Michela Latini nominata da monsignor Migliavacca Ac ha un...

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Piazza del Seminario,13 56028 San Miniato (Pisa) tel. e fax 0571/400434 [email protected] Notiziario locale Direttore responsabile: Domenico Mugnaini Coordinatore diocesano: Francesco Ricciarelli Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983 NOTIZIARIO DELLA DIOCESI DI S. MINIATO 19 luglio 2020 San Miniato i mesi di luglio e di agosto si caricano ogni anno di ricordi dolorosi, tragici, legati al passaggio del fronte bellico, che segnò la fine e l’inizio di uno mondo e di un modo diverso di vivere. La nostra diocesi fu investita dalla furia devastatrice della guerra e se possiamo oggi ricostruire quasi dettagliatamente quale fu lo stato dei territori lo dobbiamo al vescovo Ugo Giubbi che il 27 agosto 1944 scrisse una lettera al cardinale Elia Dalla Costa per informarlo che «quasi tutte le chiese e le canoniche sono state bersagliate. Alcune del tutto distrutte ed altre 4 o 5 semirovinate, fra le quali quella che V. Em. inaugurò due anni orsono, a S. Pierino. Di molte, di queste, furono minate i campanili, i quali portarono con sé il crollo della chiesa. Per ora, un solo parroco, morto per una cannonata. Ma non ho affatto notizie di una 30na di parrocchie che si trovano al di là dell’Arno. Qui ci troviamo in una condizione sempre più difficile per lo stillicidio continuo di cannonate che pretendono di colpire militari e postazioni americane e colpiscono civili e case di abitazione. E di là dall’Arno è la stessa cosa (non è difficile indovinarla) per i colpi che partano da qua. E tutto questo: cui bono? Cui bono? Se almeno portasse al miglioramento dei popoli!» E nella stessa lettera il Vescovo non tralascia di informare il suo Metropolita di quanto era avvenuto nella Città di San Miniato con la distruzione di circa il 60% delle abitazioni da parte dei tedeschi e dell’eccidio dei civili avvenuto nel duomo il 22 luglio. È sempre Giubbi che ci dice che «delle chiese parrocchiali della città, una sola, per ora, è salva, le altre tutte più o meno segnate. Quella di S. Stefano, la più sciupata, si può dire semidistrutta. Il seminario e il palazzo vescovile hanno subito danni gravi. E in seguito alla battaglia varie cannonate caddero in cattedrale ed una ( se fosse una cannonata o un ordigno esplosivo, come si dice, soltanto un esperto in materia, neutrale e coscienzioso, può stabilire) vi produsse la strage di una 80na di persone: circa 30-35 morte sul colpo o poco dopo, e altre decedute in seguito alle ferite, tutte non lievi e non potute curare per insufficienza di mezzi». Per le modalità con cui avvenne il raduno delle persone in chiesa e per come si compì l’eccidio, lo stesso vescovo venne accusato di corresponsabilità, da un’opinione artatamente costruita e divulgata. Ben diversa, fu, invece, la responsabilità che Giubbi stesso sentì, di avere «contratto» nell’eccidio. Lui stesso, aprendo il suo animo al Cardinale in un sincero sfogo, gli dice: «Creda, Eminenza, che fu una giornata indescrivibile, che non si potrà dimenticare giammai e che, credo, mi abbia tolto per sempre il sorriso dal cuore e dal volto. Il Signore permise che io fossi, assolutamente ignaro di quanto sarebbe avvenuto, indirettamente strumento di questo eccidio, per aver impartito ordini che mi vennero fatti impartire per la salvezza della popolazione». Conclude la sua angosciosa lettera con queste parole: «Vi chiedo una preghiera per me, per la mia Diocesi, per i miei Preti, perché siano all’altezza della loro missione specialmente in questo momento. E anch’io ho pregato e pregherò per Voi e le Vostre intenzioni». Nel 76mo anniversario di quell’estate del ‘44, in conseguenza ai molteplici ed inconfutabili accertamenti e riscontri storici circa le dirette responsabilità dell’eccidio, attribuite alla batteria «Able» del 337° battaglione dell’artiglieria campale americano, sarebbe opportuno un riconoscimento pubblico del vescovo Ugo Giubbi per rendere giustizia al suo operato, volto in più occasioni e unicamente alla salvezza della popolazione. Antonio Baroncini A circolato nella giornata di lunedì scorso il nome del nuovo presidente dell’Azione Cattolica diocesana, che il vescovo Andrea ha scelto da una terna di tre candidati che gli erano stati sottoposti dall’organo direttivo dell’Ac stessa. Si tratta di Michela Latini (nella foto), 52 anni, della parrocchia di Santa Maria a Monte. L’abbiamo raggiunta per un’intervista. In Azione Cattolica fin dall’adolescenza, Michela ha mosso i primi passi nella più importante associazione del laicato cattolico italiano, grazie a don Alvaro Gori, storico assistente generale di Ac in diocesi. Il 1° marzo scorso era stata eletta nel consiglio diocesano dell’associazione, durante l’assemblea plenaria. Succede a Andrea Barani, che ha guidato l’Ac diocesana negli ultimi due trienni. «Presidente dell’Azione Cattolica diocesana»… un ruolo di grande responsabilità. Con quale spirito ti accingi ad affrontare questo incarico? «Con estrema umiltà e senso di gratitudine verso la mia associazione e la mia diocesi. Ho ricevuto veramente tanto da tanti, spero di riuscire a restituire anche solo una piccola parte. Vivo in questo momento un misto di gioia e preoccupazione. Il vescovo, i consiglieri diocesani e tutti gli aderenti mi hanno affidato una grande responsabilità. Il mio desiderio è di continuare a essere al servizio di questa associazione cui sono legata da una vita. Chiedo fin da subito l’aiuto, il sostegno e la correzione fraterna di tutti, in modo particolare da parte di chi dirigente dell’associazione lo è da più tempo di me». Sappiamo che i criteri di selezione per la presidenza Ac, si realizzano attraverso un percorso a tappe partecipato e trasparente. Un percorso che coinvolge organicamente tutti gli iscritti all’associazione. Ci vorresti descrivere l’intero processo fino alla tua nomina? «L’associazione svolge ogni tre anni assemblee elettive a partire da quelle parrocchiali, che eleggono il presidente parrocchiale ed i delegati per l’assemblea diocesana che da noi si è svolta il 1° marzo e che ha eletto il Consiglio diocesano. Il periodo del lockdown ha rallentato i processi successivi (elezione della terna, assemblee regionali ed assemblea nazionale) e si è arrivati così solo alla fine di giugno alla votazione della terna». Nella nostra diocesi come è strutturata l’Ac? «L’associazione è imperniata, così come in tutte le diocesi italiane, su cellule parrocchiali e su un consiglio diocesano. All’interno del consiglio diocesano vengono organizzati il settore adulti (che si occupa in modo particolare dell’attività educativa, umana e di fede degli adulti e delle famiglie) e il settore giovani che invece sviluppa progetti e forme educative per la fascia di età dei più giovani. Viene poi organizzata la commissione Acr diocesana (Azione cattolica ragazzi) che si occupa e preoccupa specificatamente dei bambini e dei ragazzi. Spetta al vescovo la nomina degli assistenti spirituali, che qui voglio ricordare e ringraziare: don Roberto Pacini assistente generale, don Paolo Barnini assistente settore adulti, don Marco Balatresi assistente settore giovani e don Tommaso Botti assistente Acr». Come avviene l’ingresso e l’adesione all’Associazione? «L’atto formale di adesione all’Azione Cattolica è il tesseramento, quando cioè chi aderisce sceglie di vivere da laico la propria chiamata alla santità, partecipando attivamente alla vita dell’associazione quale piena esperienza di Chiesa. La dimensione associativa aiuta e sostiene a maturare la propria vocazione e ad annunciare il vangelo laddove si vive ogni giorno» Che tipo di Azione Cattolica sogni con la tua presidenza? «L’Ac deve essere, per chi vi entra a farne parte, un luogo in cui si verifica in maniera quotidiana l’incontro con il Signore Gesù. Incontro che, condiviso in un’esperienza comunitaria, provoca e sostiene passi in avanti sul cammino della santità, da laici. Per arrivare a offrire questo occorre impegno. Un impegno che m’investe in prima persona e, con me, investe il consiglio diocesano. Un impegno che ci domanda di curare innanzitutto i legami interpersonali, con lo stile di chi è profondamente innamorato di Cristo e della Chiesa. Dovremo impegnarci sempre più a collaborare e a vivere in comunione tra noi, con il nostro vescovo, con le altre aggregazioni laicali». Che tipo di apostolato e quale pastorale culturale è stata portata avanti in questi anni? «L’Azione Cattolica è una associazione di laici, ma è radicata nella chiesa e non ha ragione di esistere se non inserita nel contesto diocesano e parrocchiale. La missione fondamentale dell’Ac è sempre la formazione delle coscienze nel campo religioso, sociale e politico. Crediamo che la persona vada curata e accompagnata nella sua totalità. Non si può essere buoni cristiani se non si è buoni cittadini. Il primo articolo dello statuto presenta la nostra attività legata alla “realizzazione del fine apostolico della Chiesa in stretta collaborazione con la gerarchia ecclesiastica”. Dunque, l’evangelizzazione è la nostra missione che svolgiamo in qualità di battezzati. Così, evangelizzare vuol dire far conoscere Gesù Cristo al mondo per mezzo della testimonianza in ogni ambito della nostra vita. Questo in sintesi è il nostro apostolato e la nostra "pastorale culturale": credo sinceramente che sarà sempre più importante creare spazi dove le persone imparino a dialogare, a fare laboratorio e sintesi, e dove, con coraggio e verità, possano sperimentare stili di vita cristianamente coerenti. Questi spazi, in comunione con il Vescovo e la Chiesa diocesana dovranno essere cercati e inventati sempre più dall’associazione, non solo per se stessa ed i propri associati, ma per la Chiesa locale tutta». C’è qualcuno in questo momento che senti di dover ringraziare? «Nei giorni scorsi, dopo l’ufficializzazione della nomina, ho voluto innanzitutto ringraziare Andrea Barani, il presidente uscente, per il servizio preziosissimo svolto in questi anni. Il suo apporto all’Ac diocesana è stato enorme. Grazie poi al vescovo Andrea per la fiducia che mi ha dato e soprattutto per la sua preghiera e la sua vicinanza che son sicura non mancherà né a me né all’associazione tutta. Infine sento di dover ringraziare gli assistenti del consiglio diocesano, i volontari che con la cooperativa permettono ogni anno la cura e l’apertura della casa di Gavinana, e ringrazio e saluto gli educatori tutti, e tutte quelle persone di buona volontà che anche quest’anno ci hanno aiutato ad accogliere i nostri ragazzi. Un mese fa sembrava un azzardo e un’utopia ritornare sulla montagna pistoiese, e invece grazie all’impegno di tutti ce l’abbiamo fatta e la Messa di domenica scorsa, proprio a Gavinana, con i ragazzi e i loro genitori è stata di una commozione indescrivibile. Francesco Fisoni È Ac ha un nuovo presidente Michela Latini nominata da monsignor Migliavacca Il vescovo Giubbi e il passaggio della guerra il CORSIVO on sarò spassionato: era la fine degli anni ’90 quando il professor Cesare Alzati, pozzo di scienza, dalla cattedra di Storia della Chiesa all’Università di Pisa, in una specie di trance mistico- accademica ci raccontava del rapimento e l’estasi che, alla fine del X secolo, gli ambasciatori del principe russo Valdimir sperimentarono al loro ingresso in Santa Sofia a Costantinopoli: la luce che filtrava circolarmente dall’alto, sul nimbo d’incenso sospeso a mezz’aria, era l’innesco all’incendio d’oro provocato dal riflesso dei mosaici. Il tutto sostenuto dai canti della liturgia bizantina. Un paradiso precipitato sulle teste di quei poveri diplomatici, portati lì a bella posta per far loro balenare il fulgore di Bisanzio: «Abbiamo contemplato la gloria del cielo sulla Terra, e ora non sappiamo più se siamo angeli o uomini mortali». Una lezione che mi ha segnato per la vita quella di Alzati, tanto da farmi decidere anni dopo, insieme alla mia sposa, di andare in viaggio di nozze proprio a Santa Sofia. L’ho detto... non sarò spassionato: quando il presidente turco Erdogan ha comunicato di voler far ritornare moschea la «Hagia Sophia», come lo era stata dopo la conquista ottomana del 1453 e fino al 1931… ci son rimasto male. F.F. N

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Piazza del Seminario,1356028 San Miniato (Pisa)tel. e fax 0571/[email protected] locale

Direttore responsabile: Domenico Mugnaini

Coordinatore diocesano: Francesco Ricciarelli

Reg. Tribunale Firenze n. 3184

del 21/12/1983

NOTIZIARIODELLA DIOCESI DI S.MINIATO19 luglio 2020

San Miniato i mesi di luglio e di agosto sicaricano ogni anno di ricordi dolorosi,

tragici, legati al passaggio del fronte bellico, chesegnò la fine e l’inizio di uno mondo e di unmodo diverso di vivere.La nostra diocesi fu investita dalla furiadevastatrice della guerra e se possiamo oggiricostruire quasi dettagliatamente quale fu lostato dei territori lo dobbiamo al vescovo UgoGiubbi che il 27 agosto 1944 scrisse una letteraal cardinale Elia Dalla Costa per informarlo che«quasi tutte le chiese e le canoniche sono statebersagliate. Alcune del tutto distrutte ed altre 4o 5 semirovinate, fra le quali quella che V. Em.inaugurò due anni orsono, a S. Pierino. Di molte,di queste, furono minate i campanili, i qualiportarono con sé il crollo della chiesa. Per ora, unsolo parroco, morto per una cannonata. Ma nonho affatto notizie di una 30na di parrocchie chesi trovano al di là dell’Arno. Qui ci troviamo inuna condizione sempre più difficile per lostillicidio continuo di cannonate che pretendonodi colpire militari e postazioni americane ecolpiscono civili e case di abitazione. E di làdall’Arno è la stessa cosa (non è difficileindovinarla) per i colpi che partano da qua. Etutto questo: cui bono? Cui bono? Se almenoportasse al miglioramento dei popoli!»E nella stessa lettera il Vescovo non tralascia diinformare il suo Metropolita di quanto eraavvenuto nella Città di San Miniato con ladistruzione di circa il 60% delle abitazioni daparte dei tedeschi e dell’eccidio dei civiliavvenuto nel duomo il 22 luglio.È sempre Giubbi che ci dice che «delle chieseparrocchiali della città, una sola, per ora, è salva,le altre tutte più o meno segnate. Quella di S.Stefano, la più sciupata, si può diresemidistrutta. Il seminario e il palazzo vescovilehanno subito danni gravi. E in seguito allabattaglia varie cannonate caddero in cattedraleed una ( se fosse una cannonata o un ordignoesplosivo, come si dice, soltanto un esperto inmateria, neutrale e coscienzioso, può stabilire) viprodusse la strage di una 80na di persone: circa30-35 morte sul colpo o poco dopo, e altredecedute in seguito alle ferite, tutte non lievi enon potute curare per insufficienza di mezzi».Per le modalità con cui avvenne il raduno dellepersone in chiesa e per come si compì l’eccidio,lo stesso vescovo venne accusato dicorresponsabilità, da un’opinione artatamentecostruita e divulgata.Ben diversa, fu, invece, la responsabilità cheGiubbi stesso sentì, di avere «contratto»nell’eccidio. Lui stesso, aprendo il suo animo alCardinale in un sincero sfogo, gli dice: «Creda,Eminenza, che fu una giornata indescrivibile, chenon si potrà dimenticare giammai e che, credo,mi abbia tolto per sempre il sorriso dal cuore edal volto. Il Signore permise che io fossi,assolutamente ignaro di quanto sarebbeavvenuto, indirettamente strumento di questoeccidio, per aver impartito ordini che mi vennerofatti impartire per la salvezza dellapopolazione».Conclude la sua angosciosa lettera con questeparole: «Vi chiedo una preghiera per me, per lamia Diocesi, per i miei Preti, perché sianoall’altezza della loro missione specialmente inquesto momento. E anch’io ho pregato epregherò per Voi e le Vostre intenzioni».Nel 76mo anniversario di quell’estate del ‘44, inconseguenza ai molteplici ed inconfutabiliaccertamenti e riscontri storici circa le diretteresponsabilità dell’eccidio, attribuite alla batteria«Able» del 337° battaglione dell’artiglieriacampale americano, sarebbe opportuno unriconoscimento pubblico del vescovo Ugo Giubbiper rendere giustizia al suo operato, volto in piùoccasioni e unicamente alla salvezza dellapopolazione.

Antonio Baroncini

A

circolato nella giornata di lunedì scorso ilnome del nuovo presidente dell’AzioneCattolica diocesana, che il vescovo Andreaha scelto da una terna di tre candidati che

gli erano stati sottoposti dall’organo direttivodell’Ac stessa. Si tratta di Michela Latini (nellafoto), 52 anni, della parrocchia di Santa Maria aMonte. L’abbiamo raggiunta per un’intervista.In Azione Cattolica fin dall’adolescenza, Michelaha mosso i primi passi nella più importanteassociazione del laicato cattolico italiano, graziea don Alvaro Gori, storico assistente generale diAc in diocesi. Il 1° marzo scorso era stata elettanel consiglio diocesano dell’associazione,durante l’assemblea plenaria. Succede a AndreaBarani, che ha guidato l’Ac diocesana negliultimi due trienni.

«Presidente dell’Azione Cattolicadiocesana»… un ruolo di granderesponsabilità. Con quale spirito ti accingiad affrontare questo incarico? «Con estrema umiltà e senso di gratitudine versola mia associazione e la mia diocesi. Ho ricevutoveramente tanto da tanti, spero di riuscire arestituire anche solo una piccola parte. Vivo inquesto momento un misto di gioia epreoccupazione. Il vescovo, i consiglieridiocesani e tutti gli aderenti mi hanno affidatouna grande responsabilità. Il mio desiderio è dicontinuare a essere al servizio di questaassociazione cui sono legata da una vita. Chiedofin da subito l’aiuto, il sostegno e la correzionefraterna di tutti, in modo particolare da parte dichi dirigente dell’associazione lo è da più tempodi me».

Sappiamo che i criteri di selezione per lapresidenza Ac, si realizzano attraverso unpercorso a tappe partecipato e trasparente.Un percorso che coinvolge organicamentetutti gli iscritti all’associazione. Ci vorrestidescrivere l’intero processo fino alla tuanomina?«L’associazione svolge ogni tre anni assembleeelettive a partire da quelle parrocchiali, cheeleggono il presidente parrocchiale ed i delegatiper l’assemblea diocesana che da noi si è svolta il1° marzo e che ha eletto il Consiglio diocesano.Il periodo del lockdown ha rallentato i processisuccessivi (elezione della terna, assembleeregionali ed assemblea nazionale) e si è arrivaticosì solo alla fine di giugno alla votazione dellaterna».

Nella nostra diocesi come è strutturata l’Ac? «L’associazione è imperniata, così come in tuttele diocesi italiane, su cellule parrocchiali e su un

consiglio diocesano.All’interno del consigliodiocesano vengono organizzatiil settore adulti (che si occupain modo particolare dell’attivitàeducativa, umana e di fededegli adulti e delle famiglie) e ilsettore giovani che invecesviluppa progetti e formeeducative per la fascia di età deipiù giovani. Viene poiorganizzata la commissioneAcr diocesana (Azione cattolicaragazzi) che si occupa epreoccupa specificatamente dei bambini e deiragazzi. Spetta al vescovo la nomina degliassistenti spirituali, che qui voglio ricordare eringraziare: don Roberto Pacini assistentegenerale, don Paolo Barnini assistente settoreadulti, don Marco Balatresi assistente settoregiovani e don Tommaso Botti assistente Acr».

Come avviene l’ingresso e l’adesioneall’Associazione?«L’atto formale di adesione all’Azione Cattolica èil tesseramento, quando cioè chi aderisce scegliedi vivere da laico la propria chiamata alla santità,partecipando attivamente alla vitadell’associazione quale piena esperienza diChiesa. La dimensione associativa aiuta esostiene a maturare la propria vocazione e adannunciare il vangelo laddove si vive ognigiorno»

Che tipo di Azione Cattolica sogni con la tuapresidenza?«L’Ac deve essere, per chi vi entra a farne parte,un luogo in cui si verifica in maniera quotidianal’incontro con il Signore Gesù. Incontro che,condiviso in un’esperienza comunitaria, provocae sostiene passi in avanti sul cammino dellasantità, da laici. Per arrivare a offrire questo occorre impegno. Unimpegno che m’investe in prima persona e, conme, investe il consiglio diocesano. Un impegnoche ci domanda di curare innanzitutto i legamiinterpersonali, con lo stile di chi èprofondamente innamorato di Cristo e dellaChiesa. Dovremo impegnarci sempre più acollaborare e a vivere in comunione tra noi, conil nostro vescovo, con le altre aggregazionilaicali».

Che tipo di apostolato e quale pastoraleculturale è stata portata avanti in questianni? «L’Azione Cattolica è una associazione di laici,ma è radicata nella chiesa e non ha ragione di

esistere se non inserita nelcontesto diocesano eparrocchiale. La missionefondamentale dell’Ac è semprela formazione delle coscienzenel campo religioso, sociale epolitico. Crediamo che lapersona vada curata eaccompagnata nella sua totalità.Non si può essere buonicristiani se non si è buonicittadini. Il primo articolo dellostatuto presenta la nostraattività legata alla “realizzazione

del fine apostolico della Chiesa in strettacollaborazione con la gerarchia ecclesiastica”.Dunque, l’evangelizzazione è la nostra missioneche svolgiamo in qualità di battezzati. Così,evangelizzare vuol dire far conoscere Gesù Cristoal mondo per mezzo della testimonianza inogni ambito della nostra vita. Questo in sintesi èil nostro apostolato e la nostra "pastoraleculturale": credo sinceramente che sarà semprepiù importante creare spazi dove le personeimparino a dialogare, a fare laboratorio e sintesi,e dove, con coraggio e verità, possanosperimentare stili di vita cristianamente coerenti.Questi spazi, in comunione con il Vescovo e laChiesa diocesana dovranno essere cercati einventati sempre più dall’associazione, non soloper se stessa ed i propri associati, ma per laChiesa locale tutta».

C’è qualcuno in questo momento che sentidi dover ringraziare?«Nei giorni scorsi, dopo l’ufficializzazione dellanomina, ho voluto innanzitutto ringraziareAndrea Barani, il presidente uscente, per ilservizio preziosissimo svolto in questi anni. Ilsuo apporto all’Ac diocesana è stato enorme.Grazie poi al vescovo Andrea per la fiducia chemi ha dato e soprattutto per la sua preghiera e lasua vicinanza che son sicura non mancherà né ame né all’associazione tutta.Infine sento di dover ringraziare gli assistenti delconsiglio diocesano, i volontari che con lacooperativa permettono ogni anno la cura el’apertura della casa di Gavinana, e ringrazio esaluto gli educatori tutti, e tutte quelle personedi buona volontà che anche quest’anno cihanno aiutato ad accogliere i nostri ragazzi. Unmese fa sembrava un azzardo e un’utopiaritornare sulla montagna pistoiese, e invecegrazie all’impegno di tutti ce l’abbiamo fatta e laMessa di domenica scorsa, proprio a Gavinana,con i ragazzi e i loro genitori è stata di unacommozione indescrivibile.

Francesco Fisoni

È

Ac ha un nuovo presidenteMichela Latini nominata da monsignor Migliavacca

Il vescovo Giubbie il passaggiodella guerra

il CORSIVOon sarò spassionato: era la finedegli anni ’90 quando il

professor Cesare Alzati, pozzo discienza, dalla cattedra di Storiadella Chiesa all’Università di Pisa,in una specie di trance mistico-accademica ci raccontava delrapimento e l’estasi che, alla finedel X secolo, gli ambasciatori delprincipe russo Valdimirsperimentarono al loro ingresso inSanta Sofia a Costantinopoli: laluce che filtrava circolarmentedall’alto, sul nimbo d’incensosospeso a mezz’aria, era l’innescoall’incendio d’oro provocato dalriflesso dei mosaici. Il tuttosostenuto dai canti della liturgiabizantina. Un paradiso precipitatosulle teste di quei poveridiplomatici, portati lì a bella postaper far loro balenare il fulgore diBisanzio: «Abbiamo contemplato lagloria del cielo sulla Terra, e oranon sappiamo più se siamo angeli ouomini mortali». Una lezione che mi ha segnato perla vita quella di Alzati, tanto dafarmi decidere anni dopo, insiemealla mia sposa, di andare in viaggiodi nozze proprio a Santa Sofia. L’ho detto... non sarò spassionato:quando il presidente turco Erdoganha comunicato di voler farritornare moschea la «HagiaSophia», come lo era stata dopo laconquista ottomana del 1453 efino al 1931… ci son rimasto male.

F.F.

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LA DOMENICATOSCANA OGGI19 luglio 2020II

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LA DOMENICA TOSCANA OGGI19 luglio 2020 III

enerdì 17 luglio - ore 10: Udienze. Ore11,30: Inaugurazione dei restauri della

scalinata del Santuario del SS. Crocifisso diCastelvecchio. Ore 18: Incontro a SanMiniato con i cresimandi di Bassa, Gavena ePieve a Ripoli.Sabato 18 luglio: Visita al campoparrocchiale di Ponsacco.Domenica 19 luglio - ore 17,30: S. Messaa Orentano con la celebrazione di unmatrimonio.Lunedì 20 luglio: Visita al 3° Camposcuola ACR a Gavinana.Martedì 21 luglio - ore 10,30:Adempimenti per l’Istituto Sant’AngelaMerici a Siena. Ore 21: Rosario e S. Messa aCigoli, nella festa annuale della Madonnadei Bimbi.Mercoledì 22 luglio - ore 10:Commemorazione comunale delle Vittimedel Duomo. Ore 11,15: S. Messa disuffragio in Cattedrale.Ore 19: Incontro coni giovani della Caritas.Venerdì 24 luglio - ore 10,30: Udienze.Sabato 25 luglio - ore 17: Inaugurazionedei restauri della pala di Bissietta nellachiesa della Misericordia. Ore 18,30:Benedizione di un nuovo mezzo dellaProtezione civile, presso la sede cittadinadella Confraternita di Misericordia.Domenica 26 luglio - ore 15: S. Messa inSan Francesco con la celebrazione di unmatrimonio. Ore 19: S. Messa aCamugliano per i campi parrocchiali diPerignano e Ponsacco.

V

DI ANTONIO BARONCINI E SABRINA ARZILLI

el tardo pomeriggio di venerdì 10luglio, quasi all’imbrunire,quando la sera, con le sue dolcinote silenziose e con i suoi effetti

soffusi di luci che piano piano si spengonocome una candela nel suo finire, moltepersone si sono riunite al chiesino SanMatteo di Moriolo per una celebrazioneorganizzata dalla sezione dell’Ucai (UnioneCattolica Arstiti Italiani) di San Miniato perricordare il ventennale del restauro di quelpiccolo oratorio di campagna.Dopo la preghiera dei Vespri, presieduta dalparroco don Francesco Ricciarelli, il primoa intervenire è statol’architetto PaoloPosarelli, che nel1998, insieme ad altriamici che siriunivano sottol’egida di donLuciano Marrucci, sidedicò al restauro delpiccolo rudereabbandonato.Commosso,l’architetto Posarelliha ricordato il caroamico AlbertoPosarelli, cheall’epoca eralaureando insieme alui lui e della cuimorte improvvisaebbe notizia il 25aprile 1998. Inmemoria di Albertofu intrapresa l’operadi restauro e didecorazione pittoricainterna del chiesino.«Un restauro iniziato senza neppure avere lacertezza di poter far fronte alle spese - haricordato Paolo Posarelli -. Ma anche inquesto caso Don Luciano, come un padreaffettuoso, ci incitava a proseguire perchécomunque qualche finanziamento si sarebbetrovato, così affermava lui. E fu così: laFondazione Cassa di Risparmio di SanMiniato, fece fronte alle spese».L’architetto ha quindi offerto alcuneconsiderazioni sul contesto, splendido, in cuil’oratorio è inserito, spiegando che ilpaesaggio, secondo la definizione data dallaConvenzione Europea del 2000, è «"unadeterminata parte di territorio, così come èpercepita dalle popolazioni, il cui caratterederiva dall’azione di fattori naturali e/oumani e dalle loro interrelazioni" ed è la"componente essenziale del contesto di vitadelle popolazioni, espressione della diversitàdel loro comune patrimonio culturale enaturale, nonché fondamento della loroidentità". La riflessione sul concetto dipaesaggio, declinato nel contesto dove èubicato l’oratorio di San Matteo, in localitàSorrezzana, - ha proseguito Posarelli - ciporta a considerare questi luoghi come ferminel tempo, caratterizzati da una sorta dicristallizzazione luccicante delle tonalità delverde, le più svariate, con il gioco magicodella luce».Il pittore Luca Macchi, che è statoprotagonista della riqualificazione delchiesino, al cui interno ha realizzato dueaffreschi (San Matteo allo scrittoio el’Angelo) e un Crocifisso ligneo dipinto, si èricollegato al concetto di paesaggio espressoda Paolo Posarelli: «Posso affermare - hadetto - che, guardando il contesto in cui ècollocato questo gioiello architettonico,sembra di trovarsi dentro un affresco diGiotto. Circondata da cipressi, la chiesetta siaffaccia sulla Valdegola. Un mondo fatto diaria pulita, di stelle, di leggende, di pellegrinie viandanti con mantelli e bastoni che siscambiano idee. Il paesaggio ha in sé unqualcosa di suo ed è speculare a quantopotevano vedere i pittori del Medioevo». Ha tracciato quindi per sommi capi losvolgimento dei lavori di decorazioneinterna: «Nel commissionare il lavoro che hoeseguito, don Luciano mi ha dato completalibertà d’esecuzione e se veniva a controllare,osservava in silenzio e apprezzava. Il Matteoche raffigurato nell’atto di scrivere lo definì

“Il genio della scrittura”e chiamava “i poeti piùverdi” noi che abbiamorealizzato quest’opera.Ma ora siamo un po’ingialliti...», ha aggiuntocon un sorriso. «Holavorato insieme adalcune collaboratrici:Giuseppina e SabrinaArzilli, EmanuelaGozzini, Dalia Bimbi ePaola Mariani eabbiamo condivisoun’esperienza d’altra

epoca. Eravamo nel 2000, l’anno che piùdegli altri ci vedeva proiettati nel futurointerstellare ma noi eravamo lì, sulla collina eper preparare i colori non c’era acqua, perpoter proseguire il lavoro giornaliero, dopo iltramonto, non c’era la corrente elettrica.Eravamo in autunno e l’aria si faceva piùfresca, all’arrivo dell’inverno non potevamoscaldarci neppure con una piccola stufaelettrica… eravamo proiettati nel futuro maancorati al passato dei grandi pittori. Lepareti non potevano essere arricchite conquadri, poiché “qui portano via tutto” cosìammoniva don Luciano, battendo le nocchedelle dita della mano sui muri scarni e grezzi.Bisognava intervenire sulle pareti e così èstato».Sul retro del Crocifisso degli Artisti, chiamatocosì «perché come sottofondo alla Croce c’èun collage intessuto da particolari di opered’arte dal Paleocristiano al ventesimosecolo», è stata trascritta una poesia di donLuciano Marrucci: «Resto in ascolto con gliocchi spalancati ad aspettare la miaresurrezione. Tu passerai dagli inferi e Tu michiamerai con la voce dell’alba. Cristo, tiseguirò».Il presidente Ucai di San Miniato, FabrizioMandorlini, ha letto, insieme a WilmaChecchi, alcune pagine in cui il sacerdote sidimostra «cantore della natura e delpaesaggio». Due brani, uno tratto dal libro«Vanni della Melagrana» e l’altro dal saggiosui «Borghi, Castelli e Ville della campagna diSan Miniato».Il sindaco di San Miniato Simone Gigliolipresente con l’assessore alla cultura,Loredano Arzilli, hanno voluto esprimere laloro attenzione, come AmministrazioneComunale, a preservare questi monumenti,genuina espressione di storia del territorio edella vita di una comunità: “Non conoscevol’interno dell’oratorio - ha detto il sindaco -benchè passi per questa strada spesso e piùvolte al giorno. Non c’è mai stata l’occasioneper potervi accedere e oggi, mi trovo qui esono molto orgoglioso del fatto che sia statofatto un bel servizio alla comunità. Ilrecupero di luoghi come questo, per renderlifruibili a tutti è un valore aggiunto al nostropatrimonio architettonico e descrive tuttal’armonia del Creato. L’Oratorio di SanMatteo si trova a metà strada tra la Rocca diFederico II e la Val d’Egola, tra la parte piùantropizzata del Comune e quella più

verdeggiante».L’assessore Loredano Arzilli ha ricordato isuoi trascorsi da bambino in quegli stessiluoghi: «Ho avuto la fortuna di essere dellaparrocchia di Moriolo quindi ho conosciutodon Luciano da piccolo e, come tanti ragazzidella mia età, ci recavamo alla Messa a piedio in bicicletta e la figura del parroco a queitempi, ormai sono passati diversi decenni,ricopriva un ruolo autorevole. In ogni modola sua forte personalità ben si adattava alleesigenze di noi ragazzi. Vivevamo laparrocchia come una seconda casa e ilparroco come figura e mentore delle nostreprime esperienze fuori dal nido familiare. Ciha insegnato a stare in gruppo e acondividere, abbiamo imparato grazie a lui agiocare a scacchi, ci ha dato l’opportunità digiocare a calcio su un campino che abbiamodisboscato, estirpando arbusti ed erbacce espianato. Era molto strano respirare lasensazione di libertà e allo stesso modo avereil timore che ci fosse qualcuno che ci potessesgridare per qualche marachella, ma ciò nonaccadeva quasi mai. Il chiesino lo vedevamoma difficilmente lo praticavamo, nonostanteci incuriosissero queste quattro mura, inqualche modo avvolte ad una sorta di alonedi magia, come del resto erano alcuniracconti di don Luciano, basti pensare allastoria del Casotto di Burenca…».Altri interventi si sono succeduti all’ombradel chiesino: l’architetto Giuseppina Arzilli,una delle ragazze che parteciparono alrestauro, ha voluto ringraziare Anna eSaverio Maioli, che sono stati custodi attentidel chiesino e dello spazio verde circostante:«con dedizione tipica di chi vive lacampagna, momento per momento,nell’alternarsi delle stagioni, hannocontribuito a far sì che niente accadesse aqueste mura. Hanno curato anche lo spaziointerno preservando i pochi arredi presenti einformando tempestivamente di ognipiccolo evento di cui il chiesino potevarendersi, suo malgrado, protagonista».Sono intervenuti in seguito GiovanniCorrieri, cultore autodidatta della Valdegolae cicerone dei suoi luoghi storici, AntonioBaroncini, Delio Fiordispina, Mario Rossi, Paolo Tinghi, portando ciascuno il propriopunto di vista sul contesto paesaggistico esulla figura di don Marrucci, che ha lasciatoin tutti un segno indelebile.Il sacerdote poeta chiudeva il suo libro «IlRagazzo della Conchiglia» con queste parole:«Ora vi voglio proprio salutare: Addio, addio,ragazzi! Non mi accompagnate! È meglio perme non veder nessuno quando parto».L’amarezza espressa in questa frase è quelladi lasciare i suoi ragazzi, ma sa che non sonosoli, e che la storia continua e loro devonoscrivere il grande libro della storia da luimolte volte incrementato, poiché «succedesempre qualcosa, ecco perché la storia nonfinisce mai».Anche in questo stupendo tramonto èsuccesso qualcosa, e noi lo abbiamo descrittonel «grande libro della nostra storiapersonale».

N

Il chiesino di San Matteo,a vent’anni dal restauro

rande festa ai Campi solari S. Anna diOrentano il 9 luglio scorso per la visita di

monsignor vescovo ai circa 70 bambinipartecipanti. In realtà, di motivi di festa, ve neerano molti. Da un lato è il primo anno,dopo un po’ di tempo, che veniva riavviatal’organizzazione dei campi solari, dall’altraera la prima iniziativa organizzata dal nuovogestore della scuola e cioè la FondazioneMadonna del soccorso. C’erano inoltre leSuore Figlie di Nazareth che torneranno adabitare presso la scuola ad agosto e, infine, afar contenti tutti, la visita del vescovo. Molti ibambini e le famiglie che hanno dato ilbenvenuto al nostro monsignor Migliavacca.Dopo il momento del saluto iniziale mons.Vescovo che, con altri sacerdoti e il neoordinato don Federico Cifelli, orentanese, hacelebrato la S. Messa nel prato restrostante lastruttura educativa. Oltre ai bambini, alle lorofamiglie e alle religiose Figlie di S. Anna eFiglie di Nazareth era presente anche ilpresidente della Fondazione monsignorMorello Morelli, membri del Consigliod’amministrazione, il sindaco di CastelfrancoGabriele Toti e rappresentanti delle localirealtà associative parrocchiali. Al terminedella Messa, dopo una preghiera alla VergineImmacolata e il canto «Il 13 Maggio» intonatodai bravissimi bambini, guidati da Giacomo eGiulia, è seguito il saluto di ringraziamentodelle famiglie a monsignor vescovo e, quindi,una foto e il lancio dei palloncini. A seguire,un giro al parco e il pranzo insieme. La madregenerale delle Suore Figlie di Nazareh hapresentato anche le religiose che ha assegnatoalla scuola «S. Anna» di Orentano con grandesoddisfazione di tutti. Le suore arriveranno inmaniera stabile ad Orentano alla fine delmese di agosto, terminati gli ultimi lavori alconvento. Si è trattato di una giornata disocialità, preghiera e divertimento per grandie piccini ed un momento per il rilancio dellascuola d’infanzia e l’asilo nido di Orentano.Tutte le famiglie sono invitate a iscrivere i lorobambini alla scuola d’infanzia e asilo nido «S.Anna», di chiara ispirazione cattolica. Lascuola offre ampi spazi esterni ed interni,servizi educativi di alta qualità, orariprolungati, progettualità innovative, attività dilingua inglese e francese, attività motoria,asilo nel bosco, canto e musica ed ha adisposizione anche il grande parco animaliper un apprendimento nella natura. Perulteriori informazioni gli itneressati possonocontattare il numero 0583/23699. Si cogliel’occasione per ringraziare Fondazione Cassadì risparmio di S. Miniato, la Banca di Pisa eFornacette e Fondazione Prosolidar di Romaper i contributi erogati alla Fondazione inquesto momento di difficoltà legata al Covid-19.

Riccardo Novi

G

Agenda delVESCOVO

Festa col vescovoalla Scuola S.Anna

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LA DOMENICATOSCANA OGGI19 luglio 2020IV

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LA DOMENICA TOSCANA OGGI19 luglio 2020 V

arrivato ieri l’ok dell’AslToscana Centro per la

riapertura del CentroRiabilitativo a ciclo diurno diCasa Verde di San Miniato chesi occupa di giovani e adulticon gravissime problematicheneuropsichiatriche. Lastruttura della FondazioneStella Maris, che era statachiusa per il lockdown,riaprirà ai pazienti e allefamiglie già la prossimasettimana.L’incontro avvenuto di recente,promosso e organizzato dalsindaco di San Miniato,Simone Giglioli, tra i tecnici ei dirigenti dell’Asl e quellidella Fondazione Stella Maris,ha consentito di risolvere lasituazione, venendo incontroa tanti genitori ormai sfinitidall’isolamento a casa con iloro figli.La struttura si occupa digiovani dai 12 anni in poi eadulti, con importanti quadriclinici: ritardo mentale,autismo, disturbi delcomportamento, dellarelazione e socializzazione e

quadri misti. «Siamofelicissimi di poter apriresubito il centro diurno peraccoglierli, dopo l’emergenzasi sentivano soli eabbandonati – dice ladirettrice di Casa Verde, dr.ssaMichela Franceschini -.L’obbligo di restare a casa permolti di loro aveva causato unaggravamento delle lorocondizioni. Senza il sostegnodel centro, le famiglie erano

allo stremo. Ci stiamo giàorganizzando per poterliaccogliere, lunedìconcorderemo tempi emodalità con i serviziterritoriali. Metteremo adisposizione non solo spazifisici dedicati al Centrosemiresidenziale, ma ancheuno specifico contingente dipersonale».La Fondazione Stella Marisringrazia in primis il sindaco

Simone Giglioli, ricordando lasua vicinanza fattiva durante ilperiodo di i’infezione daCovid-19, ringrazia inoltre perl’importante obiettivoraggiunto l’Asl ToscanaCentro, Regione Toscana, oltrealla direttrice di Casa Verdedr.ssa Michela Franceschini etutti gli operatori di CasaVerde.

Roberta Rezoalli

È

DI DON GIAN LUCA PALERMO

o scorso 11 luglionon potevomancare a Pistoia,alla

manifestazione#restiamoliberi, inpiazza per la libertà,contro il ddl Zan. daMilano a Bari passandoper Roma, Napoli eFirenze, le piazze dicento città hanno detto“no” a una leggeliberticida. Nelpomeriggio c’erano stati600 manifestanti aMilano, 400Verona, 300 aPadova, 250 aNapoli, 200 aUdine, 150 aTrento... APistoia eravamocirca 200persone. Unapartecipazioneconvinta dicredenti e noncredenti, di variaestrazionepolitica, socialee culturale.Perché lafamglia è unarealtà naturale. Se passasse il ddlZan, ora indiscussione inparlamento, verrebbe difatto introdotto per leggeun pensiero unico chestravolge le basiantropologiche dellasessualità e dellaprocreazione e cherenderebbe di fattoimpossibile opporsiall’agendaomosessualista cheinclude utero in affitto,adozioni gay, educazionedei bambini nelle scuolealla cosiddetta ideologiagender... A questo scoposi introdurrebbe un veroe proprio reatod’opinione sotto la vaga

etichetta dell’omofobia.Tra l’altro, il reato diomofobia non vienedefinito dal legislatore,lasciando enormi spazi ainterpretazioni da partedei giudici e a deriveliberticide checolpiranno tutti coloroche si esprimerannopubblicamente in modonon allineato al pensierodominante.Non sarà più possibiledire pubblicamente chela pratica dell’utero inaffitto è un abominio odirsi contrari alla leggesulle unioni civili, perché

ciò costituirebbe unreato didiscriminazione. Nonsarà più possibile per unsacerdote o uncatechista insegnare lavisione cristiana delmatrimonio epresentare la Parola diDio e la dottrinacristiana nella loro

integralità, nei puntidove gli atti omosessualivengono definitimoralmente disordinati.Se passasse il ddl Zan eun insegnante direligione parlasse ascuola della famiglianaturale come la solariconosciuta dallaChiesa, potrebbe essereaccusato di«omotransfobia»rischiando pene severe:in questo modo,nonostante ilConcordato, siriuscirebbe a mettere allaporta la fede che ha

plasmato l’Italia e a cuitanti genitori desideranoeducare i propri figli.Rischierebbro grossoanche i genitori cherifiutassero di farpartecipare i loro figli adattività scolasticheinerenti il tema dellasessualità affidate adassociazioni di gay,lesbiche e trans. Per questo tanti italianisono scesi in piazzasabato 11 luglio econtinueranno a farlo,per la libertà diespressione e dieducazione, per la libertàdi stampa, diassociazione e per lalibertà religiosa. Nellostile delle «sentinelle inpiedi», in silenzio, adistanza di due metril’uno dall’altro, chileggendo un libro e chicon un bavaglio sullabocca, a simboleggiare laportata liberticida di

questo progetto e lavolontà di zittirci.Non abbiamo rispostoad alcuna provocazionepoiché siamo stati inpiazza per la libertà ditutti, anche di chi cicontesta e noncomprende la portataliberticida di questotesto.Pur ribadendo il no aogni tipo di violenza eaggressione alle persone,è necessario dire no a undisegno di legge che conil pretesto di punire chi simacchia dei reati diviolenza contro personeomosessuali, per i quali èsufficiente l’applicazionedelle leggi vigenti,intenderebbe introdurrein reato di opinione perimperdire ai cittadini diesprimersi liberamentein merito ai temi dellasessualità, dellaprocreazione e dellafamiglia.

L

Anch’io,da sacerdote,in piazza per dire no al ddl Zan

uarto capitolo di «Pronti a salpare…», ildocumento programmatico che intende

disegnare alcuni percorsi possibili per il futuro dellanostra Chiesa diocesana. Siamo in presenza di unadelle sezioni centrali del documento, quella sulle periferie, il cui laboratorio ha posto innanzituttol’attenzione sull’analisi dello status quo del disagioin diocesi, con individuazione delle areed’intervento. Le osservazioni e le proposte scaturitedurante i lavori hanno tenuto conto del ruolospecifico in questo ambito della Caritasdiocesana, della pastorale della carità diocesananel suo insieme e dell’apporto di varie realtà nonespressamente ecclesiali ma impegnate nel mondodell’aiuto ai poveri e del sociale.La conoscenza dell’emergenza rappresentasempre il primo imprescindibile stadiodell’intervento. Prima studiare il problema e poiagire. E la Caritas diocesana può senz’altro favorireun lavoro di assistenza e di regia in questo. Unlavoro di conoscenza che diventa efficacesoprattutto se si riuscirà a realizzare l’attivazionedelle caritas parrocchiali in ogni angolo delladiocesi. Nel lavoro di conoscenza è richiesto poi chesi ponga attenzione ad alcuni indicatori precipui:«disagio giovanile e abbandono scolastico;solitudine e abbandono degli anziani; accoglienzamigranti; emergenza lavoro; dipendenze di variotipo; emergenza casa o di tipo abitativo; condizionidi vita media delle famiglie».Da tutto questo premesso, emerge come il temadella formazione sia centrale per la pastoraledella carità, in quanto il compito proprio dellaCaritas, rispetto alle comunità parrocchiali, èinnanzitutto squisitamente pedagogico. A questofine si ritiene prezioso formare alcuni gruppi dianimazione Caritas diocesani, per la cui crescita uncontributo decisivo potrebbe provenire dallascoperta e dalla narrazione delle buone prassi,dalle storie belle (e buone) che ci sono in giro. Inquest’ottica assume allora un grande significato lavolontà di proporre ai volontari la conoscenza dalvivo di «opere-segno» caritative presenti indiocesi. Rapporti con altri enti: dal laboratorio èscaturita anche la richiesta di costituire una«Consulta degli enti socio-assistenziali», in modoche siano messi collegamento i vari soggetti cheoperano nel campo caritativo: Misericordie, StellaMaris, Fondazione Madonna del soccorso,Cooperative Il Cammino e Pietra d’Angolo, ecc.Viene affidato al direttore della Caritas e al suoconsiglio diocesano di verificare e ripensare ilrapporto con esse, per mettere meglio in evidenzaquanto attiene alla Caritas diocesana e l’eventualedimensione di autonomia di queste realtà. Siauspica anche un coinvolgimento in questa “rete”di collaborazione della Pastorale giovanilediocesana, per l’attivazione di proposte comequella de «Le quattro del pomeriggio», che hariscosso grande successo lo scorso anno.La Caritas e la pastorale della carità vorrebbeinoltre promuovere una maggiore attenzione almodo di essere Chiesa, più che alle cose da fare.Nelle parrocchie si vorrebbero promuovere«animatori della carità» che si pongano a servizio estimolo delle comunità parrocchiali. Proprio dallaboratorio è emersa la richiesta che, entro la finedel 2022, in ogni parrocchia o unità pastorale siapresente una caritas parrocchiale, fatto chedovrebbe poter condurre anche ad un aumento deiCentri di ascolto per intercettare il disagio sulterritorio diocesano.Un’attenzione tutta particolare, con finalitàeducativa, è richiesta poi nei confronti dei giovani.Per loro vanno pensate proposte esperienziali,anche in collaborazione con la Pastorale giovanilediocesana, come è stato fatto per la già citataesperienza de «Le quattro del pomeriggio». A loroè inoltre riservata la possibilità del Servizio civile edel «Progetto Policoro», per la costruzione di unapropria imprenditorialità e professionalità. Ènecessario insomma che per i giovani venganosempre più allestite proposte motivazionali per laloro presenza nel lavoro, nel sociale e nelvolontariato. Il documento si produce poi inulteriori indicazioni di dettaglio come l’unità diliturgia-carità-catechesi, il welfare di comunità,corsi di economia domestica e proposte di housingsociale per la parte ristrutturata del palazzo delSeminario, indicazioni riguardo ai cui contenutispecifici si rimanda direttamente agli atti dellaboratorio. Da ultimo da sottolineare l’appello auna «conversione pastorale» che ci regali gli occhiper vedere le nuove povertà e, proprio in finale dicapitolo e in comunione con la «Laudato si’» dipapa Francesco, la richiesta di attenzioneall’ambiente come educazione alla cura della casacomune.

F.F.

Q

Riapre il Centro diurno della Casa Verde

«PRONTI A SALPARE...»: LE PERIFERIE