Michel Foucault - Le Parole e Le Cose

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Les Mots et les Choses

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  • Le parole e le cose una delle grandi opere delNovecento in cui viene presentata unaccurata inchiestaarcheologica del sapere. Dalla somiglianza tra parole e cosedel Rinascimento alla disarticolazione operata dalle scienzeumane nel Novecento: un percorso accidentato attraversocui individuare le dierenti organizzazioni della culturaoccidentale. Arte, storia naturale, grammatica, economia,losoa, linguistica, antropologia e inne psicoanalisicompongono quella griglia su cui Foucault rimonta le leggiche hanno determinato la struttura del nostro pensiero, noal Novecento: in cui, con il trionfo del linguaggio e delsegno, si fa strada un inevitabile senso di compimento e difine.

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  • Michel Foucault (Poitiers 1926 Parigi 1984) statouno dei grandi protagonisti della cultura francese edeuropea del secondo Novecento, nata dopo lintensastagione dellesistenzialismo di Sartre e Merleau-Ponty. Ilsuo nome associato a quello di altri matres penser comeLvi-Strauss, Barthes, Deleuze. Da ricordare le fondamentaliricerche sulla follia, la clinica, il carcere, il potere e lasessualit. In edizione BUR sono presenti Storia della Follianellet classica e Larcheologia del sapere.

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  • Michel Foucault

    LE PAROLE E LE COSEUnarcheologia delle scienze umane

    Con un saggio critico di Georges Canguilhem

    S A G G I

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  • Propriet letteraria riservata

    1966 ditions Gallimard, Paris 1967, 1978, 1996 R.C.S. Libri & Grandi Opere S.p.A.,

    Milano 1998 RCS Libri S.p.A., Milano

    ISBN 978-88-58-64967-1Prima edizione digitale 2013

    Titolo originale dellopera:Les mots et les choses

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  • Traduzione di Emilio Panaitescu

    In copertina: Velazquez, Las Meninas, Madrid, Prado1994, Foto Scala, Firenze

    Progetto collana di Mucca DesignGrafica di Alessandro Cavallini/Air Studio

    Per conoscere il mondo BUR visita il sitowww.bur.eu

    Questopera protetta dalla Legge sul diritto dautore. vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

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  • IndicePREFAZIONE

    PARTE PRIMA

    I Le damigelle donore1.2.

    II La prosa del mondo1. LE QUATTRO SIMILITUDINI2. LE SEGNATURE3. I LIMITI DEL MONDO4. LA SCRITTURA DELLE COSE5. LESSERE DEL LINGUAGGIO

    III Rappresentare1. DON CHISCIOTTE2. LORDINE3. LA RAPPRESENTAZIONE DEL SEGNO4. LA RAPPRESENTAZIONE RADDOPPIATA5. LIMMAGINAZIONE DELLASOMIGLIANZA6. MATHESIS E TASSONOMIA

    IV Parlare1. CRITICA E COMMENTO2. LA GRAMMATICA GENERALE3. LA TEORIA DEL VERBO4. LARTICOLAZIONE

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  • 5. LA DESIGNAZIONE6. LA DERIVAZIONE7. IL QUADRILATERO DEL LINGUAGGIO

    V Classificare1. CI CHE DICONO GLI STORICI2. LA STORIA NATURALE3. LA STRUTTURA4. IL CARATTERE5. IL CONTINUO E LA CATASTROFE6. MOSTRI E FOSSILI7. IL DISCORSO DELLA NATURA

    VI Scambiare1. LANALISI DELLE RICCHEZZE2. MONETA E PREZZO3. IL MERCANTILISMO4. IL PEGNO E IL PREZZO5. LA FORMAZIONE DEL VALORE6. LUTILIT7. QUADRO GENERALE8. IL DESIDERIO E LARAPPRESENTAZIONE

    PARTE SECONDA

    VII I limiti della rappresentazione1. LET DELLA STORIA2. LA MISURA DEL LAVORO3. LORGANIZZAZIONE DEGLI ESSERI4. LA FLESSIONE DELLE PAROLE

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  • 5. IDEOLOGIA E CRITICA6. LE SINTESI OGGETTIVE

    VIII Lavoro, vita, linguaggio1. LE NUOVE EMPIRICIT2. RICARDO3. CUVIER4. BOPP5. IL LINGUAGGIO DIVENUTO OGGETTO

    IX Luomo e i suoi duplicati1. IL RITORNO DEL LINGUAGGIO2. IL POSTO DEL RE3. LANALITICA DELLA FINITUDINE4. LEMPIRICO E IL TRASCENDENTALE5. IL COGITO E LIMPENSATO6. LARRETRAMENTO E IL RITORNODELLORIGINE7. IL DISCORSO E LESSERE DELLUOMO8. IL SONNO ANTROPOLOGICO

    X Le scienze umane1. IL TRIEDRO DEI SAPERI2. LA FORMA DELLE SCIENZE UMANE3. I TRE MODELLI4. LA STORIA5. PSICANALISI, ETNOLOGIA6.

    APPENDICE

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  • PREFAZIONEQuesto libro nasce da un testo di Borges: dal riso che la

    sua lettura provoca, scombussolando tutte le familiarit delpensiero - del nostro, cio: di quello che ha la nostra et e lanostra geograa - sconvolgendo tutte le superci ordinate etutti i piani che placano ai nostri occhi il rigoglio degliesseri, facendo vacillare e rendendo a lungo inquieta lanostra pratica millenaria del Medesimo e dellAltro. Questotesto menziona una certa enciclopedia cinese in cui stascritto che gli animali si dividono in: a) appartenentiallImperatore, b) imbalsamati, c) addomesticati, d) maialinidi latte, e) sirene, f) favolosi, g) cani in libert, h) inclusinella presente classicazione, i) che si agitano follemente, j)innumerevoli, k) disegnati con un pennello nissimo di pelidi cammello, 1) et cetera, m) che fanno lamore, n) che dalontano sembrano mosche . Nello stupore di questatassonomia, ci che balza subito alla mente, ci che, colfavore dellapologo, ci viene indicato come il fascino esoticodun altro pensiero, il limite del nostro, limpossibilit purae semplice di pensare tutto questo.

    Che cosa dunque impossibile pensare, e di qualeimpossibilit si tratta? A ciascuna di queste strane rubrichepossiamo attribuire un senso preciso e un contenutodenibile; talune, vero, contengono esseri fantastici -animali favolosi o sirene; ma proprio isolandolilenciclopedia cinese ne circoscrive il potere di contagio;distingue accuratamente gli animali in carne ed ossa (che siagitano follemente o che fanno lamore) da quelli cheesistono soltanto nellimmaginario. Le misture pericolosesono scongiurate, i blasoni e le favole hanno raggiunto illoro centro; niente anbi inconcepibili, niente ali artigliate,nessuna immondezza di pelli squamose, niente faccepolimorfe e demoniache, niente aliti di amma. Lamostruosit non altera qui nessun corpo reale, non modicain nulla il bestiario dellimmaginazione; non si nascondeentro la profondit di nessuno strano potere. Non sarebbe

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  • aatto presente in tale classicazione, se non si insinuassenellintero spazio vuoto, nellintero bianco interstiziale chesepara gli uni dagli altri gli esseri. Limpossibilit non deveessere riferita agli animali favolosi, giacch vengonodesignati appunto come tali, quanto piuttosto alla strettadistanza secondo cui essi vengono giustapposti ai cani inlibert o a quelli che da lontano sembrano mosche. Ci chesopravanza ogni immaginazione, ogni pensiero possibile, soltanto la serie alfabetica (a, b, c, d) che lega a tutte le altreognuna di queste categorie.

    Non si tratta tuttavia della bizzarria degli incontri insoliti. noto quanto vi di sconcertante nella prossimit degliestremi, o anche semplicemente nella vicinanza improvvisadelle cose senza rapporto; lenumerazione che le fa cozzarele une contro le altre possiede in s un poteredincantesimo: Non sono pi a digiuno, disse Eustene per tutto questoggi, saranno al riparo dalla mia saliva:Aspidi, Amsbene, Ameruduti, Abedessimoni, Alarthraz,Ammorbati, Apinai, Alatrabami, Aratti, Asterioni, Alcarati,Argi, Aragne, Ascalabi, Attelabi, Ascalaboti, Aemorroidi... .Ma tutti questi vermi e serpenti, tutti questi esseri diputrefazione e di viscosit brulicano, come le sillabe che linominano, nella saliva dEustene: qui che tutti hanno illoro luogo comune, come sulla tavola operatoria lombrello ela macchina da cucire; se la stranezza del loro incontro lampante, lo sullo sfondo di quelle, di quellin, di quel sula cui solidit ed evidenza garantiscono la possibilit dunagiustapposizione. Certo era improbabile che le emorroidi, iragni e gli ammorbati venissero a mescolarsi un giorno sottoi denti dEustene, ma dopotutto, in tale bocca accogliente evorace avevano certo di che alloggiare e di che procurarsi ilpalazzo della loro coesistenza.

    La mostruosit da Borges fatta circolare nella suaenumerazione, consiste invece nel fatto che proprio lospazio comune degli incontri vi si trovi ridotto a nulla. Ciche impossibile, non la vicinanza delle cose, ma il sitomedesimo in cui potrebbero convivere. Gli animali i) che siagitano follemente, j) innumerevoli, k) disegnati con un

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  • pennello nissimo di peli di cammello dove potrebberoincontrarsi, se non nella voce immateriale che ne pronuncialenumerazione, se non sulla pagina che la trascrive? Dovepossono giustapporsi se non nel non-luogo del linguaggio?Ma questo, dispiegandoli, apre solo uno spazio impensabile.La categoria centrale degli animali inclusi nella presenteclassicazione mostra sucientemente, attraversolesplicito riferimento ai paradossi noti, che non potr maiessere denito - fra ciascuno di questi insiemi e quello che liriunisce tutti - un rapporto stabile da contenuto acontenente: se tutti gli animali suddivisi rientrano senzaeccezione in una delle caselle della distribuzione, tutti glialtri non sono forse in questa? E questa a sua volta, in qualespazio risiede? Lassurdo vanica le dellenumerazionerendendo impossibile lin cui le cose enumerate potrebberoripartirsi. Borges non aggiunge nessuna gura allatlantedellimpossibile; non fa scaturire in nessun posto il lampodellincontro poetico; si limita a eludere la pi discreta ma lapi insistente delle necessit; sottrae il luogo, il suolo mutoin cui gli esseri possono giustapporsi. Sparizionemascherata o piuttosto derisoriamente indicata dalla serieabbecedaria del nostro alfabeto, cui viene attribuita lapossibilit di servire da lo conduttore (il solo visibile) alleenumerazioni duna enciclopedia cinese... Ci che vienesottratto, in una parola, la celebre tavola operatoria ; erestituendo a Roussel una piccola parte di ci che sempregli dovuto, uso la parola tavola in due sensi sovrapposti:tavola nichelata, gommosa, avvolta di candore, scintillantesotto il sole vitreo che divora le ombre - ove per un istante,per sempre forse, lombrello incontra la macchina da cucire;e tabula che consente al pensiero di operare sugli esseriun ordinamento, una partizione in classi, unraggruppamento nominale che ne sottolinei le similitudini ele dierenze - ove, dal fondo dei tempi, il linguaggiosintreccia con lo spazio.

    Questo testo di Borges mi ha fatto ridere a lungo, nonsenza un certo malessere dicile da superare. Forse perchsulla sua scia spuntava il sospetto di un disordine peggiore

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  • che non lincongruo e laccostamento di ci che nonconcorda; sarebbe il disordine che fa scintillare i frammentidi un gran numero dordini possibili nella dimensione, senzalegge e geometria, delleteroclito; e occorre intenderequesta parola il pi vicino possibile alla sua etimologia:nelleteroclito le cose sono coricate, posate, dispostein luoghi tanto diversi che impossibile trovare per essi unospazio che li accolga, denire sotto gli uni e gli altri un luogocomune. Le utopie consolano: se infatti non hanno luogoreale si schiudono tuttavia in uno spazio meraviglioso eliscio; aprono citt dai vasti viali, giardini ben piantati, paesifacili, anche se il loro accesso chimerico. Le eterotopieinquietano, senzaltro perch minano segretamente illinguaggio, perch vietano di nominare questo e quello,perch spezzano e aggrovigliano i nomi comuni, perchdevastano anzi tempo la sintassi e non soltanto quella checostruisce le frasi, ma anche quella meno manifesta che fatenere insieme (a anco e di fronte le une alle altre) leparole e le cose. per questo che le utopie consentono lefavole e i discorsi: sono nella direzione giusta del linguaggio,nella dimensione fondamentale della fabula; le eterotopie(come quelle che troviamo tanto frequentemente in Borges)inaridiscono il discorso, bloccano le parole su se stesse,contestano, n dalla sua radice, ogni possibilit digrammatica; dipanano i miti e rendono sterile il lirismo dellefrasi.

    Sembra che certi afasici non riescano a classicarecoerentemente le matasse di lane multicolori che vengonoloro presentate sulla supercie di una tavola, come sequesto rettangolo liscio non potesse servire da spazioomogeneo e neutro in cui le cose manifesterebbero lordinecontinuo delle loro identit o delle loro dierenze e, nellostesso tempo, il campo semantico della loro denominazione.Costoro compongono, nello spazio levigato in cui le cosenormalmente si distribuiscono e vengono nominate, unamolteplicit di piccoli campi grumosi e frammentari in cuisomiglianze senza nome agglutinano le cose in isolottidiscontinui; in un angolo, pongono le matasse pi chiare, in

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  • un altro le rosse, in un altro quelle che hanno unaconsistenza pi lanosa, in un altro ancora le pi lunghe oquelle che danno sul viola o che sono state appallottolate.Ma appena abbozzati, tutti questi raggruppamenti sidisfano, dal momento che larea didentit che li sorregge,per ristretta che sia, ancora troppo estesa per non essereinstabile; e allinnito, il malato riunisce e separa, accatastale similitudini diverse, guasta le pi evidenti, disperde leidentit, sovrappone i diversi criteri, si agita, ricomincia,sinquieta e raggiunge infine lorlo dellangoscia.

    Limbarazzo che, quando si legge Borges, provoca il riso senzaltro imparentato al profondo malessere di coloro il cuilinguaggio distrutto: aver perduto lelemento comune alluogo e al nome. Atopia, afasia. Eppure il testo di Borgesprocede in altra direzione; alla distorsione dellaclassicazione che ci vieta di pensarla, al quadro senzaspazio coerente, Borges d per patria mitica una regioneprecisa il cui solo nome costituisce per lOccidente ungrande serbatoio dutopie. La Cina, nel nostro sogno, non appunto il luogo privilegiato dello spazio? Per il nostrosistema immaginario la cultura cinese la pi meticolosa, lapi gerarchizzata, la pi sorda agli eventi del tempo, la pilegata al puro svolgersi dellestensione; pensiamo ad essacome ad una civilt di dighe e di sbarramenti sotto il voltoeterno del cielo; la vediamo diusa e rappresa sullinterasupercie dun continente cinto di muraglie. La sua stessascrittura non riproduce in righe orizzontali il volo fuggentedella voce; erige in colonne limmagine immobile e ancorariconoscibile delle cose stesse. Lenciclopedia cinesemenzionata da Borges, e la tassonomia che essa propone,conducono pertanto ad un pensiero senza spazio, a parole ecategorie senza focolare o luogo, ma fondate, in n deiconti, sopra uno spazio solenne, interamente sovraccarico digure complesse, di sentieri aggrovigliati, di siti strani, dipassaggi segreti e di comunicazioni impreviste; esisterebbequindi allaltro estremo della terra che abitiamo, una culturainteramente votata allordinamento dellestensione, ma taleda non distribuire la proliferazione degli esseri in nessuno

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  • degli spazi entro cui ci possibile nominare, parlare,pensare.

    Quando instauriamo una classicazione consapevole,quando diciamo che il gatto e il cane si somigliano meno didue levrieri, anche se entrambi sono addomesticati oimbalsamati, anche se entrambi corrono come matti, eanche se fanno lamore, qual dunque lelemento di base apartire dal quale possiamo sostenere questa aermazionecon piena certezza? Su quale tavola, in base a qualespazio didentit, di similitudini, danalogie, abbiamo presolabitudine di distribuire tante cose diverse e uguali? Qual questa coerenza - di cui facile capire immediatamente chenon n determinata da una concatenazione a priori enecessaria, n imposta da contenuti immediatamentesensibili? Non si tratta infatti di concatenare delleconseguenze, ma di accostare e isolare, di analizzare,adattare e connettere dei contenuti concreti; nulla di pibrancolante, nulla di pi empirico (almeno in apparenza)dellinstaurazione dun ordine fra le cose; nulla che nonrichieda un occhio pi aperto, un linguaggio pi fedele emeglio modulato; nulla che non esiga con maggioreinsistenza che ci si lasci portare dalla proliferazione dellequalit e delle forme. Eppure un occhio non esercitatopotrebbe certamente accostare talune gure similidistinguendone altre in ragione di questa o quelladierenza; in realt non esiste, nemmeno per lesperienzapi ingenua, nessuna similitudine e distinzione che nonsiano il risultato di unoperazione precisa e dellapplicazionedun criterio preliminare. Un sistema degli elementi - unadefinizione dei segmenti su cui le somiglianze e le dierenzepotranno apparire, i tipi di variazione cui tali segmentipotranno essere sottoposti, la soglia inne di l dalla qualevi sar dierenza e di qua da cui vi sar similitudine - indispensabile per la determinazione del pi semplice degliordini. Lordine , a un tempo, ci che si d nelle cose inquanto loro legge interna, il reticolo segreto attraverso cuiqueste in qualche modo si guardano a vicenda, e ci che nonesiste se non attraverso la griglia duno sguardo,

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  • dunattenzione, dun linguaggio; soltanto nelle casellebianche di tale quadrettatura esso pu manifestarsi inprofondit come gi presente, in silenziosa attesa delmomento in cui verr enunciato.

    I codici fondamentali duna cultura - quelli che negovernano il linguaggio, gli schemi percettivi, gli scambi, letecniche, i valori, la gerarchia delle sue pratiche -deniscono n dallinizio, per ogni uomo, gli ordini empiricicon cui avr da fare e in cui si ritrover. Allaltro estremodel pensiero, teorie scientiche o interpretazioni di losospiegano perch esiste in genere un ordine, a quale leggegenerale obbedisce, quale principio pu renderne conto, perquale ragione si preferisce stabilire questordine e non unaltro. Ma fra queste due regioni cos lontane luna dallaltra,si estende un campo che, per il fatto di fungere anzitutto daintermediario, non tuttavia meno fondamentale: piconfuso, pi oscuro, pi arduo probabilmente da analizzare. in esso che una cultura, scostandosi insensibilmente dagliordini empirici che i suoi codici fondamentali prescrivono,instaurando una distanza iniziale nei loro confronti, li privadella loro trasparenza originaria, cessa di lasciarsi da essipassivamente traversare, si distacca dai loro poteriimmediati e invisibili, si libera sucientemente perconstatare che tali ordini non sono forse i soli possibili o imigliori; di modo che essa si trova di fronte al fatto che, al disotto dei suoi ordini spontanei, esistono cose ordinabili aloro volta, pertinenti ad un certo ordine muto, in altre paroleal fatto che esiste un certo ordine. Come se, arancandosiparzialmente dalle proprie griglie linguistiche, percettive,pratiche, la cultura applicasse su queste una griglia secondache le neutralizza e che, duplicandole, le fa apparire e altempo stesso le esclude, e si trovasse per ci stesso difronte allessere grezzo dellordine. nel nome di taleordine che i codici del linguaggio, della percezione, dellapratica, vengono criticati e resi parzialmente invalidi. sullosfondo di tale ordine, considerato come terreno positivo, cheverranno edicate le teorie generali dellordinamento dellecose e le interpretazioni richieste da tale ordinamento.

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  • Esiste quindi, fra lo sguardo gi codicato e la conoscenzariessiva, una regione mediana che ore lordine nel suoessere stesso: lordine vi appare, a seconda delle culture edelle epoche, continuo e graduato, o frammentato ediscontinuo, legato allo spazio o costituito ad ogni istantedalla spinta del tempo, imparentato a un quadro di variabilio denito da sistemi separati di coerenze, composto disomiglianze che si succedono in corrispondenza della loroprossimit o si rispondono specularmente, organizzatointorno a dierenze crescenti, ecc. Tale regione mediana,nella misura in cui manifesta i modi dessere dellordine,pu quindi darsi come la pi fondamentale: anteriore alleparole, alle percezioni e ai gesti ritenuti atti a tradurla conmaggiore o minore precisione o felicit (ecco perch taleesperienza dellordine, nel suo essere massiccio e primo,svolge costantemente una funzione critica); pi salda, piarcaica, meno dubbia, sempre pi vera delle teorie chetentano di dare a quelli una forma esplicita, unapplicazioneesaustiva, o un fondamento losoco. In ogni cultura esistequindi, fra limpiego di quelli che potremmo chiamare icodici ordinatori e le riessioni sullordine, lesperienzanuda dellordine e dei suoi modi dessere.

    In questo studio intendiamo analizzare tale esperienza. Sitratta di mostrare ci che essa diventata, dopo il XVIsecolo, in una cultura come la nostra: in che modo la nostracultura, risalendo, per cos dire controcorrente, il linguaggioquale era parlato, gli esseri naturali quali erano percepiti eraggruppati, gli scambi quali erano praticati, abbiamanifestato la presenza di un ordine, e il fatto che allemodalit di tale ordine gli scambi dovessero le loro leggi, gliesseri viventi la loro regolarit, le parole il loroconcatenamento e il loro valore rappresentativo. Si tratta dimostrare quali modalit dellordine siano state riconosciute,poste, riferite allo spazio e al tempo, per formare ilbasamento positivo delle conoscenze dispiegate nellagrammatica e nella lologia, nella storia naturale e nellabiologia, nello studio delle ricchezze e nelleconomiapolitica. chiaro che unanalisi del genere non rientra nella

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  • storia delle idee o delle scienze: piuttosto uno studio chetende a ritrovare ci a partire da cui conoscenze e teoriesono state possibili; in base a quale spazio dordine si costituito il sapere; sullo sfondo di quale a priori storico enellelemento di quale positivit idee poterono apparire,scienze costituirsi, esperienze riettersi in losoe,razionalit formarsi per, subito forse, disfarsi e svanire. Nonverranno quindi descritte conoscenze nel loro progressoverso unobbiettivit in cui la nostra scienza odiernapotrebbe da ultimo riconoscersi; ci che vorremmo metterein luce, il campo epistemologico, lepisteme in cui leconoscenze, considerate allinfuori di ogni criterio diriferimento al loro valore razionale o alle loro formeoggettive, aondano la loro positivit manifestando in talmodo una storia che non coincide con quella della loroperfezione crescente, ma piuttosto la storia delle lorocondizioni di possibilit; ci che, in tale narrazione, deveapparire, sono, entro lo spazio del sapere, le congurazioniche hanno dato luogo alle varie forme della conoscenzaempirica. Pi che duna storia nel senso tradizionale dellaparola, si tratta duna archeologia 1.

    Tale indagine archeologica ha indicato due grandidiscontinuit nellepisteme della cultura occidentale: quellache inaugura let classica (verso la met del XVII secolo) equella che, agli inizi del XIX, segna linizio della nostramodernit. Lordine su cui poggia il nostro pensiero non halo stesso modo dessere di quello dei classici. Per quanto sipossa avere limpressione dun movimento quasi ininterrottodella ratio europea dal Rinascimento ai nostri giorni, e perquanto si possa pensare che la classicazione di Linneo, pio meno adattata, possa, nelle sue linee generali, continuaread avere una certa validit; che la teoria del valore diCondillac si ritrovi parzialmente nel marginalismo del XIXsecolo; che Keynes non abbia mancato di avvertire lanitdelle sue analisi con quelle di Cantillon; che il modo diragionare della Grammatica generale (come lo si trova negliautori di Port-Royal o in Bauze) non sia cos lontano dallanostra attuale linguistica, tutta questa quasi - continuit al

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  • livello delle idee e dei temi non probabilmente che uneetto percepibile alla supercie; al livello archeologico,vediamo che il sistema delle positivit cambiatoradicalmente alla svolta dal XVIII al XIX secolo. Non che laragione abbia fatto progressi; il modo dessere delle coseche stato profondamente alterato: delle cose e dellordineche, ripartendole, le ore al sapere. Se la storia naturale diTournefort, di Linneo e di Buon si riferisce ad altro da s, itermini di tale riferimento non sono la biologia, lanatomiacomparata di Cuvier o levoluzionismo di Darwin, quanto,piuttosto, la grammatica generale di Bauze, lanalisi dellamoneta e della ricchezza nelle formulazioni di Law, Vronde Fortbonnais o Turgot. Le conoscenze possono forsegenerarsi, le idee trasformarsi e agire le une sulle altre (macome? gli storici non ce lhanno ancora detto); una cosacomunque certa: larcheologia, nel volgersi allo spaziogenerale del sapere, alle sue congurazioni e al mododessere delle cose che vi compaiono, denisce sia certisistemi di simultaneit, sia la serie delle mutazioninecessarie e sucienti per circoscrivere il passaggio a unapositivit nuova.

    In tal modo lanalisi ha potuto mostrare la coerenza che esistita, lungo lintero arco dellet classica, fra la teoriadella rappresentazione e quelle del linguaggio, degli ordininaturali, della ricchezza e del valore. questa lacongurazione che cambia completamente a partire dal XIXsecolo; la teoria della rappresentazione scompare in quantofondamento generale di tutti gli ordini possibili; il linguaggiocome quadro spontaneo e quadrettatura iniziale delle cose ecome tappa indispensabile fra la rappresentazione e gliesseri, svanisce a sua volta; una storicit profonda penetra ilcuore delle cose, le isola e le denisce nella loro coerenza,impone ad esse ordini formali implicati dalla continuit deltempo; lanalisi degli scambi e della moneta cede il postoallo studio della produzione, quella dellorganismo prevalesulla ricerca dei caratteri tassonomici; e, soprattutto, illinguaggio perde il proprio posto privilegiato e diviene a suavolta una gura della storia, coerente con lo spessore del

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  • proprio passato. Ma via via che le cose si avvolgono su sestesse, non richiedendo che al loro divenire il principiodellintelligibilit e abbandonando lo spazio dellarappresentazione, luomo da parte sua, e per la prima volta,entra nel campo del sapere occidentale. Stranamente,luomo - la conoscenza del quale passa per occhi ingenuicome la pi antica indagine da Socrate in poi - non probabilmente altro che una certa lacerazione nellordinedelle cose, una congurazione, comunque, tracciata dalladisposizione nuova che egli ha recentemente assunto nelsapere. Sono nate di qui tutte le chimere dei nuoviumanesimi, tutte le facilit duna antropologia intesa comeriessione generale, semipositiva, semilosoca sulluomo.Conforta tuttavia, e tranquillizza profondamente, pensareche luomo non che uninvenzione recente, una gura chenon ha nemmeno due secoli, una semplice piega nel nostrosapere, e che sparir non appena questo avr trovato unanuova forma.

    Vediamo quindi che questa ricerca corrisponde un po,riecheggiandola, al progetto di scrivere una storia dellafollia nellet classica; possiede, nel tempo, le stessearticolazioni, in quanto prende lavvio dalla ne delRinascimento e arriva anchessa, alla svolta del XIX secolo,alla soglia duna modernit da cui non siamo ancora usciti.Mentre nella storia della follia si ricercava il modo in cui unacultura pu porre in forma generale e massiccia la diversitche la limita, si tratta ora di osservare il modo in cui essasperimenta lanit delle cose, il modo in cui instaura ilquadro delle parentele e lordine in cui bisogna seguirle. Sitratta insomma duna storia della somiglianza: a qualicondizioni il pensiero classico ha potuto riettere, fra lecose, rapporti di similarit o dequivalenze tali da fondare egiusticare le parole, le classicazioni, gli scambi? A partireda quale a priori storico stata possibile la denizione delgrande scacchiere delle identit distinte che sinstaura sulfondo confuso, indenito, senza volto e quasi indierente,delle dierenze? La storia della follia sarebbe la storiadellAltro - di ci che, per una cultura, interno e, nello

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  • stesso tempo, estraneo, e perci da escludere (al ne discongiurarne il pericolo interno) ma includendolo (al ne diridurne lestraneit); la storia dellordine delle cose sarebbela storia del Medesimo - di ci che, per una cultura, a untempo disperso e imparentato, e quindi da distingueremediante contrassegni e da unificare entro identit.

    E se pensiamo che la malattia non soltanto il disordine,la pericolosa alterit entro il corpo umano e persino entro ilcuore della vita, ma anche un fenomeno di natura che ha lesue regolarit, le sue somiglianze e i suoi tipi, evidentelimportanza che potrebbe assumere unarcheologia dellosguardo medico. Dallesperienza-limite dellAltro alle formecostitutive del sapere medico, e da queste allordine dellecose e al pensiero del Medesimo, lanalisi archeologicaaccoglie lintero sapere classico, o piuttosto ci che cisepara dal pensiero classico e costituisce la nostramodernit. Su tale soglia apparve per la prima volta lastrana gura del sapere chiamata uomo, schiudendo unospazio proprio alle scienze umane. Tentando di riportare allaluce questo profondo dislivello della cultura occidentale, nonfacciamo altro che restituire al nostro suolo silenzioso eillusoriamente immobile, le sue rotture, la sua instabilit, lesue imperfezioni; e, sotto i nostri passi, di nuovo si turba.

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  • PARTE PRIMA

    Velazquez: Las Meninas

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  • ILe damigelle donore

    1.Il pittore si tiene leggermente discosto dal quadro. D

    unocchiata al modello; si tratta forse di aggiungere unultimo tocco, ma pu anche darsi che non sia stata ancorastesa la prima pennellata. Il braccio che tiene il pennello ripiegato sulla sinistra, in direzione della tavolozza; , per unistante, immobile fra la tela e i colori. Labile mano legataallo sguardo; e lo sguardo, a sua volta, poggia sul gestosospeso. Tra la sottile punta del pennello e lacciaio dellosguardo lo spettacolo liberer il suo volume.

    Non senza un sistema sottile di nte. Indietreggiando unpo, il pittore si posto di anco allopera cui lavora. Per lospettatore che attualmente lo guarda egli si trova cio adestra del suo quadro, che, invece, occupa tutta lestremasinistra. Al medesimo spettatore il quadro volge il retro; nonne percepibile che il rovescio, con limmensa impalcaturache lo sostiene. Il pittore, in compenso, perfettamentevisibile in tutta la sua statura; non ad ogni modo nascostodallalta tela che, forse, di l a poco lo assorbir, quandofacendo un passo verso di essa si rimetter allopera;probabilmente si appena oerto in questo stesso istanteagli occhi dello spettatore, sorgendo da quella specie digrande gabbia virtuale che proietta allindietro la supercieche sta dipingendo. Possiamo vederlo adesso, in un istantedi sosta, nel centro neutro di questa oscillazione. La suascura sagoma, il suo volto chiaro, segnano uno spartiacquetra il visibile e linvisibile: uscendo dalla tela che ci sfugge,egli emerge ai nostri occhi; ma quando fra poco far unpasso verso destra, sottraendosi ai nostri sguardi, si trovercollocato proprio di fronte alla tela che sta dipingendo;entrer nella regione in cui il quadro, trascurato per un

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  • attimo, ridiventer per lui visibile senza ombra n reticenza.Quasi che il pittore non potesse ad un tempo essere vedutosul quadro in cui rappresentato e vedere quello su cui siadopera a rappresentare qualcosa. Egli regna sul limitare diqueste due visibilit incompatibili.

    Il pittore guarda, col volto leggermente girato e con latesta china sulla spalla. Fissa un punto invisibile, ma che noi,spettatori, possiamo agevolmente individuare poich questopunto siamo noi stessi: il nostro corpo, il nostro volto, inostri occhi. Lo spettacolo che egli osserva quindi duevolte invisibile: non essendo rappresentato nello spazio delquadro e situandosi esattamente nel punto cieco, nelnascondiglio essenziale ove il nostro sguardo sfugge a noistessi nel momento in cui guardiamo. E tuttavia comepotremmo fare a meno di vederla, questa invisibilit, se essaha proprio nel quadro il suo equivalente sensibile, la propriafigura compiuta? Sarebbe infatti possibile indovinare ci cheil pittore guarda, se si potesse gettare lo sguardo sulla telacui intento; ma di questa non si scorge che lordito, isostegni orizzontali e, verticalmente, la linea obliqua delcavalletto. Lalto rettangolo monotono che occupa tutta laparte sinistra del quadro reale, e che ragura il rovesciodella tela rappresentata, restituisce sotto laspetto di unasupercie linvisibilit tridimensionale di ci che lartistacontempla: lo spazio in cui siamo, che siamo. Dagli occhi delpittore a ci che egli guarda tracciata una linea imperiosache noi osservatori non potremmo evitare: attraversa ilquadro reale e raggiunge, di qua dalla sua supercie, illuogo da cui vediamo il pittore che ci osserva; questa lineatratteggiata ci raggiunge immancabilmente e ci lega allarappresentazione del quadro.

    In apparenza, questo luogo semplice; di purareciprocit: guardiamo un quadro da cui un pittore a suavolta ci contempla. Nullaltro che un faccia a faccia, occhiche si sorprendono, sguardi dritti che incrociandosi sisovrappongono. E tuttavia questa linea sottile di visibilitavvolge a ritroso tutta una trama complessa dincertezze, discambi, di nte. Il pittore dirige gli occhi verso di noi solo

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  • nella misura in cui ci troviamo al posto del suo soggetto.Noialtri spettatori, siamo di troppo.

    Accolti sotto questo sguardo, siamo da esso respinti,sostituiti da ci che da sempre si trovato l prima di noi:dal modello stesso. Ma a sua volta lo sguardo del pittorediretto, fuori del quadro, verso il vuoto che lo fronteggia,accetta altrettanti modelli quanti sono gli spettatori che glisi orono; in questo luogo esatto, ma indierente, ilguardante e il guardato si sostituiscono incessantementeluno allaltro. Nessuno sguardo stabile o piuttosto, nelsolco neutro dello sguardo, che traggeperpendicolarmente la tela, soggetto e oggetto, spettatore emodello invertono le loro parti allinnito. E il rovescio dellagrande tela allestrema sinistra del quadro esercita a questopunto la sua seconda funzione: ostinatamente invisibile,impedisce che possa mai essere reperito e denitivamentessato il rapporto tra gli sguardi. La ssit opaca che regnada un lato, rende per sempre instabile il gioco dellemetamorfosi che al centro si stabilisce tra spettatore emodello. Per il fatto che vediamo soltanto questo rovescio,non sappiamo chi siamo, n ci che facciamo. Veduti o inatto di vedere? Il pittore ssa attualmente un luogo che diattimo in attimo non cessa di cambiare contenuto, forma,aspetto, identit. Ma lattenta immobilit dei suoi occhirinvia ad unaltra direzione da essi gi sovente seguita e cheben presto, certo, riprenderanno: quella della telaimmobile su cui si sta tracciando, forse tracciato da tempoe per sempre, un ritratto che pi non si canceller. Cosicchlo sguardo sovrano del pittore ordina un triangolo virtuale,che denisce nel suo percorso il quadro di un quadro: alvertice - solo punto visibile - gli occhi dellartista; alla baseda un lato la sede invisibile del modello, dallaltro la guraprobabilmente abbozzata sulla tela vista dal rovescio.

    Nellistante in cui pongono lo spettatore nel campo delloro sguardo, gli occhi del pittore lo aerrano, locostringono ad entrare nel suo quadro, gli assegnano unluogo privilegiato e insieme obbligatorio, prelevano da lui lasua luminosa e visibile essenza e la proiettano sulla

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  • supercie inaccessibile della tela voltata. Vede la suainvisibilit resa visibile al pittore e trasposta in unaimmagine denitivamente invisibile per lui. Sorpresamoltiplicata e resa pi inevitabile da una astuzia marginale.Allestrema destra il quadro riceve la sua luce da unanestra rappresentata secondo una prospettiva moltoscorciata; non se ne vede che il vano dal quale il usso diluce che essa largamente dionde impregna a un tempo, diidentica generosit, due spazi vicini, compenetrati mairriducibili: la supercie della tela con il volume da essarappresentato (cio lo studio del pittore, o la sala in cui hacollocato il suo cavalletto) e di qua da questa supercie ilvolume reale occupato dallo spettatore (o ancora la sedeirreale del modello). Percorrendo la stanza da destra asinistra, lampia luce dorata trascina lo spettatore verso ilquadro e insieme il modello verso la tela; sempre essa che,illuminando il pittore, lo rende visibile allo spettatore e fabrillare come altrettante linee doro agli occhi del modello ilquadro della tela enigmatica ove la sua immagine,trasportatavi, si trover rinchiusa. La nestra estrema,parziale, appena indicata, libera una luce intera e mista cheserve da luogo comune alla rappresentazione. Essaequilibra, allaltro capo del quadro, la tela invisibile; questa,volgendo il retro agli spettatori, si chiude sul quadro che larappresenta e forma, attraverso la sovrapposizione del suorovescio, visibile sulla supercie del quadro portante, illuogo, per noi inaccessibile, ove scintilla lImmagine pereccellenza; analogamente la nestra, pura apertura,instaura uno spazio tanto manifesto quanto laltro celato;tanto comune al pittore, ai personaggi, ai modelli, aglispettatori, quanto laltro solitario (nessuno infatti,nemmeno il pittore, lo guarda). Da destra si diondeattraverso una nestra invisibile il puro volume duna luceche rende visibile ogni rappresentazione; a sinistra siestende la supercie che evita, dallaltra parte del suotroppo visibile ordito, la rappresentazione da essa portata.

    La luce, inondando la scena (intendo la stanza non menodella tela, la stanza rappresentata sulla tela e la stanza in

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  • cui la tela posta), avvolge personaggi e spettatori e litrascina, sotto lo sguardo del pittore, verso il luogo ove ilsuo pennello li rappresenter. Ma questo luogo ci sottratto. Ci guardiamo guardati dal pittore e resi visibili aisuoi occhi dalla stessa luce che ce lo fa vedere. E nellistantein cui ci coglieremo trascritti dalla sua mano come in unospecchio, non potremo percepire, di questultimo, che ilrovescio oscuro. Laltro lato duna psiche.

    Ora, esattamente dirimpetto agli spettatori - a noi stessi -,sul muro che costituisce il fondo della stanza, lautore harappresentato una serie di quadri; ed ecco che fra tuttequeste tele sospese una brilla di singolare fulgore. La suacornice pi larga, pi scura di quella degli altri; ma unasottile linea bianca la ripete verso linterno diondendo sututta la sua supercie una luce ardua da collocare, poichnon emana da alcun luogo se non da uno spazio che ad essasia interno. In questa luce strana si mostrano due gure esopra di esse, leggermente arretrato, un greve sipario diporpora. Gli altri quadri lasciano vedere solo qualchemacchia pi pallida al margine duna notte senza profondit.Questo al contrario si apre su uno spazio in fuga, in cuiforme riconoscibili si scaglionano in un chiarore cheappartiene soltanto ad esso. In mezzo a tutti questi elementiche sono destinati ad orire rappresentazioni, ma che leriutano, le nascondono, le evitano grazie alla loro posizioneo alla loro distanza, questo lunico che funziona in pienaonest orendo alla vista ci che deve mostrare. La sualontananza, lombra che lo circonda. Ma non un quadro: uno specchio. Esso ore inne la magia del duplicato cheriutavano i dipinti lontani non meno che la luce in primopiano con la tela ironica. Di tutte le rappresentazioni che ilquadro rappresenta la sola visibile; ma nessuno lo guarda.In piedi a lato della sua tela e intento unicamente al suomodello il pittore non pu vedere questo specchio che brillamite dietro di lui. Gli altri personaggi del quadro sono per lopi volti anchessi verso ci che deve aver luogo davanti -verso la chiara invisibilit che orla la tela, verso il balcone diluce ove i loro occhi possono vedere quelli che li vedono e

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  • non verso la cavit cupa che chiude la camera in cui sonorappresentati. Vi sono vero alcune teste che si presentanodi prolo: ma nessuna girata abbastanza da guardare, infondo alla sala, questo specchio desolato, piccolo rettangololucente, che altro non se non visibilit, ma priva di sguardiche possano farsene padroni, renderla attuale e godere delfrutto allimprovviso maturo del suo spettacolo.

    Occorre riconoscere che tale indierenza non trovariscontro che in quella dello specchio. Esso infatti nonriette nulla di ci che si trova nello stesso suo spazio; n ilpittore che gli volta le spalle, n i personaggi al centro dellastanza. Nella sua chiara profondit non accoglie il visibile.Nella pittura olandese era consuetudine che gli specchisvolgessero una funzione di duplicazione: ripetevano ci cheera dato una prima volta nel quadro, ma allinterno dunospazio irreale, modificato, ristretto, incurvato. Vi si vedeva lamedesima cosa che nella prima istanza del quadro, madecomposta e ricomposta secondo unaltra legge. Qui lospecchio non dice nulla di ci che gi stato detto. Eppurela sua posizione quasi centrale: il suo margine superiorecoincide con la linea che divide in due laltezza del quadro,occupa sul muro di fondo (o per lo meno sulla parte visibiledi questo) una posizione mediana; dovrebbe pertanto essereattraversato dalle stesse linee prospettiche del quadrostesso; ci si potrebbe aspettare che uno stesso studio, unostesso pittore, una stessa tela si disponessero in essosecondo uno spazio identico; potrebbe costituire il duplicatoperfetto.

    Invece non fa vedere nulla di ci che il quadro stessorappresenta. Il suo sguardo immobile mira a cogliere oltre ilquadro, nella regione necessariamente invisibile che neforma la facciata esterna, i personaggi che vi sono disposti.Anzich indugiare presso gli oggetti visibili lo specchiotraversa lintero campo della rappresentazione trascurandoci che potrebbe captarne, e restituisce la visibilit a ci chesi mantiene fuori da ogni sguardo. Linvisibilit che essosupera non quella di ci che occultato: non aggira unostacolo, non svia una prospettiva, si rivolge a quanto reso

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  • invisibile sia dalla struttura del quadro sia dalla suaesistenza come dipinto. Ci che in esso si riette ci chetutti i personaggi della tela stanno ssando, lo sguardodritto davanti a s; dunque ci che potrebbe essere vedutose la tela si prolungasse anteriormente scendendo ancorano ad avvolgere i personaggi che servono da modelli alpittore. Ma, poich la tela si arresta a questo punto,mostrando il pittore e il suo studio, anche quanto sta fuoridel quadro, nella misura in cui quadro, cio frammentorettangolare di linee e colori demandato a rappresentarequalcosa agli occhi di un qualsiasi eventuale spettatore. Infondo alla stanza, da tutti ignorato, lo specchio inatteso fasplendere le gure cui guarda il pittore (il pittore nella suarealt rappresentata, oggettiva, di pittore al lavoro); maaltres le gure che al pittore guardano (nella realtmateriale che linee e colori hanno deposto sulla tela).Queste due gure sono inaccessibili entrambe ma in mododiverso: la prima in virt di un eetto di composizione che proprio del quadro; la seconda in virt della legge chepresiede allesistenza stessa di un qualsiasi quadro ingenere. Il gioco della rappresentazione consiste qui nelportare luna al posto dellaltra, in una sovrapposizioneinstabile, queste due forme dellinvisibilit - e di restituirleallistante stesso allaltra estremit del quadro - al polo che il pi intensamente rappresentato: il polo duna profonditdi riesso nel cavo di una profondit di quadro. Lo specchioassicura una metatesi della visibilit che incide, a un tempo,nello spazio rappresentato nel quadro e nella sua natura dirappresentazione: mostra, al centro della tela, ci che delquadro due volte necessariamente invisibile.

    Strano modo di applicare letteralmente, macapovolgendolo, il consiglio che il vecchio Pachero avevadato, sembra, al suo discepolo, quando lavorava nello studiodi Siviglia: Limmagine deve uscire dal quadro .

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  • Ma forse tempo di dare un nome inne aquestimmagine che appare in fondo allo specchio e che ilpittore di qua dal quadro contempla. forse meglio denireuna buona volta lidentit dei personaggi presenti o indicati,al ne di non pi trovarci intricati allinnito in questedesignazioni fluttuanti, un po astratte, sempre suscettibili diequivoci e di sdoppiamenti: il pittore, i personaggi, imodelli, gli spettatori, le immagini. Invece di inseguireallinnito un linguaggio fatalmente inadeguato al visibilebasterebbe dire che Velazquez ha composto un quadro; chein questo quadro ha rappresentato se stesso nel suo studio oin una sala dellEscoriale nellatto di dipingere duepersonaggi che linfanta Margherita si reca a contemplare,circondata di governanti, di damigelle donore, di cortigianie di nani; che a questo gruppo si possono con grandeprecisione attribuire nomi: la tradizione riconosce qui doaMaria Augustina Sarmiente, l Nieto, in primo piano NicolaPertusato, buone italiano. Basterebbe aggiungere che idue personaggi che servono da modelli al pittore non sonovisibili, perlomeno direttamente; ma che possono esserescorti in uno specchio; che si tratta indubbiamente del reFilippo IV e di sua moglie Marianna.

    Questi nomi propri costituirebbero utili punti diriferimento, eviterebbero designazioni ambigue; cidirebbero ad ogni modo ci che il pittore guarda, e insiemecon lui la maggior parte dei personaggi del quadro. Ma ilrapporto da linguaggio a pittura un rapporto innito. Nonche la parola sia imperfetta e, di fronte al visibile, in unacarenza che si sforzerebbe invano di colmare. Essi sonoirriducibili luno allaltra: vanamente si cercher di dire ciche si vede: ci che si vede non sta mai in ci che si dice;altrettanto vanamente si cercher di far vedere, a mezzo diimmagini, metafore, paragoni, ci che si sta dicendo: illuogo in cui queste gure splendono non quello dispiegatodagli occhi, ma quello denito dalle successioni dellasintassi. Il nome proprio, tuttavia, in questo gioco non cheun articio: permette di additare, cio di far passarefurtivamente dallo spazio in cui si parla allo spazio in cui si

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  • guarda, cio di farli combaciare comodamente lunosullaltro come se fossero congrui. Ma volendo mantenereaperto il rapporto tra il linguaggio e il visibile, volendoparlare a partire dalla loro incompatibilit e non viceversa,in modo da restare vicinissimi sia alluno che allaltro,bisogner allora cancellare i nomi propri e mantenersinellinnito di questo compito. forse attraverso lamediazione di questo linguaggio grigio, anonimo, sempremeticoloso e ripetitivo perch troppo comprensivo che ildipinto a poco a poco accender i suoi chiarori. Occorredunque ngere di non sapere chi si rietter nel fondo dellospecchio e interrogare il riesso medesimo al livello dellasua esistenza.

    Esso anzitutto il rovescio della grande telarappresentata a sinistra. Il rovescio o piuttosto il drittopoich mostra frontalmente ci che essa cela grazie alla suaposizione. Inoltre si oppone alla nestra e la rinforza. Nondiversamente da questa, costituisce infatti uno spaziocomune al quadro e a ci che gli esterno. Ma la nestraopera in virt del movimento continuo di uneusione cheda destra a sinistra unisce ai personaggi attenti, al pittore,al quadro, lo spettacolo che contemplano; lo specchioinvece, grazie a un movimento violento, istantaneo e di purasorpresa cerca di qua dal quadro ci che guardato ma nonvisibile, al ne di restituirlo, sul fondo di questo spazioinventato, visibile ma indierente a tutti gli sguardi. Iltratteggio imperioso che unisce il riesso e ci che in esso siriette recide perpendicolarmente il usso laterale dellaluce. Inne - ed questa la terza funzione dello specchio -aanca una porta che si apre come esso nel muro di fondo.Anche questa ritaglia un rettangolo chiaro la cui luce opacanon sirraggia nella stanza. Non sarebbe che un riquadrodorato se non fosse scavato verso lesterno da un battentescolpito, dalla curva di una tenda e dallombra di alcuniscalini. Qui comincia un corridoio; ma invece di sprofondarsinelloscurit si disperde in uno sfolgorio giallo ove la lucesenza entrare turbina su se stessa e riposa. Su questosfondo vicino e illimitato a un tempo, un uomo si stacca nella

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  • sua alta gura; di prolo; con una mano trattiene il peso diun tendaggio; i suoi piedi sono posti su due gradini diversi;ha il ginocchio piegato. Forse entrer nella stanza; forse silimiter a spiare ci che in essa accade, contento disorprendere senza essere osservato. Non diversamentedallo specchio egli ssa il rovescio della scena: e, al paridello specchio, non gli si presta attenzione alcuna. Non si sadonde viene; si pu supporre che seguendo malcerticorridoi abbia aggirato la stanza ove i personaggi sonoriuniti e in cui lavora il pittore; anchegli forse era, poco fa,sul davanti della scena nella regione invisibile checontemplano tutti gli occhi del quadro. Come le immaginiche si scorgono nel fondo dello specchio forse unemissario di questo spazio evidente e nascosto. Vi tuttaviauna dierenza: l in carne ed ossa; sorge dal difuori, allimite dellarea rappresentata; indubitabile - non riessoprobabile ma irruzione. Lo specchio facendo vedere, di ldegli stessi muri dello studio, ci che avviene di qua dalquadro, fa oscillare, nella sua dimensione sagittale, linternoe lesterno. Con un piede sullo scalino e il corpo interamentedi prolo il visitatore ambiguo entra ed esce a un tempo, inun bilanciamento immobile. Ripete sul posto, ma nella realtscura del suo corpo, il movimento istantaneo delle immaginiche attraversano la stanza, penetrano lo specchio, vi siriettono e ne rimbalzano, nuove e identiche, sotto laspettodi forme visibili. Pallide, minuscole, le gure nello specchiosono respinte dallalta e solida statura delluomo che sorgenel vano della porta.

    Ma occorre ridiscendere dal fondo del quadro verso laparte anteriore della scena; occorre lasciare il circuito di cuiabbiamo percorso la voluta. Partendo dallo sguardo delpittore che, a sinistra, costituisce come un centro spostato,si scorge anzitutto il rovescio della tela, poi i quadri esposticon nel centro lo specchio, poi la porta aperta, poi altriquadri, dei quali una prospettiva molto scorciata lasciavedere solo le cornici nel loro spessore, inne, allestremadestra, la nestra, o piuttosto lo squarcio attraverso cuiirrompe la luce. Questa conchiglia elicoidale ore lintero

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  • ciclo della rappresentazione: lo sguardo, la tavolozza e ilpennello, la tela innocente di segni (vale a dire gli strumentimateriali della rappresentazione), i quadri, i riessi, luomoreale (vale a dire la rappresentazione ultimata ma comeredenta dei suoi contenuti illusori o veri che le sonogiustapposti); poi la rappresentazione si scioglie: ormai sene vedono soltanto le cornici e la luce che dallesternoimpregna i quadri, ma che questi di rimando devonoricostituire nella loro natura propria come se venisse da unaltro luogo attraversando le loro cornici di legno scuro.

    E questa luce infatti visibile sul quadro che sembrasorgere nellinterstizio della cornice; e da l raggiunge lafronte, gli zigomi, gli occhi, lo sguardo del pittore che tienein una mano la tavolozza, nellaltra il sottile pennello... In talmodo si chiude la voluta o piuttosto, grazie a questa luce, siapre.

    Questapertura non pi, come sullo sfondo, una portache stata socchiusa: lampiezza stessa del quadro, e glisguardi che lattraversano non sono quelli di un visitatorelontano. Il celetto che occupa il primo e il secondo piano delquadro rappresenta - se vi includiamo il pittore - ottopersonaggi. Cinque di essi, con la testa pi o meno china,voltata o piegata, guardano in direzione perpendicolare alquadro. Il centro del gruppo occupato dalla piccolainfanta, con la sua ampia veste grigia e rosa. La principessagira la testa verso la destra del quadro, mentre il suo bustoe i grandi volanti della veste fuggono leggermente verso lasinistra; ma lo sguardo cade diritto sullo spettatore che sitrova di fronte al quadro. Una linea mediana che dividessela tela in due ante uguali passerebbe tra gli occhi dellabambina. Il suo volto a un terzo dellaltezza totale delquadro. Di modo che l, senza alcun dubbio, risiede il temaprincipale della composizione; l, loggetto stesso di questodipinto. Come per dimostrarlo e sottolinearlo ancor megliolautore ricorso ad una gura tradizionale: vicino alpersonaggio centrale ne ha posto un altro inginocchiato eche lo sta guardando. Come il donatore in preghiera, comelAngelo che saluta la Vergine, una governante in ginocchio

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  • tende le mani verso la principessa. Il suo volto si stagliasecondo un perfetto prolo. allaltezza di quello dellabambina. La governante guarda la bambina e non guardache lei. Un po pi verso destra c unaltra damigella,voltata anchessa verso linfanta, leggermente china su dilei, ma con gli occhi chiaramente volti in avanti, dove giguardano il pittore e la principessa. Inne due gruppi di duepersonaggi: luno pi indietro, laltro, composto di nani, in primissimo piano. In ognuna delle due coppie unpersonaggio guarda dritto davanti a s, laltro a destra o asinistra. Per posizione e statura questi due gruppi sirispondono e si duplicano: in secondo piano i cortigiani (ladonna a sinistra guarda verso destra); in primo piano i nani(il bambino che allestrema destra guarda verso linternodel quadro). Questo insieme di personaggi, cos disposti,pu costituire due gure, a seconda dellattenzione che siporta al quadro o del centro di riferimento che si sceglie. Laprima sarebbe una grande X; al punto superiore sinistro visarebbe lo sguardo del pittore e a destra quello delcortigiano; allestremit inferiore sinistra vi langolo dellatela vista dal retro (pi esattamente, il piede del cavalletto);a destra il nano (pi esattamente la sua scarpa posta suldorso del cane). Allincrocio di queste due linee, nel centrodella X, lo sguardo dellinfanta. Laltra gura sarebbepiuttosto una vasta curva; i suoi due punti estremisarebbero determinati dal pittore a sinistra e dal cortigianodi destra - estremit alte e retrocesse; lincavo, molto piravvicinato, coinciderebbe con il volto della, principessa, econ lo sguardo che ad esso rivolge la governante. Questalinea leggera disegna una vasca, la quale a un temporinserra e libera in mezzo al quadro larea dello specchio.

    Due sono quindi i centri che possono organizzare ilquadro, a seconda di come lattenzione ondeggi e si fermiqui o l. La principessa ritta in mezzo ad una croce diSantAndrea ruotante intorno a lei col turbine dei cortigiani,delle damigelle donore, degli animali e dei buoni. Maquesto ruotare bloccato. Bloccato da uno spettacolo chesarebbe assolutamente invisibile se questi stessi

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  • personaggi, improvvisamente immobili, non orissero comenel cavo duna coppa la possibilit di guardare nel fondodello specchio il duplicato imprevisto della lorocontemplazione. Nel senso della profondit la principessa sisovrappone allo specchio; in quello dellaltezza il riessoche si sovrappone al volto. Ma la prospettiva li rendevicinissimi luno allaltra. Ora, da ciascuno di essi scaturisceuna linea inevitabile; luna, spuntata dallo specchio, varcalintero spessore rappresentato (e anche di pi, dalmomento che lo specchio fora il muro di fondo e fa nasceredietro di esso un altro spazio); laltra pi breve; provienedallo sguardo della bambina e attraversa solo il primo piano.

    Queste due linee sagittali sono convergenti secondo unangolo molto acuto e il punto del loro incontro, scaturendofuori della tela, si ssa davanti al quadro pressa poco l dadove guardiamo. Punto incerto poich non lo vediamo;punto inevitabile tuttavia e perfettamente denito, essendoimposto da queste due gure sovrane e confermatoulteriormente da altre tratteggiate adiacenti che nasconodal quadro e se ne scostano anchesse.

    Cosa vi inne in questo luogo perfettamenteinaccessibile in quanto esterno al quadro, ma imposto datutte le linee della sua composizione? Di quale spettacolo sitratta, a chi appartengono i volti che si riettono dapprimanel fondo delle pupille dellinfanta, poi in quelle deicortigiani e del pittore, e da ultimo nella luminosit lontanadello specchio? Ma la domanda immediatamente si sdoppia:il volto riesso dallo specchio al tempo stesso quello che locontempla; ci che guardano tutti i personaggi del quadrosono ancora i personaggi ai cui occhi essi vengono oerticome una scena da contemplare. Il quadro nella sua totalitguarda una scena per la quale esso a sua volta una scena.Pura reciprocit che lo specchio guardante e guardatomanifesta, e i cui due momenti sono risolti ai due angoli delquadro: a sinistra il rovescio della tela ad opera del quale ilpunto esterno diviene puro spettacolo; a destra il canedisteso, unico elemento del quadro che non guardi n simuova, essendo fatto, con la sua massa voluminosa e la luce

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  • che gioca nel pelo lucido, soltanto per essere un oggetto daguardare.

    La prima occhiata sul quadro ci ha insegnato di che cosa fatto questo spettacolo-a-fronte. Si tratta dei sovrani.Possiamo gi intuire la loro presenza nello sguardorispettoso del gruppo, nello stupore della bambina e deinani. Li riconosciamo allestremit del quadro, nelle duegurine che lo specchio fa scintillare. In mezzo a tutti questivolti attenti, a tutti questi corpi addobbati, essi sono la pipallida, la pi irreale, la pi compromessa di tutte leimmagini: un movimento, un po di luce basterebbero a farlisvanire. Di tutti questi personaggi rappresentati essi sonoinoltre i pi trascurati, poich nessuno presta attenzione alriesso che sinsinua dietro tutti e sintroducesilenziosamente attraverso uno spazio insospettato; nellamisura in cui sono visibili sono la forma pi fragile e pilontana da ogni realt. Inversamente, nella misura in cui,situandosi allestremo del quadro, sono ritirati in unainvisibilit essenziale, essi ordinano intorno a s tutta larappresentazione; ad essi che si sta di fronte, verso diessi che ci si volta, ai loro occhi che viene presentata laprincipessa nel suo vestito di festa; dal rovescio della telaallinfanta e da questa al nano che gioca allestrema destra,una curva si disegna (oppure, il tratto inferiore della X siapre) per ordinare al loro sguardo tutta la disposizione delquadro e fare apparire in tal modo il vero centro dellacomposizione cui sono sottomessi in ultima analisi losguardo dellinfanta e limmagine nello specchio.

    Questo centro simbolicamente sovrano nellaneddoto,essendo occupato dal re Filippo IV e da sua moglie. Ma lo soprattutto in virt della triplice funzione che occupa inrapporto al quadro. In esso si sovrappongono esattamente losguardo del modello nel momento in cui viene dipinto,quello dello spettatore che contempla la scena e quello delpittore nel momento in cui compone il suo quadro (nonquello che rappresentato ma quello che davanti a noi edel quale parliamo). Queste tre funzioni guardanti siconfondono in un punto esterno al quadro: cio ideale in

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  • rapporto a ci che rappresentato ma perfettamente reale,giacch solo a partire da esso diviene possibile larappresentazione. In questa medesima realt esso non punon essere invisibile. Eppure questa realt proiettataallinterno del quadro - proiettata e diffratta in tre figure checorrispondono alle tre funzioni di quel punto ideale e reale.Esse sono: a sinistra il pittore con la tavolozza in mano(autoritratto dellautore del quadro); a destra il visitatore,con un piede sullo scalino, pronto a entrare nella stanza:questi coglie a rovescio lintera scena, ma vede frontalmentela coppia reale, che lo spettacolo stesso; al centro inne ilriesso del re e della regina, addobbati, immobili,nellatteggiamento di modelli pazienti. Riesso che mostraingenuamente e nellombra ci che tutti guardano in primopiano. Restituisce come per magia ci che manca ad ognisguardo: a quello del pittore, il modello che il suo duplicatogurativo copia l sul quadro; a quello del re il suo ritrattoche in via di compimento sul versante della tela che eglinon pu percepire da dove si trova; a quello dello spettatoreil centro reale della scena, di cui ha preso il posto come pererazione. Ma questa generosit dello specchio forsenta: esso forse nasconde altrettanto e pi di quantomanifesti. Il posto in cui troneggia il re con sua moglie anche quello dellartista e quello dello spettatore: in fondoallo specchio potrebbero apparire - dovrebbero apparire - ilvolto anonimo del passante e quello di Velazquez. Lafunzione reale di questo riesso infatti di attirareallinterno del quadro ci che gli intimamente estraneo: losguardo che lo ha organizzato e quello verso il quale si offre.Ma essendo presenti nel quadro, a sinistra e a destra,lartista e il visitatore non possono essere disposti nellospecchio: viceversa il re appare in fondo allo specchio, inquanto appunto egli non appartiene al quadro.

    Nella grande voluta che percorreva il perimetro dellostudio, dallo sguardo del pittore, con la tavolozza e la manosospesa, no ai quadri ultimati, la rappresentazionenasceva, si compiva per disfarsi di nuovo nella luce; il cicloera perfetto. In compenso le linee che attraversano la

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  • profondit del quadro sono incomplete; a tutte manca unaparte del loro tragitto. Questa lacuna dovuta allassenzadel re - assenza che un articio del pittore. Ma questoarticio cela e indica un vuoto che invece immediato:quello del pittore o dello spettatore nellatto di guardare ocomporre il quadro. Ci accade forse perch in questoquadro come in ogni rappresentazione di cui, per cos dire,esso costituisce lessenza espressa, linvisibilit profonda dici che veduto partecipa dellinvisibilit di colui che vede -nonostante gli specchi, i riessi, le imitazioni, i ritratti.Tuttattorno alla scena sono deposti i segni e le formesuccessive della rappresentazione; ma il duplice rapportoche lega la rappresentazione al suo modello e al suosovrano, al suo autore non meno che a colui cui ne vienefatta oerta, tale rapporto necessariamente interrotto.Esso non pu mai essere presente senza riserva, fosse purein una rappresentazione che ora se stessa in spettacolo.Nella profondit che attraversa la tela, che illusoriamente lascava e la proietta di qua da essa medesima, non possibileche la pura felicit dellimmagine dia mai in piena luce ilmaestro che rappresenta e il sovrano rappresentato.

    Vi forse in questo quadro di Velazquez una sorta dirappresentazione della rappresentazione classica e ladenizione dello spazio che essa apre. Essa tende infatti arappresentare se stessa in tutti i suoi elementi, con le sueimmagini, gli sguardi cui si ore, i volti che rende visibili, igesti che la fanno nascere. Ma l, nella dispersione da essaraccolta e al tempo stesso dispiegata, un vuoto essenziale imperiosamente indicato da ogni parte: la sparizionenecessaria di ci che la istituisce - di colui cui essa somigliae di colui ai cui occhi essa non che somiglianza. Lo stessosoggetto - che il medesimo - stato eliso. E sciolta inneda questo rapporto che la vincolava, la rappresentazionepu offrirsi come pura rappresentazione.

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  • IILa prosa del mondo

    1. LE QUATTRO SIMILITUDINISino alla ne del XVI secolo, la somiglianza ha svolto una

    parte costruttiva nel sapere della cultura occidentale. essache ha guidato in gran parte lesegesi e linterpretazione deitesti; essa che ha organizzato il gioco dei simboli,permesso la conoscenza delle cose visibili ed invisibili,regolato larte di rappresentarle. Il mondo si avvolgeva su semedesimo: la terra ripeteva il cielo, i volti si contemplavanonelle stelle e lerba accoglieva nei suoi steli i segreti cheservivano alluomo. La pittura imitava lo spazio. E larappresentazione - fosse essa festa o sapere - si orivacome ripetizione: teatro della vita o specchio del mondo, taleera il titolo di ogni linguaggio, il suo modo di annunciarsi edi formulare il suo diritto a parlare.

    Occorre che sostiamo un po in questo momento deltempo, quando la somiglianza sta per sciogliere la suaappartenenza al sapere e scomparire, parzialmente almeno,dallorizzonte della conoscenza. Alla ne del secolo XVI, alprincipio del XVII, in che modo era pensata la similitudine?In che modo essa poteva organizzare le gure del sapere? Ese vero che le cose che si somigliavano erano in numeroinnito, possiamo almeno stabilire le forme secondo le qualipoteva loro capitare di essere simili le une alle altre?

    La trama semantica della somiglianza nel XVI secolo assai ricca: Amicitia, Aequalitas (contractus, consensus,matrimonium, societas, pax et similia) , Consonantia,Concertus, Continuum, Paritas, Proportio, Similitudo,Conjunctio, Copula 1. E vi sono ancora numerose altrenozioni che, alla supercie del pensiero, sincrociano, sisoverchiano, si rinforzano o si limitano. Basti per ora

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  • indicare le principali gure che prescrivono le loroarticolazioni al sapere della somiglianza. Quattroindubbiamente sono essenziali.

    Anzitutto la convenientia. A dire il vero questa paroladesigna con maggior decisione la vicinanza dei luoghianzich la similitudine. Sono convenienti le cose che,avvicinandosi luna allaltra, niscono con laancarsi; i loromargini si toccano; le loro frange si mescolano, lestremitdelluna indica linizio dellaltra. In tal modo il movimento sicomunica, analogamente alle inuenze, alle passioni, eanche alle propriet. Di modo che in questa cerniera dellecose una somiglianza appare. Doppia, non appena si tenti didistricarla: somiglianza del luogo, della sede ove la naturaha posto le due cose, quindi similitudine delle propriet; nelcontenente naturale che il mondo, infatti, la vicinanza non una relazione esterna tra le cose, ma il segno di unaparentela perlomeno oscura. E poi da questo contattonascono per scambio nuove somiglianze; un regime comunesimpone; alla similitudine come ragione sorda dellavicinanza si sovrappone una somiglianza che leettovisibile della prossimit. Lanima e il corpo, ad esempio,sono due volte convenienti: stato necessario che il peccatorendesse lanima spessa, pesante e terrestre perch Dio lacollocasse nella parte pi fonda della materia. Ma in graziadi tale vicinanza lanima riceve i movimenti del corpo e adesso si assimila, mentre il corpo si altera e si corrompe perle passioni dellanima1 . Nellampia sintassi del mondo, gliesseri diversi si acconciano gli uni agli altri; la piantacomunica con la bestia, la terra col mare, luomo con tuttoci che lo circonda. La somiglianza impone vicinanze che sirendono a loro volta garanti di somiglianze. Il luogo e lasimilitudine si aggrovigliano tra loro, si vedono cresceremuschi sul dorso delle conchiglie, piante tra le corna ramosedei cervi, certe specie di erbe sul volto degli uomini; e lostrano zooto giustappone mescolandole le propriet che lorendono simile in uguale misura alla pianta e allanimale 2.Altrettanti segni di convenienza.

    La convenientia una somiglianza legata allo spazio nella

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  • forma dell a mano a mano. nellordine dellacongiunzione e delladeguamento. Per questo appartienemeno alle cose medesime che al mondo in cui queste sitrovano. Il mondo la convenienza universale delle cose;vi sono pesci nellacqua quanti vi sono, in terra, animali ooggetti prodotti dalla natura o dagli uomini (non esistonoforse pesci che si chiamano Episcopus o Catena o Priapus?);nellacqua e sulla supercie della terra vi sono non menoesseri che nel cielo, ai quali corrispondono; inne in tutto ilcreato ve ne sono tanti quanti ne potremmo trovaresovranamente contenuti in Dio, Seminatore dellEsistenza,del Potere, della Conoscenza e dellAmore 1. Cos, in virtdel concatenarsi di somiglianza e spazio, per il potere diquesta convenienza che avvicina il simile ed assimila i vicini,il mondo forma catena con se medesimo. In ogni punto dicontatto comincia e nisce un anello che somiglia alprecedente e somiglia al seguente; e di cerchio in cerchio lesimilitudini sinseguono serbando gli estremi nella lorodistanza (Dio e la materia), avvicinandoli in modo che lavolont dellOnnipotente penetri n entro i recessi piassopiti. Questa catena immensa, tesa e vibrante, questacorda della convenienza viene evocata da Porta in un testodella sua Magia naturale: Per quanto riguarda la suavegetazione, la pianta si accorda con la bestia bruta, e invirt del sentimento, lanimale brutale con luomo, che a suavolta si conforma al resto degli astri grazie alla suaintelligenza; questo legame procede con tanta esattezza dasembrare una corda tesa dalla prima causa no alle cosebasse e inme, in forza di un legame reciproco e continuo;di modo che la virt superiore che dionde i suoi raggi sarcondotta al punto in cui, se ne venga toccata una estremit,tremer e far muovere il resto 2 .

    La seconda forma di similitudine laemulatio: una sortadi convenienza, ma svincolata dalla legge del luogo eoperante, immobile, nella distanza. Un po come se laconnivenza spaziale fosse stata infranta e gli anelli dellacatena, liberi, riproducessero i loro cerchi, remoti gli unidagli altri, secondo una somiglianza senza contatto. Vi

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  • nellemulazione qualcosa sia del riesso sia dello specchio:grazie ad essa le cose disseminate nel mondo si dannorisposta. Visto da lontano, il volto lemulo del cielo; comelintelletto delluomo riette imperfettamente la saggezza diDio, cos i due occhi con la loro luminosit limitata riettonola grande illuminazione diusa, nel cielo, dal sole e dallaluna; la bocca Venere, poich attraverso essa passano ibaci e le parole damore; il naso rende la minuscolaimmagine dello scettro di Giove e del caduceo di Mercurio 3.In virt di questo rapporto di emulazione le cose possonoimitarsi da un capo allaltro delluniverso senzaconcatenamento n prossimit: in virt della suareduplicazione speculare, il mondo abolisce la distanza chegli propria; trionfa in tal modo del luogo assegnato a ognicosa. Di questi riessi che percorrono lo spazio, quali sono iprimi? Dov la realt, dove limmagine proiettata? Spessonon possibile dirlo, lemulazione essendo una specie digemellit naturale delle cose; essa nasce da una ripiegaturadellessere i cui due lati, immediatamente, si fronteggiano.Paracelso paragona questo raddoppiamento fondamentaledel mondo allimmagine di due gemelli che si somiglianoperfettamente, senza che alcuno sia in grado di dire qualedei due abbia portato allaltro la propria similitudine 1 .

    Lemulazione tuttavia non lascia inerti queste due gureriesse che essa mette dirimpetto luna allaltra. Accade cheuna sia pi debole e accolga il forte inusso di quella chenel suo specchio passivo si riette. Le stelle non prevalgonoforse sulle erbe della terra, di cui sono il modello immutato,la forma inalterabile, e sulle quali esse possono riversaresegretamente tutta la dinastia dei loro inussi? La terraoscura lo specchio del cielo seminato, ma in questocertame i due rivali non sono pari n in valore n in dignit.Le luminosit dellerba mitemente riproducono la formapura del cielo: Le stelle dice Crollius sono la matrice ditutte le erbe ed ogni stella del cielo non che la spiritualepregurazione di unerba, quale essa la rappresenta, ecome ogni erba o pianta una stella terrestre che guarda ilcielo, cos ogni stella una pianta celeste in forma

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  • spirituale, la quale dierisce dalle terrestri per la solamateria..., le piante e le erbe celesti sono orientate indirezione della terra e guardano direttamente le erbe chehanno procreate, infondendo in esse qualche virtparticolare 2 .

    Ma accade altres che il certame resti aperto e che ilcalmo specchio si limiti a riettere limmagine dei duesoldati irritati. La similitudine diviene allora ilcombattimento di una forma contro unaltra o piuttosto diuna medesima forma separata da s ad opera del peso dellamateria o della distanza dei luoghi. Luomo di Paracelso ,come il rmamento, costellato di astri ; ma non ad essolegato come il ladro alle galere, lassassino alla ruota, ilpesce al pescatore, la selvaggina a colui che la caccia . proprio del rmamento delluomo essere libero e potente, non obbedire ad alcun ordine , non essere governatoda alcuna delle altre creature . Il suo cielo interiore puessere autonomo e poggiare solo su se stesso, purch essodiventi, con la propria saggezza, che anche sapere, simileallordine del mondo, lo riprenda in s e faccia cos ribaltarenel proprio rmamento interno quello in cui scintillano levisibili stelle. La saggezza dello specchio conterr allora dirimando il mondo in cui era collocata; il suo grande anello siincurver sino al fondo del cielo, e di l da esso; luomoscoprir di avere le stelle allinterno di se medesimo..., e diportare cos il firmamento con tutti i suoi influssi 1 .

    Lemulazione si ore in primo luogo sotto forma dunsemplice riesso, furtivo, lontano; percorre in silenzio glispazi del mondo. Ma la distanza che essa valica non annullata dalla sua sottile metafora; resta schiusa allavisibilit. E in questo duello le due gure arontatesimpossessano luna dellaltra. Il simile avvolge il simile,che a sua volta lo accerchia, e sar forse nuovamenteavviluppato, in virt di un raddoppiamento che ha il poteredi ripetersi allinnito. Gli anelli dellemulazione nonformano una catena come gli elementi della convenienza,ma piuttosto cerchi concentrici, riflessi e rivali.

    Terza forma della similitudine, lanalogia. un vecchio

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  • concetto familiare gi alla scienza greca e al pensieromedievale, ma il cui uso probabilmente cambiato.Nellanalogia convenientia ed aemulatio si sovrappongono.Al pari della prima, essa consente il meraviglioso confrontodelle somiglianze attraverso lo spazio, ma parla, come laseconda, di adattamenti, di vincoli e di giuntura. Il suopotere immenso perch le similitudini da essa trattate nonsono quelle, visibili, massicce, delle cose stesse; basta checonsistano nelle somiglianze pi sottili dei rapporti.Alleggerita in tal modo, pu esibire, a partire da unmedesimo punto, un numero indenito di parentele. Ilrapporto, ad esempio, tra gli astri e il cielo in cui scintillanoviene ritrovato anche tra lerba e la terra, tra i viventi e ilglobo che abitano, tra i minerali, i diamanti, e le rocce in cuisono racchiusi, tra gli organi dei sensi e il volto cheanimano, tra le macchie della pelle e il corpo chesegretamente contrassegnato. Una analogia pu anchetorcersi su se stessa senza perci essere contestata. Lavecchia analogia tra pianta e animale (il vegetale unabestia che sta con la testa in gi, con la bocca - o con leradici - tta nella terra), non n criticata n cancellata daCesalpino; al contrario, egli la potenzia, la moltiplica su dis, no a scoprire che la pianta un animale in piedi i cuiprincipi nutritivi salgono dal basso verso la sommit lungouno stelo che si estende come un corpo e termina con unatesta - mazzo, ori, foglie: rapporto inverso, ma noncontraddittorio, con la prima analogia che pone la radicenella parte inferiore della pianta, lo stelo nella partesuperiore, poich negli animali il reticolo venoso cominciaesso pure nella parte inferiore del ventre e la venaprincipale sale verso il cuore e la testa 1 .

    Questa reversibilit, non meno di questa polivalenza,conferisce allanalogia un campo universale dapplicazione.Ad opera sua tutte le gure del mondo possono essereaccostate. Esiste tuttavia, in questo spazio solcato in tutte ledirezioni, un punto privilegiato: saturato di analogie(ciascuna pu trovarvi uno dei suoi punti dappoggio) e,passando attraverso di esso, i rapporti sinvertono senza

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  • alterarsi. Questo punto luomo; egli in rapporto diproporzione con il cielo come con gli animali e le piante, conla terra, i metalli, le stalattiti o le tempeste.

    Eretto in mezzo ai vari lati del mondo, egli ha rapporto conil rmamento (il suo volto sta al suo corpo come il volto delcielo sta alletere; il polso batte nelle vene come gli astricircolano secondo i percorsi loro assegnati; le sette aperturecostituiscono nel suo volto gli analoghi dei sette pianeti delcielo); ma, tutti questi rapporti, luomo li fa ribaltare cosche si ritrovano simili nellanalogia dellanimale umano conla terra da esso abitata: la sua carne una zolla, le ossasono rocce, le vene grandi umi; la sua vescica il mare e lesue sette membra principali, i sette metalli che sinascondono in fondo alle miniere2. Il corpo delluomo sempre la met possibile dun atlante universale. notocome Pierre Belon ha tracciato, n nei particolari, la primatavola comparata dello scheletro umano e di quello degliuccelli: dove si vede lestremit dellala chiamataappendice la quale proporzionata allala, come il pollicealla mano; la punta di questa estremit che come i diti innoi...; losso dato come gambe agli uccelli, il qualecorrisponde al nostro tallone; cos come noi abbiamo quattroditi nei piedi, gli uccelli hanno quattro diti, di cui quelloposteriore dato, in proporzione, come lalluce in noi 3.Tanta precisione anatomia comparata solo per unosguardo armato delle conoscenze del XIX secolo. Accadeche la griglia attraverso la quale lasciamo giungere no alnostro sapere le gure della somiglianza coincida in questopunto (e quasi in questo punto soltanto) con quella cheaveva disposto sulle cose il sapere del XVI secolo.

    Ma la descrizione di Belon non trova in realt riferimentoche nella positivit che lha resa al suo tempo possibile. Non n pi razionale n pi scientica delle osservazioni fatteda Aldrovandi nel paragonare le parti basse delluomo ailuoghi ripugnanti del mondo, allInferno, alle sue tenebre, aidannati che sono come gli escrementi dellUniverso 1;appartiene alla stessa cosmograa analogica del confronto,

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  • classico ai tempi di Crollius, tra lapoplessia e il temporale:la tempesta comincia quando laria si appesantisce e siagita, la crisi nel momento in cui i pensieri diventanopesanti, inquieti; poi le nuvole si accavallano, il ventre sigona, il tuono esplode e la vescica si spezza; i lampifulminano mentre gli occhi brillano dun bagliore terribile, lapioggia cade, la bocca schiuma, il fulmine si scatena mentregli spiriti fanno scoppiare la pelle; ma ecco che il tempodiviene nuovamente sereno e che la ragione si ristabiliscenel malato 2.

    Lo spazio delle analogie in fondo uno spaziodirradiazione. Da ogni parte luomo posto in riferimentoad esso; ma questo uomo medesimo, a sua volta, trasmettele somiglianze che riceve dal mondo. il grande fuoco delleproporzioni, il centro in cui i rapporti convergono e trovanosostegno, e donde vengono nuovamente riflessi.

    La quarta forma di somiglianza inne garantita dal giocod e l le simpatie. Ivi nessun cammino anticipatamentedeterminato, nessuna distanza presupposta, nessunconcatenamento stabilito. La simpatia agisce allo statolibero nelle profondit del mondo. Essa percorre in unistante gli spazi pi vasti: dal pianeta alluomo che essagoverna, la simpatia cade da lungi come il fulmine; essa puinvece nascere da un semplice contatto, come quelle rosedi lutto e delle quali ci si sar serviti alle esequie , che, invirt della sola vicinanza della morte, renderanno chiunquene respiri il profumo triste e morente 3 . Ma il suo potere tale che essa non si contenta di scaturire da un solocontatto e di percorrere gli spazi; suscita il movimento dellecose nel mondo e provoca lavvicinamento delle pi distanti.Essa principio di mobilit: attira le cose pesanti verso lagravezza del suolo e le cose leggere verso letere senzapeso; spinge le radici verso lacqua e fa virare con lorbitasolare il gran ore giallo del girasole. Inoltre, attirando lecose le une verso le altre attraverso un movimento esterioree visibile, suscita segretamente un moto interno, unospostamento delle qualit che si danno il cambioalternativamente; in quanto caldo e leggero, il fuoco si alza

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  • nellaria, verso la quale le sue amme instancabilmente sitendono; ma perde la sua propria asciuttezza (che loimparentava alla terra) ed acquista in tal modo una umidit(che lo lega allacqua e allaria); dilegua allora in vaporeleggero, in fumo azzurro, in nuvola: divenuto aria. Lasimpatia una istanza del Medesimo di forza e urgenza talida non contentarsi di essere una delle forme del simile: ha ilpericoloso potere di assimilare, di rendere le cose identichele une alle altre, di mescolarle, di farne svanirelindividualit, e dunque di renderle estranee a quello cheerano. La simpatia trasforma. Altera, ma nella direzionedellidentico, di modo che se il suo potere non venisseequilibrato, il mondo si ridurrebbe a un punto, ad una massaomogenea, alla smorta gura del Medesimo: tutte le sueparti sarebbero connesse e comunicherebbero tra lorosenza rottura n distanza come le catene di metallo sospeseper simpatia al richiamo duna sola calamita 1.

    Proprio per questo la simpatia compensata dalla suagura gemella, lantipatia. Questultima serba le cose nelloro isolamento ed impedisce lassimilazione; racchiude ognispecie nella sua dierenza ostinata e nella sua propensionea perseverare in ci che : ben noto che le piante hannoodio fra loro... si dice che lulivo e la vigna odiano il cavolo; ilcetriolo fugge lulivo... dato che crescono ad opera delcalore del sole e dellumore della terra, necessario cheogni albero opaco e spesso, al pari di quello con pi radici,sia pernicioso agli altri 2 .

    In tal modo allinnito, attraverso il tempo, gli esseri delmondo si odieranno e contro ogni simpatia manterranno illoro feroce appetito. Il topo dIndia pernicioso alcoccodrillo poich Natura glielo ha dato come nemico; dimodo che quando questo violento si allieta al sole, gli tendeinsidia e sottigliezza mortale; scorgendo che il coccodrillo,assopito nelle sue delizie dorme con le fauci spalancate,penetra attraverso questapertura e si insinua per lampiastrozza nel ventre di costui, e rodendogli le viscere esceinne dal ventre della bestia uccisa. Ma a loro volta inemici del topo lo insidiano: infatti in lotta con il ragno e,

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  • combattendo spesse volte con laspide, muore . Attraversoquesto gioco dellantipatia che le disperde, ma in ugualemisura le attira alla lotta, le rende micidiali e le espone aloro volta alla morte, ecco che cose e bestie ed ogni guradel mondo restano quello che sono.

    Lidentit delle cose, il fatto che possono somigliare allealtre ed accostarsi fra loro senza sommergersi in esse epreservando la loro singolarit, assicurata dallequilibriocostante di simpatia e di antipatia. Esso spiega come le cosecrescano, si sviluppino, si mescolino, spariscano, muoianoma incessantemente si ritrovino; spiega, cio, lesistere diuno spazio (il quale non tuttavia senza riferimento oripetizione, senza scampo di similitudine) e di un tempo (ilquale tuttavia lascia riapparire continuamente le stessegure, le stesse specie, gli stessi elementi). Per quanto diper s i quattro corpi (acqua, aria, fuoco, terra) sianosemplici ed abbiano qualit distinte, tuttavia, nella misura incui il Creatore ha ordinato che i corpi elementari risultinocomposti di elementi mescolati, ecco il motivo per cui le loroconvenienze e discordanze sono notevoli, il che riconoscibile attraverso le loro qualit. Lelemento del fuoco caldo e asciutto; ha dunque antipatia per quelli dellacquache fredda e umida. Laria calda umida, la terra fredda secca, si tratta di antipatia. Per accordarle, laria statamessa tra il fuoco e lacqua, lacqua tra la terra e laria. Peril fatto che laria calda, buona vicina del fuoco e la suaumidit si accorda con quella dellacqua. Nuovamente, per ilfatto che la sua umidit temperata, essa modera il caloredel fuoco e ne riceve anche aiuto, come daltra parte,attraverso il suo mediocre calore, esso rende tiepida lumidafreddezza dellacqua. Lumidit dellacqua riscaldata dalcalore dellaria e allevia la fredda secchezza della terra. 1 La sovranit della coppia simpatia-antipatia, il movimento ela dispersione da essa prescritti originano tutte le formedella somiglianza. In tal modo le tre prime similitudinivengono riprese e spiegate. Lintero volume del mondo,tutte le vicinanze della convenienza, tutti gli echidellemulazione, tutti i concatenamenti dellanalogia sono

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  • sostenuti, serbati e duplicati da questo spazio della simpatiae dellantipatia che non cessa di avvicinare le cose e ditenerle a distanza. In virt di questo gioco il mondo restaidentico; le somiglianze continuano ad essere ci che sono, ea somigliarsi. Il medesimo resta il medesimo; e sbarratonella propria identit.

    2. LE SEGNATUREEppure il sistema non chiuso. Unapertura resta:

    attraverso questa lintero gioco delle somiglianzerischierebbe di sfuggire a se medesimo o di restare nel buio,se una nuova gura della similitudine non subentrasse acompiere il cerchio - a renderlo a un tempo perfetto eevidente.

    Convenientia, aemulatio, analogica e simpatia ci diconocome il mondo deve ripiegarsi su se medesimo, duplicarsi,riettersi o concatenarsi anch le cose possano esseresomiglianti. Ci dicono i cammini della similitudine e leregioni da essi attraversate; non il posto in cui essa si trova,n come la si vede n il contrassegno che la rendericonoscibile. Ora, potrebbe forse capitarci di percorrerelintero stupendo rigoglio delle somiglianze senza nemmenosospettare che stato da tempo preparato dallordine delmondo e a nostro maggior benecio. Per sapere chelaconito guarisce le malattie degli occhi o che la nocepestata con lo spirito del vino cura i mali di testa, sar purnecessario che un segno ce ne avverta: altrimenti questosegreto resterebbe illimitatamente assopito. Potremmo maisapere che un rapporto di gemellit o di agone lega unuomo al suo pianeta, se sul suo corpo e tra le rughe del suovolto non vi fosse il segno che rivale di Marte oimparentato con Saturno? Occorre che le similitudini sepoltevengano segnalate sulla supercie delle cose; uncontrassegno visibile delle analogie invisibili necessario.Ogni somiglianza non forse, a un tempo, ci che pievidente e ci che pi celato? Non risulta infatti costituita

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  • da pezzi giustapposti, gli uni identici, gli altri diversi:assolutamente compatta, una similitudine che si vede omeno. Sarebbe pertanto priva di criterio, se in essa - o al disopra o accanto - non vi fosse un elemento di decisione atrasformarne lo scintillio esitante in chiara certezza.

    Non vi somiglianza senza segnatura. Il mondo del similenon pu essere che un mondo segnato. Non volont diDio dice Paracelso che resti nascosto ci che Egli creaper il benecio delluomo e ci che gli d... E anche se hanascosto alcune cose, non ha lasciato niente senza segniesterni, visibili per mezzo di note speciali - al pari di unuomo che sotterrando un tesoro ne segna il posto al ne dipoterlo ritrovare 1. Il sapere delle somiglianze si fonda sulrilevamento di tali segnature e sulla loro decifrazione. Vano fermarsi alla scorza delle piante per conoscerne la natura;occorre puntare direttamente sui loro segni, sullombra eimmagine di Dio, che esse portano, o sulla virt interna che stata loro data dal cielo come per dotazione naturale,...dico bene virt, la quale si riconosce appunto attraverso lasegnatura 1 . Il sistema delle segnature rovescia il rapportotra il visibile e linvisibile. La somiglianza era la formainvisibile di ci che, dal fondo della realt, rendeva le cosevisibili; ma anch tale forma a sua volta aori alla luce, civuole una gura visibile che la tragga dalla sua profondainvisibilit. Proprio per questo il volto del mondo copertodi blasoni, di caratteri, di cifre, di parole oscure, di geroglici diceva Turner. E lo spazio delle somiglianzeimmediate diventa una sorta di grande libro aperto; irto digrasmi; sullintera distesa della pagina sono visibili stranegure che sintrecciano e a volte si ripetono. Non resta chedecifrarle: Non forse vero che tutte le erbe, piante,alberi o altro, provenienti dalle viscere della terra, sonoaltrettanti libri e segni magici? 2. Il grande specchio calmoin fondo al quale le cose si contemplavano e rinviavano,luna allaltra, le loro immagini, in realt colmo dun brusiodi parole. I muti riessi sono duplicati da parole che liindicano. E in grazia di una forma estrema di somiglianza

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  • che avvolge tutte le altre e le serra in un cerchio unico, ilmondo pu paragonarsi ad un uomo che parla: al modostesso in cui gli occulti movimenti delle sue conoscenze sonoespressi per mezzo della voce, analogamente sembraproprio che le erbe parlino al medico curioso attraverso laloro segnatura, manifestandogli... le loro virt interneoccultate sotto il velo del silenzio della natura 3 .

    Ma occorre indugiare un po su questo linguaggiomedesimo. Sui segni di cui formato. Sul modo col qualequesti segni rinviano a ci che essi indicano.

    Vi simpatia tra laconito e gli occhi. Questa anitimprevista resterebbe nellombra, se sulla pianta non vifosse una segnatura, un marchio e come una parola che nedichiari lecacia per le malattie degli occhi. Questo segno perfettamente leggibile nei suoi semi, piccoli globi scuriincastonati nelle bianche pellicole, raguranti allincirca ciche le palpebre sono per gli occhi 4. Lo stesso vale perlanit della noce e della testa; ci che guarisce lepiaghe del pericranio la spessa scorza verde che poggiasulle ossa - sul guscio - del frutto: ma i mali interni dellatesta sono prevenuti dal nocciolo stesso che mostraproprio il cervello 1 . Il segno dellanit e ci che la rendevisibile non altro che lanalogia; la cifra della simpatia contenuta nella proporzione.

    Ma la proporzione stessa quale segnatura porter perpoterla riconoscere? Come potremmo sapere che le pieghedella mano o le rughe della fronte tracciano sul corpo degliuomini quelle che sono, nel gran tessuto della vita, leinclinazioni, gli accidenti, le traversie? Appunto per il fattoche la simpatia fa comunicare il corpo con il cielo etrasmette il moto dei pianeti alle avventure degli uomini. Edanche perch la brevit duna linea riette limmaginesemplice duna vita corta, lincrocio di due pieghe lincontrodi un ostacolo, il moto ascendente duna ruga lascesa dunuomo verso il successo. La larghezza segno di ricchezza edimportanza; la continuit indica la fortuna; la discontinuitla sfortuna 2. La grande analogia del corpo e del destino

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  • contrassegnata dallintero sistema degli specchi e deirichiami. Sono le simpatie e le emulazioni che segnalano leanalogie.

    Per quanto riguarda lemula