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1 / 4 Data Pagina Foglio 15-11-2019 86/89 ilvenerdì SUPPLEMENTO DE la Repubblica . 1301_CrVITA MOBILI A PENNELLO º ~ «C'ERA LA VOGLIA DI TRASFORMARE IL MONDO E DARE UN COLPO DI SPUGNA A TUTTO IL VECCHIO LA MOSTRA UTOPIA ALLA GALLERIA TORNABUONI DI PARIGI SOTTOLINEA LE AFFINITÀ TRA DUE MONDI CHE NEGLI ANNI E VANNO A NOZZE di Alba Solaro foto di Say Who/ Valentin Le Crons ARIGI. C'è stato un tempo - un tempo italiano - in cui le linee che distinguevano gli artisti dai designer e da- gli architetti si erano fatte così sotti- li da essere a volte impercettibili. Quel tempo erano gli anni 60 e 70, epoca P 86 il venerdì ( 15 novembre 2019 formidabile, quando giravano le idee e la voglia, per dirla con la designer milanese Nanda Vigo, «di trasformare il mondo e dare un colpo di spugna a tutto il vecchio». Era un mondo dove una ragazza come la Nanda, fresca di diploma e aria spavalda, poteva bus- sare alla porta di un grande artista come Lucio Fontana («era generosis- simo con gli artisti esordienti, com- prava i loro quadri anche se non vale- vano niente»), o di un architetto come Gio Ponti. «Allora era disprezzato, anche dai giovani, perché non aveva- no capito niente di quello che stava facendo» racconta Vigo «e per insul- tarlo usavano questa parolaccia vol- garissima: eclettismo. Che vuol dire tutto e niente. La sua ìn realtà era un'idea classica di architetto, che do- veva conoscere tanto la struttura di una cupola quanto l'oreficeria o come si realizza un affresco. E io lo sono andato a cercare perché a me manca- Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. 120634 Settimanale

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15-11-201986/89

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SUPPLEMENTO DE

la Repubblica

.1301_CrVITA

MOBILI A PENNELLO

º

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«C'ERA LA VOGLIADI TRASFORMAREIL MONDO E DAREUN COLPODI SPUGNAA TUTTOIL VECCHIO

LA MOSTRA UTOPIA ALLA GALLERIA TORNABUONI DI PARIGI SOTTOLINEA LE AFFINITÀ TRA DUE MONDI CHE NEGLI ANNI

EVANNO A NOZZEdi Alba Solarofoto di Say Who/ Valentin Le Crons

ARIGI. C'è stato un tempo- un tempo italiano - in cuile linee che distinguevanogli artisti dai designer e da-

gli architetti si erano fatte così sotti-li da essere a volte impercettibili. Queltempo erano gli anni 60 e 70, epoca

P

86 il venerdì ( 15 novembre 2019

formidabile, quando giravano le ideee la voglia, per dirla con la designermilanese Nanda Vigo, «di trasformareil mondo e dare un colpo di spugna atutto il vecchio». Era un mondo doveuna ragazza come la Nanda, fresca didiploma e aria spavalda, poteva bus-sare alla porta di un grande artistacome Lucio Fontana («era generosis-simo con gli artisti esordienti, com-prava i loro quadri anche se non vale-vano niente»), o di un architetto come

Gio Ponti. «Allora era disprezzato,anche dai giovani, perché non aveva-no capito niente di quello che stavafacendo» racconta Vigo «e per insul-tarlo usavano questa parolaccia vol-garissima: eclettismo. Che vuol diretutto e niente. La sua ìn realtà eraun'idea classica di architetto, che do-veva conoscere tanto la struttura diuna cupola quanto l'oreficeria o comesi realizza un affresco. E io lo sonoandato a cercare perché a me manca-

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DA sinistra, Nanda Vigo fotografata al MAXXI di Roma lo scorso ottobrein occasione dell'inaugurazione di Arch/arcology del progetto Alcantara

Oggettoottico-dinamico(1962-'71) diDadamainoLa lampada

Utopia (1970)di Nanda Vigo

60 E 70 ERANO VICINISSIMI. DICE NANDA VIGO: «ORA INVECE I RAGAZZI MI CHIEDONO SOLO COME AVERE SUCCESSO»

va questa cosa, perché il design o l'ar-chitettura da sole non mi bastavano».

Pazza e bella idea, quella di metterein scena un'immaginaria conversazio-ne fra mondi che hanno in comunemolto più di quanto non si pensi. Uto-pia propone questo dialogo (fino al 21

dicembre) nelle sale del Passage deRetz, bello spazioespositivo nel cuoredel Marais tra caf-fetterie vegane e pic-cole boutique. Cura-ta dal designer fran-co-tunisino CharlesZana e organizzatadalla galleria Torna-buoniArt di Parigi, gioca in modo spet-tacolare sulle corrispondenze elettive.Il taglio di Lucio Fontana accan-

Concetto spaziale(1965)

di Lucio FontanaSedia per la

Facoltà diArchitettura

del Politecnicodi Torino (1959)

di Carlo Mollino

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SUPPLEMENTO DE

la Repubblica

DOLCE- VITAMOBILI A PENNELLO

to a una sedia di Carlo Mollino; il gran-de quadro di Alighiero Boettí che so-vrasta il tavolo in resina tricolore diGaetano Pesce; e poi la lampada diGino Sarfatti che ricorda le sculture diC alder e un'opera di Paolo Scheggi;Michele De Lucchi e Alberto Burri, Ar-chizoom e Piero Manzoni. Utopia è«una passeggiata inun'Italia intellet-tualmente colta do-ve artisti, architetti,designer, riflettonoattraverso il loro la-voro sul sociale, ilpolitico, la sessuali-tà, il posto dell'uomonella natura. È l'Italia dell'arte poverae dei movimenti radicali, e per raccon-tarla ho sognato» spiega Zana, specia-lista di storia italiana, «di metterequesti creativi in coppia, evidenziarnei percorsi comuni, i link che non sonomaí solo estetici».

VENATURE FOSFORETTILIANEIl nome dell' esposizione viene dauñ o-pera di Nanda Vigo, la prima che sìincontra: una lampada a forma di cor-nice luminosa, vuota al centro. L'uto-pia di un mondo fatto di luce. «Quellavoro» mi spiega Vigo «è nato perchého avuto la fortunadi lavorare con An-gelo Lelli, un indu-striale illuminato,non come quelli diadesso che sono sol-tanto business dibasso livello. Il verodesign italiano è nato con questi pro-duttori intelligenti, aperti, come Sar-fatti e pochi altri, che hanno sviluppa-to un incredibile discorso senza ruba-re agli artisti. La ditta di Lelli si chia-mava Arredoluce, e lui era abilissimonel realizzare immediatamente le mieidee. Sperimentavamo direttamente infabbrica, senza troppi disegni proget-tuali, le idee così mantenevano la lorofreschezza e se un materiale non an-dava bene passavamo ad altro».Con Vigo parliamo nella sua casa

studio nel centro di Milano, piena diquadri,lampade,una Marilyn di Mim-

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88 il venerdì 15 novembre 2019

Achrome (1961-1982)Riero Manzoni

* aaaar Soia 11968) •`.di Superstudio

5 Penumbria 111 (1976)di Piero Dorazio6 Poltrona di Proust(1978, realizzata nel 1987)di Alessandro Mendini

mo Rotella, la gigantesca gabbia con isuoi pappagalli e piante ovunque. Unabrutta influenza le ha impedito, perora, di andare a Parigi. Zana l'ha volu-ta affiancare a un'opera optical di Da-damaino e c'è dell'ironia nella suascelta. Perché le due non si sono maisopportate. «Era una gran p...» dice ladesigner. «Quando è morta hannoinondato il mercato di falsi». In Giova-ni e rivoluzionari (Mimesis, pp. 160,euro 14), una spumeggiante autobio-grafia in uscita in questi giorni doveVigo racconta la scena milanese degli

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anni 60, tra il bar Jamaica e le perfor-mance di artisti squattrinati («comeFranco Battiato, che non aveva un sol-do e dormiva a casa del Marco Monda-dori»), Fernanda Maino in arte Dada-maino viene descritta ironicamentecome «un gioiello di sincerità, purezzae venature fosforettiliane. Ero moltoimpressionata sia dalla sua pelleestremamente bianca/trasparente,convenuzze molto blu, sia dal fatto chei suoi lavori erano solo copiature».Non ci si annoiava in quell'Italia.

«Era più avanti rispetto a tutti gli altri

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Paesi europei in quel momento» diceZana, e non è un'iperbole. Le disciplinecreative non erano impegnate a pro-dune solo per se stesse ma al centro diuna visione condivisa, gli oggetti ave-vano una funzione, si progettava percambiare il mondo. «Volevano prende-re le distanze dal passato e pensavanoa una stanza come a un luogo vivo».

RICERCA DI ASSOLUTO

L'idea di questa mostra, racconta Za-na, gli è venuta durante l'esposizionededicata a Giorgio de Chirico, alla Ga-

Mappa(t983-1984)di Alighiero

BoettiTavolo

Sansone (1980)dì Gaetano

Pesce

7 L'addiodell'amico cheparte all'amico

che rimane (1950)di Giorgiode ChiricoCredenzaBarbarella

(1966)di EttoreSottsass

leria Tornabuoni Art di Parigi, un paiodi anni fa; Zana non era il curatore, magirovagando tra i quadri lo folgorò lapossibilità di un impercettibile nesso.C'era unfilo sottile—lametafisica—checorreva tra il pittore nato in Grecia afine Ottocento, ed Ettore Sottsass, ar-chitetto e designer, le cui radici sonoinvece piantate fra l'Austria, Torino ela Milano del Dopoguerra: «Più ci pen-savo più mi appariva chiaro che traquei due ci fosse un dialogo, la stessaricerca di assoluto».

Osservandoli ora, in una sala del

Passage de Retz, de Chirico e Sottsasspaiono due vecchi amici. Il Grandevaso afrodisiaco per conservare lepillole antifecondative (1964) del de-signer conversa silenziosamente Lagrande tour (1915) dechirichiana. DeChirico è morto nel 1978, appena unpaio di anni prima che Sottsass fon-

dasse il gruppoMemphis, che pro-gettò oggettiiconici,più simbolici chefunzionali. Eranogli anni Ottanta mac'era ancora lo spi-rito radicale dei de-cenni prima, la vo-

glia di mettere insieme designer, ar-chitetti, artisti; progettare indivi-dualmente ma agire collettivamente.

GRATTACIELI TUTTI UGUALIPer Nanda Vigo «dalla metà degli anniSettanta era già tutto finito, il businesssi era mangiato tutto». Mostre comeUtopia sono utili per il ruolo didatticoche possono svolgere: ci dicono che nonbisogna tanto guardare a cosa certiartisti hanno fatto, ma a come lo hannofatto. «Oggi invece c'è chi parla di archi-tettura e non ha mai tenuto in mano unamatita» riassume la designer. «Gli stu-

denti pensano chebasti schiacciare untasto per progettare.E infatti creano grat-tacieli tutti uguali, aDubai come a Mila-no. Ieri ero alla Com-missione del Salone

del Mobile per il Salone satellite, quel-lo aperto ai giovani. Ci sono progetti chearrivano dall'India, dalla Cina, da tuttoil mondo.Allucinanti: stanno tutti rifa-cendo malamente gli anni 50. Mobilet-ti tipo svedesi, tubolare di ferro ovun-que. È il sistema che usa la moda — latendenza, tutti che le vanno dietro. Soloche un vestito puoi cambiarlo ogni sta-gione. Forse il guaio è che oggi non cisono maestri da cui andare. E comun-que i giovani quando vengono da mechiedono solo una cosa: come si fa adavere successo?».

Alba Solaro

15 novembre 2019 il venerdì 89

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