Medicina Interna

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Medicina interna Aterosclerosi L'aterosclerosi è una forma di arteriosclerosi caratterizzata da infiammazione cronica delle arterie di grande e medio calibro che si instaura a causa dei fattori di rischio cardiovascolare: fumo, ipercolesterolemia, diabete mellito, ipertensione, obesità, iperomocisteinemia. Anatomicamente, la lesione caratteristica dell'aterosclerosi è l'ateroma o placca aterosclerotica, ossia un ispessimento dell'intima (lo strato più interno delle arterie, che è rivestito dall'endotelio ed è in diretto contatto con il sangue) delle arterie, dovuto principalmente all'accumulo di materiale lipidico (grasso) e a proliferazione del tessuto connettivo, che forma una cappa fibrosa al di sopra del nucleo lipidico. L'aterosclerosi è causata dal concorso di numerosi fattori, che possono essere raggruppati in due classi: fattori sistemici e fattori locali.I fattori sistemici sono rappresentati dai fattori di rischio cardiovascolare e comprendono fattori non modificabili (età, sesso e caratteristiche genetiche) e fattori modificabili (fumo, ipercolesterolemia, ipertensione, obesità, diabete, iperomocisteinemia, ecc.). I fattori locali sono costituiti dagli stress meccanici prodotti dal flusso, sia esso laminare o turbolento, e presentano una distribuzione disomogenea nell'ambito dell'albero arterioso, dal momento che sono più intensi in alcune regioni rispetto ad altre (vedi sotto). Il ruolo fondamentale nello sviluppo della reazione infiammatoria cronica dell'intima è svolto dalla ossidazione delle LDL, che restano intrappolate nella matrice extracellulare dello spazio subendoteliale. L'ossidazione delle LDL è dovuta ad enzimi e metaboliti ossidanti prodotti dalle cellule della parete arteriosa, soprattutto dai monociti-macrofagi reclutati nell'intima in conseguenza del danno endoteliale a varia eziologia. I nutrienti,standard nutrizionali I nutrienti sono sostanze classificate in base a specifiche caratteristiche chimiche in 5 grandi gruppi:acqua,proteine,lipidi,carboidrati,vitamine e sali minerali.Per standard nutrizionali, si intende gli apporti di energia e nutrienti ritenuti adeguati in funzione della stima dei relativi bisogni a livello di sicurezza, tenendo conto delle condizioni di età, sesso ecc.; gli standard hanno dunque lo scopo di proteggere la popolazione dal rischio di carenze nutrizionali, fornire elementi utili per valutare l’adeguatezza nutrizionale della dieta media della popolazione, contribuire alla pianificazione della politica degli approvvigionamenti alimentari. Fabbisogno energetico e composizione corporea Il fabbisogno calorico giornaliero viene definito come l’apporto di energia di origine alimentare necessario a compensare il dispendio energetico di individui che mantengano un livello di attività fisica sufficiente per partecipare attivamente alla vita sociale ed economica e che abbiano dimensioni e composizione corporee compatibili con un buono stato di salute a lungo termine. E' possibile approfondire lo studio dello stato nutrizionale di un paziente, mediante la valutazione della sua composizione corporea. Il corpo umano è composto da numerosi costituenti, tuttavia la composizione corporea viene convenzionalmente espressa in due comparti principali: la massa grassa (FAT) e la massa magra (Fat Free Mass o FFM). La massa grassa è il peso del solo grasso dell'organismo (sottocutaneo e periviscerale), mentre la massa magra è il peso di tutti gli altri componenti organici e cioè: minerale osseo, glicogeno epatico, proteine muscolari, sali minerali, ma soprattutto acqua.L'acqua infatti costituisce, in condizioni normali, circa il 73 % della FFM totale.L’analisi impedenziometrica è un’analisi che completa la semplice lettura dell’ago della bilancia . L’incontro fatidico con la bilancia ed il suo responso, specie dopo un pranzo domenicale, dopo un periodo d’allenamento, dopo una dieta può risultare anomalo e non privo di risvolti psicologici!!!Si tende a pesarsi per valutare quanto siamo dimagriti , ma siamo sicuri che quella sia una stima reale e rappresentativa? E magari ne usciamo anche sorridenti poiché l’ago è indietreggiato di 3 kg … ma cosa abbiamo “perso”? siamo sicuri che la nostra dieta ci stia portando verso la direzione prescelta?L’impedenziometria o analisi tricompartimentale qualitativa differisce dalle altre analisi, tipo la plicometria, poiché considera diversi parametri del paziente: sesso, altezza, età, peso, resistenza e reattanza da cui è possibile ricavare parametri quali Massa Grassa (FM) e Massa

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Aterosclerosi

L'aterosclerosi è una forma di arteriosclerosi caratterizzata da infiammazione cronica delle arterie di grande e medio calibro che si instaura a causa dei fattori di rischio cardiovascolare: fumo, ipercolesterolemia, diabete mellito, ipertensione, obesità, iperomocisteinemia. Anatomicamente, la lesione caratteristica dell'aterosclerosi è l'ateroma o placca aterosclerotica, ossia un ispessimento dell'intima (lo strato più interno delle arterie, che è rivestito dall'endotelio ed è in diretto contatto con il sangue) delle arterie, dovuto principalmente all'accumulo di materiale lipidico (grasso) e a proliferazione del tessuto connettivo, che forma una cappa fibrosa al di sopra del nucleo lipidico. L'aterosclerosi è causata dal concorso di numerosi fattori, che possono essere raggruppati in due classi: fattori sistemici e fattori locali.I fattori sistemici sono rappresentati dai fattori di rischio cardiovascolare e comprendono fattori non modificabili (età, sesso e caratteristiche genetiche) e fattori modificabili (fumo, ipercolesterolemia, ipertensione, obesità, diabete, iperomocisteinemia, ecc.). I fattori locali sono costituiti dagli stress meccanici prodotti dal flusso, sia esso laminare o turbolento, e presentano una distribuzione disomogenea nell'ambito dell'albero arterioso, dal momento che sono più intensi in alcune regioni rispetto ad altre (vedi sotto). Il ruolo fondamentale nello sviluppo della reazione infiammatoria cronica dell'intima è svolto dalla ossidazione delle LDL, che restano intrappolate nella matrice extracellulare dello spazio subendoteliale. L'ossidazione delle LDL è dovuta ad enzimi e metaboliti ossidanti prodotti dalle cellule della parete arteriosa, soprattutto dai monociti-macrofagi reclutati nell'intima in conseguenza del danno endoteliale a varia eziologia.

I nutrienti,standard nutrizionali

I nutrienti sono sostanze classificate in base a specifiche caratteristiche chimiche in 5 grandi gruppi:acqua,proteine,lipidi,carboidrati,vitamine e sali minerali.Per standard nutrizionali, si intende gli apporti di energia e nutrienti ritenuti adeguati in funzione della stima dei relativi bisogni a livello di sicurezza, tenendo conto delle condizioni di età, sesso ecc.; gli standard hanno dunque lo scopo di proteggere la popolazione dal rischio di carenze nutrizionali, fornire elementi utili per valutare l’adeguatezza nutrizionale della dieta media della popolazione, contribuire alla pianificazione della politica degli approvvigionamenti alimentari.

Fabbisogno energetico e composizione corporea

Il fabbisogno calorico giornaliero viene definito come l’apporto di energia di origine alimentare necessario a compensare il dispendio energetico di individui che mantengano un livello di attività fisica sufficiente per partecipare attivamente alla vita sociale ed economica e che abbiano dimensioni e composizione corporee compatibili con un buono stato di salute a lungo termine. E' possibile approfondire lo studio dello stato nutrizionale di un paziente, mediante la valutazione della sua composizione corporea. Il corpo umano è composto da numerosi costituenti, tuttavia la composizione corporea viene convenzionalmente espressa in due comparti principali: la massa grassa (FAT) e la massa magra (Fat Free Mass o FFM). La massa grassa è il peso del solo grasso dell'organismo (sottocutaneo e periviscerale), mentre la massa magra è il peso di tutti gli altri componenti organici e cioè: minerale osseo, glicogeno epatico, proteine muscolari, sali minerali, ma soprattutto acqua.L'acqua infatti costituisce, in condizioni normali, circa il 73 % della FFM totale.L’analisi impedenziometrica è un’analisi che completa la semplice lettura dell’ago della bilancia .L’incontro fatidico con la bilancia ed il suo responso, specie dopo un pranzo domenicale, dopo un periodo d’allenamento, dopo una dieta può risultare anomalo e non privo di risvolti psicologici!!!Si tende a pesarsi per valutare quanto siamo dimagriti , ma siamo sicuri che quella sia una stima reale e rappresentativa? E magari ne usciamo anche sorridenti poiché l’ago è indietreggiato di 3 kg … ma cosa abbiamo “perso”? siamo sicuri che la nostra dieta ci stia portando verso la direzione prescelta?L’impedenziometria o analisi tricompartimentale qualitativa differisce dalle altre analisi, tipo la plicometria, poiché considera diversi parametri del paziente: sesso, altezza, età, peso, resistenza e reattanza da cui è possibile ricavare parametri quali Massa Grassa (FM) e Massa Magra (FFM), quest’ultima suddivisa in Massa Cellulare (BCM) e Massa Extracellulare (ECM): il corpo umano risulta scomposto in tre compartimenti FFM BCM e ECM.Nella pratica il paziente dev’essere sdraiato supino, gambe leggermente divaricate ad un angolo 30-45°, braccia lungo i fianchi, staccate dal busto alle cui estremità di gambe e braccia corrispondenti vengono collegati 4 elettrodi .Una micro corrente, la cui intensità non è avvertibile, verrà fatta passare alle estremità del paziente, calcolando in modo diretto i valori che poi verranno sviluppati da un software che ci fornirà una serie di dati e che renderanno controllabile nel tempo la fisiologia del paziente o dell’atleta.

Metabolismo dei carboidrati

Glucogenesi e glicogenolisi

La gluconeogenesi o neoglucogenesi è un processo metabolico mediante il quale, in caso di necessità dovuta ad una carenza di glucosio nel flusso ematico, un composto non glucidico viene convertito in glucosio, seguendo sostanzialmente le tappe inverse delle glicolisi. La gluconeogenesi è fondamentale per garantire un adeguato apporto di glucosio ai tessuti insulinoindipendenti (cervello, globuli rossi e muscoli durante l'esercizio fisico intenso).La gluconeogenesi, che si svolge in molti i tessuti ed in particolare nel fegato, diventa fondamentale durante il digiuno, quando le riserve glucidiche dell'organismo sono esaurite.La gluconeogenesi parte dal piruvato ed in buona parte è l'inverso della glicolisi. La gluconeogenesi è di esclusiva competenza del fegato (avviene in misura minore anche nei reni e nell'intestino); qui, tramite la gluconeogenesi, si ottiene il glucosio che verrà trasportato ai vari tessuti, fino a raggiungere il cervello. Sette reazioni su dieci della glicolisi avvengono in verso opposto rispetto alla gluconeogenesi; se la gluconeogenesi fosse l'esatto inverso della glicolisi, in ogni tappa, sarebbe necessario fornire energia. Quindi, tre reazioni della glicolisi non possono essere sfruttate (per questioni energetiche) nella gluconeogenesi; al posto di queste tre reazioni, si sfruttano altre reazioni con substrati, prodotti ed enzimi diversi.La reazione che dal glucosio 6-fosfato porta a glucosio è catalizzata da una fosfatasi anzichè da una chinasi; anche il passaggio dal fruttosio 1,6-bisfosfato al fruttosio 6-fosfato viene catalizzato da una fosfatasi invece che da una chinasi.La terza reazione che differisce dalla glicolisi è quella che porta alla formazione del fosfoenolpirivato dal piruvato; ciò avviene mediante la piruvato carbossilasi, che

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utilizza una molecola di anidride carbonica per allungare la catena carboniosa, e mediante la fosfoenolpiruvato carbossichinasi (l'energia per questo processo è fornita dalla GTP).Supponiamo di svolgere attività fisica e di essere lontano dai pasti, è necessario attivare il metabolismo del glucosio per produrre energia. Se la glicemia nel sangue è minore di 5 mM allora si concretizza il segnale di fabbisogno di glucosio: le cellule α del pancreas rilasciano un ormone (è un piccolo dipeptide) il glucagone che, tramite il sangue, raggiunge gli epatociti (fegato); qui viene attivata la via gluconeogenetica e bloccata la glicolisi. Il glucosio neoformato verrà rilasciato in circolo e veicolato soprattutto a globuli rossi, sistema nervoso e tessuto muscolare.La glicogenolisi è un processo metabolico che degrada molecole di glicogeno fino ad ottenere il monosaccaride glucosio. Quotidianamente, l'organismo umano necessita di regolare i suoi equilibri. Tra questi equilibri c'è la necessità di mantenere costante la concentrazione ematica di glucosio. La presenza di unaconcentrazione di glucosio nel sangue inferiore alla normalità, viene avvertita e segnalata dall'ormone glucagone, il quale è definito ormone iperglicemizzante. Il glucagone agisce a livello epatico ed è capace di avviare una serie di eventi biochimici che portano alla liberazione di glucosio nel sangue. Un altro ormone è l'adrenalina, che ha lo stesso compito del glucagone, ma a differenza di questo, l'adrenalina agisce a livello muscolare. A seguito dello stimolo ormonale (sia esso epatico che muscolare), viene attivata una protein-chinasi, capace di legare un gruppo fosfato sui residui di serina dell'enzima, attivandolo. L'enzima principale della glicogenolisi è la glicogeno fosforilasi. Questo enzima, nella forma fosforilata (glicogeno fosforilasi a) è attivo, mentre la sua inattivazione (glicogeno fosforilasi b) è dovuta alla rimozione dei gruppi fosfato dai residui di serina, ad opera di una proteina fosfatasi. Quando c'è una reazione anabolica (che utilizza energia) l'ATP si trasforma in ADP, quando c'è una reazione catabolica (che produce energia) l'ADP si trasforma in ATP. Le unità di glucosio, delle estremità non riducenti delle catene di glicogeno, rimosse dalla glicogeno fosforilasi, si trovano nella forma fosforilata sul carbonio anomerico, formando quindi glucosio-1-fosfato. Successivamente il glucosio-1-fosfato, viene attaccato dall'enzima fosfoglucomutasi, il quale lo converte in glucosio-6-fosfato, il quale può facilmente entrare nel processo della glicolisi, oppure essere liberato nel sangue come glucosio.

Glicolisi

La glicolisi è una via metabolica che si svolge nel citosol, si parte dal glucosio e attraverso 9 tappe (11 reazioni) ri arriva alla formazione di due molecole di acido piruvico, di di ATP e 2 di NADH ridotto. segue il ciclo di Krebs all'interno della matrice mitocondriale dove le molecole di acido piruvico entrano una alla volta legate al coenzima A (acetil-CoA), durante il ciclo contando entrambe le molecole di acetil-CoA, si liberano 6 molecole di CO2 (anidride carbonica) 2 di ATP e vengono ridotte 6 molecole di NADH e 2 di FADH2. segue la catena respiratoria o trasporto degli elettroni (sulle creste mitocondriali) dove il NADH e il FADH si riossidano cedendo atomi di idrogeno (fosforilazione ossidativa) alla fine interviene l'ossigeno che si lega agli atomi di idrogeno formando l'acqua. l'intero processo ha scopo energetico, alla fine infatti, tirando le somme vengono prodotte 38 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio (questo nella respirazione aerobia).

Ciclo di cori

Il ciclo di Cori è un ciclo metabolico che, tramite la circolazione sanguigna, lega fegato e muscolo. L'energia per la contrazione muscolare è fornita dall'idrolisi dell'ATP, che viene poi rigenerato dalla fosforilazione ossidativa nei mitocondri delle fibre muscolari rosse (lente) e dalla glicolisi che produce lattato nelle fibre muscolari pallide (rapide). Anche le fibre rosse producono lattato quando la domanda di ATP supera il flusso ossidativo. Il lattato viene trasferito attraverso il sangue al fegato dove viene riconvertito in piruvato dalla lattato deidrogenasi e poi a glucosio dalla gluconeogenesi. Quindi, mediante la comunicazione generata dal flusso sanguigno, il muscolo ed il fegato partecipano a un ciclo metabolico noto con il nome di ciclo di Cori. Non esiste soltanto un ciclo muscolo fegato, ma anche un ciclo eritrocita-fegato poiché i globuli rossi non possiedono i mitocondri ed utilizzano costantemente la glicolisi anaerobica e la produzione di lattato. Circa 40g di lattato vengono prodotti nelle 24 ore dai processi anaerobici e tutto questo lattato viene, col sangue portato al fegato per la conversione in glucosio tramite la gluconeogenesi.

Ciclo degli acidi tricarbossilici o ciclo di krebs

Il ciclo di Krebs fa parte del catabolismo, cioè dell’insieme di reazioni chimiche del nostro organismo in cui sostanze complesse vengono progressivamente trasformate in molecole semplici. Ha lo scopo di trasformare in un’unica sorgente di energia tutte le molecole introdotte nell’organismo con gli alimenti: proteine, zuccheri e grassi. Il ciclo consiste in una serie di otto reazioni chimiche che, dalle molecole degli alimenti, portano da una parte alla formazione di anidride carbonica e dall’altra a molecole ricche di energia, i cosiddetti coenzimi ridotti. Perché l’energia così ottenuta possa essere utilizzata dalla cellula è però necessario che queste molecole subiscano altre trasformazioni attraverso un secondo meccanismo biochimico, la fosforilazione ossidativa. I composti intermedi del ciclo inoltre possono essere utilizzati nella biosintesi, cioè nella formazione di nuove molecole. Il ciclo di Krebs si svolge all’interno dei mitocondri, organelli cellulari specializzati nella produzione di energia.

Ciclo dei pentosi

La via dei pentoso fosfati, o ciclo dei pentoso fosfati, è un ciclo metabolico che avviene nel citoplasma della cellula. Questa via metabolica può essere definita ciclica in quanto, sebbene non sempre, i prodotti della reazione vengono trasformati per essere reimmessi nel ciclo. La prima parte della via, definita fase ossidativa, vede una serie di reazioni che ossidano il glucosio-6-fosfato a ribosio-5-fosfato, uno zucchero basilare per la sintesi dei nucleotidi. Nella seconda fase, definita non ossidativa, avviene l'epimerizzazione e l'isomerizzazione del ribosio-5-fosfato che produce, alla fine, fruttosio-6-fosfato e gliceraldeide-3-fosfato. Il fruttosio-6-fosfato è facilmente interconvertito in glucosio-6-fosfato attraverso l'enzima fosfofruttosio isomerasi e il ciclo può continuare. La via dei pentoso fosfati ha due scopi. Nella parte ossidativa serve a sintetizzare il ribosio-5-fosfato, precursore dei nucleotidi, mentre nella parte non ossidativa avvengono delle trasformazioni che rimettono in ciclo Il fruttosio-6-fosfato, convertito facilmente in glucosio-6-fosfato. Questa seconda parte avviene perlopiù quando la cellula, e di conseguenza il tessuto, ha più necessità di potere riducente sotto forma di NADPH rispetto alla presenza dello zucchero ribosio-6-fosfato.

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Ciclo dei polioli

Il glucosio può essere convertito nel polidrossi alcool sorbitolo dall’enzima aldoso reduttasi.Questo enzima è relativamente aspecifico poiché è in grado di convertire diversi aldoesosi nelle rispettive molecole di alcool.

Glicazione delle proteine

La glicazione proteica è la reazione mediante la quale gli zuccheri si legano ad alcuni gruppi di proteine. Il processo si svolge in più stadi. I prodotti di glicazione avanzata, una volta fissati alle proteine dell'organismo, sono responsabili di alcuni danni ai tessuti (complicanze).La glicazione è una

reazione non-enzimatica: dipende cioè solamente dalla quantità di glucosio nel sangue (che nel diabete aumenta), dalla quantità di proteine, dalla permeabilità delle cellule al glucosio, dai gruppi amminici liberi.

Glicosilazione delle proteine

La glicosilazione è una modificazione che consiste nell’aggiunta di una o più unità di zucchero, a opera di un enzima chiamato glicosiltranferasi. A seconda della catena amminoacidica sulla quale gli zuccheri vengono legati distinguiamo la N-glicosilazione (coinvolge la catena laterale di un’asparagina) e la O-glicosilazione (su un residuo di serina o treonina). La presenza dello zucchero è spesso importante per aiutare la proteina a raggiungere la conformazione corretta, in modo da permetterle di continuare la sua maturazione e proteggendola da attacchi eventuali di altri enzimi (proteasi).

Metabolismo dei lipidi

Sintesi degli acidi grassi e dei trigliceridi

La sintesi di acidi grassi avviene nel citosol delle cellule del fegato e nel tessuto adiposo (ghiandola mammaria delle femmine, nei mammiferi) sotto l'azione degli enzimi del gruppo acido grasso sintetasi. La molecola chiave della biosintesi degli acidi grassi è l'Acetil CoA proveniente dalla degradazione stessa degli acidi grassi (beta-ossidazione), dalla glicolisi (decarbossilazione del piruvato ad opera del piruvato carbossilasi) o dal catabolismo di amminoacidi. L'Acetil CoA viene prodotto nei mitocondri dai processi detti sopra e viene trasportato nel citoplasma sotto forma di citrato utilizzando di fatto il primo stadio del ciclo di Krebs. Una volta giunto nel citosol il citrato libera acetile e ossalacetato (che rientra nei mitocondri) . L'acetil è pronto per la biosintesi dei grassi. Si forma una doppia molecola per unione di un acetilCoA+malonilCoA. Il malonilCoA deriva da acetile per carbossilazione in presenza di Mn++ e per azione dell'acetilCoA carbossilasi (enzima specialalizzato nella carbossilazione che contiene come gruppo prostetico la biotina o Vitamina H). Con consumo di 1 ATP la molecola di acetil riceve un gruppo COO- e si trasforma in malonil. Il gruppo acetil-malonil si unisce ad un complesso multienzimatico (Acyl Carrier Protein) ACP contenente il coenzima acido pantotenico (vitamina idrosolubile avente molecola uguale alla porzione terminale del coenzima A). Si costituisce la molecola di acetomalonil-ACP cui segue per decarbossilazione acetoacetil-ACP .Attraverso altri passaggi, che comportano la riduzione dell'acetoacetil-ACP, grazie all'ossidazione di NADPH, si giunge al gruppo butirril-ACP a 4 atomi di carbonio. Per condensazioni successive di altre molecole di malonil-CoA si giunge alla catena di acido grasso che in natura ha un numero (quasi sempre) pari di carboni. I triacilgliceroli vengono prodotti nei tessuti animali a partire da due precursori (gli acil-CoA e l'L-glicerolo 3-fosfato) mediante una serie di reazioni enzimatiche. Il glicerolo 3-fosfato si può formare in due modi. Può derivare daldiidrossiacetone fosfato prodotto nella glicolisi per azione della glicerolo 3-fosfato deidrogenasi NAD-dipendente localizzata nel citosol, mentre nel rene e nel fegato può formarsi dal glicerolo mediante una fosforilazione catalizzata dalla glicerolo chinasi. Gli altri precursori dei triacilgliceroli sono gli acil-CoA, che si formano dagli acidi grassi a opera della acil-CoA sintetasi, lo stesso enzima che attiva gli acidi grassi per farli entrare nella β-ossidazione. La prima fase della sintesi dei triacilgliceroli è l'acilazione dei due gruppi ossidrilici liberi di L-glicerolo 3-fosfato con due molecole di acil-CoA per generare diacilglicerolo 3-fosfato, più conosciuto con il nome di acido fosfatidico o fosfatidato. Nella via che porta alla formazione di triacilgliceroli, il fosfatidato viene idrolizzato da parte della fosfatidato fosfatasi per formare 1,2-diacilglicerolo. I diacilgliceroli possono essere convertiti in triacilgliceroli per transesterificazione con una terza molecola di acil-CoA.Il trigliceride è formato da una molecola di glicerolo e 3 catene di acidi grassi.

Mobilizzazione degli acidi grassi

Prima di poter essere utilizzati come combustibili, i triacilgliceroli devono essere idrolizzati per rilasciare gli acidi grassi mediante una reazione sottoposta a controllo ormonale(adrenalina,Gh,glucagone).L’intero processo, noto come lipolisi, ha origine dalla stimolazione di specifici recettori posizionati sulla membrana degli adipociti.I trigliceridi vengono demoliti grazie a una lipasi tissutale.Gli acidi grassi rilasciati nel torrente ematico ad opera di lipasi tissutali, si legano all’albumina sierica che funge da trasportatore, mentre il glicerolo viene captato e metabolizzato dal fegato.

Ossidazione degli acidi grassi

La beta-ossidazione è una via metabolica a spirale, che consente di degradare gli acidi grassi con produzione di Acetil-CoA. È formata da una serie di quattro reazioni cicliche al termine delle quali viene rilasicata una molecola a due atomi di carbonio sotto forma di acil-CoA + 1 acil-CoA accorciato di due atomi di carbonio. La via metabolica è ciclica poiché l'acil-CoA accorciato, viene sottoposto ad un nuovo ciclo di β-ossidazione, con un ulteriore accorciamento di 2 atomi di carbonio e produzione di una seconda molecola di acil-CoA e così via. Per ogni cilco (ogni ciclo= ogni serie di 4 reazioni) di ossidazione vengono contemporaneamente formate 1FADH2 + 1NADH. La β-ossidazione si arresta quando tutto l'acile è stato trasformato in acetil-CoA. Quindi riassumendo la resa energetica totale: 

35 ATP derivano dalla degradazione dei coenzimi della β-ossidazione (NAD e FAD) 

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96 ATP derivano dalla completa ossidazione di Acetil-CoA ad anidride carbonica(nel ciclo di Krebs) 

quindi in totale avremo: 

35 ATP + 96 ATP = 131 ATPTemplate:Censbio

Chetogenesi e utilizzazione dei corpi chetonici

L’acetil-CoA formato nel corso della β-ossidazione degli acidi grassi entra nel ciclo dell’acido citrico solo se il metabolismo glucidico e lipidico sono ben bilanciati. Nel corso del digiuno o di una intensa attività fisica, i lipidi mobilizzati nei tessuti adiposi ad opera del glucagone e dell’adrenalina, rispettivamente, sono convertiti nelle cellule epatiche in derivati idrosolubili, noti come corpi chetonici. Questi composti si formano in tre tappe nei mitocondri epatici a partire dalle unità bicarboniose di acetil-CoA quando l’ossalacetato viene utilizzato per il processo di gluconeogenesi I corpi chetonici sono una forma idrosolubile di unità acetiliche e rappresentano una importante fonte energetica per molti tessuti (Figura 18). Nel corso del digiuno, questi composti soddisfano infatti fino al 75% del fabbisogno energetico di alcuni tessuti, come cuore e muscolo. Il glucosio rimane invece il combustibile preferito dal cervello e dai globuli rossi, sebbene in condizioni di digiuno il cervello si adatti all’utilizzo dei corpi chetonici. Specifici enzimi extra-epatici degradano i corpi chetonici riformando le unità bicarboniose di acetil-CoA di cui sono costituiti. Sebbene in condizioni fisiologiche, come il digiuno, la concentrazione ematica dei corpi chetonici può significativamente aumentare, in alcune condizioni patologiche elevate concentrazioni di questi composti possono condurre a morte. La più comune di queste patologie è la chetosi diabetica, che si riscontra nei pazienti affetti da diabete mellito insulino-dipendente. La mancanza di insulina provoca una marcata produzione di corpi chetonici a livello epatico, mentre la mobilizzazione degli acidi grassi dai depositi adiposi non viene interrotta. Il risultato è una acidosi di grado elevato che, se non trattata, può compromettere vitali funzioni tissutali, soprattutto nel sistema nervoso centrale. Seguono coma diabetico e morte.

Interazione tra il metabolismo di lipidi e glucidi

 l'interazione tra questi due metabolismi dipende da diversi fattori: condizione alimentare (digiuno, buona alimentazione, digiuno prolungato, dieta sostenuta), condizioni patologiche (diabete I, diabete II, e varie), stato del soggetto (obeso, normopeso, anoressico), citotipo (epatocita, cellula muscolare, adipocita, cellula renale, cellula nervosa, ecc..) e tutta una serie di considerazioni varie. molto importanti sono i fattori ormonali: insulina, glucagone, adrenalina e cortisolo sono i principali supervisori ormonali di questi processi. facciamo un discorso generale su un soggetto in ottime condizioni di salute che ha appena finito di mangiare. il segnale ormonale predominante è quello dell'insulina! insulina stimola tutti i metabolismi volti al consumo di glucosio neo-assunto e all'immagazzinamento energetico (glucosio sotto forma di glicogeno e di acidi grassi ed immagazzinamento di acidi grassi esogeni all'interno dell'adipocita): insulina attiva glicogeno sintasi ed inibisce glicogeno fosforilasi ---> glicogenosintesi sia nell'epatocipa che nella cellula muscolare (solo loro fanno glicogeno! i meccanismi con qui avviene tutto ciò sono tantissimi e se vuoi te li elenco) nell'epatocita l'insulina attiva la piruvato chinasi, la PFK-2 (con conseguente aumento di fruttosio 2,6 BP che attiva PFK-1), ed induce la sintesi della glucochinasi ---> molto attiva la glicolisi sempre nell'epatocita è stimolata la sintesi di acidi grassi: la troppa glicolisi porta ad un accumulo di acetil-CoA che esce fuori dal mitocondrio come citrato. questo citrato a livello citosolico diventa substrato della citrato liasi (attivata di insulina) che scinde il composto in acetil-CoA ed ossalacetato. l'acetil-CoA diventa substrato dell'Acetil-CoA carbossilasi (sempre attivata da insulina!) che lo trasforma in Malonil-CoA. il malonil-CoA inibisce la carnitina-acil-transferasi evitando il catabolismo dei gruppi acilici e consentendo la biosintesi degli acidi grassi. questo che ti ho appena descritto è il principale punto di regolazione tra il metabolismo glicidicco e quello lipidico. ovviamente vanno considerati altri due aspetti non meno importanti: l'NADPH utile per la biosintesi degli acidi grassi deriva sempre dal metabolismo glicidico. il glucosio-6P della glicolisi è tanto ed una quantita rilevante entra nel ciclo del pentoso fosfato che nella prima reazione (quella della glucosio-6P DH) fornisce NADPH al citosol; altro incremento deriva dall'ossalacetato prodotto dalla citrato liasi: questo ossalacetato diventa substrato della malato DH citosolica che lo converte in malato, che diventa substrato dellenzima malico che lo decarbossila a piruvato in una reazione che libera NADPH. ora sotto lo stimolo del glucagone sempre in un soggetto in condizioni normali di ottima salute.il glucagone è un segnale di digiuno quindi le interazioni cambiano e diversi saranno i metabolismi attivi. l'epatocita viene stimolato a fare glicogenolisi per ottenere glucosio da mettere a disposizione dei tessuti extraepatici (il muscolo fa glicogenolisi ma non mette a disposizione il glucosio che ottiene perchè non ha la glucosio-6 fosfatasi, quindi il glucosio che ottiene se lo tiene per se!).il glucagone stimola glicogeno fosfatasi ed inibisce la glicogeno sintasi ---> glicogenolisi attiva il glucagone inibisce la glicolisi epatica in tempi molto brevi grazie alla rapida azione inibitorio su piruvato chinasi e PFK-1 (inibita dalle basse concentrazioni di fruttosio 2,6 BP defosforilato a fruttosio 6P dalla fruttosio 2,6 bisofosfatasi, attivata dal segnaling glucagonico) l'accumulo di glucosio 6P (derivante dalla glicogenolisi) e del fruttosio 6P (derivante dall'attività della fruttosio2,6 bisfosfatasi) compartimentalizzano la glucochinasi epatica nel nuscleo ----> glicolisi inibita! si abbassano le concentrazioni di malonil-CoA e quindi si attiva la carnitina-acil-transferasi che favorirà la beta-ossidazione, unica fonte energetica dell'epatocita quando c'è il glucagone!!!in sostanza il fegato risparmia il consumo di glucosio per lasciarlo a quegli organi strettamente glucosio-dipendenti come il cervello e gli eritrociti. il metabolismo dei glucidi al fegato può portare alla lipogenesi de novo, via attivata dall'insulina.infatti un eccesso di acetil coA inibisce la piruvato deidrogenasi,e invece di aversi ciclo di krebs si ha sintesi di acidi grassi.

Metabolismo delle proteine

Ciclo glucosio-alanina

L'alanina ha un ruolo importante per trasportare i gruppi amminici fino al fegato in forma non tossica, grazie al ciclo del glucosio-alanina. Nei tessuti che degradano gli amminoacidi per produrre energia, i gruppi amminici vengono raccolti sotto forma di glutammato mediante la transamminazione. Il glutammato può essere trasformato in glutammina ed essere trasportato al fegato, oppure il suo gruppo α-amminico può essere trasferito, mediante l'azione dell'enzima alanina amminotransferasi, al piruvato, che è un prodotto facilmente disponibile nel muscolo grazie alla glicolisi. Da ricordare che nel ciclo-glucosio-alanina, l''alanina che si forma viene trasportata per via ematica al fegato. Nel citosol degli epatociti, un fondamentale enzima , l'alanina amminotransferasi (ALAT)catalizza il

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trasferimento del gruppo amminico dall'alanina all'α-chetoglutarato, formando il piruvato ed il glutammato. Il glutammato entrerà nei mitocondri, dove subirà l'azione della glutammato deidrogenasi, con il rilascio degli ioni ammonio. In sintesi quindi quando muscolo si contrae violentemente, agisce in condizioni di anaerobiosi, e produce anche ioni ammonio NH4+ (dalla degradazione delle proteine), ed elevate quantità di piruvato e lattato dalla glicolisi. Questi prodotti devono passare dal muscolo al fegato per: 1) l'ammoniaca per essere convertita in urea ed essere escreta, 2) il piruvato ed il lattato per essere riconvertiti in glucosio e ritornare al muscolo. 

Apporto proteico e nutrizione

Un pasto proteico dopo essere stato digerito libera aminoacidi prevalentemente a catena ramificata dal letto splancnico.Esiste una navetta dell’azoto attraverso la quale gli aminoacidi ramificati forniscono il muscolo di azoto in condizioni di digiuno.L’azoto trasportato dal muscolo in questo modo viene rilasciato sotto forma di alanina e glutamina sia durante le fasi di digestione e assorbimento sia nelle fasi di digiuno.Gli aminoacidi ramificati possono avere una azione di stimolo della sintesi proteica.La captazione degli aminoacidi ramificati dal muscolo è regolata dall’insulina ed è alterata nel diabetico.

Insulina

Chimica

L'insulina è un ormone peptidico dalle proprietà anaboliche, prodotto dalle cellule beta delle isole di Langerhans all'interno del pancreas; è formata da due catene unite da due ponti solfuro: catena A di 21 aminoacidi e catena B di 30 aminoacidi.

Biosintesi

La proinsulina è il precursore biosintetico dell'insulina. Esiste anche una pre-proinsulina che rispetto alla proinsulina ha una sequenza di amminoacidi che funge da segnale per il suo trasporto, prima nel reticoloendoplasmatico e poi nel Golgi, dove raggiunge la corretta conformazione.L'insulina è costituita da due catene polipeptidiche (α più piccola di 21 AA e β più grande di 30 AA), tenute insieme da ponti disolfuro che si formano tra le cisteine 7 e 20 della catena α e le cisteine 7 e 19 della catena β. L'insulina viene prodotta a partire dalla proinsulina tramite taglio proteolitico di un peptide di congiunzione di 33 aa. Questo peptide è chiamato peptide C, mentre l'enzima responsabile del taglio proteolitico è una endopeptidasi. L'insulina viene rilasciata come proteina globulare a catena polipeptidica unica dai poliribosomi; successivamente l'ormone si deposita sotto forma di granuli raggiungendo una forma cristallina visibile al microscopio elettronico. All'aumentare della concentrazione, l'insulina viene aggregata in dimeri (coppia di monomeri tenuti insieme da legami deboli) e trimeri di dimeri o esameri (tenuti insieme da 2 ioni Zn centrali esacoordinati con le 3 tirosine dei dimeri e le tre molecole di H2O).Una volta riversata nel torrente circolatorio l'insulina passa, per diluizione, alla forma dimerica e monomerica, conformazione, quest'ultima, riconosciuta dal recettore insulinico.

Secrezione dell’insulina

La secrezione avviene nel momento in cui c’è un aumento della concentrazione ematica di glucosio (glicemia) al fine di riequilibrare la situazione; nel momento in cui la glicemia si abbassa, si riduce anche la produzione dell’ormone. L’insulina agisce sulle cellule muscolari, sugli adipociti e sugli eritrociti che, assumendo glucosio dal sangue, provocano una diminuzione del livello glicemico. Il picco insulinico è tanto maggiore quanto più alto è il carico glicemico dei carboidrati assunti.La secrezione dell’insulina è regolata principalmente dalla glicemia, ma anche altre sostanze come aminoacidi, ormoni (glucagone, cortisolo, somatotropina) o farmaci (sulfaniluree) possono stimolarla.La maggior parte dell’insulina viene degradata nel fegato e nei reni grazie all’enzima glutatione insulina trans idrogenasi e all’enzima proteolitico tissutale specifico denominato insulinasi.Le funzioni fisiologiche dell’insulina sono numerose; oltre alla riduzione della glicemia (per approfondimenti sui meccanismi che regolano il livello di glicemia si consulti l’articolo specifico: La glicemia), l’insulina entra nel metabolismo proteico, nel metabolismo lipidico, nel metabolismo idrico-salino, nell’attività cellulare e nella produzione di energia. La secrezione insulinica va valutata, congiuntamente alla glicemia, dopo carico orale con 75 g. di glucosio, con le note precauzioni (vedi risposte degli esperti). Il valore di insulinemia a digiuno è generalmente non superiore alle 20-25 microunità per ml, raggiunge un picco di 6-10 volte il valore basale dopo 30 o 60 minuti, cominciando a decrescere ai tempi 90’, 120’ e riportandosi a non più di 2 o 3 volte il valore basale fra il 180’ e il 240’. Una insulinemia più alta, oltre che alla PCOS,può essere correlata all’obesità, a varie altre endocrinopatie, malattie epatiche, ecc. Sarà comunque il medico a valutare la normalità o meno dell’insulinemia, che nelle fasi tardive della curva dipende dalla clearance metabolica dell’ormone.

Carboidrati

Dei diversi fattori in grado di stimolare la secrezione dell’insulina,il glucosio è fisiologicamente il più importante.Ciò si riflette nelle fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche dell’insulina parallele alle oscillazioni della glicemia.Il meccanismo esatto con cui il glucosio agisce sulle cellule B non è ancora stato interamente chiarito.La glucochinasi potrebbe agire come sensore per il glucosio sulla base di alcune caratteristiche:è un enzima che regola al velocità dell’intero processo gli colitico a livello della reazione iniziale;la sua attività dipende dalla concentrazione del glucosio;è indotto dall’insulina ed è protetto dal glucosio.Questi dati indicano che l’attivazione della PFK (6-fosfofruttochinasi enzima della glicolisi)rappresenta forse un altro evento critico nella regolazione della velocità della glicolisi nelle cellule beta che media la stimolazione della secrezione insulinica.Pertanto i livelli elevati di glucosio possono causare paradossalmente una inibizione della secrezione di insulina,questo può essere un fattore responsabile della scarsa attività delle cellule beta in pazienti con diabete di tipo II scarsamente controllato.L’ingresso del glucosio nelle cellule beta è seguito dall’attivazione della glicolisi e da un aumento della concentrazione intracellulare del cAMP(Adenosina monofosfato ciclico, metabolita delle cellule).Queste modificazioni metaboliche determinano un accumulo di ioni calcio nel citosol,un aumento di livelli di NADH e NADPH e una depolarizzazione della membrana cellulare;tutti questi eventi stimolano la secrezione dei granuli di insulina.Una caratteristica della cinetica della risposta insulinica alla stimolazione indotta dal glucosio è la sua natura bifasica.

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Ormoni gastrointestinali

Il tratto gastrointestinale può influenzare la secrezione di insulina attraverso 3 meccanismi:l’apporto di un’elevata concentrazione locale di substrati che nel processo di assorbimento passano alla circolazione sistemica;il rilascio di ormoni gastroenterici;l’emissione di segnali nervosi indotti dall’ingestione del cibo.L’aumento della risposta insulinica alla somministrazione orale del glucosio persiste nei pazienti nei quali siano stati asportati parzialmente l’antro gastrico,il duodeno,il digiuno prossimale o la testa del pancreas.

Aminoacidi e derivati lipidici

Nell’uomo obeso l’iniezione a bolo di aceto acetato causa un moderato aumento della concentrazione di insulina plasmatica,questo non si verifica nell’individuo non obeso.Un lieve incremento dei livelli di insulina è stato osservato in individui normali dopo l’ingestione di trigliceridi a catena media.L’ingestione di proteine o l’infusione di uno o più aminoacidi stimolano la secrezione insulinica.

Regolazione nervosa e neuro umorale

Il ruolo di regolazione svolto dal sistema nervoso autonomo e dalle catecolamine circolanti sulla secrezione insulinica si esercita sia nell’ipoinsulinemia fisiologica che accompagna gli sforzi fisici sia in condizioni patologiche quali l’iperglicemia da stress.Durante l’attività fisica moderata i livelli di insulina plasmatica si riducono parallelamente all’aumento della concentrazione delle catecolamine circolanti.La partecipazione del sistema nervoso centrale alla regolazione della secrezione insulinica è indicata dalla risposta che si ottiene alla stimolazione o alla distruzione dei nuclei ipotalamici.Questo effetto è antagonizzato dalla surrenalectomia,questo suggerisce che dia mediato dalle cotecolamine corti midollari.La dopamina riduce in vitro la liberazione di insulina.La ridotta secrezione insulinica nel diabete di tipo II può essere mediata in parte dalla sintesi di prostaglandine.Si è scoperto che la via della ciclo ossigenasi si svolge un effetto inibitorio sulla secrezione insulinica indotta dal glucosio,mentre la via della lipoossigenasi stimola la liberazione di insulina.

Somatostatina

All’interno delle isole di langherans la somatostatina è localizzata nelle cellule delta che occupano la periferia dell’insula.Un aumento delle cellule contenenti somatostatina è stato osservato nei ratti resi diabetici con la streptozocina e in alcune forme di diabete sperimentale su base genetica nell’animale.Sembra inoltre indurre una riduzione dell’assorbimento del glucosio e delle proteine,una riduzione del flusso plasmatico e una riduzione della motilità intestinale.E’stato ipotizzato che la somatostatina regoli la secrezione di insulina e di glucagone attraverso il suo rilascio nello spazio interstiziale delle cellule alfa e beta;fenomeno questo che è stato definito come effetto paraerino.

Obesità

I fattori che determinano l’entità dell’iperinsulinemia sono:il grado di obesità,il contenuto calorico e di carboidrati dei pasti,il grado di attività fisica.Inoltre l’attività fisica può determinare una riduzione dei livelli di insulina indipendentemente dal calo ponderale(indipendentemente dal calo del peso).Non è stato ancora definito con precisione il segnale responsabile dell’iperinsulinemia basale e postpandriale nell’obeso;l’iperaminoacidemia è stata proposta come possibile meccanismo.Poichè l’obesità non è accompagnata da ipoglicemia,infatti comporta un aumentato rischio di un sviluppo del diabete di tipo II,si tratta chiaramente di una condizione di resistenza insulinica.

Azione dell’insulina

L'insulina stimola l´ingresso di glucosio nel citosol delle cellule di organi insulino-dipendenti legandosi ad un recettore esterno della membrana cellulare. Nel sistema nervoso centrale, soprattutto nei neuroni che costituiscono il centro ipotalamico per la sazietà, troviamo i recettori per l'insulina. Nell'encefalo, infatti, quest'ormone non regola il metabolismo del glucosio, ma regola l'assunzione di cibo in quanto attenua la sensazione di fame. Normalmente, quando si citano le proprietà dell'ormone insulina, viene trattata principalmente la funzione di abbassare i livelli ematici di zuccheri nel sangue (glucosio), trasportandoli verso determinati tessuti che fungono da siti di stoccaggio o di riserva (tessuti insulino-dipendenti), ovvero il tessuto muscolare scheletrico, il cuore, e il tessuto adiposo, e altri tessuti verso cui essa ha un'azione indiretta sulla captazione di glucosio. In realtà l'insulina interviene in ogni caso con il semplice scopo di "nutrire" questi tessuti, anche in seguito all'introduzione di altri nutrienti, quali proteine (o aminoacidi e peptidi) e lipidi, e non solo con il compito di gestire un eventuale eccesso di zuccheri nel sangue.L'insulina ricopre un ruolo sulla sintesi proteica in sinergia con gli ormoni GH (o somatotropina), IGF-1 (o somatomedina c) e il testosterone. In seguito all'introduzione di proteine, gli amminoacidi che ne derivano sono in parte utilizzati per la sintesi proteica e in generale l'accrescimento. Molti degli amminoacidi possono stimolare l'insulina, ma il loro potere insulinogenico varia in base al tipo, ai livelli di glucosio, e alla mescolanza con esso (vedere amminoacidi insulinogenici). Amminoacidi misti e un pasto puramente proteico causano la produzione di insulina, ma meno rispetto ad un pasto puramente glucidico. La secrezione di tale ormone in seguito a un pasto proteico promuove l'uptake e lo stivaggio di amminoacidi sotto forma di proteine muscolari e contrasta la proteolisi (il catabolismo proteico), un processo che promuove l'utilizzo di amminoacidi a scopo energetico per gluconeogenesi, principalmente durante il digiuno.Tuttavia, contrariamente a quanto riportato in molti testi, il ruolo principale dell'insulina è ridurre il catabolismo proteico ricoprendo in realtà un ruolo minore nella sintesi proteica. L'insulina stimola la sintesi degli acidi grassi (lipogenesi) e la loro esterificazione in trigliceridi.

Metabolismo dei carboidrati

Il primo punto di regolazione consiste nella fosforilazione del glucosio a C6P,che rappresenta la reazione preliminare all’utilizzazione del glucosio in qualsiasi via metabolica.La fosforilazione del glucosio a livello epatico avviene sotto il controllo della esochinasi e della glucochinasi.Di conseguenza la captazione epatica del glucosio sfruttando completamente la capacità della glucochinasi varia in base alla variazioni della glicemia.La disponibilità

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di insulina garantisce l’efficienza di questa reazione che ha un ruolo non solo nella stimolazione della glicolisi ma anche nell’inibizione della gluconeogenesi.La quantità di glicogeno presente nel fegato dei pazienti con acidosi diabetica è significativamente ridotta,ma viene ripristinata rapidamente dalla somministrazione di insulina.Questo effetto è dovuto alla capacità dell’insulina di attivare la glicogeno-sintetasi e di inibire la fosforilasi entro pochi minuti dalla sua somministrazione.L’effetto principale dell’insulina sulla liberazione di glucosio a livello epatico non consiste nella stimolazione della glicogeno sintesi ma nella inibizione della gluconeogenesi.E’ stato ipotizzato che l’ìnsulina influenzi la gluconeogenesi epatica non solo modificando la disponibilità di acidi grassi,ma anche riducendo l’apporto di aminoacidi precursori.L’insulina esogena(esterna derivante dalle iniezioni)non inibisce il rilascio di alanina,l’aminoacido più importante nella gluconeogenesi,da aprte del tessuto muscolare.Analogalmente i livelli di alanina circolante non diminuiscono significativamente in seguito a stimolazione della secrezione endogena di insulina.Inoltre la captazione epatica è maggiore quando il monosaccaride è somministrato per via orale piuttosto che per via endovenosa.E’stato ipotizzato che questo processo sia stimolato da un fattore portale piuttosto che da un fattore intestinale,in quanto l’infusione di glucosio per via intraportale stimola la captazione epatica più che l’infusione per via periferica.Il sistema della PFK(Fosfofruttochinasi 1 enzima della glicolisi)anche a livello muscolare è influenzato dall’insulina,attraverso un meccanismo simile a quello operante a livello epatico,tranne che al livello della reazione inversa nella direzione della produzione del glucosio che nel muscolo ha scarsa rilevanza.Bisogna sottolineare che la captazione del glucosio nel muscolo in esercizio non dipende da un aumento della secrezione insulinica.Anche a livello delle cellule adipose l’insulina agisce principalmente stimolando il trasporto di glucosio attraverso la membrana cellulare.Sono stati osservati effetti anche sulla glicogeno sintetasi e sulla PFK.I principali prodotti terminali del metabolismo del glucosio a livello del tessuto adiposo sono gli acidi grassi e il glicerolo fosfato.

Metabolismo degli aminoacidi e delle proteine

L’insulina stimola il trasporto della maggior parte degli aminoacidi nel muscolo,stimola la sintesi proteica e inibisce il catabolismo proteico.Quindi l’insulina porta a un:aumento della captazione tissutale degli aminoacidi,stimolazione della sintesi proteica,inibizione del catabolismo proteico e ridotta ossidazione degli aminoacidi.

Metabolismo lipidico

Nel fegato l’insulina a concentrazioni elevate stimola la sintesi degli acidi grassi.Tale effetto è il risultato di diverse azioni.La stimolazione della litogenesi epatica equivale alla stimolazione della sintesi lipidica complessiva dell’organismo,dal momento che i trigliceridi vengono sintetizzati per la maggior parte dal fegato e trasportati dalle VLDL verso il tessuto adiposo,tutti questi processi sono insulino dipendenti.L’insulina accelera la rimozione dei trigliceridi circolanti di origine esogena e endogena attraverso l’induzione della sintesi dell’enzima necessario per l’ingresso dei lipidi nel tessuto adiposo,la lipoproteinlipasi.Inoltre è un potente inibitore della lipasi intracellulare che catalizza l’idrolisi dei trigliceridi di deposito e la liberazione di acidi grassi.L’azione antilipolitica dell’insulina si realizza a concentrazioni dell’ormone inferiori a quelle in grado di stimolare il trasporto del glucosio,e viene considerata l’azione più sensibile dell’insulina.Una grande parte del glucosio che per azione dell’insulina penetra nel tessuto adiposo viene utilizzata per la sintesi di glicerolo-3-fosfato che viene successivamente esterificato con gli acidi garssi.Il risultato netto dell’azione antilipolitica,glicerogenica,lipogenica e stimolante l’assimilazione dei lipidi ,svolte dall’insulina,consiste nell’aumento dei lipidi totali dell’organismo.Questi due afttori contribuiscono alla riutilizzazione degli acidi CoA prevenendone l’ingresso nella spirale ossidativa mitocondriale e stimolandonel’esterificazione microsomiale a trigliceridi.Il risultato netto è una riduzione della capacità cheto genetica del fegato.Infine l’insulina stimola la captazione e l’ossidazione dei chetoacidi da parte del tessuto muscolare.

Metabolismo del sodio e potassio

L'ingresso di potassio nelle cellule è invece facilitato dalla condizione opposta (alcalosi), e dal rilascio di catecolamine (stimolazione B-adrenergica) ed insulina, che aumenta l'attività della pompa sodio-potassio e la sintesi di glicogeno. Per questo motivo le concentrazioni plasmatiche di potassio tendono a diminuire dopo i pasti.Aumenti fisiologici dell’insulina comporta una riduzione dell’escrezione urinaria di sodio in assenza di variazione della velocità di filtrazione glomerulare o dell’escrezione di aldosterone.

Recettori per l’insulina

Il recettore dell'insulina è un recettore transmembrana appartenente alla famiglia dei recettori tirosin-chinasici ed è attivato dall'insulina. Tale recettore è espresso nei tessuti caratteristici della risposta insulinica, cioè nel fegato, nel muscolo striato e nel tessuto adiposo. L'IR è costituito da due subunità α extracellulari bersaglio dell'insulina legate con ponti disolfuro a due subunità 2 β intracellulari le quali hanno attività tirosino-chinasica. Il legame dell'insulina determina l'avvicinamento delle due subunità β e ne permette l'autofosforilazione. Il recettore attivato può a sua volta aggiungere gruppi fosfati su determinate tirosine di specifici substrati che a loro volta possono attivarne altri e permettere così la propagazione del segnale con un effetto a cascata. Uno dei primi elementi che viene attivato è la proteina IRS-1 (Insuline Receptor Substrate) la quale attiva a sua volta l'enzima fosfoinositide 3 chinasi o PI3-K che attiva la via Akt\mTOR. Tale via metabolica innesca meccanismi di sopravvivenza, di resistenza all'apoptosi e permette la proliferazione della cellula. Ma l'effetto più evidente innescato dalla PI3-K è la fusione delle vescicole citoplasmatiche contenenti GLUT-4 con la membrana plasmatica, permettendo così alla cellula di assorbire più efficacemente il glucosio extracellulare.

Turnover dei recettori dell’insulina

I recettori dell’insulina vanno incontro a un continuo turnover così come altre proteine di emmbrana.I recettori vengono inglobati nella cellula e poi distrutti con i lisosomi.

Fosforilazione del recettore insulinico

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La fosforilazione è una reazione chimica che consiste nell'addizione di un gruppo fosfato ad una proteina o ad un'altra molecola.

Eventi post(dopo) recettoriali

Si ritiene che il trasporto intracellulare del glucosio si realizzi attraverso vescicole di membrana dette trasportatori di glucosio.Alcuni secondi dopo il legame dell’insulina al recettore si verifica la traslocazione dei traposratori di glucosio da un pool intracellulare alla membrana plasmatica e viene stimolata la loro attività ciclica.Variazioni nell’attività di enzimi intracellulari possono essere mediate dalla cascata di reazioni di fosforilazione cAMP indipendente che consegue all’autofosforilazione del recettore nel sito di membrana attraverso il contatto della chinasi recettoriale con siti sub cellulari prima o durante l’internalizzazione.La generazione di una famiglia di mediatori citoplasmatici dell’azione insulinica che potrebbe essere costituita da peptidi a basso peso molecolare o fosfolipidi.Gli effetti intracellulari dell’insulina possono essere facilitati dall’internalizzazione del complesso recettore insulina.Il contatto con i sistemi microsomiale e nucleare implicati nella sintesi proteica potrebbe essere reso possibile dalla dissociazione dell’insulina dal recettore internalizzato.

Resistenza all’insulina

Si parla di insulino-resistenza quando le cellule dell'organismo diminuiscono la propria sensibilità all'azione dell'insulina; ne consegue che il rilascio dell'ormone, in dosi note, produce un effetto biologico inferiore rispetto a quanto previsto. In risposta all'insulino-resistenza, l'organismo mette in atto un meccanismo compensatorio basato sull'aumentato rilascio di insulina; si parla, in questi casi, di iperinsulinemia, cioè di elevati livelli dell'ormone nel sangue. Brevemente, l'insulino-resistenza determina:

- un aumento dell'idrolisi dei trigliceridi a livello del tessuto adiposo, con aumento degli acidi grassi nel plasma;- una diminuzione dell'uptake(assunzione) di glucosio a livello muscolare, con conseguente diminuzione dei depositi di glicogeno;- una maggiore sintesi epatica di glucosio in risposta all'aumentata concentrazione degli acidi grassi nel sangue ed il venir meno dei processi che la inibiscono; di riflesso si ha un innalzamento dei livelli glicemici a digiuno.

- si ritiene che l'iperinsulinemia compensatoria renda la beta-cellula incapace di attivare tutti quei meccanismi molecolari necessari al suo corretto funzionamento e alla sua normale sopravvivenza. La diminuita funzionalità delle cellule pancreatiche deputate alla sintesi di insulina apre le porte al diabete mellito di tipo II.Il tessuto muscolare rappresenta la sede principale dell'insulino-resistenza periferica; tuttavia durante l'attività fisica questo tessuto perde la sua dipendenza dall'insulina ed il glucosio riesce ad entrare nelle cellule muscolari anche in presenza di livelli insulinemici particolarmente bassi. Le cause dell'insulino-resistenza sono numerose. Dal punto di vista biologico il problema può localizzarsi a livello pre-recettoriale, recettoriale o post-recettoriale, comprese le varie possibili sovrapposizioni. L'insulino-resistenza può essere causata da fattori ormonali; è possibile, ad esempio, un difetto qualitativo nella produzione di insulina, così come un'eccessiva sintesi di ormoni con effetti contro-insulari. In questa classe di sostanze rientrano tutti quegli ormoni, come l'adrenalina, il cortisolo ed il glucagone, capaci di antagonizzare l'azione dell'insulina, fino a determinare insulino resistenza quando presenti in eccesso (come avviene tipicamente nella sindrome di Cushing). Le modalità con cui questi ormoni si oppongono all'insulina sono le più disparate: possono ad esempio agire sui recettori insulinici riducendone il numero (è il caso del GH), oppure sulla trasduzione del segnale innestato dal legame insulina-recettore (necessario per regolare la risposta cellulare). Quest'ultima azione biologica consiste nella redistribuzione dei trasportatori di glucosio GLUT4* dal compartimento intracellulare alla membrana plasmatica; tutto ciò permette di aumentare l'approvvigionamento di glucosio. Anche l'apporto esogeno di questi ormoni (ad esempio cortisone od ormone della crescita) può determinare insulino-resistenza. Possono esistere, inoltre, cause genetiche provocate da mutazioni del recettore insulinico. Nella maggior parte dei casi, comunque, le cause dell'insulino-resistenza non sono chiaramente determinabili. Oltre all'immancabile componente ereditaria, nella maggior parte dei casi l'insulino-resistenza interessa soggetti colpiti da malattie e condizioni come ipertensione, obesità (in particolare quella androide od addominale), gravidanza, steatosi epatica, sindrome metabolica, uso di steroidi anabolizzanti, aterosclerosi, sindrome dell'ovaio policistico, iperandrogenismo e dislipidemia (elevati valori di tigliceridi e colesterolo LDL associati ad una ridotta quantità di colesterolo HDL). Tali condizioni, associate all'immancabile componente genetica, rappresentano anche possibili cause/conseguenze dell'insulino-resistenza e sono importanti per la sua diagnosi; tralasciando esami specifici, molto costosi e limitati al campo della ricerca, nella pratica clinica si valutano le concentrazioni plasmatiche di glucosio ed insulina a digiuno. Talvolta si utilizza anche la classica curva glicemica, che in presenza di insulino-resistenza presenta un andamento relativamente normale, salvo presentare poi - a distanza di varie ore - un rapido declino della glicemia (dovuto all'iperinsulinemia).Il trattamento più efficace per l'insulino-resistenza è dato dalla pratica di regolare attività fisica, associata al dimagrimento e all'adozione di una dieta basata sulla moderazione calorica e sul consumo di alimenti a basso indice glicemico. Utili anche i presidi in grado di ridurre o rallentare l'assorbimento intestinale degli zuccheri (acarbosio ed integratori di fibra come il glucomannano e lo psillio). Alcuni farmaci utilizzati nella cura del diabete, come la metformina, si sono dimostrati efficaci anche nel trattamento dell'insulino-resistenza; tuttavia è molto importante intervenire prima di tutto sulla dieta e sul livello di attività fisica, ricorrendo alla terapia farmacologica solo quando le modifiche dello stile di vita non sono sufficienti.

Degradazione dell’insulina

Dopo Che l'insulina agisce sul suo recettore può essere rilasciata nuovamente dentro l'ambiente extracellulare, o può essere degradata dalla cella. La Degradazione comprende l'assunzione o inghiottire (endocytosis) del complesso del insulina-ricevitore seguito dall'atto dell'enzima di degradazione dell'insulina.La degradazione pricipalmente ha luogo nel fegato. Una molecola dell'insulina prodotta dalle beta celle del pancreas è degradata in circa un'ora dopo la sua versione iniziale in circolazione.

Glucagone

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Il glucagone è un ormone peptidico secreto dal pancreas, esattamente dalle cellule α delle isole di Langerhans, che ha come bersaglio

principale alcune cellule del fegato; esso permette il controllo dei livelli di glucosio nel sangue, affinché rimangano entro certi limiti: se il

livello ematico di glucosio scende sotto una soglia di circa 80 - 100 mg/dl (= 0,8 - 1 g/l), le cellule α cominciano a secernere glucagone.

Questo si lega immediatamente ai suoi recettori presenti principalmente sugli epatociti, attivando la degradazione

del glicogeno(glicogenolisi) ed un conseguente rilascio di glucosio nel sangue. Sebbene venga in genere considerato antagonista

dell'insulina per il suo compito di contrastare l'ipoglicemia, insulina e glucagone intervengono in sinergia in seguito all'introduzione di

proteine/amminoacidi, poiché il primo determina lo stivaggio degli amminoacidi (proteosintesi) nei tessuti, mentre il secondo previene

l'ipoglicemia causata dall'insulina. Quando i livelli di glucosio scendono al di sotto di un valore minimo, il glucagone dà un segnale al

fegato che dà inizio alla glicogenolisi, ovvero alla liberazione di glucosio.

Al contrario, quando i livelli di glucosio sono elevati la concentrazione di glucagone diminuisce e quindi viene attivata a livello cellulare

la glicolisi, ovvero il processo catabolico del glucosio.

La trasduzione del segnale coinvolge le proteine G della membrana cellulare e si articola in queste tappe:

1. il glucagone attiva la proteina recettore a sette eliche transmembrana;

2. il recettore attiva la proteine Gs: Gα ed i dimeri beta-gamma Gβ/Gγ;

3. in seguito a questa attivazione il GDP legato alla proteina Gα viene sostituito da una molecola diGTP;

4. il complesso Gα-GTP si lega all'adenilato ciclasi attivandolo;

5. l'adenilato ciclasi trasforma l'ATP a cAMP.

Il glucagone ha un ruolo nella regolazione di glicolisi e gluconeogenesi: attiva l'adenilato ciclasi che porta alla formazione di cAMP

che attiva la proteina chinasi A formata da quattro subunità, 2 R e 2 C (il cAMP si lega alle due subunità R attivando le due C che

a loro volta disattivano la piruvato chinasi).

Il glucagone regola anche la sintesi del glicogeno: attiva l'adenilato ciclasi che tramite la via cAMP/PKA attiva la fosforilasi chinasi,

che attiva a sua volta la glicogeno fosforilasi ed inibisce la glicogeno sintetasi.Il suo ormone antagonista è l'insulina che agisce in modo opposto, nel caso specifico attivando la fosfodiesterasi dell'AMP ciclico, la PDE4. È un ormone proteico prodotto dalle cellule β delle isole di Langerhans all'interno delpancreas, secreto quando il livello del glucosio ematico è alto. Queste due catene derivano da un unico polipeptide da cui viene escisso il Peptide C, corto frammento proteico, apparentemente privo di funzioni fisiologiche che, in quanto secreto insieme all'insulina, è un utile indicatore della funzionalità insulare. Il glucagone viene degradato nel fegato e nel rene.

Catecolamine

L’adrenalina e la noradrenalina inibiscono la secrezione insulinica stimolata dal glucosio attraverso un meccanismo a-adrenergico.In condizioni di riposo l’aumento dei livelli di cotecolamine circolanti e l’attività del sistema simpatico svolgono un ruolo importante nella regolazione della secrezione insulinica basale glucosio-indotta.I meccanismi attraverso la quale le catecolamine determinano un aumento della glicemia oltre all’azione sulla secrezione insulinica sono almeno 5:attivazione della glicogeno lisi,stimolazione della gluconeogenesi,inibizione della captazione di glucosio mediata dall’insulina,stimolazione della lipolisi e stimolazione della secrezione di glucagone.L’effetto glicogenolitoco del’adrenalina è superiore a quello della noradrenalina.La stimolazione della glicogeno lisi nel muscolo è seguita dall’attivazione della glicolisi con conseguente liberazione del lattato che è trasportato al fegato dove viene usato nella gluconeogenesi.L’adrenalina interferisce con la captazione del glucosio mediata dall’insulina.L’adrenalina ha un potente effetto lipolitico che si realizza attraverso la stimolazione della lipasi cAMP-dipendente nel tessuto adiposo.L’adrenalina inibisce la secrezione dell’insulina ma favorisce quella del glucagone.I più importanti fattori di stimolo della secrezione di catecolamine e dell’attività del sistema nervoso simpatico sono:attività fisica,traumi,ipoglicemi,operazioni chirurgiche.

Glucocorticoidi

I glucocorticoidi sono ormoni prodotti dal surrene..Stimolano la protelisi,la gluconeogenesi e la sintesi di glicogeno.Questi ormoni inducono ad un aumento dei livelli plasmatici di glucosio anche attraverso la riduzione della responsività del muscolo e del tessuto adiposo alla captazione del glucosio stimolata dall’insulina.L’effetto insulino-antagonista del cortisolo è generalmente accompagnato da iperglicemia e aumento dell’insulinemia.L’effetto anti insulinico dei glucocorticoidi si manifesta nell’arco di ore(nelle catecolamine in pochi minuti).

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Ormone della crescita

L’ormone della crescita o GH è un ormone prodotto dall’ipotalamo e rilasciato dall’ipofisi.Questo ormone inibisce l’utilizzazione del glucosio,mentre stimola la sintesi delle proteine tessutali e la lipolisi (aumenta la glicemia).In generale questa azione del GH determina un aumento compensatorio della secrezione di insulina così che la tolleranza al glucosio rimane normale.

Fattori di crescita insulino-simili

I fattori di crescita insulino-simili, noti anche come IGF (acronimo di insulin-like growth factor) o somatomedine, sono un gruppo

di ormoni peptidici dalle proprietà anaboliche, prodotti dal fegato sotto lo stimolo dell'ormone della crescita (GH) prodotto dall'ipofisi. Ne

esistono due isoforme.

IGF-1 (somatomedina C o SM-C) è massimo in pubertà e diminuisce con la vecchiaia. Esso è strettamente GH dipendente.

IGF-2 (somatomedina A o SM-A) è presente soprattutto nella vita fetale, ed è solo parzialmente GH dipendente.

Le somatomedine sono i mediatori dell'ormone della crescita (GH) sull'osso, cartilagine, muscolo

scheletrico, pelle, cervello, midollo osseo e in generale sulla proteosintesi. A livello dell'osso stimolano la sintesi

di aggrecano,collagene di tipo VI e IX, proteine di legame e la proliferazione cellulare; a livello di altri organi o tessuti stimolano la

proteosintesi, la sintesi di DNA e RNA, l'aumento del numero e della dimensione cellulare.Al contrario del GH, l'IGF-I diminuisce

l'insulinoresistenza e diminuisce le possibilità di avere diabete mellito di tipo 2 e pancreatiti.L'IGF-I è fondamentale per

immagazzinare i ricordi e farli rimanere più a lungo stimolando le connessioni interneuronali, migliorando quindi

la memoria.I motoneuroni sembrano essere protetti dall'IGF-1. È stato visto infatti che le malattie neurodegenerative si

accompagnano spesso a carenza di somatotropina e IGF-I e che l'uso di IGF-I stimola le connessioni neuronali, inibisce la morte

dei neuroni e in generale da grandi benefici ai malati di malattie neurodegenerative compresa la SLA. Attualmente il più grande

ostacolo terapeutico a questo approccio è il costo di quest'ormone proteico.Sebbene le cellule cancerose usino anche IGF-I per

crescere e sebbene i tessuti cancerosi abbiano una maggiore quantità di recettori per quest'ormone, i malati di cancro non hanno

maggiori livelli di IGF-I rispetto ai sani e questi non possono essere utilizzati come fattori di rischio o come marker

tumorali.Sebbene le proprietà anaboliche vengano attribuite al GH, è in realtà l'IGF-1 l'ormone anabolico che esegue questo

compito. Questa caratteristica viene erroneamente considerata ad opera del GH, poiché l'IGF-1 è strettamente dipendente dalla

sua produzione. Infatti il GH di per sé è un ormone lipolitico e iperglicemizzante, e può essere secreto anche senza mediare la

produzione di IGF, e quindi senza favorire la crescita cellulare. L'IGF-1 è un ormone importantissimo anche negli adulti, infatti se

carente (soprattutto in presenza di una concomitante carenza di testosterone) aumentano la mortalità e le possibilità di collasso

cardiocircolatorio.Inizialmente erano state classificate tre tipi di somatomedine, la somatomedina A, B, e C. L'appartenenza della

somatomedina B alle somatomedine è stata poi ritrattata, poiché pur presentando alcune proprietà delle altre sue simili, non

stimolava l'incorporazione del solfato nelle cartilagini. La sua azione dimostrata sulle cellule della glia è stata poi attribuita a

contaminazione da parte di un altro fattore di crescita, l'EGF (Epidermal Growth Factor oFattore di crescita dell'epidermide),

facendo sì che il termine somatomedina B venisse abbandonato.

Polipeptide pancreatico

Il polipeptide pancreatico (PP) è un ormone prodotto principalmente dalle cellule endocrine del pancreas disposte alla periferia delle isole, localizzate in prevalenza a livello della coda del pancreas. Il PP è formato da 36 amminoacidi e contiene molti residui di tirosina. L'ipoglicemia indotta da insulina, la distensione gastrica, la stimolazione del nervo vago aumentano la secrezione di PP, mentre l'iperglicemia e la somatostatina la inibiscono. La somministrazione esogena dell'ormone PP riduce la motilità intestinale nonché lo svuotamento gastrico. Aumenta, in questo modo, la durata del transito intestinale. Inibisce la secrezione acida gastrica indotta dalla gastrina e tramite una via mediata dal nervo vago inibisce la secrezione esocrina del pancreas.

Ormoni della regolazione e delle contro regolazione

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 E’ definito un ormone della “ contro-regolazione” (insieme al glucagone, al cortisolo,al gh e alle catecolamine), meccanismo che si contrappone all’effetto dell’insulina mantenendo adeguati i livelli ematici circolanti di glucosio. In caso di dieta proteica tale ormone e’ stimolato con conseguente aumento della sinetsi proteica e facilitazione della sostituzione di massa grassa con massa magra.L’insulina è l’ormone della regolazione. 

Interazione ormone substrato

L’omeostasi dei substrati energetici dell’organismo dipende anche dall’interazione tra i substrati e gli ormoni che sono oggetto di una fine regolazione.

Stato basale

Lo stato basale o post assorbitivo condizione che ha luogo da 6 a 12 ore dopo l’ingestione di cibo,rappresenta il periodo di transizione dalla fase dell’alimentazione alla fase di digiuno.Nello stato post assorbitivo si verifica una mobilizzazione di acidi grassi dal tessuto adiposo per soddisfare le richieste energetiche del tessuto muscolare,del cuore e dei tessuti parenchimali(fegato e reni).I carboidrati vengono utilizzati principalmente a livello cerebrale dove il glucosio viene ossidato a una velocità di 100-125 g/die.Quantità inferiori di glucosio vengono usate dal muscolo a riposo e dai tessuti che hanno un metabolismo esclusivamente anaerobico come gli elementi corpuscolari del sangue(globuli rossi)e la midollare renale.La produzione di glucosio è teoricamente limitata al fegato.Il mantenimento della glicemia entro livelli normali esige che la velocità con cui il glucosio viene liberato dal fegato sia pari alla velocità con cui esso viene utilizzato a livello cerebrale e dei tessuti periferici(150-250 g/die,2-3mg/min per kg di peso corporeo);il 75% circa di glucosio che viene prodotto dopo il periodo di digiuno notturno deriva dalla demolizione del glicogeno,la quota rimanente viene prodotta attraverso la gluconeogenesi a partire dal lattato,dall’alanina e in misura minore dal piruvato e dal glicerolo.L’aumentato afflusso di acidi grassi al fegato stimola la produzione di corpi chetonici.Tuttavia in condizioni basali la velocità della chetogenesi è tale da mantenere la concentrazione dei chetoacidi circolanti a un valore non superiore a 0,5 m/M.Il segnale ormonale che consente l’attivazione della glicogenoloisi,della gluconeogenesi e della chetogenesi nello stato basale è rappresentato dalla diminuzione della concentrazione di insulina plasmatica dai valori presenti nel periodo postpandriale(30-100uU/ml)a valori di 10-20uU/ml.Pertanto l’utilizzazione del glucosio nello stato basale è in gran parte (70% circa)non insulino-dipendente e ha luogo principalmente nel cervello.La velocità di produzione di glucosio e dei corpi chetonici non supera la velocità di utlizzazione degli stessi evitando così la comparsa di iperglicemia e iperchetonemia.In situazioni in cui manca una secrezione basale di insulina (come nel diabete di tipo I)o in presenza di alterazioni ormonali che interferiscono con l’azione basale dell’insulina si assiste a un aumento della concentrazione del glucosio e dei corpi chetonici in circolo.

Il periodo postpandriale(dopo 2 ore il termine del pasto)

La risposta ormonale durante il periodo postpandriale è in parte determinata dalla natura dei substrati ingeriti.L’ingestione esclusiva di glucosio induce una risposta multi ormonale caratterizzata da un aumento della concentrazione di insulina e una riduzione della concentrazione di glucagone e GH.L’ingestione di proteine determina un aumento della concentrazione di indulina,glucagone e gh.Viceversa l’ingestione di pasti misti comporta esclusivamente un aumento dell’insulinemia.Quando l’aumento dell’insulinemia non è accompagnato dall’aumento della glucagonemia viene inibita la liberazione di glucosio e stimolata la captazione del monosaccaride a livello epatico.

Digiuno

Lo stato basale non è perturbato dall’ingestione di cibo,si instaurano gradatamente le risposte metaboliche che caratterizzano il digiuno.I principali segnali ormonali che regolano il periodo di digiuno sono la riduzione dell’insulinemia e in misura minore l’aumento della glucagonemia.L’ipoinsulinemia stimola la lipolisi e l’ossidazione degli acidi grassi,determinando un progressivo aumento della chetogenesi.Vengono anche stimolate la liberazione di aminoacidi(in particolare alanina) dal tessuto muscolare e la gluconeogenesi epatica.In tal modo la produzione di glucosio a livello epatico viene sostenuta nonostante le riserve epatiche di glicogeno vengono impoverite in 24ore.Se il digiuno si protrae per 3 settimane la velocità della gluconeogenesi e l’utilizzazione del glucosio si riducono notevolmente.In tali condizioni i chetoni divengono un substrato importante per il cervello e possono indurre una riduzione del catabolismo proteico e della liberazione dell’alanina a livello muscolare.

Attività fisica

Durante l’attività muscolare sia a digiuno sia nel periodo postpandriale nell’uomo si verifica un marcato aumento delle richieste energetiche.Il tipo di substrato utilizzato dipende dalla durata e intensità dello sforzo.Negli sforzi di breve durata come una corsa di pochi minuti viene utilizzato principalmente glicogeno muscolare.In attività di maggiore durata,da 1 a 2 ore,i substrati impiegati sono rappresentati dal glucosio circolante per il 40% e il restante dagli acidi grassi.La velocità della captazione muscolare di glucosio aumenta fino a 40 volte rispetto ai valori di riposo mentre il turnover globale può aumentare di 3 o 4 volte.Negli sforzi molto prolungati diminuisce progressivamente la dipendenza dal glucosio e aumenta l’utilizzazione dei lipidi.L’effetto di stimolo che lo sforzo fisico esercita sull’utilizzazione del glucosio si verifica in presenza di una riduzione dell’insulinemia.

Ipoglicemia

Una brusca riduzione dei livelli di glucosio in circolo dovuta alla somministrazione di insulina determina un’immediata necessità di ristabilire la quota di glucosio circolante affinchè la funzione cerebrale non venga irrimediabilmente compromessa.La risposta omeostatica consiste in un aumento marcato della secrezione di tutti gli ormoni contro regolatori e nell’inibizione della secrezione dell’insulina endogena. La riduzione dei livelli di glucosio circolante può contribuire di per sé all’annullamento dell’azione dell’insulina a livello epatico,indipendentemente dall’aumento della concentrazione degli ormoni della contro regolazione.

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Iperglicemia da stress:La risposta ormonale caratteristica della necessità acuta di substrati si osserva occasionalmente al di fuori delle condizioni di digiuno,sforzo fisico o ipoglicemia.In diverse situazioni di stress (ustioni,fratture)si osservano spesso elevati livelli di ormoni della contro regolazione e bassi livelli di insulina in circolo.In assenza di fattori stimolanti l’utilizzazione del glucosio (es sforzo fisico) un tale assetto ormonale determina un aumento dei livelli di glucosio stimolante(iperglicemia da stress).

Diabete mellito:Si definiscono 'diabete mellito' (o 'diabete') tutte le malattie e condizioni che, non trattate, portano a un eccesso di zuccheri nel sangue (iperglicemia). La forma più frequente di diabete, il diabete di tipo 2 si manifesta generalmente dopo i 40 anni, soprattutto in persone sovrappeso/obese. La sua evoluzione è lenta e priva di sintomi. Gradatamente la persona perde la capacità di controllare l'equilibrio della sua glicemia. È comunemente noto come 'diabete dell'anziano', 'diabete alimentare' o con la sigla DM2 o T2DM. È la forma di gran lunga più comune con milioni di casi in Italia. Il diabete di tipo 1 è dovuto a una reazione autoimmunitaria che distrugge le betacellule del pancreas dove viene prodotta l'insulina. Essendo l'insulina necessaria a far entrare il glucosio nelle cellule, la persona con diabete di tipo 1 deve assumerla dall'esterno e fare in modo di averne sempre la quantità giusta nel sangue.Il diabete di tipo 1 insorge spesso in età pediatrica. Circa 100 mila bambini e ragazzi in Italia hanno il diabete di tipo 1 e sono seguiti da una rete di Servizi di Diabetologia Pediatrica all'interno dei quali team specializzati sono in grado di prescrivere le terapie più appropriate e soprattutto di educare la famiglia e i ragazzi a una corretta gestione del diabete.La persona con diabete di tipo 1 infatti, sia nella infanzia, sia nella adolescenza, sia nella vita adulta, può svolgere una vita normale. Nessuna attività o obiettivo gli è precluso: esistono scienziati e fotomodelle, artisti e grandi campioni sportivi con diabete di tipo 1.Avere figli richiede programmazione e qualche attenzione, ma è perfettamente possibile. La persona con diabete deve tenere sempre presente l'effetto che ogni sua scelta, o ciò che gli accade, può avere sulla concentrazione di glucosio nel sangue.Questo significa misurare spesso la glicemia e, sulla base di questi dati, prendere delle decisioni: assumere una determinata dose di insulina, fare o non fare dell'esercizio fisico, mangiare o non mangiare sostanze contenenti carboidrati.Il diabete di tipo 1 insorge più spesso nei primi 30 anni di vita. Questo significa convivere per lunghissimo tempo con il diabete e quindi è fondamentale per la persona con diabete di tipo 1 mantenere il più possibile vicino alla norma la glicemia, evitando iperglicemie (quantità troppo elevata di glucosio nel sangue) che a lungo andare generano le complicanze ma anche ipoglicemie (carenza di glucosio nel sangue).Il diabete gestazionale è una forma temporanea di diabete che caratterizza una percentuale delle gravidanze. A partire dal secondo trimestre di gestazione la madre non riesce a tenere sotto controllo la glicemia. Questo tipo di diabete, che caratterizza una quota importante delle gravidanze, sembra scomparire dopo il parto. È chiamato anche diabete gravidico o GDM.

Peptide c:Il peptide C deriva dalla degradazione della proinsulina all'interno delle cellule β pancreatiche. Una volta avvenuta tale degradazione, vengono immesse nel circolo portale quantità equimolari di insulina e di peptide C. Il vantaggio della determinazione del peptide C rispetto a quella della insulina consiste nel fatto che il primo riflette in una maniera più soddisfacente il reale stato della secrezione delle cellule β del pancreas. Infatti l'insulina, una volta immessa nel circolo portale, viene catturata per più del 50% al primo passaggio, dal fegato e subisce inoltre un significativo "uptake" da parte dei tessuti bersaglio. Il tasso insulinemico non riflette quindi in maniera del tutto accurata la funzione endocrina delle cellule β del pancreas.Il peptide C viene invece captato solo in minima parte dal fegato (10% circa) ed un ulteriore vantaggio è assicurato dalla emivita, almeno doppia, rispetto a quella della insulina, con conseguente maggiore stabilità dei livelli sierici. La maggior parte del peptide C circolante è degradata nel rene ed è parzialmente escreta nelle urine.Il peptide C è aumentato nelle seguenti condizioni: insulinoma, insufficienza renale, diabete non insulino dipendente (tipo II), ingestione di ipoglicemizzanti orali.Il peptide C è diminuito nelle seguenti condizioni: ipoglicemia factitia da somministrazione di insulina, pancreatectomia radicale, diabete insulino dipendente (tipo I).

Livelli normali e anormali di glicemia e insulina:La glicemia è il valore della concentrazione di glucosio nel sangue. OGTT ovvero Curva da carico di glucosio, un esame che permette di valutare sia la glicemia a digiuno (con il primo prelievo) sia la glicemia a 1 ora (utile nella diagnosi di diabete gestazionale) e la glicemia a 2 ore. Un valore a 2 ore superiore a 200 mg/dl (necessaria una seconda conferma) pone diagnosi di diabete. Un valore compreso tra i 140-200 mg/dl pongono sospetto di Alterata tolleranza al glucosio (IGT). Sotto tale valore si considera il soggetto normale. In soggetti sani, che hanno una vita regolare e un’alimentazione corretta, generalmentenell’arco della giornata i valori della glicemia si mantengono tra i 60 e i 130 mg/dl.A digiuno, i valori glicemici possono variare dai 70 ai 110 mg/dl; tra 110 e 125 mg/dl si tratta di condizione di alterata glicemia a digiuno (IFG), una condizione che dovrebbe invitare il paziente a porre maggior attenzione al suo stile di vita.Valori di glicemia uguali o superiori a 126 mg/dl sono, secondo l’American Diabetes Association   , da considerarsi probabili sintomi.Insulinemia è un termine medico che identifica la quantità di insulina presente nel sangue.Insulinemia alta è repsente nel diabete di tipo II mentre l’insulinemia bassa in quello di tipo I.Valore di riferimento 4.0-23.5 Microun./mL .Per l’esame dell’insulina Il paziente si deve sottoporre ad un prelievo di sangue. E’ necessario osservare un digiuno di almeno 8 ore, è ammessa l’assunzione di una modica quantità di acqua. Occorre essere in posizione eretta da almeno 30 minuti.

Chilomicrone,hdl,ldl:I chilomicroni sono le lipoproteine caratterizzate dalla minor densità (0,90 g/ml) e dal maggior diametro, tra 75 e 1200 nm. Raccolgono i trigliceridi, principalmente, ed il colesterolo introdotti con la dieta a livello dell'intestino tenue e sono presenti pressoché solo dopo i pasti.In generale, dopo essere stati prodotti a livello dell'intestino passano nel sistema linfatico e da questo nella circolazione sanguigna fino a raggiungere i capillari dei tessuti che sfruttano il colesterolo e i trigliceridi, come il tessuto adiposo ed il tessuto muscolare; terminano la loro esistenza presso il fegato.Le lipoproteine ad alta densità, note anche come HDL (acronimo di High Density Lipoprotein) sono le lipoproteine caratterizzate dalla massima densità, compresa tra 1,063 e 1,210 g/ml e da un diametro di circa 8-11 nm. Hanno la funzione di partecipare all'evoluzione di chilomicroni e VLDL (very low density lipoprotein) e di rimuovere il colesterolo in eccesso dai tessuti periferici per portarlo al fegato o ai tessuti steroidogenici, come le ghiandole surrenali o le gonadi.Essendo in grado di rimuovere il colesterolo da un ateroma nelle arterie e trasportarlo al fegato vengono in genere comunemente chiamate colesterolo buono. Le lipoproteine a bassa densità, note anche come LDL (acronimo di Low Density Lipoprotein) sono lipoproteine comunemente conosciute come colesterolo cattivo caratterizzate da una densità compresa tra 1,006 e 1,063g/ml e da un diametro di circa 18-25 nm.Trasportano il colesterolo dal fegato alle cellule.