Menopausa e alimentazione: aspetti psicologici e...

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La Rivista di Scienza dell’Alimentazione, numero 4, ottobre-dicembre 2009, anno 38 33 Menopausa e alimentazione: aspetti psicologici e nutrizionali Bruni R. Psichiatra, Psicoanalista, Docente di Psicopatologia dei comportamenti alimentari nel CL in Dietistica, Università Campus Bio-Medico di Roma Autore per corrispondenza Rosa Bruni Via della Pineta Sacchetti n. 229, 10168 Roma, Italia e-mail [email protected] Riassunto: Il dialogo tra saperi diversi, per esempio tra psicoanalisi e biologia, tra medicina e antropologia può aprire scenari nuovi in cui inscrivere e comprendere meglio, in modo più profondo, fenomeni complessi, come quello della menopausa. Parlando di menopausa non è possibile infatti utilizzare un solo vertice di osservazione: così la considerazione dei fattori biologici-ormonali, metabolici, neurologici- non può essere disgiunta dalle esperienze emo- zionali e dai vissuti e dalle implicazioni antropologiche e culturali. Così si tratta di conside- rare che le stesse modificazioni biologiche che avvengono in menopausa- da quelli ormonali a quelli neurologici- assumono un significato nella misura in cui appartengono a quella dimen- sione del Leib, del corpo vivo, della corporeità. La scienza alimentare, per la sua stessa natu- ra polisemica, può rivestire, nelle sue diverse declinazioni teoriche e operative, un ruolo cen- trale nella “cura” dell’età critica. Iniziando dalla cura dell’alimentazione, si potrebbero atti- vare una serie di risorse capaci di implementare la disponibilità della persona a prendersi cura di sé, a responsabilizzarsi verso la propria salute e il proprio benessere. Abstract: Menopause is a peculiar and complex phase of the women’s lives requiring different me- thodological approaches from biology and medicine to psychology and anthropology. This phase is a result of biologic remodelling dominated by a disruption of sexual hormones leading to not only profound metabolic and neurologic adjustments, but also to remarkable changes due to the co-occurring social and psychological transformations. These changes may create considerable stress for some women, affecting their identity, self-esteem, and social and family relationship. For others, these might mark the beginning of more fulfilling relationships and new challenges for pos- itive psychological growth. Understanding the independent and interactive effects of the social, psychological, and biological changes during the menopause is crucial for comprehending midlife development and provides different instruments to improve the health. Nutrition must be included in that exploration. In fact the lifestyle changes focused on improving dietary intake could be con- sidered the cornerstones in both prevention and treatment of metabolic syndrome and many others critical aspects of midlife health. Parole chiave: Menopausa, Corporeità, Psichicità, Alimentazione

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La Rivista di Scienza dell’Alimentazione, numero 4, ottobre-dicembre 2009, anno 38 33

Menopausa e alimentazione: aspetti psicologici e nutrizionali Bruni R. Psichiatra, Psicoanalista, Docente di Psicopatologia dei comportamenti alimentari nel CL in Dietistica, Università Campus Bio-Medico di Roma

Autore per corrispondenza Rosa Bruni Via della Pineta Sacchetti n. 229, 10168 Roma, Italia e-mail [email protected]

Riassunto: Il dialogo tra saperi diversi, per esempio tra psicoanalisi e biologia, tra medicina e antropologia può aprire scenari nuovi in cui inscrivere e comprendere meglio, in modo più profondo, fenomeni complessi, come quello della menopausa. Parlando di menopausa non è possibile infatti utilizzare un solo vertice di osservazione: così la considerazione dei fattori biologici-ormonali, metabolici, neurologici- non può essere disgiunta dalle esperienze emo-zionali e dai vissuti e dalle implicazioni antropologiche e culturali. Così si tratta di conside-rare che le stesse modificazioni biologiche che avvengono in menopausa- da quelli ormonali a quelli neurologici- assumono un significato nella misura in cui appartengono a quella dimen-sione del Leib, del corpo vivo, della corporeità. La scienza alimentare, per la sua stessa natu-ra polisemica, può rivestire, nelle sue diverse declinazioni teoriche e operative, un ruolo cen-trale nella “cura” dell’età critica. Iniziando dalla cura dell’alimentazione, si potrebbero atti-vare una serie di risorse capaci di implementare la disponibilità della persona a prendersi cura di sé, a responsabilizzarsi verso la propria salute e il proprio benessere.

Abstract: Menopause is a peculiar and complex phase of the women’s lives requiring different me-thodological approaches from biology and medicine to psychology and anthropology. This phase is a result of biologic remodelling dominated by a disruption of sexual hormones leading to not only profound metabolic and neurologic adjustments, but also to remarkable changes due to the co-occurring social and psychological transformations. These changes may create considerable stress for some women, affecting their identity, self-esteem, and social and family relationship. For others, these might mark the beginning of more fulfilling relationships and new challenges for pos-itive psychological growth. Understanding the independent and interactive effects of the social, psychological, and biological changes during the menopause is crucial for comprehending midlife development and provides different instruments to improve the health. Nutrition must be included in that exploration. In fact the lifestyle changes focused on improving dietary intake could be con-sidered the cornerstones in both prevention and treatment of metabolic syndrome and many others critical aspects of midlife health.

Parole chiave: Menopausa, Corporeità, Psichicità, Alimentazione

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Parlare di menopausa è dire di una realtà complessa; è confrontarsi con la difficoltà di definire confini che appaiono sfrangiati e mobili; è incontrare più interrogativi che certezze: quando inizia la menopausa? nel-le concentrazioni di ormoni sessuali, nella comparsa di segni/sintomi specifici, nell’e-sperienza vissuta di ogni donna? È feno-meno unico o molteplice? Evento o pro-cesso? Realtà naturale o patologia? Lo stesso termine menopausa, introdotto nel 1816 dal medico francese De Gardanne (1816)1 nella sua opera “Avis aux femmes qui entrent dans l’âge critique” è sinonimo di un doppio fenomeno: la fine delle me-struazioni e della funzione ovarica, e l’i-nizio di un’età “critica”. Fin dalle origini, cioè la dimensione menopausa appare con-notata dalla molteplicità. Fin dall’inizio la definizione medica classica che vede nella menopausa quella “condizione di ipoestro-genemia in cui l’interruzione della ciclicità ovulatoria fa seguito a esaurimento della funzione ovulatoria”, appare insufficiente e insoddisfacente. Nella misura in cui la me-nopausa coincide con il termine della vita riproduttiva, allora non può che non ripro-porre, in termini fantasmatici, la figura del-la maternità e le sue vicissitudini, singo-larmente declinate, più o meno drammati-che, più o meno risolte (pensiamo alle si-tuazioni di menopausa precoce o indotta artificialmente per ragioni mediche). In questo senso la menopausa costringe ogni donna ad un confronto ineludibile con il proprio “essere” e “pensarsi”al femminile, con il proprio essere o non essere “madre”. Si tratta in altri termini di ripensare la pro-

pria configurazione identitaria stabilendo nuovi valori e definendo nuove appartenen-ze. Si tratta di affrontare perdite, reali – a volte la menopausa coincide con il distacco dai figli divenuti adulti o con la perdita del-le figure parentali – o fantasmatiche – dal cambiamento dell’immagine corporea gio-vanile, alla perdita di seduttività; si tratta di scoprire nuove risorse, di costruire narra-zioni significative sul proprio percorso di vita. Ecco perché adottando un punto di vista che rispetti la complessità, la meno-pausa non costituisce un mero evento bio-logico, una realtà naturale ma rappresenta piuttosto un significante, il cui campo se-mantico è in continua evoluzione: buffer zone piuttosto che linea di frattura.

La menopausa è quindi fenomeno poli-semico nella misura in cui implicando di-mensioni diverse dell’esperienza – corpo-rea non meno che psicologica – rimanda a differenti modi di pensare il corpo, il tem-po, l’identità femminile, i rapporti interge-nerazionali e sociali. Si tratta allora, per comprendere meglio il significante meno-pausa, di muoversi lungo quella linea di confine che attraversa paradigmi diversi da quello biomedico a quello culturale, da quello psicologico a quello antropologico. In quanto figura polisemica la menopausa non può che non risentire dello Zeitgeist prevalente: così se in alcune culture, come quella dei Mohave (Devereux, 1950), la transizione alla menopausa coincide con l’acquisizione di importanza e prestigio al-l’interno della comunità familiare e socia-le, in altre annuncia la morte fisica o socia-le (Cohen, 1967). Nella cultura occidentale

1 De Gardanne, mettendo insieme le due parole greche menes (mestruo) e pausis (pausa), introduce il termine menopause per definire l’età critica della donna.

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odierna, la menopausa è figura tacitata: o perché confinata nei territori della medici-na – menopausa come sinonimo di pato-logia o disfunzione da curare o da moni-torare – o rimossa nella cultura massme-diatica, nascosta nell’ombra del mito della bellezza senza tempo. Il significato di que-sta rimozione non può che non rimandare ad uno scenario che è quello del femmi-nile, del corpo femminile e del tempo al femminile.

Nuove geometrie dell’esistenza Nella misura in cui la menopausa fa rife-rimento ad un cambiamento corporeo, sta-bilisce un tempo – la fine dell’ovulazione, l’inizio dell’età critica e dell’invecchia-mento – è anche figura di trasformazione. Non un solo tempo piuttosto più tempi in-sieme abitano quest’età incerta: c’è il tem-po lineare della fisicità – l’irreversibilità dei fenomeni biologici che si evidenza nel-la cessazione della funzione ovarica, nel venir meno della produzione di estrogeni con le relative conseguenze su organi e ap-parati diversi. Se la cessazione della fun-zione ovarica è cesura nel tempo lineare, è insieme e snodo significativo per un altro tempo, il tempo ciclico. Come la fertilità è tempo ciclico incarnato,dominato dal ritmo della natura nella sua alternanza incessante delle fasi lunari e delle stagioni; così la perdita della fertilità è ritorno all’indiffe-renziato, a quel tempo ordinario, rientro in una posizione di margine su cui sì sembra-no affacciarsi insieme infanzia e vecchiaia. Non a caso la lingua francese per definire la menopausa parla di retour d’âge, l’età del ritorno o ritorno dell’età.

Il tempo della menopausa, se visto dalla prospettiva personale, è tempo vissuto, tra-ma di significati e di esperienze che inces-

santemente si costruiscono e si disfano in un orizzonte mobile che è la corporeità in transizione. In menopausa, un po’ come in adolescenza, il corpo esce dall’usuale cono d’ombra, per farsi realtà che si fa sentire, che chiede, a volte sommessamente, a vol-te rumorosamente, di essere accolta. Feno-meni come le vampate di calore, le sudo-razioni profuse, le sensazioni di caldo, le tachicardie rappresentano simbolicamente, al di là delle declinazioni sintomatiche, gli araldi della nuova età che si apre, del tem-po che viene e si annuncia nel corpo. Così i cambiamenti nell’assetto ormonale, con le ricadute nei singoli tessuti e apparati – da quello muscolo-scheletrico alla pelle, dal sistema cardio-vascolare a quello nervo-so – si traducono in un cambiamento nel modo di vivere il proprio corpo, di abitarlo più o meno comodamente. Compaiono nuove rughe, la pelle è meno morbida e ini-zia a macchiarsi; cambia il tono muscolare, spesso, si prende peso (Crawford, 2000). Anche le ossa, interessate dal fenomeno osteoporotico indotto dalla carenza ormo-nale, si fanno più fragili; l’adipe si ridistri-buisce diversamente e cambia la forma del corpo. La stessa dimensione della sensoria-lità nel suo complesso appare interessata dai cambiamenti menopausali: dal dete-rioramento delle vista per la secchezza congiuntivale indotta dalla riduzione degli estrogeni (Graziottin, 1999), alla minore secrezione sudoripara e sebacea dovuta al-la carenza di ferormoni, alla secchezza del-le mucose buccali che interessa quasi la metà delle donne in menopausa (Streckfus et al., 1998). La secchezza della bocca, poi, oltre ad ostacolare l’articolazione della pa-rola, può comportare, insieme all’involu-zione del gusto, cambiamenti delle abitu-dini alimentari. Insomma tutto sembra di-

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ventare estraneo. In questi termini anche quei particolari stati d’animo o quei “sin-tomi” così frequenti – le improvvise tri-stezze, gli stati d’ansia continui, perfino le piccole perdite di memoria e di concentra-zione – sembrano dire lo smarrimento di-nanzi ad una nuova realtà che chiede di es-sere accolta. A volte, in questa fase com-paiono vere e proprie malattie: da quelle metaboliche (pensiamo al diabete di tipo II, alle dislipidemie), a quelle cardiache o neurodegenerative. Un corpo che non solo irrompe sulla scena ma a volte lo fa in mo-do doloroso, pericoloso. Non a caso la me-nopausa rimanda al latino climacterium (o al greco klimakter) che, secondo Furetiére (1690) indica: “un anno pericoloso da pas-sare e in cui si è in pericolo di vita”.

Un corpo che è da intendersi sempre come corpo vivo Leib, risultante di un dia-logo incessante tra la inafferrabile fisicità – il corpo come organismo dotato di fun-zioni sue proprie – e la psichicità, che con-tenendo e dando nome alle sensazioni e al-le emozioni scaturite dall’opacità somatica, le organizza e le rappresenta in un orizzon-te di senso e di linguaggio condiviso. La forma chiasmatica della menopausa, il suo essere snodo di vicende somatiche e psi-chiche, si esprime anche attraverso gli stes-si meccanismi fisiopatologici. Così la dra-stica riduzione dei livelli estrogenici si ri-percuote anche a livello del Sistema Ner-voso Centrale, sulle concentrazioni di neu-rotrasmettitori (soprattutto noradrenalina, dopamina e serotonina), neuro peptidi (in

particolare gli oppioidi) e neurosteroidi. Questo squilibrio neuroendocrino porta al-l’insorgenza di sintomi vasomotori, modi-ficazioni del comportamento alimentare e alterazioni della pressione arteriosa per il coinvolgimento ipotalamico; e ad altera-zioni del tono dell’umore, stati d’ansia e labilità emotiva conseguenti all’interes-samento del sistema limbico. Così non è un caso che nel periodo perimenopausale si possano configurare veri e propri disturbi psichiatrici, come si evince dalla lettera-tura psichiatrica, dalla malinconia da in-voluzione ad insorgenza menopausale di Kraepelin (1896) alla particolare suscetti-bilità alle nevrosi individuata in questa fase della vita da Freud (1912-13), dai disturbi depressivi-malinconici legati alla ferita nar-cisistica descritti dalla Deutsch (1949) o di Françoise Dolto (1982), ai disturbi psichici della menopausa descritti da Ey (1989). Al di là delle derive patologiche, non si può non considerare il fatto che in ogni transi-zione menopausale, si mobilitano affetti più o meno disturbanti, emozioni e senti-menti ambivalenti. Gli stessi cambiamenti fisiologici della corporeità disegnano nuo-ve configurazioni identitarie, nuovi modi di sentirsi e di pensarsi che si traducono in nuove geometrie dell’esistenza. Pensarsi e sentirsi diversamente vuol dire cambia-mento dell’immagine corporea, quel co-strutto psichico2 che, radicandosi nell’e-sperienza più profonda e opaca del corpo, si costruisce come imago, rappresentazione dell’esperienza della corporeità, nei suoi

1 Diversi fattori modulano l’immagine corporea, dai fattori emotivi positivi o negativi (Carli, 1995), alla qua-lità delle esperienze relazionali (Fisher,1993) a fattori legati alla dimensione della sessualità, sia in termini di rappresentazione identitaria che di esperienza sentimentale in termini fisiologici o patologici (Leiblum e Rosen, 2004).

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significati affettivi e simbolici (Galimberti, 1992). Se poi si considera l’impatto che sul-l’immagine corporea hanno le rappresenta-zioni e i modelli di femminilità, in cui bel-lezza-giovinezza e salute coincidono in un ideale normativo, allora possiamo com-prendere quanto possa essere difficile e fa-ticoso la ricerca di nuovi assetti identitari nel tempo della menopausa.

Qui si gioca la possibilità di accettare il proprio divenire o il tentativo di sottrarvisi, di trovare nuove configurazioni identitarie, di individuare nuovi orizzonti di senso. Questa ricerca finisce spesso per coinvol-gere non solo la donna in menopausa ma la stessa relazione di coppia, in termini sia di intesa affettiva che di sessualità (Avis et al, 2000), in senso ampio. E di qui il rimando alla dimensione familiare, ai nuovi assetti più o meno armonici che si vengono a co-struire.

In definitiva se la menopausa si pone come dimensione della complessità, come figura molteplice, se tanti saperi – da quel-lo biologico e a quello psicologico, da quello antropologico al sociologico – sono necessari per definirne i territori, allora non sorprende considerare che in termini non solo di cura ma anche di prevenzione siano necessarie prospettive nuove che piut-tosto che ridurre ne mantengano aperta la complessità. In questo senso pensiamo che la scienza alimentare, per la sua stessa na-tura polisemica, possa rivestire, nelle sue di-verse declinazioni teoriche e operative, un ruolo centrale nella “cura” dell’età critica.

Nutrizione e menopausa L’aumento dell’aspettativa di vita ha com-portato la conseguenza che la maggior par-te delle donne nelle società occidentali tra-scorrano più di un terzo della propria vita

nella fase menopausale. Considerando l’in-cidenza di malattie cardiovascolari in que-sta fase della vita, allora è fondamentale mettere in atto politiche di prevenzione ef-ficaci per evitare almeno alcune delle con-dizioni più frequentemente associate ai di-sturbi cardiaci, vale a dire il diabete e le di-slipidemie. Si tratta di situazioni che pos-sono essere trattate e prevenute efficace-mente attraverso interventi di tipo nutri-zionale (Calvert Finn 2000). Se conside-riamo poi che la stessa osteoporosi, così diffusa e invalidante nelle sue conseguen-ze, risente positivamente degli interventi nutrizionali (dieta ricca di calcio, sali mi-nerali e vitamine D, K, A, B6, and C, e ma-gnesio; povera di alcool e caffeina), allora davvero arriviamo a pensare che la meno-pausa possa rappresentare il periodo ideale per usare la nutrizione come strumento di promozione della salute (Prentice, 2004).

Se poi il cibo rappresenta “lo strumento simbolico per eccellenza” (Morse, 1994), allora non appare peregrino immaginare che attraverso interventi nutrizionali si pos-sa promuovere un approccio culturale di-verso alla menopausa. Considerando l’am-piezza semantica della parola nutrirsi – ci si nutre di cibo così come si nutrono emo-zioni, affetti, sentimenti – non si può non riflettere sul fatto che i comportamenti a-limentari si inscrivono, fin dalle prime fasi dell’esistenza, in uno scenario che è fisico non meno che psichico, concreto non meno che simbolico, individuale non meno che relazionale. Fin dai primi giorni di vita, in-fatti, la dimensione affettivo-relazionale si articola con quella nutrizionale: così du-rante l’allattamento il bambino non riceve soltanto nutrienti fondamentali per la so-pravvivenza fisica, ma realizza un’espe-rienza complessa in cui, a partire dalle sen-

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sazioni corporee, emergono emozioni e af-fetti, si definiscono, tramite l’imprescin-dibile funzione della rêverie materna, nuo-ve funzioni psichiche e si realizzano i pri-mi scambi relazionali. Se già Freud aveva individuato nell’oralità una funzione di pri-mo organizzatore psichico, Bion (1962) ha proposto l’analogia tra i processi psichici di introiezione e proiezione – processi che fanno parte e allo stesso tempo formano la mente – e i processi dell’apparato digeren-te (assimilazione/evacuazione del cibo): come il corpo assimila e digerisce il cibo, così la menta funziona come apparato che metabolizza sensazioni ed emozioni. Così i vissuti e i significati legati all’esperienza nutrizionale si stratificano in livelli diversi per profondità e per accessibilità alla con-sapevolezza: da livelli più profondi a cui si situano sensazioni e stati inconsci prossimi all’esperienza della fisicità, si passa a si-gnificati preconsci e infine a credenze, ad atteggiamenti e comportamenti consapevo-li, benché magari disfunzionali Ciò appare particolarmente evidente in alcune fasi del-la vita, come quella adolescenziale (Ferra-ri, 1992), in cui la corporeità assume una rilevanza particolare e più che in altri mo-menti l’integrazione tra fisicità e psichicità diventa complessa. Proprio in questa diffi-coltà di integrazione psicosomatica attra-verso cui la “mente” cerca di prendere con-tatto e al tempo stesso, organizzare e mo-dulare l’esperienza sensoriale ed emotiva

che proviene originariamente dal corpo, potrebbero trovare radice comportamenti alimentari alterati più o meno significati-vamente (Ciocca, Bruni, 1994). Anche in altre fasi della vita, fenomeni di disarmo-nia o di vera e propria dissociazione nel dialogo mente-corpo possono tradursi in alterazioni dei pattern alimentari. In alcuni casi si mangia troppo o male o disordina-tamente – perché si è stressati, o annoiati, scontenti o inquieti. “Si mangia per riem-pire una sensazione di vuoto o per noia; a volte per non sentire niente e stordirsi; al-tre per riuscire a sentire qualcosa, fosse anche una sensazione dolorosa-fastidiosa, come quella tensione addominale. Si man-gia per dire qualcosa agli altri, ma si può digiunare per lo stesso motivo. Si mangia troppo per chiedere aiuto, si smette di mangiare perché qualcuno possa accor-gersene. Si digiuna per essere belli ed es-sere accettati e amati; si mangia troppo o male perché non ci si ama più e si pensa di non poter più piacere a nessuno” (Bruni, Khazrai, 2010). Come dicevamo anche la menopausa si pone come un territorio in cui si ripropone la difficile integrazione tra mente e corpo, tra registri di linguaggio differenti, tra tempo ciclico e tempo linea-re, tra continuità e cesure identitarie. Sulla base di queste considerazioni provare ad indagare abitudini e credenze alimentari in fase menopausale3, cercando di esplorarne le articolazioni con vissuti, sentimenti e mo-

1 Da qualche tempo nell’ambito di una ricerca pluridisciplinare che vede coinvolte l’area ginecologica e quel-la nutrizionale del Campus Bio-medico di Roma, stiamo conducendo un’indagine sui comportamenti alimen-tari delle donne in età perimenopausale e menopausale. Al rilevamento delle informazioni medico-ginecolo-giche di base, è stato abbinato la somministrazione di strumenti psicodiagnostici – orientati ad esplorare va-riabili come la regolazione affettiva, i cambiamenti dell’immagine corporea, la presenza di sintomi psicofisici diversi – di questionari nutrizionali – volti a cogliere nel dettaglio le caratteristiche quantitative e qualitative

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modelli culturali diventa utile in termini sia fisici che psichici. Investigare i comporta-menti alimentari inserendoli in un contesto più ampio che ne metta in luce i significati affettivi e relazionali, le implicazioni di si-gnificato (cura o mancata cura di sé) e re-lazionale, vuol dire allora promuovere for-me di intervento che possano svolgere un significato preventivo più profondo e dura-turo. L’età menopausale inserendo una di-scontinuità nel percorso di vita potrebbe per certi versi facilitare la revisione di as-setti cognitivo-affettivi e comportamentali: così partendo magari dalla cura dell’ali-mentazione, si potrebbero attivare una se-rie di risorse capaci di implementare la di-sponibilità della persona a prendersi cura di sé, a responsabilizzarsi verso la propria salute. La possibilità di sviluppare pro-grammi nutrizionali mirati a prevenire e a ridurre sintomi e deficit propri dell’età me-nopausale, equivale a promuovere un cam-biamento di paradigma, una cultura che va-lorizzi la diversità. Si tratta quindi, di rea-lizzare un approccio personalizzato, co-struire forme di intervento che sollecitino la partecipazione della donna, che possano attivare in lei il senso di responsabilità nel-la cura di sé e della propria salute, intesa come armonica integrazione tra psichicità e corporeità. Vuol dire aiutare le donne ad accettare meglio la specificità menopausale senza incorrere nel rischio di quelle forme di cosmesi correttiva, che vede nella me-nopausa solo un inconveniente di cui sba-razzarsi al più presto. Non si tratta cioè soltanto di disporre decaloghi alimentari

finalizzati alla correzione dei deficit e delle disfunzioni (cosa di per sé di grande rilie-vo) ma di favorire una cultura della cura di sé nel tempo, di promuovere cioè una con-cezione ecologica della cura che dia valore alle diverse età della vita. Un approccio cioè che senza negare la diversità, senza appiattirsi a fantasie onnipotenti di bellez-za e giovinezza senza fine, sappiano valo-rizzare le risorse nascoste nell’età critica. Risorse al femminile. Femminile plurale.

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