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Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di sicurezza sul lavoro Numero 2 – Febbraio 2015

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Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di sicurezza sul lavoro

Numero 2 – Febbraio 2015

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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Sommario

APPROFONDIMENTI

Sicurezza e risorse RISORSE PER LA PREVENZIONE RISCHI Il bando Isi è un canale di finanziamento previsto dal Testo unico per la sicurezza sul lavoro nel 2008 e partito un po’ in sordina nel 2010 con i primi 60 milioni a fondo perduto e giunto ora alla quinta edizione con 267 milioni disponibili. (Valeria Uva, Il Sole 24 ORE – Focus Sicurezza, 31 gennaio 2015)

4 Sicurezza e bandi PUBBLICATO IL BANDO INCENTIVI ISI 2014 È stato emanato il nuovo bando Isi 2014 con il quale Inail mette a disposizione delle aziende oltre 267 milioni di euro a titolo di contributo a fondo perduto per la realizzazione di progetti di investimento finalizzati al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza del lavoro o all’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale. (Il Sole 24 ORE – Tecnici24 – 22 dicembre 2014)

7 Sicurezza e norme IL TU SICUREZZA SI APPLICA ANCHE ALL'AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA La normativa generale sulla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro è contenuta, come noto, nel D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. L’art. 3, comma 1 del decreto afferma che le disposizioni prevenzionali si applicano a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio. (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Tecnici24 – 21 gennaio 2015)

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Modello OT/24 INAIL: PUBBLICATA LA VERSIONE AGGIORNATA DEL MODELLO OT/24 Anche quest'anno è stato pubblicato il modello, aggiornato, per la domanda di riduzione del tasso medio di tariffa Inail, ai sensi dell'art. 24, utilizzabile dalle aziende, dopo il primo biennio di attività, che hanno eseguito interventi mirati al miglioramento degli ambienti lavorativi in merito alla sicurezza, alla salute e/o all'igiene nei luoghi di lavoro. (Claudio Boller, Il Sole 24 ORE - Guida al Lavoro, Edizione del 23 gennaio 2015, n. 4)

11 Sicurezza e deleghe LA DELEGA DI FUNZIONI DEL DATORE DI LAVORO La delega di funzioni è quell’atto attraverso il quale il soggetto delegante, trasferisce al soggetto delegato, funzioni che altrimenti spetterebbero ad egli stesso. Si tratta quindi di un atto con cui il soggetto delegato viene posto sullo stesso piano del delegante attraverso il trasferimento di talune posizioni di garanzia. (Francesco Torre, Andrea Merler, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 21 gennaio 2015)

19 Sicurezza estesa LA TUTELA DEI TERZI ESTRANEI PRESENTI NEI LUOGHI DI LAVORO Le norme poste a tutela della salute e della sicurezza nei lavoratori, prevedono quali destinatari dei precetti in esse contenute, non soltanto i lavoratori, ovvero i soggetti deboli del rapporto di lavoro, bensì qualsiasi soggetto che si trovi ad essere legittimamente nel luogo di lavoro stesso, ovvero da esso ne subisca coinvolgimento. (Francesco Torre, Andrea Merler, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 22 gennaio 2015)

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Sicurezza in itinere INFORTUNIO IN ITINERE: L'INAIL ALLARGA LE MAGLIE L'Inail precisa che l'infortunio occorso al lavoratore nel tragitto casa-lavoro, interrotto o deviato per accompagnare il proprio figlio a scuola, previa verifica della necessarietà dell'uso del mezzo privato, potrà essere ammesso alla tutela assicurativa subordinatamente alla verifica delle modalità e delle circostanze del singolo caso (Luca De Compadri, Il Sole 24 ORE - Guida al Lavoro, Edizione del 16 gennaio 2015, n. 3)

25 Cassazione INFORTUNI, DOMANDE A PRESCRIZIONE BREVE La mancata pronuncia da parte dell’Istituto va intesa come silenzio-rigetto e fa cessare la sospensione (Mauro Pizzin, Silvana Toriello, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 14 gennaio 2015)

29 Intervista IL GIOCO D’ANTICIPO È CRUCIALE NEL CALO DEGLI INCIDENTI Intervista all’ingegner Ester Rotoli, direttore prevenzione Inail (Valeria Uva, Il Sole 24 ORE – Focus Sicurezza, 31 gennaio 2015)

31 L’ESPERTO RISPONDE

33 RASSEGNA DI NORMATIVA

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Chiusa in redazione il 4 febbraio 2015

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Sicurezza e risorse

Risorse per la prevenzione rischi (Valeria Uva, Il Sole 24 ORE – Focus Sicurezza, 31 gennaio 2015) Il bando Isi è un canale di finanziamento previsto dal Testo unico per la sicurezza sul lavoro nel

2008 e partito un po’ in sordina nel 2010 con i primi 60 milioni a fondo perduto e giunto ora alla

quinta edizione con 267 milioni disponibili.

A fronte degli obblighi di garantire un ambiente produttivo con rischi di infortunio ridotti al minimo

questi contributi sono, di fatto, uno delle poche concrete opportunità di sostegno offerte per

avviare la messa in sicurezza e l’ammodernamento dei luoghi di lavoro. E lo testimonia la valanga

di domande di accesso dell’ultima edizione, avviata nel 2013: solo il 28% delle oltre 13mila

domande (già scremate in fase di primo accesso in base a un punteggio di ammissibilità) è riuscita

nei pochi secondi del click day a disposizione ad afferrare il contributo. Che peraltro verrà

materialmente erogato solo dopo che l’investimento è stato completato (in media passano due anni

dall’accettazione della domanda all’erogazione materiale a fronte dell’acquisto dei macchinari).

Rispetto al 2013 il bando 2014 (che materialmente si aprirà dopo giugno di quest’anno) presenta

un budget lievemente ridotto: 267 milioni a fronte dei 300 del 2013, ma questo perché una parte

delle risorse è stata destinata dall’Inail a una nuova iniziativa, il bando Fipit, il cui termine per la

presentazione delle domande è scaduto il 15 gennaio scorso. Anche questa linea di finanziamento

guarda ai settori più a rischio (edilizia, lapidei ed agricoltura) ma a differenza dell’Isi entra nel

merito dei progetti. Niente click day, dunque, ma una gradutaria di merito anche essa rivolta alle

Pmi.

Il canale di accesso principale resta il bando Isi, che premia la velocità di invio delle richieste. Ecco

perché chi desidera partecipare deve cominciare ad attivarsi fin dai prossimi giorni per arrivare

pronto al click day di giugno.

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L’Inail aprirà i propri canali di comunicazione a partire dal 3 marzo. Già dallo scorso anno si può

comunicare con l’istituto sia direttamente attraverso le sedi territoriali, sia via mail o Facebook.

L’obiettivo per tutti è di raggiungere la soglia di ammissibilità dei progetti (120 punti in questa

prima scrematura) che apre le porte alla partecipazione al click day. I criteri preferenziali dei

punteggi restano invariati: l’istituto ha già ripartito i fondi per Regione, in proporzione al numero di

addetti presenti e alla gravità degli infortuni registrati (ad esempio alla Lombardia sono riservati

41,7 milioni, 33 al Lazio e 20 al Veneto). A livello territoriale, la Lombardia resta in testa alle

erogazioni: nell’ultima edizione questa Regione ha ottenuto il 16% delle risorse disponibili.

Maggior punteggio in fase di ammissibilità andrà alle micro e piccole aziende, ai settori a rischio e

ai progetti che hanno specifiche finalità di prevenzione previste nel bando.

Tra i due strumenti Inail c’è un rapporto stretto: entrambi consentono alle imprese di realizzare un

risparmio. Inoltre alcune tipologie di intervento finanziate con il bando Isi possono essere oggetto

della domanda di riduzione del premio con Ot24. L’ultima edizione del 2013 ha registrato oltre

46mila beneficiari con uno sconto complessivo dei premi assicurativi superiore ai 320 milioni.

Al di là dell’esperienza Fipit, quest’anno non ci sono altre novità per chi desidera partecipare:

restano confermati sia l’aumento della soglia massima di contributo erogabile dal 50 al 65% del

costo del singolo progetto sia l’aumento del tetto massimo da 100mila a 130mila euro, che sono

scattati dal 2013.

Le politiche di prevenzione

Con il bando Isi e gli sconti Ot24 l’Inail reinveste una quota parte dell’ammontare dei premi

assicurativi riscossi (circa 8,8 miliardi nel 2013 su 10 di entrate complessive) con una tendenza

inevitabilmente in calo flagellata dalla crisi economica e dalla mortalità delle stesse aziende.

Ma l’Istituto sta lavorando anche con il ministero del Lavoro e le parti sociali in altre direzioni per la

prevenzione. Ad esempio sarà disponibile a breve l’Oira (online interactve risk assestment), uno

strumento digitale pensato per le Pmi per effettuare l’autovalutazione del rischio perché queste

realtà difficilmente riescono da sole ad analizzare le problematiche della sicurezza, andando oltre il

semplice adempimento burocratico.

Infine l’Inail ha sviluppato accordi con le parti sociali (tra queste Federutility e Confindustria

Energia) per la messa a disposizione di linee guida per applicare i sistemi di gestione della

sicurezza. E i risultati cominciano ad affiorare: nelle aziende che hanno seguito le linee guida gli

indici di frequenza degli infortuni si sono ridotti del 27% rispetto al passato.

Fonte: Inail

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I NUMERI

267 milioni €€

Risorse Isi

I finanziamenti a fondo perduto messi a disposizione dall’Inail nel bando Isi 2014 per incentivare i

progetti per la sicurezza. Dal 2010 stanziato oltre un miliardo di euro

65%

Copertura

Percentuale massima delle spese sostenute dall’impresa per l’intervento prevenzionale coperta dal

contributo (fino a un massimo di 130mila euro)

1,2 miliardi

Risparmi Ot24

Gli sconti totali sul premio assicurativo conseguiti dalle imprese nell’ultimo quinquennio grazie allo

sconto per prevenzione

30%

Riduzione premio

Percentuale di sconto massima sul premio prevista per le aziende fino a 10 addetti

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Sicurezza e bandi

Pubblicato il bando Incentivi Isi 2014 (Il Sole 24 ORE – Tecnici24 – 22 dicembre 2014)

È stato emanato il nuovo bando Isi 2014 con il quale Inail mette a disposizione delle aziende oltre

267 milioni di euro a titolo di contributo a fondo perduto per la realizzazione di progetti di

investimento finalizzati al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza del lavoro o

all’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale. Le imprese interessate potranno

inserire le domande di finanziamento dal 3 marzo al 7 maggio 2015 sul portale dell’istituto. Tale

somma rappresenta la quinta tranche di un ammontare complessivo di oltre un miliardo di euro

stanziato dall’Istituto a partire dal 2010.

I finanziamenti vengono assegnati fino a esaurimento, secondo l’ordine cronologico di arrivo delle

domande. Il contributo, pari al 65% dell’investimento, per un massimo di 130.000 euro, viene

erogato dopo la verifica tecnico-amministrativa e la realizzazione del progetto. I finanziamenti Isi

sono cumulabili con benefici derivanti da interventi pubblici di garanzia sul credito (es. gestiti dal

Fondo di garanzia delle Pmi e da Ismea).

Le modalità per richiedere il contributo sono le seguenti:

Prima fase: inserimento on line del progetto

Dal 3 marzo 2015 e fino alle ore 18.00 del 7 maggio 2015, nella sezione Servizi online, le imprese

registrate al sito Inail hanno a disposizione un’applicazione informatica per la compilazione della

domanda, che consentirà di:

- effettuare simulazioni relative al progetto da presentare, verificando il raggiungimento del

punteggio “soglia” di ammissibilità

- salvare la domanda inserita.

Seconda fase: inserimento del codice identificativo

Dal 12 maggio 2015 le imprese che hanno raggiunto la soglia minima di ammissibilità e salvato la

domanda possono accedere nuovamente alla procedura informatica ed effettuare il download del

proprio codice identificativo che le individua in maniera univoca.

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Terza fase: invio del codice identificativo (click-day)

Le imprese possono inviare attraverso lo sportello informatico la domanda di ammissione al

contributo, utilizzando il codice identificativo attribuito alla propria domanda, ottenuto mediante la

procedura di download. La data e gli orari di apertura e chiusura dello sportello informatico per

l’invio delle domande saranno pubblicati sul sito Inail a partire dal 3 giugno 2015.

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Sicurezza e norme

Il TU Sicurezza si applica anche all'amministrazione giudiziaria (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Tecnici24 – 21 gennaio 2015)

La normativa generale sulla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro è contenuta, come noto,

nel D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. L’art. 3, comma 1 del decreto afferma che le disposizioni

prevenzionali si applicano a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di

rischio. Immediatamente dopo, al comma 2, si stabilisce che nei riguardi delle strutture giudiziarie

e penitenziarie, le norme in esso contenute sono applicate tenuto conto delle effettive particolari

esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative individuate con decreto del

Ministro della giustizia di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della

salute e il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione.

L’attuazione della disposizione normativa in questione è avvenuta con il Decreto 18 novembre

2014, n. 201, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 2015).

Il decreto disciplina l'organizzazione e le attività dirette ad assicurare la tutela della salute e

sicurezza del personale operante negli ambienti di lavoro dell'Amministrazione della giustizia,

tenuto conto delle particolari esigenze connesse ai servizi istituzionali espletati e alle specifiche

peculiarità organizzative e strutturali delle strutture giudiziarie e penitenziarie.

Quanto al servizio di prevenzione e protezione, il provvedimento specifica che, nell'ambito

dell'Amministrazione della giustizia quest’ultimo è espletato da personale dell'Amministrazione in

possesso dei requisiti professionali di cui all'articolo 32 del D.Lgs. 81/08. Nelle strutture ove

insistono più uffici dell'Amministrazione, ferme restando le responsabilità del datore di lavoro per la

propria area e del dirigente individuato quale datore di lavoro per le aree, impianti e servizi

comuni, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione al quale concorre

personale di tutte le strutture incaricato di operare a favore dei singoli datori di lavoro.

Viene poi previsto che negli uffici dell'Amministrazione aventi autonomia gestionale operano i

rappresentanti per la sicurezza del personale di Polizia penitenziaria nonché i rappresentanti dei

lavoratori per la sicurezza del personale dell'Amministrazione. Il rappresentante è unico per tutti

presso le sedi degli uffici con autonomia gestionale collocati presso infrastrutture comuni.

In relazione ai rischi da interferenza, il decreto prevede che:

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a) il documento unico di valutazione dei rischi da interferenza delle attività svolte

dall'Amministrazione con quelle svolte dalle imprese appaltatrici di servizi, lavori, opere o forniture

è elaborato, contestualmente all'inizio delle attività dell'appalto e previa verifica delle effettive

interferenze, dal datore di lavoro committente;

b) nella predisposizione delle gare di appalto di servizi, lavori, opere o forniture nell'ambito

dell'Amministrazione, i dati relativi alla prevenzione rischi da interferenze fra le attività della stessa

e quelle delle imprese appaltatrici sono indicati omettendo le specifiche informazioni connesse

all'attività istituzionale di cui è vietata o ritenuta inopportuna la divulgazione.

Il documento, qualora contenga informazioni di cui è ritenuta vietata la divulgazione:

a) non è allegato al contratto di appalto, subappalto o somministrazione, ma è custodito con le

misure finalizzate a salvaguardare le informazioni in esso contenute, presso il luogo del datore di

lavoro committente o quello destinatario dei servizi, lavori, opere o forniture oggetto dell'appalto,

concordato con il datore di lavoro appaltatore, e ne è data menzione nel contratto stesso.

b) può essere visionato, senza estrazione di copia, oltre che dal personale dell'Amministrazione a

ciò autorizzato, ivi compresi i rappresentanti per la sicurezza, esclusivamente dal datore di lavoro

appaltatore, dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione e dai rappresentanti dei

lavoratori per la sicurezza di quest'ultimo. In ogni caso, il predetto personale ha l'obbligo di non

divulgare le notizie e le informazioni concernenti i luoghi e le attività dell'Amministrazione di cui

venga comunque a conoscenza in relazione a quanto precede.

Con riguardo, infine, alle modalità di impiego del personale che opera nelle strutture in cui hanno

sede uffici del Ministero della giustizia con le peculiari esigenze organizzative e funzionali, le

funzioni di vigilanza preventiva, tecnico-amministrativa e di vigilanza ispettiva sull'applicazione

della normativa in materia di sicurezza e salute sono attribuite in via esclusiva al servizio istituito

con riferimento alle strutture penitenziarie.

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Modello OT/24

Inail: pubblicata la versione aggiornata del modello OT/24 (Claudio Boller, Il Sole 24 ORE – Guida al Lavoro, Edizione del 23 gennaio 2015, n. 4)

Anche quest'anno è stato pubblicato il modello, aggiornato, per la domanda di riduzione del tasso

medio di tariffa Inail, ai sensi dell'art. 24, utilizzabile dalle aziende, dopo il primo biennio di attività,

che hanno eseguito interventi mirati al miglioramento degli ambienti lavorativi in merito alla

sicurezza, alla salute e/o all'igiene nei luoghi di lavoro

L'Inail può applicare una riduzione del tasso medio di tariffa, una scontistica dell'aliquota applicata

ai rischi specifici, a favore di quelle aziende che nell'anno si sono impegnate con interventi mirati,

nell'intento di ridurre i rischi migliorando gli ambienti lavorativi, in aggiunta a quelli minimi previsti

dalla normativa in materia, decreto legislativo n. 81/2008 e successive modifiche e integrazioni.

L'articolo 24 del decreto ministeriale del 12 dicembre 2000, modalità di applicazione delle tariffe,

rivisto e modificato dieci anni dopo in aumento dal successivo decreto ministeriale del 3 dicembre

2010, prevede una scaletta di riduzioni da applicare ai tassi aziendali Inail, parametrato al numero

di lavoratori in forza nell'anno.

Le percentuali dal 2010 ad oggi sono rimaste invariate, per le aziende con un numero di dipendenti

fino a 10, la riduzione può arrivare al 30%, 23% se i dipendenti sono fino a 50, il 18% per le

aziende fino a 100 dipendenti/anno, il 15% fino a 200 dipendenti, il 12% se l'azienda ha fino a 500

lavoratori ed il 7% per le aziende oltre i 500 lavoratori.

Numero dipendenti anno Riduzione tasso medio

Fino a 10 dipendenti 30%

Da 11 a 50 dipendenti 23%

Da 51 a 100 dipendenti 18%

Da 101 a 200 dipendenti 15%

Da 201 a 500 dipendenti 12%

Oltre i 500 dipendenti 7%

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Se verrà approvata la determina del presidente n. 286 del 26 settembre 2014, la tabella potrà

essere suscettibile di modifica già per l'anno 2015, mediante emanazione di un decreto ministeriale

specifico di revisione del D.M. 3.12.2010.

Il numero del lavoratori/anno rappresenta uno speciale parametro quantitativo adottato nell'ambito

del sistema tariffario Inail all'esclusivo fine di determinare la misura dell'oscillazione del tasso di

premio spettante all'azienda dopo il primo biennio di attività.

Il calcolo è effettuato rapportando, anno per anno, le retribuzioni soggette a contribuzione alla

retribuzione media annua determinata secondo i parametri esplicitati nell'art. 22 MAT, sulla base

del periodo di osservazione costituito dal primo triennio del quadriennio precedente l'anno nel

quale il tasso oscillato deve trovare applicazione o del minor periodo, purché non inferiore ad un

anno, nelle ipotesi di attività iniziata da meno di quattro anni.

Il dato è comunicato alla ditta annualmente sul provvedimento 20SM, nella sezione

"determinazione del tasso applicato sulla base dei dati del periodo di osservazione" ed è distinto

per ciascun rischio assicurato. Per aver diritto alla riduzione, ogni azienda deve presentare apposita

istanza, chiamata modello OT24, fornendo una serie di informazioni precompilate riferite all'anno

precedente a quello di presentazione del modello.

La riduzione del tasso opera esclusivamente per le aziende che hanno maturato almeno un biennio

di attività e si applica per il singolo anno per il quale viene presentata la domanda, in sede di

regolazione del premio assicurativo, generando così una riduzione dei costi aziendali, più o meno

importante a seconda del tasso applicato all'azienda stessa.

Esempio - La richiesta di riduzione per l'anno 2014 può essere presentata da un'azienda che abbia

iniziato la propria attività entro il 1°gennaio 2012. Gli interventi di miglioramento sulla sicurezza/

igiene degli ambienti di lavoro, devono essere stati effettuati dall'azienda nell'arco dell'anno 2013.

La riduzione, che viene riconosciuta dall'Inail, opera sul tasso di premio del 2014 ed è applicata

dall'azienda in sede di regolazione del premio 2014, autoliquidazione 2015.

Prerequisito obbligatorio è che le aziende siano in regola con i pagamenti e con gli adempimenti

previdenziali assistenziali ed assicurativi, quali requisiti per il rilascio della regolarità contributiva

(Durc) ed in regola con le disposizioni obbligatorie in materia di prevenzione infortuni e di igiene

del lavoro.

Pertanto dovrà anche risultare che le aziende richiedenti applichino integralmente la parte

economico/ normativa degli accordi e dei contratti collettivi siglati dai sindacati maggiormente

rappresentativi sul piano nazionale, inoltre non dovranno risultare a carico del datore di lavoro

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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provvedimenti amministrativi o giudiziali definitivi, in ordine a violazioni delle norme a tutela delle

condizioni di lavoro(1).

Altro requisito previsto è che gli interventi eseguiti alle condizioni di sicurezza dell'ambiente di

lavoro siano un di più rispetto a quelli obbligatori previsti dal Testo unico sulla sicurezza del

lavoro(2).

Si tratta di interventi specifici sulla sicurezza aziendale, si va dall'implementazione o mantenimento

di sistemi di gestione della salute e della sicurezza sul lavoro certificati, alla predisposizione e/o

applicazione di accordi quadro e di linee di indirizzo, all'adozione di modelli organizzativi mirati,

anche di rendicontazione di responsabilità sociale (bilancio di sostenibilità o bilancio sociale)

asseverati da parte terza, ad interventi di sorveglianza sanitaria, alla prevenzione di rischi specifici

per i lavoratori spaziando dai disturbi muscoloscheletrici, alle vie respiratorie, alla prevenzione del

rumore o del lavoro in solitario, ad interventi per la prevenzione di malattie cardiovascolari,

oncologiche, tossicodipendenze.

All'indirizzo web dell'ente è presente un questionario di autovalutazione composto da quattro

pagine (ultima versione novembre 2013), utilizzabile da quelle aziende che intendano verificare

preventivamente il proprio livello di conformità alle vigenti norme inerenti alla tutela e alla salute e

sicurezza sul lavoro,

http://www.inail.it/internet/default/Modulistica/Gestionerapportoassicurativo/Datoredilavoro/index.

html.

Nella compilazione della domanda modello OT24, al fine di ottenere la riduzione del tasso medio di

tariffa, vengono assegnati dei punteggi per ogni intervento migliorativo effettuato, è necessario che

le aziende, nella sommatoria dei punteggi assegnati a tali interventi, raggiungano il punteggio 100.

Una volta raggiunto il punteggio minimo necessario, sia che la sommatoria si riferisca ad interventi

presenti nella stessa sezione del modello sia che si riferiscano a sezioni diverse, viene inibita la

selezione di ulteriori interventi

Attenzione - La ricorrenza dei presupposti s'intende comprovata dalle relative dichiarazioni

contenute nel modulo di domanda del modello, la documentazione probante relativa agli interventi

effettuati nell'anno solare precedente va conservata in azienda, l'Inail ha facoltà di procedere, in

sede d'istruttoria o anche successivamente, alla verifica di quanto dichiarato dalle aziende nel

modello stesso; in tal caso la documentazione dovrà pervenire all'Istituto, a pena di inammissibilità

della domanda, nel termine di 15 giorni dalla data di ricezione della richiesta.

Le aziende possono presentare una sola domanda per la medesima Pat (Posizione assicurativa

territoriale).

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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Nell'eventualità che vengano presentate più domande riferite alla stessa Pat, l'ente prenderà in

considerazione solo l'ultima domanda pervenuta in ordine di tempo e conseguentemente solo gli

interventi dichiarati nella stessa. La procedura comunque segnala con un messaggio di attenzione

la presenza di precedenti domande presentate per la medesima annualità.

La domanda è presentata per singola unità produttiva, in ogni domanda possono venire indicate al

massimo tre posizioni assicurative territoriali (Pat), riferentesi alla stessa unità produttiva.

Nell'eventualità che il numero di Pat per la stessa unità produttiva ecceda il numero di tre o

nell'eventualità che le unità produttive ricadano in ambiti territoriali di competenza di sedi Inail

diverse, dovranno essere inoltrate più domande.

Si può procedere all'inoltro di un'unica domanda mod. OT24 se le singole unità ricadono in un

ambito territoriale rientrante sotto un'unica sede competente Inail, e salvo che per tutte le unità

sussistano le condizioni e siano stati attuati i medesimi interventi di miglioramento.

La domanda di riduzione mod. OT24, va obbligatoriamente inviata in modalità telematica(3), per il

tramite del sito www.inail.it attraverso la sezione servizi on line, entro il termine del 28 febbraio

dell'anno per il quale la riduzione è richiesta (29 febbraio in caso di anno bisestile).

In assenza di appositi servizi telematici, o nel caso in cui non sia possibile utilizzare il canale

telematico a causa di anomalie della procedura informatica dell'ente, le aziende possono effettuare

la segnalazione entro i termini di legge, con un messaggio di posta elettronica certificata che

riporta in allegato la copia della schermata di errore restituita dal sistema e ostativa

all'adempimento individuato, in quanto la vigente normativa prevede, "per la presentazione di

istanze, dichiarazioni, dati e lo scambio informazioni e documenti, anche a fini statistici, tra le

imprese e le pubbliche amministrazioni", l'uso di una casella di posta elettronica certificata"(4).

L'Inail, adotta e comunica il provvedimento di accettazione o di diniego della domanda modello

OT24 (in caso di diniego l'ente deve indicare anche adeguata motivazione) entro centoventi giorni

dal ricevimento dell'istanza, tramite posta certificata; nel caso in cui sia riscontrata una condizione

di irregolarità contributiva, l'azienda verrà invitata a regolarizzare la propria posizione entro un

termine non superiore a quindici giorni.

In caso di ricorso avverso la decisione dell'ente, lo stesso deve essere proposto entro il termine di

trenta giorni dalla piena conoscenza degli atti impugnati, utilizzando l'apposito servizio on line

attivo in www.inail.it Ricorsi on line.

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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Vademecum riepilogativo

- L'azienda deve essere in attività da almeno due anni

- L'azienda deve avere i requisiti per il rilascio del Durc

- L'invio del modello avviene in forma telematica tramite sito inail

- La scadenza è fissata al 28 febbraio 2015

- Valgono gli interventi migliorativi rispetto alle norme attuali

- Bisogna raggiungere almeno 100 punti nella domanda mod. OT24

- L'agevolazione opera solo per l'anno nel quale è stata presentata

Le novità del 2015 e il modello OT24

Il modello si compone di 21 pagine (nel 2014 erano 7 le pagine da compilare), la scheda

informativa generale, dove indicare le informazioni necessarie per la corretta individuazione della

ditta richiedente, la domanda di riduzione e la dichiarazione del richiedente, sono rimaste invariate

rispetto all'anno precedente.

Diversamente dagli anni precedenti, per il 2015 non è necessario che gli interventi ricadano

all'interno di almeno due diverse sezioni, ma si può arrivare al punteggio di 100 anche per

interventi appartenenti ad un’unica sessione.

Le sessioni previste per quest'anno sono 4:

A - Interventi di carattere generale (8 casistiche);

B - Interventi di carattere generale ispirati alla responsabilità sociale (3 casistiche);

C - Sicurezza e sorveglianza sanitaria (23 casistiche);

D - Prevenzione di rischi specifici (7 casistiche).

A latere di ogni casistica viene indicata la documentazione probante richiesta, lì dove il modello

OT24 si riferisce ad interventi riguardanti l'implementazione e/o l'adozione di "procedure", intende

un insieme sistematico di istruzioni operative su come eseguire una determinata operazione,

formalmente emessa dall'azienda, resa nota ai lavoratori e attuata.

La documentazione presentata deve risultare coerente con i rischi aziendali desumibili dalle

informazioni essenziali sull'azienda.

In caso di verifica svolta dall'Inail appurante la veridicità delle affermazioni indicate sul modello

OT24, possono insorgere, nei documenti presentati dalle aziende, delle evidenze di "non conformità

", che possono essere di tipo:

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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- normativo;

- maggiori;

- minori.

Si definisce Non Conformità(5) l'assenza o la mancata implementazione o mantenimento di uno o

più requisiti del sistema di gestione sulla salute e sicurezza sul lavoro, oppure una situazione che,

sulle basi di una evidenza di Audit, solleva dubbi significativi sulla capacità del sistema di gestione

di raggiungere gli obiettivi previsti dalla politica per la salute e sicurezza sul lavoro.

Per evidenze di non conformità di tipo "normativo " si intendono quelle riguardanti l'eventuale

mancato rispetto di un requisito di legge in materia di salute e sicurezza sul lavoro che comportano

la decadenza dei prerequisiti per la concessione dello sconto.

Sono esempi di non conformità di tipo normativo:

- il mancato adeguamento degli impianti, ove previsto, e non il fatto che in un ufficio si usi una

presa elettrica multipla (cosiddetta ciabatta) senza aver fatto il calcolo del carico (potenza elettrica

richiesta);

- la mancata richiesta di un'autorizzazione o la mancata sistematica applicazione di un controllo e

non la dimenticanza casuale di una misura della resistenza di terra di un dispersore a fronte delle

evidenze di una sistematica diligente esecuzione della misura stessa su tutti gli altri dispersori;

- la mancata conoscenza o la mancata ottemperanza all'obbligo delle verifiche sulle attrezzature e

non il ritardo nella registrazione o nell'esecuzione altrimenti sempre eseguita con diligenza;

- la mancata esecuzione della valutazione del rischio chimico e non il fatto che la società che ha in

appalto le pulizie ha messo nel magazzino ubicato nel sito aziendale un prodotto non censito;

- l'impiego di attrezzature di sollevamento non omologate o non verificate e non l'assenza a bordo

macchina, per errore, del libretto dell'attrezzatura ove lo stesso sia, comunque, esistente istruzioni

OT24 2015 9/30 e conservato, ad es. nel casotto del capo cantiere;

- la mancata richiesta o il mancato ottenimento di una autorizzazione e non la mancata risposta

alla richiesta di un'autorizzazione, periodicamente reiterata, ove la mancata risposta sia solo

imputabile alla pubblica amministrazione.

Si definiscono evidenze di non conformità "maggiori" quelle carenze di sistema tali da inficiare

l'efficacia del sistema stesso. Possono riguardare punti della linea guida o della norma cui si è fatto

riferimento per l'adozione o il mantenimento del sistema di gestione per la sicurezza sul lavoro

Sgls, non trattati o gestiti in maniera talmente poco accurata o poco calata nella specifica realtà

aziendale da risultare inadeguati.

Le evidenze di non conformità di tipo "normativo " e le evidenze di non conformità "maggiori"

determinano il respingimento della domanda di riduzione del tasso medio di tariffa modello OT24.

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

17

Si intendono invece per evidenze di non conformità di tipo "minori" quelle "imperfezioni"

riscontrate che, per la loro natura, non inficiano la validità complessiva del sistema e, pertanto, in

caso di evidenze minori l'intervento si può ritenere attuato.

Un esempio di non conformità minore è il riscontro del mancato utilizzo dei DpI dispositivi di

protezione individuali, da parte di uno o più lavoratori, ove contemporaneamente si riscontri la

sorveglianza diligente da parte dei superiori dell'azienda (ad esempio con provvedimenti disciplinari

attuati nei confronti dei lavoratori risultati non in regola con l'utilizzo dei Dpi).

L'ultima sezione, quella inerente alla prevenzione di rischi specifici è caratterizzata dall'applicazione

di un punteggio diversificato in base al settore produttivo di appartenenza, disciplinato in base

all'articolazione disposta nelle tariffe dei premi, (grande gruppo gruppo sottogruppo).

Ogni Pat oggetto dell'istanza mod. OT24, deve essere presente almeno una delle lavorazioni

riconducibile ai grandi gruppi, gruppi, sottogruppi e relativa all'intervento migliorativo selezionato,

in base alla tabella che si riporta di seguito.

Grandi gruppi - Gruppi - Sottogruppi da tabella di tariffa D.M. 12.12.00 - D.M.

3.12.2010

Settore Industria Artigianato Terziario Altre attività

Alimenti Gruppo 1400 Gruppo 1400 Gruppo 1400 Gruppo 1200

Chimica Gruppo 2100 Gruppo 2100 Gruppo 2100 Gruppo 2100

Costruzioni Grande gruppo 3 Grande gruppo 3 Grande gruppo

3

Grande gruppo

3

Comunicazioni Gruppo 4200 Grande gruppo 4 Gruppo 4300 Gruppo 4300

Energia Gruppi 4100-4300-4500 Grande gruppo 4 Gruppo 4100 Gruppo 4100

Legno Grande gruppo 5 Grande gruppo 5 Grande gruppo

5

Grande gruppo

5

Metallurgia Gruppo 6100 Gruppo 6100 Gruppo 6100 Gruppo 6100

Metalmeccanica Gruppo 6200 Gruppo 6200 Gruppo 6200 Gruppo 6100

Mineraria Gruppo 7100 Gruppo 7100 Gruppo 7100 Gruppo 7100

Ceramiche Sottogruppo 7280 Sottogruppo

7280 Gruppo 7200 Gruppo 7100

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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Vetro Gruppo 7300 Gruppo 7300 Gruppo 7300 Gruppo 7100

Tessile Grande Gruppo 8 Grande gruppo 8 Grande gruppo

8

Grande gruppo

8

Trasporti Gruppo 9100 escluso

9140 Gruppo 9100 Gruppo 9100 Gruppo 9100

_____

(1) Allegato "A" del decreto ministeriale 24 ottobre 2007.

(2) Decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 e successive modifiche ed integr.

(3) D.P.C.M. 22 luglio 2011: "Comunicazioni con strumenti informatici tra imprese e

amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'articolo 5bis del codice dell'amministrazione digitale, di cui

al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e successive modificazioni".

(4) Inail circolare n. 3 del 17 gennaio 2014.

(5) Vedasi regolamento RT12 rev.1 SCR.

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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Sicurezza e lavoro

La delega di funzioni del Datore di Lavoro (Francesco Torre, Andrea Merler, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 21 gennaio 2015) La delega di funzioni è quell’atto attraverso il quale il soggetto delegante, trasferisce al soggetto

delegato, funzioni che altrimenti spetterebbero ad egli stesso. Si tratta quindi di un atto con cui il

soggetto delegato viene posto sullo stesso piano del delegante attraverso il trasferimento di talune

posizioni di garanzia.

Differente dalla delega è, pertanto, il conferimento di incarico, tramite il quale si crea una

determinata figura aziendale (es.: dirigente), ma non si opera alcun trasferimento di compiti, se

non l’attribuzione di quelli spettante al ruolo creato, in quanto tale. Nel tempo l’istituto della delega

ha rappresentato, e rappresenta, uno strumento fondamentale nella moderna organizzazione

aziendale, in particolar modo nelle realtà produttive di rilevanti dimensioni, onde diviene sovente

che il datore di lavoro trasferisca, ad uno o più soggetti, obblighi altrimenti a lui spettanti, tramite

atto di delega.

In passato, nessuna norma di diritto positivo prevedeva esplicitamente i requisiti di validità della

delega. Tale carenza normativa è stata colmata dalla giurisprudenza che aveva elaborato una serie

di requisiti di validità per riconoscerne l’operatività sul piano sostanziale e, per quanto d’interesse,

dal punto di vista penale.

L’istituto della delega non è obbligatorio, bensì è una facoltà concessa ai datori di lavoro per gestire

al meglio le attività anche sotto il profilo della sicurezza nei luoghi di lavoro. Istituto, che trova oggi

riferimento nell’art. 16 del D.lgs. 81/2008, per la materia prevenzionistica del lavoro

L’operatività dell’atto in questione è comunque vincolato dal fatto che taluni obblighi in capo al

datore di lavoro, non sono delegabili. Sul punto si esprime esplicitamente l’art. 17, primo comma

lett. a) e b) del D.Lgs. 81/08 in cui si impone al datore di lavoro un divieto di delega in merito alla

valutazione di tutti i rischi, l’elaborazione del documento di valutazione dei rischi e la designazione

del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione.

E’ bene chiarire che una delega di funzioni non delegabili dal datore di lavoro sarebbe da

considerarsi nulla e quindi improduttiva di effetti giuridici concreti con la riconducibilità delle

relative responsabilità in capo al soggetto garante principale, il delegante (datore di lavoro).

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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Il primo requisito della delega è l’atto scritto recante data certa. Per ottemperare a questo requisito

si deve provvedere alla redazione di un atto necessariamente scritto con data certa che può essere

attestata in vari modi, fra i quali, la scrittura privata autenticata, o l’uso di marca da bollo

temporale. In sostanza uno dei requisiti fondamentali della delega è la forma scritta ad

substantiam, venendo così meno tutta la giurisprudenza che aveva ammesso, in alcuni casi, che la

delega potesse essere anche provata per fatti concludenti (c.d. delega implicita o in re ipsa).

Il secondo requisito prevede una specifica professionalità ed esperienza in capo al delegato. Il

delegante, deve perciò verificare che il delegato possegga degli specifici requisiti di professionalità

valutabili il più oggettivamente possibile partendo, ad esempio, con la presentazione del curriculum

vitae da parte del delegato nonché dell’essere dotato di particolare esperienza nell’organizzazione

dei c.d. presidi antinfortunistici nei luoghi di lavoro, anche in relazione alla specifica attività

produttiva esercitata dall’impresa. Pertanto, non è fondamentale che il soggetto delegato possegga

conoscenze tecniche in senso strettamente specialistico, quanto che possegga delle competenze

organizzative e conoscenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro, tali che lo pongano nella

condizione di poter organizzare e gestire l’assolvimento degli obblighi prevenzionistici del lavoro,

rivolgendosi, eventualmente, a tecnici specialistici, qualora occorrente. Il delegato si sostituisce

infatti all’imprenditore, per l’assolvimento degli obblighi in questione. Tali requisiti soggettivi del

delegato vanno verificati periodicamente dal delegante. Nel caso in cui il delegante abbia nominato

un soggetto inidoneo, si potrebbe profilare un’ipotesi di responsabilità per culpa in eligendo nei

confronti del delegante stesso, consistente nell’aver trasferito l’obbligazione di sicurezza ad un

soggetto privo della necessaria competenza.

Ai fini della validità della delega, è fondamentale l’assegnazione al delegato di poteri di

organizzazione, gestione e controllo. Il delegato deve perciò essere messo nelle condizioni di poter

incidere sostanzialmente all’interno dell’organizzazione dell’impresa ad esempio, con il potere

disciplinare. Vi è pertanto la necessità che l’atto di delega contenga in modo puntuale e analitico i

poteri conferiti al delegato onde evitare che formule generiche e aspecifiche facciano riespandere la

responsabilità propria del delegante.

Il successivo requisito indica la necessità di conferire poteri di spesa al delegato. I poteri di spesa

potranno anche essere limitati, ma in tal caso anche la delega sarà ovviamente limitata, ovvero

essere proporzionati rispetto alle attività che nella sostanza dovranno essere svolte dal delegato

(es. acquisti di attrezzature). E’ consigliabile indicare sempre un quantum specifico di spesa onde

evitare spiacevoli inconvenienti o interpretazioni difformi dalla volontà delle parti (delegante e

delegato).

Il quinto requisito prevede l’accettazione espressa della delega da parte del delegato. Tale requisito

permette di affermare che la delega è un negozio bilaterale a contenuto recettizio e implica il

riconoscimento esplicito della conoscenza dell’operatività di tale delega da parte del delegato.

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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L’accettazione scritta deve essere anche incrociata con il requisito della data certa perché qualora

l’accettazione espressa avvenga in data posteriore rispetto alla delega, la validità dell’atto stesso

decorrerà dal momento dell’accettazione. E’ da rilevare che, qualora il delegato svolga, anche di

fatto, i compiti demandatigli attraverso una delega priva di tutti gli elementi essenziali, tale

situazione non svincolerebbe da eventuali responsabilità penali il delegato, il quale in siffatta

situazione, non avrebbe dovuto accettare la delega.

Ulteriore requisito, è quello della pubblicità da dare alla delega. Anche tale requisito può essere

assolto in vari modi, ma tra i più efficaci si segnala la registrazione presso il registro delle imprese

in modo tale che già dalla visura camerale siano evidenziati i vari procuratori. Altri modi di

conoscenza della delega ugualmente efficaci, potrebbero essere quelli dell’allegazione dell’atto al

documento di valutazione dei rischi, la comunicazione del nominativo al R.L.S. e ai lavoratori, ad

esempio, attraverso l’affissione della delega nelle apposite bacheche aziendali come avviene per il

codice disciplinare. Tali ultime modalità, sono peraltro funzionali alla definizione del soggetto,

quindi del ruolo, all’interno dell’articolazione aziendale.

La delega di funzioni non è una vera e propria delega di responsabilità, anche se incide

direttamente su questa, in quanto costituente un mezzo di adempimento di obblighi imperativi

previsti dalla legge, che non trasferiscono la titolarità dell’obbligo stesso e lasciano residuare un

dovere di controllo in capo al delegante sull’operato del delegato.

Anche l’obbligo di vigilanza, e non di ingerenza, del delegante sull’operato del delegato, è stato

codificato dall’art. 16 del D.Lgs. 81/08 e, pertanto la delega deve contenere gli strumenti con cui

viene realizzata la vigilanza ad esempio tramite relazioni periodiche del delegato nei confronti del

delegante. Tale obbligo di vigilanza può anche essere assolto attraverso l’adozione dei sistemi di

verifica e controllo per l’attuazione del Modello di Organizzazione e Gestione (M.O.G.) idoneo ad

esonerare l’Ente (fra i quali le associazioni riconosciute e non, società di persone e di capitale) da

responsabilità amministrativa delle persone giuridiche derivante da reato presupposto, ex D.Lgs.

231/01.

E’ bene ricordare che la vera rivoluzione copernicana in materia di salute e sicurezza sul lavoro, è

stata l’introduzione nell’ordinamento giuridico – attraverso la Legge n. 123/2007 - della

responsabilità amministrativa degli enti, per i reati colposi di evento (artt. 589, 590 c.p.), con

possibili conseguenze rilevanti sul patrimonio economico, e non solo, dell’impresa. Un ruolo

fondamentale per l’implementazione del M.O.G. idoneo ad esimere dalla responsabilità gli Enti

spetta sicuramente all’organizzazione aziendale, anche, eventualmente, tramite l’istituto della

delega di funzioni.

E’ opportuno far presente che il legislatore ha codificato anche la cosiddetta subdelega di funzioni,

così completando il sistema prevedendo un secondo livello di delega con gli stessi requisiti formali

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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della delega di primo livello, ma prevedendo altresì un obbligo di intesa con il delegante originario

(datore di lavoro) per trasferire gli obblighi delegati e una situazione di parziale delegabilità degli

obblighi originariamente demandati al delegato in modo tale da evitare la c.d. delega a cascata. In

buona sostanza sono ammessi solo due livelli di delega in cui il secondo livello è solo parziale (non

tutti gli obblighi già delegati) e comunque è sempre necessario un avallo del delegante originario in

favore del delegato, per autorizzare la subdelega di funzioni.

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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Sicurezza estesa

La tutela dei terzi estranei presenti nei luoghi di lavoro (Francesco Torre, Andrea Merler, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 22 gennaio 2015) Le norme poste a tutela della salute e della sicurezza nei lavoratori, prevedono quali destinatari dei

precetti in esse contenute, non soltanto i lavoratori, ovvero i soggetti deboli del rapporto di lavoro,

bensì qualsiasi soggetto che si trovi ad essere legittimamente nel luogo di lavoro stesso, ovvero da

esso ne subisca coinvolgimento.

Tali norme, infatti, non hanno la finalità di definire con esclusività i soggetti destinatari della

disciplina prevenzionistica del lavoro, ma circoscrivono l’ambito di applicazione della norma stessa,

ossia quali attività ne soggiacciono. Di conseguenza, ogni qualvolta che ad un’attività siano addetti

lavoratori o soggetti ad essi equiparati, il destinatario degli obblighi in materia di salute e sicurezza

sul lavoro, dovrà attivarsi per soddisfare i propri doveri, a prescindere dalla definizione di coloro

che si ritrovano ad essere esposti all’attività in questione.

È opportuno infatti rilevare come l’art. 590 del codice penale, lesioni personali colpose, al comma

3, si riferisce a fatti commessi con violazione delle norme […] per la prevenzioni degli infortuni, non

distingue pertanto l’applicazione ai soggetti che rivestono qualifica di lavoratori subordinati. Quel

che rileva è infatti l’esposizione al rischio di coloro, dipendenti o non, si trovino ad essere

lecitamente a frequentare un luogo sul quale si esercita operosità di lavoro. Si pensi ad esempio al

soggetto terzo che percorre liberamente una strada sulla quale insiste un ponteggio privo di

mantovana: il soggetto è esposto a rischio di caduta materiale su di esso; o, ancora, alla gru a

torre che si trova a ruotare al di fuori dell’area di cantiere, sopra la strada adiacente all’area stessa

di lavoro e legittimamente percorribile.

L’integrità fisica dei soggetti estranei al luogo di lavoro, è infatti meritevole di tutela non meno di

quella degli stessi lavoratori.

Ne deriva che qualora un infortunio sia eziologicamente riconducibile alla mancata o inadeguata

adozione di cautele prevenzionistiche, tale inosservanza sarà perseguibile a titolo di colpa specifica

ex articolo 43 del codice penale, e relativa circostanza aggravante di cui all’artt. 589 c.p., omicidio

colposo, comma 2, o 590 c.p., comma 3, così come la perseguibilità di ufficio, a prescindere dal

ruolo assunto dal soggetto infortunatosi, rilevando esclusivamente, semmai, la legittima presenza

nel luogo, in quel momento, del soggetto, esulando questi ultimi, dai caratteri di anormalità,

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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atipicità ed eccezionalità, tali da far ritenere interrotto il nesso di causalità tra l’evento di danno

patito dal soggetto e la condotta violativa di regole cautelari, che l’hanno provocato.

Norma prevenzionistica del lavoro, che non trova quindi applicazione nei casi in cui il soggetto si

trovi abusivamente o per mera curiosità, nel luogo di lavoro. A riguardo, è opportuno distinguere il

caso in cui il datore di lavoro o chi per esso, lasci senza custodia – o in maniera inadeguatamente

custodito – un luogo di lavoro. Si pensi al cantiere da chiunque accessibile per via della carente o

inadeguata recinzione volta ad evitare l’accesso di terzi estranei. In tal caso, la persona a cui sarà

ricondotta la condotta omissiva, sarà chiamata a rispondere dei danni eventualmente cagionati, in

quanto sarebbe dovuto comunque intervenire, sin quando dell’ambiente di lavoro ne manteneva

capacità organizzativa e di intervento, a prescindere della presenza, o meno, di attività esistente in

essere. Tale obbligo non si limita – infatti - al periodo di mera esecuzione delle opere appaltate, ma

anche alla fase successiva qualora egli conservi il controllo della zona dei lavori, ma soprattutto si

concreta nell’obbligo di non lasciare senza custodia, situazioni di pericolo derivando da ciò colpa

qualificabile quale grave negligenza ed imprudenza (Cass. Pen. Sez. IV, 14817/2006).

Si rammenta infine che il D.Lgs. n. 81/2008, sia con i principi generali contenuti nel Titolo I del

decreto, che con l’allegato XV, richiama il dovere di tutela nei confronti di soggetti estranei

all’attività lavorativa nonché dell’ambiente esterno all’area di lavoro: Il datore di lavoro prende

appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la

salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante

assenza di rischio [Art. 18, comma 1, lett. q)]. Il piano di sicurezza e coordinamento contiene

l'analisi degli elementi essenziali […] eventuali rischi che le lavorazioni di cantiere possono

comportare per l'area circostante [All. XV, p. 2.2.1. lett. c)].

È peraltro pacifico, pertanto, che nell’effettuare la valutazione dei rischi, il datore di lavoro non

potrà non tener conto della eventuale presenza di soggetti terzi che ricadono nell’influenza delle

dinamiche lavorative o che gli stessi si possano trovare all’interno dell’ambiente di lavoro; dal

semplice cliente che accede in ditta, al passante adiacente al cantiere. Discorso analogo, con le

dovute distinzioni pertinenti al ruolo, per il coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e

di esecuzione, i quali dovranno programmare le attività in modo sicuro, in considerazione

dell’influenza che le dinamiche lavorative potranno creare verso l’esterno del cantiere e viceversa,

nonché, verificare (il coordinatore in fase di esecuzione) di fatto, che non si inneschino quelle

fattispecie che possano comportare dei contatti rischiosi tra soggetti distinti.

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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Sicurezza in itinere

Infortunio in itinere: l'Inail allarga le maglie (Luca De Compadri, Il Sole 24 ORE - Guida al Lavoro, Edizione del 16 gennaio 2015, n. 3) L'Inail precisa che l'infortunio occorso al lavoratore nel tragitto casa-lavoro, interrotto o deviato per

accompagnare il proprio figlio a scuola, previa verifica della necessarietà dell'uso del mezzo

privato, potrà essere ammesso alla tutela assicurativa subordinatamente alla verifica delle modalità

e delle circostanze del singolo caso

Inail - Circolare 18.12.2014, n. 62

Con l'articolo 12 del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, che ha aggiunto il terzo comma all'articolo 2

del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, il legislatore ha regolamentato l'ipotesi del cosiddetto

infortunio in itinere.

Infortunio in itinere e occasione di lavoro

In materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro vale il principio secondo cui sia l'infortunio

in itinere sia l'infortunio, verificatosi nel corso di uno spostamento del lavoratore per motivi inerenti

allo svolgimento della propria prestazione, sono indennizzabili anche in caso di utilizzazione di

mezzi di trasporto privati, purché tale utilizzazione sia necessitata, cioè funzionalizzata, in relazione

alle circostanze di tempo di luogo in cui avviene, ad un corretto e puntuale adempimento dei

compiti lavorativi (cfr. Cass. 25.7.2001, n. 10162). L'infortunio in itinere, quindi, può essere

indennizzato quando il rischio generico (che incombe su tutti coloro che utilizzano la strada) si

trasformi attraverso un quid pluris in un rischio specifico del lavoro, oppure in un rischio generico

aggravato. Agli effetti dell'assicurazione infortuni, la particolare ipotesi dell'infortunio in itinere

presuppone il requisito essenziale dell'occasione di lavoro, che si configura per la necessità per il

lavoratore di seguire un determinato percorso o di impiegare un determinato veicolo pubblico o

privato (quando difetti un servizio pubblico di linea), soltanto nell'ipotesi in cui il percorso seguito

od il veicolo impiegato sia la causa dell'esposizione al rischio specifico o quanto meno, generico

aggravato, dell'infortunio occorso al lavoratore stesso. Seguendo detto principio la Suprema Corte

ha escluso l'occasione di lavoro in una ipotesi in cui il lavoratore, mentre si recava dalla propria

abitazione al luogo di lavoro alla guida del suo motoveicolo, veniva raggiunto da colpi di arma da

fuoco esplosi da ignoti (cfr. Cass. 22.7.1987, n. 6382).

Va, poi, tenuto presente che, ai fini dell'indennizzabilità dell'infortunio in itinere anche in caso di

utilizzo del mezzo di trasporto privato deve aversi riguardo a criteri che individuino la legittimità o

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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meno dell'uso del mezzo in questione secondo gli standards comportamentali esistenti nella società

civile e rispondenti ad esigenze tutelate dall'ordinamento, quali il più intenso legame con la

comunità familiare ed un rapporto con l'attività lavorativa diretto ad una maggiore efficienza delle

prestazioni. In questo senso si è ritenuto indennizzabile l'infortunio occorso ad un lavoratore, che

stava rientrando nella propria abitazione con un mezzo di trasporto privato per consumare il pranzo

e poi ritornare sul posto di lavoro (cfr. Cass. 3.8.2001, n. 10750).

Infortunio in itinere e nesso causale

Si può affermare che l'infortunio in itinere sia caratterizzato dal fatto di essersi verificato fuori sia

dall'orario di lavoro sia dal luogo di lavoro, specificando che è comunque indispensabile, ai fini

dell'indennizzabilità, la sussistenza di un nesso causale, anche indiretto, tra l'infortunio medesimo

ed il lavoro. Tale nesso causale viene interrotto dal cosiddetto rischio elettivo, che si verifica

allorquando il lavoratore pone in essere una situazione pericolosa svincolata dalle esigenze

lavorative; quando, cioè, l'evento lesivo sia ricollegabile ad una scelta volontaria del soggetto,

scelta puramente arbitraria, che abbia indotto il soggetto stesso ad affrontare un rischio diverso da

quello inerente alla attività lavorativa (cfr. Cass. 30.5.2001, n. 7367).

Istruzioni operative Inail del 12 gennaio 2004

Con le istruzioni operative del 12 gennaio 2004 l'Istituto chiariva alcuni aspetti circa la

qualificazione giuridica dell'infortunio in itinere in rapporto ad alcuni eventi. Per cui si è ritenuto

che:

- sia infortunio sul lavoro (e non infortunio in itinere) quello che si verifica all'interno delle

pertinenze del luogo di lavoro;

- sia infortunio in itinere quello che si verifica al di fuori dalle pertinenze del luogo di lavoro;

- non sia infortunio sul lavoro e/o in itinere quello avvenuto entro l'ambito domestico, inteso come

comprensivo delle pertinenze dell'abitazione e delle parti condominiali (pianerottoli, scale, cortili,

viali, strade interne o, comunque, riservate all'uso esclusivo di privati proprietari ecc.);

- sia infortunio in itinere quello occorso nelle strade che, pur di proprietà privata, sono destinate a

soddisfare le esigenze di una comunità indifferenziata e sono, perciò, aperti al traffico di un numero

indeterminato di veicoli.

Breve sosta ed interruzione

Secondo la Corte costituzionale non esiste una equiparazione tra breve sosta ed interruzione,

infatti la breve sosta non fa venire meno l'occasione di lavoro e non può, pertanto, essere

ricompresa nelle fattispecie di cui all'articolo 2, comma 3, del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124,

aggiunto dall'articolo 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (cfr. Corte costituzionale,

ordinanza 10 gennaio 2005).

A parere della Corte costituzionale, prima ancora di verificare la sussistenza, ai fini della esclusione

della tutela assicurativa, di interruzioni o deviazioni che non siano affatto dipendenti dal lavoro o

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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che, comunque, non siano necessitate, perché l'infortunio non sia indennizzabile, occorre che la

soluzione di continuità nel tragitto compiuto dal lavoratore dalla propria abitazione al luogo di

lavoro e viceversa, abbia la connotazione e la consistenza di una vera e propria interruzione, per

definire la quale occorre tener conto della giurisprudenza ordinaria.

Ultime istruzioni operative dell'Inail

Con la circolare n. 62 del 18 dicembre 2014 l'Inail interviene ulteriormente sulla problematica

dell'infortunio in itinere soprattutto alla luce degli ultimi indirizzi giurisprudenziali, stante la

genericità del dettato legislativo. Al riguardo, l'art. 12, D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 prevede che

"salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non

necessitate, l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il

normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale

percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non

sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal

luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. L'interruzione e la deviazione si

intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed

improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L'assicurazione opera anche nel

caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato. Restano, in questo caso, esclusi

gli infortuni direttamente cagionati dall'abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall'uso non terapeutico

di stupefacenti ed allucinogeni; l'assicurazione, inoltre, non opera nei confronti del conducente

sprovvisto della prescritta abilitazione di guida". Orbene, da sempre ha destato qualche perplessità

l'interpretazione del concetto di esigenze essenziali, come, ad esempio, in relazione alla fattispecie

della deviazione effettuata dai genitori per accompagnare i figli a scuola. In un primo momento

l'Istituto ha escluso che gli infortuni occorsi durante le soste effettuate dai genitori per

accompagnare i figli a scuola rientrino nella copertura assicurativa. Con la circolare n. 62 in

commento l'Inail, modificando la propria posizione, ritiene di poter estendere la tutela assicurativa

agli eventi in itinere occorsi durante le deviazioni e/o interruzioni "necessitate" per il

soddisfacimento di esigenze familiari.

Ciò in quanto l'uso del mezzo privato da parte del lavoratore risulta necessitato in riferimento agli

standards comportamentali esistenti nella società civile e rispondenti ad esigenze tutelate

dall'ordinamento, tesi a tutelare l'intensità del legame nell'ambito della comunità familiare. Tale

interpretazione risulta in linea con le scelte di politica sociale già adottate in alcuni paesi europei.

Sul punto la Suprema Corte è uniforme nell'orientamento secondo cui la valutazione delle

circostanze di fatto della interruzione non necessitata sia compito del giudice di merito, il quale

potrà adottare criteri, quali il tempo della sosta, in termini assoluti, o in proporzione alla durata del

viaggio, in quanto la interruzione non necessitata non può essere di durata tale da elidere il

carattere finalistico che giustifica la tutela dell'infortunio in itinere o delle motivazioni stesse della

sosta, avvalendosi delle indicazioni della giurisprudenza nazionale oppure, ove mancante e quale

criterio meramente sussidiario, anche di quella dei Paesi comunitari (Cfr. Cass. n. 15973/2007).

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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Ebbene, secondo l'Inail, le esigenze familiari addotte dal lavoratore dovranno essere valutate alla

luce dei limiti su indicati dalla giurisprudenza. Inoltre le indicazioni, espresse nella circolare, si

dovranno applicare ai casi futuri nonché alle fattispecie in istruttoria e a quelle per le quali sono in

atto controversie amministrative o giudiziarie o, comunque, non prescritte o decise con sentenza

passata in giudicato.

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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Cassazione

Infortuni, domande a prescrizione breve (Mauro Pizzin, Silvana Toriello, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 14 gennaio 2015) La sospensione della prescrizione triennale dell’azione per il riconoscimento delle prestazioni da

infortunio sul lavoro e malattie professionali opera limitatamente al decorso dei 150 giorni previsti

per la liquidazione in via amministrativa dell’indennità e la mancata pronuncia definitiva da parte

dell’Inail entro il suddetto termine configura una ipotesi di silenzio significativo della ricezione

dell’istanza dell’assicurato, comportante l’esaurimento del procedimento amministrativo e, con

esso, la cessazione della sospensione della prescrizione.

A ribadire il principio è stata la sentenza 211/15 della Corte di cassazione, Sezione lavoro, che è

ritornata - per il ricorso effettuato da una lavoratrice - sul tema della prescrizione del diritto alle

prestazioni erogate dall’Istituto in base agli articoli 111 e 112 del Dpr 1124/65.

La prescrizione torna ad essere in tal modo una prescrizione “sprint”, come peraltro lo stesso Inail

aveva già rappresentato con la circolare 42/13, che applica in concreto la regola a tutti i casi

esaminati dal 19 settembre 2013.

Si ricorda che, in base alla sentenza 783/99 della Cassazione, in passato era prevalso

l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la sola presentazione della domanda per il

riconoscimento della prestazione bastava a garantire la permanenza del diritto (alla prestazione)

mediante lo stop permanente del termine triennale di prescrizione fino alla decisione dell’Inail.

La giurisprudenza di legittimità con una serie di sentenze ha poi abbandonato il predetto principio e

ne ha affermato un altro il quale, reinterpretando l'articolo 111 del Testo unico, ritiene che la

durata imposta al procedimento amministrativo influisca sulla decorrenza del termine di

prescrizione.

Si è ritenuto, in altre parole, che una volta presentata la domanda, il decorso della prescrizione si

interrompe solo per 150 giorni se l’Inail non si pronuncia, decorsi i quali la prescrizione ricomincia a

decorrere (la sospensione è di 210 giorni quando la domanda è relativa alla revisione della

rendita). Pertanto, dopo tale termine, si rende necessario un nuovo atto (per esempio un sollecito)

se si vuole effettuare una nuova interruzione della prescrizione.

Nella decisione a commento il collegio, nel richiamare la sentenza 783/99, rappresenta come essa

sia coerente con quanto dal medesimo collegio rappresentato e il contenuto delle argomentazioni

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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addotte è in parte rinvenibile già nelle istruzioni operative date dall’Istituto sul tema nel 2013,

ossia che il dies a quo della prescrizione coincide con il momento in cui il diritto può essere fatta

valere secondo le disposizioni vigenti.

La domanda amministrativa di liquidazione della prestazione presentata entro 3 anni dal suddetto

dies a quo, avendo effetto interruttivo della prescrizione, impedisce l'estinzione del diritto. Il

termine triennale di prescrizione, poi, ricomincia a decorrere dal momento in cui si esauriscono i

termini fissati dalla legge per l’espletamento del procedimento amministrativo (pari a 150 giorni e

210 per le revisioni). L’effetto interruttivo della prescrizione del diritto è esteso, infine, anche ad

eventuali altri atti stragiudiziali di esercizio del diritto come, ad esempio, la presentazione

dell’opposizione o di eventuali solleciti rivolti all’Istituto per la definizione della richiesta di

liquidazione delle prestazioni.

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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Intervista

Il gioco d’anticipo è cruciale nel calo degli incidenti (Valeria Uva, Il Sole 24 ORE – Focus Sicurezza, 31 gennaio 2015) Con l’ultima edizione che si apre a marzo il plafond dell’Inail per la sicurezza e la prevenzione degli

infortuni sul lavoro arriva a superare il miliardo di investimenti in cinque anni. Dalla prima edizione

del 2010 partita con un budget di 60 milioni a quella di quest’anno, giunta a quota 267 milioni,

sono stati più di 13mila i progetti ammessi a finanziamento.

«Sono risorse delle imprese - spiega l’ingegner Ester Rotoli, direttore prevenzione Inail - si tratta di

parte dei premi assicurativi versati che vengono indirizzati sulla prevenzione».

Direttore, si può tracciare un bilancio di queste iniziative?

Ogni edizione ha riscontrato un interesse crescente soprattutto delle piccole e medie imprese, alle

quali i bandi sono rivolti in modo prevalente. Basti pensare che nel primo anno ha partecipato il

49% di microimprese fino a dieci dipendenti e che siamo arrivati al 61 per cento. E ora stiamo

cercando di misurare l’impatto in termini qualitativi. Sappiamo, ad esempio, che nel 2013, quando

gli infortuni riconosciuti sono calati in termini percentuali dell’8%, una buona metà di questo

risultato è attribuibile alle politiche di prevenzione.

A quali settori industriali e a quali strumenti di prevenzione guardano i bandi Inail?

L’obiettivo è quello di convogliare le risorse verso le aziende meno attrezzate a sostenere i costi

della sicurezza e nei settori dove è più alto il numero degli infortuni. Ecco perché nei filtri, che

definiscono la soglia di ammissibilità del progetto, viene assegnato un punteggio maggiore alle

aziende più piccole e ai settori più a rischio che continuano a essere tre: costruzioni, industria

metallurgica e agricoltura.

Ma a ogni edizione resta fuori un numero crescente di domande.

Il monte risorse è purtroppo vincolato in partenza e dipende dai premi assicurativi versati dalle

imprese. Le richieste sono tantissime. Per questo la partecipazione è articolata in due fasi: la

prima, consiste appunto nel raggiungimento della soglia di ammissibilità, ovvero un punteggio-filtro

che seleziona i progetti principalmente in base alla dimensione aziendale, alla rischiosità

dell’attività e alla tipologia di progetto; mentre la seconda è quella a sportello, del cosiddetto click

day, in cui tutti i potenziali beneficiari sono sullo stesso piano. In questo modo riusciamo anche a

dare velocità alle assegnazioni.

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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Intanto però alle imprese è richiesto di anticipare il finanziamento, perché l’erogazione è

a presentazione delle spese. Un onere importante in questo momento di difficile accesso

al credito.

Le imprese possono richiedere dall’inizio un’anticipazione del 50% delle spese. Inoltre il contributo

Inail è compatibile con altri strumenti di garanzia del credito, da cui le aziende possono attingere

risorse aggiuntive. E, in ogni caso, ormai numerosi studi dimostrano che la prevenzione degli

infortuni non è un costo ma un investimento. L’Agenzia internazionale per la sicurezza calcola che il

ritorno per ogni euro investito in questo settore sia pari a 2,2 euro. Noi come Inail offriremo da

febbraio sul sito un software (si chiamerà Co&Si) in grado di stimare, al contrario, i costi della non

sicurezza in ogni azienda.

Che controlli svolgerà l’istituto sui finanziamenti erogati?

Finora abbiamo assegnato tutti i contributi dell’edizione 2011, e una parte di quelli legati al 2012,

laddove completati. Stiamo impostando le verifiche a campione sul 10% dei beneficiari, ma

soprattutto tenteremo di misurare l’efficacia del contributo, sia in termini di prevenzione degli

infortuni che delle malattie professionali.

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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Rifiuti

Rifiuti: i criteri sui registri di carico e scarico

D. Una ditta di autotrasporti, iscritta all’albo nazionale gestori ambientali in categoria 4, produce

rifiuti (toner esausti Cer 160216) dai propri uffici. Vorremmo un aiuto nella corretta gestione dei

seguenti casi:1) i rifiuti vengono trasportati dalla ditta stessa sui mezzi autorizzati, con formulario,

e conferiti ad una ditta autorizzata. Questi rifiuti devono essere annotati sia sul registro carico e

scarico dei rifiuti prodotti che sul registro relativo al solo trasporto?2) I rifiuti vengono trasportati

dalla ditta stessa sui mezzi autorizzati con formulario e conferiti ad un centro di raccolta comunale

gestito da un'azienda municipalizzata. I rifiuti devono essere annotati sul registro carico e scarico?

----

R. L'attuale versione dell’articolo 190, Dlgs 152/2006 assoggetta all’obbligo di registrazione sul

registro di carico e scarico: «... a) gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi

e gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali non pericolosi di cui alle lettere c) e d) del

comma 3 dell'articolo 184 e di rifiuti speciali non pericolosi da potabilizzazione e altri trattamenti

delle acque di cui alla lettera g) del comma 3 dell'articolo 184; b) gli altri detentori di rifiuti, quali

enti e imprese, che raccolgono e trasportano rifiuti o che effettuano operazioni di preparazione per

il riutilizzo e di trattamento, recupero e smaltimento, compresi i nuovi produttori…; c) gli

intermediari e i commercianti di rifiuti». Ora, se da una prima interpretazione letterale della

disposizione emerge che l’azienda potrebbe risultare assoggettata all’obbligo in questione, in virtù

della previsione di cui alla lettera b), pur tuttavia rileva quanto subito dopo previsto al comma 1-

bis del medesimo articolo 190, tale che «sono esclusi dall'obbligo della tenuta dei registri di carico

e scarico: ... b) le attività di raccolta e trasporto di propri rifiuti speciali non pericolosi effettuate

dagli enti e imprese produttori iniziali».

(Marco Fabrizio, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 2 febbraio 2015)

SISTRI

D. Sono RSPP in un'azienda con 33 lavoratori distribuiti su 3 sedi: due di queste sono prettamente

commerciali e non producono rifiuti, la terza invece svolge un'attività produttiva con annessa

produzione di rifiuti speciali pericolosi. Il numero di addetti in questa terza sede non è superiore

alle 10 unità. L'azienda è obbligata ad iscriversi a SISTRI, visto che l'unica sede operativa

"produttiva" non supera i 10 dipendenti?

----

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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R. L'azienda non è obbligata ad iscriversi. In base agli ultimi aggiornamenti normativi (si veda il

decreto ministeriale 24 Aprile 2014), sono, infatti, obbligati ad iscriversi al Sistri, per quanto la

categoria della produzione, solo quelle imprese che generano rifiuti pericolosi e con un organico

superiore ai 10 dipendenti.

(Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Tecnici24 Risponde, 23 gennaio 2015)

Formazione e sicurezza

Il portiere integra la formazione antincendio D. Sono un portiere di condominio e lo stabile dove presto la mia professione rientra nella

categoria "C" del nuovo regolamento (Dpr 151/2011) sulle attività sottoposte ai controlli di

prevenzione incendi. Prima dell'entrata in vigore della normativa in questione ho avuto l'incarico di

addetto alla prevenzione incendi, con la formazione di rischio medio. Vorrei sapere se l'attuale

formazione risulterebbe insufficiente e quindi da integrare.

----

R. Se lo stabile rientra nella categoria C, come indicato nell'Allegato I del Dpr 151/2011, allora la

formazione degli addetti antincendio è quella prevista per le attività a rischio d'incendio elevato

(Dm 10 marzo 1998) con durata di 16 ore. Pertanto, la formazione del lettore è da integrare.

(Carmelo G. Catanoso, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 12 gennaio 2015)

Sicurezza, obblighi ed adempimenti

La presenza di più imprese impone il coordinatore D. Ai sensi della sentenza C-224-09 della Corte di giustizia europea è obbligatorio per il

committente nominare un coordinatore per la sicurezza per un intervento ex articolo 9, legge

regionale 37/85, con demolizione, ricostruzione e cambio di destinazione d'uso in abitativo di un

magazzino di 22 mq da annettere ad una villetta indipendentemente dal tipo di autorizzazione?

----

R. Il Capo I del Titolo IV del Dlgs 81/2008 riguarda le disposizioni specifiche relative alle misure

per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili. Per

cantiere temporaneo o mobile s’intende (articolo 89, comma 1, lettera a) del Dlgs 81/2008),

qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il cui elenco è riportato

all’Allegato X. L’articolo 90, comma 3 e 4 del Dlgs 81/2008 impongono al committente di nominare,

contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione, il coordinatore per la sicurezza nella

fase di progettazione (Csp) e, prima dell’affidamento dei lavori, il coordinatore della sicurezza per

l’esecuzione (Cse), nei cantieri in cui è prevista la presenza, anche non contemporanea, di più

imprese esecutrici. La Corte di Giustizia Ue, sezione 5, il 7 ottobre 2010, C-224/09, si è

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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pronunciata censurando un non corretto recepimento della direttiva 92/57/CEE da parte del

legislatore italiano che, con il comma 11 dell’articolo 90 del decreto citato, escludeva dall’obbligo di

nomina del coordinatore della sicurezza per la progettazione i cantieri in cui venivano eseguiti

lavori non soggetti a permesso di costruire. Ancor prima della pronuncia della Corte di Giustizia, il

legislatore è intervenuto modificando il comma 11 (modifica introdotta dall’articolo 39 della legge

n. 88/2009) che adesso recita «La disposizione di cui al comma 3 (nomina Csp) non si applica ai

lavori non soggetti a permesso di costruire in base alla normativa vigente e comunque di importo

inferiore a 100.000 euro. In tal caso, le funzioni del coordinatore per la progettazione sono svolte

dal coordinatore per l’esecuzione dei lavori». Pertanto, il lettore dovrà nominare i coordinatori se, e

solo se, in cantiere saranno presenti più imprese esecutrici, anche non contemporaneamente. Nel

caso previsto dal comma 11 dell’articolo 90, il lettore potrà nominare il solo coordinatore della

sicurezza per l’esecuzione che espleterà anche le funzioni del coordinatore della sicurezza per la

progettazione.

(Carmelo G. Catanoso, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 12 gennaio 2015)

Adempimenti sicurezza per sede in abitazione D. Se ci sono norme specifiche riguardanti attività lavorative svolte presso la propria abitazione,

che funge da sede dell'attività stessa. Nello specifico vorremmo sapere se viene considerato "luogo

di lavoro" ai sensi dell'81/08 un locale all'interno di privata abitazione (di proprietà del datore di

lavoro) adibito esclusivamente a sede dell'attività. Inoltre, in tale caso, chiediamo se esistono

variazioni in merito agli adempimenti previsti, ad esempio l'obbligo di estintori e cartellonistica, o

se il locale va trattato come una normale unità lavorativa. Specifichiamo che non si tratta di

lavoratori a domicilio ma dell'unica sede dell'attività.

----

R. Per rispondere al quesito giova premettere che, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. a) del D.Lgs

81/08, le vigenti disposizioni prevenzionali si applicano a tutti i settori di attività, privati e pubblici,

e a tutte le tipologie di rischio. Le medesime norme trovano altresì applicazione nei confronti di

lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonchè dei soggetti ad essi equiparati. In sostanza

la normativa di salute e sicurezza si applica in tutte le situazioni in cui sussiste un'attività lavorativa

e soggetti ad essa preposti e ciò a prescindere dallo specifico luogo ove tale attività viene svolta.

Puntuale, in proposito, è la norma dettata dall'art. 2, comma 1, let. a) del decreto che, nel porre la

definizione di lavoratore, specifica che esso è la persona che, indipendentemente dalla tipologia

contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro,

pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche solo al fine di apprendere un mestiere, un'arte

o una professione. Traslando tali disposizioni al caso di specie, può ricavarsi che il locale posto

all'interno di una privata abitazione deve essere considerato luogo di lavoro qualora in esso uno o

più soggetti svolgano una specifica attività lavorativa. L'articolazione adempimentale sarà

ovviamente funzionale al numero ed alla tipologia dei lavoratori ed alla specificità dei rischi

presenti.

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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(Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Tecnici24 Risponde, 19 gennaio 2015)

REACH D. Un'azienda ha depositato presso la CCIAA due marchi di impresa che identificano: Detergenti

per la pulizia, Fragranze per ambiente. La produzione dei prodotti è affidata completamente a terzi.

La ditta non manipola i prodotti ma esclusivamente li vende. Che ruolo ricopre per il REACH? Nella

sds, al punto 1, deve essere indicata la ditta produttrice o chi detiene il marchio? E nell'etichetta?

-----

R. Il regolamento europeo REACH non coinvolge le sole aziende del settore chimico: è infatti

sufficiente che un'impresa per le proprie attività faccia uso anche di un solo prodotto chimico (ad

esempio olio lubrificante, detergente ...) perché si parli di utilizzatore a valle con specifici obblighi

mutuati dal regolamento. L'Utilizzatore a valle, secondo il regolamento REACH, è una persona fisica

o giuridica stabilita nella Comunità diversa dal fabbricante o dall'importatore che utilizza una

sostanza chimica, in quanto tale o in quanto elemento di una miscela, nell'esercizio delle proprie

attività industriali o professionali. Rientrano quindi aziende che acquistano tali prodotti, che li

usano o che semplicemente li commercializzano. Tali soggetti dovranno verificare che le sostanze

siano state registrate dal produttore/importatore e verificare che i propri usi della sostanza siano

coperti dagli scenari di esposizione allegati alla SDS (scheda di sicurezza). Nella scheda di

sicurezza al punto 1 è indicata l'azienda produttrice. Stesso discorso vale per l'etichetta.

(Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Tecnici24 Risponde, 15 gennaio 2015)

Lavoro su scale D. Volevo avere la sua opinione relativa all'utilizzo di scale portatili per effettuare lavori occasionali

con i piedi posti ad altezze superiori ai due metri. Il lavoro su scale (ad oltre 2 m) è considerato un

lavoro in altezza? Se sì, è necessario sottoporre a sorveglianza sanitaria con esami (alcool

test/prelievo ematico) i lavoratori che la utilizzano? La cintura di posizionamento che si può

consegnare per permettere all'operatore di utilizzare entrambe le mani è da considerarsi DPI di

terza categoria? serve formazione particolare? chi la può svolgere? La scala, con l'utilizzo della

cintura di posizionamento, deve essere agganciata o basta la presenza di un secondo operatore ai

piedi della scala per assicurarne la stabilità?

-----

R. L'art. 107 del D.Lgs 81/08 prevede che debba intendersi per lavoro in quota l'attività lavorativa

che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 metri

rispetto ad un piano stabile. L'utilizzo di scale portatili per effettuare lavori occasionali con i piedi

posti ad altezze superiori ai due metri deve quindi ritenersi lavoro in quota che necessita di

sorveglianza sanitaria. Essa rientra, infatti, tra gli obblighi del datore di lavoro, che, secondo l'art.

18, comma c) del D.Lgs.81/08, nell'affidare i compiti ai lavoratori deve tener conto delle loro

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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capacità e condizioni in rapporto alla loro salute e sicurezza. Le finalità della sorveglianza sanitaria

sono sostanzialmente due: la valutazione del possesso dei requisiti psicofisici necessari per lo

svolgimento della mansione. A questo riguardo possiamo ritenere che il lavoro in quota richieda

capacità di muoversi in sicurezza in situazioni difficili; capacità cognitive, di giudizio e

comportamentali adeguate alle situazioni da affrontare; assenza di disturbi dell'equilibrio;

sufficiente funzionalità dell'apparato sensitivo; assenza di controindicazioni all'uso dei dispositivi di

protezione individuale contro la caduta dall'alto; l'accertamento di condizioni cliniche che

controindichino lo svolgimento di lavoro in altezza. Il personale addetto all'uso della scala deve

essere stato valutato idoneo alla mansione, adeguatamente formato ed addestrato all'uso della

specifica attrezzatura fornita. Sulla base della dottrina prevalente e degli oramai consolidati

orientamenti degli organi di controllo, si ritiene che la cintura di posizionamento debba considerarsi

DPI di terza categoria e che la scala portatile debba essere posizionata secondo modalità

riconducibili al manuale d'uso e manutenzione. Generalmente il manuale prevede che la scala

debba essere agganciata. Si segnala che utili indicazioni sulla scelta, l'uso e la manutenzione delle

scale portatili possono essere tratte in un documento dell'Ispesl reperibile al seguente indirizzo

internet http://www.ispesl.it/sitoDts/Linee_guida/Linee%20Guida%20scale.pdf. La guida, pur se

non aggiornata sotto il profilo normativo, fornisce comunque una metodologia ancora utilizzabile

per la valutazione dei rischi nel lavoro in quota qualora si utilizzi una scala portatile e può, quindi,

rappresentare un utile spunto di riferimento per orientare il comportamento del datore di lavoro.

Più aggiornate sono invece le Linee guida per l'utilizzo di scale portatili nei cantieri temporanei e

mobili adottate il 5 marzo 2014 da parte della direzione generale salute della Regione Lombardia,

alle quali si rimanda.

(Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Tecnici24 Risponde, 12 gennaio 2015)

Protezioni antinfortunistiche delle cisterne

D. Cosa prevede la normativa circa i sistemi di protezione contro la caduta dall'alto dalle

autocisterne? Esiste una circolare del Ministero dei trasporto la nr. 294/93, che però è irreperibile,

inerente le protezioni antinfortunistiche delle cisterne. E' obbligatorio il parapetto anticaduta? I

lavoratori nelle operazioni di salita per il carico di materiale in cisterna dalla botola superiore

devono possedere l'imbracatura?

-----

R. In effetti la circolare cui si fa riferimento nel quesito non è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale,

quindi non è facilmente reperibile. Essa tratta delle protezioni antinfortunistiche delle cisterne ed è

stata emanata dalla Direzione generale della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione

(Direzione centrale IV - Divisione 42 - Prot. n° 2504/4220). Poiché la circolare è realmente di

interesse se ne riporta integralmente il testo, dal quale possono trarsi tutte le risposte poste nel

quesito. Come è noto la materia afferente la protezione contro gli infortuni derivanti da cadute

accidentali di personale addetto alle operazioni di carico e scarico delle cisterne, montate su veicoli

stradali, è trattata dalla Circolare Ministeriale n° 91/81 del 23 luglio 1981 in quanto ché il D.P.R. 27

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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aprile 1955 n° 547 "Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro", esclude, all'art. 2 lettera

d), dal proprio campo di applicazione, le attività connesse all'esercizio dei trasporti terrestri

pubblici. Il verificarsi purtroppo di alcuni infortuni, anche letali, susseguenti a cadute accidentali

dalle sommità delle cisterne montate su veicoli, ha evidenziato il problema in argomento, che è

stato sottoposto all'attenzione dell'apposita Commissione istituita presso il Ministero del Lavoro e

della Previdenza Sociale - Direzione Generale dei Rapporti di lavoro - Div. VII con nota n°

20996/PR - 2 del 21 gennaio 1992 che, per parte sua, ha testualmente comunicato a questa

Direzione Generale. "Alla scrivente è stato richiesto da numerosi Ispettorati del Lavoro di esprimere

un proprio parere circa la piena rispondenza alle vigenti norme di prevenzione degli infortuni delle

disposizioni impartite da codesta Direzione Generale con propria circolare n° 91/81 in materia di

protezione contro i rischi di caduta dall'alto delle persone operanti sulle sommità delle autocisterne.

A conclusione dell'esame dell'intera questione e su conforme parere della Commissione consultiva

permanente per la sicurezza e l'igiene del lavoro, all'uopo interessata, si ritiene che i presidi tecnici

previsti dalla suddetta Circolare possono esplicare la loro efficacia in materia di protezione contro i

rischi di caduta dall'alto delle autocisterne, e quindi, ai sensi dell'art. 26 a e del D.P.R. 27. 4. 55 n°

547 si considerano equivalenti alle misure previste nel medesimo articolo, purché venga

contemporaneamente conseguito anche il rispetto delle seguenti condizioni: a) l'accesso ai posti di

passaggio e di lavoro sopraelevati deve essere reso agevole e sicuro (mediante appropriati mezzi di

salita adeguatamente dimensionati e conformati); b) il passaggio dal mezzo di salita di cui al punto

precedente alla passerella di lavoro deve potersi effettuare in condizioni di massima sicurezza

(mediante, ad es. maniglioni o corrimano opportunamente sagomati e disposti); c) deve essere

possibile il fissaggio e/o lo scorrimento di mezzi personali di trattenuta su elementi o strutture di

sicura stabilità, al fine di garantire la protezione contro i rischi di caduta nel vuoto anche per i lati

della passerella di servizio non muniti di parapetto. Tanto si comunica per i provvedimenti che

codesta Direzione Generale riterrà di voler adottare in conseguenza." Per parte sua l'art. 26 delle

norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro - d.p.r. 27 aprile 1955 n° 547 testualmente

recita: "Agli effetti del presente decreto è considerato "normale" un parapetto che soddisfi alle

seguenti condizioni a) sia costruito con materiale rigido e resistente in buono stato di

conservazione; b) abbia un'altezza utile di almeno un metro; c) sia costituito da almeno due

correnti, di cui quello intermedio posto a circa metà distanza tre quello superiore ed il pavimento;

d) sia costruito e fissato in modo da poter resistere, nell'insieme ed in ogni sua parte, al massimo

sforzo cui può essere assoggettato, tenuto conto delle condizioni ambientali e della sua specifica

funzione. E' considerato "parapetto normale con arresto al piede" il parapetto definito al comma

precedente, completato con fascia continua poggiante sul piano di calpestio ed alta almeno 15

centimetri. E' considerata equivalente ai parapetti definiti ai commi precedenti, qualsiasi

protezione, quale muro, balaustrata, ringhiera e simili, realizzante condizioni di sicurezza contro la

caduta verso i lati aperti, non inferiori a quelle presentate dai parapetti stessi. Tanto premesso, la

circolare n° 91/81 viene integrata dalle seguenti prescrizioni: a. accesso ai posti di passaggio e di

lavoro Può essere realizzato con una opportuna scala i cui gradini devono avere una larghezza

minima di 300 mm e devono avere una distanza dalla parete retrostante non inferiore a 100 mm

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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ed essere realizzati con materiali o con tecnologie tali da risultare antisdrucciolevoli. b. passaggio

fra mezzo di salita e passerella di lavoro Il passaggio fra la scala citata al punto precedente, e che

costituisce il mezzo di salita per essere effettuato in condizioni di massima sicurezza da parte degli

utenti, deve essere corredato da maniglioni o corrimano la cui distanza di presa non deve risultare

superiore ad un metro. c. attacchi per dispositivi personali di sicurezza Allorché la passerella di

lavoro sia posta ad un'altezza superiore a 2,5 metri dal suolo, al fine di garantire la protezione

contro i rischi di caduta anche per i lati della passerella di servizio non muniti di parapetto, vanno

posizionati attacchi, per il fissaggio e/o lo scorrimento di mezzi personali di trattenuta, ad una

distanza non superiore a 1,5 metri. Le prescrizioni di cui ai capoversi a., b. e c. sono illustrate nel

disegno riportato a titolo esemplificativo nell'allegato A. Devono essere posizionate in prossimità

della scala di accesso alla passerella di lavoro opportune tabelle contenenti avvertenze e condizioni

d'uso e di ammonimento circa il corretto utilizzo delle attrezzature sopra menzionate. L'obbligo di

quanto precedentemente riportato non ricorre per le cisterne sulla cui sommità non vi sia la

necessità di salire per l'azionamento di dispositivi atti al funzionamento ovvero al carico ed allo

scarico della cisterna medesima. L'obbligo suddetto non ricorre altresì nel caso in cui l'accesso alla

parte superiore della cisterna sia necessario solo per operazioni di manutenzione, riparazioni o

ispezione, caso in cui l'accesso ai posti sopraelevati di altezza superiore a 2,5 metri da terra deve

essere effettuato in condizioni di massima sicurezza con l'utilizzo di dispositivi idonei, la cui

predisposizione deve avvenire in occasione delle suddette operazioni che devono svolgersi presso

officine qualificate, ed all'uopo opportunamente attrezzate. Con la presente è fatto altresì obbligo ai

proprietari dei mezzi in oggetto, già immatricolati, di provvedere all'adeguamento dei medesimi

circa le protezioni antinfortunistiche, in conformità alle prescrizioni della presente circolare.

L'adeguamento delle protezioni antinfortunistiche in argomento per i veicoli sopra menzionati deve

essere eseguito dalla casa costruttrice della cisterna o da azienda specializzata dalla medesima

specificatamente delegata, e verificato nel corso della visita e prova di revisione del veicolo che

verrà effettuato nel corso dell'anno 1994.

(Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Tecnici24 Risponde, 12 gennaio 2015)

Sicurezza macchine

Requisiti sicurezza macchine

D. Un professionista riceve l'incarico di individuare gli interventi di adeguamento su una macchina,

già in servizio prima della marcatura CE, per renderla conforme ai requisiti di sicurezza dell'All. V

del DLgs 81/08. Gli interventi individuati saranno poi eseguiti da idonee ditte che rilasceranno una

dichiarazione di corretta esecuzione. Si chiede se l'attestato di conformità all'All. V deve essere

prodotto e sottoscritto dal professionista oppure dal proprietario della macchina. Inoltre, essendo

una macchina condotta a mano (levigatrice pavimenti), l'analisi di verifica della conformità deve

essere integrata anche dalla valutazione rischio rumore e rischio vibrazioni mano-braccio?

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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L'allegato V non sembra richieda tali valutazioni.

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R. La dichiarazione CE di conformità è la procedura mediante la quale il fabbricante o il suo

mandatario stabilito nella Comunità dichiara che la macchina messa in commercio rispetta tutti i

requisiti essenziali di sicurezza e sanitari che la concernono. La firma della dichiarazione CE di

conformità autorizza il fabbricante o il suo mandatario stabilito nella Comunità ad apporre sulla

macchina la marcatura <<CE>>. Per espressa disposizione normativa competente e, quindi,

responsabile, a rilasciare e sottoscrivere l'attestazione è il fabbricante o il suo mandatario (nella

persona del suo legale rappresentante o, comunque, soggetto che abbia la rappresentanza

dell'azienda). Quanto alla seconda parte del quesito, riterremmo consigliabile pur non essendo

espressamente previsto dalla disciplina settoriale integrare l'analisi di verifica della conformità con

una valutazione del rischio rumore e del rischio vibrazioni mano-braccio.

(Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Tecnici24 Risponde, 15 gennaio 2015)

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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(G.U. 3 febbraio 2015, n. 27)

Sicurezza MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

DECRETO 24 novembre 2014

Recepimento della direttiva 2014/44/UE della Commissione, del 18 marzo 2014, che modifica gli

allegati I, II e III della direttiva 2003/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa

all'omologazione dei trattori agricoli o forestali, dei loro rimorchi e delle loro macchine

intercambiabili trainate, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche di tali veicoli.

(G.U. 15 gennaio 2015, n. 11)

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

DECRETO 29 dicembre 2014

Recepimento della direttiva 2014/38/UE della Commissione, che modifica l'allegato III della

direttiva 2008/57/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, per quanto riguarda l'inquinamento

acustico.

(G.U. 15 gennaio 2015, n. 11)

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

DECRETO 18 novembre 2014, n. 201

Regolamento recante norme per l'applicazione, nell'ambito dell'amministrazione della giustizia,

delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

(G.U. 20 gennaio 2015, n. 15)

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

COMUNICATO

Decimo elenco, di cui al punto 3.7 dell'allegato III del decreto 11 aprile 2011, dei soggetti abilitati

per l'effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'articolo 71, comma 11, del decreto legislativo

9 aprile 2008, n. 81, come modificato e integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106.

(G.U. 24 gennaio 2015, n. 19)

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO

COMUNICATO

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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Abilitazione all'effettuazione di verifiche periodiche e straordinarie di impianti di terra all'organismo

«Kiwa Cermet Italia spa», in Granarolo dell'Emilia.

(G.U. 02 febbraio 2015, n. 26)

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO

COMUNICATO

Rinnovo dell'abilitazione all'effettuazione di verifiche periodiche e straordinarie di impianti di messa

a terra di impianti elettrici all'organismo «Italiana Ispezioni srl», in Benevento.

(G.U. 02 febbraio 2015, n. 26)

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO

COMUNICATO

Rinuncia dell'organismo «Kiwa Italia spa», in San Vendemiano all'effettuazione di verifiche

periodiche e straordinarie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 462/01.

(G.U. 02 febbraio 2015, n. 26)

Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, febbraio 2015, n. 2

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