MICHEL FOUCAULT Paul-Michel Foucault nasce a Poitiers nel 1926 da una famiglia fortemente cattolica...

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MICHEL FOUCAULT Paul-Michel Foucault nasce a Poitiers nel 1926 da una famiglia fortemente cattolica Dopo aver manifestato l'intenzione di diventare uno storico contro il parere del padre, nel 1940 viene mandato in un collegio, ma la madre gli permette di studiare filosofia privatamente Solitario, eccentrico e stravagante, all’università Foucault studia psicologia e filosofia, con Merleau-Ponty, Hyppolite e Althusser. Non accetta con facilità le sue tendenze omosessuali: infatti tenta tre volte il suicidio, fa uso di alcol e prova per qualche tempo con l'analisi, senza grande convinzione. Nel 1950 aderisce al partito comunista, ma lo abbandonerà già nel 1952 e in seguito, anche se si accosterà al Trotskismo e alla sinistra maoista, sarà sempre molto critico verso i regimi comunisti dell’est. Studia in modo particolare Saussurre, Kierkegaard, Heidegger e Lacan, ma è Nietzsche a influenzarlo maggiormente, mentre prende decisamente le distanze da Sartre Nel 1960 pubblica la sua prima opera importante, Storia della follia in età classica.Conosce il giovane studente, Daniel Defert, che rimarrà suo compagno per tutta la vita: per seguirlo Foucault accetta un incarico a Tunisi, dove si trasferisce nel 1966, soprattutto perché gli intellettuali francesi, a causa della sua vita privata, ostacolano la sua carriera universitaria. Qui si schiera dalla parte di studenti ingiustamente incarcerati, procurando loro avvocati dalla Francia

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MICHEL FOUCAULTPaul-Michel Foucault nasce a Poitiers nel 1926 da una famiglia

fortemente cattolica

Dopo aver manifestato l'intenzione di diventare uno storico contro il parere del padre, nel 1940 viene mandato in un collegio, ma la madre gli permette di studiare filosofia privatamente

Solitario, eccentrico e stravagante, all’università Foucault studia psicologia e filosofia, con Merleau-Ponty, Hyppolite e Althusser. Non accetta con facilità le sue tendenze omosessuali: infatti tenta tre volte il suicidio, fa uso di alcol e prova per qualche tempo con l'analisi, senza grande convinzione.

Nel 1950 aderisce al partito comunista, ma lo abbandonerà già nel 1952 e in seguito, anche se si accosterà al Trotskismo e alla sinistra maoista, sarà sempre molto critico verso i regimi comunisti dell’est.

Studia in modo particolare Saussurre, Kierkegaard, Heidegger e Lacan, ma è Nietzsche a influenzarlo maggiormente, mentre prende decisamente le distanze da Sartre

Nel 1960 pubblica la sua prima opera importante, Storia della follia in età classica.Conosce il giovane studente, Daniel Defert, che rimarrà suo compagno per tutta la vita: per seguirlo Foucault accetta un incarico a Tunisi, dove si trasferisce nel 1966, soprattutto perché gli intellettuali francesi, a causa della sua vita privata, ostacolano la sua carriera universitaria. Qui si schiera dalla parte di studenti ingiustamente incarcerati, procurando loro avvocati dalla Francia

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Durante le contestazioni studentesche del '68 è dalla parte degli studenti, finendo anche in carcere

Nel 1971 ottiene l’agognato incarico al Collège de France, la più prestigiosa istituzione culturale francese, dove insegna Storia dei Sistemi di Pensiero fino all’anno della sua morte.

Alla fine del 1972 partecipa alla fondazione del quotidiano Liberation

Il suo interesse si concentra soprattutto sul rapporto tra l’uomo e il potere che ha creato nel corso della storia istituzioni volte ad avere un ruolo “normalizzatore” (carcere, manicomio..)

Il tema dei suoi corsi è la medicalizzazione degli "anormali", che il filosofo svilupperà nell'opera: “La volontà di sapere” , la nascita del sistema carcerario (a cui è dedicato nel 1975 Sorvegliare e punire) e della psichiatria (su cui nel 1963 aveva pubblicato La nascita della clinica).

In un’intervista del 1984, Foucault chiarisce questo concetto: l’individuo non è semplicemente contrapposto al potere, ma piuttosto fa parte del sistema, per questo, tuttavia: “noi abbiamo sempre la possibilità di cambiare la situazione, […] siamo sempre liberi […] Se non ci fosse resistenza non ci sarebbero rapporti di potere […] la resistenza viene per prima cosa, ed è superiore a tutte le forze del processo; obbliga, sotto il suo effetto, i rapporti di potere a cambiare".

Nel 1972 fonda il GIP (Gruppo di Informazione sulle Prigioni), che quello stesso anno ottiene per i detenuti il diritto di ricevere notizie dall'esterno attraverso giornali e radio. Foucault si schiera contro la pena di morte e contro il terrorismo, infine conosce Jean Genet e si riavvicina a Sartre.

Dal punto di vista politico, ha aspramente criticato i regimi comunisti ed il franchismo (nel settembre del 1972 viene espulso dalla Spagna per aver difeso alcuni detenuti arrestati per la loro opposizione al regime di Franco), ed ha invece appoggiato la causa della rivoluzione iraniana. Ha infine sostenuto le rivendicazioni degli omosessuali e delle donne, diventandone quasi un'icona

“Io non sono mai appartenuto a nessun movimento di liberazione sessuale di sorta. Anzitutto, perché non appartengo ad alcun movimento, quale che sia, e in secondo luogo perché rifiuto l’idea che l’individuo possa essere identificato con e attraverso la sua sessualità. Io mi sono per contro occupato di una quantità di cause, in modo discontinuo e su alcuni punti specifici (per esempio dell’aborto, del caso di un omosessuale o dell’omosessualità in generale), ma mai al centro di una lotta perpetua […] Non mi chiedete proclami.”

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Foucault riteneva che il compito dell’intellettuale non consistesse nell'orientare le masse, anche dal punto di vista politico, ma piuttosto nel sollevare questioni e indurre alla riflessione e alla critica attraverso un sapere vivo e fecondo. In un’intervista del 1978 dichiarava:

“Il mio problema non è soddisfare gli storici professionisti. Il mio problema è quello di fare io stesso, e di invitare gli altri a fare con me, attraverso un contenuto storico determinato, un’esperienza di ciò che noi siamo, non solo di ciò che è il nostro passato ma anche il nostro presente, un’esperienza della nostra modernità, da cui uscire trasformati. Il che significa che alla fine del libro possiamo stabilire rapporti nuovi con ciò che abbiamo messo in questione. […] Dunque un libro che funziona come un’esperienza per chi lo scrive e per chi lo legge, assai più che come la constatazione di una verità storica. […] Un’esperienza è sempre un’invenzione: è qualcosa che uno fabbrica per se stesso, qualcosa che non esisteva prima e che continuerà ad esistere dopo”

Nel 1983 Foucault pubblica il secondo volume della Storia della sessualità. Tra il 1983 ed il 1984 Foucault, ammalato di AIDS ed ormai al termine dei suoi giorni, riesce a concludere la stesura del terzo volume della Storia della sessualità il 20 giugno. Cinque giorni dopo muore in ospedale. Su tutte le prime pagine dei giornali si comunica la notizia senza menzionare la causa. Solo dopo la pubblicazione del romanzo di Hervé Guibert “All'amico che non mi ha salvato la vita”, si è parlato con chiarezza della diagnosi di AIDS. Guibert, infatti, ammalato anche lui ed amico di Foucault, racconta le conversazioni avute con il filosofo nei suoi ultimi giorni di vita.

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IL PENSIERO

Riprendendo Nietzsche, Foucault ritiene vana ed impossibile ogni pretesa di assoluto, la storia è sempre un dato relativo e mutevole e nulla si può definire "naturale", se teniamo conto della genesi delle strutture sociali. Ad esempio il concetto di malattia mentale, la sessualità, sono invenzioni moderne, non un dato assoluto e costante della cultura umana. Con il termine sessualità Foucault intende "quell’insieme di pratiche, istituzioni e saperi che hanno fatto della sessualità un dominio coerente e una dimensione assolutamente fondamentale dell’individuo" rendendo inevitabile la domanda: "che essere sessuale sei?". In epoca premoderna esistevano ovviamente "attività sessuali, ma assolutamente non una sessualità durevolmente percepibile nell’individuo con le sue relazioni e le sue esigenze"

In questo modo il potere si è inventato la sessualità in modo da esercitare il controllo sugli individui e sui loro corpi "in modo da avere presa sui loro comportamenti" attraverso tutta una serie di apparati, di istituzioni (scuole, carceri, cliniche psichiatriche, ecc.) e di concetti normativi e normalizzanti.

L’Ottocento borghese ha tentato un'operazione di normalizzazione rivolta non a reprimere, cancellare e mettere sotto silenzio il sesso ponendo su di esso un tabù, come si ritiene usualmente, bensì tentando proprio di controllare le pratiche sessuali "devianti". E dietro c’è, secondo Foucault, la religione cristiana, che ha esaltato progressivamente l'anima rispetto alla carne, cioè il corpo e l’atto sessuale. A tal proposito il sapere medico ha avuto una grande responsabilità, in quanto, come ogni sapere, ha avuto la pretesa di essere assoluto, mentre non esiste alcuna verità superiore. Foucault considera la medicina come parte sempre più integrante del potere normalizzante, soprattutto in alcuni settori, come la psichiatria, la medicina legale e la psicanalisi.

Il problema che Foucault si pone è quello di individuare le condizioni storiche in base alle quali la malattia e la follia si sono costituite come oggetti di scienza, dando luogo alla psicopatologia e alla medicina clinica, strettamente connesse alla costruzione di luoghi chiusi (la clinica e il manicomio) in cui si instaura un rapporto di dominio tra medico e paziente. (metodo genealogico)

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La storia non è fatta dagli uomini e dalle loro azioni, nè dipende dalla loro volontà e dalle loro scelte, ma dalle strutture epistemologiche che di volta in volta determinano il soggetto e l'oggetto della storia. Le varie epoche, infatti, sono caratterizzate da un' episteme, ossia un sistema implicito, inconscio e anonimo, di regole ed elaborazioni teoriche, il quale costituisce lo spazio di possibilità, entro il quale si costituiscono e operano i saperi propri di ogni periodo storico, le dottrine.

“ A prima vista, le “dottrine” (religiose, politiche, filosofiche) costituiscono l'opposto d'una “società di discorso”: in esse il numero degli individui parlanti, anche se non era fissato, tendeva ad essere limitato, e solo tra di loro il discorso poteva circolare ed essere trasmesso. La dottrina, al contrario, tende a diffondersi, e unicamente mettendo in comune un solo ed identico insieme di discorsi, degli individui, per quanto numerosi si immaginino, definiscono la loro reciproca appartenenza. La sola condizione richiesta, apparentemente, è il riconoscimento delle stesse verità e l'accettazione di una stessa regola – più o meno duttile – di conformità con i discorsi convalidati; se non fossero che questo, le dottrine non sarebbero talmente diverse dalle discipline scientifiche (...). Ora, la dottrina mette in causa il soggetto parlante attraverso l'enunciato, come dimostrano le procedure d'esclusione ed I meccanismi di rigetto che subentrano quando un soggetto parlante ha formulato uno o più enunciati inassimilabili; l'eresia e l'ortodossia non dipendono da un'esagerazione fanatica dei meccanismi dottrinali; esse li concernono fondamentalmente. Ma, all'opposto, la dottrina mette in causa gli enunciati a partire dai soggetti parlanti, nella misura in cui la dottrina vale sempre come segno, manifestazione e strumento d'una preliminare appartenenza – appartenenza di classe, di statuto sociale e di razza, di nazionalità o di interesse, di lotta, di rivolta, di resistenza o di accettazione. La dottrina lega gli individui a certi tipi di enunciazione per legare gli individui tra loro, e differenziarli per ciò stesso, da tutti gli altri. La dottrina effettua un duplice assoggettamento: dei soggetti parlanti ai discorsi, e dei discorsi al gruppo, per lo meno virtuale, degli individui parlanti” (Da “L'ordine del discorso pagg. 33, 34)

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Foucault ritiene pertanto che il passaggio da un'episteme ad un'altra non implica alcuna logica né sviluppo progressivo, ma avviene per salti e non prefigura, dunque, alcuna ratio.

Portare alla luce l'episteme, propria di ogni epoca, è compito di quella che Foucault definisce archeologia del sapere.

In questa operazione Foucault si ispira a metodo genealogico di Nietzsche:

“Le analisi che mi propongo di condurre si dispongono secondo due insiemi. Da una parte l'insieme “critico” che mette in opera il principio del rovesciamento: cercare di individuare le forme dell'esclusione, della limitazione, dell'appropriazione di cui parlavo poc'anzi; mostrare come si sono elaborate, in risposta a quali bisogni, come si sono modificate e spostate, quale costrizione hanno effettivamente esercitato, in che misura sono state aggirate. D'altra parte, l'insieme “genealogico” che mette in opera gli altri tre principi: come si sono formate, attraverso, a dispetto o con l'appoggio di tali sistemi di costrizione, delle serie di discorsi; quale è stata la norma specifica di ciascuna, e quali sono state le loro condizioni di apparizione, di crescita, di variazione”. (Da L'ordine del discorso pag. 46)

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Storia della follia nell'età classica

I principali reietti della società medievale si identificano con i lebbrosi

Nell'età moderna i lebbrosari tendono a scomparire con il recedere di questo morbo, a causa della segregazione cui questi malati sono stati sottoposti

Le strutture saranno utilizzate per recludere gli affetti da malattie veneree

Gli stessi meccanismi di esclusione saranno applicati a poveri, vagabondi, asociali

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Tutte queste categorie hanno in comune la condanna morale con cui la società li marchia

Nel Rinascimento compare l'immagine della cosiddetta “Nave dei folli”

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“E' per l'altro mondo che parte il folle a bordo della sua folle navicella; è dall'altro mondo che arriva quando sbarca. Questa navigazione del pazzo è, nello stesso tempo, , la separazione rigorosa e l'assoluto Passaggio. In un certo senso, essa non fa che sviluppare, lungo tutta una geografia semi-reale e semi-immaginaria, la situazione liminare del folle all'orizzonte dell'inquietudine dell'uomo medievale; situazione insieme simbolizzata e realizzata dal privilegio che ha il folle di essere rinchiuso alle porte della città: la sua esclusione deve racchiuderlo, se egli non può e non deve avere altra prigione che la soglia stessa, lo si trattiene sul luogo di passaggio” (op. cit. pag. 24)

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Nella letteratura dotta la Follia è nel cuore stesso della Ragione, e l'una non può fare a meno dell'altra.

Erasmo da Rotterdam scrive “l'elogio della pazzia” e distingue una follia "folle", che rifiuta la relazione con la ragione e rifiutandola si chiude in se stessa ed una "saggia follia", che fa propria la componente irrazionale della ragione, la ascolta e la accoglie. In essa si cela l'incomprensibile, l'oscuro, l'ignoto che ci avvicina a Dio. La ragione umana, infatti, rispetto a quella divina è follia

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• Nel II libro della “Storia della follia” Foucault attribuisce alla filosofia di Cartesio la grande responsabilità di aver “demonizzato” la pazzia, creando i presupposti dottrinali per quel processo di esclusione che si realizzerà nell'età moderna

• Da questo momento in poi non si parlerà più di saggia follia, ma piuttosto di “sragione”, ossia di un atteggiamento caratteristico di quei soggetti che rappresentano una minaccia per la comunità

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• "Io li ho visti nudi, coperti di stracci, senz’altro che un po’ di paglia per proteggersi dalla fredda umidità del selciato sul quale sono distesi. Li ho visti grossolanamente nutriti, privati d’aria per respirare, d’acqua per spegnere la loro sete, e delle cose più necessarie alla vita. Li ho visti in balia di veri carcerieri, abbandonati alla loro brutale sorveglianza. Li ho visti in stambugi stretti, sporchi, infetti, senz’aria, senza luce, rinchiusi in antri dove si temerebbe di rinchiudere le bestie feroci…".

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• Con la nascita del fenomeno dell'internamento si ha un vero e proprio capovolgimento rispetto alla morale medioevale, che tendeva a vedere nel povero una figura gradita a Dio e nel folle, capace di intuire realtà superiori o rivelazioni religiose, un mago o un sapiente. Prima della Controriforma la povertà era vista come mezzo salvare la propria anima: aiutando il povero e facendo la carità si acquistava la salvezza in cielo. Ma con la svalutazione delle opere propria del pensiero di Lutero e della Riforma, la povertà diventa solo una colpa per chi, evidentemente, non ha dedicato al lavoro abbastanza tempo. La povertà, la follia, la marginalità, il vagabondaggio, la malattia, la prostituzione, l'omosessualità sono tutti posti sullo stesso piano ed aspramente condannati dalla nuova visione del mondo. Si fa distinzione tra il povero “buono”, ubbidiente e remissivo, degno di essere almeno sfamato, ed il povero “cattivo”, ossia il ribelle, l'asociale. "L’opposizione tra poveri buoni e cattivi è essenziale alla struttura e al significato dell’internamento. L’Hopital General li designa come tali e la follia stessa è ripartita secondo questa dicotomia, e può entrare in tal modo, a seconda dell’atteggiamento morale che essa sembra manifestare, tanto nella categoria della beneficenza quanto in quella della repressione".

• Nascono così le case di internamento, frutto del processo di laicizzazione della carità , che hanno il compito di punire il povero, minaccia dell'ordine costituito.

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• Il suicida era condannato e posto sullo stesso piano del folle

• Anche l’empietà e la bestemmia e l'ateismo erano colpe da punire con l'internamento, perché solo nel rigore e nella disciplina si può essere redenti

• Anche i sifilitici erano rinchiusi, in quanto si riteneva che fossero stati puniti da Dio per la loro condotta immorale; non si conosceva infatti l'origine di questa malattia e la si ricollegava al peccato. "Per questo dunque noi dobbiamo riportare la sua origine all’indignazione ed alla volontà del creatore di ogni cosa, il quale, per frenare la troppo lasciva, petulante, libidinosa voluttà degli uomini, ha permesso che tale malattia regnasse fra di loro, per vendetta e punizione dell’enorme peccato di lussuria". L'idea che il male fosse legato al corpo giustificava spiegava l'uso ripetuto delle punizioni fisiche, se si castigava la carne si estirpava la causa del peccato

• Nell'ottica di un sapere asservito al potere, Foucault sottolinea a questo punto come la scienza medica nell'età moderna sia nata non per scopi puramente teoretici, ma per essere utilizzata nei meccanismi della repressione e della coercizione.

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• L’Età Classica tuttavia, pur nei suoi aspetti negativi, ci conduce verso la moderna concezione medica della follia, che considera l’isolamento e l’ospedale psichiatrico come strumenti non solo di esclusione, ma anche di cura.

• Aspetto fondamentale dell'età moderna è anche la sovrapposizione di competenze tra la magistratura e la medicina. L’internamento infatti non era deciso dal medico ma dal magistrato, e i folli erano ammessi nelle case di correzione solo in seguito ad una sentenza del tribunale. Questo accadeva perché nel XVII secolo la follia era equiparata al delitto, allo scandalo. Si verifica dunque un superamento delle norme proprie del diritto romano e canonico che attribuivano al folle un’immunità giuridica a causa della sua impotenza mentale. Si ha quindi una contrapposizione tra il diritto che scagiona la follia e le norme sociali che escludono ed internano il malato mentale.

• Nel XIX secolo con la nascita della psichiatria, l’uomo di sragione passerà negli ospedali e l’internamento sarà giustificato come atto terapeutico.

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• La nuova scienza medica comincia a tracciare un profilo del malato mentale

• L’alienato è colui che ha completamente perduto il senso della realtà, è ingannato dai sensi e in lui prevale nettamente la “sragione”.

• L’insensato è il soggetto nel quale la ragione non è del tutto annullata, ma fortemente disturbata e in lui si confondono ragione e sragione.

• Da questo momento in poi i folli trovano una loro collocazione e connotazione nel mondo, ciò porterà alla nascita del manicomio

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Sorvegliare e punire

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Damiens era stato condannato, era il 2 marzo 1757, a «fare confessione pubblica davanti alla porta principale della Chiesa di Parigi», dove doveva essere «condotto e posto dentro una carretta a due ruote, nudo, in camicia, tenendo una torcia di cera ardente del peso di due libbre»; poi «nella detta carretta, alla piazza di Grêve, e su un patibolo che ivi sarà innalzato, tanagliato alle mammelle, braccia, cosce e grasso delle gambe, la mano destra tenente in essa il coltello con cui ha commesso il detto parricidio bruciata con fuoco di zolfo e sui posti dove sarà tanagliato, sarà gettato piombo fuso, olio bollente, pece bollente, cera e zolfo fusi insieme e in seguito il suo corpo tirato e smembrato da quattro cavalli e le sue membra e il suo corpo consumati dal fuoco, ridotti in cenere e le sue ceneri gettate al vento».

«Alla fine venne squartato, - racconta la 'Gazzetta di Amsterdam'. - Quest'ultima operazione fu molto lunga, perché i cavalli di cui ci si serviva non erano abituati a tirare; di modo che al posto di quattro, bisognò metterne sei; e ciò non bastando ancora, si fu obbligati, per smembrare le cosce del disgraziato a tagliargli i nervi e a troncargli le giunture con la scure...

Si assicura che, benché fosse stato sempre un grande bestemmiatore, non gli sfuggì alcuna bestemmia; solamente i dolori eccessivi gli facevano lanciare grida orribili, e spesso egli ripeté: 'Mio Dio. abbi pietà di me; Gesù soccorrimi. Gli spettatori furono tutti edificati dalla sollecitudine del curato di San Paolo che, malgrado la sua tarda età, non lasciava un momento di consolare il paziente».

(L'esecuzione di Robert-François Damiens che, nel 1757, aveva attentato alla vita di Luigi XV)

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• In questa che può essere considerata la sua opera più famosa, Foucault spiega come il passaggio da un concetto di pena “punitiva” ed esemplare, caratteristico delle spettacolari esecuzioni pubbliche, all'idea di una punizione con valore educativo e riabilitativo, non costituisca affatto un progresso per la civiltà umana, ma celi soltanto mutate strutture coercitive attraverso le quali il potere si impone sugli individui.

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• “Tra la fine del sec. XVIII e l'inizio del XIX, la lugubre festa punitiva si va spegnendo. In questa trasformazione si sono combinati due processi. Da un lato la scomparsa dello spettacolo della punizione: il cerimoniale della pena tende ad entrare nell'ombra, per non essere altro che un nuovo atto procedurale o amministrativo. La punizione cessa, a poco a poco, di essere uno spettacolo, (…) tenderà a diventare la parte più nascosta del processo penale” (op. cit. pagg. 10-11)

• La violenza e l'efferatezza non sono più parte integrante del supplizio, attraverso il quale il potere dimostra la propria forza sul corpo del condannato, il dolore non è più elemento determinante, ma la punizione consiste nella vergogna stessa insita nella condanna

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• L'esecuzione viene spostata dalle piazze nel chiuso delle carceri e

privata della sua dimensione scenografica

• A lungo si è ritenuto che tale processo sia stato indice di una

maggiore umanità della pena

• In realtà l'attenzione si è spostata dal corpo all'”anima” del criminale

(le circostanze attenuanti, le perizie psichiatriche etc)

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• “Il corpo è anche immerso in un campo politico: i rapporti di potere operano su di lui una presa immediata, l'investono, lo marchiano, lo addestrano, lo suppliziano, lo costringono a certi lavori, l'obbligano a delle cerimonie, esigono da lui dei segni. Questo investimento politico del corpo è legato secondo relazioni complesse e reciproche, alla sua utilizzazione economica. E' in gran parte come forza di produzione che il corpo viene investito da rapporti di potere e di dominio, ma, in cambio, il suo costituirsi come forza di lavoro è possibile solo se esso viene preso in un sistema di assoggettamento: il corpo diviene forza utile solo quando è contemporaneamente corpo produttivo e corpo assoggettato. Questo assoggettamento non è ottenuto coi soli strumenti sia della violenza che dell'ideologia; esso può assai bene essere diretto, fisico, giocare della forza contro la forza, fissarsi su elementi materiali, e tuttavia non essere violento (...). “ (Op. cit. pag. 29)

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• “Ciò vuol dire che può esserci un sapere del

corpo che non è esattamente la scienza del

suo funzionamento e una signoria sulle sue

forze che è più forte della capacità di vincerle:

questo sapere e questa signoria costituiscono

quello che potremmo chiamare la tecnologia

politica del corpo” (Op. cit. pag. 29)

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• L'uso della tortura e della pubblica confessione riproducono attraverso un complesso ed articolato rituale la verità del crimine attraverso il corpo del condannato

• Il passaggio dalla esecuzione pubblica a quella nascosta tra le mura del carcere ha una sua ragion d'essere: il popolo nell'assistere al supplizio può a volte prendere le parti del condannato, lo sente maledire i giudici, il potere, la religione

• Ciò può costituire per il popolo una rivincita sul potere

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• Già con l'Illuminismo e la Rivoluzione Francese si comincia a

criticare l'uso di punizioni crudeli e disumane

• Foucault tende a sfatare radicalmente il mito che vede i riformatori

del diritto (Beccaria) come gli artefici di un cammino verso il

concetto di pena riabilitativa

• In realtà, in un'ottica strutturalista, Foucault osserva che nel XVIII

sec. Il numero complessivo di crimini diminuisce, ciò spiega

l'atteggiamento più benevolo della giustizia

• Se, tuttavia, diminuiscono i reati gravi come l'omicidio, aumentano

invece i furti: ciò rende necessario codificare in modo rigoroso i vari

tipi di reato e la punizione corrispondente

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• Secondo il modello politico contrattualista, il delinquente è colui che ha

violato il patto, deve pertanto essere reinserito nella comunità

• Il colpevole deve pertanto rendersi conto che:

– Delinquere provoca più svantaggi che vantaggi

– La pena non è efficace per il dolore fisico che provoca, ma per la

sensazione di dispiacere che essa prefigura, ad esempio Beccaria

sosteneva che la schiavitù perpetua fosse ben peggiore della pena

di morte, in quanto è un supplizio che si protrae per ogni istante

della vita ed è terribile anche solo ad essere rappresentato

– Ad ogni colpa deve corrispondere una determinata pena

– Necessità di un codice di leggi efficace ed esaustivo

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• In breve tempo la carcerazione diventa la punizione per eccellenza

• Caratteristiche fondamentali: lavoro retribuito, impiego del tempo

anche libero, divieti e doveri, sorveglianza continua, obbligo di

letture spirituali

• Le motivazioni sono di ordine socioeconomico: lotta all'ozio,

ottimizzazione delle risorse, sfruttamento della forza lavoro

• Si tende ad intervenire sull'anima del detenuto, al fine di riabilitarlo

o, piuttosto, di inquadrarlo in uno schema sociale predefinito

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• Strumento per eccellenza è la disciplina, che deve plasmare il carattere del detenuto al pari della vita militare

• Primo elemento è la clausura, ossia l'individuazione di un luogo fisico separato dove recludere gli individui da rieducare

• “Ad ogni individuo il suo posto; ed in ogni posto il suo individuo. Evitare le distribuzioni a gruppi; scomporre le strutture collettive; analizzare le pluralità confuse, massive o sfuggenti (…) tattica antidiserzione, antivagabondaggio, antiagglomerazione. (Op. cit. pag. 155)

• Importante a tal proposito la distribuzione dello spazio, che non deve favorire incontri ed aggregazioni, ma piuttosto isolare ed atomizzare

• I rituali e la rigida scansione del tempo contribuiscono allo scopo

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Il Panopticon di Bentham• Per realizzare l'esclusione

progressiva del delinquente si utilizza lo stesso modello della quarantena in caso di epidemie

• “Alla periferia una costruzione ad anello; al centro una torre tagliata da larghe finestre che si aprono verso la faccia interna dell'anello; la costruzione periferica è divisa in celle, che occupano ciascuna tutto lo spessore della costruzione; esse hanno due finestre, una verso l'interno, corrispondente alla finestra della torre, l'altra verso l'esterno, permette alla luce di attraversare la cella da parte a parte. Basta allora mettere un sorvegliante nella torre centrale, ed in ogni cella rinchiudere un pazzo, un ammalato, un condannato, uno scolaro.

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• Per effetto del controluce, si

possono cogliere dalla torre,

stagliantisi esattamente, le

piccole silhouettes prigioniere

nelle celle della periferia. Tante

gabbie, altrettanti piccoli teatri, in

cui ogni attore è solo,

perfettamente individualizzato e

costantemente visibile. (…) La

visibilità è una trappola. (Op. cit.

pag.218)

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• “Non è da credere che sia la scoperta del delinquente da parte di

una razionalità scientifica, ad aver introdotto nelle vecchie prigioni

la raffinatezza delle tecniche penitenziarie. (:::) La prigione, questa

zona la più buia entro l'apparato della giustizia, è il luogo dove il

potere di punire, che non osa più esercitarsi a viso scoperto,

organizza silenziosamente un campo di oggettività in cui il castigo

potrà funzionarein piena luce come terapeutica e la sentenza

inscriversi tra i discorsi del sapere. Si capisce come la giustizia

abbia adottato tanto facilmente una prigione che non era tuttavia

stata figlia del suo pensiero. (Op. cit. pag. 281)

Il carcere

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Il bio-potere

• Privilegio esclusivo del sovrano è stato quello di avere diritto di vita e di morte sui sudditi

• In realtà oggi il potere ha mutato volto: basti pensare alle guerre che, in teoria, si fanno non per portare morte, ma in nome dell'esistenza e della vita dei popoli

• Ciò spiega il sempre minore ricorso alla pena di morte: come può un potere che si esercita su e per la vita dare la morte?

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• I meccanismi di controllo del bio-potere si esercitano attraverso i

processi della sessualità, la nascita, la mortalità, la salute, la

longevità

• “Questo bio-potere è stato, senza dubbio, uno degli elementi

indispensabili allo sviluppo del capitalismo; questo non ha potuto

consolidarsi che a prezzo dell'inserimento controllato dei corpi

nell'apparato di produzione, e grazie ad un adattamento dei

fenomeni di popolazione ai processi economici” (La volontà di

sapere pag. 124)

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• “Una società normalizzatrice è

l'effetto storico di una tecnologia di potere centrata sulla vita”