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Serie editoriale:CLINICAL

CASEMANAGEMENT

Aggiornamentoperiodico:

OTONEUROLOGIA 2000Giugno 2002 / n. 10

CoordinamentoScientifico:

Dr. Giorgio GuidettiDipartimento di Patologia

Neuropsicosensorialedell’Università di Modena e

Reggio EmiliaSezione di Clinica

OtorinolaringoiatricaModulo di Vestibologia eRieducazione vestibolare

Policlinico di Modenae-mail:

[email protected]

Coordinamentoeditoriale:

Mediserve

© 2002 MEDISERVEMilano - Firenze - Napoli

MEDISERVE

OTONEUROLOGIA

La diagnosi differenziale della vertigine nella Sclerosi MultiplaD. Alpini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

L’evoluzione del concetto di “Compenso VestibolareCentrale”: la “rivoluzione” indotta dagli studi di Curtuoys & Halmagyi G.C. Modugno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

Interpretazione delle manifestazioni didisturbi auditivi e dell’equilibrio nella medicina anticae nella tradizione popolare (Parte terza)C. Lapucci, A.M. Antoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

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Introduzione

Le turbe dell’equilibrio, in generale, sonofrequenti durante il decorso clinico dellaSclerosi Multipla (SM). La vertigine, in par-ticolare, è frequentemente uno dei sintomidi esordio della malattia. I problemi dia-gnostici differenziali sono abbastanza com-plessi quando si tratta del primo episodio.Tuttavia, quasi paradossalmente, le pro-blematiche attinenti una corretta diagnosidifferenziale sono ancora maggiori quando

la vertigine interessa un paziente già notocome affetto da SM. Non necessaria-mente, infatti, la vertigine deve esserericondotta a un nuovo episodio della malat-tia. Determinare se la sintomatologia siada correlarsi a una nuova poussée o menocomporta scelte terapeutiche a breve (ste-roidi) e a lungo termine (interferone, copo-limero, immunosoppressori) differenti siaper i costi sia per gli effetti collaterali. Isegni clinici neurologici sono frequente-mente invariati nonostante la presenza di

LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELLAVERTIGINE NELLA SCLEROSI MULTIPLADARIO ALPINI1-2, DOMENICO CAPUTO3, FERDINANDO CORNELIO4, REUVEN KOHEN-RATZ5,LAURA MENDOZZI3, LUIGI PUGNETTI6

1Servizio di Otoneurologia, Ist. Scientifico “S. Maria Nascente” Fondazione Don Carlo Gnocchi, Milano2Centro Vertigini “Aldo Dufour”, Istituto Nazionale Neurologico “Carlo Besta”, Milano3Centro Sclerosi Multipla, Ist. Scientifico “S. Maria Nascente” Fondazione Don Carlo Gnocchi, Milano4Dipartimento di Neuroscienze Cliniche, Istituto Nazionale Neurologico “Carlo Besta”, Milano5Facoltà di Psicologia, Università Ebraica di Gerusalemme, Israele6Lab. di Neurofisiologia, Ist. Scientifico “S. Maria Nascente” Fondazione Don Carlo Gnocchi, MilanoE-mail: [email protected]

Sommario

La vertigine è un sintomo molto frequente nei pazienti affetti da Sclerosi Multipla (SM) siaall’esordio della malattia sia durante il decorso. La diagnosi clinica e strumentale di vertigineda lesione centrale, e quindi demielinizzante, non sempre è agevole quando si tratta del primoepisodio della malattia. Tuttavia il supporto delle indagini di neuroimaging frequentementeconsente una diagnosi precisa. Al contrario, quando la vertigine si presenta in un pazientegià con diagnosi conclamata, la diagnosi differenziale tra cause centrali (nuova poussée) operiferiche (ad esempio cupololitiasi) raramente trae informazioni utili della diagnostica perimmagini. La diagnosi differenziale condiziona però in modo rilevante la scelta terapeuticasia a breve sia a lungo termine. Nel lavoro vengono presentate indicazioni cliniche e stru-mentali per facilitare la diagnosi differenziale di sede in caso di vertigine acuta, vertigine posi-zionale, instabilità accessuale in pazienti affetti da malattia demielinizzante.

Parole Chiave:

Sclerosi Multipla, Vertigine, Instabilità, Elettronistagmografia, Posturografia, Potenziali Evo-cati Vestibolari Miogeni

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una nuova sintomatologia e la diagnosticaper immagini non sempre è dirimente,stante la presenza di lesioni già note e per-tanto la RMN non può essere la metodicadiagnostica di prima scelta. La presenzadi lesioni neurologiche, come ovvio, rende,poi, difficoltosa anche la valutazione clinicaotoneurologicaScopo del lavoro è presentare le attualipossibilità diagnostiche differenziali inpazienti affetti da SM che presentino, nelcorso della malattia una sintomatologiavertiginosa.

Le vertigini nella SM

Il paziente affetto da SM può presentarenel corso della propria vita, anche dopo ladiagnosi di malattia demielinizzante, epi-sodi di vertigine o instabilità accessualeche possiamo raggruppare in tre situa-zioni:1. vertigini rotatorie oggettive acute ad

esordio spontaneo di lunga durata, ina-bilitanti anche se il soggetto presentavauna buona autonomia;

2. vertigini posizionali;3. instabilità accessuale con difficoltà a

mantenere la stazione eretta anche seil soggetto presentava una buona auto-nomia.

1. Episodi acuti rotatori inabilitanti.Tanto frequenti all’esordio quanto relati-vamente rari nel decorso, quando assu-mono i noti caratteri clinici della cosiddetta“neuronite” vestibolare, sono con buonaprobabilità episodi di esacerbazione dellamalattia. In questi casi sono presenti segnidifferenti rispetto ai rilievi dei controlli pre-cedenti e anche i rilievi sia clinici sia stru-mentali otoneurologici evidenziano segninon presenti nei controlli abitualmente pre-visti durante il monitoraggio dei pazienti.L’oculografia raramente contribuisce alladiagnosi differenziale se viene eseguita perla prima volta in quel paziente. Al contra-

rio, quando le indagini otoneurologicherientrano nei protocolli di monitoraggio deipazienti affetti da SM, il confronto tra regi-strazione attuale e precedenti è spessodirimente.Le indagini otoneurologiche che rientranonei nostri protocolli di follow-up sono:• registrazione elettronistagmografica

(Toennies) con derivazioni monoculareorizzontale bilaterale e verticale destracomprendente la valutazione di:– saccadici randomizzati orizzontali e

verticali– movimenti di inseguimento lento oriz-

zontali (0.2 e 0.4 Hz) e verticali(0.2Hz)

– nistagmo otticocinetico da 16 a40°/sec nel piano orizzontale

– nistagmo spontaneo– riflesso visuo-vestibolo-oculomotore

da rotazione sinusoidale 0.10 Hz allaluce (VVOR)

– riflesso vestibolo-oculomotore da rota-zione sinusoidale 0.10 Hz al buio(VOR)

– inibizione del VOR con fissazione dimira solidale alla rotazione del paziente(VST)

• stabilometria statica (quando possibile,pedana IBS Tetrax)

• potenziali evocati acustici del tronco(ABR)

• potenziali evocati vestibolari miogeni(VEMP).

Uno dei segni di interessamento tronco-cerebellare più frequenti è l’oftalmoplegiainternucleare. In precedenti studi abbiamodimostrato come sia possibile utilizzare lostudio della coniugazione interoculare permonitorare l’andamento della malattia.Abbiamo infatti rilevato che il test stati-sticamente più significativo nell’evidenziarela compromissione infraclinica delle vie diconiugazione sia la misurazione del ral-lentamento dell’occhio addotto nella provadi rotazione con la luce (riflesso visuo-vesti-bolo-oculomotore). Lo studio della coniu-gazione del VVOR rileva il 36% di casi di

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dissociazione in più della registrazione deisaccadici. La dissociazione dei saccadiciè sempre associata con anormalità dellealtre prove oculomotorie. Il calcolo delladissociazione viene eseguito utilizzando ilVersional Disconjugacy Index (VDI) descrittoda Ventre e coll.L’esecuzione periodica delle registrazionioculografiche consente quindi una accu-rata diagnosi differenziale, poiché rileva lemodificazioni dei parametri oculomotori evestibolo-oculomotori. La combinazione diprove oculomotorie e vestibolo-oculomo-torie è la metodica più sensibile (nellanostra casistica 89%) nel documentarealterazioni funzionali tronco-cerebellari.L’associazione dello studio dei potenzialievocati acustici del tronco (ABR) consentedi documentare la concomitante presenzadi una lesione o l’evoluzione della patolo-gia, anche se la sensibilità della metodicanel rilevare lesioni demielinizzanti del troncoè abbastanza bassa (nella nostra casistica43%).In Figura 1 è riportata l’immagine RMNrelativa a numerose lesioni demielinizzantidella bianca periventricolare.

La Figura 2 dimostra invece una lesionedemielinizzante del peduncolo cerebellaremedio di sinistra. La paziente (P.L. di a.37)affetta da SM clinicamente definita, godevadi un periodo di relativo benessere da circa1 anno. La sintomatologia esordì con ovat-tamento auricolare a sinistra e disperce-zione uditiva. Le prove audiometriche eranonormali. La sintomatologia vertiginosaesordì in modo acuto tre giorni dopo. Dalpunto di vista obiettivo, la paziente pre-sentava nistagmo spontaneo III-II e I versodestra, coniugato, normoacusia tonale enormale dinamica timpano-ossiculare,dismetria alla prova indice-naso a sinistra,Romberg a sinistra, marcia non valutabilestante l’intensità della vertigine e della sin-tomatologia neurovegetativa.

In questo caso, la ricchezza dei segni cli-nici neurologici e dei reperti otoneurolo-gici sia clinici sia strumentali ha reso sem-plice la diagnosi di lesione centrale tronco-cerebellare, ancor prima della dimostra-zione della sede e dell’entità della lesionealla RMN (Figg. 3, 4).

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Fig. 1 – Immagine RMN di paziente femmina(P.L. di anni 37) affetta da SM clinicamentedefinita che presentò acufeni e vertigine rota-toria oggettiva acuta. L’immagine evidenzia lelesioni demielinizzanti corticali già note da pre-cedente indagine del 1999.

Fig. 2 – Dimostrazione RMN dell’attuale lesionedemielinizzante del peduncolo cerebellaremedio di sinistra che ha causato la sintoma-tologia uditiva e vestibolare.

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2. Vertigini posizionali. Sono tanto fre-quenti nei pazienti affetti da SM, quantonella popolazione generale. In questi casimolto spesso la visita neurologica non evi-denzia segni di progressione della malat-tia. Al contrario i rilievi otoneurologici rara-mente rispecchiano i quadri tradizionalidella vertigine parossistica posizionale

benigna (sia del canale semicircolareposteriore sia di quello laterale). È quindinecessario utilizzare criteri clinici e stru-mentali per ovviare a questi problemi.Dal punto di vista clinico, l’unico criteriodi “benignità” della vertigine posizionalenella SM è l’affaticabilità dei segni e deisintomi con la ripetizione della/delle mano-

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Fig. 3 – Tracciato ABR registrato nel 2000 in assenza di sintomi uditivi e vestibolari. Il trac-ciato è bilateralmente normale.

Fig.4 – Tracciato ABR eseguito in concomitanza con la sintomatologia uditiva e vertiginosa. Si rileva lachiara compromissione del complesso IV-V a sinistra (traccia inferiore).

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vre scatenanti. Al contrario, non è rarotrovare nistagmi posizionali multipli, evo-cabili in più posizioni, senza latenza, dis-sociati…Tuttavia, la presenza di segni “cen-trali” non sempre indica la ripresa dimalattia. La diagnosi differenziale richiedeun supporto strumentale.La metodica che utilizziamo di routine inquesti casi è lo studio dei potenziali evo-cati vestibolari miogeni (VEMP). I VEMPsono stati descritti da Bickford, cheosservò potenziali di breve latenza evo-cati da stimolazione acustica e registraticon un elettrodo attivo posizionato pocosotto l’inion (“inion response”). Egli inoltreriportò che la risposta evocata derivavada modificazioni dell’attività dei muscoliposteriori del collo con un meccanismosimile a quello che determina il fenomenodi Tullio. Da allora vari lavori sono stai pub-blicati sull’argomento.Dal giugno 2000 la registrazione VEMPfa parte integrante della nostra batteriadi valutazione dei pazienti con SM (Figg.5, 6).La metodica, descritta da Shimizu e coll.,prevede il paziente seduto con la testaruotata dal lato opposto a quello dell’o-

recchio stimolato. L’elettrodo di superficepositivo viene posto sulla clavicola, quellonegativo sullo sterno-celido-mastoideo,quello di riferimento sul manubrio dellosterno.Il riflesso viene evocato da clicks in rare-fazione (durata 1000 msec, intensità 95dB NHL, frequenza 5 Hz, 200 stimoli indue serie) con mascheramento contro-laterale di 70 dB, utilizzando un’appa-

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Fig. 5 – Tipico pattern VEMP con complessobifasico P13/N23 (L1/L3) registrato conapparecchiatura Amplaid Mk22.

Fig. 6 – VEMPs di T.T., femmina, anni 38, affetta da SM clinicamente definita che presentavavertigine parossistica posizionale destra. Il tracciato VEMP a sinistra è normale mentre a destranon è riconoscibile il tipico pattern.

ds sn

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recchiatura commerciale per lo studio deipotenziali evocati uditivi (Nicolet CA 2000o Amplaid MK22). Durante la stimola-zione viene chiesto al paziente di ruotareattivamene contro resistenza (lo schie-nale della poltrona). La stimolazione evocaun complesso bifasico denominatoP13/N23. I valori normali calcolati sullanostra popolazione di riferimento (15 sog-getti, 8 maschi, 7 femmine, età media34.7 anni) sono 11-15 ms per il piccoP13, 21-25 ms per il picco N23, 8-12ms per l’intervallo P13/N23.Le alterazioni più rilevanti nella SM sonol’assenza unilaterale della risposta, l’au-mento della latenza delle onde P13 e

N23, l’allungamento dell’interpiccoP13/N23. Le modificazioni dell’ampiezzadel complesso P13/N23 sono frequenti,poco replicabili, poco ripetibili e pertantonon sono significative, nella nostra espe-rienza, per delineare una disfunzione del-l’arco vestibulo-collico.Poiché si ritiene che i VEMP siano speci-fici nel rilevare il riflesso vestibolo-spinaledeterminato dalla stimolazione del sac-culo e veicolato afferenzialmente dal nervovestibolare inferiore, abbiamo studiato iVEMP in un gruppo di 15 soggetti nonaffetti da patologie neurologiche (9 fem-mine e 6 maschi, età media 45.9 anni)che presentavano vertigine parossistica

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Fig. 7 – L’apparecchiatura elabora automaticamente i vari parametri e li confronta con dati normativicalcolati su una popolazione normale in modo da esprimere graficamente i risultati come variazioni dallamedia dei risultati normali. Il grafico normalizzato evidenzia i risultati in modo tale che: i simboli BIAN-CHI indicano che i valori del paziente sono normali, quelli BARRATI che sono progressivamente alterati,quelli NERI che sono francamente patologici.I reperti di questo caso sono normali. Le prestazioni posturali rientrano nella normalità in tutte le con-dizioni sia basali (NO e NC) sia con perturbazione propriocettiva (gomma, PO e PC) sia con le modifica-zione della posizione del capo.

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posizionale benigna, prima dell’esecuzionedella manovre terapeutiche. In tutti i casii VEMP erano normali. Al contrario, ungruppo di riferimento costitutito da 8 sog-getti (3 femmine e 5 maschi, età media54.6 anni) con pregressa diagnosi di “neu-rite vestibolare” che presentavano adistanza dall’evento acuto il persistere diuna sindrome posizionale insensibile allevarie e ripetute manovre terapeutiche pre-sentavano tutti l’allungamento significa-tivo delle latenze dei picchi (P13 media23 msec, N23 media 32 msec).Nella nostra esperienza la dimostrazionedi VEMP evocabili nel corso di una verti-gine parossistica posizionale in un pazienteaffetto da SM consente di porre diagnosidi “benignità” della sintomatologia, esclu-

dendo quindi la ripresa della malattia epone quindi indicazione all’esecuzione dellenote manovre terapeutiche.

3. Instabilità. È, ovviamente, moltocomune nel corso della SM. Tuttavia, fre-quentemente, peggiora in modo improv-viso o accessuale, non sempre accom-pagnandosi a variazioni significative deisegni clinici neurologici. In questi casi,quando possibile, la diagnosi strumentalepiù indicativa è quella posturogafica.Utilizziamo la pedana I.B.S. Tetrax(Israele), che registra e compara simul-taneamente le modificazioni stabilome-triche dei due avanpiedi e dei due retro-piedi, con la possibilità, quindi di correla-zioni “diagonali” (Figg. 7-10).

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Fig. 8 – L’aspetto peculiare di questo caso è rappresentato dalla completa normalità della stabilità e del-l’analisi frequenziale nella condizione sensoriale teoricamente più complessa: occhi chiusi sulla gomma(PC). In questa condizione il controllo sensoriale è ridotto al solo controllo vestibolare. Il miglioramentoparadosso dei reperti viene interpretato come espressione di una disfunzione della capacità di integra-zione sensoriale a livello cerebellare: minore è l’informazione sensoriale, minore è l’elaborazione, miglio-re è la risposta vestibolo-spinale.

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La pedana I.B.S valuta:– l’indice di stabilità (ST), che misura la

quantità di deviazione, sommata nellequattro pedane e quindi diviso per ilpeso del soggetto

– l’analisi spettrale di Fourier[L’analisi spettrale può essere valutatarispettivamente sull’apposito graficooppure può essere visualizzata secondopunteggi percentuali relativi al rag-gruppamento delle frequenze in ottogruppi: da 0 a 0.10 Hz (F1), da 0.10a 0.25 (F2), da 0.25 a 0.35 (F3). da0.35 a 0.50 (F4), da 0.50 a 0.75 (F5),da 0.75 a 1.00 (F6), da 1.00 a 3.00(F7), oltre 3 Hz (F8). L’analisi frequen-ziale è particolarmente importante poi-ché lo spettro frequenziale in generale

e il rapporto tra bande di frequenza, inparticolare, rappresenta il contributodei differenti sistemi sensoriali. In casodi lesione cerebrale si osserva un pro-gressivo spostamento delle bande difrequenza predominanti, dalle basse delsoggetto normale alle alte. Tale spo-stamento corrisponde a una progres-siva destabilizzazione dei reperti postu-rografici.]

– il punteggio di distribuzione del peso,che mostra la percentuale di posiziona-mento del peso su ciascuna delle quat-tro piattaforme (WD)

– l’indice di distribuzione del peso, che èla deviazione standard dei quattro pun-teggi di distribuzione del peso dal valoreinvariabile del 25%. Questo parametro

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Fig. 9 – In questo caso le prestazioni migliori si registrano nelle condizioni con occhi chiusi (NC e PC).Questo fenomeno viene descritto da Gagey come “cecità posturale” ed esprime la difficoltà da parte delsistema vestibolare nell’integrare le informazioni visive con quelle propriocettive e vestibolari. L’elimina-zione della componente visiva comporta l’eliminazione di una interferenza sensoriale con miglioramentodella prestazione vestibolo-spinale.

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riflette la quantità di discrepanza dellepercentuali del peso (WDI)

– i punteggi di sincronizzazione, che rap-presentano l’innovazione della Tetra-Atas-siometria. Essi indicano se due paia dionde sono coordinate. Tale coordina-zione può avvenire in due modi: le ondepossono essere parallele e si definisconoquindi espressione di SincronizzazioneCoattiva, il cui massimo punteggio teo-rico è + 100; oppure possono esseresimmetriche, e si definiscono quindiespressione di Sincronizzazione Com-pensatoria, il cui massimo punteggioteorico è –100. Ci sono sei possibili sin-cronizzazioni: tra i talloni, tra le punte,tra tallone e punta per ciascun piede,tra tallone di un piede e punta dell’altro

piede. I punteggi di sincronizzazione sidimostrano particolarmente utili nellevalutazioni ortopediche, come ad esem-pio nelle disfunzioni del ginocchio.

La sequenza standard di valutazione sibasa sull’analisi di sei condizioni: occhiaperti (NO), occhi chiusi (NC), occhi apertisulla gomma (PO), occhi chiusi sullagomma (PC), capo retroflesso (HB), ante-roflesso (HF), ruotato a destra (HR) e ruo-tato a sinistra (HL).

Lo studio posturografico di routine (quandopossibile) dei pazienti affetti da SM ha evi-denziato molte alterazioni alcune prevedi-bili altre specificatamente correlabili a pre-cise disfunzioni. Uno studio pilota è stato

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Fig. 10 – La stabilità generale del soggetto è patologica in tutte le condizioni. L’analisi frequenziale rilevache le oscillazioni sono normali solo nell’ambito delle frequenze più strettamente labirintiche (F1) men-tre quelle propriocettive (F2-F4) e somatoestesiche (F5-F6) sono disturbate. Peraltro i parametri di sin-cronizzazione (Syn) che esprimono prevalentemente disturbi dell’appoggio (caviglia) o del sostentamento(ginocchio, colonna lombare) sono normali.

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condotto su un gruppo di 19 pazienti (Fig.11). I reperti più peculiari si sono rivelatinelle condizioni PC (occhi chiusi sullagomma) HR (rotazione destra del capo)HB (retroflessione del capo) HF (antero-flessione del capo): spostamento poste-riore del peso, de-sincronizzazione degliappoggi di punta; aumento delle frequenzedi oscillazione nel range 0.10-0.25 Hz.Tuttavia, anche nella condizione più sem-plice (NO) la stabilità è generalmente infe-riore a quella normale e si registra incre-mento delle frequenze superiori a 1 Hz.

Lo studio statistico delle correlazioni inter-parametriche nelle varie condizioni di esame

comparato alla classificazione dei livellidisfunzionali secondo le scale di Kurtzke,ha consentito di delineare alterazioni postu-rografiche piuttosto specifiche:• effetto paradosso: migliore stabilità nelle

prove sulla gomma rispetto a quellebasali. Si è rilevato ben correlabile aivalori di disfunzione cerebellare

• inversione F1/F2 con aumento delle fre-quenze di oscillazione tra 0.10 e 0.25Hz rispetto a quelle inferiori a 0.10 Hz.Si correla ai valori di compromissionedella funzionalità del tronco

• inversione F3/F6 con aumento delle fre-quenze di oscillazione tra 0.75-1Hzrispetto a quelle tra 0.25 e 0.50 Hz. Si

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Fig. 11 – Andamento della distribuzione frequenziale nella prova basale NO in differenti gruppi.Norm: soggetti normaliCl. Ctr: soggetti affetti da disturbi dell’equilibrio e vertigini senza compromissione neurologica (Menière,Cupololitiasi, Neurite Vestibolare)Diab. NP: diabetici con neuropatia perifericaL. Back: lombalgiaMS: sclerosi multiplaI dati più peculiari sono l’inversione F1/F2 nei pazienti con sclerosi multipla e l’inversione F6/F3 neipazienti diabetici.

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correla ai valori di compromissionesomatosensoriale periferica. Questo tipodi alterazione è stata rilevata anche inun gruppo di controllo di soggetti dia-betici

Conclusioni

La diagnosi differenziale di vertigine e dise-quilibrio è sempre una sfida, tenuto contodella complessità del sistema vestibolare.Nei pazienti affetti da patologia neurolo-gica questa sfida è ancora più complessa.Pertanto è indispensabile seguire proto-colli di indagine clinica e strumentale rigo-rosi. L’impiego combinato delle modernetecniche otoneurologiche quali l’oculogra-fia, la posturografia e i potenziali vestibo-lari consente una diagnosi funzionale pre-cisa. La precisione della diagnosi diffe-renziale funzionale è indispensabile, per-ché condiziona scelte terapeutiche e diapprofondimento diagnostico di impegnosanitario e di costo marcatamente diffe-renti. Un corretto approccio diagnosticoè quindi indispensabile anche per limitarei costi sociali di terapie ed esami inutili edincongrue.

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Lo studio delle manifestazioni cliniche delloscompenso vestibolare acuto ha da sem-pre rappresentato uno dei più importantiambiti di ricerca del vestibologo. Consi-derando lo sviluppo storico di questa disci-plina ultraspecialistica, verso la fine deglianni settanta, parallelamente alla nascitadi nuovi campi applicativi (si pensi ad esem-pio alle nuove metodologie di analisi delriflesso vestibolo-oculomotore e vestibolo-spinale) si è assistito ad un aumento diinteresse per questa tematica. Le impor-tanti acquisizioni in campo fisiopatologicoderivate dagli studi sull’animale da espe-rimento che, peraltro, in quegli anni pote-vano trarre vantaggio dal contributo dellamodellistica, avevano fornito la chiave inter-pretativa di problematiche non ancora deltutto sufficientemente chiarite (come adesempio la variabilità intersoggettiva delrecupero funzionale statico e dinamico delpaziente con deficit vestibolare acuto), edavevano inoltre offerto un rinnovatoimpulso alla ricerca clinica.Il riconosciuto ruolo del cervelletto (1),delle vie spinali ascendenti (2) e delle vievestibolari efferenti (3) nel tentativo di rie-quilibrare lo stato di sbilanciamento del-l’attività tonica tra i complessi nuclearivestibolari indotto dal deficit vestibolareperiferico monolaterale, aveva, infatti, rap-presentato una solida base fisiopatologica

su cui consolidare il concetto di “compensovestibolare centrale” precedentemente edoriginariamente formulato sulla base deglistorici esperimenti di Bechterew (4). Sein quegli anni, pertanto, si cercava, sulversante fisiologico, di completare ilmodello concettuale del fenomeno del com-penso studiando il ruolo dell’input visivo(5), sul versante clinico si cercava di indi-viduare uno schema classificativo condi-visibile, basato sulla presenza di peculiaririlievi semeiologici o strumentali, per carat-terizzare sia quantitativamente che quali-tativamente il grado di compenso vesti-bolare raggiunto dal paziente affetto dadeficit periferico monolaterale con l’ovviaimplicazione pratica di tipo terapeutico(indicazione terapeutica selettiva) e di tipoprognostico (si pensi agli aspetti medico-legali).Facendo specifico riferimento ai classicicontributi sull’argomento (6-9) è, infatti,possibile individuare una univoca tendenzatra i differenti Autori a suddividere ilperiodo conseguente all’evento acuto indue principali fasi temporali; nella fase pre-coce, caratterizzata anche da una minordurata in termini assoluti, si assiste alrapido ripristino del cosiddetto equilibriostatico mentre nella fase tardiva, a suavolta suddivisibile in due o più fasi secon-darie, vengono riequilibrate le più com-

L’EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI“COMPENSO VESTIBOLARE CENTRALE”:LA “RIVOLUZIONE” INDOTTA DAGLISTUDI DI CURTUOYS & HALMAGYIGIOVANNI CARLO MODUGNODipartimento di Scienze Chirurgiche ed Anestesiologiche,Università degli Studi di Bologna http://open.cineca.it/entunibo/E-mail: [email protected]

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plesse funzioni dinamiche fino al raggiun-gimento di una condizione di pressochétotale assenza di sintomatologia sogget-tiva e, elemento che vedremo sarà primacompletamente rivalutato e successiva-mente contraddetto, di parziale scomparsao attenuazione di alcuni rilievi strumentalifrancamente patologici, sempre individuabilinella fase precoce (acuta) del compenso(come ad es. l’asimmetria funzionale delriflesso vestibolo-oculomotore rilevabilemediante il test rotatorio).Questo tipo di schematizzazione si basavasull’assunto che il complesso dei nucleivestibolari del lato leso potesse nel temponon solo ripristinare il grado di attivitàtonica precedente all’evento lesivo (atte-nuando pertanto la condizione di sbilan-ciamento funzionale tra i due complessinucleari) ma anche riacquisire un certogrado di attività fasica correlata all’inputvestibolare del lato sano. Il ruolo essen-ziale degli altri input sensoriali (visivo, pro-priocettivo, esterocettivo) nel promuoveree consolidare il nuovo “assetto” funzionaledelle stazioni vestibolari centrali fu, in quelperiodo, ampiamente analizzato e con-fermato; furono così poste le basi con-cettuali della moderna terapia riabilitativa.Le recenti acquisizioni in campo anatomo-fisiologico sul complesso sistema dei neu-rotrasmettitori delle stazioni vestibolarisostennero, inoltre, l’ipotesi di un tratta-mento farmacologico mirato e selettivodello scompenso vestibolare (topoterapiadella vertigine) teso a favorire l’azione delsottosistema vestibolare che, in una par-ticolare e specifica fase temporale, potevateoricamente svolgere il ruolo prioritarionella generale funzione di riequilibrio dellostato funzionale tonico nucleare.Anche da tale considerazione si com-prende come fosse particolarmente sen-tita, da un punto di vista clinico-pratico, lanecessità di riconoscere ed individuare,sulla base di uno specifico quadro semeio-logico o rilievo strumentale, il grado di

compenso vestibolare raggiunto. La rela-tivamente migliore ma soprattutto ogget-tiva quantificazione dell’efficienza di riflessivestibolo-oculomotore ed oculo-oculomo-tore ottenibile con la tecnica elettroni-stagmografica faceva comunque preva-lere l’interesse nei confronti della semeio-logia strumentale che, oltre al classicotest calorico, si basava anche sul test rota-torio e sul test otticocinetico.In tale contesto, il test calorico, oltre apermettere l’individuazione del lato pato-logico (ipofunzionante o iperfunzionante),consentiva di verificare la progressiva ten-denza alla riduzione, a volte fino quasi ailimiti di normalità, dei parametri numericiottenibili applicando le formule di Jongkees.Tale tendenza all’attenuazione dell’evidenteasimmetria funzionale documentabile nelleprimissime fasi dello scompenso vestibo-lare – sempre che l’entità del nistagmospontaneo non fosse tale da mascherarecompletamente la risposta allo stimolo ter-mico anche del lato considerato sano,come ad es. nei casi di pseudo-areflessia(Fig.1a) – essenzialmente imputabile allariduzione della reflettività del lato sano edalla attenuazione del nistagmo spontaneo,era considerata l’espressione del pro-gressivo instaurarsi del “compenso cen-trale”. In termini pratici, oggi sappiamoche l’effettuazione di un test calorico biter-mico durante la fase cosiddetta “cronica”di compenso (dopo almeno un mese dal-l’evento acuto) permette di valutare l’oc-correnza di tre condizioni: a) la persistenzadi un’evidente asimmetria funzionale tra idue lati; b) la netta riduzione di tale asim-metria; c) una condizione di sostanzialeequilibrio funzionale tra i due lati. Una cor-retta valutazione del significato clinico diqueste tre condizioni, comunque, non puòprescindere dall’attenta analisi di come sisia attenuato il nistagmo spontaneo e diquanto si sia ridotta, in senso globale (cioèvalutando sia lo stimolo inibitorio che quelloeccitatorio) la reflettività del lato sano: le

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ultime due condizioni, infatti, potrebberoessere espressione di uno stato di ripri-stino funzionale tardivo del lato leso (inquesto caso la reflettività vestibolare dellato sano non dovrebbe risultare ridottarispetto al controllo in fase acuta) oppuredi uno stato di compensazione più o menoefficiente (in questo caso sia la reflettivitàdel lato sano che quella del lato leso risul-terebbero ridotte realizzando un quadrodi iporeflessia vestibolare).Molto più interessante, se non altro da unpunto di vista speculativo, è comunque l’a-

nalisi dell’influenza del nistagmo sponta-neo sulla reflettività canalare valutataanche a notevole distanza di tempo dal-l’evento acuto. A tale proposito è neces-sario segnalare l’esperienza di Fisch ilquale, per acquisire informazioni sul gradodi attività tonica del complesso nuclearedel lato sano, che, come noto, è sotto-posto all’influenza tonica di tipo inibitorioad opera della corteccia cerebellare, valutòil grado di prevalenza quantitativa dello sti-molo inibitorio rispetto a quello eccitato-rio sulla reflettività del lato sano (10). Da

Fig. 1 – Paziente affetto da perdita improvvisa della funzione vestibolare monolaterale destra.Test calorico bitermico (secondo la tecnica di Fiztgerald- Hallpike mod.) effettuato con il sistema di ana-lisi automatica dei segnali EOG, Vestar della Menfis (http://www.menfis.it/).A) fase acutissima (6 gg. dall’esordio); B) fase cronica (dopo 9 mesi dall’evento acuto). Nei riquadri infe-riori è riportato l’inviluppo temporale della VAFL: in alto le stimolazioni relative al lato destro ed in bassoquelle del lato sinistro (a sinistra le inibitorie e a destra quelle eccitatorie). In rosso è evidenziata auto-maticamente la culmination.In fase acutissima (A), si osserva il tipico quadro di una pseudo-reflessia per la presenza di un nistagmospontaneo persistente intenso (circa 20 gr./sec) deficitario (verso sinistra) che non si modifica con lestimolazioni del lato destro. Il nistagmo riduce i parametri quantitativi dopo stimolazione inibitoria del latosano (Sn), dove prevale la stimolazione eccitatoria. In fase cronica (B) persiste l’asimmetria di risposta tra i due lati (pressoché assente la risposta nistag-mica del lato destro; è presente un debolissimo nistagmo spontaneo). Il lato sano mostra un’ottimareflettività globale con un’evidente prevalenza dello stimolo inibitorio (ciò indicherebbe la presenza di unanotevole attività tonica nel complesso nucleare destro “deafferentato”).

a b

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tale esperienza, basata peraltro su unacondizione sperimentale favorevole costi-tuita da un gruppo di pazienti sottoposti aneurectomia vestibolare, emerse, infatti,un comportamento sostanzialmente uni-voco tra i pazienti con deafferentazioneacuta monolaterale: 1) la valutazione stru-mentale era in grado di evidenziare la per-sistenza del nistagmo spontaneo deficita-rio anche a notevole distanza di tempo dal-l’evento acuto; 2) dopo un primo periodoin cui si evidenziava una riduzione signifi-cativa della reflettività globale del lato sano,questa non solo tornava ai valori prece-denti all’evento lesivo ma poteva risultareaddirittura aumentata (in sintonia con l’i-potesi di una riduzione nel tempo dell’in-fluenza inibitoria operata dal cervellettosul complesso nucleare del lato sano con-comitante al ripristino dell’attività tonicadel lato leso); 3) la prevalenza unidirezio-nale del nistagmo verso il lato sano – quan-tificabile con la seconda formula diJongkees e spiegabile in funzione della pre-senza di un nistagmo spontaneo di tipodeficitario o nei termini di una prevalenzadello stimolo eccitatorio su quello inibito-rio (Fig. 1a) – osservata nelle prime fasidella compensazione tendeva inevitabil-mente ad una condizione di equilibrio perpoi invertire il lato di prevalenza (verso illato leso). Quest’ultima condizione, defi-nita anche di “sovracompensazione”, evi-denziabile nei termini di una prevalenzadello stimolo inibitorio su quello eccitato-rio (Fig. 1b), indicherebbe, infatti, l’oc-correnza di due elementi: a) il parziale ripri-stino dell’attività tonica nel complessonucleare deafferentato che potrebbe rag-giungere un livello complessivamenteanche più elevato rispetto al lato sano (inaltri termini, l’inibizione del complessonucleare del lato sano mediante la stimo-lazione con acqua fredda, consentirebbedi conoscere il grado di attività tonica rag-giunto dal complesso nucleare deafferen-tato); b) la capacità del complesso

nucleare del lato leso di modulare la pro-pria attività tonica, in funzione dell’infor-mazione giunta, attraverso le vie commi-surali, dal complesso nucleare del latosano, anche fino ai livelli di normalità(recruitment o over-recruitment).Se, globalmente considerati, i risultati otte-nuti potevano essere adeguatamente spie-gati sulla base delle conoscenze fisiologi-che del tempo, lo studio di Fisch affron-tava comunque solo marginalmente quelloche oggi possiamo sicuramente conside-rare il principale ed il sostanzialmente irri-solto problema di come differenziare, sullabase di un test strumentale, i pazienti conadeguato compenso (asintomatici) da quellicon compenso “incompleto” o “inadeguato”nei quali persistono i disturbi della sferavestibolare nonostante il lungo tempo inter-corso dall’evento acuto.Oltre al test calorico anche il test rota-torio è stato ampiamente utilizzato per lavalutazione del comportamento del riflessovestibolo-oculomotore nel paziente affettoda deficit vestibolare periferico unilaterale.L’assente standardizzazione del protocollodi stimolazione utilizzato (relativamentesoprattutto al tipo ed all’entità dello sti-molo accelerativo) e l’impossibilità di effet-tuare la stimolazione selettiva di un emi-sistema vestibolare ha comunque resoparticolarmente complessa la fase inter-pretativa dei fenomeni nistagmici evocati,anche considerando i nuovi metodi di quan-tificazione basati sulla lettura automaticao semiautomatica dei tracciati elettro-ocu-lografici. In estrema sintesi, basandosisulla letteratura prodotta negli anni ‘70ed ‘80, è comunque possibile tracciare uncomportamento univoco: nelle primissimefasi del compenso vestibolare si osserva,infatti, una netta asimmetria tra la rea-zione nistagmica per-rotatoria (nel casodi una stimolazione armonica o con acce-lerazione costante) verso il lato sanorispetto al lato leso (a sfavore di quest’ul-tima) che tende alla riduzione progressiva

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fino ad una condizione di equilibrio, solita-mente in concomitanza con la riduzionedel nistagmo spontaneo deficitario. Unanalogo comportamento si registra ancheutilizzando stimoli ad accelerazione impul-siva (non eccessivamente elevati), osser-vando la variazione temporale dell’asim-metria di risposta tra i due lati. Questapeculiare tipologia di comportamento,rispetto a quanto era possibile osservarecon il test calorico, è stata, per anni, attri-buita principalmente al differente modo distimolazione dei due test (monolaterale enon fisiologico nel test calorico rispetto aquello fisiologico e bilaterale nel test rota-torio). Gli studi effettuati su popolazioni disoggetti deafferentati, nei quali la rispo-sta nistagmica in senso bidirezionalepoteva essere generata da un solo emi-sistema vestibolare, avevano d’altrondemostrato un comportamento del tuttosovrapponibile (11-14).La principale implicazione pratica di quantoesposto ha riguardato la definizione di unastrategia diagnostica unanimemente con-divisa che ha rappresentato, per più di unventennio, il “codice” interpretativo pervalutare il risultato dei test strumentali edi conseguenza il grado di compenso vesti-bolare raggiunto dopo deficit recettorialeunilaterale. In altri termini si è ritenuto chesolo l’assente o notevole riduzione (rispettoal lato sano) dell’eccitabilità allo stimolotermico potesse rappresentare l’unicometodo, non solo per individuare con cer-tezza il lato responsabile dello scompensofunzionale vestibolare, ma anche per docu-mentare una condizione di perdita defini-tiva di funzione recettoriale. Il test rotato-rio, per contro, poteva essere vantaggio-samente utilizzato per verificare l’efficienzadel compenso vestibolare centrale corri-spondente sostanzialmente ad una con-dizione di equilibrio funzionale (rispostasimmetrica) tra le reazioni nistagmichedei due lati. Anche l’adozione di parame-tri di valutazione non convenzionali (come

ad esempio il guadagno e la fase o, nelcaso della reazione d’arresto, la costantedi tempo) non consentiva di potenziare lecapacità diagnostiche del test rotatorio:a distanza di tempo dall’evento lesivo erapossibile, ad esempio, registrare una ridu-zione bilaterale del guadagno del VOR (soli-tamente associata ad una riduzione, sem-pre bilaterale, della costante di tempo) manon era possibile evidenziare un’asimme-tria di risposta congruente con quantoemerso dal test calorico (15). Se comun-que l’informazione teoricamente ricavabiledall’effettuazione di un test rotatorio riguar-dava lo stato di funzionalità relativo deinuclei vestibolari, una serie di informazionidi carattere complementare relative allafunzionalità di altri circuiti neuronali chedovevano necessariamente essere coin-volti nel fenomeno di compensazionepoteva derivare dallo studio del riflessooculo-oculomotore (OOR) mediante l’ef-fettuazione del test otticocinetico (soprat-tutto attraverso l’analisi del nistagmo post-otticocinetico). L’importanza di tale test,peraltro di agevole valutazione ed esecu-zione, nella valutazione del paziente condeficit vestibolare risiedeva, infatti, prin-cipalmente sulla possibilità di svelare unacondizione di asimmetria di risposta impu-tabile ad un’alterazione del circuito inte-gratore a sede tronco-encefalica (16).

Il tentativo di studiare il VOR in un rangefrequenziale di stimolazione più fisiologicoper i recettori vestibolari (superiore ai dueHz) che, negli anni ’80 era stato perse-guito (17,18) attraverso l’espediente diprovocare una stimolazione vestibolare ditipo roto-acceleratorio mediante movimentivolontari (cosiddetti “attivi”) del capo conl’evidente vantaggio di evitare l’uso di dispo-sitivi di stimolazione elettromeccanica par-ticolarmente costosi e comunque pocoidonei a somministrare stimolazioni di forteintensità e breve durata, portò, all’iniziodegli anni ’90 ad un’esperienza (19), che

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a mio avviso, può considerarsi “storica”non solo per aver “rivoluzionato” uno deiconcetti classici di fisiologia vestibolarema anche per aver influito significativa-mente sullo sviluppo delle nuove metodo-logie d’indagine strumentale finalizzateessenzialmente alla valutazione quantita-tiva del VOR. Halmagyi e Curthoys basan-dosi sull’applicazione di stimoli roto-acce-leratori di elevata intensità, breve duratae limitata ampiezza applicati al solo seg-mento cefalico in pazienti affetti da deficitvestibolare periferico, dimostrarono, infatti,che un test rotatorio così concepito erain grado si svelare, anche a lunga distanzadi tempo, un’asimmetria del VOR con-gruente con il lato deficitario, rispettandopertanto la validità della seconda legge diEwald. Il merito sostanziale di tale studio,comunque, consistette soprattutto nellosvelare le reali limitazioni “cliniche” dei tra-dizionali test rotatori, basati sull’eroga-zione di stimolazioni a bassa frequenza(soprattutto quelli con stimolazioni di tiposinusoidale o con accelerazione costante),e nel sottolineare, seppure indirettamente,l’inadeguatezza del test calorico comemetodo di valutazione del VOR: quest’ul-timo, come è noto, opera essenzialmentesul range delle alte frequenze mentre lostimolo calorico, oltre a non essere fisio-logico, è ritenuto in grado di sollecitare irecettori con stimoli a bassissima fre-quenza.

La principale conseguenza dell’esperienzadei vestibologi australiani è stata quella diriconsiderare, in tutti i suoi aspetti, il con-cetto di “compenso vestibolare” fino a rifor-mulare una nuova ipotesi interpretativaper spiegare l’attenuazione dei sintomidopo un deficit vestibolare acuto definitacon il termine, comunque non nuovo, di“sostituzione vestibolare” (20-22). Se,anche a distanza di molto tempo, l’appli-cazione di un adeguato stimolo al pazienteaffetto da un deficit vestibolare monola-

terale è sempre in grado di svelare un’al-terazione significativa del VOR, è evidentecome il miglioramento significativo (o anchela scomparsa) dei sintomi riferiti dalpaziente dipende non tanto dalla com-pensazione del deficit dinamico del VOR(per sempre presente ed assimilabile aduna “cicatrice permanente”) ma dall’ac-quisibile capacità di sopperire al deficit atti-vando una diversa strategia comporta-mentale in grado di utilizzare altri riflessi,funzionalmente equivalenti ma adeguata-mente potenziati o “adattati” alle specifi-che circostanze. È particolarmente espli-cativo l’esempio riportato in più circostanzedagli stessi Autori relativo al soggetto che,nel tentativo di ruotare il capo verso il latoleso, evita inconsciamente movimenti rapidioppure utilizza una strategia peculiarebasata sull’eliminazione dell’input visivomediante l’ammiccamento o sull’attiva-zione del sistema saccadico. Lo stessosoggetto, se sottoposto, anche a distanzadi anni dall’evento lesivo, ad una rotazionerapida passiva (e pertanto non prevedibile)verso il lato leso (test di Halmagyi) segna-lerebbe, infatti, una condizione di disagiodovuta allo scivolamento del campo visivoindotto dall’inefficace attivazione del VOR(i riflessi oculo-oculomotori, infatti, nonsono, in tali circostanze, in grado di pro-muovere movimenti oculari compensatoriadeguati).Purtroppo, allo stato attuale delle cono-scenze, non si conosce il motivo per cuialcuni soggetti non sono in grado di atti-vare pienamente ed efficientemente que-sto tipo di strategie e pertanto riportanola persistenza dei sintomi anche a note-vole distanza dall’evento lesivo. L’utilizzo diraffinati test strumentali, d’altronde, nonha finora permesso di individuare, su largascala, peculiari tipologie di comportamentotra i pazienti con ridotta “compensazione”anche se è prevedibile che, in un relativa-mente recente futuro, grazie all’utilizzo distimoli e strumentazioni adeguate come

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Fig. 2 – Paziente con deficit vestibolare destro in fase cronica di compenso (1 mese dall’esordio).A) Test calorico bitermico (secondo la tecnica di Fiztgerald- Hallpike mod.- vedi Fig.1); B) Test rotatorio effettuato con la sedia rotatoria del sistema Vestar: nei riquadri a sinistraè riportato l’inviluppo temporale della VAFL della reazione per-rotatoria ad accelerazione costante (4gr./sec.2) mentre nei riquadri a destra quello della reazione nistagmica post-impulsiva (stop dopo unavelocità costante di 160 gr./sec.). La stimolazione oraria è riportata nei riquadri superiori mentre quellaantioraria nei riquadri inferiori. In rosso viene indicato il profilo temporale della velocità istantanea. Il test calorico evidenzia un chiaro deficit vestibolare destro associato ad una prevalenza unidirezionaledel nistagmo verso sinistra (è presente solo un debole nistagmo spontaneo di tipo deficitario). La reflet-tività del lato sano è ottima con una evidente prevalenza della stimolazione eccitatoria. Anche se le reazioni per-rotatorie sono sostanzialmente simmetriche, il test impulsivo evidenzia unachiara asimmetria quantitativa a favore della reazione d’arresto dopo rotazione costante oraria (sia neitermini di VAFL max. che di durata). È anche evidente una seconda fase nistagmica particolarmenteintensa e di lunga durata (II). In questo caso, pertanto, il test rotatorio impulsivo mostra un risultato con-gruente con quello del test calorico bitermico.

a

b

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Fig. 3 – Paziente con deficit vestibolare sinistro in fase cronica di compenso (6 mese dall’esordio). A) Test calorico bitermico (secondo la tecnica di Fiztgerald- Hallpike mod.- vedi Fig.1); B) Test rotatorio effettuato con la sedia rotatoria del sistema Vestar (vedi Fig.2).Il test calorico evidenzia un chiaro deficit vestibolare sinistro non associato ad una prevalenza unidire-zionale del nistagmo (è presente solo un debole nistagmo spontaneo di tipo deficitario). La reflettività dellato sano è buona e si osserva una lieve prevalenza della stimolazione inibitoria. Per quanto concerne il test rotatorio, sia le reazioni per-rotatorie che quelle post-rotatorie sono sostan-zialmente simmetriche anche se il test impulsivo mostra una lieve asimmetria quantitativa a favore dellareazione d’arresto (*) dopo rotazione costante anti-oraria (solo nei termini di VAFL max). Anche in questo caso, pertanto, seppure in minor misura rispetto al caso della Fig. 2, il test rotatorioimpulsivo evidenzia una asimmetria di risposta congruente con quanto emerso dal test calorico biter-mico.

a

b

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pure di nuove metodologie d’indagine (sipensi allo studio dei potenziali evocati vesti-bolari) si potrà giungere alla soluzione ditale problema. Nell’ultimo decennio, d’al-tronde, se si esclude la tecnica videoni-stagmografica, si è assistito ad un “para-dossale” minore interesse nei confrontidelle applicazioni ad alto contenuto tec-nologico che, rispetto agli anni ’80, potreb-bero oggi usufruire dei relativamente bassicosti di produzione e realizzazione e del-l’enorme sviluppo delle tecnologie infor-matiche. Nonostante questo “trend” nega-tivo, l’utilizzo di test strumentali per lo stu-dio del VOR che adottano stimoli rotazio-nali ad alta frequenza e specifiche moda-lità di analisi e valutazione dei segnali elet-tro-oculografici, ha recentemente fornitorisultati interessanti (23-24). Non èescluso, infine, che i risultati più utili in talsenso, possano derivare proprio dal testdi Barany (reazione d’arresto) che, seopportunamente “rivisitato” e “corretto”alla luce di quanto esposto altrove (25)(Figg. 2,3), potrebbe anche esprimere, adistanza di quasi cento anni, nuove poten-zialità diagnostiche.

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Parte TerzaMalattie organicheDelirio, febbre, convulsionied epilessia

Durante gli accessi febbrili, dovuti a causediverse, quali infezioni gravi, avvelenamenti,spaventi e forti emozioni, si hanno dei par-ticolari fenomeni come delirio, allucina-zioni, impossibilità di mantenere la posi-zione eretta, disturbi alla vista e all’udito,vuoto di testa e talvolta convulsioni.La Scuola salernitana propone un “rime-dio contro il delirio” nel capitolo cheriguarda le malattie del capo (1):Ad frenesimSi caput excruciat frenesis, mox rade capil-los, / jure labes raphani, post catapla-smatizando, / et obmitte die, sed nocti-bus hoc iteretur, / donec proficiat, etaceto mane lavetur.[Contro il delirioSe il tuo capo è tormentato da delirio, radisubito i capelli, / lavalo con brodo di rafani

e di questi farai un cataplasma; / di giornolascerai tale cura, ma ripetila di notte, /finché ne avrai giovamento, e al mattinolava il capo con aceto].

Nota il Sinno: “Frenesis: era così detto ildelirio, accompagnato da acuta febbre”.Riporta quindi la seguente definizione datadal Trattato delle cure: “Frenesis est alie-nacio mentis et insania cum febre”. Notainoltre che il nome deriva da frenes, freni,in quanto il delirio si riteneva causato dal-l’infiammazione delle meningi che eranoconsiderate come un freno del cervello:“Frenes cerebri sunt paniculi quibus cere-brum continetur tamquam freno equusregitur et retinetur”. [I freni del cervellosono piccoli globi dai quali il cervello vienegovernato come il cavallo viene retto etenuto dalle briglie] (1).Gioverà notare che molto diverso è ilnostro punto di vista su questa materia,dal momento che la medicina modernatende a eliminare subito la febbre al mani-festarsi di una malattia. Nella medicina

INTERPRETAZIONE DELLEMANIFESTAZIONI DI DISTURBI AUDITIVIE DELL’EQUILIBRIO NELLA MEDICINAANTICA E NELLA TRADIZIONE POPOLARECARLO LAPUCCI, ANNA MARIA ANTONI

Introduzione

Dopo l’interessante viaggio nel passato alla scoperta di come venivano interpretati e cura-ti i disturbi dell’udito e dell’equilibrio, Carlo Lapucci e Anna Maria Antoni, ci fanno da guidaper la terza e, almeno per ora, ultima volta tra epilessia, convulsioni, avvelenamenti, maliee malefici.Ancora una volta l’argomento non potrà non fornire motivi di riflessione e spunti di studio.

Giorgio Guidetti

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antica, invece, come in quella popolare,la febbre serviva come mezzo d’indagineper la diagnosi. Dal suo andamento sta-gionale, giornaliero (terzana, quartana),dai suoi accessi e dalla durata si potevacomprendere il tipo di malattia che ne erala causa.Il Pitrè, che era medico (2), osserva: “Lafebbre è pel volgo una malattia per sestessa, o, come direbbero i medici, essen-ziale. […] Cessata la febbre, dicono le don-nicciuole, è finita la malattia; e si maravi-gliano che un medico non abbia la forzadi troncare quella febbre, la quale potrebbefinire col prostrare l’ammalato. A buoniconti, perché si è medici? E quando unmedico non è buono a troncare la febbrea che cosa sarà buono? Guardando per-tanto alla febbre, e non alle cause che laproducono e la mantengono ed alla naturadi essa, le donnicciuole si preoccupanodella sua durata ed intensità e di qualchesintomo che l’accompagna e la rende allar-mante”.Una notevole quantità di proverbi, soprat-tutto dialettali, costituisce una sorta diprontuario per ricavare dalle manifesta-zioni febbrili il tipo e l’andamento dellamalattia.– Pri la gran frevi lu malatu sparra: per la

grande febbre l’ammalato intontisce,diventa come stupidito (Sicilia).

– Quando la febbre casca sui labbri è buonsegno. Viene chiamata comunemente“bolla della febbre” quella che si mani-festa sulle labbra provocata dall’Herpessimplex. Questa appare alla fine di unamalattia debilitante o di un forte stressed è segno che la fase acuta è al ter-mine.

– Nella febbre le girandole sembranomulini a vent: la febbre produce incubi.

– Febbre autunnale o lunga o mortale.– Febbre terzana non fa suonar campana:

non è mortale.Una cosa che talvolta accompagna la feb-bre, soprattutto nei giovani, è l’attacco

di convulsioni che, se rimane come fattoisolato, è legato all’accesso febbrile,creando però apprensione e paurapotendo essere il rivelarsi dell’epilessia.Tale malattia presenta al grado massimoi disturbi che abbiamo descritto insiemea manifestazioni molto più gravi e paros-sistiche. Gli antichi la chiamavano malcaduco, male sacro o male di luna e rite-nevano che fosse “dovuta all’opilazione1

dei ventricoli del cervello con la perditadella sensibilità, della conoscenza e conmovimenti convulsivi dei muscoli, causatada mancanza di calore o da abbondanzadi umore” (3) (Fig. 1).Voleva una curiosa superstizione che diepilessia soffrissero soprattutto coloroche nascevano nella notte di Natale. Siale convulsioni occasionali che quelle del-l’epilessia venivano curate con rimedi ditipo magico, come ad esempio, faretenere una chiave maschia nella mano delmalato o legargli al collo una piccola chiaved’argento.

Ipertensione, colpo apopletticoe paralisi

Il salasso

Improvvisi fischi all’orecchio, senso di vuotoalla testa, breve smarrimento della memo-ria, grande irritabilità, eccessi d’ira finoalla perdita del controllo, possono esseresintomi di gravissime alterazioni tali daprovocare il colpo apoplettico e la paralisi.Nella medicina popolare e in quella anticaqueste manifestazioni erano attribuite adumori guasti che invadevano la testa epotevano portare come conseguenza ilcolpo, la paralisi e la morte.

1. Propriamente oppilazione, termine antico chesignifica “ostruzione, occlusione”, dal latino obe pilare: comprimere.

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Fig. 1 – L’epilettico: rappresentazione del “mal caduco”, in una miniatura del XV secolo.

Secondo la scuola ippocratea l’abbondanzaeccessiva di un umore era sempre consi-derata causa di vari mali. La salute eradata dall’equilibrio dei quattro umori fon-damentali: sangue, collera, flemma e atra-bile, secreti rispettivamente da cuore,fegato, cervello e milza. Era l’alterazionedi uno dei quattro umori, collegati ai quat-tro elementi fondamentali della natura:aria, fuoco, acqua, terra, a determinarei vari tipi di malattia (Fig. 2). Così anche itemperamenti dipendevano dal prevaleredi un umore.

La purgazione degli umori serviva a rista-bilire un equilibrio alterato e ciascun umoreaveva il suo tipo di “purgante” capace didepurarlo: espellendo le sostanze nocivesi riportano gli umori e quindi tutto il corpoalla loro situazione naturale. L’operazioneera quindi una vera e propria purificazione. Per il nostro argomento sono rilevantisoprattutto il sangue e la collera.Per quanto riguarda la collera si trovascritto nei versi della Scuola salernitana (4):

Abbundantia choleraeAccusant choleram frontis dolor, aspera

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notte / si riduce il sonno gli occhi hannovisioni di fiamme, / batte il sangue nellaparte destra del capo, romba forte l’o-recchio./ Quando il sole forte sale a metàdel giorno /la collera stessa si muove poiché l’oraterza ridesta l’umore]2.

Languido, duro, veloce e caldo: sono que-ste le antiche qualità del polso catalogatedai testi di medicina, ad esempio ne Laprattica dell’infermiero (5).Nella teoria degli umori la collera, bilegialla, che era secreta dal fegato, non eracausa del disturbo, ma lo era la sua pre-senza sovrabbondante.

Anche l’eccesso di sangue in circola-zione era considerato causa del colpo apo-plettico. Su ciò concorda la tradizione popo-lare, nel caso di apoplessia o congestionecerebrale, tra cui la medicina tradizionalenon fa differenza e viene chiamato comu-nemente colpo, la causa si faceva risalirealla rottura d’una vena nella testa, ocomunque a un eccesso di sangue nellatesta3. Il verificarsi della malattia è soventeaccompagnato da grandi ronzii nelle orec-chie, vertigini, perdita di conoscenza,smarrimento; nei casi più gravi soprav-viene la morte.La Scuola salernitana descrive le manife-stazioni caratteristiche del tipo sanguignoindicando cosa si rileva allorché si deter-mini una sovrabbondanza di sangue (anti-camente detta pletora). In questo caso lafaccia diviene rossa, sporgono gli occhi,

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Fig. 2 – Una rappresentazione quattrocentescadei quattro elementi. Alla base di tutta la medi-cina antica c’è la convinzione che il mondo e gliesseri viventi sono formati dai quattro elementifondamentali (acqua, aria, terra, fuoco), cui sicollegano i quattro umori (sangue, collera, flemmae atrabile) secreti rispettivamente da cuore,fegato, cervello e milza. Trasmessa al mondomedievale, questa teoria è sopravvissuta fino alSettecento.

lingua, / tinnitus vomitusque frequens,vigilantia multa, / multa sitis, pinguis ege-stio, torsio ventris, / nausea fit, morsuscordis; languescit orexys. / Gravantis cho-larae motus haec secuuntur: / pulsusadest gracilis, durus, veloxque cale-scens,/aret, amarescit, sitit os; tene-brose / contrahitur somnus, incendia visiofingit, / pulsatur capitis pars dextra, buc-cinat auris. / Dum lucis medias librat soligneus horas / ipsa movet quoniam luxtertia suscitat humorem.

[L’eccesso della colleraSono segni di eccesso di collera il doloredella fonte, la lingua ruvida, / il tinnito, ifrequenti accessi di vomito, la lunga inson-nia, / la grande sete, l’evacuazione grassa,il dolore del ventre, / si presentano la nau-sea e un dolore acuto al cuore. Scomparel’appetito. / Quando si muove la colleraeccessiva si manifestano questi sintomi:/il polso è languido, duro, veloce e caldo,/ la bocca brucia, è amara e riarsa; nella

2. Gli antichi avevano assegnato a varie ore delgiorno il predominio dei vari umori perché intempo opportuno, vale a dire quando erano inmovimento, si potesse procedere alla purga-zione. Cofone suggerisce che: “qualora siaestate e tu vuoi purgare la collera per mezzodel vomito, lo devi fare prima dell’ora terza”.

3. È ancora espressione comune, riferita a chi haavuto un attacco d’ira: “Gli è andato il sanguealla testa”.

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si gonfiano le vene, il corpo si appesanti-sce esageratamente e il polso s’affrettadiventando pieno (dal fiotto consistente),s’illanguidisce. Il dolore diviene forte sullafronte, il ventre è costipato, la sete asciugala lingua e nei sogni si vede rosso. La salivaè dolciastra e qualunque cosa aspra sisente dolce (Fig. 3).Nella medicina antica si poneva l’accentoai sintomi premonitori del colpo apoplet-tico e in particolare agli scricchiolii, aironzii e ai fischi nelle orecchie e alle tem-pie. Santa Ildegarda (6) descrive con pre-cisione i vari fenomeni: “Se l’umidità e iltepore che formano le scorie oltrepas-sano il loro limite come un vento perico-loso, allora essi vengono trasformaticome in una commozione cerebrale deiventi (commotio) producendo un suonopericoloso. Esso assomiglia al rumore diun tuono che risuona fino nei vasi san-guigni, nel midollo e nelle tempie d’unapersona. Chi ha simili indisposizioni può

diventare paralitico e senza forze. E que-sto malanno durerà tanto a lungo finchéle cosiddette scorie e le mucosità sianoscomparse e siano ritornate nella lorostrada giusta”.Santa Ildegarda, come la medicina antica,chiama questa malattia gotta, ossia,come dice Ippocrate, causata dal san-gue corrotto nelle vene, dalla bile e dallapituita. “La gotta che prende il lato destroproduce la paralisi (Gutta petens latusdextrum facit haec paralysim)”, avvertela Scuola salernitana. Il rimedio più usatocontro questo tipo di malattia era ilsalasso4. Questo veniva praticato anche

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Fig. 3 – Medici a consulto: la valutazione della qualità del polso e degli eccessi degli umori, in una inci-sione del XVI secolo.

4. Il salasso è la sottrazione di una certa quantitàdi sangue dall’organismo al fine di purificarlo. Ilrelativo benessere che dà il prelievo di sangue,fatto con ferri e con sanguisughe, portò a unabuso nel Seicento e nel Settecento, per cuicadde in discredito, anche perché può debili-tare la persona. Oggi si usa poco contro l’iper-tensione.

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come prevenzione a molte malattie, nellaconvinzione che servisse a decongestio-nare le vene piene di sangue in eccesso,ovvero la presenza di materia impura.Quasi tutti i testi antichi riportano taleidea, che si è trasferita anche nella medi-cina popolare. Francesco dal Boscoscrive (7) a questo proposito:“Poiché li mali per il più nascono da pie-nezza d’humori, perciò è necessaria laevaquatione de’ medesimi, essendo notis-sima quella dottrina, che li corpi arrivatial sommo di certa pienezza, devon’esserridotti a qualche imminutione, nonpotendo avanzarsi in meglio; adunqueconviene il tal caso il salasso, non tantoper li morbi già fatti, ma anco per quelli,che sono in pericolo di farsi. E questapienezza d’umori non solo devesi notarein rispetto della loro mala qualità, maanco della quantità, e particolarmentedel sangue, che si chiama pletora”.

Santa Ildegarda (8) consiglia specifica-mente: “Chi ha molta flemma5 nella testae nel petto, oppure quando c’è un ronziodi testa, in modo che si perda alle voltel’udito, allora appunto il salasso deveessere fatto nella vena della testa”.Nella dottrina della Scuola salernitanamolto spazio viene dedicato alla fleboto-mia, della quale di danno le regole, le cau-tele, i tempi in relazione alla luna e aiperiodi dell’anno, quindi le varie precau-zioni, gli effetti, le controindicazioni. Siindicano poi con precisione quali siano itipi di vasi sanguigni che debbano essereincisi e la loro corrispondenza con i variorgani che devono essere decongestio-nati. Non a caso dunque Santa Ildegardaindicava l’incisione della vena nella testacontro il ronzio.

Nel mondo popolare il colpo apopletticoera particolarmente temuto perché fre-quente e molti amuleti erano volti a pre-servare da tale disgrazia: abitini, agnu-

sdei, fiocchi rossi, corni e altro. In par-ticolare San Cristoforo proteggeva dallamorte improvvisa e dal colpo e ciò spiegala frequenza della sua immagine gigan-tesca nei luoghi più diversi (Fig. 4). InCiociaria guarisce dal colpo apopletticoSant’Andrea d’Avellino.Il salasso curativo e preventivo era lar-gamente praticato e i barbieri avevanoquesto compito che svolgevano per lopiù sotto le indicazioni del medico. Pra-ticavano anche salassi periodici alle per-sone che vi ricorrevano nella convinzioned’averne un bisogno continuo e lo usa-vano come prevenzione di malattie. Icalendari riportavano i giorni consigliati

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Fig. 4 – Secondo le credenze popolari, San Cri-stoforo proteggeva i viandanti dalla morte improv-visa e dai colpi.

5. Flemma, come scrive Sinno (op. cit., pag. 6)“era la secrezione acquosa, umida e fredda chederivava dal cervello e circolava per tutto ilcorpo, ed era conosciuta anche col nome dipituita”.

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e quelli negativi per i salassi. Il giornoideale era ritenuto quello di San Giovanni6(24 giugno) e in genere all’ingresso diogni nuova stagione e alla luna nuova.Scrive (9) il Pitrè:“Non poche sono le malattie delle qualia diritto o a torto il sangue è conside-rato come causa prima. Quindi in tuttele affezioni dell’albero circolatorio, in tuttele affezioni pulmonali e pleurali, nellepaure, nei dispiaceri, nella gravidanza,ecc., il contadino cerca il salasso per-ché ha pienezza di sangue, per avernetroppo, per averlo nero, per averlograsso, per averlo troppo vigoroso, peraverlo riscaldato, ecc. […] il salasso sifa o come mezzo curativo o come mezzoprofilattico o igienico. Come mezzo cura-tivo dà risultati splendidi la prima voltache si pratica in una prima grave infer-mità; Prima sannia libbira malatia: ilprimo salasso guarisce”.

Anche le persone sane avevano l’uso difare almeno un salasso annuale. Dice ilproverbio:

Un salasso una volta l’anno,un bagno una volta al mesee un pasto una volta al giorno.

Il salasso dunque era considerato un rie-quilibratore non solo dell’organismo, maanche della psiche, e veniva usato comeprevenzione contro eventuali eccessi diumori capaci di dare capogiri, fischi, ver-tigini, sbandamenti e perdita dellaragione. Compendia (10) la Scuola saler-nitana:

Effectus phlebotomiaeExilarat tristes, iratos placat, amantes/ ne sint amentes phlebotomia facit.[Effetti della flebotomiaLa flebotomia rallegra i tristi, calma gl’i-rati e / fa sì che gli amanti non perdanola ragione].

Insolazione

Esistono varie forme di perdita della cono-scenza, dell’equilibrio, con allucinazioni edelirio, fino alla perdita del controllo dise, le quali si presentano come manife-stazioni temporanee legate a congestioni,insolazione, traumi e altro. Anticamentetali affezioni venivano curate ricorrendoper lo più a rituali magici. Nel caso del-l’insolazione, il cosiddetto colpo di sole,una delle cure più usate era di questotipo e consisteva nel prendere una sco-della piena d’acqua, in cui si versavanoalcune gocce d’olio in numero dispari.Postala sopra la testa del malato, si reci-tavano preghiere intercalate da formulemagiche.Ancora più diffuso era il procedimento dimettere sul capo del colpito un pentolinocon acqua e, accesa una manciata distoppa dentro una ciotola di creta nuova,si capovolgeva nell’acqua stessa. Il gor-goglio dell’acqua, dovuto all’evaporazionecausata dalla stoppa incendiata, era ilsegno dell’allontanarsi del male. Pare dicapire che la malattia fosse vista comeun inserirsi nella testa dei raggi solariche potevano essere estirpati con l’ac-qua, elemento opposto al fuoco.In altre procedure entrava nel ritualeanche l’uso della corniola rossa. Questapietra è collegata astrologicamente conl’Ariete, che abbiamo visto presiederealla testa, e con la Bilancia, segno del-l’equilibrio. Considerata un potente tali-smano la corniola era la pietra per glianelli-sigillo.

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6. Galeno prescriveva di praticare il salassoprima dell’inizio dell’estate, che è quanto direverso il solstizio d’estate, sia per gli uomini cheper i bovini, onde evitare gli eccessi in conco-mitanza col calore estivo, durante il quale ilsalasso era controindicato.

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Avvelenamenti

Dioscoride dedica il VI libro della sua cele-bre opera (11) interamente ai veleni,sostanze che hanno una certa rilevanzaper questa materia, dato che tra i tanti sin-tomi di avvelenamento, compaiono le mani-festazioni delle quali stiamo parlando. Infattil’avvelenato non solo ha gravi disturbi all’ap-parato digerente, al fegato, ai reni, allavescica, ma può perdere la parola, averedegli spasimi, perdere il battito del polsoe il respiro, delirare, avere vertigini, e nonvederci più e perfino smarrire i sensi. Dioscoride descrive dettagliatamente i varitipi di veleni che potevano mettere in peri-colo la vita. Elenca così non solo gli avve-lenamenti intenzionali, ma anche quelli chederivano da fatti fortuiti, come ingestionedi cibi velenosi e morsi di animali (Fig. 5).

Bisogna osservare che tra gli animali indi-cati come velenosi, alcuni non lo sono. Iprincipali ricordati sono questi:

– Cantarella– Salamandra (Fig. 6)– Processionarie– Lepre marina– Rospi (Fig. 7)– Bupresti (coleotteri simili allo scarabeo

e alla cantaride)

Tra i semi delle piante sono velenosi, seingeriti quelli appartenenti a:

– Giusquiamo– Coriandro– Cicuta– Gith– Pfillio

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Fig. 5 – Descrizione di piante e radici in un manoscritto latino del XIV secolo, riproducente il “De mate-ria medica” di Dioscoride.

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Fig. 6 – La salamandra il un legno dei “Discorsi della materia medicinale” di P.A. Mattioli.

Fig. 7 – Il rospo in una incisione della “Fisionomia naturale” di G.B. Dalla Porta.

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Tra i succhi mortiferi:

– Oppio– Mandragora (Figg. 8, 9)– Elaterio

Tra le radici:

– Aconito– Colchico– Elleboro

Tra le piante nel loro complesso (oltre aifunghi):

– Tasso (arilli del tasso)– Solatro maniaco– Erba di Sardinia

Diversi sono gli effetti di questi veleni. Lemanifestazioni che a noi interessano pos-sono ritrovarsi spesso, in varia misura, inciascun avvelenamento. Là dove però talifenomeni si manifestano in modo più con-

sistente sono gli avvelenamenti per cicuta,giusquiamo, stramonio e aconito.

La cicuta

Col nome cicuta s’intendevano comune-mente piante delle ombrellifere di speciediversa, tutte più o meno velenose, anchein rapporto all’ambiente dove crescono.Al genere Cicuta nella classificazione lin-neiana appartengono specie velenosis-sime, che hanno la triste caratteristica diassomigliare al prezzemolo comune, il cheè fonte di atroci inganni, anche per gli ani-mali, tra i quali è credenza comune, chesiano immuni capre e maiali (Fig. 10).Scrive Dioscoride a proposito della cicuta(12): “mangiata, o bevuta che si sia lacicuta, offusca tanto la virtù visiva de gli

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Fig. 8 – La mandragora in un’antica xilografia.

Fig. 9 – Credenze e superstizioni popolari sullamandragora furono alimentate dalla forma dellapianta che ricorda il corpo umano.

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occhi, e genera così spesse vertigini, chenon lascia discernere alcuna cosa. Inducedopo questo singhiozzi, anfanamenti, paz-zia e frigidità grande nelle parti estremedel corpo e finalmente, stringendo il fiatonella canna del polmone, se ne muoionoi patienti strangolati e ispasimati”.Tale tipo di veleno era usato per eseguirele sentenze capitali, come nel caso dellamorte di Socrate, che si pensa esserestato soppresso con una pozione diConium maculatum, pianta velenosissimache veniva chiamata Cicuta maggiore. Con-tro un simile avvelenamento la medicinaantica consigliava come rimedio di espel-lerla con il vomito e quindi somministratemolto vino, ovvero latte di asina o dimucca.

Gli effetti dell’avvelenamento accidentaleda cicuta sono ben descritti dal Mattioli(13). “Nel lungo tempo è passato che, zap-pando in una vigna un villano lavoratoredel signor Giovanni dalla Torre, vicino alCastello di Goritia, ritrovò alcune radici dicicuta molto belle: e credendosi, che fus-sero pastinache, se le mangiò la seracotte (percioche quaresima era) insiemecon la moglie. Dal che successe, che sve-gliandosi la notte, e ritrovandosi del tuttobalordi, levatisi anfanando senza lume, evolendo caminare per casa, si percosserodi forte nelle mura la testa, la faccia, e gliocchi, che la mattina, per il tumore grandee per la nerezza del sangue corsovi, pare-vano horrendissimi mostri”.

Il giusquiamo

Il giusquiamo (Hyosciamus niger) appar-tiene alla famiglia delle Solanacee (Fig. 11).Pianta velenosissima è stata nondimenoadoprata in farmacopea, nella quale, indosi opportune, può essere benefica,come letale se assunta senza le dovuteprecauzioni. I birrai del passato univanoalla birra, in proporzione minima, l’estrattodi giusquiamo per aumentare l’effetto ine-briante della bevanda.Il giusquiamo è detto “disturbio” per il fattogenera confusione e disorientamento gran-dissimo in chi l’assume. È chiamato diver-samente nelle varie parti d’Italia: Suca-mele (Basilicata), Erba porcina (Toscana),Erba di Sant’Apollonia (Lombardia), Erbadi Sant’Apulonia (Emilia), Erba cannocchiale(Campania), Erba velenosa (Abruzzo),Dente cavallino (Marche), Disturbio (Tren-tino), Giosremo (Veneto), Erba Grosudda(Sicilia).L’odore fetido, la pericolosità mortale, ilpotere allucinogeno, l’uso medicinale, nehanno fatto una pianta guardata come unarealtà misteriosa e conturbante, puressendo di modeste dimensioni, comu-

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Fig. 10 – La cicuta, pianta velenosissima, è confon-dibile con il prezzemolo.

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nissima lungo le strade e nelle terre ric-che, presso le rovine, e d’aspetto fami-liare. Maghi, streghe, avvelenatori, mal-vagi l’hanno conosciuta bene: sotto l’in-flusso d’una dose modesta una personasubisce vertigini, allucinazioni, perde il con-trollo della mente, delira, parla al puntoche può rivelare quello che vorrebbetenere segreto.Molti delitti famosi sono legati al giu-squiamo, tanto che appare come la piantadel male e dei malvagi, trascinandosi fama,simboli, imprese, leggende poco allegre.Scarso posto ha trovato nelle espressionilinguistiche, forse per la stranezza delnone, ma più probabilmente per il fattoche fortunatamente il suo uso non ècomune.Il giusquiamo era una delle piante familiarialle streghe: faceva parte delle misture e

delle pozioni usate per partecipare alsabba. Tali unguenti, o altri preparati face-vano cadere in trance, nel quale visioni eallucinazioni si succedevano fino al risve-glio, dando l’impressione d’un lunghissimoviaggio e di permanenza in luoghi fanta-stici. L’avvelenato dal giusquiamo subiscel’impressione di vagare nel vuoto e dicadere: al risveglio, se supera l’effetto delveleno, non distingue più tra la realtà el’allucinazione. Dioscoride scrive: “Bevutoo mangiato che si sia il hiosciamo fa farele medesime pazzie, che la ebbrichezzadel vino: ma cede però agevolmente il suonocumento ai rimedij”. Tra i rimedi l’au-tore suggerisce: acqua melata in quan-tità, latte d’asina, di vacca o di capra,decotto di fichi secchi, il seme di coco-mero bevuto col vino dolce.

Lo stramonio

Un’altra pianta facilmente coltivabile emolto usata in farmacopea, come in ritimagici, è lo stramonio (Datura stramo-nium) della famiglia delle Solanacee (Fig.12). Pianta un po’ misteriosa e tetra, siaper il veleno che nasconde, sia per il fattoche apre i suoi fiori di notte. Emanandoun forte odore sgradevolissimo è fuggitaanche dagli animali. Dice Ottaviano Tar-gioni Tozzetti: “Volgare lungo i fossi deipiani bassi. Ha fetido odore, come di topo,o di pelo bruciato; ed è fuggita dagli ani-mali domestici. I suoi semi fatti a rene,neri, scabri, furono già noti a Teofrasto eDioscoride, come narcotici e stupefacenti.Il sig. Stoerk ha proposto l’estratto di Stra-monio per la mania e per le inveteratemalattie nervose” (15).Esiste anche il Metel o Methel, denomi-nazione araba di una pianta dagli effettinarcotizzanti confusa a volte con lo stra-monio nella classificazione antica. ScriveO. Targioni Tozzetti: “Datura Metel, nocemetèlla. Annua, fetida. I suoi semi sono

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Fig. 11 – Il giusquiamo è anche detto “disturbio”,per lo stato di confusione e disorientamento cheprovoca in chi l’assume.

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di colore giallastro. Contengono le mede-sime proprietà stupefacenti; e gli orientaliformano con essi, il Bettle, composizionequasi simile al Nepenthes, preso il qualefanno sogni stravaganti, e divengono ilarie furibondi” (16).Altri nomi popolari dello stramonio sono:Noce puzza, Mazzettoni, Erba puzzola,Stramonio maggiore, Strimonio, Erba deldiavolo, Pomo spinoso, Noce spinosa.Si racconta che quest’erba sia stata usataspesso da ladri e lestofanti per compierele loro imprese. Cortigiane indiane, ladridi Malabar, pirati delle Canarie e brigantinostrani usavano mettere in liquore o vinoparticolarmente gradevole una dose disemi di stramonio. La bevanda, una voltasomministrata, provoca delirio e annientala volontà, per cui, non solo i briganti pos-sono portare dove vogliono le vittime researrendevoli, ma riescono a farsi dire age-volmente dove nascondono danari o altra

cosa. Forse per questo lo stramonio fudetto Erba da incantesimo o Erba dei la-dri.Inoltre lo stramonio veniva usata nei ritimagici per il suo potere ipnotico e alluci-nogeno. Secondo alcuni autori sarebbestata questa la pianta usata dai sacerdotidi Delfo per entrare in una specie di trancee predire il futuro; ma questo contraste-rebbe con il periodo di introduzione di que-sta pianta nelle regioni mediterranee. Maghi, negromanti, streghe, guaritori eciarlatani hanno usato lo stramonio pro-vocando spesso danni e avvelenamenti.Con forte potere allucinogeno facilmenteprovoca in chi lo assume sensazioni, visioniche posso essere abilmente presentatecome effetti di magia. È tra le erbe sospet-tate d’essere l’elemento determinante del-l’unguento che si voleva permettesse il volodelle streghe per i viaggi verso i riti sab-batici.

Aconito

L’aconito (Aconitum Napellus) della fami-glia delle Ranuncolacee è pianta erbacea,perenne, tanto bella quanto velenosa, daitipici fiori azzurri, che ricordano un elmo,riuniti a formare una spiga (Fig. 13). È altadai 40 cm fino a un metro e oltre e pre-senta numerose foglie dal verde intenso,finemente segmentate. Caratteristica è lasua radice carnosa che contiene i principiattivi velenosi tipici di questa pianta. Fio-risce in estate ed è molto diffusa neipascoli sia in Europa che in Asia.L’Aconitum Napellus, che è noto anchecon altri nomi popolari, suggeriti dalla suaforma o dalla sua fama: Napello, Cap-puccio di monaco (è questo infatti il suonome comune in inglese oltre che in olan-dese), Bilancia di Venere, Malapelle, Stroz-zalupo, Elmo di Giove. I Danesi invece lochiamano Elmo di Troll, i tedeschi invecesia Erba del diavolo che Cappello di ferro.

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Fig. 12 – Lo stramonio era una pianta molto uti-lizzata in farmacopea e nei riti magici.

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Togliendo al fiore i petali si scopre l’appa-rato riproduttivo, con i nettarii, che ha unaspetto particolare per cui viene anchechiamato Carrozza di Venere.La leggenda narra che l’aconito è statogenerato dalla bava del cane Cerbero,mentre Ercole lo traeva fuori dagli Inferi eche per questo motivo l’erba nasce neipressi di Eraclea Pontica, dove si indicaval’ingresso agl’Inferi. Tuttavia anche que-st’erba è stata rivolta ad usi vantaggiosiper la salute degli uomini, dato che si èsperimentato che essa, somministrata nelvino caldo, contrasta le punture degli scor-pioni.Contiene alcaloidi e in particolare l’aconi-tina usata nell’industria farmaceutica. E’uno dei veleni più potenti che si conoscanel mondo delle piante e viene assorbitoanche direttamente dalla pelle. L’aconitina

agisce sul sistema nervoso centrale e dàla morte per soffocamento o arresto car-diaco, inizialmente ha però effetto stimo-lante, poi è paralizzante, sopravviene sen-sazione di freddo, e la sordità.I preparati a base di aconitina vengonousati in farmacologia per la loro azioneantidolorifica. La sostanza viene estrattasia dalle radici che dalle foglie.Nel libro VI parlando della pianta chiamatatossico di cui dice “esser costume dei Bar-bari d’avvelenare con esso le saette loro,le quali chiamano toxeumata” il Mattioliconfuta l’ipotesi che questa possa essereconsiderata il Napello. Più oltre peròaggiunge:“[…] bevuto che sia il Napello, fa quasisubito apostemare le labbra, e di tal sorteinfiammare e ingrossare la lingua, chemalagevolmente si può tenere in bocca.E parimenti gli occhi di tal sorte s’ingros-sano che escono non poco dalla lor resi-denza: le vertigini e le sincopi sono fre-quentissime, e le gambe per la molta debi-lezza diventano immobili: fassi dopo que-sto tutto il corpo livido e gonfiasi tutte lemembra di modo che in breve spazio sene muoiono i miseri avvelenati.Il che non è meraviglia: perciocché tantaè la malvagità di questo veleno, che se nelprincipio non gli si danno i debiti prepara-menti, non si ritrova antidoto che gli possaresistere: e pochi sono coloro che se nescampano, che non diventino, o tisici, oettici o epilettici, quantunque si dieno lorovalorosissimi rimedi”. Quali rimedi la medicina tradizionale dàindicazioni molto vaghe: polvere di sme-raldo, teriaca e mitridato.

Le malie e i malefici

Rimane da prendere in considerazione unaparte marginale dell’argomento, la menotraducibile in termini razionali e scientifici.

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Fig. 13 – I principi attivi velenosi dell’aconito sonocontenuti nella radice carnosa.

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Nondimeno, anche se oggi rappresentala parte più trascurata della materia, nonè scomparsa dalla pratica della medicinapopolare e dei guaritori. Adalberto Pazzininel suo studio sulla medicina popolare (17)osserva: “Basta addentrarsi un poco nellamentalità che chiamiamo popolare, bastasaper alzare un lembo del velo del pene-trale che il popolo tiene geloso, per tro-varci circondati dalle streghe, dai maghi,dai saba, dalle evocazioni”. È ancora così.Giuseppe Pitrè scriveva (18) a questo pro-posito:“Vi è una teoria che, pel mistero nel qualesi avvolge e per la difficoltà degli espedienticoi quali procede è la pietra angolare dellascienza medica del volgo, ed è quella dellearti soprannaturali, delle forze arcane eprepotenti che agiscono sopra di noi mal-grado ogni opera nostra in contrario; parlodella jettature, del malocchio, della fat-tura, di tutte le arti di maliarde, di stre-goni.Se il male è acuto e si scioglie subito, o èseguito da morte, non si ha ragione d’u-scire dalle cause fin qui cennate; ma sediventa cronico, e non si accompagna afebbre, né si localizza in organi interni, edagli occhi della famiglia e dei vicini ha dellostrano, allora nessuno sa sottrarsi alsospetto che una mano misteriosa siastata la prima origine e sia la causa per-manente del male medesimo”.

Giramenti continui di testa, senso di vuoto,vertigini, smarrimenti, fischi negli orecchiche, come si è detto, possono essere sin-tomi di vari tipi di disturbi, ricadono,insieme ad altri tra i tanti che venivanointerpretati come derivanti da una fatturao dal malocchio. In questo senso avevanoaltri tipi di cure e di rimedi che entranosenza dubbio nel campo della pura e sem-plice magia e della superstizione. Venivafatto ricorso a talismani, abitini, brevi, fioc-chi rossi, corni, immagini sacre, meda-glie, orazioni e scongiuri, segnature e bene-

dizioni, per allontanare influssi e malattie,o guarirle. Si tratta per lo più di esorcismicontro il malocchio che non hanno più nes-sun riferimento con la vera e propria tera-pia del disturbo.Rimane da considerare un ultimo aspettoche rientra in forme magiche di granderilievo, interessando questo tipo d’inter-vento gruppi interi di persone. Si tratta deltarantismo, detto anche tarantolismo. InItalia meridionale e in particolare nellePuglie, il morso di un piccolo ragno, Lycosatarentula, detto tarantola (Fig. 14), venivaconsiderato mortale e l’avvelenato si sen-tiva spinto ad un ballo frenetico che potevadurare anche diversi giorni, dopo di checadeva in un sonno risvegliandosi guarito.Da ciò prese corpo l’uso di sollecitare alballo, per mezzo del suono d’uno stru-mento, colui che veniva morso dal ragno.Intorno a lui si radunavano alcuni balleriniche eseguivano insieme al malato un ballovorticoso sempre più frenetico che por-tava a forme d’isteria con perdita dell’e-quilibrio e della coscienza. Il ballo si con-cludeva all’esaurimento delle forze.

Assai intrigante sarebbe prendere in con-siderazione anche un’altra causa della per-dita dell’equilibrio, di turbamento della sen-sibilità e smarrimento della percezione del

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Fig. 14 – La tarantola in una raffigurazione sette-centesca.

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reale, con effetti di giramento della testao addirittura di perdita della medesima.Forse più stimolante sarebbe esaminarele varie manifestazioni amorose, che pro-vocano in molti conseguenze non menogravi dell’affacciarsi su un abisso. Ma l’ar-gomento è vasto, esorbita sconfinando neimari della psicologia, ed ha bisogno dimolta esperienza.

Bibliografia

1. Sinno A [traduzione e note a cura di…] Regi-men sanitatis – Flos medicinae ScholaeSalerni. Mursia Editore, Milano 1987, pag.510.

2. Pitrè G. Medicina popolare siciliana, BarberaEditore, Firenze 1949, pag. 293.

3. Sinno A, in Regimen sanitatis, cit, pag. 482,n. I.

4. Sinno A, in Regimen sanitatis, cit, pag. 326.5. Dal Bosco F di Valdebiadene, detto il Casta-

gnaro. La prattica dell’infermiero, Verona1664; pag. 11: cap. Nelli polsi e nelle lorodifferenze.

6. Hertzka G. e Strehlow, Manuale della medi-cina di Santa Ildegarda. Editrice Athesia, Bol-zano 1992, pag. 289.

7. Dal Bosco F di Valdebiadene, detto il Casta-gnaro, La prattica dell’infermiero, cit., pag.230.

8. Hertzka G e Strehlow, Manuale della medi-cina di Santa Ildegarda, cit., pag. 272.

9. Pitrè G. Medicina popolare siciliana, cit., pag.188.

10. Sinno A, in Regimen sanitatis, cit, pag. 451.11. I Discorsi di M. Pietro Andrea Matthioli Medico

Sanese, ne i sei libri della Materia Medicinaledi Pendaccio Dioscoride Anazarbeo, nella Bot-tega d’Erasmo, appresso V. Valgrifi & B.Costantini, Venezia 1557, pag. 674.

12. I Discorsi di M. Pietro Andrea Matthioli MedicoSanese, cit. pag. 694.

13. I Discorsi di M. Pietro Andrea Matthioli MedicoSanese, cit. pag. 695.

14. I Discorsi di M. Pietro Andrea Matthioli MedicoSanese, cit. pag. 697.

15. Targioni Tozzetti O. Istituzioni botaniche, 3 voll.Nella stamperia Reale, Con approvazione,Firenze 1802, Vol. II, pag. 132.

16. Targioni Tozzetti O. Istituzioni botaniche, pag.193.

17. Pazzini A. Storia, tradizioni e leggende nellamedicina popolare. Dott. Recordati-Labora-torio farmacologico SA. Correggio 1940, pag.6.

18. Pitrè G. Medicina popolare siciliana, cit., pag.168.

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