrazione nell’atmosfera sotto forma gassosa ed è con-tenuto nella molecola dell’acqua. Le piante assorbono acqua dal terreno; in parte evaporadalle piante stesse (evapotraspirazione), una piccola parte viene usata per i processi foto-sintetici che porteranno alla liberazione dell’ossigeno molecolare.Questo viene consumato dagli organismi viventi con la respirazione e diventa nuovamenteacqua sotto forma di vapore. Il ciclo dell’ossigeno è pertanto strettamente connesso con ilpiù vasto ciclo dell’acqua.

L’anidride carbonicaL’anidride carbonica atmosferica viene impiegata direttamente dai vegetali per compiere iprocessi fotosintetici. Attraverso la respirazione, la CO2 torna all’atmosfera. Una grandeimportanza riveste il ruolo di alcuni batteri cellulosolitici, che cioè sono in grado di demolirela cellulosa, contenuta nelle cellule vegetali, liberando anidride carbonica. È stato stimatoche se non ci fossero tali batteri, il serbatoio atmosferico di CO2 si esaurirebbe in pochedecine di anni. Una parte di anidride carbonica si trasforma in carbonati che si sottraggono al ciclo in quan-to vengono inglobati in sedimenti profondi. Però le eruzioni vulcaniche e le combustioniprodotte dall’uomo emettono grandi quantità di tale gas, causando possibili conseguenzedannose per il clima, come già descritto in precedenza parlando dell’effetto serra. Non sitratta quindi di un ciclo chiuso come quelli fino ad ora esaminati, ma aperto ed interagibile. Esiste anche una particolare forma di fotosintesi definita anossigenica che si riscontra inbatteri anaerobi, cioè che vivono in condizioni di carenza di ossigeno. Si tratta di una foto-sintesi batterica, in cui i batteri costruiscono composti organici a partire da CO2 e H2O senzaproduzione di ossigeno.

In particolare, nCO2 + 2H2A + luce Cn (H2O)n +2A

dove con A si intende una sostanza diversa dall’ossigeno, ad esempio lo zolfo.

I gas in natura16

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I gas sciolti in acqua, sia dolce che salata, (CO2, O2, H2S, CH4, ecc.) derivano in massima partedell’assorbimento di questi dall’atmosfera. Questo fenomeno è regolato dalle proprietàfisiche e biologiche dell’acqua ed è tanto maggiore quanto minori sono la salinità e latemperatura. La pressione parziale dei gas stessi, l’ampiezza e lo stato di turbolenza dellasuperficie d’assorbimento, influenzano notevolmente la capacità di assorbimento.Essendo l’ossigeno più solubile dell’azoto, l’aria disciolta in acqua contiene più ossigeno diquella contenuta nell’atmosfera (34%, anziché il 21%). Il contenuto d’ossigeno nei marinordici è superiore a quelli tropicali, a causa della differenza di temperatura) e diminuiscegradualmente con l’aumentare della profondità. L’ossigeno disciolto viene in parteconsumato dagli organismiacquatici nei loro processimetabolici (respirazione,decomposizione ecc.), inparte prodotto negli stratisuperficiali, dall'attivitàfotosintetica del fitoplanc-ton. Nel periodo primaver-ile, grazie all’aumento deisali nutritivi contenuti nelleacque, il fitoplancton au-menta notevolmente e conesso, aumenta anche il con-tenuto di ossigeno e dimassa organica. Inizial-mente questo processo, cheviene definito eutrofizza-zione (dal greco eutrophòs= ben nutrito), è positivo inquanto vi è equilibrio tra lamassa organica prodotta equella consumata (ricordiamo che il fitoplancton è il primo anello delle catene alimentariacquatiche. In estate, con l’aumento della temperatura, si instaura una barriera termica trale acque superficiali e quelle di fondo che impedisce il rimescolamento, e quindi ildiffondersi, dell’ossigeno. Le acque calde favoriscono la proliferazione del plancton creandouno squilibrio nella catena alimentare; vi sono cioè più organismi planctonici dei loroconsumatori. Questo surplus, al termine del ciclo vitale, cade sul fondo agendo da substra-to per la decomposizione da parte dei batteri. Ben presto però l’ossigeno necessario alladecomposizione della sostanza organica termina, proprio perché, abbiamo visto, esiste unabarriera tra stato superficiale e profondo della colonna d’acqua. Su fondo pertanto si ha unasituazione di grave anossia (assenza di ossigeno) che portano ad uno spiccato intorbidimen-to delle acque, odori sgradevoli e sostanze inquinanti, come ammoniaca, acido solforico,metano, ecc,. rendendo le acque incompatibili con la vita degli organismi. Le mareggiate possono migliorare questa situazione in quanto, con il moto ondoso, gli stratisuperficiali e più profondi si mescolano, ricreando delle condizioni di vita favorevoli.L’eutrofizzazione sta diventando un problema sempre più importante, in quanto condizionanon solo gli equilibri naturali delle acque ma anche tutte le attività umane ad essecollegate, come il turismo, l’acquacoltura, ecc.Anche l’anidride carbonica ha un ruolo importante nella vita degli ecosistemi acquatici;

I gas in natura 17

Tabella che permette di individuare i mg/l diossigeno disciolto inacqua a saturazione.Unire con una retta, a seconda dei valori, T1 con T2 oppure con PA o PT, ed effettuare la letturasulla scala O2

I gas

e

l’acq

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il quantitativo disciolto è tanto più grande quanto più grande è la sua concentrazionenell’atmosfera sovrastante. Parte dell’anidride carbonica disciolta regola l’equilibrio deicarbonati e bicarbonati; un suo aumento produce la trasformazione dei carbonati inbicarbonati, mentre una sua diminuzione agisce in senso opposto, trasformando i bicarbon-ati in carbonati, liberando anidride carbonica nell’atmosfera. Anche il grado di acidità dell’acqua varia con la concentrazione di anidride carbonica; la suapresenza, infatti, porta alla formazione dell’acido carbonico, secondo la reazioneCO2 + H2O = H2CO3

La temperatura delle acque di un bacino poco profondo come un lago, in un deter-minato momento stagionale, dipende dal suo bilancio termico, cioè dalla dif-

ferenza fra gli apporti e le perdite di calore. Se si misura la temperatura diun lago dalla superficie al fondo si ottengono, nel corso dell’anno, profili

termici molto differenti. In particolare, vi sono periodi nei quali la colon-na d’acqua ha la stessa temperatura dal fondo alla superficie ed altri neiquali vi è un elevato gradiente termico. Prima di esaminare comequesto fenomeno si verifichi e influenzi le caratteristiche chimiche deilaghi bisogna fare una piccola premessa. La densità dell’acqua èmassima a 4°C, se più fredda o più calda è meno densa. Le acque di unipotetico lago delle regioni temperate, con una profondità di 20 metri,

alla fine della stagione invernale presentano una uguale temper-atura a tutte le profondità, cioè 4°C.

Con l’avanzamento della primavera, il riscaldamento dell’acqua super-ficiale aumenta ed il vento, grazie alla sua azione meccanica di rimescola-

mento, determina un progressivo riscaldamento di tutta la colonna d’acqua.Tuttavia con il progredire della stagione calda tra le acqua superficiali ed acqua pro-

fonde andrà formarsi un gradiente termico, e quindi di densità, sempre più elevato ecomunque tale da impedire il rimescolamento ad opera del vento.Nella stagione calda, quindi, si avrà nel lago uno strato superficiale caldo (epilimnio) sepa-rato dalle acque profonde uniformemente fredde (ipolimnio) da uno strato di passaggio(metalimnio), caratterizzato da un rapido abbassamento della temperatura con il cresceredalla profondità. In questa situazione di stratificazione estiva lo scambio di ossigeno tra le acque superfi-ciali e quelle profonde è quasi nullo. Se poi il lago è molto produttivo, come abbiamo accennato in precedenza a proposito dellaeutrofizzazione, l’ossidazione microbica dalla sostanza organica può consumare completa-mente l’ossigeno disciolto nelle acque profonde determinando una situazione d’anossia.In autunno l’acqua superficiale si raffredda e diventa più densa, si sposta verso il fondodeterminando un rimescolamento delle acque e riportando il contenuto d’ossigeno ad unvalore uniforme per tutta la colonna d’acqua. Nei laghi utilizzati per acquacoltura o pesca sportiva i periodi d’anossia rappresentano lecause primarie relative alle morie di pesce che si verificano, soprattutto nella stagione calda.Le condizioni anossiche in un lago si verificano quando si creano situazioni nelle quali èpresente una domanda di ossigeno maggiore della quantità che l’ambiente può produrre inquel momento. L’ossigeno viene prodotto essenzialmente dai processi di fotosintesi a caricodelle piante acquatiche e delle alghe presenti ed è quindi dipendente dalla luce; la concen-trazione d’ossigeno disciolto varia pertanto con le ore della giornata (il massimo nelle ultimeore del pomeriggio, il minimo nelle ultime ore della notte) e con la stagione (aumento odiminuzione del fotoperiodo).

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I movimenti delleacque in un lago

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Altri fenomeni che determinano un aumento della concentrazione dell’ossigeno nelle acquesono dovuti all’azione meccanica del vento e della conseguente perturbazione superficialeprodotta dalle onde e, in misura minore, dalla diffusione diretta dall’atmosfera.Il consumo viene invece prodotto dalla respirazione degli animali e delle piante acquatichepresenti oltre che dalla decomposizione del materiale organico disciolto o sospeso in acqua.

Il vulcanesimoUn vulcano è una frattura della crosta terrestre, dalla quale il magma, che si trova in pro-fondità, si innalza fino alla superficie dove sgorga con violenza. Le dimensioni, la forma e icaratteri esplosivi dei vulcani variano in base alla composizione e alla quantità del magmaeruttato. Il magma è una soluzione silicatica contenente gas e acqua, che può effonderesulla superficie terrestre come lava oppure eruttare con energia, spinta dai gas, sotto formadi piroclasti a seconda della dalla viscosità e dal contenuto di gas del magma stesso. Il carattere esplosivo di alcuni vulcani deriva dal contenuto in gas del magma;più è gassoso, più è esplosivo. Un magma “basaltico”, poco ricco in silice e prodot-to dal mantello profondo, ha un basso contenuto di gas; le eruzioni prodottesono colate laviche molto fluide che formano apparati vulcanici pocorilevati. Il magma definito “andesitico” è ricco d'acqua e d’altricomponenti volatili; le eruzioni conseguenti risultano esplosive eproducono ceneri e pomice formando apparati vulcanici confianchi ripidi. Il magma di tipo “riolitico” è quello più viscoso;quando ha un basso contenuto di gas non possiede l'energianecessaria per eruttare e, pertanto, ristagna in prossimità della boccavulcanica, dove solidifica in una struttura che viene definita “domolavico”. Quando il contenuto in gas è invece abbondante, si hanno eruzioniviolente con esplosioni, lanci di piroclasti, formazione di nubi ardenti e terremoti molto forti.I gas vulcanici più diffusi sono il vapore d'acqua, l'anidride carbonica, il solfuro d'idrogeno el'anidride solforica. Durante le eruzioni, il magma rilascia alcuni gas nell'atmosfera, dove icomposti dello zolfo si trasformano in goccioline d’acido solfidrico che associate all’acqua,formano le piogge acide. Nella stratosfera, invece, queste gocce, frammiste alle cenerivulcaniche, possono oscurare la luce del Sole ostacolando la diffusione del calore causandoanche imponenti variazioni climatiche. Nel 1815 l'eruzione del vulcano indonesiano diTambora (la più imponente della storia) provocò un rilascio tale di particelle che oscuraronoil sole a tal punto che il 1816 fu detto "l'anno senza estate". Nel 1991 l'eruzione del vulcano Pinatubo, nelle Filippine, ha abbassato la temperatura mondiale di 0,5 °C. Le eruzioni vulcaniche possono presentare fenomeni secondari, tra cui:• le fumarole, emissioni di vapor d’acqua ad alta temperatura • le solfatare, emissione d’anidride solforosa e d’idrogeno solforato• le mofete, emissione prevalentemente d’anidride carbonica• i soffioni boraciferi, getti di vapor acqueo con acido borico ed altre sostanze,collegabili probabilmente alla presenza di masse magmatiche in corso di raf-freddamento• le sorgenti calde si formano quando l'acqua superficiale penetra all'internodel terreno ed entra in contatto col magma o con la roccia calda. Si riscalda, assorbe gas ealtri elementi chimici del magma, risale energicamente in superficie, dove emerge dallepozze bollenti o dalle fontane • i geyser, getti intermittenti d’acqua bollente ricca di silice sfruttabili per la produzione di

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Schema di un vulcanoI g

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energia. I geyser della California settentrionale producono energia elettrica per le necessitàdi 2 milioni di persone. In Italia esiste una sola centrale geotermica a Lardarello, in Toscana.Nei geyser la trasformazione in vapore dell’acqua della parte più profonda di un pozzo vici-no alla sorgente di calore avviene quando, per la pressione atmosferica cui aggiunge quelladella colonna d’acqua sovrastante, la temperatura supera i 100 °C. Il passaggio d’acqua allostato di vapore provoca l’espulsione dell’intera colonna d’acqua sotto forma di getto bol-lente alto fra i 30 e i 70 metri e della durata di 10/30 minuti. L’intermittenza è dovuta alfatto che fra un getto e l’altro deve passare del tempo perché all’interno si verifichino nuo-vamente le stesse condizioni e il fenomeno si ripeta. • I depositi idrotermali di minerali, che vengono prodotti per precipitazioni chimiche disoluzioni calde dove il principale costituente è l’acqua.

Il metano(CH4) E’ un gas di origine fossile naturalmente presente nel sottosuolo e rappresenta la piùpulita forma di energia che ne viene estratta. Appartiene chimicamente al gruppo degliidrocarburi, sostanze composte di carbonio e idrogeno, che bruciando hanno la proprietà disviluppare calore. Il metano, può essere definito l'energia del presente e del futuro grazie allasua purezza, alla facilità di trasporto e al risparmio che apporta a chi lo utilizza, trovandoun largo impiego in diverse attività civili ed industriali. E’ da sempre considerato il carburante più economico; il suo costo è circa tre volte inferiorerispetto a quello della benzina. Facendo un paragone, come rendimento, un metro cubo dimetano equivale ad 1,1 litri di benzina. A parità di prestazioni, un motore alimentato a

metano richiede, rispetto ad un motore a benzina, un costo di esercizioestremamente più basso. Il metano, per la sua composizione e le sueproprietà fisiche, consente di realizzare veicoli ed impianti a bassaemissione, in regola con le più severe norme antinquinamentoeuropeo e statunitensi; inoltre, elimina le fumosità abbassando

drasticamente le alte emissioni, limitando la produzioned’anidride carbonica.Il Mar Adriatico è attualmente la più importante sorgente di gasnaturale in Italia. Sono state realizzate, infatti, numerose instal-

lazioni fisse, generalmente costituite da piattaforme dalle qualisono state perforati pozzi di sviluppo la cui produzione viene poiconvogliata, attraverso una rete di sea-lines alle centrali a terra,dove si provvede alla separazione dei liquidi e all’immissione nellarete di distribuzione nazionale. Il gas prodotto nell’off-shoreAdriatico è convogliato, mediante distinte reti di raccolta, alleCentrali di trattamento, disposte lungo la costa: Casalborsetti,Ravenna Mare, Rubicone, Fano, Falconara al centro nord;

Grottamare e Pineto per il centro meridione, fino a Crotone nella costaionica calabrese. Le centrali di trattamento gas del nord Adriatico sono a loro volta

collegate ad un sistema centralizzato di supervisione e controllo ubicato a Ravenna.Il gas naturale del sottosuolo italiano è costituito prevalentemente da gas metano,mescolato a piccole quantità di gas quali azoto, anidride carbonica, idrocarburi superiori.

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Il termine “gas” fu utilizzato per la prima volta dall’alchimista fiammingo Giovanni Battistavan Helmont, nel 1609; fu il primo a postulare l’esistenza di gas distinti dall’aria, e ad appli-care il nome di gas (geist che in tedesco significa SPIRITO o CAOS) a questo tipo di sostanze.Scoprì l’idrogeno solforato nel sistema umano, produsse il gas cloridrico, che chiamò gas delsale, spiegò le esplosioni della polvere da sparo sulla base della teoria dell’espansione dei gas,scoprì o almeno svolse attente ricerche sull’acido solforico, l’acido nitrico e l’ossido d’azoto. Nel XVII secolo di Thomas Shirley (1664) e John Clayton (1667), applicarono il processo didistillazione, già conosciuto dal Medioevo, al carbon fossile e notarono che le sostanze cosiottenute si potevano illuminare.Alla metà del XVIII secolo risalgono gli studi dell'olandese Jan Peter Minckelers, il quale,cercando un gas in grado di sollevare le mongolfiere più economico dell'idrogeno, individuòle proprietà illuminanti del gas da lui prodotto con la distillazione del carbon fossile.Nell'ultimo decennio del XVIII secolo Philippe Lebon in Francia e William Murdoch inInghilterra eseguirono i primi esperimenti mirati alla produzione di gas per l'illuminazione.All'inizio del XIX secolo ambedue effettuarono le prime applicazioni pratiche. I procedimenti adoperati dai due inventori erano sostanzialmente uguali anche se diverse leloro finalità. Murdoch cercava di realizzare un sistema di illuminazione economico edefficace per gli stabilimenti industriali sorti in Inghilterra durante la Rivoluzione Industriale.Lebon, invece, si indirizzò verso un sistema di illuminazione e di riscaldamento domestico.La sua invenzione, che chiamò termolampada, ebbe tuttavia poco successo. Friedrich Albert Winsor nel 1810 a Londra si fece promotore della prima Società del gas.Negli stessi anni Samuel Clegg (1761-1861) costruì un impianto di produzione che divenneil prototipo per le successive officine. Il gas si otteneva mediante il processo di distillazione,cioè nel riscaldare, fuori dal contatto dell'aria, la materia prima, per lo più carbon fossile deltipo "grasso" a lunga fiamma (litantrace). In casi eccezionali - come durante la Prima GuerraMondiale - vennero utilizzati anche altri prodotti, quali il legno e la torba. Il principio fisicoè molto semplice; il carbone fossile viene dapprima scaldato (900-1000°C) perdendo l’umi-dità (vapor d’acqua) che contiene. Poi, proseguendo nella distillazione, vengono rilasciate lesostanze volatili di più elevato potere calorico, gli idrocarburi, quindi quelle meno ricche.L’ultima frazione prodotta con questo metodo è rappresentata dal coke, una massa spugnosautilizzata per il riscaldamento domestico e nell’industria siderurgica.Nella prima metà del XIX secolo il gas “illuminante” venne utilizzato, come suggerisce iltermine, per illuminare gli stabilimenti industriali, le abitazioni e soprattutto le strade ed ilocali pubblici. Il dominio in questo settore durò incontrastato sino all'avvento dell'energiaelettrica, il cui sviluppo iniziò sulla fine dell'Ottocento. Tuttavia grazie all'invenzione dellareticella ad incandescenza ad opera dell'austriaco Karl Auer von Welsbach (1858-1929),l'illuminazione a gas poté rimanere competitiva per almeno altri due decenni; questo tipo diluce era, infatti, più intensa di quanto non fosse allora quell’elettrica. Nei mercatini dell’an-tiquariato ancora si possono trovare lampade a gas in stile Liberty dei primi anni ’30.Fu soltanto a partire dall'ultimo decennio del secolo scorso che il gas trovò impiego princi-palmente per la cottura dei cibi nelle abitazioni. Questo restò il mercato primario dell'industria del gas fino all'avvento del metano negli anni'50-60. Allo scopo furono realizzati fornelli, generalmente in ghisa, di non grandi dimensioni,dotati di due o tre bruciatori, spesse volte di un grill o di un piccolo forno. L'alimentazioneera assicurata da un tubo esterno su cui sono collocati i vari rubinetti in ottone e - a volte- in legno. Con l'avvento del nuovo secolo, i fornelli si tramutarono in "cucine", assumendoun aspetto simile alle "cucine economiche", che funzionavano a carbone o a legna. La produzione di acqua calda per il bagno delle famiglie agiate rappresentò uno degli

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utilizzi del gas a partire dalla fine dell'Ottocento. Gli artigiani lattonieri, e le prime ditteproduttrici, poterono dar sfoggio di abilità nella creazione di apparecchi di notevole impat-to decorativo, dato dal disegno e dal colore vivo del rame. I primi apparecchi scaricavanol'acqua calda direttamente nella vasca da bagno, per cui venivano posti su treppiedi o sumensole. Alcuni, più raffinati, disponevano anche di un vano in cui porre a scaldarel'asciugamano: una comodità poi scomparsa. Sempre alla ricerca di nuovi sbocchi, in segui-to alla crisi prodotta dall'avvento dell'elettricità alla fine dell'Ottocento, l'industria del gascercò nuove forme di utilizzo del proprio combustibile, per integrare la cottura dei cibi ed ilriscaldamento dell'acqua. Una delle applicazioni più curiose, che ebbe una certa diffusioneper uso domestico, fu quella dei tostacaffè. L'apparecchio era costituito da un tamburo dilamiera bucherellato, da azionare manualmente, che conteneva il caffè da tostare. Il gasperveniva all'interno del tamburo grazie ad una tubazione e si accendeva in un bruciatore. Furono prodotti anche i ferri da stiro a gas, in alternativa ai ferri da stiro a carbone di piùdifficile utilizzo. Il set completo di quelli a gas comprendeva un bruciatore, sistemato in unapposito supporto, collegabile alla rete; due ferri da stiro da utilizzarsi alternativamente:mentre se ne adoperava uno, l'altro si scaldava. Furono anche creati dei ferri da stiro conte-nenti il bruciatore al loro interno, collegati direttamente alla rete del gas tramite un tubo digomma flessibile. Tuttavia furono presto ritirati dal mercato perché di uso non sufficiente-mente sicuro. Ben presto l’utilizzo dei gas venne esteso anche in altri campi; il più audace,fu senza dubbio l’impiego di gas leggeri nell’”aeronautica”, permettendo quindi all’uomo direalizzare il sogno di librarsi nell’aria. Fra le imprese più significative, prima che le modernetecniche aeronautiche ed astronautiche permettessero la conquista dello spazio, ricordiamoquella dei i fratelli Montgolfier. Il 5 giugno 1783 nella cittadina di Annonay i FratelliMontgolfier fecero alzare in volo il primo pallone ad aria calda. L'idea di questo nuovo mezzodi trasporto venne ai fratelli Montgolfier mentre erano al lavoro nella loro fabbrica di cartaad Annonay, vicino Lione. Avevano scoperto che l'aria calda riusciva a sollevare i fogli di

carta e avevano pensato di utilizzare questo fenomeno. Hanno così costruito un pallonead aria calda e il 4 giugno 1783 lo hanno sperimentato senza passeggeri, facendo-

lo volare fino a una distanza di due chilometri per 17 minuti. L'eco dell'ec-cezionale esperimento è stata immediata. Chiamati a Parigi, il 19 settem-

bre i Montgolfier hanno fatto decollare dal castello di Versailles unaerostato di 1600 metri cubi con a bordo un montone e un gallo -

primi esseri "terrestri" a compiere un volo - che hanno conclusofelicemente un viaggio di 8 minuti alla presenza di Sua Maestà il

Re Luigi XVI. In ottobre hanno eseguito i primi esperimenti di ascen-sione umana, mantenendo frenato il pallone con corde. Nelnovembre dello stesso anno il medico Francois Pilatre de Rozier, 29anni, e il marchese d'Arlandes, partiti dal castello della Muette nel

Bois de Boulogne, sorvolarono Parigi per 25 minuti, percorrendo un totale di otto chilometria bordo di un pallone alto 20,7 metri e del diametro di 13,6, costruito dai due geniali inven-tori Jacques-Etienne e Joseph-Michel Montgolfier. Durante il volo, i due uomini hanno salu-tato col cappello la folla festante ma per la maggior parte del tempo sono stati impegnati aspegnere le scintille che il bruciatore della mongolfiera faceva sprizzare qua e là. L'impresadei fratelli Montgolfier e la facilità di realizzazione dei palloni aerostatici faranno scoppiareuna "corsa al cielo" sia in Europa sia in America. Nel giro di due anni centinaia e centinaiadi persone sperimenteranno l'ebbrezza del volo e, incredibilmente, senza il minimo incidente,nonostante i rischi del bruciatore a bordo dei palloni. Nel 1784 un altro francese, Charles, realizzerà un pallone riempito con idrogeno, nonostante

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Foto storica

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si sapesse già che questo gas è tremendamente infiammabile. Il pallone ad idrogeno diCharles era stato dotato di notevoli accorgimenti quali una rete di corde che avvolgeva ilpallone rendendo la navicella più stabile, una valvola che azionata tramite una fune permet-teva la fuoriuscita del gas, sacchetti di sabbia come zavorra, un’ancora per l'atterraggio estrumenti quali termometro e barometro per misurare l'altitudine.Sempre Charles sarà il primo uomo a sperimentare il mal d'aria: giunto all'altezza di 3000metri sarà costretto a tornare precipitosamente a terra in seguito a un violentissimoattacco di nauseaNel 1785 si verificherà il primo caso di un passeggero costretto ad abbandonare la mon-golfiera per motivi di peso, quando una affascinante ma obesa (100 chili) nobildonna inglese,Laetitia Sage, vorrà compiere un volo in pallone. Per evitare di far precipitare la mongolfiera,uno degli altri due passeggeri, George Biggin, si getterà cavallerescamente nel vuoto. Il 7 gennaio 1785 il francese Pierre Blanchard e l'americano John Jeffries compiranno consuccesso la prima trasvolata della Manica con un pallone a idrogeno. Il 15 giugno 1785 siverificherà invece il primo incidente mortale nella storia dell'aeronautica, quando proprioil primo uomo che abbia mai volato, Pilatre de Rozier, decollerà con un pallone a idrogeno earia calda da Wimille, presso Boulogne, alla volta della Gran Bretagna. Con lui è Pierre-AngeRomain, costruttore del pallone. Dopo 15 minuti di volo, davanti agli inorriditi spettatori,il pallone esploderà uccidendo gli occupanti. Se con l'aerostato si era risolto il problema di sollevarsi da terra, la possibilità di dirigersiverso una meta precisa era ancora legata ai capricci delle correnti. Nonostante molti pro-getti, la soluzione del problema rimase a lungo impossibile per la pesantezza delle macchinea vapore. Dal 1852 agli anni 30 di questo secolo, nacquero e si svilupparono i dirigibili, ma,pur conseguendo notevoli risultati, costellarono i cieli di troppi insuccessi; il dirigibileHindenburg che si incendiò in fase di atterraggio nel 1937, era lungo 224 metri e aveva unavelocità massima di 290 km/h; intanto si andavano perfezionando gli aeroplani, più pesantidell'aria, ma più piccoli e maneggevoli. Nel 1931 e nel 1932 Auguste Piccard compì dueascensioni fino a 16500 metri di quota, raggiungendo per primo la stratosfera. L’impresa diPiccard fu particolarmente significativa perché egli fu in sostanza l’inventore della cabinapressurizzata, necessaria per la sopravvivenza dell’uomo in un ambiente in cui l’aria è moltorarefatta, come la stratosfera. Partendo da questa base teorica molti, a partire dal gesuitaFrancesco Lana (1631-1687) con la sua nave volante, pensarono di sfruttare la spinta di gaspiù leggeri dell'aria per sollevarsi da terra e volare.

Anche in casa il problema delle fonti inquinanti è tutt'altro che risolto e diventa sempre piùimportante conoscere il tipo di problema per prevenire danni anche importanti alla nostrasalute, visto che è proprio quì che trascorriamo una quota importante della nostra vita. Conun po’ di informazione e qualche accorgimento si può contenere il rischio a livelli accetta-bili. In questa sede noi ci occuperemo solo delle forme gassose degli inquinanti domestici,ma è bene ricordare che viene sono molte altre.Il primo di cui ci occupiamo è il monossido di carbonio, dato che uno dei principali respon-sabili degli incidenti che avvengono tra le pareti domestiche. Questo è un gas moltovelenoso, incolore e inodore, prodotto dalla combustione incompleta dei gas, dal fumo dilegna, di carbone, di tabacco e dagli scarichi delle auto. La pericolosità del monossido dicarbonio è dettata alla sua capacità di legarsi all’emoglobina del sangue riducendo l’appor-to di ossigeno ai tessuti, causando emicrania, vertigini, nausea e morte, se il contatto col gasè prolungato nel tempo. È possibile evitare la produzione di questo seguendo pochi mapreziosi accorgimenti come mantenere in perfetta efficienza le apparecchiature garantendo

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gli sfoghi verso l’esterno ed utilizzare preferibilmente caldaie a gas con camere di combus-tione sigillata. Altro pericolosissimo gas è il biossido di azoto, anch’esso prodotto dallaincompleta combustione dei gas che causa infiammazioni alle vie respiratorie e a caricodelle mucose; esposizioni concentrate e prolungate possono causare processi bronco-ostrut-tivi fino all’edema polmonare. La produzione di questo gas viene evitata seguendo gliaccorgimenti citati per il monossido di carbonio. In cucina la concentrazione di biossido diazoto - dovuto alla combustione del gas nei fornelli - può arrivare fino a 800 microgrammiper metro cubo, il doppio del limite previsto per lo stato di allarme nelle città. È meglio quin-di cambiare spesso l'aria della stanza, usando la cappa aspirante o aprendo la finestra. Le forme di inquinamento più significative, oltre a quella dovuta ai fornelli, sono il fumo ditabacco, la formaldeide e composti organici volatili rilasciati da mobili, laminati in formica,materiali isolanti, moquette, prodotti utilizzati per la pulizia, ma anche carta e tessuti.L’anidride solforosa è un gas dall’odore pungente che è presente nel fumo di carbone e dilegna emesso da apparecchi di riscaldamento a cherosene, olio combustibile e alcuni gas diorigine naturale. E’ responsabile dello smog urbano, ed è tra le cause della pioggia acida.Raramente si concentra negli ambienti fino a livelli pericolosi, ma può acuire le difficoltàrespiratorie. Le principali fonti di questo gas sono il traffico automobilistico e le attivitàindustriali che non possono essere controllate. Anche l’anidride carbonica può diventare un gas pericoloso per la nostra salute. Prodotto della combustione di gas in bombole per apparecchi di riscaldamento è il princi-pale responsabile dell’aria viziata nelle stanze poco arieggiate. L’esposizione continua adanidride carbonica può colpire il sistema nervoso centrale rallentando le reazionibiochimiche e portare a soffocamento.

Le principali fonti di inquinamento atmosferico nelle città sono rappresentate dagli impiantidi riscaldamento invernali e dal traffico veicolare; infatti le combustioni che avvengono inquesti macchinari producono molti prodotti di rifiuto, che spesso sono gas tossici o poten-zialmenti tossici. Tra i prodotti di rifiuto pericolosi ricordiamo il monossido di carbonio, il cui livello di con-centrazione nell’atmosfera è andato diminuendo, grazie alla progressiva introduzione dellemarmitte catalitiche e alle campagne di controllo delle emissioni. I fumi tipici dei motori diesel e degli impianti di riscaldamento a gasolio o ad oliocontengono invece polveri in cui sono presenti idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), classi-ficati come cancerogeni. Tutto questo produce effetti dannosi sulla salute pubblica; recenti studi hanno dimostratoche la loro presenza nell’aria comporta alterazioni a carico dell'apparato respiratorio, conaumento della mortalità, maggiore incidenza di tumori e di infezioni delle vie respiratorie,più alta frequenza di crisi asmatiche.

Dai primi anni ’80 prende consistenza l’idea che le emissioni dei cosiddetti “gas serra”prodotti dall’uomo possano seriamente cambiare il clima su grande scala. Conferma delfenomeno è stata data con la pubblicazione di documenti da parte di un istituto specializ-zato delle Nazioni Unite, l’Intergovernmental Panel for Climate Change, o più semplice-mente, IPCC. La situazione è andata via via peggiorando tanto che le Nazioni Unite dovet-tero elaborare il Primo Trattato Internazionale contro i cambiamenti climatici, denominatoUN-FCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change), ovvero la“Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici”, approvata nellaConferenza Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo di Rio de Janeiro (giugno 1992) e ratifica-

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ta dall’Italia il 15 gennaio 1994.La convenzione contiene una serie di obblighi che i Paesi sottoscriventi sono tenuti ad osser-vare e che, per finalità generali, possono così raggrupparsi:a) obblighi a breve termine volti alla limitazione delle possibilità di cambiamenti climaticiglobali, o comunque alla mitigazione di tali cambiamenti, indotti dalle attività umane, medi-ante azioni o contromisure che agiscono soprattutto sulle cause principali dei cambiamenticlimatici, quali ad esempio le emissioni in atmosfera di gas ed inquinanti capaci diaumentare l’effetto serra naturale del nostro pianeta;b) obblighi a medio termine volti alla mitigazione degli effetti dei cambiamenti climaticiglobali con azioni e contromisure che agiscono soprattutto sulla prevenzione dei possibilidanni e sulla minimizzazione delle prevedibili conseguenze negative indotte dai cambia-menti climatici sull’ambiente naturale, l’ambiente antropizzato e lo sviluppo socio-econom-ico, quali ad esempio i danni all’agricoltura ed alle risorse idriche (prodotti da processi diaridificazione e desertificazione nella fascia temperata subtropicale), lasalinizzazione delle falde freatiche e la distruzione degli ambienticostieri indotti dall’innalzamento del livello del mare, ecc.; c) obblighi a lungo termine volti all’adattamento dell’umanità ai cam-biamenti climatici e, quindi, ad un nuovo ambiente naturale globalediverso da quello attuale e la cui evoluzione è causata appunto daicambiamenti climatici globali, mediante azioni o contromisure cheagiscono soprattutto sulla programmazione dell’uso del territorio edelle risorse naturali e sulla pianificazione dello sviluppo socio-eco-nomico mondiale.Se consideriamo gli impegni contenuti nella Convenzione sopra citatain termini di obiettivi settoriali da raggiungere, la tipologia degli obblighi può essere cosìsintetizzata:1) obblighi di natura politica e socio-economica nazionale nei settori più rilevanti delleattività umane, quali la produzione e l’uso dell’energia, i processi ed i prodotti industriali,l’agricoltura e la produzione agro-alimentare, la gestione dei rifiuti, ecc.2) obblighi di natura politica e socio-economica internazionale per la cooperazione inter-nazionale, in particolare tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo o con economiain transizione, per il trasferimento di nuove tecnologie, e soprattutto di know-how, capacidi promuovere crescita economica e benessere sociale con impatti ambientali bassi ecomunque non pregiudizievoli sugli equilibri del sistema climatico globale;3) obblighi di natura tecnico-scientifica per la partecipazione ai grandi programmi diricerca scientifica internazionale su ambiente globale e cambiamenti climatici e ai grandisistemi internazionali per le osservazioni globali della terra e del clima, e per lo sviluppodell'innovazione tecnologica nei vari settori, industriale, energetico e produttivo; 4) obblighi di natura culturale e sociale per l'informazione del pubblico e la diffusione delleinformazioni sui problemi e le implicazioni dei cambiamenti climatici sui complessi equili-bri tra sistema ambientale e sistema climatico globale, nonché la formazione culturale eprofessionale delle nuove generazione su tali tematiche. Nella Convenzione UN-FCCC impegni ed obblighi non sono dettagliati in termini di azioniconcrete da effettuare, modalità operative di attuazione, tempi da rispettare o altro, mavengono enunciati in termini generali e suddividendoli per gruppi di Paesi a cui sonoindirizzati. I gruppi di Paesi previsti sono tre:i) tutti i Paesi aderenti alle Nazioni Unite, le Organizzazioni intergovernative e gli altrifirmatari della Convenzione, che sono tenuti a rispettare gli obblighi generali di cui al para-

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Immagine ghiaccio e neve

nel periodo 2-8 gennaio 1995

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grafo 1 dell’art. 4 della Convenzione, oltre quelli di cui all’art. 5 (ricerca ed osservazionisistematiche) e all’art. 6 (educazione, formazione e informazione del pubblico);ii) i Paesi sviluppati e quelli ad economia in transizione (sono 36 Paesi elencati nell’AnnessoI della Convenzione), che sono tenuti a rispettare anche gli obblighi di cui al paragrafo 2dell’art. 4 della Convenzione;iii) i Paesi sviluppati (sono 25 Paesi elencati nell’Annesso II della Convenzione), che sonotenuti a rispettare, oltre quelli precedenti, anche gli obblighi di cui al paragrafo 3 dell’art. 4della Convenzione.

Nella Convenzione UN-FCCC viene istituito un organo definito “La Conferenza delle Parti”,al quale viene demandato il compito fondamentale di dare attuazione dei principi e degliimpegni generali contenuti nella convenzione stessa. Questo organo, che è l’organo supremo e decisionale, ha anche il compito di controllarel’effettivo svolgimento delle azioni per il raggiungimento degli obiettivi della UN-FCCC.Per svolgere questi compiti la “Conferenza delle Parti” si avvale di un “Segretariato” il cuiruolo è prevalentemente organizzativo e di assistenza, di “Organi sussidiari” tra cui uno diconsulenza scientifica e tecnica, uno di attuazione operativa ed eventualmente altri che lastessa “Conferenza delle Parti” decidesse di istituire.Il Protocollo di Kyoto, approvato dalla “Conferenza delle Parti” nella sua terza sessioneplenaria tenuta a Kyoto dal 1 al 10 dicembre 1997, è dunque un atto esecutivo contenentele prime decisioni sulla attuazione operativa di alcuni degli impegni della ConvenzioneUN-FCCC e precisamente degli impegni più urgenti e prioritari (quelli di cui alla lettera a)del paragrafo precedente) e relativamente ad alcuni settori delle economie nazionali (quellidi cui al punto 1) del paragrafo precedente).Per quanto riguarda gli obblighi le cui finalità sono riportate nei punti b) e c) precedente-mente citati e per gli obblighi la cui tipologia è riportata nei punti 2), 3), e 4) sopra detti,nulla di specifico viene detto nel Protocollo di Kyoto, se non ribadire quanto già previsto intermini generali nella Convenzione UN-FCCC. Inoltre, le misure approvate nel Protocollo diKyoto riguardano esclusivamente i Paesi di cui al punto ii) del paragrafo precedente, vale adire i Paesi sviluppati e quelli ad economia in transizione dell’est europeo.In altre parole il Protocollo di Kyoto individua e definisce operativamente solo una partemolto limitata degli impegni da attuare.

Anche se molto lavoro resta ancora da fare ai fini attuativi, tuttavia leazioni e le misure decise a Kyoto dalla “Conferenza delle Parti” rappre-sentano un punto di partenza fondamentale non solo nella direzionedelle problematiche dei cambiamenti climatici, ma anche nel quadropiù generale dello sviluppo sostenibile. Infatti, nonostante l’alto rischio di fallimento che da più parti si paven-tava alla vigilia di questo importante appuntamento per le apparentiintransigenze di molti Paesi in via di sviluppo e di alcuni Paesi svilup-pati quali gli Stati Uniti, e nonostante i continui colpi di scena chesi sono avuti durante la fase di discussione delle misure da attuare, èstato avviato un processo di collaborazione mondiale su base con-

sensuale, un processo che al di là delle inevitabili mediazioni e delle inevitabili critiche suchi ci ha perso e chi ci ha guadagnato o tra chi ne è uscito sconfitto e chi vincitore, ha postocomunque, ed in qualche modo ha anche sancito, la centralità dei problemi del clima glo-bale nello sviluppo socio-economico mondiale e la centralità dello sviluppo sostenibile per ilfuturo del nostro pianeta e per la sopravvivenza stessa dell’umanità.

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Kyoto, quindi, non rappresenta affatto un punto di arrivo o una grande conquista diploma-tica mondiale, ma è solo un timido punto di partenza per i problemi del clima e dello svilup-po sostenibile, ma soprattutto per la cooperazione mondiale anche in altri settori delletematiche globali quali la biodiversità, la desertificazione e l’Agenda 21.

Il Protocollo di Kyoto impegna i Paesi industrializzati e quelli ad economia in transizione(i Paesi dell’est europeo) a ridurre complessivamente del 5% le principali emissioni antro-pogeniche di gas capaci di alterare l’effetto serra naturale del nostro pianeta entro il 2010, eprecisamente nel periodo compreso fra il 2008 ed il 2012. Questi gas, detti gas di serra, sono:· l’anidride carbonica;· il metano;· il protossido di azoto;· i fluorocarburi idrati;· i perfluorocarburi;· l’esafluoruro di zolfoL’anno di riferimento per la riduzione delle emissioni dei primi tre gas è il 1990, mentre peri rimanenti tre (che sono anche gas lesivi dell’ozono stratosferico e che per altri aspetti rien-trano in un altro protocollo: il Protocollo di Montreal) è il 1995.La riduzione complessiva del 5%, però, non è uguale per tutti. Infatti per il Paesi della UnioneEuropea, nel loro insieme, la riduzione deve essere di 8%, per gli Stati Uniti la riduzione deveessere del 7% e per il Giappone del 6%. Nessuna riduzione, ma solo stabilizzazione è pre-vista per La Federazione Russa, la Nuova Zelanda e l’Ucraina. Possono, invece, aumentare leloro emissioni fino al 1% la Norvegia, fino al 8%l’Australia e fino al 10% l’Islanda.Poiché l’attuale andamento delle emissioni deigas di serra sopra citati provenienti dai Paesiindustrializzati e da quelli ad economia in tran-sizione avrebbe portato ad una tendenzialecrescita complessiva delle emissioni di circa il20%, la misura decisa a Kyoto di una riduzionecomplessiva del 5% rappresenta un grande risul-tato, perché significa che tutti questi Paesidovranno in realtà procedere ad un drasticotaglio delle loro emissioni tendenziali di circa il25%, vale a dire una riduzione effettiva che è dimolto superiore a quanto possa superficialmenteapparire ad una prima lettura del Protocollo. Se analizziamo più in dettaglio gli attuali anda-menti, che mostrano una tendenza alla crescita delle emissioni nei Paesi sviluppati ed unatendenza alla diminuzione nei Paesi ad economia in transizione, gli obiettivi imposti dalProtocollo di Kyoto risultano particolarmente gravosi per i Paesi industrializzati ma soprat-tutto per alcuni di essi quali gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone e la Nuova Zelanda. Perl’Europa, nel suo insieme, lo sforzo per il raggiungimento di questi obiettivi, quantunqueimportante, appare comparativamente meno gravoso. Particolarmente favorevole, invece,sembra, in termini di obblighi, il risultato ottenuto dall’Australia rispetto agli altri Paesiindustrializzati Nessun tipo di limitazione alle emissioni di gas ad effetto serra viene previsto per i Paesi invia di sviluppo, perché un tale vincolo, come era stato già discusso a Rio de Janeiro nel 1992,

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Grafico dell’andamento

delle temperaturedal 1880 a oggi

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rallenterebbe, o comunque condizionerebbe, il loro cammino verso lo sviluppo socio-eco-nomico . Infatti, qualsiasi limitazione alle emissioni di gas di serra che si ripercuote poi nellaproduzione e nei consumi energetici, in agricoltura, nell’industria e negli altri settori pro-duttivi, comporta oneri finanziari e costi aggiuntivi, non solo economici, che i Paesi in via disviluppo non sono disposti a pagare perché influirebbero negativamente sul loro processo dievoluzione, a meno che tali costi non vengano interamente accollati dai Paesi sviluppati.Vale la pena osservare, tuttavia, che la crescita delle emissioni di anidride carbonica e deglialtri gas di serra sta attualmente avvenendo con ritmo che è circa triplo (+25% nel periodo1990-95) di quello che sta avvenendo nei Paesi sviluppati (+8% nel periodo 1990-95). Ciò vuol dire che attorno al 2010 non solo questo impegno dei Paesi industrializzati verràvanificato, ma anche che, a tale data, le emissioni mondiali di tali gas di serra sarannocresciute complessivamente di circa il 30% in più rispetto ai livelli del 1990. Dunque, ilProtocollo di Kyoto, pur essendo un ottimo punto di partenza, potrebbe risultare del tuttoinutile, se non si trovano nelle prossime sessioni negoziali della “Conferenza delle Parti”soluzioni adeguate e onorevoli che garantiscano ai Paesi in via di sviluppo di procederespeditamente e senza impedimenti nel loro cammino verso lo sviluppo, ma che garantiscanoaltresì che gli obiettivi intermedi e finali della Convenzione UN-FCCC vengano effettiva-mente raggiunti a livello mondiale.Per la riduzione delle emissioni, il Protocollo individua come prioritari alcuni settori:· l’energia, intesa sia come combustione di combustibili fossili nella produzione ed utiliz-zazione dell’energia (impianti energetici, industria, trasporti, ecc.), sia come emissioni noncontrollate di fonti energetiche di origine fossile (carbone, metano, petrolio e suoi derivati,ecc.);· i processi industriali, intesi come quelli esistenti nella industria chimica, nell’industriametallurgica, nei produzione di prodotti minerali, di idrocarburi alogenati, esafluoruro dizolfo, nella produzione ed uso di solventi, ecc.;· agricoltura, intesa come zootecnia e fermentazione enterica, uso dei terreni agricoli,coltivazione di riso, combustione di residui agricoli, ecc.;· rifiuti, intesi come discariche sul territorio, gestione di rifiuti liquidi, impianti di tratta-mento ed incenerimento, ecc.Ai fini della riduzione delle emissioni di gas di serra non va tenuto conto solo dei rilasci inatmosfera dei gas di serra provenienti dalle attività umane, ma anche degli assorbimenti chevengono effettuati dall’atmosfera attraverso idonei assorbitori che eliminano tali gas e liimmagazzinati opportunamente in modo da non aumentare l’effetto serra naturale. Uno dei principali assorbitori di gas di serra, ed in particolare dell’anidride carbonica, è costi-tuito da piante, alberi e, in generale, dall’accumulo di biomassa attraverso la crescita dellacopertura vegetale. Pertanto, opere di forestazione iniziate dopo l’anno di riferimento: il1990, vanno tenute in debito conto ai fini del bilancio fra quanto rilasciato in atmosfera equanto assorbito da boschi e foreste. Le azioni di forestazione possono essere di due tipi: riforestazione, cioè incrementare lacrescita delle foreste su aree che erano già forestali e che incendi boschivi o l’azione umanahanno distrutto o depauperato, oppure afforestazione, cioè impiantare nuovi boschi e nuoveforeste su territori potenzialmente idonei o da rendere idonei, ma che in passato non eranosede di boschi e foreste.La riduzione delle emissioni di gas di serra in atmosfera deve in definitiva essere intesa comeriduzione delle “emissioni nette”, vale a dire in termini di bilancio tra quanto complessiva-mente aggiunto all’atmosfera (rilasciato verso l’atmosfera) e quanto complessivamentesottratto dall’atmosfera (assorbito dall’atmosfera ed immagazzinato).

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Ai fini della attuazione degli specifici impegni sopraddetti sulla limitazione delle emissioninette di gas di serra, il Protocollo di Kyoto prescrive che i Paesi sviluppati e quelli ad econo-mia in transizione, anche nell’ottica dello sviluppo sostenibile, devono mettere a punto,elaborare ed attuare politiche ed azioni operative dei seguenti tipi:· a carattere generale per incrementare l’efficienza energetica nei più rilevanti settori del-l’economia nazionale e per incrementare le capacità di assorbimento dei gas di serra rilas-ciati in atmosfera, come per esempio azioni di forestazione (riforestazione e afforestazione);· a carattere politico economico per eliminare quei fattori di distorsione dei mercati (quali:incentivi fiscali, tassazione, sussidi, ecc.) che favoriscono, invece, le emissioni di gas di serrae per incoraggiare riforme politico economiche finalizzate, viceversa, alla riduzione delleemissioni di gas di serra; · a carattere settoriale nel campo dell’agricoltura e delle fonti rinnovabili di energia per pro-muovere sia forme di gestione sostenibile di produzione agricola sia la ricerca, lo sviluppo el’uso di nuove fonti di energie rinnovabili;· a carattere particolare con specifica attenzione alleemissioni di gas di serra nel settore trasporti, alleemissioni di metano provenienti dalle discariche dirifiuti e dalle perdite dei metanodotti e alle emissionidi quei gas di serra lesivi anche dell’ozono stratosferi-co dalle riserve di combustibili per il trasportomarittimo e per l’aviazione.Inoltre Paesi sviluppati e Paesi ad economia intransizione vengono sollecitati a cooperare fra di loroin modo coerente e coordinato per rendere efficaci edeffettivi gli sforzi compiuti nell’esecuzione dellemisure e delle azioni previste dal Protocollo. In particolare, la cooperazione dovrà riguardareprioritariamente lo scambio delle rispettive esperienze realizzate e lo scambio delleinformazioni e delle conoscenze acquisite nell’attuazione delle rispettive politiche e misureoperative.Come precedentemente accennato, rimangono indefiniti, dal punto di vista attuativo edesecutivo tutti gli altri impegni contenuti negli artt. 4, 5 e 6 della Convenzione UN-FCCC.Tuttavia, essi vengono, nelle loro linee generali, richiamati e riconfermati, anche se obiettivispecifici da raggiungere, misure da attuare, modalità e tempi di esecuzione e le altre azioninecessarie per rendere operativi tali obblighi, sono rimandati alle prossime sessioni dellaConferenza delle Parti.

Per favorire non solo l’attuazione degli obblighi, ma anche la cooperazione internazionale, ilProtocollo di Kyoto introduce formalmente alcune novità rispetto alla ConvenzioneUN-FCCC: oltre alla “joint implementation” vale a dire l’attuazione congiunta di obblighiindividuali (di cui si discuteva già da molto tempo), vengono stabiliti due nuovi strumentiattuativi: la “emission trading”, vale a dire la commercializzazione dei diritti di emissione eil “clean development mechanism”. Ma, esaminiamo più in dettaglio di che cosa si tratta.La “joint implementation”, ovvero l’attuazione congiunta degli obblighi definiti dalProtocollo è prevista come strumento di cooperazione all’interno del gruppo di Paesi a cui èdestinato il Protocollo stesso, cioè fra i Paesi industrializzati e quelli ad economia intransizione. Tuttavia, devono essere rispettate alcune condizioni di base.Innanzitutto, i Paesi che in gruppo decidono di attuare congiuntamente i loro impegnipossono al loro interno accordarsi su una distribuzione diversa degli obblighi rispetto alla

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Andamento dellaCO2 e della

temperatura dal1970 a oggi. In tratteggioscuro il com-

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distribuzione prevista dal Protocollo, purché venga rispettato l’obbligo complessivorisultante dall’unione di tutti gli obblighi individuali spettanti ai singoli Paesi coinvolti. Inoltre, l’accordo per l’attuazione congiunta degli obblighi deve essere ufficializzatonotificandolo al Segretariato della Convenzione UN-FCCC il quale informerà tutte le Partifirmatarie della stessa Convenzione dell’accordo intervenuto e dei termini dell’accordo. I Paesi che decidono di agire congiuntamente, rimangono, comunque, responsabili delrispetto dei propri obblighi individuali stabiliti dal Protocollo nel caso in cui fallisse l’azionecongiunta. L’Unione Europea, per esempio, si avvale già di questo strumento attuativo e loha notificato nella stessa sede di approvazione del Protocollo. Infatti, l’Unione Europea dovràcomplessivamente rispettare l’obbligo di riduzione del 8% delle emissioni di gas di serra, maall’interno dell’Unione Europea ci saranno Paesi che ridurranno più del 8% e Paesi cheridurranno meno, in relazione a criteri che verranno consensualmente definiti a livellocomunitario.Per quanto riguarda la “emission trading”, il Protocollo di Kyoto stabilisce che è possibile,nella esecuzione dei propri obblighi, trasferire i propri diritti di emissione o acquistare idiritti di emissione di un altro Paese. In altre parole, se un Paese riesce a ridurre le proprieemissioni più della quota assegnata può vendere la rimanente parte delle sue emissioniconsentite ad un altro Paese che non sia in grado o potrebbe non essere in grado, diraggiungere l’obiettivo che gli spetta. Viceversa un Paese che, per ridurre una certa quotadelle proprie emissioni, spenderebbe di più di quanto gli costerebbe acquistare la stessaquota da un altro Paese che è disposto a trasferirla, può acquistare tale dirittosupplementare.Tuttavia, la commercializzazione dei diritti di emissione non è libera, ma sottoposta alleseguenti condizioni:· tra Paese che cede e Paese che acquista un diritto di emissione deve esistere una coope-razione su un progetto finalizzato alla riduzione delle emissioni di gas di serra, da realizzarsicongiuntamente in qualsiasi settore dell’economia,· l’azione di cessione da parte di un Paese e di acquisto da parte di un altro Paese dei dirittidi emissione non può essere sostitutiva dell’adempimento degli obblighi spettanti a ciascunodi essi, ma supplementare all’attuazione delle rispettive azioni esecutive;· il progetto congiunto deve essere ufficializzato e approvato dai Paesi coinvolti:La possibilità di avvalersi di “emission trading”, che aveva generato qualche timore di unpossibile disimpegno dei Paesi più ricchi e più fortemente emettitori di gas di serra, è inrealtà una possibilità prevista dalla stessa Convenzione UN-FCCC dove si prescrive che lepolitiche e le misure da attuare ai fini del raggiungimento degli obiettivi della Convenzionedevono essere ottimizzati dal punto di vista costi/benefici. L’introduzione di strumentieconomici quali la “carbon tax”, la tassa sulle emissioni di anidride carbonica, e la “emissiontrading”, la commercializzazione dei permessi di emissione, concorrono alla ottimizzare delrapporto costi/benefici, come risulta dalle valutazioni compiute da IPCC (IntergovernmentalPanel on Climate Change: un organo consultivo delle Nazioni Unite per i cambiamenticlimatici)Tuttavia, il meccanismo di attuazione degli obblighi attraverso “emission trading” non èancora operativo. Nelle prossime sessioni della “Conferenza delle Parti” dovranno essereelaborate le linee guida e la regolamentazione necessaria, nonché le modalità di controllo edi verifica. Pertanto, per ora, si tratta solo di una introduzione formale di questo nuovostrumento attuativo e dei principi su cui esso si dovrà basare.Infine, il “clean development mechanism” è un ulteriore strumento attuativo, che adifferenza dei precedenti, è fondamentalmente orientato a favorire la collaborazione

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internazionale e la cooperazione tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo suprogrammi e progetti congiunti in modo che, attraverso la attuazione degli impegnicontenuti nella Convenzione UN-FCCC, venga dato impulso anche ai processi di svilupposocio-economico ed industriale nel quadro di riferimento più generale dello svilupposostenibile.Tale meccanismo, che dovrà promuovere anche il trasferimento di tecnologie e di “knowhow” tra Paesi ricchi e Paesi poveri (e quindi adempiere ad altri impegni contenuti nellaConvenzione UN-FCCC), ha la necessità, per raggiungere la massima efficacia, di dotarsi diun opportuno fondo finanziario. Questo fondo deve essere ancora istituito, a meno che nonsi decida di apportano le opportune modifiche al GEF (Global Environment Facility), il Fondodella World Bank destinato alla cooperazione tra Paesi sviluppati e Paesi in via di Svilupposulle tematiche dell’ambiente globale ed in particolare dei cambiamenti climatici, dell’ozonostratosferica, della biodiversità e degli oceani. Anche il “clean development mechanism” non è operativo e la “Conferenza delle Parti” nelleprossime sessioni negoziali dovrà definire linee, guida, regolamenti, modalità di accesso e diutilizzazione, ecc.

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Il gas che utilizziamo quotidianamente nelle nostre case ha sicuramente una lunga storiache inizia dai “fuochi naturali che uscivano dalla crosta terrestre” fino ad arrivare allasofisticata rete di distribuzione dei nostri giorni. I primi che storicamente incanalarono esfruttarono i gas naturali furono i cinesi, sviluppando pozzi di raccolta e condotte di bambù.Spetta invece ad un italiano il primato della “scoperta” del gas metano, infatti AlessandroVolta fu il primo (1776) che diede dimostrazione dalla natura, delle reazioni e delle origini“dell’aria infiammabile naiva delle paludi”. I primi dati di produzione nazionale di gas metano risalgono al 1894 con 12.000 m3 annui

per passare a 6 milioni di m3 nel 1913,a 2,2 miliardi di m3 nel 1953 fino agli11,15 miliardi di m3 del 2000. Il gas viene a questo punto acquistatodirettamente dalle aziende locali edistribuito alla rete cittadina. In particolare AREA, Azienda Raven-nate Energia Ambiente, gestisce ilservizio di distribuzione gas nei comu-ni di Ravenna, Cervia e Russi gestendodirettamente, a partire dal terminaleSNAM le apparecchiature che permet-tono di far arrivare il gas naturaledirettamente nelle nostre case. Di seguito riportiamo alcune specifiche

tecniche e operative relative ai sistemi utilizzati per la distribuzione.

Gli impianti AREA che consentono ladistribuzione nel territorio possono essereschematicamente descritti nel modo seguente:Cabine di presa (o cabine di 1° salto)Rete primaria di distribuzione (feeder)Cabine secondarie (o cabine di 2° salto)Rete di distribuzione secondaria (o rete finale)

Cabine di presa (o cabine di 1° salto)Il gas viene consegnato ad AREA in alcune cabineprincipali (dette cabine di presa) dall’attuale forni-tore leader italiano ovvero SNAM che gestisce oltre29.000 Km di condotte.Il gas al punto di consegna è disidratato e non odor-izzato; la sua pressione è quella pari a quella diesercizio dei metanodotti SNAM ovvero nel caso diAREA da pressioni che vanno da 70 bar a 12 bar. Le funzioni di queste cabine di presa sono leseguenti:decompressione del gas al fine di alimentare la reteprimaria di distribuzione AREA che in gergo vienedenominata feeder e che ha nel ns. caso ha pres-sione di esercizio pari a 5 bar.

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Odorizzazione del gas per ragioni legate alla sicurezza

In particolare gli impianti delle singole cabine sono così costituiti partendo dal punto di consegna effettivo SNAM:sistema di filtrazione preriscaldatori del gas alimentati da una centrale termica gruppi di riduzione con sistemi di sicurezzasistema di odorizzazione

Il sistema di filtrazione è normalmente costituito da una batteria di filtri a cartuccia aven-ti lo scopo di trattenere tutte le impurità solide e liquide presenti nel gas in arrivo allacabina.

Il sistema di preriscaldamento si rende indispensabile in quanto a seguito degli elevati saltidi pressione nei riduttori posizionati a valle e delle notevoli portate orarie la temperatura delgas subisce una notevole diminuzione a seguito dell’effetto fisico conosciuto come “JouleThompson”; la diminuzione di temperatura è circa pari a 0,5 °C per ciascun bar di salto dipressione. Tale effetto, se non contrastato con il preriscaldo, porterebbe il gas in uscita dairiduttori a temperature a cui si possono formare cristalli di ghiaccio (in gergo idrati) per iresidui di acqua contenuti allo stato di vapore nel gas; tali cristalli potrebbero creare rapi-damente danni alle apparecchiature a valle dei riduttori o, nella peggiore delle ipotesi, accu-mularsi in punti dell’impianto subito a valle dei riduttori stessi creando una parziale occlu-sione delle linee

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FILTRAZIONE

METANODOTTOSNAM

RETE DI DISTRIBUZIONE AREA

RETEENEL

SCAMBIATORI DI CALORE

GAS NATURALEODORIZZANTEACQUA CALDAENERGIA ELETTRICA

RIDUTTORI 1° SALTO

SCAMBIATORI DI CALORE

TURBOESPANSORE

CABINA ELETTRICA

CONTATORE GAS CALDAIE

CONTATORE GAS CALDAIE

CONTATORE GAS CALDAIE

SISTEMA DI MISURA

FISCALE

SCAMBIATORI DI CALORE

SERBATOIO DISTOCCAGGIO11.100 SMC

RIDUTTORI 2° SALTO

CENTRALE TERMICA

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I riduttori sono costituiti da un organo mobile che muovendosi all’interno della propria sededeterminano una sorta di “strozzatura” in cui il gas subisce una laminazione ovvero unatrasformazione fisica con perdita di pressione; l’organo mobile comandato in modopneumatico (riduttore pilotato) o mediante una molla tarata (riduttore a molla) è in gradodi mantenere a valle del riduttore stesso la pressione richiesta.I riduttori sono corredati di organi di sicurezza chiamati “monitor” che in sostanza sono degliulteriori riduttori che entrano in funzione qualora i riduttori principali abbiano qualcheanomalia e lascino transitare il gas senza alcun salto di pressione.

Il sistema di odorizzazione è obbligatorio per legge in quanto necessario ai fini della sicurez-za. Il gas naturale è, contrariamente a quanto si pensa, inodore e il modo più sempliceper evidenziare fughe è proprio quello di immettervi determinate quantità di odorizzante,prima di distribuirlo nella rete in modo tale che sia gli utenti sia i tecnici possano rile-varne la presenza per l’acre odore derivante dalla sostanza utilizzata come odorizzante.I sistemi di odorizzazione possono essere costituiti da serbatoi a lambimento in cui il gas,transitando, trascina con sé tracce di odorizzante, ivi contenuto, sotto forma di gocciolinefinemente polverizzate, oppure mediante sistemi di iniezione in cui piccole pompe elettrichedosano l’odorizzante stesso all’interno del tubo in cui fluisce il gas

Una delle cabine gas (Bassette) ha una peculiarità rispetto alle altre, costituita da unsistema di produzione di energia elettrica che sfrutta l’energia di pressione altrimentidispersa dai riduttori.In particolare la macchina ivi installata, chiamata turboespansore, è costituita da nr. 2turbine all’interno delle quali avviene un salto di pressione in 2 stadi (1° stadio da 42 bar a15 bar, 2° stadio da 15 bar a 5 bar); sfruttando questi salti di pressione il generatoreelettrico mosso dalle 2 turbine è in grado di produrre una potenza fino a 1 Mwh.Poiché la macchina, per ragioni tecniche, non è in grado di effettuare l’intero salto dipressione da 70 bar (pressione SNAM) a 5 bar (pressione del feeder AREA) ma solo, comedetto, da 42 bar a 5 bar, a monte del turboespansore vi è un gruppo di riduzione cheeffettua il salto mancante da 70 bar a 42 bar.Il turboespansore, installato nel 1987 e acquistato da un’Azienda francese leader nel settore,è stato a suo tempo un impianto molto innovativo per l’Italia, in quanto sfrutta energia“pulita”.L’energia elettrica prodotta viene immessa in rete e attualmente ceduta alla rete nazionaleelettrica.

Rete primaria di distribuzione (feeder)All’uscita delle cabine di 1° salto il gas viene immesso nella rete primaria, chiamata feeder,con pressione di esercizio d 5 bar.Tale valore di pressione discende da 2 esigenze contrapposte di natura tecnica ovvero:pressioni elevate del gas consentono portate sufficientemente alte con perdite di caricocontenute (ovvero perdite di pressione lungo lo sviluppo del tubo per attriti del gas con lostesso) utilizzando tubi con diametro non eccessivola pressione non può comunque superare certe soglie in quanto al crescere delle pressionivengono richiesti materiali, tecniche di realizzazione e controllo, norme di sicurezza chediventano di difficile applicazione o di costo eccessivo.Pertanto a seguito delle normative esistenti il valore di pressione pari a 5 bar rappresenta ilmiglior compromesso applicabile.

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La rete primaria gestita da AREA è completamente costituita da tubi in acciaio che formanoun reticolo e convogliano il gas alle cabine di 2°salto

Cabine secondarie (o cabine di 2° salto)Le cabine di 2° salto sono allacciate, come si è detto, al feeder ed alimentano la rete finaledi distribuzione.Scopo di tali cabine è quello di ridurre ulteriormente la pressione dal valore di 5 bar del feed-er a quello finale pari normalmente a 0,02 bar o 0,5 bar.La ragione di tale ulteriore salto di pressione è da ricercarsi nella necessità di contenere alminimo indispensabile la pressione del gas che arriva ai contatori degli utenti finali in quan-to minor pressione è sempre sinonimo di minor pericolosità e di soluzioni impiantistiche piùsemplici; a tal proposito occorre sempre ricordare che il gas, per quanto ormai presente intutte le case, è pur sempre un prodotto infiammabile che richiede sia attenzione nell’uso siail rispetto di tante norme di comportamento che sovente vengono purtroppo dimenticate pereccessiva familiarità con il gas stesso.Le cabine di 2° salto sono normalmente costituite da:gruppo di filtrazionegruppo di riduzione con organi di sicurezza accessoritali cabine, che in proporzioni molto ridotte, hanno apparecchiature analoghe a quelle di 1°salto, non sono corredate di sistema di preriscaldo in quanto il salto di pressione non è taleda determinare la formazione di idrati A differenza delle cabine di 1° salto, i sistemi di sicurezza connessi ai riduttori delle cabinedi 2° salto prevedono anche valvole di blocco che intervengono per pressioni anomale e aseguito di condizioni di pericolo potenziale. Le cabine di 2° salto sono normalmente posizionate ai bordi di strade all’interno di armadimetallici di dimensioni contenute (1,5 2,5 mt di lunghezza, 1 mt di larghezza, 1,8 2,5 mtdi altezza).

Rete di distribuzione secondaria (o rete finale)La rete di distribuzione finale, alimentate dalle cabine di 2° salto, ha pressione di esercizioche normalmente è pari a 0,02 bar o 0,5 bar.La soluzione a 0,5 bar viene utilizzata normalmente nel forese per ragioni analoghe a quelleprima espresse per il feeder ovvero rappresenta il miglior compromesso fra capacità ditrasporto del tubo e normative di sicurezza a cui ottemperare.La soluzione a 0,02 bar viene normalmente utilizzata nei centri abitati e in particolare incittà.Nel caso di rete a 0,02 bar il gas, una volta misurato dai contatori dei singoli utenti, arrivadirettamente tal quale agli impianti interni, ovvero nelle case di ciascuno di noi. Nel caso di rete a 0,5 bar il gas, prima di essere misurato passa da 0,5 a 0,02 bar medianteun piccolo riduttore (riduttore finale d’utenza) che ha dimensione molto contenute nel casodi una civile abitazione e che viene installato di fianco al contatore senza richiedere accorg-imenti o cassette di contenimento particolari.

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Cosa occorreUn barattolo di vetro, un coperchio di diametro maggiore rispetto al collo del barattolo, unacandela, inchiostro liquido, acqua.Come procedere

Fissiamo sul fondo del coperchio una candela e riempiamolo con dell’acqua a cuiabbiamo aggiunto alcune gocce di inchiostro. Accendiamo la candela e copriamola conil barattolo di vetro facendo in modo che il bordo tocchi la base del coperchio.Dopo qualche tempo la fiamma della candela va indebolendosi. Prima che si spenga deltutto, allontaniamo il barattolo; la fiamma rinvigorisce.L’aria è necessaria alla combustione. Senza aria, non c’è fiamma.

Riponiamo il barattolo sul coperchio, lasciandolo fino a quando la fiamma nonsi estingua completamente. Cosa è successo all’acqua? Notiamo che risalitalungo il barattolo. Durante la combustione, qualcosa scompare nel volume dell’aria contenuta

all’interno del barattolo lasciando uno spazio vuoto che viene riempito conl’acqua. Ciò che scompare altro non è che ossigeno, che viene consumato. Le pareti delbarattolo potranno risultare annerite e ricoperte da polvere di carbone. Il colore è dovutoproprio a carbonio contenuto nella candela.

Cosa occorreUna provetta di vetro, limatura di ferro, un contenitore con acqua, fiammiferilunghi tipo da caminoCome procedereInumidiamo l’interno della provetta di vetro ed introduciamo della polvere dilimatura di ferro facendo attenzione che aderisca bene alle pareti. Capovolgiamoil tutto nel contenitore con acqua. Dopo alcune ore è possibile osservare che l’acqua è salita nella provetta eche la limatura ha cambiato colore; si è formata la ruggine. Inserendoimmediatamente un fiammifero acceso all’interno della provetta, facendoattenzione che non entri aria, la fiamma si spegnerà.Lo spegnimento del fiammifero dimostra che l’ossigeno si è consumato anche se non si èavuta una combustione. Nella formazione di ruggine, cioè durante una ossidazione, il ferro sottrae ossigeno all’aria.Cioè la limatura si è combinata con l’ossigeno dell’aria (si è cioè ossidata) formando unprodotto che si chiama ossido di ferro.

Cosa occorreUn uovo sodo sgusciato, una caraffa da oste per vino, un foglio di carta, un fiammiferoCome procedereAppallottoliamo il pezzetto di carta ed introduciamolo nella bottiglia vuota; lasciamo cadere

Proposte didattiche36

1. La combustione

2. L’ossidazione

3. L’aria bruciando crea una depressione

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il fiammifero acceso nella bottiglia in modo da incendiare la carta. Prima che lefiamme si spengano, appoggiamo l’uovo sul collo della bottiglia. All’improvviso,questo verrà risucchiato all’interno con un gorgoglio ed una sorta di schiocco.La combustione della carta ha bruciato l’ssigeno creando una depressione tale dafar risucchiare l’uovo all’interno della bottiglia.

Cosa occorreAceto, bicarbonato di sodio, un palloncino, un imbuto, una bottiglia acollo stretto e un cucchiaio.

Come procedereRiempiamo la bottiglia per circa un quarto di aceto e, aiutandoci con l’imbuto,

versiamo il bicarbonato nel palloncino fino a che non sia completamente pieno.A questo punto infiliamo esternamente il palloncino nel collo della bottiglia assicu-randolo bene e facciamo cadere il bicarbonato nella bottiglia agitandola. Non appena il bicarbonato incontra l’aceto, incomincia a sfrigolare producendoanidride carbonica, che gonfierà il palloncino.

Cosa occorreGuscio d’uovo, aceto, un bicchiere di plastica, una candela, unfiammifero e un recipiente porta candela.Come procederePer prima cosa dobbiamo produrre la CO2 necessaria. Mettiamo quindidel guscio d’uovo in un bicchierino di plastica contenente aceto.I due composti reagiranno per creare l’anidride. Anche se non lo vediamo, il gas tende a riempire il bicchiere. Fissiamo lacandela ad un portacandela, accendiamola e rovesciamo il gas sullafiamma. La candela si spegne.

Cosa occorreDue lattine, una matita, un bastoncino, nastro adesivo e due palloncini ugualiCome procedereSegniamo a matita la metà esatta del bastoncino; appoggiamo lelattine su un tavolo collegandole con la matita stessa, comemostrato in figura.Attacchiamo alle estremità del bastoncino i palloncini sgonfi utilizzando del nastro adesivo. Collochiamo il bastoncino in equilibrio sullamatita in modo da costruire il braccio di una bilancia. L’esperimento procedegonfiando un solo palloncino e riposizionando il bastoncino nel punto di equi-librio iniziale. Si nota che si ha una inclinazione della bacchetta dalla parte delpalloncino gonfio. L’aria ha dunque un peso infatti il palloncino pieno d’ariapesa di più del palloncino vuoto.

Proposte didattiche 37

4. Costruiamo l’anidride carbonica

6. Il peso dell’aria

5. Costruiamo un estintore CO2

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Cosa occorreUna serie di palloncini, un termosifone, un secchiello o una pentola, acqua calda, acquaghiacciataCome procedereProva 1. Prendiamo un palloncino e gonfiamolo il più possibile. Poniamolo su un calorifero.

Cosa succede? Il palloncino, si libra nell’aria e, se è stato gonfiato al massimo, potràscoppiare. Il calore del termosifone ha scaldato l’aria presente nel palloncino. L’aria calda è più leggera di quella a temperatura ambiente, quindi sale versol’alto. L’esperimento dimostra anche un altro fenomeno: l’aria calda si espande,cioè acquista un maggior volume, fino a far esplodere il palloncino.

Prova 2. Prendiamo un palloncino sgonfio e posizioniamolo a tenuta sul collo diuna bottiglia. Collochiamo la bottiglia in un recipiente tipo secchiello in modo

che rimanga ritta. Versiamo nel secchio dell’acqua bollente. Dopo un po’ di tempo il palloncino comincia a gonfiarsi. Quando la temperatura dell’aria aumenta, si espande e il palloncino si gonfia.

Togliamo ora l’acqua calda dal recipiente e poniamo acqua ghiacciata. Il pallon-cino si sgonfia. Quando l’aria si raffredda, diviene più pesante e si contrae.

L’aria calda può venire impiegata per diversi usi. Gonfiati con aria calda, i palloni aerostatici (le mongolfiere) diventano più leggeri dell’ariacircostante e si alzano in volo. Cosa occorreUn foglio di carta velina, forbici e colla, un phonCome procedere

Prendiamo un foglio di carta velina, tagliamolo e pieghiamolo secondo quantomostrato in figura. Incolliamone i lembi fino ad ottenere una forma a paral-lelepipedo. Gonfiamo il pallone così ottenuto con l’aria calda ottenuta azio-nando un fon per capelli. Prenderà il volo.

Quando l’aria o qualsiasi altro gas si riscalda, diviene meno densa (più leggera) poiché lastessa quantità di aria occupa uno spazio maggiore. I palloni ad aria calda volano poichécontengono aria calda e leggera.

Cosa occorreCarta di giornale e un lungo righello.

Come procedereStendiamo un foglio di carta di giornale su di un tavolo; facciamo scorrere sottoil foglio, per metà della sua lunghezza, un lungo righello. Colpiamo l’estremitàlibera del righello con forza, cercando di far sollevare il foglio.L’operazione risulterà difficoltosa a causa della pressione che esercita l’aria sul

foglio di giornale. L’aria atmosferica esercita sui corpi infatti una pressione pari a circa 1chilogrammo per centimetro quadrato di superficie, il che significa che, per ogni quadrati-

Proposte didattiche38

7. Pesa più l’aria calda o l’aria fredda?

8. Il pallone aerostatico

9. L’aria pesa

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no di 1 cm di lato viene esercitata una pressione equivalente ad un peso di 1 kg.

Cosa occorreUn bicchiere di vetro, un cartoncino, acqua, una bacinellaCome procederePrendiamo un bicchiere e riempiamolo con acqua fino all’orlo. Appoggiamoci sopra uncartoncino resistente. Ora capovolgiamo con attenzione il bicchiere; l’acqua non sirovescerà. Perché? L’aria preme sul cartoncino dal basso verso l’alto con una forzasufficiente a non far cadere l’acqua. Abbassiamo ora un lembo del cartoncino per farentrare un po’ d’aria. L’aria entrata eserciterà una pressione verso il basso sufficiente a far cadere il cartoncino. Il bicchiere si svuota, dimostrando che l’aria esercita la suapressione in tutte le direzioni.

Cosa occorreUna provetta grande e una più piccola che entri nella prima, acqua Come procedereRiempiamo la provetta maggiore di acqua ed introduciamo in questa la minore per alcunicentimetri. Capovolgiamo rapidamente il tutto tenendo con la mano anche la provettaminore. Ad un certo punto ci accorgeremo che, allontanando la mano dalla provetta piùpiccola, questa non cade ma anzi tende a salire in quella più grande. Per quale motivo? La pressione atmosferica preme sulla provetta minore spingendola conforza nella maggiore.

Cosa occorreUn vasetto di vetro con l’imboccatura larga, un palloncino grande, una cannuccia diplastica, colla, un elastico, un cartoncino, forbici, matita.Come procedereLa pressione dell’aria cambia in rapporto alle condizioni atmosferiche e questi cambiamen-ti possono fornire buone indicazioni sul tempo che farà: se la pressione cala significache sta arrivando tempo perturbato, se la pressione cresce significa ritornodi tempo buono. Per misurare tali variazioni si untilizza normalmente unostrumento chiamato barometro. Possiamo costruirne uno molto semplice. Tagliamo l’imboccatura del palloncino, stendiamolo sull’apertura delvasetto, tendendolo bene in modo che non formino bolle o grinze efissiamolo con l’elastico e la colla (migliore è la chiusura realizzata, piùattendibile sarà il valore fornito dallo strumento). Tagliamo una cannuccia ad una estremità in modo da fare una punta e incolliamola alcentro del “coperchio” formato dal palloncino. In prossimità della punta ottenuta fissiamo un cartoncino, come mostrato in figura.Segniamo con la matita il punto esatto in cui la cannuccia tocca il cartoncino più alcunetacche sopra e sotto il segnoQuando la pressione aumenta l’aria agisce con più forza sul palloncino e la cannuccia si

Proposte didattiche 39

10. Come agisce la pressione

11. L’esperimento di Cantoni

12. Il barometro a palloncino

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solleva; al contrario, quando la pressione esterna diminuisce, l’aria contenuta nel vasettospinge verso l’alto facendo abbassare la cannuccia.

Cosa occorreDue recipienti di vetro, puliti ed asciutti, con imboccatura larga (ad esempio, i barattoligrandi da marmellata), due pezzi di stoffa scura o carta spessa, due cronometri o orologi conindicazione dei minuti secondi, due termometri identici che possano essere inseriti neirecipienti permettendone la chiusura, carta e penna, fogli di alluminio.Come procedereCerchiamo di far coincidere l’esperimento con una giornata di sole. Dividiamo la classe indue gruppi consegnando a ciascun gruppo un recipiente. Nel recipiente deve essere inseritoun pezzo di stoffa o la carta scura e il termometro, posizionandolo in modo da leggere benela scala graduata. Ad un gruppo chiediamo di chiudere il coperchio, all’altro di lasciare ilbarattolo aperto.I barattoli devono quindi essere esposti al sole, appoggiati di lato in modo che la base delrecipiente riceva direttamente i raggi solari.Ogni gruppo ha il compito di registrare le variazioni di temperatura lette ad intervalli di 1minuto. Il gruppo a cui è stato assegnato il barattolo chiuso deve prestare attenzione almomento a cui il termometro raggiunge i 60°C.e annunciare questo momento ancheall’altro gruppo: è la fine dell’esperimento.Invitiamo i ragazzi a rispondere ad alcuni quesiti:· in quale dei due recipienti la temperatura è cresciuta più rapidamente e perché?· possiamo considerare questo fenomeno come analogo all’affetto serra?· Possiamo considerare queste condizioni come analoghe all’atmosfera terrestre?· Qual è stato il ruolo del pezzo di stoffa o della carta scura nei recipienti?È possibile poi fare altre indagini; ad esempio, i recipienti possono venire avvolti con fogli dialluminio lasciando scoperta una striscia che permetta la lettura del termometro. Se l’esperimento viene ripetuto in queste condizioni sarà interessante confrontare, rispettoall’esperimento precedente, in quanto tempo la temperatura interna dei recipienti raggiungei 60°C e valutare perché in questo secondo caso ci è voluto più tempo.L’esperimento può essere ripetuto prendendo in considerazione diverse variabili: giornatanuvolosa, assenza della carta o pezzetto di stoffa ecc.

Proposte didattiche40

13. I gas e l’effetto serra

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Mario Rippa – “LA CHIMICA”;Italo Bovolenta Editore, 1990

Anna Lepre, Alessandra Magistrelli – “BIOLOGIA”Paravia, 1994

Falaschi, Galizz, Milanesi – “LA SCIENZA Dagli atomi all’uomo”La nuova Italia, 1983

Bargellini, M. Fratello, L. Monfroni – “SCIENZE CHIMICHE, FISICHE E NATURALI”Signorelli Milano, 1985

L. Rossetti – “GEOGRAFIA”S. Latters & C. Editori, 1990

Alfonso Bosellini – “LE SCIENZE DELLA TERRA”Italo Bovolenta Editore, 1984

Luciana Monfroni, Carla Pavanati Bettoni – “elementi di biologia attiva”Signorelli Milano, 1976

Roberto Marchetti, “ECOLOGIA APPLICATA”CittàStudi, 1997

Augusto Biancotti, Claudia Binelli – “GEOGRAFIA”Bompiani, 1993

Bisca, V. Giulianini Ricci, R. Pepoli, F. Rambelli, G.P. Vistoli – “PAGURO”Calderini, 1994

Atlantide S.c.r.l. – “L’acqua – Quando l’uomo incontra la natura”Atlantide. S.c.r.l. , 1999

Bibliografia 41

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A cura di Atlantide, Cooperativa Studi e Servizi AmbientaliVia Bollana 10, 48015 Cervia (Ravenna)Tel. 0544/965806 Fax 0544/965800http://www.atlantide.net e-mail: [email protected]

Cooprdinatore del progetto:Massimo CasadeiStefania Loia

Testi:Massimo CasadeiStefania LoiaChiara TiozziRoberto Siciliani

Progetto grafico:Roberta Fraiese

Disegni:Federica Morgas

Stampa:La Greca

Si ringrazia tutto lo staff di Atlantide S.c.r.l. e di Area Ravenna per la collaborazione.

Tutti i diritti della presente pubblicazione sono riservati

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