Metodo scientifico vs Libertà di cura

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Metodo scientifico vs Libertà di cura Per molti anni, quelli del dottorato e della mia lunga esperienza universitaria, ho avuto l'opportunità di osservare da vicino e di vivere il mondo della ricerca, mondo che in Italia, come sappiamo, non gode di vita facile. Per quanto coinvolta nell'ambito degli studi sociologici, che abbracciano questioni per così dire un po' meno "urgenti" rispetto a settori ben più rilevanti per il genere umano come la medicina, la genetica e la biologia, ho sempre e comunque difeso il rigore scientifico e il cosiddetto Metodo, a costo di scontrarmi (non poche volte) con tempistiche improbabili e matrici di dati ingestibili. E' merito (o colpa?) di Galileo se oggi qualsiasi ipotesi, prima di essere verificata e quindi portare a risultati condivisibili, sia costretta a passare attraverso un preciso iter di esperimenti e osservazioni. E questa è cosa buona è giusta, altrimenti qualsiasi svitato con deliri di onnipotenza potrebbe tranquillamente pretendere di far circolare teorie o strumenti non validati spacciandoli per verità assolute. E questo, per il bene di tutti, non lo vogliamo. Il metodo scientifico esiste proprio per rendere condiviso e condivisibile un determinato sapere, mettendoci al riparo da chi voglia speculare facendo leva sull'ingenuità della gente. Ma cosa succede quando una teoria arriva a coinvolgere il Diritto alla Vita, che è qualcosa di ben più importante rispetto ad un impersonale protocollo o a una procedura sperimentale? Cosa accade se una scoperta scientifica non ancora testata, verificata o condivisa si scontra faccia a faccia con la sfera della morale e dell'etica? Con tutto il rispetto per il CERN di Ginevra, penso che esista una grande differenza tra la scoperta del Bosone di Higgs e quella del vaccino per l'HIV, che consentirebbe di salvare milioni di vite umane in tutto il mondo. Il dibattito che vede contrapporsi Metodo scientifico, da un lato, e Libertà di cura, dall'altro, non è di certo una novità, basti pensare agli infuocati scontri che in passato hanno puntato i riflettori sul famigerato Metodo Di Bella. Ma in queste settimane, dopo il servizio di Giulio Golia sulla piccola Sofia, ne abbiamo visto davvero delle belle. Prima la tragica interruzione della terapia alle cellule staminali, che con Sofia stava dando risultati incoraggianti, e poi la ripresa delle somministrazioni, ma con condizioni che non danno la possibilità ad altri malati di tentare questa nuova strada terapeutica. Il tutto condito da un'esplosione mediatica pazzesca che ha coinvolto la Rete ma anche personaggi dello spettacolo come Adriano Celentano. La questione è complessa, perché sul ring si fronteggiano gli scienziati, spiazzati per l'improvvisa apertura del Governo, e l'opinione pubblica, che fa il tifo per Sofia e per la sua famiglia. Ma la piccola, in questo caso, è solo il portavoce di uno scontento diffuso, perché sono moltissimi i malati che, pur ottenendo vantaggio e giovamento da terapie non validate, sono costretti ad abbandonare una strada di speranza perché eccessivamente dispendiosa o addirittura messa al bando dalla comunità scientifica. La verità è che non possiamo decidere come curarci, ma siamo costretti il più delle volte a sottostare a regolamenti rigidi e immodificabili, tutto questo per il bene della scienza e del Metodo scientifico. Ma la vita è troppo importante, e se esiste anche una remota possibilità di cura o di miglioramento perché non rendere disponibile terapie ancora in una fase di sperimentazione? Per la malattia di Sofia, come molte altre patologie rare, non esiste una cura, ma si può solo sperare di arrivare a un miglioramento delle condizioni generali: si tratta di scegliere tra una morte certa o una terapia con prospettive incoraggianti ma non ancora condivisa. La terapia alle cellule staminali, ma come questa molte altre terapie "fuori protocollo", ha dato buoni risultati in molti casi, il problema è che non ci sono i numeri, non ci sono le pubblicazioni scientifiche, non c'è un iter sperimentale con i giusti canoni. Ma questo, secondo me, non può essere tenuto in considerazione quando si

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Metodo scientifico vs Libertà di cura

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Metodo scientifico vs Libertà di cura

Per molti anni, quelli del dottorato e della mia lunga esperienza universitaria, ho avuto l'opportunità di

osservare da vicino e di vivere il mondo della ricerca, mondo che in Italia, come sappiamo, non gode di vita

facile. Per quanto coinvolta nell'ambito degli studi sociologici, che abbracciano questioni per così dire un po'

meno "urgenti" rispetto a settori ben più rilevanti per il genere umano come la medicina, la genetica e la

biologia, ho sempre e comunque difeso il rigore scientifico e il cosiddetto Metodo, a costo di scontrarmi (non

poche volte) con tempistiche improbabili e matrici di dati ingestibili.

E' merito (o colpa?) di Galileo se oggi qualsiasi ipotesi, prima di essere verificata e quindi portare a risultati

condivisibili, sia costretta a passare attraverso un preciso iter di esperimenti e osservazioni. E questa è cosa

buona è giusta, altrimenti qualsiasi svitato con deliri di onnipotenza potrebbe tranquillamente pretendere di

far circolare teorie o strumenti non validati spacciandoli per verità assolute. E questo, per il bene di tutti, non

lo vogliamo. Il metodo scientifico esiste proprio per rendere condiviso e condivisibile un determinato sapere,

mettendoci al riparo da chi voglia speculare facendo leva sull'ingenuità della gente.

Ma cosa succede quando una teoria arriva a coinvolgere il Diritto alla Vita, che è qualcosa di ben più

importante rispetto ad un impersonale protocollo o a una procedura sperimentale? Cosa accade se una

scoperta scientifica non ancora testata, verificata o condivisa si scontra faccia a faccia con la sfera della

morale e dell'etica? Con tutto il rispetto per il CERN di Ginevra, penso che esista una grande differenza tra la

scoperta del Bosone di Higgs e quella del vaccino per l'HIV, che consentirebbe di salvare milioni di vite

umane in tutto il mondo.

Il dibattito che vede contrapporsi Metodo scientifico, da un lato, e Libertà di cura, dall'altro, non è di certo

una novità, basti pensare agli infuocati scontri che in passato hanno puntato i riflettori sul famigerato

Metodo Di Bella. Ma in queste settimane, dopo il servizio di Giulio Golia sulla piccola Sofia, ne abbiamo visto

davvero delle belle. Prima la tragica interruzione della terapia alle cellule staminali, che con Sofia stava

dando risultati incoraggianti, e poi la ripresa delle somministrazioni, ma con condizioni che non danno la

possibilità ad altri malati di tentare questa nuova strada terapeutica. Il tutto condito da un'esplosione

mediatica pazzesca che ha coinvolto la Rete ma anche personaggi dello spettacolo come Adriano Celentano.

La questione è complessa, perché sul ring si fronteggiano gli scienziati, spiazzati per l'improvvisa apertura del

Governo, e l'opinione pubblica, che fa il tifo per Sofia e per la sua famiglia. Ma la piccola, in questo caso, è

solo il portavoce di uno scontento diffuso, perché sono moltissimi i malati che, pur ottenendo vantaggio e

giovamento da terapie non validate, sono costretti ad abbandonare una strada di speranza perché

eccessivamente dispendiosa o addirittura messa al bando dalla comunità scientifica.

La verità è che non possiamo decidere come curarci, ma siamo costretti il più delle volte a sottostare a

regolamenti rigidi e immodificabili, tutto questo per il bene della scienza e del Metodo scientifico. Ma la vita

è troppo importante, e se esiste anche una remota possibilità di cura o di miglioramento perché non rendere

disponibile terapie ancora in una fase di sperimentazione? Per la malattia di Sofia, come molte altre patologie

rare, non esiste una cura, ma si può solo sperare di arrivare a un miglioramento delle condizioni generali: si

tratta di scegliere tra una morte certa o una terapia con prospettive incoraggianti ma non ancora condivisa.

La terapia alle cellule staminali, ma come questa molte altre terapie "fuori protocollo", ha dato buoni risultati

in molti casi, il problema è che non ci sono i numeri, non ci sono le pubblicazioni scientifiche, non c'è un iter

sperimentale con i giusti canoni. Ma questo, secondo me, non può essere tenuto in considerazione quando si

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parla di Vita, perché la vita non aspetta e non può di certo aspettare i lunghissimi tempi delle

sperimentazioni. Se si può fare qualcosa, qualsiasi cosa, è bene farlo subito e in fretta, e il fatto che esistano

dei rischi per la salute ad un certo punto è un dettaglio che passa in secondo piano: sinceramente tra la morte

certa e rischi o complicazioni preferirei di gran lunga affrontare i secondi.

Nessuno può sapere come reagirà il singolo malato a una determinata cura, lo dicono medici più affermati.

La Cura con la C maiuscola non può essere uguale per tutti perché le variabili e le combinazioni tra le diverse

possibilità sono praticamente infinite. Esistono le guarigioni inspiegabili, i cosiddetti "miracoli medici" che

coinvolgono circa il 3% dei malati di tumore. Esistono persone guarite da malattie gravissime grazie

all'utilizzo di terapie alternative. Può succedere che una terapia risulti essere efficacissima in un caso e

totalmente fallimentare in un altro. Succede anche questo, e non se ne conoscono le motivazioni, perché il

corpo umano è una macchina meravigliosa e complessa e nessuno può prevedere come si comporterà. Se

pensiamo che, per entrare nell'ambito dell'oncologia, non esiste UN tumore, ma MIGLIAIA di tipi di tumore,

possiamo immaginare che la cura non possa essere UNA e standardizzata, ma che debba essere valutata caso

per caso.

Credo che il Metodo scientifico sia un elemento imprescindibile per la medicina dell'oggi e del domani, ma

credo anche che questo in molti casi debba passare in secondo piano lasciando il posto alla Vita e al diritto ad

essa. Ecco perché ho apprezzato il senso generale dell'editoriale di Umberto Veronesi, pubblicato su La

Repubblica del 22 marzo, che parla giustamente di "Diritto alla speranza"... ho gradito un po' meno il

passaggio che dice "All'interno dell'ospedale devono essere somministrate solo cure scientificamente

approvate in base ai metodi e ai criteri universali, perché sono una garanzia per i malati di oggi e di domani".

Una posizione rigida, che non sempre si rivela la migliore prospettiva per chi, tutte le mattine, si sveglia e

combatte per la vita.