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1 M croScopio Mensile Medico Scientifico SLA MEMORIZZAZIONE lettura veloce e metodologia di studio FLEBOPATIA www.microscopionline.it ANTIAGING medicina AXESSE radioterapia in 6D DUPUYTREN malattia di M croScopio Pubblicazione Mensile in abbonamento • Anno I - Num. IX - Dicembre 2010

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Microscopio rivista medico scientifica - Dicembre 2010. www.microscopionline.it

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M croScopio

Mensile Medico Scientifico

SLA

MEMORIZZAZIONElettura veloce e metodologia di studio

FLEBOPATIA

www.microscopionline.it

ANTIAGINGmedicina

AXESSEradioterapia in 6D

DUPUYTRENmalattia di

M croScopioPubblicazione Mensile in abbonamento • Anno I - Num. IX - Dicembre 2010

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FLASH

Uff. Stampa AIL: Emanuela Zocaro e-mail: [email protected]. Stampa Sperling: Maria Elisa Foresto e-mail: [email protected] - www.sperling.it

notizia

Ho sognato un mondo senza cancroLa vita e le battaglie di un uomo che non si arrendedi Franco Mandelli con Roberta ColomboPrefazione di Maurizio CostanzoIntroduzione di Giuseppe Remuzzi

Il professor mandelli, uno fra i più noti ematologi al mondo, presi-dente dell’ail, racconta in prima persona, con sincerità e passione, la sua vita spesa per curare i tumori del sangue i proventi della vendita di questo libro saranno devoluti all’ail l’autore Franco Mandelli, nato a Bergamo il 12 maggio 1931, si è laureato in Medicina e Chirurgia nel 1955. Ha insegnato presso l’Università “La Sapienza” di Roma per trent’anni. Attualmente ricopre la ca-rica di Presidente di due realtà: il GIMEMA (Gruppo Italiano Ma-lattie Ematologiche dell’adulto) di cui è stato anche fondatore e l’Associazione di volontariato AIL (Associazione Italiana contro le Leucemie, i Linfomi e il Mieloma). Per la sua attività scientifica e di solidarietà ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, fra i quali l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana e la Medaglia d’oro per meriti nel campo della Sanità pubblica. Ha al suo attivo centinaia di pubblicazioni scientifiche sia in Italia sia all’estero. Ha scritto questo libro con Roberta Colombo, medico specializzato in Ematologia, oggi sceneggiatrice.IL CONTENUTOIl “grazie” di una donna guarita da leucemia e ora diventata madre. Le visite senza camice per non spaventare i pazienti bambini. Il volto felice di un ragazzino affetto da linfoma che può tornare a scuola, grazie all’assistenza domiciliare. La vita di un medico è una grande avventura. Quella di Franco Mandelli è stata molto di più. È stata una corsa in salita, cominciata negli anni in cui leucemie e linfomi erano una condanna a morte certa. Il “professore” – così lo chiamano tutti i suoi pazienti – ha scelto che cosa andava mes-so al centro: il malato. In nome di questo credo è riuscito a fare dell’Ematologia di Roma (e italiana) una realtà di livello europeo, superando tutti gli ostacoli: la burocrazia ottusa, la scarsa lungimi-ranza di alcuni colleghi, la cronica mancanza di risorse e di spazi. Ma ha saputo contagiare tutti con il suo cocciuto entusiasmo, dai medici impegnati nella stessa battaglia ai volontari disinteressati e generosi (l’anima di quella “magia” che è stata ed è tuttora l’AIL), fino agli uomini di spettacolo conquistati dalla sua passione. At-traverso i volti e le storie di uomini, donne e bambini da lui curati, Franco Mandelli racconta per la prima volta la sua vita.

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SOMMARIO

Direttore EditorialeAntonio Guerrieri

Direttore ResponsabileCaterina Guerrieri

Capo redattore e coordinatriceCinzia Mortolini

RedazioneStefania Legumi, Caterina Guerrieri, Francesco Fiumarella

CollaboratoriPaolo Nicoletti, Marco Nicoletti

Le opinioni espresse impegnano solo la responsabilità dei singoli autori. Tutto il materiale inviato, anche se non pubblicato, non sarà restituito e resterà di proprietà dell’editore.

Chirurgia della ManoUn ago per la malattia di Dupuytren

pag. 6

MedicinaLa medicina Antiaging

pag. 8

FlebologiaFlebopatia

pag. 9

inFormaMemorizzazione permanentepag. 24

DermatologiaLiquirizia, benefici di creme e pomatepag. 26

Si ringraziaDottor Giuseppe Internullo, Dottoressa Olga Fraschini, Dottor Roberto Bosso, per l’Ufficio Stampa AIL Emanuela Zocaro, per l’Ufficio Stampa Sperling Maria Elisa Foresto, Ufficio Stampa Istituto Scientifico Universitario San Raffaele, Klaus Davi & Co. Paolo Steila, Alessandro Bono, A. O. U. S. Giovanni Battista Pierpaolo Berra, Ap&b Ufficio Stampa Elekta Massimo Marelli Coppola, Dr. Nicola Cerbino responsabile Ufficio Stampa Università Cattolica sede di Roma e Policlinico universitario “Agostino Gemelli”, Professor Nicola GasbarroProgetto GraficoMarco Brugnoni - [email protected] StampaProperzio s.r.l - Perugia

EditoreE.G.I s.r.l.Reg. Tribunale di PerugiaN. 12/2010 del 10/02/2010Direzione e AmministrazioneE.G.I. s.r.l. Via Hanoi, 2 • 06023 Bastia Umbra (PG) Tel. 075.800.66.05 - Fax 075.800.42.70 [email protected] & PubblicitàGuerrieri Antonio, Altea NatalinoTel. 075.800.53.89

SLAgrazie alla biopsia del nervo motorio si prospetta una diagnosi più rapida e efficacepag. 14

Chirurgia PlasticaAllarme! Sempre più operazioni dopo i 65 annipag. 12

ParkinsonSuperate le limitazioni farmacologiche nella terapia del Parkinsonpag. 14

Ricerca

Pubblicazione Mensile in abbonamento • Anno I - Num. IX - Dicembre 2010M croScopio

Thuya, uno degli alberi della vitapag. 28

AxesseLa radioterapia in 6Dpag. 17

Arriva l’IPadaddio alla cartella clinicapag. 21

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inSaluteLa redazione di Microscopio augura a tutti i propri lettori e inserzionisti un InSalute Natale e InForma Anno Nuovo

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U na malattia che non può usufruire dei vantaggi di una chirurgia mini-inva-

siva è la malattia di Dupuytren, dal nome del chirurgo francese, medico personale di Napoleone, che la descrisse nel suo cocchiere. La malattia consiste in un ispessi-mento anomalo e nella retrazione della fascia fibrosa che si trova al di sotto della pelle del palmo della mano che può causare una limitazione del movimento delle dita. Tale situazione può provo-care il progressivo piegarsi delle dita del palmo della mano, in par-ticolare dell’anulare e del migno-lo, che non si possono raddrizza-re. La malattia può associarsi ad una forma del tutto simile che colpisce la pianta del piede e, più raramente, alla cosiddetta malat-tia di La Peyronie, che colpisce il pene. La causa è sconosciuta, anche se sembrano in gioco fat-tori genetici. Per lo più indolore, la patologia compare con noduli duri sul palmo della mano, con-fusi spesso con calli. Successiva-mente si evidenzia un cordone fibroso del palmo verso le dita,

UN AGO PER LA MALATTIA DI DUPUYTREN

che fa piegare il dito interessato. Diventa a questo punto difficile fare qualsiasi tipo di azione: met-tere le mani in tasca, indossare un guanto, lavarsi il viso. Solo a que-sto livello di gravità si interviene

asportando il tessuto fibrotico al di sotto del palmo della mano con la chirurgia tradizionale che richiede una incisione della pelle piuttosto ampia, cui segue l’im-mobilizzazione della mano con

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Dottor Giuseppe INTERNULLOSpecialista in Chirurgia della Mano, Università di ModenaCentro Studi Patologie della Mano, Catania

una stecca gessata x 18-21 giorni. Rischio dell’intervento è lo stato di sofferenza circolatoria della pelle per cui è suggeribile dopo l’intervento un ciclo domiciliare di Campi ElettroMagnetici Pulsa-ti per 4-5 ore al dì x 1 mese per aiutare la ripresa del circolo arte-rioso e venoso; altro rischio però chirurgico è la possibile lesione di rami sensitivi nervosi con rischio di anestesia del dito se non è fat-to l’intervento da mani esperte e consapevoli degli alterati rap-porti anatomici. Quindi è sempre meglio affidarsi ad uno speciali-sta in Chirurgia della Mano che ben conosce le problematiche postoperatorie e garantisce una assistenza clinica costante. Però la malattia può ricomparire nel-la zona dove la fascia non viene asportata nel palmo della mano. Si possono ottenere maggiori in-

formazioni telefonando al centro Studi patologie della Mano di Cal-tagirone al numero 0933-26027. Una tecnica chirurgica innovati-va e semplice per questa malat-tia, abbastanza diffusa anche in Italia grazie al Professor Giorgio Pajardi, considerando tutti i pro-blemi che può creare nella vita di relazione e non questa malattia, è la tecnica che viene riservata alle persone molto anziane, con l’intento di evitare loro una ane-stesia impegnativa. Questa tec-nica, , prevede il ricovero in D.H. e viene utilizzato un ago, come prevede la scuola francese, che interrompe, ossia taglia la fascia aponeurotica retratta e interessa-ta, liberando il movimento delle dita. In questo caso l’incisione è di soli 2 millimetri che può essere multipla. L’unica controindicazio-ne, da spiegare al paziente, è che

il problema può ripresentarsi. La malattia di Dupuytren trova una facile predisposizione anche nei soggetti diabetici e altra patolo-gia associata è il dito a scatto e la sindrome del tunnel carpale.

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L a Medicina Antiaging tratta il processo d’invecchiamento, che spesso viene sostenuto

dall’accumulo dei residui acidi che si formano nel corpo. Viene dosato lo stress ossidativo cioè la quantità di radicali liberi che danneggiano le nostre cellule e creano uno stato di sofferenza cellulare. Il sistema immu-nitario si indebolisce calano le difese immunitaria aprendo le porte a in-fezioni virali e batteriche. Misuria-mo il potenziale antiossidante che ci aiuta a contrastare i radicali liberi in eccesso. Valutiamo il nostro sistema ormonale dosando gli ormoni corti-

LA MEDICINA

ANTIAGING

Dott.ssa Olga Fraschini specialista in Medicina Antiaging, Specializzazione in Omotossicologia, Specialista in Urologia Viale Filippo Turati 115 - Lecco

solo DHEA nella saliva. Verifichiamo le intolleranze alimentari che creano uno stato continuo di infiammazione poi successivamente passiamo alla cura cercando di drenare le tossine disintossicare l’organismo con pro-dotti omotossicologici. Rafforziamo le difese immunitarie. Sosteniamo le nostre cellule con ossigeno e idrogeno molecolare, conoligoele-menti, enzimi ed aminoacidi, tratto le malattie con sistemi di regola-zione cellulare che poi si traduce con un benessere dell’intero orga-nismo. Valuto inoltre la nostra flora intestinale con una raccolta di urina

disbiosi cioè una valutazione di pa-togeni che creano fastidiosi gonfiori intestinali. Attualmente utilizzo la mi-croimmunoterapia per malattia virali quali herpes papilloma virus epatite citomegalovirus virus di epstein barr, per malattie autoimmuni quali tiroidi-ti, artrite reumatoide.

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Dottore quali sono i se-gni e i sintomi di una flebopatia?

Pesantezza di gambe, gonfiore, edema delle gambe, evidenza di vene varicose.Quali esami sono consiglia-ti per evidenziare gli stadi dell’insufficienza venosa?Un Ecodlopper o un Ecocolordop-pler… ma basta anche un sempli-ce Doppler ad ultrasuoni per evi-denziare l’insufficienza venosa.Ci sono sostanze, integratori che possono aumentare l’azio-ne flebotonica, elasticizzan-te, andidemigena…Sì, ci sono, ad esempio la Centella, l’Escina, l’e-stratto di Cumarine, se presi in maniera co-stante i risultati sono buoni, danno un senso di leggerezza e riduco-no il gonfiore alle gambe.Senta dottore il coleste-rolo, la pressione sanguigna sono fattori di rischio nell’an-giologia?

FLEBOPATIA

No, sul versante venoso no, sul versante arterioso sì. Oggi dottore nel settore della flebologia c’è un forte apporto di medicina estetica?Tutta la parte dei capillari, le Tele-angectasie per intenderci, riguar-dano un fattore di natura estetica.Lei Dottore interviene anche a livello chirurgico?Per quanto rigurada la chirurgia flebologica eseguo Crossectomia e come terapia medica la Sclero-terapia sui piccoli capillari. Molti di questi interventi ormai si ese-guono a livello ambulatoriale senza degenza del paziente.

Dottor Roberto Bosso Dirigente Medico Chirurgia d’Urgenza Master in flebologia Responsabile S.I.F. ,Caserta e Benevento

Sintomi, esami, cure,

interventi chirurgici con

il Dottor Roberto Bosso,

dirigente Medico Chirurgia

d’Urgenza, Master in

flebologia, responsabile

S.I.F., Caserta e Benevento

“Intervista a cura di Cinzia Mortolini

Fleb

olo

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M croScopio Ricerca

I ricercatori dell’Istituto di Neurologia Speri-mentale (INSPE) del San Raffaele di Milano, in collaborazione con altri Istituti Italiani, hanno

dimostrato la validità di una nuova tecnica dia-gnostica per i pazienti ammalati di Sclerosi Late-rale Amiotrofica (SLA).I risultati della ricerca, coordinata dal dottor An-gelo Quattrini e dal professor Giancarlo Comi (IN-SPE-HSR) - svolta in collaborazione con il dottor Sandro Iannaccone (Ospedale San Raffaele-Tur-ro), il professor Eduardo Nobile-Orazio (Istituto Humanitas) ed il dottor Massimo Corbo (Istituto NEMO-Ospedale Niguarda) - sono stati pubbli-cati sulla prestigiosa rivista scientifica Annals of Neurology. La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), appartenente al gruppo delle “malattie dei moto-neuroni”, è una grave patologia neurodegenera-tiva a carattere progressivo che colpisce le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale - i moto-neuroni - che permettono i movimenti della mu-scolatura volontaria. Generalmente si ammalano di SLA individui adulti di età superiore ai 20 anni, di entrambi i sessi, con maggiore frequenza dopo i 50 anni. In Italia si manifestano in media tre nuovi casi di SLA al giorno e si contano circa sei amma-lati ogni 100.000 abitanti. La diagnosi di SLA non è sempre semplice. Oggi non esiste alcun test o procedura per confermarla senza alcun dubbio. E’ solo attraverso un attento esame clinico da parte di un neurologo esperto ed una serie di esami dia-gnostici per escludere altre patologie che si può giungere a una corretta diagnosi. Nel percorso diagnostico sono compresi molti accertamenti, tra i quali: esami neurofisiologici, quali l’elettromio-grafia (EMG) e lo studio delle velocità di conduzio-ne nervosa (VCN); esami del sangue e delle urine, risonanza magnetica nucleare dell’encefalo e del midollo spinale; rachicentesi o puntura lombare, eventuale esecuzione di biopsia muscolare. In al-cuni casi tuttavia, in particolare nelle fasi iniziali di alcune forme di SLA, nonostante un approfondito

iter di indagini, la diagnosi può rimanere incerta. Si tratta di casi di SLA che presentano quadri clini-ci analoghi a quelli rilevabili in alcune neuropatie motorie. La diagnosi differenziale è di estrema im-portanza in quanto la terapia è diversa in queste due malattie e in alcuni casi di neuropatia motoria esistono cure efficaci. Una diagnosi non corretta o ritardata potrebbe da una parte privare il paziente di terapie potenzialmente efficaci, dall’altra po-trebbe indebitamente esporre alcuni pazienti agli effetti collaterali di farmaci inutili.Per cercare di ovviare a queste limitazioni il dipar-timento di Neurologia e l’Unità di Neuropatologia dell’Istituto di Neurologia Sperimentale del San Raffaele di Milano hanno condotto uno studio collaborativo su 21 pazienti, in una fase iniziale di malattia, con una diagnosi differenziale anco-ra aperta tra SLA e neuropatia motoria, finalizzato alla validazione di una nuova metodica diagnosti-ca, la biopsia del nervo motorio. I pazienti sono stati poi seguiti fino a che si è giunti alla diagnosi definitiva di una delle due condizioni. I risultati di questo studio dimostrano l’affidabilità diagnostica della tecnica per una diagnosi differenziale preco-ce di SLA o di neuropatia motoria.La metodica prevede il prelievo bioptico del ramo motorio del nervo otturatorio (il nervo otturatorio innerva i muscoli della loggia mediale della coscia) e deve essere pertanto riservata a pazienti sele-zionati, nei quali le metodiche non invasive non abbiano portato a una diagnosi di certezza.Al momento non esiste una terapia capace di gua-rire la SLA: l’unico farmaco approvato è il Riluzolo, la cui assunzione può rallentare la progressione della malattia. Studi recenti indicano tuttavia che qualsiasi terapia è tanto più efficace quanto più venga iniziata precocemente. Negli ultimi anni le ricerche di nuove terapie per la SLA si sono molti-plicate e la speranza di trovare presto un rimedio definitivo è più concreta.Una diagnosi certa e precoce potrà consentire a

SLA grazie alla biopsia del nervo motorio si prospetta una diagnosi più rapida e efficace che permette-rà un approccio terapeutico tempestivo

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tutti i pazienti delle cure efficaci fin dalle prime fasi di malattia. Lo studio delle caratteristiche del nervo motorio, inoltre potrà permettere l’identi-ficazione di nuovi biomarkers di malattia che po-tranno essere utili sia in fase diagnostica, sia per una migliore comprensione della patogenesi di questa malattia e auspicabilmente per lo sviluppo razionale di nuovi approcci terapeutici.

Lo studio è stato possibile grazie a finanziamenti dell’Istituto Superiore di Sanità e Fondo per gli Inve-stimenti della Ricerca di Base.Ufficio stampa Istituto Scientifico Universitario San Raffaelee-mail: [email protected] pubblicato su Annas of neurology, 17 No-vembre 2010Motor Nerve Biopsy: Clinical Usefulness and Histo-

pathological CriteriaRiva N.1 , Iannaccone N.2, Corbo M.3, Castellato C.4, Sferrazza B.2, Lazzerini A.5, Scarlato M.1, Cerri F.1, Previtali S.C.1, Nobile-Orazio E. 4, Comi G.1,6 e Quattrini A.11. Department of Neurology, INSPE and Division of Neuroscience, San Raffaele Scientific Institute, Mi-lan, Italy;2. Department of Clinical Neurosciences, San Raffa-ele Turro Hospital, Milan, Italy;3. NEuroMuscular Omnicentre (NEMO), Niguarda Ca Granda Hospital, Milan, Italy;4. 2° Neurology, IRCCS Istituto Clinico Humanitas, Milano University, Milan, Italy;5. Hand Surgery and Microsurgery Unit, IRCCS Isti-tuto Clinico Humanitas, Milan, Italy;6. Università Vita-Salute San Raffaele Milan, Milan, Italy.

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Allarme chirurgia plastica, sempre piu’ operazioni dopo i 65 anniEgidio Riggio: “attenzione alle proposte low-cost e alle operazioni troppo invasive”

I l segreto dell’eterna giovinezza? La chirurgia plastica. Sempre più “senior” decidono di sot-toporsi a interventi e operazioni per cercare

di ritardare o cancellare il processo d’invecchia-mento. Dagli Stati Uniti alla Cina, è boom per le richieste degli over 65, e la tendenza si sta diffon-dendo rapidamente anche in Italia: sono sempre più numerosi i pazienti in età avanzata, fino ad arrivare agli 80 anni. L’invecchiamento generale della popolazione e l’allungamento della dura-ta della vita nei Paesi più ricchi contribuiscono a questo trend. Egidio Riggio, specialista in chirurgia plastica, ri-costruttiva ed estetica, e microchirurgia presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano conferma il nuovo trend: “molte donne over 65 ma anche uo-mini, anche se sono ancora la minoranza, richie-dono sempre più interventi estetici, in particolare per la cura degli invecchiamenti cutanei del volto. I trattamenti chirurgici più richiesti attualmente sono blefaroplastiche e miniliftings orbito-zigo-matici, seguiti da altre tipologie di lifting, che rie-scono a bilanciare i rilassamenti più evidenti”.E se i sessantenni si rivolgono sempre più spesso al chirurgo, anche gli ottantenni non rinunciano al ‘ritocco’. Secondo gli esperti che hanno partecipa-to a Barcellona al “XXV Congreso Nacional de la Sociedad Española de Medicina Estética (SEME)” il fenomeno è in forte ascesa, e negli ultimi 5 anni è aumentato del 100% il numero di donne ottan-tenni che si sono affidate alle cure di un chirurgo plastico. Allarmando i medici.“Per le persone vicine agli 80 anni – spiega Riggio - la chirurgia estetica presenta rischi non indiffe-renti e complicanze elevate rispetto al beneficio finale ottenibile. Teoricamente ci si può anche operare a 80 anni ma il chirurgo deve effettuare prima una attenta selezione dei pazienti, analiz-

zando non solo gli aspetti clinici ma anche quelli psicologici e successivamente prescrivendo nu-merosi accertamenti diagnostici preoperatori”.In tutto il mondo la tendenza è in crescita. Negli USA lo scorso anno, secondo l’American Society for Aesthetic Plastic Surgery, circa il 7% degli in-terventi estetici è stato svolto su persone dai 65 anni in su. E nel 2010 la chirurgia plastica dopo i 65 anni è cresciuta quasi di 6 volte dal 1997, fino a più di 675.000 interventi, come riportato da ABC News.E anche in Cina un sempre più crescente numero di anziani si affida alla chirurgia estetica. Nel 2010 il numero di pazienti che superano i 65 anni e ha subito interventi di chirurgia plastica è cresciuto di quasi 4 volte rispetto all’anno precedente (fon-te: china.org.on). Ma cosa chiedono gli over 65 al chirurgo? Soprattutto trattamenti mininvasivi, in primo luogo i fillers a base di acido ialuronico e i biorivitalizzanti, sempre a base di acido ialuroni-co ma a basso peso molecolare combinato a so-stanze nutrienti che idratano e stimolano il derma a rigenerarsi e ristrutturarsi in maniera ottimale. “Purtroppo, la tossina botulinica – avverte Riggio

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– trattamento molto richiesto in genere, è molto meno indicato per questa fascia di popolazione. Ci sono infatti limitati dati clinici derivanti da studi clinici in pazienti di eta` superiore ai 65 anni ma sembra che l’efficacia sia molto inferiore rispetto a quella riscontrabile in persone più giovani.” “Ol-tretutto – continua Riggio – quando ormai si sono instaurati segni molto marcati di invecchiamento dei tessuti molli del volto, questi non si riescono più ad attenuare a meno che non si ricorra alla chirurgia vera e propria. L’età ideale è fra i 40 e 50 anni per la tossina botulina in quanto aiuta donne ed uomini a curare temporaneamente, ma soprat-tutto a prevenire, anche a lungo termine, i futuri segni di invecchiamento.” “Il pericolo però – avverte Riggio - è quello di esagerare nella frequenza delle iniezioni di bo-tox, desensibilizzando il corpo al prodotto e di conseguenza riscontrando una notevole perdita d’efficacia del trattamento, che col tempo può condurre ad usare dosaggi sempre maggiori per mantenere un risultato soddisfacente”. Il consiglio è di arrivare agli ottant’anni nel modo migliore, invecchiando in modo sereno ma curandosi con l’aiuto della chirurgia plastica e della medicina estetica prima dei 65 anni e farlo in modo perio-dico ma non assillante, evitando così di ricorrere al bisturi quando si avrà più o meno 80 anni, ed il rischio generico per la salute come pure le insidie perioperatorie sono molto maggiori.“E’ importante – spiega Riggio – affidarsi a pro-fessionisti che abbiano anche l’onestà intellettua-le e deontologica di saper dire di no alle richieste meno sensate o rischiose per la salute stessa di

alcuni pazienti, questo consiglio è valido per tutte le persone fra i 18 e i 90 anni.”“Ogni trattamento, anche il più piccolo – spiega Riggio - deve essere richiesto a specialisti del set-tore, diffidando dai medici ‘tuttologi’. Purtroppo in Italia il settore sanitario della chirurgia e medi-cina estetica non è regolamentato ed esiste una indiscriminata libertà di impresa per cui qualun-que privato, avendo una disponibilità economica sufficiente si può inventare una qualsiasi espe-rienza e pubblicizzarla.”Inoltre soprattutto i pazienti più avanti con gli anni dovrebbero evitare di ricorrere alla chirurgia estetica in Paesi come il Centro e Sud America, l’Africa ma anche Asia meridionale e i Paesi Euro-pa dell’Est, che non sono paragonabili al livello di cultura e cura socio-assistenziale dei paesi euro-pei più evoluti. “Questi paesi – denuncia Riggio - attirano ogni anno migliaia di sprovveduti da tut-te le parti del mondo per la cosiddetta chirurgia low-cost o del pacchetto vacanze. Con gravi rischi per la salute”.

Per informazioni:Klaus Davi & Co. Paolo Steila email [email protected] Bonoemail [email protected]

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M igliorerà la qualità della vita dei ma-lati: entro breve più efficacia tera-peutica e meno effetti collaterali. I

ricercatori del San Raffaele di Milano hanno messo a punto una terapia efficace contro il Parkinsonismo. I ricercatori dell’Unità di Ge-netica Molecolare del comportamento– Istituto di Neurologia Sperimentale (INSPE) – del San Raffaele di Milano in collaborazio-ne con diverse Istituzioni nazionali ed inter-nazionali, hanno messo a punto una strategia in grado di migliorare considerevolmente la terapia farmacologica per la malattia di Par-kinson, ovvero di limitare gli effetti collaterali responsabili della discinesia. La ricerca, con-dotta coordinata da Stefania Fasano e Riccar-do Brambilla dell’Unità di Genetica Molecolare – INSPE – dell’Istituto Scientifico San Raffaele, è pubblicata sulla rivista scientifica Procee-dings of the National Academy of Science USA - PNAS. La malattia di Parkinson colpisce solo in Italia 200.000 persone. I sintomi inizia-li, di natura motoria, sono dovuti alla morte

progressiva delle cellule nella Sostanza Nera, un’area del cervello necessaria al controllo dei movimenti, ma nelle fasi avanzate della ma-lattia anche altri aspetti del comportamento vengono fortemente penalizzati, tra i quali la memoria e l’apprendimento. La morte di que-ste cellule riduce fortemente la disponibilità di dopamina, un neurotrasmettitore necessario per il normale funzionamento cerebrale. La te-rapia farmacologica con L-DOPA, una sostanza in grado di supplire alla carenza di dopamina nel cervello, è da molti anni il trattamento più efficace per la cura dei sintomi motori. Sfortu-natamente, dopo 5-10 anni dall’iniziale som-ministrazione del farmaco, si verifica la com-parsa di severi effetti collaterali nella quasi totalità dei pazienti. Tra questi, la discinesia indotta da L-DOPA – ovvero l’insieme dei mo-vimenti incontrollati e involontari degli arti e della testa – è una delle più gravi conseguenze della terapia, fortemente debilitante e attual-mente incurabile. I ricercatori del San Raffaele hanno identificato una molecola bersaglio per la terapiadella discinesia indotta da L-DOPA . Lo studio dimostra, infatti, che in modelli sperimentali di topo e scimmia affetti da Parkinsonismo, è possibile utilizzare una terapia efficace in gra-do di ridurre in modo significativo questi ef-fetti collaterali e quindi di migliorare l’azione terapeutica della L-DOPA.La molecola in questione si chiama Ras-GRF1 e fa parte del sistema di segnalazione presente nellecellule nervose che è alterato nelle discine-sie. Inibendo, seppur parzialmente, l’azione di Ras-GRF1 gli animali trattati con la L-DO-PA sviluppano meno discinesie pur rimanen-do inalterato l’effetto antiparkinsoniano della

Superate le limitazioni farmacologiche nella terapia del

Parkinson

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sostanza stessa. Concluso il lavoro prelimina-re sugli animali, gli scienziati saranno presto in grado di testare direttamente sui pazienti questo nuovo approccio farmacologico per la discinesia indotta da L-DOPA. Stefania Fasa-no, coordinatrice dello studio afferma: “Que-sta scoperta identifica per la prima volta un meccanismo per colpire un grave effetto col-laterale della L-DOPA senza comprometterne l’efficacia. Questo potrebbe essere davvero il primo passo per una terapia in grado di mi-gliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti malati di Parkinson.”Lo studio è stato possibile grazie a finanzia-menti forniti dalla M. J. Fox Foundation for Parkinson’s Reseach, dalla Compagnia di San Paolo e dal Ministero della Salute.

Per informazioni:Ufficio stampa Istituto Scientifico Universitario San Raffaele e-mail: [email protected]

STUDIO PUBBLICATO SU PNAS, 22 NOVEMBRE 2010Inhibition of Ras-guaine nucleotide-relasing factor 1 (Ras-GRF1) signalling in the striatum reverts motor symptoms associated with L-do-pa-induced dyskinesia.Fasano S.1, 2*, Bezard E.3, D’Antoni A.2, Fran-cardo V 1, Indrigo M.2, Qin L. 4, Doveró S. 3, Cerovic M.5, Cenci M. A.1, Brambilla R.21. Basal Ganglia Pathophysiology Unit, De-partment of Experimental Medical Science, Lund University, Sweden2. Division of Neuroscience, Institute of Experi-mental Neurology, San Raffaele Scientific Insti-tute, Milan, Italy3. Université Victor Segalen-Bordeaux 2, Centre National de la Recherche Scientifique, Borde-aux Institute of Neuroscience, Bordeaux, France4. Institute of Laboratory Animal Sciences, Chi-na Academy of Medical Sciences, Beijing, China5. School of Biosciences, Cardiff University, Car-diff, United Kingdom

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AXESSEAXESSE

Per la prima volta in Italia all’ospedale Molinette di Torino

Si chiama Elekta Axesse. E’ la radioterapia in 6D. Sbarca per la prima volta in Italia nel reparto universitario dell’ospedale Mo-

linette di Torino, diretto dal professor Umberto Ricardi. E’ il più avanzato e flessibile strumento oggi a disposizione dei malati oncologici per trattamenti di Radiochirurgia e Radioterapia ste-reotassica. Una radioterapia di precisione con un imaging in 4D, che per la prima volta mira solo i tessuti malati risparmiando quelli sani. Rappre-senta attualmente il più avanzato stadio di svi-luppo proprio in fatto di precisione e tecnologia e permette di concentrare il trattamento radio-terapico in un numero molto limitato di sedute, con ovvi benefici per i pazienti. Uno dei centri italiani leader nella cura del cancro, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista – Molinette di Torino, diventa ora il primo ospedale del Paese ad offrire una terapia stereotassica gui-data da immagini con l’uso di Elekta Axesse. Tale apparecchiatura integrerà l’offerta radioterapica delle Molinette, permettendo ai medici specialisti di curare il cancro in ogni parte del corpo, con precisione assoluta e danni minimi ai tessuti sani circostanti. Il cancro è la seconda causa di morte nei Paesi in-dustrializzati e nel mondo si registrano i seguenti dati: 6,7 milioni: le persone che muoiono di cancro

ogni anno10,9 milioni: i casi diagnosticati all’anno16,5 milioni: i possibili pazienti entro il 2020il 70% dei pazienti affetti da cancro hanno più di 60 anniil cambiamento demografico causa l’aumento del tasso di incidenza del cancro. L’incidenza dei tumori maligni nella popolazione italiana è an-cora in aumento, soprattutto, ma non esclusiva-mente, per la proporzione crescente di anziani. Con 255mila nuovi casi e più di 8 miliardi di Euro spesi nel 2009, i tumori hanno un forte impatto socioeconomico nel nostro Paese. La mortalità per cancro risulta fortunatamente in progressi-va riduzione, con una miglior sopravvivenza dei malati oncologici. Alla fine degli anni ‘70 la so-pravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di cancro era del 33%, salita al 47% nei primi anni ‘90 ed oggi intorno al 50%. Dal rapporto sulla condizione as-sistenziale dei malati oncologici 2010, presentato a Roma in occasione della quinta giornata nazio-nale del malato oncologico (maggio 2010), sono emersi questi dati:più 12% di nuovi casi annuali nel periodo 2009-2020 in Italia8,3 miliardi di Euro spesi per le cure nel 2009sono oltre 1,9 milioni le persone che in Italia al 2010 hanno avuto una diagnosi di tumore nel corso della propria vita. Il peso sulla sanità è evi-

6D6Dla radioterapia in

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dente: quasi 760 mila ricoveri l’anno e 370 mila per chemioterapia. Il costo annuale dei nuovi casi è stato nel 2009 per l’Italia di oltre 8,3 miliardi di euro, pari a circa 25,8 mila euro l’anno per pa-ziente; ogni anno i nuovi casi di cancro determi-nano un impatto economico, in termini di spese sanitarie e perdita di produttività, pari allo 0,45 per centro del Pil. Un dato superiore a quello del Regno Unito (0,38 per cento) e Spagna (0,26), ma inferiore a quello di Germania (0,66) e Francia (0,59) l’evoluzione della prevalenza tumorale mo-stra che il numero dei casi rispetto al 2005 è cre-sciuto complessivamente del 12,7 per cento, dato più alto tra le donne (13,2) rispetto agli uomini (12). L’aumento, spiegano gli esperti, è da attri-buire soprattutto all’invecchiamento della popo-lazione, alla diffusione ed all’implementazione di programmi di screening ed alla sempre più am-pia applicazione di strumenti di diagnosi precoce il numero più elevato di casi si registra in Friuli Venezia Giulia (4.731,6 casi ogni 100 mila abi-tanti), seguita dalla Liguria (4.650,6) e dall’Emilia Romagna (4.377,4). Agli ultimi posti della gradua-toria si collocano invece Puglia (2.256,2 ogni 100 mila abitanti), Calabria (2.070,7) e Sicilia (1.867,6) a fronte di queste cifre, bisogna però ricordare la costante riduzione della mortalità (220,5 i decessi per tumore per 100 mila abitanti).Tornando agli oltre 250 mila nuovi casi di tumore maligno diagnosticati ogni anno in Italia, si ritie-ne che oltre il 50% di tali pazienti debba eseguire

un trattamento radioterapico in un qualche mo-mento del proprio percorso terapeutico (basato ovviamente sulle evidenze cliniche della lettera-tura scientifica). La radioterapia rappresenta in-fatti uno dei trattamenti fondamentali per molte malattie neoplastiche, spesso integrata con altre modalità terapeutiche (chirurgia, chemioterapia, ormonoterapia), sia con finalità curative che di palliazione. Ogni anno, secondo i dati censiti dalla Associazione Italiana di Radioterapia On-cologica (AIRO), vengono trattati nei 150 centri italiani di radioterapia circa 120 mila nuovi pa-zienti. Nella Regione Piemonte (circa 4.5 milioni di residenti) risultano trattati ogni anno con ra-dioterapia circa 12 mila nuovi pazienti oncologici, ancora un po’ inferiore come numero a quanto teoricamente prevedibile dai modelli di utilizzo appropriato della radioterapia in relazione alle evidenze scientifiche. La significativa evoluzione tecnologica della radioterapia ha consentito ne-gli ultimi anni notevoli progressi nella precisione balistica del trattamento stesso, in termini di co-pertura del volume neoplastico e risparmio dei tessuti sani circostanti. Al miglioramento della conformazione dell’irradiazione, si accompagna oggi, con le apparecchiature di ultimissima gene-razione, anche il miglioramento dell’accuratezza dell’irradiazione, reso possibile dalla visualizza-zione anatomica del volume bersaglio e degli or-gani critici prima di ogni singola seduta (tecniche di “image-guidance”). In uno scenario di estrema

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precisione e selettività, tale da far considerare ormai la radioterapia come una vera terapia ber-saglio in modo simile a quanto avviene nel mon-do chemioterapico per le terapie farmacologiche mirate, si inserisce Elekta Axesse, l’accelerato-re lineare di ultimissima generazione che per la prima volta viene introdotto in Italia. Tale appa-recchiatura rappresenta una avanzata e flessibi-le soluzione per trattamenti di Radiochirurgia e Radioterapia Stereotassica, ossia per trattamenti radioablativi caratterizzati dalla somministrazio-ne di dosi biologicamente molto elevate in una o

poche sedute. In tali situazioni, sempre più nu-merose in diversi scenari oncologici (tumori ce-rebrali, tumori polmonari, tumori epatici, tumori prostatici), la radioterapia rappresenta una sem-pre più valida alternativa all’intervento chirur-gico, con profili economici e di minor invasività certamente molto positivi. «L’adozione di Elekta Axesse rappresenta un passo di fondamentale importanza per il nostro ospedale e per tutta la Rete Oncologica Piemonte - Valle d’Aosta, che avrà ora a disposizione un’apparecchiatura de-dicata elettivamente a trattamenti stereotassici»

Elekta, la cui sede centrale si trova a Stoccolma in Svezia, è un’azienda produttrice di apparecchiature mediche, impegnata a trovare soluzioni innovative e sperimentali per il trattamento di neoplasie e disturbi del cervello, e come società è quotata in Borsa al Nordic Exchange con il simbolo EKTAb. L’azienda sviluppa sofisticati strumenti e programmi di trattamento per la radioterapia e la radiochi-rurgia, nonché tutta una serie di applicazioni software per la cura del cancro. Estendendo i confini della scienza e della tecnologia e fornendo soluzioni efficienti e convenienti che danno sicurezza sia agli operatori sanitari che ai pazienti, Elekta mira a migliorare, allungare e persino a salvare la vita dei pa-zienti, rendendo disponibili già oggi trattamenti che verranno poi ulteriormente perfezionati in futuro. Oggi le soluzioni che Elekta propone nel campo dell’oncologia e della neurochirurgia sono utilizzate in oltre 5000 ospedali nel mondo ed ogni giorno più di 100.000 pazienti ricevono diagnosi, trattamenti o visite di controllo con l’aiuto di un sistema ideato dal Gruppo Elekta. Elekta si avvale dell’aiuto di oltre 2500 dipendenti a livello mondiale.

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afferma Umberto Ricardi, Direttore del reparto di Radioterapia dell’ospedale Molinette e Pro-fessore ordinario di Radioterapia dell’Università di Torino. «Tale apparecchiatura favorirà ulterior-mente lo sviluppo nel nostro centro delle tecni-che stereotassiche e della radioterapia di preci-sione ad alto gradiente di dose. I nostri protocolli terapeutici saranno prevalentemente focalizzati sul trattamento di tumori cerebrali, polmonari ed epatici. Lavoreremo inoltre per sviluppare un approccio ottimale per la IGRT-IMRT nel tratta-mento dei linfomi. Siamo orgogliosi di aver avuto l’opportunità di essere il primo centro italiano ad adottare Elekta Axesse» ha continuato il profes-sor Ricardi «e di essere conseguentemente diven-tati il centro di riferimento italiano ed europeo». Elekta Axesse consente anche l’esecuzione di trattamenti radioterapici più convenzionali in ter-mini di frazionamento, ma sempre estremamente precisi (image-guidance) e conformati (tecniche volumetriche di modulazione dell’intensità della dose). Sono numerose le novità tecnologiche che consentono ad Elekta Axesse di rappresentare attualmente il più avanzato stadio di sviluppo in fatto di radioterapia di precisione: l’imaging 4D ad altissima risoluzione (immagini TC con kilovol-taggi acquisibili quotidianamente prima di ogni singola frazione), in grado di gestire in modo non invasivo le problematiche relative ai movimenti d’organo durante il ciclo respiratorio, consente di rendere sempre più precisa l’irradiazione di bersagli mobili e di migliorare l’accuratezza del trattamento, grazie ad un sistema automatico di ricentratura del paziente 6D; la modulazione di-namica volumetrica completa del fascio di irra-diazione (gantry, lamelle, dose-rate, collimatori), unitamente ad un avanzatissimo e precisissimo sistema per il calcolo della dose ottimale, per-mette di irradiare le lesioni tumorali in diversi distretti anatomici in modo molto rapido e se-lettivo, riducendo cioè al minimo l’irradiazione inutile dei tessuti sani; le dimensioni del micro-collimatore e la completa libertà di rotazione ed incidenza dei campi di irradiazione, grazie ad una clearance particolarmente favorevole (campi non coplanari, con rotazione del lettino), rendono tale soluzione tecnologica particolarmente flessibile e versatile in ambito sia cranico che extracranico, consentendo di trattare con radiochirurgia lesio-ni in precedenza non aggredibili con tale metodi-

ca; un lettino robotizzato che consente una cor-rezione automatica della centratura del paziente secondo 6 vettori spaziali; un sistema particolar-mente sofisticato per il calcolo della dose, otti-mizzato dalla presenza di algoritmi matematici robusti e di funzioni radiobiologiche sofisticate. «Elekta Axesse rappresenta un passo di fonda-mentale importanza sia per l’Azienda Molinette sia per tutta le Rete oncologica piemontese e nazionale, che avrà ora a disposizione una appa-recchiatura dedicata elettivamente a trattamenti stereotassici» – afferma l’ingegner Massimo Ab-biati, amministratore delegato della filiale italia-na di Elekta s.p.a. E vice presidente Region South Europe. «Tale apparecchiatura, per il cui studio e realizzazione abbiamo impiegato 10 anni di ricer-ca e investito oltre 30 milioni di euro, sottolinea il nostro impegno nell’attività di r&s e nel continuo miglioramento della tecnologia al servizio della sanità mondiale, da quando nel 1948 il neurochi-rurgo Lars Leksell sviluppò l’acceleratore lineare 3.5 MeV (MegaelettronVolt)». Elekta Axesse ren-derà quindi certamente fruibili le tecniche stere-otassiche e della radioterapia ad alta precisione e ad alto gradiente di dose ad un numero certa-mente maggiore di pazienti oncologici, rappre-sentando in tal senso una risorsa a disposizione dell’intera Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta. Potrà inoltre consentire, grazie alla ridotta esposizione dei tessuti sani, una revisione degli schemi di frazionamento della dose, utile a migliorare la compliance dei pazienti rispetto a trattamenti della durata di diverse settimane, così come un conseguente aumento di offerta radioterapica. Insomma grazie a tale tecnologia, attualmente presente solo in altri 2 centri europei, sarà pos-sibile concentrare il trattamento radioterapico in un numero molto limitato di sedute, con ovvi be-nefici per i pazienti e per l’organizzazione dell’at-tività del reparto di Radioterapia.

A. O. U. S. Giovanni Battista Pierpaolo Berra [email protected]

Ap&b Ufficio Stampa ElektaMassimo Marelli [email protected]

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P resto si potrebbe dire addio alla cartella clinica, ai viaggi avanti e indietro in archi-vio per recuperarla e portarla al medico

che la deve usare, alla necessità di prendere ap-punti a mano al letto del paziente durante le visite in reparto: l’iPad è arrivato in corsia al Policlinico “Agostino Gemelli” di Roma e potrebbe mandare in pensione la carta per riportare e aggiornare la storia clinica del paziente, dal ricovero alle dimis-sioni. È con questa prospettiva che è partito da alcuni mesi presso alcuni reparti tra cui quello di Cardio-logia, il progetto SiPad, che consiste nell’introdur-re l’iPad Apple nel Sistema Informativo del Poli-clinico Gemelli, fornendo gli operatori sanitari di questo dispositivo mobile (per ora in questa fase

Addio cartella clinica, in

corsia arriva

l’iPad

Al Policlinico Gemelli di Roma da alcuni mesi in corso il progetto SiPad, finalizzato alla sperimentazione del tablet pc in corsia, per avviarsi verso la frontiera della cartella clinica elettronica e dire addio alla carta.

sperimentale ne sono stati consegnati 20). La GESI (Gestione Sistemi per l’Informatica), part-ner del Gemelli, ha spiegato l’amministratore de-legato Fabrizio Massimo Ferrara, ha portato l’iPad a integrarsi nel sistema sanitario del Policlinico dell’Università Cattolica di Roma, per affiancarsi ai dispositivi esistenti e consentire agli utenti, gli operatori sanitari, di operare in piena mobilità. Al Policlinico Gemelli, ha spiegato Ferrara, si regi-strano oltre 35 mila accessi al sistema informatico ogni ora, a oggi sono già informatizzati il ciclo del ricovero, dalla lista di attesa, all’accettazione, alla degenza, alla dimissione, la prenotazione e pro-grammazione delle prestazioni ambulatoriali, la gestione delle impegnative e della cassa, la richie-sta, programmazione ed esecuzione delle presta-

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zioni ai pazienti ricoverati (radiologia, laboratori, cardiologia, etc.), le attività infermieristiche in re-parto (consegne, gestione letti, peso assistenziale, etc.), la gestione “paperless” dei referti, firmati con firma digitale e inviati ai reparti in forma digitale, la gestione “filmless” delle immagini radiologiche e la visualizzazione dai reparti, le attività dei la-boratori, della radiologia e delle sale operatorie, la gestione del rischio clinico, con il braccialetto identificativo per ogni paziente in modo da evitare il rischio di errori di persona; il prelievo “persona-lizzato” con l’identificazione certa del paziente e della provetta; la gestione delle cartelle cliniche (anamnesi, diario clinico, lettera di dimissione, re-ferti specialistici, etc.). Ma con SiPad si vuole andare molto oltre, si vuo-le dotare il personale medico di dispositivi mobi-li per muoversi al letto del paziente e leggere e aggiornarne la cartella clinica in tempo reale man mano che il medico gira per il reparto e fa le visite. Per ora, ha raccontato il professor Filippo Crea, Direttore del Dipartimento di Medicina Cardio-vascolare del Policlinico Gemelli, “stiamo usando l’iPad nel “giro-visite”, al letto del paziente, solo per leggere tutti i dati clinici del malato; possia-mo anche vedere riportato sotto forma di grafico l’andamento temporale delle sue analisi del san-gue, ausilio molto comodo per esempio quando è necessario monitorare parametri che variano ra-pidamente nel tempo, come gli enzimi di necrosi cardiaca”. Però l’obiettivo a breve termine è usare l’iPad an-che per inserire nuovi dati nella cartella clinica elettronica del paziente, e per guardare referti come lastre o risonanze. Inserire i dati in tempo reale al letto del paziente permetterà davvero di rendere del tutto elettronica, paperless, la cartella clinica del malato. Addio quindi pagine fuori posto in cartella clinica, addio difficoltà ad interpretare la scrittura di un collega che ha visitato o trattato il paziente e modificato la cartella a mano, addio ritardi nella notifica di una richiesta di prestazione a un degente, ritardi che possono causare lo “sca-vallamento” di un’intera giornata nell’erogazione di tale prestazione e, quindi, in definitiva l’aumen-to della durata (e dei costi) della degenza. Nel progetto SiPad sono stati coinvolti diver-si utenti pilota in diversi settori del Policlinico, in

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particolare: Cardiologia, Medicina d’Urgenza, Gi-necologia, CEMI, Microbiologia, Medicina Interna, Endocrinologia, Chirurgia. “Attualmente sono stati consegnati una ventina di iPad e proprio in questi giorni abbiamo raggiunto i 1000 accessi giorna-lieri tramite il tablet pc”, ha rilevato l’Ing. Giovan-ni Scavino, Direttore del Sistema Informativo del Gemelli.Ma l’idea è di estendere il progetto a tutti i re-parti: il costo per la messa a regime di un siste-ma simile, “considerato che l’infrastruttura di rete wireless già è disponibile nel Policlinico, è essen-zialmente quello dei dispositivi iPad – ha spiegato Scavino -. Piuttosto che installare altri pc fissi (con problemi di spazio nei reparti, di “code” nell’uso del sistema, e di costi per il cablaggio di ulterio-ri punti rete) l’utilizzo degli iPad può risultare un risparmio. Nei prossimi mesi studieremo un mo-dello analitico che tenga conto di tutti i costi e ri-sparmi, sia diretti che indiretti (anche in termini di rischio clinico) – ha sottolineato Scavino -. In ge-nerale, anche sulla base della letteratura e delle esperienze di altre realtà, mi sento fin d’ora di dire che l’utilizzo di dispositivi mobili comporta un au-mento di efficienza ed una riduzione dei costi”. In un ospedale è molto poco il lavoro che si fa “se-duti a una scrivania”. L’utilizzo di dispositivi mobili può aiutare molto verso l’obiettivo di una cartella clinica completamente paperless e sempre a di-sposizione del medico ovunque si trovi. In alcu-ni settori questo è già raggiunto: tutti i dati del paziente sono informatizzati e quindi anche ac-cessibili in momenti successivi (si pensi a ricoveri d’urgenza,pazienti cronici,rientri, etc.). In futuro, ha concluso il professor Filippo Crea, con l’uso di dispositivi mobili esteso a tutti i me-dici sarà anche più facile lo scambio di opinioni e informazioni tra colleghi e i “consulti virtuali” tra medici di diversi dipartimenti cui un dato paziente è afferito.

Dr. Nicola Cerbinoresponsabile Ufficio stampaUniversità Cattolica sede di Romae Policlinico universitario “Agostino Gemelli”Mail [email protected] - www.policlinicogemelli.it

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T utti noi abbiamo studiato e continuiamo a studiare senza che ci sia mai stato insegnato

come fare. Se ci accingiamo a sciare non è possibile che nessuno ci dica come fare per apprendere le tecniche adeguate. Se non avremo un maestro o una persona esperta che ci guida, impareremo per tentativi e per errori.Sarà estremamente faticoso ed im-piegheremo sicuramente un tempo notevolmente più lungo per impa-rare. La stessa cosa avviene a scuo-la. Ancora ad oggi mai nessuno ci ha detto quali strategie utilizzare per memorizzare, per leggere in maniera più spedita e per studiare un testo.Tutto viene affidato ad iniziative personali. Quanto tempo in meno impiegheremmo per raggiungere determinati risultati! E quanta fatica risparmieremmo!Alcuni uomini famosi, nella storia hanno avuto delle felici intuizioni ed hanno elaborato delle strategie. Ad esempio Cicerone per memorizzare gli argomenti di un discorso utiliz-zava i loci. Associava gli argomenti a luoghi a lui ben noti. Di qui l’espres-sione che ancora oggi usiamo: in pri-mo luogo, in secondo luogo ecc.La scuola quindi non ci insegna a studiare, ci fornisce solo nozioni da capire e da memorizzare. Nell’età prescolastica tutti noi abbiamo im-parato giocando. Giocare significava sperimentare divertendosi, dando libero spazio alla creatività, alla fan-tasia. All’asilo permane ancora tale metodologia di approccio alla realtà:

MEMORIZZAZIONEPERMANENTE

LETTURA VELOCE E METODOLOGIA DI STUDIO

si disegna, si gioca. Una volta iniziata la scuola, come “una condanna divi-na”, tutto viene modificato. Si diventa improvvisamente seri, inquadrati e si riduce drasticamente lo spazio ri-servato alla fantasia e alla creatività. Da questo momento in poi l’appren-dimento diventa una grossa fatica a volte insopportabile… Con molte me-todiche che passeremo ad analizza-re si torna indietro e ci si appropria dell’enorme patrimonio che tutti noi

abbiamo: la creatività. Non ci sono persone più dotate di memoria ri-spetto alle altre. Ciò che ci differen-zia è il grado di attenzione e l’utiliz-zo o meno di strategie. Si parte dalla considerazione che la prima memo-ria che l’uomo ha utilizzato è stata quella visiva, tutte le altre sono state elaborate successivamente. E’ neces-sario pertanto ritornare ad utilizzare soprattutto la memoria visiva. L’uomo ricorda se vede e ricorda in maniera

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M croScopiodefinitiva se è coinvolto emotivamen-te dalle cose che vede. Se si assiste o si è coinvolti in un incidente stradale, se ne ricorderanno per sempre tutte le fasi, perché c’è stata una partecipa-zione emotiva. Se le cose da ricorda-re non si vedono, bisogna elaborarle mentalmente visualizzandole. Ma per fare in modo che restino scolpite per-manentemente nella nostra memoria devono coinvolgerci emotivamente.Per ottenere ciò bisogna elaborare immagini paradossali, pazze. Se devo immaginarmi un elefante che entra nel mio studio, lo devo visualizzare piccolo come un topo, se devo in-vece immaginarmi un topo, lo devo raffigurare nella mia mente grande come un elefante. L’uomo per motivi di sopravvivenza tende a memorizza-re in maniera permanente immagini inusuali. Se all’improvviso dalle acque di un fiume emergono le fauci di un coccodrillo, lo ricorderò per sempre per evitare il pericolo e poterlo rac-contare agli altri. Se nelle stesse ac-que va ad abbeverarsi un innocuo uccellino, la cosa passerà inosservata.Elaborando le visualizzazione pa-radossali si evita di dover ripetere tantissime volte le cose da memo-rizzare, ma bastano pochi passaggi nella nostra mente per fissarle defi-nitivamente. I metodi tradizionali di memorizzazione (leggo, sottolineo, ripeto) possono essere raffigura-ti come dice Matteo Salvo, uno dei maggiori esperti al mondo in tecni-che di memorizzazione, con questa immagine: vogliamo tracciare in un prato un sentiero e lo facciamo cam-minando a piedi. Dobbiamo passare e ripassare più volte per riuscirci, ma basterà non passarci più per alcuni giorni e l’erba inesorabilmente ricre-scerà cancellando il sentiero. Il sen-tiero è il ricordo. Immaginiamo ora di tracciare il sentiero con una ruspa. La ruspa è il metodo di memorizzazione permanente. Ci impiegheremo sicu-ramente minor tempo ed il sentiero (il ricordo) ci sarà per sempre per-ché non ricrescerà più l’erba se non

dopo tantissimo tempo. Applichiamo questa “ruspa” per esempio per me-morizzare un elenco di venti nomi: amo, ciambella, chitarra, lama, lava, picchio, puma, acqua, nemo, frec-cia, noce, re, mamma, fiamma, nuca, polizia, frutta, bacchette di tamburo, jeep, mappa. Senza tecniche di me-morizzazione se ne ricorderanno po-chi ma mai nell’ordine e soprattutto per poco tempo. Attuando un sem-plice tecniche di memorizzazione che consiste nel costruire una storia con associazioni paradossali riusciremo a ricordarle permanentemente, sen-za fatica , anzi con un certo diverti-mento. Immaginiamo che ad un amo è attaccata una enorme ciambella, spremiamo la ciambella dalla quale cosa strana invece della crema esce una chitarra che fa molto rumore per cui ci dà fastidio e la rompiamo con una lama. Dalla chitarra rotta fuorie-sce la lava che va a colpire il picchio che non può più volare e cade sul suo amico puma che va in acqua per spe-gnersi. In acqua vede nemo che tira una freccia che colpisce una enorme nome. Dalla noce esce un re che ha una regressione infantile e chiama la mamma che invece di dargli amore gli dà una fiamma sulla nuca. Chi va a spegnere la nuca? La polizia con un cumulo di neve sotto il quale c’è della frutta suonata da due bacchette di tamburo, che la polizia prende per aggiustare la jeep che si è bloccata e mentre fa questo si accorge che nel-la jeep invece di un volante c’è una enorme mappa. Con l’utilizzo delle visualizzazioni paradossali è possibile memorizzare i numeri trasformandoli in parole, le formule matematiche, le formule chimiche, le date storiche, gli articoli di legge, i nomi delle persone associandoli ai visi e tante altre cose.Si apre davanti a noi un panorama infinito che ci consentirà di essere estremamente veloci ed efficaci. Ci occorrerà molto meno tempo, potre-mo così dedicare più tempo anche ad altre cose oltre che allo studio.Un’altra acquisizione importante è la

possibilità di leggere in maniera mol-to più veloce. La velocità di lettura della mente è notevolmente superio-re a quella che esprimiamo leggendo.E’ come se noi, leggendo, viaggiassi-mo con una 500, mentre la mente è in grado di viaggiare alla velocità di una Ferrari. Se si viaggia in 500 si ha tutto il tempo di distrarsi con il pano-rama. Se si va in Ferrari bisogna con-centrarsi sul percorso e non ci si può distrarre. Con appropriate tecniche ci si allena a far coincidere la velocità di esecuzione della lettura con quella mentale. Si legge in maniera veloce e si memorizza meglio.Quando leggiamo gli occhi hanno dei punti di fissità. Sono dei punti in cui, leggendo, si fermano. Esercitandosi a ridurre i punti di fissità, si velociz-za la lettura. Possiamo paragonare la lettura ad una corsa ad ostacoli. Gli ostacoli sono i punti di fissità. Se si riducono gli ostacoli è ovvio che si incrementa la velocità di corsa. E’ proprio questo che si verifica eserci-tandosi con i metodi di lettura veloce.Altro argomento interessante è la metodologia di studio. Nello studio di un testo invece delle sottolineature a volte infinite, ci si allena ad indivi-duare le parole chiave e con esse si costruiscono le mappe mentali che sostituiscono gli appunti tradizionali.Se vogliamo ad esempio memorizza-re un percorso stradale con metodo tradizionale elenchiamo le località e cerchiamo do memorizzarle ripe-tendole più volte. Con l’utilizzo delle mappe mentali non facciamo altro che disegnare il percorso e memo-rizzare l’immagine del percorso così come faremmo con un mappa stra-dale.Tutte queste strategie vengono inse-gnate in corsi compatti della durata di un giorno svolti presso il Centro ricerca e formazione di Napoli.

Nicola Gasbarro

Per informazioni contattare la segre-teria al numero Cell. 338 1605631.

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B enefici alla cute, ma i topici contenenti liquirizia potreb-bero conferire limitati effetti

positivi anche all’apparato articola-re. Il mio consiglio, per l’applicazio-ne frequente di estratti di liquirizia sulla cute umana, è di impiegare delle creme, e (soltanto come se-conda scelta) dei gel. Mi ero già in precedenza interessato degli effet-ti anti-infiammatori della liquirizia (http://www.era2000online.net/maga-zine/read.php?IdNum=121&IdAnno=2008&IdMese=6&IdArticolo=1762), articolo “Limone e vaniglia” di Mar-co Nicoletti, e mi pregio di richiama-re anche le osservazioni di allora. La liquirizia (Glycyrrhiza glabra) è una pianta dell’ordine delle fabales e della famiglia delle fabaceae. Ha un fusto erbaceo, che può arrivare in

alcune specie particolari ad assume-re caratteristiche legnose. Le foglie sono lanceolate, di un bel colore ver-de smeraldo. Le infiorescenze sono di un bel colore tra il rosa pallido ed il bianco. Ognuno degli elemen-ti di una infiorescenza ha una forma particolare, che ricorda vagamen-te un’orchidea, ridotta però ad un quarto delle dimensioni del normale fiore di un’orchidacea. Faccio questa osservazione considerando il nume-ro dei petali, che proteggono lo stilo e gli stimmi. Lo stilo è quella parte del fiore che, nei bellissimi libri di Bo-tanica degli anni ‘20 (Pero. “Elementi di Botanica”) veniva chiamato pistil-lo. Gli stimmi, in forma di piccoli ele-menti a guisa di una minuscola ca-pocchietta, venivano chiamati negli anni ‘20: “antere”. Il frutto è del tutto

simile ad una piccola fava. Non è mai stato oggetto di studi approfonditi, esattamente come è successo per il frutto del caffè. La radice della pian-ta di liquirizia è gialla nel suo inter-no, perché contiene fruttosio, come il miele, il quale deve il suo biondo colore al medesimo zucchero. Com-piuto questo viaggio nelle parti più importanti di questa bella pianta, proseguiamo questo veloce sguar-do globale sui principi attivi della radice della liquirizia. Poi vedremo il meccanismo d’azione, nel modo più approfondito possibile. La liquirizia è ben nota alla Comunità Scientifica per le sue azioni anti-infiammatorie, sodioritentive e gastroprotettive. Il meccanismo d’azione risiede nei suoi principi attivi. E’vero che il principio attivo responsabile (alla base) delle

benefici di creme e pomateLIQUIRIZIA

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azioni farmacologiche della liquirizia è l’acido glicirrizico, ma non è questo il metabolita più importante. Consi-derando comunque in modo atten-to l’acido glicirrizico, rileviamo pri-ma di tutto che esso è un triterpene glucoside. I terpeni sono molecole odorose, ed infatti quest’acido è dota-to di un odore del tutto suo, partico-lare. Quell’odore che in genere ricol-leghiamo alla liqui-rizia. Poi è un glu-coside, cioè appar-tiene ad un gruppo di molecole che, frequentemente, svolgono un’azione di scavenger nei riguardi della bar-riera emato-encefalica. L’acido glicir-rizico è contenuto in una percentuale che oscilla tra il 2 e il 4% nelle radici e nel rizoma della pianta. Si inten-de per rizoma quella parte del fusto che in molte piante erbacee è appe-na emergente dal terreno (due o tre cm), che si trova in completa continu-ità anatomica con diversi centimetri delle radici che si trovano sotto il ter-reno, ma a profondità bassa. Qual’è il vero scopo del rizoma? Non lo sap-

piamo ancora. Ma in molte piante riguardanti gli effetti farmacologici utili per l’uomo è spesso il rizoma a possedere i principi attivi più utili. Dopo l’assunzione per via orale, l’aci-do glicirrizico viene idrolizzato dalla flora batterica intestinale. I batteri

sono dotati dell’enzima glucuronida-si, per mezzo del quale la molecola dell’acido glicirrizico perde il gruppo glucosidico, e diviene acido glicirreti-co. E’questa la forma biologicamente attiva nella quale la molecola viene assorbita. C’è subito un elemento che dovrebbe richiamare l’attenzione, e riguarda la conformazione di questa molecola. L’acido glicirretico contiene analogie evidenti con gli ormoni ste-roidi, in particolare con il cortisone e con l’idrocortisone. Continuando ad osservare questo tipo di conforma-

zione molecolare, ci viene anche da notare che l’acido glicirretico è anche molto somigliante alla molecola di aldosterone. In virtù di questa ana-logia di struttura, una parte degli ef-fetti di un topico contenente estratti idroalcolici di liquirizia (con percen-tuale che non superi il 3%) può es-sere attribuita ad un’azione diretta sui recettori per gli steroidi. Tuttavia una corrente del pensiero scientifico attuale,www.farmacologiaoculare.wordpress.com, ritiene che la prin-cipale azione dell’azione glicirretico sia quella di inibire la 11β-idrossi-steroido-deidrogenasi (11β-HSD), l’enzima responsabile della conver-sione del cortisolo (idrocortisone) in cortisone. L’inibizione della 11β-HSD determina un aumento dei livelli pla-smatici di idrocortisone. Ma siccome è molto forte anche l’affinità nei ri-guardi del recettore per i mineral-corticoidi, l’idrocortisone può indur-re gli stessi effetti sistemici dell’al-dosterone (ipertensione, eccessiva conservazione del sodio all’interno dei glomeruli renali, espansione del

volume plasmatico, ipokaliemia). Ecco i reali motivi, for-niti dalla Biologia Molecolare, per cui una crema (oppure un gel) contenente estratti idro-alcolici alla liquirizia co-stituisce un valido anti-erpetico, per

esempio nelle forme di herpes labia-le. Inoltre svolge una valida azione nella psoriasi non artropatica, nelle forme circoscritte. Svolge un’efficace azione nei riguardi delle blefariti, e per questo motivo viene considerata con molto riguardo in Oftalmologia. Ha una discreta efficacia nell’acne, e costituisce (sotto forma di crema) un valido principio anti-infiammatorio ed antipruriginoso.

Dott. Marco Nicoletti Dermatologo – Tor Vergata

Gli effetti positivi si riferiscono per ora a due varietà di questa pianta: la glycyrrhiza glabra e la glycyrrhiza uralensis. Di queste due varietà di piante ho testato unicamente la radice

“ “

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Sal

ute

L e classificazioni botaniche mondiali conoscono più di una specie vegetale glorificata con appellativi come “albero della vita” o “ arbusto della vita” o “pianta della vita” e via dicendo.

Tra le tante specie che hanno meritato, in luoghi e tempi anche lon-tani tra loro, tale salvifica nomea c’è anche la Thuja, piccolo, delica-to e snello albero molto comune tra le nostre siepi e molto apprez-zato dai nostri più qualificati botanici, ed anche dai giardinieri, in quanto sembra sopportare bene anche temperature molto fredde. Il contenuto di questo articolo è essenzialmente storico e di crona-ca, ed è superfluo sottolineare che qualunque impiego della Thuja, delle sue parti, dei suoi estratti e tinture madri e/o di preparati alimentari o cosmetici a base di Thuja, è da sottoporre al vaglio del proprio medico o di altro idoneo specialista del S.S.N..Molto diffu-sa in Europa, ma anche in Asia ed America, essa viene considerata, in Occidente, soprattutto nelle due varietà “Thuja Occidentalis” e “ Thuja Orientalis”. Il suo legno è leggero, abbastanza soffice ed è fortemente aromatico, e proprio per tali qualità esso ha trovato storicamente uso in molte applicazioni, le più disparate, dalle cas-se e cassapanche abili a tenere lontane le tarme all’impiego con-tro il fuoco di S.Antonio (herpes zoster). L’olio essenziale di thuja contiene un particolare terpene: il tujone. I terpeni sono molecole odorose, aventi tra le proprie caratteristiche un’elevata volatilità. Molti aromi posseduti da fiori, piante, e perfino cibi o profumi sono derivati da terpeni o terpenoidi naturali. La canfora ed il limonene, nonché il geraniolo, sono terpeni. Molti terpeni sono poi contenuti nell’olio di oliva, nel sebo umano, nel cerume, nel lievito etc. etc. Alcuni studiosi fanno rientrare tra i terpeni anche la vitamina A ed il caucciù. Tornando al tujone, esso è stato studiato dettagliatamente per le sue proprietà antagonizzanti il recettore dell’acido gamma-aminobutirrico di tipo A, comunemente indicato come “GABA”. Il GABA, a sua volta, è un neurotrasmettitore responsabile dell’ec-citabilità neuronale in tutto il sistema nervoso centrale, ed inoltre è direttamente coinvolto nel tono muscolare, influenzando quindi l’intera muscolatura e perfino il nostro cuore, che è composto di

UNO DEGLI ALBERIDELLA

THUYAVITA

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Ancora oggi, nelle Americhe, i co-smetici a base di Thuya ( L. 1753 ) sono piuttosto diffusi. L’abbondanza di componenti fortemente attivi, pe-raltro, limita l’uso delle parti di tale pianta negli integratori. Le foglie di essa contengono una quantità di vitamina C assai elevata, eppure l’impiego di infusi, peraltro facili da preparare, è spesso rivolto alla cura dei disturbi digestivi e di altre non gravi afflizioni.

fibre muscolari. L’antagonismo con il GABA può quin-di essere mortale per il cuore, per il sistema nervoso centrale e per numerose patologie. Per un’interessante disamina degli effetti del tuyone, vedasi “Alpha-thujone ( the active component of absinthe ) : gamma-amino-butyric acid type A receptor modulation and metabolic detoxification “, di Hold KM, Sirisoma NS, Ikeda T., Nara-hashi T., Casida JE, su Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A. 97 ( 8 ) 3826-31. doi:10.1073/pnas.070042397. PMID 10725394. (Inutile ricordare che il recettore, struttura molecolare sulle cellule, è in grado di ricevere e trasmettere segnali, di natura chimico-fisica).Tuttavia, accertata l’importanza dei GABA, va anche rile-vato che l’antagonismo con il recettore del GABA di tipo A, che di per sé può essere letale, può essere anche im-piegato a fin di bene. Recentemente, un gruppo di stu-diosi dell’University of California di Los Angeles ha sfrut-tato proprio l’inibizione dei recettori specifici del GABA, di tipo A, per ripristinare le funzionalità cerebrali dopo un ictus. Comunque sia, il tujone è una sostanza difficil-mente padroneggiabile, e questa è la principale ragione per cui non abbiamo, al momento attuale in Italia, un mercato di integratori a base di thuja. I componenti del-la Thuja sono essenzialmente l’acido tujetico, il fenco-ne (Vocabolario Treccani: composto organico, isomero della canfora di cui ricorda l’odore ), vari olii volatili, la pineprina, i tannini ( che spesso sono anche antivirali, costituendo spesso polifenoli ) ed il predetto tujone. Per quanto riguarda la Thuja occidentalis, le parti più spesso usate nei costumi dei vari popoli sono le foglie, da cui facilmente può essere tratto un infuso versando un litro

di acqua bollente su 25 grammi di foglie, infuso sconsi-gliabile senza controllo medico. Storicamente, la Thuja ha dimostrato di poter influenzare il sistema nervoso centrale nonché le contrazioni del muscolo cardiaco, ed è stata usata non solo per agevolare i parti, ma anche per i vermi intestinali, per stimolare le mestruazioni, e perfino nel trattamento della tosse (olio di Thuja). Ancora, è molto usata in omeopatia, in granuli, ottenen-dola dalle foglie raccolte dalla pianta in fioritura, e la tintura madre è stata usata come rimedio familiare prin-cipe contro le verruche. Il popolare sito web di pfaf.org, vera miniera di indici bibliografici, avverte che storica-mente si ha conoscenza di esperimenti condotti sull‘uso della Thuja contro il cancro dell’utero, nonché di un uso atipico di un thè di Thuja per i reumatismi, l’artrite (ad-dirittura, in tal caso si sono fatte prove con bagni a base di foglie di Thuja) e le malattie da raffreddamento come la sindrome influenzale. Le foglie sono state usate come lavaggio per eliminare le tossine, per alleviare vari tipi di dolore, ed una tintura madre di Thuja è stata usata come trattamento per le verruche, le piaghe da decubito e le infezioni fungine. I ramoscelli sono anch’essi stati usati per vari impieghi, e l’olio ottenuto dalle foglie è stato usato come antisettico, espettorante e rubefacen-te (facilita il richiamo del sangue negli strati più super-ficiali della cute). Tuttavia, dosi massicce di esso hanno dimostrato effetti fortemente tossici. L’uso di tale pianta non dovrebbe essere consentito alle donne in stato di gravidanza. Si ritiene sconsigliabile, alle donne in tale stato, anche l’uso di cosmetici a base di Thuja. I cosmeti-ci aventi tale essenza vegetale come ingrediente sono, a livello mondiale, piuttosto diffusi. In Italia, la crema più diffusa a base di Thuja unisce l’olio essenziale di Thuja all’estratto di foglie di hamamelis ed al gel di argilla ver-de. Mentre in altri paesi, come l’America Latina ed il mondo spagnolo, abbiamo varie popolari preparazioni cosmetiche a base di Thuja, di cui ci limitiamo ad indi-carne una piuttosto emblematica. Essa ha le seguenti componenti: acqua, paraffina liquida, alcool cetosteari-lico e sodio cetostearilsolfato, alcool cetostearilico, gli-cerina, methylparaben, propylparaben, diazolidinyl urea (conservante antimicrobico usato nei cosmetici), Euxyl K 300, estratto di tuja, profumo.In Italia i preparati di thuja vengono utilizzati anche e soprattutto per l’azione contro le verruche, come ad esempio una diffusa preparazione a base di estratto idroalcolico di Thuja ed essenza di limone, quest’ultima per la sua azione antisettica e purificante. La tintura ma-dre di Thuja viene poi impiegata, per le sue azioni an-tifungina ed antibatterica, contro le infezioni micotiche della pelle, come la tinea pedis e la tinea versicolor.

di Paolo Nicoletti

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