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Ing. Scioldo: Metodi dell'Equilibrio Limite e loro applicazioni al dimensionamento delle terre rinforzate

Giornata di Studio:Dimensionamento delle strutture, stabilità

e materiali per interventi minori su versante16 Maggio 2003 - Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Torino

Metodi dell'Equilibrio Limite e loro applicazionial dimensionamento delle terre rinforzate

Ing. Giorgio [email protected]

1) INTRODUZIONE

Il dimensionamento ottimale delle terre armate viene conseguito attraverso due distinte fasi di calcolo:- la ricerca della massima distanza, tra teli caratterizzati da un valore noto di resistenza a trazione, che

garantisca il raggiungimento di un fattore di sicurezza predeterminato;- il calcolo della minima lunghezza dei teli necessaria ad assicurare un perfetto ancoraggio all’interno

della porzione di terreno sicuramente non interessata dal movimento franoso.

In una prima fase storica questo insieme di calcoli è stato effettuato attraverso l’applicazione di formulazioni semplificate, quali la costruzione di cunei (riportata in figura 1) o l’utilizzo di nomogrammi (figura 2).

fig. 1 - Doppio cuneo e Coulomb Rankine

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fig. 2 - Nomogrammi di Jewell

Queste metodologie impongono però severe restrizioni alla modellazione dettagliata dei versanti reali e possono costituire una approssimazione inadeguata all’ottenimento di un risultato attendibile, soprattutto quando la geometria del profilo topografico, la successione litologica e la distribuzione dei carichi esterni presentano una notevole complessità.

I metodi dell’equilibrio limite sono invece basati sulla suddivisione della sezione instabile in conci, a ciascuno dei quali vengono assegnate forze interne (peso proprio del concio) ed esterne (sovraccarichi, spinte idrauliche, resistenza a taglio lungo la superficie di scivolamento); viene quindi imposta la congruenza delle sollecitazione scambiate tra conci contigui, ed il problema viene risolto per via numerica.

La discretizzazione in conci elementari consente quindi una descrizione dettagliata del versante, mentre la verifica di intere famiglie di superfici di scivolamento permette di determinare quali tra di esse risultino critiche in termini sia di stabilità in condizioni naturali, sia di spinte esercitate sulle opere di sostegno.

Esistono numerose metodologie per la determinazione del fattore di sicurezza, differenti sia per l’algoritmo implementato sia per la forma geometrica delle superfici di scivolamento.

La scelta di utilizzare famiglie di spirali logaritmiche rende meno pesante lo sfruttamento delle risorse computazionali; tali superfici risultano tuttavia meno conservative nella determinazione dei fattori di sicurezza in quanto in condizione di moto incipiente le forze di taglio tra conci contigui dissipano una quota dell’energia potenziale disponibile allo sviluppo della rottura lungo la superficie di scivolamento.

L’adozione di un procedimento di calcolo che parte da una famiglia di superfici circolari i cui centri vengono disposti in corrispondenza dei nodi di una griglia (focalizzata iterativamente fino a raggiungere una precisione arbitrariamente elevata) garantisce una risposta esaustiva e contemporaneamente ottimale in termini di fattori di sicurezza ottenuti.

Un metodo di calcolo che ben si presta alla soluzione del problema in esame è quello proposto da Sarma, in quanto tale metodo valuta i coefficienti di sicurezza attribuendo particolare importanza al raggiungimento dell’equilibrio alla traslazione orizzontale, che di fatto è la componente che maggiormente influisce sul calcolo delle terre armate.

Come si è visto i metodi dell’equilibrio limite sono caratterizzati da una notevole flessibilità, ed in ultima analisi presentano numerosi vantaggi che ne rendono consigliabile l’utilizzo per il calcolo delle terre rinforzate:

- possibilità di trattare pendii con qualsiasi geometria;- possibilità di trattare terreni stratificati in modo arbitrario;- possibilità di considerare famiglie complesse di superfici di scivolamento;- possibilità di considerare spinte idrauliche e componenti sismiche.

2) OBIETTIVI DEL CALCOLO DELLE TERRE ARMATE

Il calcolo delle terre rinforzate potrebbe essere eseguito manualmente con qualunque programma di stabilità dei pendii, quantunque questa possa risultare un’operazione assai complessa.

Gli obiettivi da conseguire sono infatti fondamentalmente due:- ottenimento della stabilità locale;- ottenimento della stabilità globale.

Il progetto finale deve essere predisposto in modo tale da soddisfare le condizioni statiche peggiori, come illustrato nella figura 3.

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fig. 3 – Esempio di risultato finale dei calcoli

Per ciascuna delle condizioni di stabilità, come si vedrà nel seguito, devono essere determinate:

- le massime forze applicate ai teli di rinforzo;- le minime lunghezze dei teli di rinforzo.

Vengono effettuati due tipi di verifica:

- una analisi di stabilità interna o locale (chiamata tieback nella letteratura anglosassone) che permette di ottenere una ripartizione omogenea delle tensioni nei teli;

- una analisi globale (o compound) che assicura la stabilità traslazionale e rotazionale ed in particolare l’esistenza di teli di lunghezza sufficiente a garantirne l’ancoraggio in una porzione stabile del terreno.

3) DIAGRAMMA DI SPINTA

Il primo passo del calcolo di stabilità interna consiste nella determinazione del diagramma di spinta, cioè della curva che descrive l’andamento delle spinte orizzontali in funzione della quota altimetrica, nell’intervallo interessato dalla messa in opera delle opere di rinforzo; il diagramma di spinta, in sostanza, altro non è che una forma numerica di integrazione delle tensioni orizzontali esercitate dal terreno.

Partendo dal piede del pendio, e ripetendo l’operazione ad intervalli coincidenti con i cicli di compattazione del terreno, si identifica la superficie di scivolamento in corrispondenza della quale vengono esercitate le massime spinte su un’opera di sostegno posizionata in quel punto; sostanzialmente si agisce come se si dovesse dimensionare un unico telo in grado di garantire la stabilità dell’intera massa sovrastante.

Questo risultato può essere ottenuto applicando una forza al punto di emersione delle superfici di scivolamento e variandola fino ad ottenere fattori di sicurezza sempre maggiori o uguali a 1.3 (o ad un diverso valore se richiesto dalle specifiche del progetto).

Nella figura 4 è riportata una famiglia di superfici di scivolamento circolari, per le quali è stata calcolata la forza reattiva necessaria al conseguimento del fattore di sicurezza richiesto; tra di esse si seleziona quella in cui tale forza reattiva risulta massima.

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fig. 4 – superfici di scivolamento e corrispondenti forze stabilizzanti

La figura 5 presenta le superfici che esercitano la massima spinta in corrispondenza di ogni ciclo di compattazione ed i corrispondenti valori che nell’insieme costituiscono il diagramma di spinta del terreno.

fig. 5 – diagramma di spinta risultante

4) DETERMINAZIONE DELLA DISTANZA OTTIMALE TRA I TELI

La determinazione della distanza tra i teli risulta dall’analisi di stabilità interna.

Come accennato in precedenza, il diagramma di spinta (dimensionalmente una forza) è l’integrale della distribuzione della tensione (dimensionalmente una pressione) che il terreno esercita in direzione orizzontale: il diagramma di spinta è monotonamente crescente con la profondità, ed il valore massimo coincide con la

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forza totale che deve essere opposta dall’insieme delle opere di sostegno al fine di ottenere un prefissato coefficiente di sicurezza.

Tale forza deve essere ripartita in modo ottimale tra i teli e quindi, conoscendo come dato di progetto la resistenza dei teli stessi, è possibile determinare la massima distanza tra un telo ed il telo successivo valutando le quote parziali di carico come differenze relative misurate sul diagramma di spinta.

Queste differenze rappresentano la quota della spinta totale esercitata orizzontalmente dal terreno che deve essere assorbita dal telo inferiore, e devono essere confrontate con la resistenza a trazione che esso è in grado di offrire.

La distanza tra i teli deve perciò essere approssimata per difetto al più vicino multiplo dello spessore dei cicli di compattazione: ogni telo deve infatti poter offrire una resistenza come minimo uguale alla propria quota di spinta misurata sul diagramma.

In tal modo la sommatoria delle resistenze dei singoli teli risulta maggiore o al limite uguale alla spinta orizzontale totale esercitata dal terreno, e la stabilità interna risulta così assicurata.

5) LUNGHEZZE DEI TELI IN FUNZIONE DELLA SUPERFICIE CRITICA

La molteplicità dei possibili meccanismi di rottura del terreno richiede una particolare cura nel calcolo delle lunghezze di infissione dei teli di rinforzo; questi, per poter offrire il proprio contributo alla stabilizzazione del fronte, devono avere una lunghezza tale da consentirne l’ancoraggio al di la della più profonda superficie avente fattore di sicurezza inferiore al fattore di sicurezza di progetto e di tutte le superfici potenzialmente instabili, per evitare il verificarsi di fenomeni di scivolamento globale al di sotto degli elementi di rinforzo.

La superficie critica è per definizione quella per la cui stabilizzazione è richiesto in assoluto il massimo valore di reazione da parte dell’opera di sostegno; si osservi che, essendo possibile assegnare fattori di sicurezza differenti per il calcolo del diagramma di spinta e per il calcolo della superficie critica, quest’ultima può non coincidere con la superficie che produce il massimo valore sul diagramma di spinta, come si può notare confrontando la superficie critica, evidenziata in rosso in figura 6, e la più profonda tra le superfici presentate in figura 5.

fig. 6 – diagramma di spinta risultante

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I teli devono avere una lunghezza almeno sufficiente a permetterne l’ancoraggio al di là della superficie critica; le lunghezze che garantiscono la stabilizzazione globale vengono determinate nella successiva fase di calcolo.

6) LUNGHEZZE DEI TELI IN FUNZIONE DELLE SUPERFICI POTENZIALMENTE INSTABILI

Per garantire la stabilità globale del pendio occorre verificare che sia il numero di teli calcolato in precedenza sia le loro lunghezze risultino sufficienti alla stabilizzazione di tutte le possibili superfici di scivolamento emergenti in un qualsiasi punto del fronte.

La metodologia correntemente accettata (Leshchinsky et al.) utilizza come punti di emersione preferenziali quelli posizionati in corrispondenza di ciascun telo. Il procedimento di calcolo consiste nel determinare, per ciascun punto considerato, le superfici di scivolamento potenzialmente instabili (ovvero con fattore di sicurezza inferiore a 1.3) e, procedendo dal basso verso l’alto, ricalcolare iterativamente tali superfici tenendo conto del contributo stabilizzante offerto dai teli sottostanti.

La superficie più profonda sarà quella che determina la lunghezza del primo telo.

La lunghezza dei teli successivi risulterà poi progressivamente decrescente in quanto l’incremento della forza stabilizzante dovuto ai teli sottostanti porta ad una diminuzione del numero di superfici instabili, la più profonda delle quali si avvicina progressivamente a quella critica.

fig. 7 – diagramma di spinta risultante

Nell’appendice A è riportato un esempio di come assegnare correttamente le lunghezze dei teli.

Le lunghezze minime dei teli di rinforzo dovranno ovviamente essere scelte come le maggiori tra quelle ottenute nelle differenti fasi di calcolo:

7) CALCOLO DELLA LUNGHEZZA DI ANCORAGGIO

Ai valori precedentemente calcolati devono essere aggiunte le lunghezze di ancoraggio all’interno della porzione stabile di terreno; queste vengono determinate come rapporto tra la resistenza di progetto dei teli e lo sforzo di taglio sviluppato lungo l’interfaccia telo-terreno, che si ottiene moltiplicando la tensione verticale esercitata dal terreno sovrastante per il coefficiente di attrito.

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E’ infine consigliabile prevedere l’esecuzione di risvolti di contenimento e, nel caso di teli particolarmente distanziati, l’intercalazione di teli intermedi di lunghezza ridotta i quali pur non avendo una funzione strutturale garantiscono un miglior controllo della geometria finale del fronte.

fig. 8 – lunghezze di infissione dei teli

8) IMPLEMENTAZIONE DEL SOFTWARE

Eseguire un calcolo completo utilizzando uno strumento software dedicato alle analisi di stabilità standard è un’operazione alquanto complessa, richiede un tempo considerevole e, data la ripetitività delle elaborazioni richieste, tutte molto simili tra loro, può essere facilmente soggetta ad “errore umano”.

Per questo motivo abbiamo sviluppato GeoSynth, un prodotto che esegue l’intera sequenza dei calcoli in modo completamente automatico, sgravando l’operatore dalla parte più “meccanica” dell’elaborazione.

Il programma GeoSynth nasce dalla decennale esperienza da noi maturata nel campo della progettazione di software dedicato alla geoingegneria, ed in particolare utilizza, per le analisi di stabilità con il metodo di Sarma, un kernel di calcolo derivato direttamente del nostro programma ILA, di cui eredita le caratteristiche di affidabilità e stabilità.

L’interfaccia utente è semplice e di immediata comprensibilità, e oltre al manuale utente, stampabile e disponibile in linea, sono presenti help-on-line a diversi livelli che accompagnano l’operatore in ogni fase dell’inserimento dati.

Il programma GeoSynth produce una serie completa di elaborati, sia in forma di tabulati (che possono essere stampati direttamente od esportati in formato Word ed Excel), sia in forma di stampe grafiche di alta qualità le quali, esportate in formato vettoriale, mantengono una risoluzione eccellente anche quando direttamente inserite nella relazione di calcolo.

GeoSynth genera inoltre per ogni fase di calcolo un set di file di input per il programma ILA; in tal modo è possibile redigere (anche con la versione dimostrativa di tale programma) una relazione di calcolo estremamente dettagliata riguardo alle fasi intermedie dei calcoli eseguiti.

Sia il programma GeoSynth che il programma ILA possono essere scaricati in versione dimostrativa dal nostro sito internet www.geoandsoft.com

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APPENDICE AESEMPIO DI ASSEGNAZIONE DELLE LUNGHEZZE DEI TELI

Con riferimento alla figura 7 viene illustrato il procedimento seguito per la determinazione della lunghezza minima dei teli.

determinazione delle lunghezze in funzione delle superfici di scivolamento che emergono in corrispondenza del 1° telo.

1° telo - non viene applicata nessuna forza stabilizzante: risulta un insieme di superfici di scivolamento con fattore di sicurezza inferiore a 1.3 che emergono in corrispondenza del 1° telo; il 1° telo deve essere ancorato al di là della più profonda tra di esse, a condizione che questa sia più profonda della superficie critica.

2° telo - viene applicata una forza stabilizzante pari alla resistenza del 1° telo; risulta un insieme di superfici di scivolamento con fattore di sicurezza inferiore a 1.3 che emergono in corrispondenza del 1° telo; il 2° telo deve essere ancorato al di là della più profonda tra di esse, a condizione che questa sia più profonda della superficie critica.

3° telo - viene applicata una forza stabilizzante pari alla somma della resistenza del 1° e del 2° telo; risulta un insieme di superfici di scivolamento con fattore di sicurezza inferiore a 1.3 che emergono in corrispondenza del 1° telo; il 3° telo deve essere ancorato al di là della più profonda tra di esse, a condizione che questa sia più profonda della superficie critica.

4° telo - viene applicata una forza stabilizzante pari alla somma della resistenza dei teli dal 1° al 3°; risulta un insieme di superfici di scivolamento con fattore di sicurezza inferiore a 1.3 che emergono in corrispondenza del 1° telo; il 4° telo deve essere ancorato al di là della più profonda tra di esse, a condizione che questa sia più profonda della superficie critica.

5° telo - viene applicata una forza stabilizzante pari alla somma della resistenza dei teli dal 1° al 4°; risulta un insieme di superfici di scivolamento con fattore di sicurezza inferiore a 1.3 che emergono in corrispondenza del 1° telo; il 5° telo deve essere ancorato al di là della più profonda tra di esse, a condizione che questa sia più profonda della superficie critica.

6° telo - viene applicata una forza stabilizzante pari alla somma della resistenza dei teli dal 1° al 5°; risulta un insieme di superfici di scivolamento con fattore di sicurezza inferiore a 1.3 che emergono in corrispondenza del 1° telo; il 6° telo deve essere ancorato al di là della più profonda tra di esse, a condizione che questa sia più profonda della superficie critica.

7° telo - viene applicata una forza stabilizzante pari alla somma della resistenza dei teli dal 1° al 6°; risulta un insieme di superfici di scivolamento con fattore di sicurezza inferiore a 1.3 che emergono in corrispondenza del 1° telo; il 7° telo deve essere ancorato al di là della più profonda tra di esse, a condizione che questa sia più profonda della superficie critica.

8° telo e successivi - viene applicata una forza stabilizzante pari alla somma della resistenza dei teli dal 1° al 7°; non risulta alcuna superficie di scivolamento con fattore di sicurezza inferiore a 1.3; in questo caso la lunghezza dei teli è determinata dalla profondità della superficie critica.

determinazione delle lunghezze in funzione delle superfici di scivolamento che emergono in corrispondenza del 2° telo.

2° telo e successivi - viene ripetuto il procedimento precedente, ma nessuna delle lunghezze così ottenute risulta superiore a quelle determinate nella fase precedente.

determinazione delle lunghezze in funzione delle superfici di scivolamento che emergono in corrispondenza del 3° telo.

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3° telo e successivi - viene ripetuto il procedimento precedente, ma nessuna delle lunghezze così ottenute risulta superiore a quelle determinate nelle fasi precedenti.

determinazione delle lunghezze in funzione delle superfici di scivolamento che emergono in corrispondenza del 4° telo.

Dal 4° al 7° telo - viene ripetuto il procedimento precedente, ma nessuna delle lunghezze così ottenute risulta superiore a quelle determinate nelle fasi precedenti.

8° telo - viene applicata una forza stabilizzante pari alla somma della resistenza dei teli dal 4° al 7°; risulta un insieme di superfici di scivolamento con fattore di sicurezza inferiore a 1.3 che emergono in corrispondenza del 4° telo; l’8° telo deve essere ancorato al di là della più profonda tra di esse, a condizione che questa sia più profonda della superficie critica e delle superfici determinate nelle fasi precedenti.

9° telo e successivi - viene applicata una forza stabilizzante pari alla somma della resistenza dei teli dal 4° al 8°; non risulta alcuna superficie di scivolamento con fattore di sicurezza inferiore a 1.3; in questo caso la lunghezza dei teli è determinata dalla profondità della superficie critica.

determinazione delle lunghezze in funzione delle superfici di scivolamento che emergono in corrispondenza del 5° telo.

5° telo e successivi - viene ripetuto il procedimento precedente, ma nessuna delle lunghezze così ottenute risulta superiore a quelle determinate nelle fasi precedenti.

determinazione delle lunghezze in funzione delle superfici di scivolamento che emergono in corrispondenza del 6° telo.

Dal 6° all’8° telo - viene ripetuto il procedimento precedente, ma nessuna delle lunghezze così ottenute risulta superiore a quelle determinate nelle fasi precedenti.

9° telo - viene applicata una forza stabilizzante pari alla somma della resistenza dei teli dal 6° all’8°; risulta un insieme di superfici di scivolamento con fattore di sicurezza inferiore a 1.3 che emergono in corrispondenza del 6° telo; il 9° telo deve essere ancorato al di là della più profonda tra di esse, a condizione che questa sia più profonda della superficie critica e delle superfici determinate nelle fasi precedenti.

10° telo e successivi - viene applicata una forza stabilizzante pari alla somma della resistenza dei teli dal 6° al 9°; non risulta alcuna superficie di scivolamento con fattore di sicurezza inferiore a 1.3; in questo caso la lunghezza dei teli è determinata dalla profondità della superficie critica.

determinazione delle lunghezze in funzione delle superfici di scivolamento che emergono in corrispondenza dei teli dal 7° all’11°.

viene ripetuto il procedimento precedente, ma nessuna delle lunghezze così ottenute risulta superiore a quelle determinate nelle fasi precedenti.

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