Mida Ideogrammi - Registi del cambiamento, Jacopo Melloni

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  ideogramma SHIN = Fiducia  REGISTI DEL CAMBIAMENTO  di Jacopo Melloni  

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La parola cambiamento è oggi fra quelle maggiormente usate e abusate. Le organizzazioni che operano nel variegato mondo del lavoro si trovano costantemente al bivio fra promuovere cambiamenti o subire cambiamenti. La terza via dello “stare alla finestra”, nella migliore delle ipotesi, può essere vista come una modalità di analisi del contesto di riferimento, analisi che, con i tempi di oggi, aspetta una decisione rapida il giorno successivo.

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信 i d e o g r a m m a S H I N = F i d u c i a  

REGISTI DEL CAMBIAMENTO di Jacopo Melloni  

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Con la linea IDEOGRAMMI Mida si propone di pubblicare le sue ricerche,intese come risultato di studi, pensieri, interpretazioni che gli autoritraggono dalla diretta esperienza sul campo. Ma non solo.

I contributi sono anche frutto del desiderio di raccontare l’approcciopeculiare di Mida alla professione attraverso i suoi stessi protagonisti. 

REGISTI DEL CAMBIAMENTO Costruire le nostre metafore 

di Jacopo Melloni 

La parola cambiamento è oggi fra quelle maggiormente usate e abusate. Leorganizzazioni che operano nel variegato mondo del lavoro si trovanocostantemente al bivio fra promuovere cambiamenti o subire cambiamenti.La terza via dello “stare alla finestra”  , nella migliore delle ipotesi, puòessere vista come una modalità di analisi del contesto di riferimento, analisi che, con i tempi di oggi, aspetta una decisione rapida il giorno successivo.L’esperienza che descrivo è stata realizzata in un’ azienda che ha deciso di occuparsi del suo cambiamento e ha in corso una serie di iniziative, in unalogica sistemica, per consolidare e crescere la sua posizione sul mercato.

 A mio modo di vedere, rappresenta un esempio positivo di come Mida ècapace di intervenire per “potenziare” le culture aziendali integrando il suocontributo attento al sistema delle relazioni con quello di altre leveorganizzative considerate più “hard”.In questo scritto illustro le logiche e i risultati di questo tipo di esperienzache può essere “riconfigurata” in altre simili modalità e che , per me, harappresentato la grande soddisfazione di unire la vecchia passione per il teatro con la mia costante passione per il lavoro. La considero un esempiodella straordinaria capacità delle persone e dei gruppi di rispondere al cambiamento creando valore.

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Considerazioni sul contesto di riferimento  

Perché un’ azienda o un’ organizzazione devono occuparsi di

cambiamento? La prima risposta naturale è che qualsiasi

azienda che si occupa di se stessa e del suo futuro dovrebbe

avere in atto una strategia per costruire il cambiamento.

L’uso del condizionale, dovrebbe, nasce da una realtà sottogli occhi di tutti: oggi una gran parte del mondo del lavoro è

tragicamente povera di strategie per il futuro ed è sempre

più carente di decisioni mirate a creare valore nel tempo. Il

diffuso orientamento al risultato immediato e l’ossessione

del “tanto e adesso” condizionano molte culture aziendali

asservite al “saving” e ai profitti immediati.

Negli ultimi decenni le mutate condizioni economiche globali

hanno sempre più spesso comportato che la parola

cambiamento venga associata a tagli, scorpori, divisioni di

aziende, fusioni, incorporazioni, esuberi, … quasi

dimenticando il valore della funzione sociale dell’azienda e la

possibilità di collegare benessere e guadagno.

Ma non è sempre così, il contesto dell’intervento che

descrivo rappresenta una piacevole controtendenza, e

riguarda un buon numero di piccole e medie aziende, nel

settore dei servizi, che ha mantenuto viva una cultura legata

alla tradizione della famiglia imprenditoriale italiana e che

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continua a fare quello che da sempre crea ricchezza e

valore: investire in idee e progetti per un benessere futuro.Conosciamo altri limiti delle aziende familiari, ma rimane

vero che per molte culture familiari costruire un futuro

migliore è una priorità, per fortuna, ancora diffusa.

Idee e progetti di persone che vogliono costruire valore nel

tempo sono gli alleati ideali che Mida vuole avere per creare

un intervento sul cambiamento che, rispettando la cultura

esistente, delinea nuove realtà organizzative e usa modelli,

metodi e tecnologie per migliorare i margini e la redditività.

Dal punto di vista dei valori comuni, elemento chiave delle

culture aziendali è condividere che l’utile non è il fine ma il

mezzo per continuare a costruire valore e benessere,

condividere che la ricerca dell’eccellenza sul lavoro si crea

con le persone e per le persone.

Per questo, mettere o rimettere la persona al centro del

sistema e ridare potere alla risposta individuale e dei gruppi,

è un’ operazione indispensabile per passare dal così detto

 “cambiamento dovere” e/o cambiamento emergenza a

quello desiderato, costruito e guidato.

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Il lancio dell’esperienza 

La mattinata era stata piuttosto impegnativa, i top manager

dell’ azienda, i direttori delle varie filiali, consulenti e partner

in affari a vario titolo erano tutti presenti nella grande sala

della villa scelta per il congresso annuale.

I vari direttori e i consulenti organizzativi avevano

presentato le nuove “piattaforme del controllo” , i numeri si

incrociavano infinite volte e potevano fornire informazioni di

dettaglio su costi e benefici di ogni singola filiale e quasi di

ogni singola attività. Banche dati piene di informazioni erano

accessibili con password personalizzate, ma l’impegno

dell’imprenditore era ben più di questo: fusioni, acquisizioni

strategiche, nuovi immobili e, meraviglioso a dirsi di questi

tempi, investimenti per un futuro di maggiore successo.

I partecipanti al congresso erano frastornati da queste molte

novità, come sempre interessati a capire per loro cosa

sarebbe cambiato. Alcuni si chiedevano, per esempio, se

così tante informazioni avrebbero reso le decisioni più

semplici o più complesse, se il controllo sarebbe servito per

tagliare i rami secchi o per dare più energia alle piante più

deboli, tutte domande legittime ma destinate

inevitabilmente a restare senza precise risposte.

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Dopo il pranzo, leggero e piacevole, tutti nuovamente in sala

congressi; la tensione è alta, nessuno è al corrente di cosaaccadrà nel pomeriggio: sanno che verrà gestito da “quelli di

Mida” e in particolare ho il grande vantaggio di avere avuto

come miei partecipanti, ai corsi manageriali, la gran parte

dei congressisti presenti e di godere di una certa fiducia, a

priori. Durante il pranzo, quelli più in confidenza, mi si erano

raccomandati di non “ammorbarli” con discorsi teorici sul

cambiamento.

Eccoli accontentati, due vignette ironiche sull’ inevitabilità del

cambiamento come dato di fatto e poi la lettura e la

proiezione sul grande schermo dell’obiettivo: “Predisporre,

suddivisi in sottogruppi, una rappresentazione

collegabile al tema del «costruire il cambiamento».

Tempo a disposizione un’ora e trenta. Durata della

rappresentazione: minimo 5 minuti, massimo 10”. 

C’è stato un attimo di sorpresa e di “gelo” : le persone non si

aspettavano di essere loro i protagonisti della nuova

esercitazione e senza dar loro il tempo di riorganizzare le

idee, ecco l’asso nella manica: una testimone di eccezione,

Daria Anfelli, regista professionista che da più di 20 anni

lavora per il teatro e il cinema di autore. Con Daria Anfelli

avevamo organizzato una breve intervista dove le avrei

chiesto cosa avrebbe fatto se lo stesso obiettivo fosse

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assegnato a lei: “Hai 9 persone, che di mestiere non fanno

gli attori, e solamente un’ ora e trenta per realizzare unbreve spettacolo. Cosa faresti?” .

Il fatto che, anche per una persona che di professione fa la

regista la cosa sarebbe stata assai difficile, ha stimolato la

voglia di sfida e l’impegno dei partecipanti che, anche grazie

alle prime spiegazioni e suggerimenti forniti dalla regista, si

sono suddivisi nei gruppi e hanno iniziato a produrre ipotesi.

I più timorosi e diffidenti sono stati presto contagiati

dall’entusiasmo di molti e i gruppi hanno dimostrato una

capacità creativa e realizzativa ottima, oltre le migliori

previsioni, che ha finito per sorprendere positivamente

anche la regista “vera” .

Ecco in breve le cinque metafore del cambiamento

rappresentate con l’aggiunta di qualche commento mio per

sottolineare quanto queste storie e questa modalità di auto-

narrazione siano utili a creare condivisione e partecipazione.

La nostra storia narrata riconosce valore al nostro impegno

e alla nostra esperienza di vita e, come vedrete, i vari gruppi

sono stati davvero capaci di essere registi di se stessi e di

testimoniare il loro cambiamento.

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 Metafore di cambiamento:

i risultati dei gruppi

1. Parole nuove

Le nove persone del gruppo sono ferme con le braccia

incrociate, nella classica posizione di chiusura, alcune

fissano il pubblico, altre tengono gli occhi bassi. Passa un

lunghissimo minuto, il pubblico fa piccole risatine nervose,

poi rimane in silenzio pure lui, sale la tensione.

Improvvisamente, con un camminare lento, uno degli attori,

che poi scopriremo interpretare il capo, si muove e va a

scuotere i vari colleghi che malgrado il primo scossoneriprendono la loro posizione chiusa con gli occhi bassi. Il

 “responsabile” non molla. Secondo giro per scuotere le

persone. I colleghi iniziano a muoversi, prima allungano le

braccia lungo il corpo e poi, a uno a uno, cominciano a dare

segni di vita e poco dopo iniziano a ripetere una parola, altri

un articolo, altri ancora una congiunzione.

Vediamo sul palco 9 persone che camminano ognuno in

direzione diversa, si incrociano, a volte si seguono, ogni

persona sembra avere una diversa storia e ripete la sua

parola in maniera quasi ossessiva. Le parole sono “non” – 

 “cambiamento” –  “mai” –  “perfino” … 

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Nello spazio si incrociano parole e persone: il tutto non

produce senso e raramente ho visto meglio rappresentata lafase di “caos” che genera il cambiamento. 

A un certo punto la persona che interpreta il capo ferma

l’articolo, ferma il nome, ferma la congiunzione … le persone

tacciono e si guardano. Ognuno ha trovato un suo posto e

finalmente le parole sparse si materializzano in una frase dal

senso compiuto, uno alla volta in ordine i partecipanti

declamano: “I cambiamenti – non – avvengono – mai – 

senza - difficoltà – perfino – dal peggio – al meglio”. 

Questa prima metafora coglie, in maniera creativa e

coinvolgente, un aspetto di comunicazione fondamentale: il

cambiamento è fatto di parole nuove che non hanno sensose slegate. In ogni cambiamento arrivano nuove parole ,

arrivano novità che le persone non conoscono e la cui utilità

è tutta da provare. Non è chiaro come nuove parole possano

integrarsi con le parole che conosciamo, con quelle che

abbiamo sempre usato. Il nuovo porta le sue parole, le sue

idee, e “il vecchio” ripete le sue parole, quelle che ha

sempre usato per trovare le sue soluzioni.

Un aneddoto di molti anni fa: un dirigente della Regione

Toscana a fronte della parola leadership mi disse: “Se lei la

mi parla in inglese, io vo via …”. Oggi è pacifica per tutti

l’associazione fra apprendere e cambiare: apprendere nel

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cambiamento, apprendere il cambiamento, la parola

d’ordine della “learning organization” risale agli anni ottanta.

Già allora il mio amico Giulio, meccanico all’isola d’Elba, con

un grande libro di circuiti elettrici un giorno mi disse: “Non

ho scelta: o da ora riparo solo vecchie automobili o devo

imparare questo nuovo linguaggio” . Saggezza manageriale e

saggezza elbana portano alla stessa direzione, …

apprendere.

2. Traghettare la squadra

Un altro gruppo si presenta con dei cartelli dove vengono

rappresentati i personaggi di un antico indovinello: la storia

del lupo, della pecora e del cavolo che con una barca

dovevano attraversare un fiume.

Nella storia c’è pure il contadino che doveva traghettare tutti

senza che un animale si mangiasse l’altro. L’io narrante

racconta: “In un’ isola lontana viveva un contadino con i suoi

animali. Da sempre vedeva in lontananza un’ isola che era

bella e attraente, ma non osava andarci perché era lonatana

e perché non poteva portare con sé le cose più care …” .

Finalmente prese la decisone del “cambiamento” , ma come

portare lupo, pecora e cavolo se nella piccola barca costruita

vi era spazio solo per lui e un solo animale?

Il lupo non poteva restare con la pecora, la pecora non

poteva restare con il cavolo e così via. Il contadino /

imprenditore fa più ipotesi e tentativi, e poi finalmente l’idea

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giusta: il primo viaggio con la pecora, il secondo con il lupo,

ritorno con la pecora e nuovo viaggio con il cavolo.

Le persone che rappresentano i personaggi e gli animali

convolti attraversano sulla barca virtuale il pezzo di mare

che li separa dall’isola attraente e infine l’io narrante

conclude con la morale: “Quando l’obiettivo del

cambiamento è chiaro e desiderabile, il manager prova fino

a quando trova la giusta soluzione” .

Cosa serve per cambiare? Qual è il motore del cambiamento

di questa nuova metafora?

Una partecipante, con tanto di cartello e disegno,

rappresenta l’isola nuova, bella, attraente, quella che oggi

viene definita come “la vision”. Le nove persone del gruppo

si dividono i ruoli, alcuni animali non possono restare soli

con gli altri: alcuni reparti, divisioni, uffici proprio non ne

vogliono sapere di collaborare, e chi guida il cambiamento

deve essere presente e attivo per trovare una soluzione che

salvi tutti i suoi averi/saperi e li traghetti nel nuovo contesto

migliore. Questa rappresentazione evidenzia come il regista

del cambiamento deve avere il suo desiderio ben chiaro e

come le soluzioni vanno cercate con tenacia perchè non

sempre sono facili ed evidenti. E’ compito del regista

conservare le cose preziose e spostarle nella nuova

isola/realtà. Partire dalla realtà e dal rispetto di quello che

c’è e con l’attenzione di non abbandonare nessuno nella

vecchia isola. Intraprendere il cambiamento come un

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viaggio, viaggio dove la chiarezza della meta unita alla

giusta scelta dei passeggeri assicura il successo della

traversata.

3. Lo spazio limitato e le riconfigurazioni possibili

Due persone sono sedute tranquille su un divano piazzato

nel centro del palcoscenico, sembra una scenografia da

 “comédie française” classica, parlano dell’azienda, di quello

che può succedere. A un certo punto dal fondo del teatro

appare una terza persona, attraversa la sala e si va a sedere

pure lei sul divano. Le due persone si spostano

leggermente: dove c’è posto per due ci si sta anche in tre.

Poco dopo appare una nuova persona, pure lei attraversa la

sala, saluta i presenti e si siede sul divano, che a questo

punto diventa un po’ stretto. Altre persone continuano ad

arrivare, portando le loro novità e limitando sempre di più lo

spazio del divano. Ormai il divano non basta più, sono

occupati i braccioli e una persona è seduta di sbieco sullo

schienale del divano. Le persone si parlano, ma si percepisce

il fastidio di essere davvero in troppi per quello spazioristretto. Finalmente arriva anche la nona persona, gli altri la

guardano con un po’ di preoccupazione: non c’è davvero più 

posto! Questa volta però la nuova persona porta con sé una

sedia che usa per mettersi al fianco del divano. Si capisce

che le cose stanno cambiando davvero. A turno altri

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partecipanti del gruppo si alzano dal divano e vanno a

prendere delle nuove sedie e si forma un nuovo gruppo dovela differenza fra i vecchi e i nuovi non ha più senso.

Il gruppo è cresciuto e nuovamente esistono delle persone

che lavorano, sembra bene, assieme.

Il forte aspetto visivo di questa rappresentazione richiede

poche parole di spiegazione: questo gruppo ha saputo

evidenziare, in pochi minuti, sia la perplessità e la diffidenza

che si creano quando arrivano “i nuovi”, sia come esista un

momento della crescita in cui sembra che lo spazio non sia

più sufficiente. Le persone che già ci sono guardano quelle

che arrivano con timore: il cambiamento rappresenta, nella

sua prima fase, una minaccia per “i vecchi” , spesso una

perdita di ruolo e di spazio, spesso mette in crisi il processo

identificatorio: “Allora io che ci sto a fare?” .

E’ solo in una seconda fase che le nuove energie si integrano

e sviluppano grazie alle diverse combinazioni possibili e il

cambiamento diventa l’occasione di crescere insieme, di

creare nuove possibilità, di apprendere nuovi saperi (nella

metafora, le sedie) che possono essere aggiunte, non si

sostituiscono, ad arricchire la precedente “realtà” .

4. Il delicato equilibrio privato lavoro

La scena si apre con l’incontro del protagonsita con un

collega nel rulo del capo: “Sante, go da dirte una cosa”,

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(l’intera commedia si svolge in dialetto veneto e ricorda

l’intramontabile Goldoni, ma per non incorrere in errori di

battitura la riporto in italiano) “… abbiamo pensato di

mandarti ad aprire la filiale di Reggio Calabria, l’azienda ha

molta fiducia in te e siamo sicuri che non avrai difficoltà a

questo nuovo spostamento”. Il pubblico ride di gusto, è

evidente che di trasferimenti in azienda ce ne sono stati

tanti e che la cosa è molto sentita. 

Seconda scena, appare una moglie veneta, nella caricatura

con tanto di scopa e figlio videodipendente.

Rientro del padre a casa, nel suo ruolo (presunto) di capo

famiglia: “Sandra, devo darti una notizia importante per il

lavoro …”. Sandra, che la sa lunga, guarda minacciosa: “Sia

chiaro che io da qui non mi nuovo, né io, né nostro figlioabbiamo intenzione di muoverci ancora” ; intuito femminile e

nuova risata del pubblico.

Le fa eco il figlio, che per l’occasione si distrae dal video

dove sembrava immerso senza più connessione con il

mondo reale: “La mamma ha ragione, non ne vogliamo

sapere di viaggiare ancora, … noi stiamo qui e non cimuoviamo di sicuro!” .

La figura del capo famiglia sembra seriamente minacciata,

ma con una strana alchimia e qualche battuta si arriva, dopo

alcuni giorni di trattative, alla decisione di partire. La moglie

pone le condizioni del cambiamento e la famiglia è

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nuovamente in viaggio. In periodi di “mobilità” questa

metafora è molto attuale.Passano gli anni, il narratore racconta le fatiche di Sante che

però, grazie al suo impegno e alla sua competenza, riesce a

rilanciare/sistemare la situazione di Reggio Calabria che

diventa un caso di successo.

La scena finale rivede il ritorno del nostro “eroe” che è

riuscito a convincere la moglie a partire, è partito, ha

lavorato con successo, ha tenuto alta la bandiera

dell’azienda. Forte delle sue imprese, viene accolto e

premiato, nell’amato Veneto, dalla riconoscenza e dalla

rinnovata fiducia della “famiglia” lavorativa. 

Questa rappresentazione coglie un aspetto importante del

cambiamento. Un aspetto semplice, ma imprescindibile: la

disponbilità a cambiare. Partire spesso con l’ incognita sia del

viaggio che della situazione nella quale andremo ad operare.

Abbandonare il conosciuto, rinunciare ad un mondo di

relazioni note, cambiare tempi ed equilibri della nostra vita

privata, chiedere alla propria famiglia dei sacrifici per

accettare le nuove sfide.

Pensando agli avventurosi viaggi nell’epoca delle grandi

scoperte, viene in mente Cristoforo Colombo, una persona

che con il suo coraggio visionario ha cambiato la storia.

Balza agli occhi l’ elemento del rischio, la paura legittima che

deriva dal non conoscere come sarà la nuova terra, come

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sarà il nuovo mercato, il nuovo mondo e in che maniera

saremo accolti.Come riusciremo ad imporre e/o far accettare le nostre

metodologie di lavoro? Queste saranno efficaci anche nel

nuovo mondo? Daranno risultati per noi, per la nostra

azienda? Ecco un altro elemento del cambiamento ben

rappresentato: il desiderio del nuovo e nello stesso

momento la capacità di affrontare il rischio. E’ questo

coraggio che porta all’abbandono dei porti sicuri del

conosciuto e che da sempre ha da un lato attratto l’uomo e

dall’altro lo ha reso in perenne tensione, quella tensione che

è tipica dell’imprenditore e dell’intraprendere in generale,

tensione che muove il mondo e continuamente lo fa

cambiare.

5. Dalla paura della perdita al vantaggio delle nuove

competenze

Questo gruppo si presenta seduto attorno a un tavolo e le

persone evidentemente si conoscono e collaborano da

tempo. Si avvicinano nuovi personaggi con le loro sedie,sono seduti accanto al gruppo di partenza, che quasi

istintivamente si chiude. Si notano espressioni di disagio e

disorientamento nei “vecchi”, il flusso dei documenti

rallenta, la metafora dei fogli come portatori di informazioni

e di novità è molto efficace: i “nuovi” portano i loro

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documenti, le loro metodologie, che vengono a fatica accolti

dal gruppo e si fermano quasi subito. E’ evidente il senso diminaccia che rappresenta il nuovo e il tentativo di difesa dei

ruoli precedenti. L’entrata nel gruppo delle nuove figure

professionali e delle nuove informazioni porta ad un

progressivo isolamento, nella rappresentazione le sedie si

girano e si allontanano, c’è chi volta le spalle, è il momento

dell’individualismo, ognuno si concentra sulle propre

competenze e sulla propria specificità, la diversità è

percepita come minaccia.

E’ un momento molto reale di qualsiasi cambiamento:

l’insicurezza rispetto a ruoli nuovi e non ancora definiti porta

le persone a ritornare ai comportamenti più sicuri, quelli più

conosciuti, porta i manager a dedicare tempo a spiegare

quello che fanno, a giustificare le loro rare e prudenti scelte.

Da questo momento di stallo organizzativo è importante

uscire rapidamente.

Nella rappresentazione teatrale questo gruppo ha ipotizzato

un intervento forte, deciso, rappresentato dalla voce fuori

campo dell’imprenditore. Una voce chiara che indica la

nuova direzione, parla dell’importanza degli obiettivi

condivisi, sottolinea come deve esserci una nuova e diversa

collaborazione e la “spinta al cambiamento” arriva agli attori

seduti di spalla. Queste persone, prima un po’ lontane e

concentrate su loro stesse, si muovono, avvicinano le sedie

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in un significativo semicerchio e finalmente guardano nella

stessa direzione, i fogli cominciano a girare e anche qualchesorriso segnala che l’organizzazione si muove nuovamente

coesa verso obietti condivisi.

Anche questo gruppo ha ben rappresentato un tema

centrale del cambiamento: la perdita dei ruoli conosciuti.

L’inevitabile sconvolgimento del sistema delle aspettative e

la domanda che tutti si fanno: in un nuovo contesto, in una

nuova azienda le mie competenze saranno ancora utili,

attuali? E’ una domanda legittima a fronte della quale ha

senso cercare alleati e consensi ed è molto pericoloso

chiudersi a difendere mondi ed esperienze “mie” che invece

possono diventare il terreno fertile di nuovi mondi e nuove

esperienze.

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Conclusioni sull’esperienza 

In sostanza, la rappresentazione teatrale delle metafore del

cambiamento ha toccato alcuni temi centrali di qualsiasi

processo di cambiamento. Sono state rappresentate le

convinzioni, le abitudini, le paure e i desideri delle persone

che vivono i cambiamenti. In particolare è emerso nella sua

forza il punto di vista della persona: le molte e complesse

emozioni individuali hanno trovato spazio sulla scena

teatrale evidenziando un bisogno di raccontarsi e di aprirsi.

La spontaneità dei gruppi, il loro desiderio di essere

protagonisti, la loro capacità di appropriarsi del

cambiamento e di interpretarlo in prima personarappresenta un bisogno diffuso anche nelle aziende e nelle

organizzazioni che oggi più che mai condividono il tema del

cambiamento.

E’ stato un bell’esempio del bisogno umano di

rappresentarsi, di dare senso e valore da un lato alla propria

appartenenza a un gruppo e dall’altro alla propriaindividualità.

Sono emersi alcuni passaggi delicati e determinanti in un

processo di cambiamento:

il bisogno di una “vision” chiara che deve essere spiegatae desiderabile;

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  le inevitabili resistenze e paure delle persone cherappresentano la “vecchia” cultura;

l’esigenza di apprendere nuovi saperi e linguaggi;la creazione di un nuovo spazio comune di desiderioattuativo dove costruire valore.

Paure e desideri nel cambiamento

Certamente questi aspetti emotivi e relazionali del

cambiamento hanno bisogno di essere guidati e governati.

Chi guida un cambiamento deve essere consapevole che per

far evolvere una cultura è fondamentale, oltre al desiderio di

una nuova cultura, il rispetto di quella precedente. Al regista

spetta la responsabilità di riconoscere il valore della

persona, vero attore del cambiamento, e l’impegno per 

favorire una rinnovata fiducia nella capacità umana di creare

il nuovo e di migliorare, con altri, l’esistente.

Cosaimpariamo?

Come

avremosuccessoinsieme?

Cosaperdiamo?

Doveandiamo?

Mida SpA – Registi del cambiamento, di Jacopo Melloni  19 

5/14/2018 Mida Ideogrammi - Registi del cambiamento, Jacopo Melloni - slidepdf.com

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Jacopo Melloni

Consulente, formatore, master counsellor Analitico Transazionale.

Dopo una giovane esperienza d'Azienda, da più di venti anni lavoro

con passione e interesse per il benessere e lo sviluppo delle

persone nelle organizzazioni. Ho conosciuto e studiato centinaia di

realtà lavorative, con queste e per loro ho ideato, progettato e

realizzato interventi di formazione, consulenze individuali e

organizzative: in particolare nell'area dell'HR, MKT e Commerciale.

Ho approfondito e sviluppato i temi legati alla leadership, alla

gestione dei collaboratori, alla negoziazione, alla conoscenza del

cliente, al team-building, alla valutazione del potenziale,

all’interfunzionalità organizzativa, alla creatività e alla formazione

formatori.

Negli ultimi anni ho messo a punto nuovi interventi legati alla

centralità della persona sul lavoro e al tema del benessere e del

potenziamento.

Ho pubblicato un libro ironico sul management e l'organizzazione

aziendale: "Lo zen e l'arte di tirare sera" edito da Demetra. Ho

scritto e pubblicato articoli sui temi della leadership, sulla gestione

del gruppo in apprendimento e sul counselling.

 [email protected] 

Registi del cambiamento by Jacopo Melloni

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20 Mida SpA – Registi del cambiamento, di Jacopo Melloni  

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Mida SpAVia Antonio da Recanate, 1

20124 Milano - Italy Tel. 026691845 - Fax 026697220www.mida.biz – [email protected] 

In copertina

L'ideogramma di persona 人  posto a lato di un altro ideogramma, diventa il 

radicaleイ , per esempio quando si trova davanti all'ideogramma di bocca 口 [Kuchi] o all'ideogramma dire 言(ovvero linee, parole che escono dalla

bocca). L'ideogramma SHIN, ovvero fiducia, vuole così dire: le parole cheescono dalla bocca di una persona 信.