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1. Presentazione I kuna sono una popolazione indigena di cui abbiamo traccia già nei primi anni della Conquista dell’America e di cui la tradizione etno-storica parla fin dalla “quarta era della terra” 1 , da quando cioè Paba e Nana inviarono sulla terra Tuiren 2 a fondare, appunto, questo popolo. I kuna, dopo varie storie politiche nel corso dei secoli, vivono oggi nella Repubblica di Panamá, nelle terre indiane denominate Kuna Yala: nella striscia di terra che va dalla dorsale montagnosa che attraversa le Americhe da nord a sud, alle coste dell’oceano Atlantico, e nell’arcipelago denominato Isole di San Blas (fig. 1). Simbolo prevalente dell’identità di que- sto popolo, diffuso all’esterno ed ac- creditato all’interno della cultura e dei territori kuna, è la mola. Cosa è la mola? È un tessuto per l’abbigliamento prodotto dalle donne costituito da un pannello rettango- lare di strati di stoffa di diverso colore, sovrapposti, intagliati, cuciti e ricamati secondo va- ri motivi di figura- zione e composizione estetica, di racconti e di simboli. Questo tessuto viene cucito come pannello, sia sul davanti che sul dietro del corpetto, a formare la camicia intera, oggi anch’essa detta mola. Per comple- tezza ricordo qui che il resto dell’abbigliamento femminile è composto da: saburet, pannello di tessuto con decorazioni stampate, indossato come “gonna”; muswe, fazzoletto rosso per la testa con decorazioni gialle stampate; wini, bracciale formato da un unico filo di perline di differenti colori che, arro- tolato su avambracci e polpacci, crea delle decorazioni geometriche. Inoltre, l’abbigliamento è completato da una serie di ornamenti, quali: l’anello d’oro per il naso (olasu) ed una riga nera lungo il naso a sottolinear- ne la forma; poi, per i giorni di festa, collane, collari o pettorali d’oro; il colore ocra dell’achote sulle guance; orecchini decorati con motivi della iconografia kuna. Massimo Squillacciotti Colori riflessi. Tassonomie e pratiche sociali nelle mola dei kuna di Panamá 1. Mappa di Kuna Yala, acquerello di Henny Boccianti, 2000. 83

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1. Presentazione

I kuna sono una popolazione indigena di cui abbiamo traccia già nei primianni della Conquista dell’America e di cui la tradizione etno-storica parla findalla “quarta era della terra”1, da quando cioè Paba e Nana inviarono sullaterra Tuiren2 a fondare, appunto, questo popolo. I kuna, dopo varie storiepolitiche nel corso dei secoli, vivono oggi nella Repubblica di Panamá, nelleterre indiane denominate Kuna Yala: nella striscia di terra che va dalladorsale montagnosa che attraversa le Americhe da nord a sud, alle costedell’oceano Atlantico, e nell’arcipelago denominato Isole di San Blas (fig. 1).

Simbolo prevalentedell’identità di que-sto popolo, diffusoall’esterno ed ac-creditato all’internodella cultura e deiterritori kuna, è lamola. Cosa è la mola? È un tessuto perl ’ a b b i g l i a m e n t oprodotto dalle donnecostituito da unpannello rettango-lare di strati distoffa di diversocolore, sovrapposti,intagliati, cuciti ericamati secondo va-ri motivi di figura-zione e composizioneestetica, di raccontie di simboli.

Questo tessuto viene cucito come pannello, sia sul davanti che sul dietro delcorpetto, a formare la camicia intera, oggi anch’essa detta mola. Per comple-tezza ricordo qui che il resto dell’abbigliamento femminile è composto da:saburet, pannello di tessuto con decorazioni stampate, indossato come“gonna”; muswe, fazzoletto rosso per la testa con decorazioni gialle stampate;wini, bracciale formato da un unico filo di perline di differenti colori che, arro-tolato su avambracci e polpacci, crea delle decorazioni geometriche.Inoltre, l’abbigliamento è completato da una serie di ornamenti, quali:l’anello d’oro per il naso (olasu) ed una riga nera lungo il naso a sottolinear-ne la forma; poi, per i giorni di festa, collane, collari o pettorali d’oro; ilcolore ocra dell’achote sulle guance; orecchini decorati con motivi dellaiconografia kuna.

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1. Mappa di KunaYala, acquerello diHenny Boccianti,2000.

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Al 1981 risale il mio primo soggiorno di ricerca nelle isole di Kuna Yala(Ustupu e Ogobsukun) e durante questo periodo, con Aiban Wagua avevamoattivato una scuola dell’infanzia che da noi si potrebbe definire di tipomontessoriano: nei locali in disuso della chiesa cattolica alcune donne a turnotenevano i bambini con una pratica educativa caratterizzata dall’uso deimateriali di tutti i giorni, in continuità con quanto avveniva nella capannafamiliare. Così il bambino poteva sedersi in grembo alla donna-madre-maestra e, toccando la mola, poteva apprendere i nomi ed i contornimateriali delle forme e dei colori che erano stati usati nella scena rappresen-tata, oltre ad apprendere il racconto a cui dava il via proprio la scena rappre-sentata nella mola.

Così la mola, da stoffa per l’abbigliamento (e per il commercio) costituiscel’equivalente di un libro di testo “fatto ad arte” per l’insegnamento-apprendi-mento di svariati temi della tradizione. Inoltre questo particolare “testo” hail suo meta-testo nel racconto tradizionale della fondazione della mola: è ilmito di Olonakedili, la donna kuna che all’origine del mondo andò nelvillaggio “mitico” di Tuipì per riportare il segreto dei colori e delle forme, dellaloro combinazione nella mola raccontato nel Il segreto del villaggio di KaluTuipì… Ma vediamo più da vicino almeno la prima parte del racconto dell’im-presa di Olonakedili3:

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2. Corpettofemminile e moladelle aquile, 2000;Aleida Benitez,saila amministrati-vo di Ustupu; lesorelle Edita eVielka Smith, villag-gio di Ogobsukun,2004.

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«All’origine del mondo la mola fu creata e poi nascosta nel villaggio dei kunachiamato Kalu Tuipì, villaggio degli spiriti che sono nella foresta, nel mare,nel cielo e sotto la terra. In questo villaggio, del tutto particolare, c’erano lecose che appartenevano solo alle donne perché lì, infatti, vivevano solo donne,ed erano anche donne molto belle.

Un giorno, quando un uomo si fu avvicinato al villaggio di Kalu Tuipì, unadonna gli andò incontro e lo prese come marito; poi lo rimandò al suo villag-gio, al villaggio da cui quell’uomo proveniva. Allora Olonakedili — sorella diun uomo della medicina famoso a quel tempo per la sua bravura nel curare ilcorpo e le diverse anime degli uomini — ebbe l’incarico di andare nel KaluTuipì a vedere quale fosse il segreto di quel villaggio. Appena arrivata, Olonakedili vide per prima cosa gli spiriti di maestre deglialberi, simili a donne; tutto era coperto da forme e colori cangianti comenuvole nel cielo che non stanno mai ferme; poi tutto era coperto da tronchi,foglie di pietre che sembravano disegni e scritture; infine vide alcune donneche tagliavano ed intagliavano stoffe variopinte, ancora altre donne checucivano e ricamavano queste stoffe con fili dai molti colori. Insomma Olonakedili scoprì che il segreto del villaggio di Kalu Tuipì eranoproprio le mola. Poi Olonakedili, tornata al suo villaggio, cominciò a raccon-tare alle figlie il segreto di queste forme e della varietà dei colori. La donnaspiegava: “i disegni sono fatti così e così…”. Allora anche le altre donne delvillaggio presero ad interrogarla per imparare da lei il segreto di Kalu Tuipì:per questo Olonakedili venne chiamata Madre.

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3. Immagini dicucito nei villaggidi Ustupu, 1981;El Porvenir 2004;Ogobsukun, 1999 e2004.

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Così il popolo dei kuna capì di essere arrivato al 4° livello della vita, allivello della casa sulla terra dove vive il “popolo dei veri uomini”. Prima uomini e donne si vestivano solo di foglie e di piume… Dopo di lei altre donne divennero famose per la loro bravura nell’arte dellemola, imparando ed insegnando a loro volta alle proprie figlie ed alle figliedelle altre donne il significato dei colori. I loro nomi vengono ancora oggi datiad altre bambine, come quelli di Olokikadiriai e Nakekiriai. Allora, all’inizio di questa nuova vita, i colori conosciuti erano ancora pochi ericavati solo dalle piante. Questi colori erano: nero e bianco; rosso, giallo e blu [...]»Fin qui un misto di racconto e di attualità secondo il principio che la tradi-zione si narra a partire dall’oggi… ma nella realtà storica la prima molaconosciuta viene fatta risalire al XVIII secolo ed è formata da una camicionedi colore a fondo scuro ed intarsi di bianco; anche oggi il valore di “antico” èriconosciuto ad una mola di fattura “moderna” dai colori blu e bianco4.

2. La mola: figurazione e rappresentazione

All’anno successivo (dicembre 1982) risalgono invece le mie interviste suiprincipi dell’identità kuna e sui significati della mola al saila Manuel Smith,con la registrazione di una riunione delle donne nella Capanna del Congressoin cui il saila spiegava l’importanza della tradizione femminile del cucito edella elaborazione della mola anche nella prospettiva di continuità e manteni-mento della cultura kuna. Per un approfondimento delle molte questioni strutturali sulla mola come:universo simbolico, composizione dello spazio, tecnica di rappresentazione delreale, processi cognitivi della visione e della rappresentazione, significatisimbolici della figurazione, rinvio ai lavori di Gretel Hohenegger e di PaoloFortis indicati in bibliografia. Mi limito qui a mostrare alcuni immagini comepro-memoria di questo rinvio ma anche per sottolineare alcuni aspetti dellamola importanti da ricordare anche ai fini del nostro tema sulla tassonomialinguistica e la pratica dei colori nelle mola e che riguardano: il contenutodella rappresentazione, la suddivisione e composizione dello spazio, i processicognitivi della visione e della rappresentazione. Per quanto riguarda il primo punto, il contenuto della rappresentazioneconsiste generalmente in:

a) oggetti d’uso (fig. 4, mola delle forchette, mola dei ganci, mola dello sgabello,mola dei ganci);

b) figure della natura (fig. 4, mola delle scimmie, mola degli uccelli, moladel fiore, mola dell’aquila);

c) rappresentazione di simboli (fig. 4, mola del labirinto, mola dei cuori);

d) rappresentazione di storie e racconti (fig. 5, mola del giaguaro, mola dellescimmie).

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Le varianti di una stessa mola mettono in luce la particolarità del rapportoimmagine-racconto: nella mola la figurazione artistica non descrive ciò cherappresenta ma lo contiene nella forma data nell’immagine, nella forma cheè l’immagine.

La figurazione è una espressione percettiva perché funziona come avvienenella percezione visiva, per cui la presentazione e l’uso dell’immagine dellamola mantiene il valore originario di metafora permettendo la relazioneplastica tra produttore ed utente della mola, tra la mola come oggetto,l’oggetto della figurazione ed il contenuto della narrazione, tra narratore epubblico utente del racconto.

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4. Alcuni esempidi contenuto dellarappresentazionenelle mola: delleforchette, dei ganci,dello sgabello, deiganci, delle scim-mie, degli uccelli,del fiore, dell’aquila,del labirinto, deicuori, 1999.

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Una esemplificazione può essere costituita dalla serie di mola presentate(fig. 5) e che, al di là della variazione stilistica soggettiva, fanno tutteriferimento ad un racconto e che, al contrario, in una prospettiva narrativapossono far scaturire “il racconto” o, più in generale, “un racconto” propriograzie al potere metaforico dell’immagine riprodotta5.

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5. Mola del giaguaro,1990, 1998 e 1994;mola delle scimmie,1980 e 1998.

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3. La composizione dello spazio nella mola

Per quanto riguarda il secondo punto, la suddivisione e composizione dellospazio, le mola seguono a loro volta due schemi: quello ortogonale, secondolinee verticali e orizzontali; e quello a schema centrale.

Le mola a schema ortogonale possono essere a loro volta raggruppate secon-do diverse tipologie:

a) schema quadripartito, in cui lo spazio è diviso sia dall’asse mediano verti-cale che da quello orizzontale (fig. 6a);

b) schema bipartito, secondo un asse orizzontale od uno verticale, giocandocosì, soprattutto nel caso in cui lo spazio sia diviso secondo una linea vertica-le, con le simmetrie tra gli elementi (fig. 6b);

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6a. Mola dellemaracas, dei nuchu,dei bracciali, dellestelle marine, 1999.

6b. Mola del labirintoe mola dell’amore,1999.

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c) schema a fasce, con elementi figurativi che si possono ripetere anche senzavariazioni (fig. 7a);

d) schema a griglia, in cui lo spazio è diviso secondo più assi verticali edorizzontali, nel quale vengono impiegate spesso figure geometriche ripetutecon il conseguente effetto decorativo d’insieme e la scarsa individualità dellasingola figura (fig. 7b).

Le mola organizzate secondo uno schema centrale sono invece caratterizzatedal forte valore del centro della composizione dato o da una figura collocataal centro del campo, con effetto rappresentativo, o dal convergere deglielementi compositivi al centro, uniti in un’unica figura o distinti, magarisignificanti un’azione o relazionati ad una narrazione (fig. 7c).

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7a. Mola dei ganci,in due varianti, 1999.

7b. Mola del villaggioe mola dei bracciali,1999.

7c. Mola del cestino,mola del fiore in duevarianti, e mola delgranchio, 1999.

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4. Aspetti cognitivi del passaggio dall’oggetto materiale alla forma grafica

Infine, per quanto riguarda il terzo aspetto, i processi mentali e materialidella visione e della rappresentazione, pensiamo con Fortis che le varianticognitive implicate possano essere di tre tipi: modello, schema, movimento.

Modello: l’immagine di una mola viene riprodotta in un’altra mola, anchesenza che se ne sappia leggere il significato, ma per semplice gusto estetico;come può accadere nel caso della “mola dei bracciali” (figg. 6, 7b, 8a) o nella“mola del cestino”, tanto più quando la “copia” è fatta da una bambina cheimpara a cucire (figg. 7c e 8a) o nella “mola degli uccelli”, anche in questo casotanto più quando la “copia” è fatta da una bambina principiante (figg. 4 e 8a).

Schema: l’immagine in una mola è il frutto di una abilità tecnica di cucito incui un “oggetto” viene trasposto in una “figura” tramite un processo dirappresentazione visiva, con l’accettazione di un linguaggio estetico e l’usoappropriato dell’abbinamento cromatico; cioè nel rispetto del “fatto ad arte”,per cui una mola è riconosciuta come bella ed un’altra brutta (fig. 4, moladelle forchette e mola dei ganci; fig. 8b, mola degli aghi).

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8a. Mola dei brac-ciali, dell’uccello, edel cestino, 1999.

8b. Mola dei brac-ciali, degli aghi, e delfiore, 1999.

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Movimento: in questo caso l’immagine in una mola non solo è il frutto di unaabilità tecnica di cucito ma l’oggetto è trasposto in una “figura” tramite unprocesso di spostamento, di movimento reale o mentale dell’oggetto nellaprospettiva del suo posizionamento sulla stoffa in modo da poterlo rappresen-tare visivamente, di poterlo e saperlo vedere e leggere (fig. 6, mola dellemaracas; fig. 7c, mola del cestino).

5. I colori: tassonomie e pratiche sociali

Come ha evidenziato Paolo Fortis nel suo lavoro «i colori utilizzati nelle molasono quasi sempre saturi e puri. Il giallo, il blu e il rosso — i tre colori primari— si trovano in alternanza pressoché in ogni mola, così come i secondari —l’arancione, il verde ed il viola. L’utilizzo di questi colori ha come effetto unforte bilanciamento dell’intera composizione visiva.Il frequente utilizzo dei colori complementari all’interno della stessa mola,come il rosso e il verde, il blu e l’arancione, il giallo e il viola, aumenta ladefinizione dei singoli colori e l’armonia della percezione visiva. Particolarmente evidente nei contorni multicolori è l’uso di tinte nette che sicompletano e si esaltano a vicenda senza creare effetti di sfumatura, aumen-tando invece la visibilità delle figure.Il nero ed il bianco sono funzionali al resto della composizione, rispettivamen-te attivando ed inibendo gli altri elementi. Il nero è spesso utilizzato comesfondo con l’effetto di isolare i colori l’uno dagli altri e rendendoli particolar-mente evidenti; altre volte, inserito all’interno della figura, le dà spessore emaggior risalto rispetto all’insieme» (fig. 8).

A questo punto possiamo ridefinire la mola non tanto come oggetto in sé(come ho detto all’inizio della mia esposizione), ma dal punto di vista dellecondizioni della sua produzione, come luogo d’incontro sociale e condiviso traproduttore e prodotto, come manufatto specializzato tecno-estetico, cioè unprodotto artigianale che combina tecnica ed estetica, sapere e fare,linguaggio della tecnica e linguaggio della visione. In questa prospettiva la mola costituisce un artefatto cognitivo, un prodotto“fatto ad arte” e come tale socialmente riconosciuto, che dimostra e contieneil saper-fare del suo produttore, e che si pone quindi come “sistema diriferimento” al termine di un complesso processo di coordinamento cognitivo“intelligente” di occhi e mani. Inoltre, proprio in questo la mola è una “pratica sociale”6 che stabilisce ed usatassonomie di denominazione specifiche, pur in connessione con il sistemalinguistico. Come dire che in primo luogo dal punto di vista concettuale e visi-vo (cioè pre-linguistico) i colori possono trapassare l’uno nell’altro senzasoluzione di continuità, anche per uno stesso soggetto, senza nulla togliere néalle differenze di sfumature né alla loro denominazione linguistica; in secondoluogo dal punto di vista definitorio (cioè linguistico) le lingue devonorinunciare a dare un nome ad ognuna delle infinite sfumature che provengonodallo spazio cromatico per comporre una tassonomia di discriminazione

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logico-visiva del colore socialmente condivisa ed utilizzabile; in terzo luogo dalpunto di vista di pratica d’uso e di composizione tecno-estetica (cioè diartefatto cognitivo, come le mola) la denominazione dei colori è subordinataall’azione, al suo contesto d’uso ed al prevalere di “interessi” extra-linguisticima pur sempre relazionati in un sistema logico-concettuale (fig. 9).

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9. Composizionevisiva del colore,realizzata da P. Fortis2001-2002.

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È in questo quadro che assumono significato le parole che intervengono nellaproduzione delle mola, come: tailèghe colori, bellezza, fatto bene, belloa vedersi, surkwe misura, turkwe forma, mor disegno. In particolare tuttiquesti termini hanno una loro definibilità come concetto trasmutato inparola non in se stessi ma a partire dalla pratica che li identifica, dalprocesso logico-materiale della loro operazionalità; così tailèghe “bello” è apartire dall’azione “bello a vedersi”. Questione del tutto simile, come sostiene l’amico e collega Luciano Giannelli,al significato della parola nuedi, cioè buono, che letteralmente deriva da“si comporta bene”, sia che venga usato per commentare un qualcosa di“buono, fatto bene” sia come saluto all’incontro tra persone in quantoaugurio…

Arriviamo alla denominazione del colore ed alle sue implicazioni riguardo dauna parte al sistema di riferimento mola, formato di un linguaggio tecno-este-tico legato allo specifico artefatto cognitivo, e dall’altra al sistema linguistico.

La tabella di denominazione dei colori per le mola (tab. 1) è costituta da unasola uscita: rosso, giallo, blu, nero, bianco, arancione, verde, viola hanno unasola determinazione linguistica, cioè vengono denominati in sé senza alcunaspecificazione della loro variazione interna (di sfumatura, intensità,gradazione, saturazione…), non come se questa non ci fosse ma perché nonresa pertinente dal suo stesso sistema di riferimento e di appartenenzacostituito dalle mola stesse: in sostanza, è la logica estetica di abbinamentodei colori a determinarne qui anche la loro individuazione linguistica, la lorodefinizione e denominazione, che per altro viene resa in maniera descrittiva.

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Tabella 1 .Denominazione deicolori nelle mola.

Denominazione dei colori nelle mola

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Per quanto riguarda, invece, il sistema linguistico (tab. 2), si nota in primoluogo un’articolazione della gamma dei colori di base con l’aggiunta di grigio,rosa e marrone; in secondo luogo, al di là dei processi di acculturazione dauna parte e dall’altra di utilizzo di rocchetti di colore provenienti dall’esterno(come per altro succede per le stoffe), l’articolazione della denominazione èresa più ampia e tenendo conto delle reali “sfumature” di colore.

In particolare le sfumature di colore possono essere denominate:

a) in alcuni casi con esiti autonomi, cioè sulla base dell’identificazione in sédel colore sia del colore “sfumato” (come nel caso di rosso chiaro con gisigwado di verde chiaro con masgagid), sia del colore “intenso” (come nel caso di gialloforte con orgid, di blu intenso con demargid, o verde forte con gaigagangid);b) in altri casi con l’aggiunta di un classificatore che per la parte verso il piùdel colore è unico — sunnad — ed aggiunto al termine del colore base con ilsignificato di scuro, intenso, carico, forte (come nel caso di rosso scuro conginnid-sunnad o di bianco carico con sipugwad-sunnad); mentre per la parteverso il meno del colore vengono usati più classificatori per definire lasfumatura verso il chiaro, sfumato, sbiadito, leggero, tendente al bianco:sipugwad (bianco) che viene premesso al nome del colore di base (sipugwad-ginnid in rosso chiaro) o a seguire (come per blu chiaro con arrad-sipugwad)oppure stigi che viene inserito all’interno del nome del colore di base (gorosti-gigwad in giallo chiaro o sipustigigwad in bianco chiaro).

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Denominazione dei colori nella lingua kunaTabella 2 .Denominazione deicolori nella linguakuna.

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Mi preme sottolineare che questa pratica linguistica del classificatoresi estende anche al sistema dei numerali e, grammaticalmente, alla specifica-zione di alcuni avverbi.Inoltre, in alcuni casi, per definire la stessa sfumatura di uno stesso colorepossono essere usate le due versioni viste, come nel caso di blu chiaro sia conarrastigigwad che con arrad-sipugwad; mentre i colori nero, grigio, rosa,viola e marrone non hanno denominazioni nelle varietà tendenti al meno néin quelle tendenti al più.

Un discorso a parte — che qui mi limito ad annunciare — è quello riguardantel’origine dei nomi dei colori secondo due tipi di considerazioni: lacomposizione verbale del nome stesso e la determinazione del “luogo” dellaloro fondazione. Così abbiamo nomi che vengono identificati come autonomiin quanto definiti direttamente nel sistema linguistico, ed è il caso ditermini come sipu bianco, sichid nero, arrad blu, al di là del loro eventualevalore simbolico od origine mitica; nomi che sono relazionati ad un referenteextra-linguistico e sono riconosciuti come tali, come nel caso di demargid bluintenso, là dove il termine è una parola composta che vuol dire “colore delmare” ed è formata da demar “mare” con l’aggiunta della forma gid “come”,gordikid arancione cioè “come l’arancio”, masgagid verde chiaro cioè “come lefoglie del platano”, purugwadi grigio cioè “come la cenere”, gwingubgid grigiocioè “come la polvere da sparo”.

Un’ultima osservazione riguarda la trasformazione nel tempo dei nomi deicolori pur all’interno della stabilità della gamma cromatica individuata edenominata, con l’aggiunta di un nuovo nome e/o la scomparsa in un nomeusato in precedenza, tenendo presente comunque la varietà possibile didenominazione tra le diverse isole dell’arcipelago kuna sia nel sistema dellemola che in quello linguistico generale. Così, premesso che le tabelle di denominazione relative ai due sistemi sonoaggiornate e le parole messe nella forma di scrittura della standardizzazionelinguistica in corso, il termine guturgwagwad per il viola ricavato nell’inda-gine del 1984, viene oggi usato solo dai bambini, nell’isola di Ustupu, comeforma di transizione al nome da adulto di warrimor; oppure il terminegwingubgid per grigio, che letteralmente indica il colore della polvere dasparo, viene usato oggi solo in alcuni villaggi ma può costituire un punto diriferimento in via di generalizzazione attraverso il sistema scolastico;similmente sta succedendo per il termine esnungid (color del rame) che staprendendo il posto di siagwagid per marrone (letteralmente “color del cacao”).

Per finire, una nota divertente a riguardo: c’è un manuale del ricamo, curatoda «Selezione dal Reader’s Digest»7 che chiude con l’argomento della “appli-cazione a rovescio” che — cito — «è conosciuta, nella sua forma tradizionale,come applicazione San Blas, in onore di chi la praticava, gli Indiani Cunadelle isole San Blas, vicino alla costa di Panama. Ancora oggi, i loro primitividisegni pieni di colori decorano le bluse o molas, delle donne di San Blas».

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10. Città di Panamá,Casco Viejo; KunaYala, Isla Perros,foto 2004; mola delpappagallo, partico-lare, 1981.

Speriamo bene, per i kuna: che Olonakedili li protegga, tanto più che il governocentrale del paese ha dedicato alle donne kuna una scultura celebrativa delloro “cucire mola”, esposta nella piazzetta del Casco Vìejo della città diPanamá proprio dove donne kuna “in carne ed ossa” espongono i propriprodotti “etnici” posti in vendita ai turisti, similmente a quanto avviene aKuna Yala nelle isole per turisti, splendide peraltro più di quanto la fantasiada lontano immagini…

5. Appendice n. 1

Il Giaguaro Igalobandur, l’Iguana Egibipiler ed il fuoco

Di tutti i popoli del fiume, l’unico che possedeva il fuoco era il Giaguaro dinome Igalobandur, che viveva sulla sponda opposta a quella dei kuna.Ibeler chiamò a sé il piccolo Egibipiler — l’Iguana — per incaricarlo di sottrarrela fiamma del fuoco, indispensabile al popolo degli uomini. Nessun popolo,infatti, era mai riuscito ad avere il fuoco per la meschinità del Giaguaro chenon lo cedeva a nessuno.

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Il giorno seguente, in una notte di pioggia torrenziale, l’Iguana uscì dallapropria tana, attraversò il fiume come solo lui sapeva fare: fu così che arrivòalla casa del Giaguaro, come gli aveva spiegato Ibeler, e disse:«Vengo ad aiutarti a mantenere acceso il fuoco».«Ti ringrazio; ho molto freddo e credo che così me ne potrò andare a dormire»,disse il Giaguaro.L’unica luce accesa era quella del fuoco che stava in terra sotto l’amaca delGiaguaro, perché potesse riscaldarsi dal freddo e fu così che il Giaguaro siaddormentò tranquillo e sicuro. L’Iguana, quando vide che il Giaguaro erasprofondato nel sonno, cominciò a far pipì sul fuoco per spengerlo. Allora ilGiaguaro, padrone e signore del fuoco, si svegliò all’improvviso per il granfreddo che sentiva, e domandò:«Perché il mio fuoco si sta spengendo?»«È perché il vento che soffia e la tanta pioggia che cade stando cercandodi spengerlo, però non ti preoccupare, sto cercando di ravvivarlo perché nonsi spenga», rispose.Poi il piccolo Iguana si dava da fare facendo finta di fare quello che avevadetto. E così il Giaguaro tornò a dormire.Di nuovo l’Iguana ricominciò a spengere il fuoco facendoci pipì sopra… peròcome prima cosa aveva raccolto un piccolo tizzone acceso di legno, nasconden-doselo sulla cresta, e poi cominciò a scappare via dalla casa del Giaguaro.Il Giaguaro si risvegliò nuovamente per il freddo, trovando il fuoco completa-mente spento ma dell’Iguana non c’era nessuna traccia nonostante si fossemesso a cercarlo per catturarlo… ormai era troppo tardi: l‘Iguana aveva giàattraversato il fiume e portato il fuoco ad Ibeler e al popolo dei kuna.Per questo il Giaguaro da allora mangia cruda la carne che caccia... così dicela storia dei nostri vecchi.

[trad. msq]

6. Appendice n. 2

Il segreto del villaggio di Kalu Tuipì: la mola e l’origine dei colori per i kuna

All’origine del mondo la mola fu creata e poi nascosta nel villaggio dei kunachiamato Kalu Tuipì, villaggio degli spiriti che sono nella foresta, nel mare,nel cielo e sotto la terra. In questo villaggio, del tutto particolare, c’erano lecose che appartenevano solo alle donne perché lì, infatti, vivevano solo donne,ed erano anche donne molto belle.Un giorno, quando un uomo si fu avvicinato al villaggio di Kalu Tuipì, unadonna gli andò incontro e lo prese come marito; poi lo rimandò al suovillaggio, al villaggio da cui quell’uomo proveniva. Allora Olonakedili — sorella di un uomo della medicina famoso a quel tempoper la sua bravura nel curare il corpo e le diverse anime degli uomini — ebbel’incarico di andare nel Kalu Tuipì a vedere quale fosse il segreto di quelvillaggio.

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Appena arrivata, Olonakedili vide per prima cosa gli spiriti di maestre deglialberi, simili a donne; tutto era coperto da forme e colori cangianti comenuvole nel cielo che non stanno mai ferme; poi tutto era coperto da tronchi,foglie di pietre che sembravano disegni e scritture; infine vide alcune donneche tagliavano ed intagliavano stoffe variopinte, ancora altre donne che cuci-vano e ricamavano queste stoffe con fili dai molti colori. Insomma Olonakediliscoprì che il segreto del villaggio di Kalu Tuipì erano proprio le mola.Poi Olonakedili, tornata al suo villaggio, cominciò a raccontare alle figlie ilsegreto di queste forme e della varietà dei colori. La donna spiegava: “i dise-gni sono fatti così e così…”. Allora anche le altre donne del villaggio preseroad interrogarla per imparare da lei il segreto del Kalu Tuipì: per questoOlonakedili venne chiamata Madre. Così il popolo dei kuna capì di esserearrivato al 4° livello della vita, al livello della casa sulla terra dove vive il“popolo dei veri uomini”. Prima uomini e donne si vestivano solo di foglie edi piume…Dopo di lei altre donne divennero famose per la loro bravura nell’arte dellemola, imparando ed insegnando a loro volta alle proprie figlie ed alle figliedelle altre donne il significato dei colori. I loro nomi vengono ancora oggi datiad altre bambine, come quelli di Olokikadiriai e Nakekiriai. Allora, all’iniziodi questa nuova vita, i colori conosciuti erano ancora pochi e ricavati solodalle piante. Questi colori erano: nero e bianco; rosso, giallo e blu.Poi, con il tempo e l’osservazione attenta del mondo della natura e dei fruttidella Madre Terra, vennero scoperti anche altri colori, ognuno con il suosignificato, ed altri ancora vennero conosciuti con l’arrivo dell’uomo bianco:l’arancione, il verde, il viola, il grigio color della cenere, il marrone color delcacao, il celeste ed una serie di sfumature tra gli stessi colori.Così gli uomini, prima di andare a caccia o alla guerra contro gli invasoridelle proprie terre, si dipingevano la faccia di nero — nero come il cielo nellanotte di luna nuova - come segno di coraggio e per mettere paura all’avversario,animale o uomo che fosse; e le donne, per essere più belle, si coloravanole guance di arancione — colore della fertilità e della bellezza della vita sullaterra — e, con il nero degli uomini, si tracciavano una riga lungo la linea del naso.Così il bianco — come la luce della luna quando è piena — indicò la calma e lapace che regna sul villaggio quando la luna fa la guardia in cielo. Il rosso —colore del sangue e della sofferenza — indicò il passaggio alla maturità dellecose della natura e della vita dell’uomo, la vittoria dopo la lotta e la fatica.Il giallo — la luce del sole ed il colore dell’oro — venne preso come significatodella vita dopo la morte, quando l’anima dell’uomo si veste d’oro percorrendoil cammino verso la casa di Dio, attraversando i diversi villaggi degli spiritidella natura. Il blu — come il mar dell’oceano quando è calmo e gli uominipossono andare a pescare — indicò la profondità del sapere che nasconde laconoscenza agli uomini deboli e pigri. Il verde — colore della Madre Terra conle sue piante e con tutte le sue forme di vita — indicò lo scorrere del tempo edelle stagioni, delle tappe della vita nel villaggio. Il viola — come il cielo altramonto quando le nuvole sono piene di poggia — fu preso come simbolo dellasaggezza ottenuta con la buona pratica.

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1. Per il rapporto tra categorie cognitive eforme sociali nei sistemi di numerazione, ed inparticolare per il significato simbolico deinumeri kuna, vedi M. Squillacciotti,Antropologia del numero, Grafo edizioni,Brescia, 1996. - M. Squillacciotti, I Cuna diPanamá. Identità di popolo tra storia ed antro-pologia, L'Harmattan Italia, Torino, 1998.

2. Ricordo qui con simpatia ed affetto che ilsaila tummat Carlos Lopez, con la collaborazionedi Aiban Wagua come interprete-argar, hapresentato con una performance, come fossenella Casa delle Riunioni del proprio villaggiokuna, i Canti della resistenza all'epoca dellaConquista. Arte verbale ed etnostoria nellatradizione dei Kuna del Panamá al Seminariopresso l'Università di Siena "Memoria, storia eracconto. Codici e generi della comunicazioneverbale" nel 1997, nella significativa data del13 ottobre. Per i testi di etnostoria kuna, vediM. Squillacciotti, 1998.

3. M. Squillacciotti, Il segreto del villaggio diKalu Tuipì: la "mola" e l'origine dei colori peri kuna, Siena, 2000. La pubblicazione è statarealizzata come poster didattico per la mostraed i laboratori sulle mola presso il Museo perBambini di Siena; il testo viene qui presentatonell'Appendice n. 1.

4. P. Fortis, Le "mola" dei kuna di Panama.Percorsi didattici…, 2000. Per la illustrazionedelle mola che qui non possono essere riprodotteper questioni di spazio, rinvio all'archiviodigitalizzato della cattedra di antropologiacognitiva.

5. Ad esempio la "mola del giaguaro" o Achumola fa riferimento o dà accesso al raccontoomonimo di cui parla anche la pubblicazionebilingue kuna-castillano edita dal CongressoGenerale della Cultura Kuna, curata edillustrata da Iguaniginape Kungiler nel 1998,ed utilizzata per attività di animazione teatraleinterculturale da José Colman a Siena nel1999. Il testo viene presentato qui nellaAppendice n. 2.

6. Per il rapporto tra pratica sociale e cogni-zione vedi C. Grasseni e F. Ronzon, Pratiche ecognizione. Note di ecologia della cultura,Meltemi, Roma, 2004. - M. Squillacciotti(a cura), LaborArte. Esperienze di didatticaper bambini, Meltemi, Roma, 2004.

7. Milano, 1981, pag. 201.

Massimo Squillacciotti

Note

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Fu quando i colori ebbero riempito l’arcobaleno dei kuna che gli uomini e ledonne capirono che Paba e Nana vegliavano sul proprio popolo e che Diodiffondeva lo spirito della vita sulla Madre Terra, ricca dei semi e dei fruttidella fertilità. E questo ancora oggi raccontano i saila nelle riunioni e nellecerimonie nella “grande casa del villaggio” alle donne perché non smettano dicucire con ricami e colori le mola, come racconti della storia e della vita delpopolo dei kuna. Con il tempo e l’abilità delle donne, la mola si è trasformatain un vero e proprio linguaggio, quasi un tipo particolare di scrittura, ed èdiventata una specie di libro figurato che le donne stesse mostrano indossan-dola come camicia.

[trad. msq]

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Le pagine che seguono intendono ampliare il contributo di MassimoSquillacciotti con una nota sul potenziale didattico della mola intesa comeprogetto ed esito di un’attività strutturata culturalmente in una competenzatecnico-poetica.L’idea di allestire una mostra didattica sulle mola è nata nell’ambito delprogetto Arte e culture, promosso dal Museo d’Arte per Bambini di Sienaall’interno di un ampio quadro di iniziative e percorsi didattici che hanno peroggetto il territorio, il paesaggio, la fiaba e il racconto1. All’interno di questa serie di situazioni educative, la collaborazione istituitatra questo museo e il Laboratorio di Didattica e Antropologia dell’Università,fondato nel 2000, si è legata alla necessità di inquadrare un discorso specifi-catamente antropologico sulla pratica museografica intesa come esercizio ditraduzione di ciò che, nel linguaggio comune, viene indicato con l’espressionedi “patrimonio culturale”.Abbiamo quindi avviato una riflessione congiunta2 sia sui processi etno-cognitivi di percezione-rappresentazione-interpretazione, sia sulla partico-lare natura dei codici impiegati dalle diverse tecnologie della comunicazionemuseale. Questa riflessione si è tradotta nella mostra La mano che vede,l’orecchio che tocca, l’occhio che ascolta: il labirinto dei sensi e delle emozionicon i tessuti di Panama, che si è tenuta in occasione dell’inaugurazione dellasede del Museo per Bambini tra il 2000 e il 2001.La mostra intendeva presentare ai bambini il mondo dei kuna secondo unpercorso espositivo in grado di tentare una comunicazione didattica di conte-nuti formali e culturali, attraverso la proiezione di documentari e l’esposizionedi fotografie ed oggetti di uso quotidiano e rituale. Il materiale espositivofondamentale della mostra era costituito da una serie di mola.Tenendo conto che la mostra si sarebbe rivolta ad un pubblico di bambini inetà scolare, per i quali è più importante il processo creativo che non l’esitodella creazione, siamo partiti dall’idea di presentare un percorso che superassela rigidità di un’osservazione passiva attraverso un’impostazione, fatta diesperienze relazionali, che potesse collegare le capacità operatorie con quellerappresentative e con quelle dinamiche. La difficoltà è consistita nel selezio-nare il materiale proponibile e nel tradurre i principi teorici in situazioniadeguate all’età (anagrafica e cognitiva) dei bambini, al livello di educazionepregressa all’immagine, alle abilità tecniche già acquisite e/o da sviluppare,alle capacità logiche di lettura del fatto artistico.La scelta di un materiale di tipo etnografico ha facilitato il compito di presen-tare gli oggetti sia come “documenti compiuti” che consentono di suggerire intermini descrittivi il passato e il presente di “altri mondi” e “altri tempi” — cioèdi operare una serie di riflessioni sulla struttura sociale, sul livello di abilitàtecnica, sulle abitudini e sui comportamenti — sia come “eventi comunicativi”,inconsueti e inattesi, suscettibili di essere compresi nella relazione narrativaed emotiva stabilita con l’osservatore. In effetti, la mostra è stata pensata come intervento capace di sviluppare laconsapevolezza storico-culturale dei linguaggi e delle procedure usate nellaelaborazione artistica di un’immagine.

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L’intento era quello di presentare le mola ora come rappresentazioni,ora come prospetti, ora come scenari, giocando sul piano dell’espressione edell’investimento soggettivo delle conoscenze e delle rappresentazioni delmondo. Abbiamo quindi utilizzato due tipi d’impostazione didattica: conver-gente e divergente.

L’impostazione convergente si è volta al potenziamento della capacitàesplorativa dei bambini (approccio descrittivo, analitico e semantico), mentrel’impostazione divergente si è volta alla stimolazione della capacità creativaed interpretativa. In base a questi due orientamenti metodologici, abbiamostrutturato il programma didattico in due livelli di traduzione cooperanti edugualmente formativi: quello fruitivo-critico, che si è concretizzato nellediverse fasi di animazione della visita, e quello espressivo-creativo, che si èconcretizzato nell’attività di laboratorio.Si è innanzitutto previsto un momento di riflessione sul contesto generale diriferimento, attraverso l’allestimento di un ambiente attrezzato con oggettirituali e strumenti di lavoro. All’interno di questo spazio sono stati presentatidei documentari esplicativi sull’ambiente naturale, sull’organizzazione dellacomunità, sul cibo, sulla vita di villaggio. Con l’aiuto di un’operatrice,i bambini hanno sperimentato i diversi momenti della vita quotidiana attra-verso la narrazione di un racconto ricavato dalla ricostruzione di un mitorelativo all’origine della mola3.Il tema del labirinto ha costituito un’ulteriore unità di contenuto fondamen-tale su cui è stata giocata una parte dell’allestimento. Il percorso labirintico,riproducente lo schema di una mola che presentava un modulo figurativofondato sulla doppia spirale, è stato concepito come un itinerario esperienzia-le che avrebbe permesso ai bambini di “camminare dentro alla mola” perraccogliere le informazioni necessarie a ricostruire le proprie percezioni4.

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1. Schema dellaimpostazione con-vergente e dellaimpostazione diver-gente.

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Il labirinto, all’interno del quale erano esposte le mola, aveva due entrate edue uscite e poteva essere percorso in due sensi. Tutti e due i percorsi (gialloe rosso) prevedevano momenti di sosta multisensoriali, che permettevanoai bambini di soffermarsi su alcune qualità percettive5.Il percorso rosso era dedicato all’uso dello spazio e alle regole compositive.In questo percorso, le mola esposte servivano a mostrare la disposizione dellefigure, la ripetizione, la simmetria, l’accostamento dei colori come canonicompositivi, il bilanciamento delle forme, la ripartizione dello spazio inschemi bipartiti, quadripartiti, ortogonali, centrali, a fasce e a griglie6.Il percorso giallo, pensato in modo da costituire una concretezza d’approccioalla rappresentazione, era incentrato sui soggetti di tipo oggettuale-materialeraffigurati nelle mola (elementi geometrici, soggetti naturali come figureanimali e vegetali, oggetti ed utensili d’uso quotidiano)7.Come già accennato, i due percorsi prevedevano delle postazioni di sosta arti-colate in modo da permettere l’analisi delle caratteristiche del materiale-stimolo, posizionato sulle pareti dei corridoi del labirinto a formare unracconto strettamente interagente con le azioni che i bambini avrebberoeseguito nel loro movimento. Attraverso l’inserimento di animazioni al computer e di scatole magiche daesplorare con il tatto, si è dato particolare rilievo all’analisi della texture eall’esperienza uditiva e visiva riferita a suoni, versi di animali e colori ingrado di suscitare associazioni significative con forme, soggetti rappresentati econfigurazioni spaziali.Nel percorso rosso, in particolare, il bambino era invitato ad esplorare attra-verso il tatto forme di gommapiuma tridimensionali che riproducevano spazie configurazioni geometriche e ad ascoltare suoni adeguati a riprodurrel’andamento di moduli figurativi costituiti da linee e punti estratti da alcunedelle mola esposte.

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2. Mola del labirintoe schema della pian-ta del percorso espo-sitivo.

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Nel percorso giallo, invece, il bambino era invitato ad esplorare attraverso iltatto forme di gommapiuma tridimensionali che riproducevano animali evegetali — alcuni dei quali presenti in alcune delle mola esposte — e ad ascol-tare suoni della natura e versi di animali. L’esigenza di trasferire nella perce-zione tattile e uditiva i dati cognitivi presenti nella percezione visiva è natadalla necessità di condurre i bambini ad una lettura che fosse il più possibileprogressiva e selettivamente organizzata. Il percorso si è strutturato quindinella differenziazione dei procedimenti di codificazione delle forme secondo lecategorie essenziali di spazio, tempo, interazione e relazione per posizione edestensione dei soggetti ospitati nella composizione nel rispetto delle qualitàfisiche, estetiche e contenutistiche. Utilizzare la formula di “vedere con gliocchi, con le orecchie e con le mani” ha permesso così ai bambini di giocarecon percezioni diversificate ma semanticamente affini che operano una sintesicognitiva di forma e contenuto8. Il punto centrale del labirinto era delimitatoda due tende che chiudevano una vera e propria stanza di passaggio, dovei bambini si misuravano con il disco dei colori e con le mescolanze dei trecolori fondamentali9. La scelta del percorso didattico è stata quella di concen-trarsi non tanto sui significati emici del colore (vale a dire sugli aspetti signi-ficativi dal punto di vista del gruppo socio-culturale di provenienza), quantosugli aspetti compositivi, che sono stati esplorati sia mediante animazioni,sia mediante l’utilizzo di lucidi colorati sovrapponibili. Attraverso questidiversi momenti, il percorso induceva bambini a lavorare su progressivi attidi svelamento, cercando di fornire gli strumenti indispensabili per orientarsinella decifrazione dei contenuti formali e concettuali delle immagini.L’esperienza della visita si trasformava poi, tramite il laboratorio, in unasintesi capace di riunificare le conoscenze che fino a quel momento si eranopresentate come separate. I bambini erano invitati a ricomporre insieme tuttigli elementi raccolti durante la visita: gli oggetti, i colori, le forme, le simmetrie.Così, mentre osservazione, scelta e azione si potevano separare nell’esperienzadisgregante del labirinto, la loro unità di funzioni cooperative si ricostituiva nellaboratorio, che prevedeva che ogni bambino definisse le suggestioni avutedurante l’esperienza della visita attraverso un disegno o la realizzazione diun elaborato in carta collage. In questo modo, se il percorso labirintico sipoteva concepire come un’esperienza analitica, mirata a guidare il bambinonell’appropriazione cognitiva delle diverse suggestioni percettive fornite dallemola, l’esperienza del laboratorio forniva alla visita il senso di compiutezza,fondando una conoscenza dal valore estetico personale e non semplicementeludico. L’uso delle varie tecniche, differenziate a seconda dell’età, ha condotto allacostruzione di elaborati molto diversi, che hanno giocato con la relazionetra pieno e vuoto rappresentando i molteplici aspetti dell’esperienza.L’assegnazione dei colori agli elementi rappresentati negli elaborati, in parti-colare, testimonia l’interiorizzazione delle regolarità compositive che caratte-rizzano l’universo strutturale delle mola: le scelte soddisfano la leggibilitàe la differenziazione tra figura e sfondo e tra gli elementi rappresentati, lacentralità, la simmetria, il gioco tra forme complementari.

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Sulla combinazione di strutture regolari si sono quindi organizzate le infor-mazioni raccolte nell’esplorazione, selezionate in base all’interesse personalee secondo il grado di equilibrio contenuto.

L’impiego di cartoncini colorati e delle tempere con pennelli di setola larghied una serie limitata di tinte ha permesso ai bambini di non distrarsi dall’inte-resse fondamentale di giocare con le forme e di dare consistenza alle rappre-sentazioni. Nell’osservazione delle mola, i bambini si sono resi conto che esistevano rela-zioni spaziali tra oggetti di natura diversa e, negli elaborati, hanno dato loroun certo ordine, sperimentando l’effetto delle figure poste nelle varie zone delfoglio, partendo dalle relazioni alto-basso e destra-sinistra per giungere adelaborazioni più complesse fondate sulla ripetizione, sulla consonanza,sull’alternanza e sulla progressione.Alcuni bambini hanno scelto di ri-creare le figure e i soggetti standardizzatiincontrati durante il percorso, mentre altri hanno preferito misurarsi conforme ritagliate direttamente sul colore, sperimentando le potenzialità dellasovrapposizione di strati di colore diversi.Mediante il colore — inteso talvolta come materia cromatica e talaltra comequalità visiva aderente all’oggetto rappresentato — le immagini sono statecoordinate tra loro e con l’ambiente di contenimento.

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3. Animazione: effet-to della progressivacolorazione di unamola.

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La possibilità di rappresentare visivamente la differenziazione del ruolo deglielementi compositivi, forme astratte o oggetti naturali, è stata quindi resa siaattraverso la transizione di gradazioni e sequenze i toni che trovavano ilproprio fondamento su una base fortemente fenomenologica, sia utilizzandole diverse tinte come unità prive di un corrispondente empirico vero e proprio.

In ogni caso, i procedimenti del comporre mediante il colore hanno condottoall’appropriazione degli aspetti di aggregazione e di sintesi esemplificati daigiochi costruttivi dei ritagli per continuità, incastro e giustapposizione.I colori distesi, fermi e circoscritti delle mola, che si qualificano nell’opposi-

zione e nel contrasto di azio-ni e reazioni, di complessiequilibri, di attrazioni erepulsioni, sono stati quinditradotti nei colori “irrequieti”delle tempere e dei penna-relli diffusi nello spazio ariprodurre la partizione dialcune delle mola osservateo la direzione del percorsosvolto, oppure nei coloriintegrati in sequenze conti-nue di cartoncini intagliati esovrapposti.

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4. Mola della forchet-ta ed elaborato otte-nuto con la tecnicadel ritaglio di cartacollage.

5. Forme comple-mentari negli elabo-rati ottenuti con latecnica del ritagliodi carta collage.

6. Elaborati ottenuticon la tecnica delritaglio di cartacollage.

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8. Mola dei labirintied elaborati ottenuticon tecniche miste.

Evidentemente, sperimentando le varie fasi del percorso espositivo, i bambinisi sono resi capaci di attribuire agli elementi osservati dei significati che,negli elaborati, sono stati strutturati in categorie formali che seguono unalogica interna di tipo logico-matematico, narrativo e normativo che renderappresentabile il modo di orientare e verificare il rapporto con la realtà.

Se, in questaprospettiva, ognioggetto musealesi deve intenderecome luogo diincontro di codici,aspettative e refe-renze che unpercorso di inter-pretazione decidedi svelare onascondere, alloraogni museo — e conesso ogni percorsodidattico pensatoa partire daglioggetti che in essosono conservatied esposti — sidovrà concepireesso stesso comeun’opera di co-municazione chechiama non soload osservare, maanche a speri-mentare, immagi-nare e riflettere.

E ciò vale, in particolar modo, per un museo che si pensa prima di tutto inrapporto ai bambini in formazione, che si debbono guidare orientando la rela-zione che questi stabiliscono con il mondo rispetto al quale sono condizionan-ti-condizionati.

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7. Mola del fiore,forma di gommapiu-ma usata nell’esplo-razione tattile edelaborati ottenuticon la tecnica dellatempera e del rita-glio di carta collage.

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Per questo, per tornaread un principio già inparte delineato, il percor-so didattico qui presenta-to ha tentato non diimporre oggetti compiutida ri-copiare, ma dicomunicare oggetti inmovimento da ri-creare;oggetti, cioè, che possonoparlare solo nel momentoin cui si trasformano dadocumenti in eventicapaci di essere lettiattraverso uno scorcio

soggettivo. Si tratta, naturalmente, di un’impostazione pienamente culturaleche intende insegnare che la “comprensione” si pone sempre come “esperien-za”10, dal momento che ogni osservatore non solo assume i dati, ma li seleziona,li interpreta come piste per la propria immaginazione e per il fine che sipropone, trasformandoli in elementi progettuali: «l’idea di un’attività coscientee organizzata ha necessariamente di fronte a sé delle cose da muovere e damodificare, è agitata da diverse possibili soluzioni e sollecitata a scelte diverse.Viene poi il momento in cui si decide di agire, fatta la scelta, in funzione diuna desiderata trasformazione esterna. È il momento […] in cui l’immagina-zione confronta le diverse sollecitazioni, […] in cui si svolge non una distaccatae formale riflessione ma un dibattito interiore fra differenti direzioni di azioneo di pensiero concreto» (Santoni Rugiu 1973, p. 128). Del resto, è proprio inquesto senso che esprimere equivale a crescere, cioè ad acquisire gli strumentiper appropriarsi del mondo in termini di stati intenzionali.

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9. Mola che presen-tano configurazioniromboidali, forma digommapiuma utiliz-zata per l’esplora-zione con il tatto edelaborato ottenutocon la tecnica dellacarta collage.

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1. Sito del Museo per Bambini: <www.comu-ne.siena.it/bambimus>.

2. Mi preme sottolineare che il percorso didat-tico descritto in queste pagine — da me coordi-nato con la supervisione di MassimoSquillacciotti e Michelina Simona Eremita,direttrice del Museo per Bambini di Siena — èstato progettato con la consulenza e la

partecipazione di Cinzia Fia, Paolo Fortis eFabio Malfatti. D’altra parte, l’attuazione delprogramma educativo ha coinvolto, su piùlivelli, i coordinatori, i responsabili del progettoe gli operatori museali, la cui opera è statadeterminante per adeguare, in fase esecutiva,quei criteri organizzativi capaci di tradurre ilprogetto teorico nella concretezza del percorsoespositivo.

Note

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Riferimentibibliografici

3. L’inserimento di questa performance narra-tiva è servita per ricostruire un “senso narrato”del prodotto culturale specifico, cioè per recu-perare il modo autentico di accostarsi allemola, che sono state pensate e realizzate in uncontesto in cui la dimensione orale si presentacome componente originaria. Vedi iviSquillacciotti, Appendice 2.

4. Questo aspetto si è rivelato estremamenteimportante perché ha consentito ai bambini diprendere possesso della differenza tra percezio-ne interna ed esterna degli eventi, permetten-do altresì la riflessione sul senso di orienta-mento nello spazio e sulle coordinate di riferi-mento. Il senso del labirinto, d’altra parte, eraanche quello di soddisfare l’esigenza di avven-tura che si collega direttamente al bisogno delbambino di sperimentare la novità come provae rischio in un contesto fantastico.

5. Per maggiori dettagli sul percorso e l’allesti-mento della mostra si veda Fortis P. (a cura),2000.

6. Per maggiori informazioni sulla suddivisionedello spazio nelle mola si veda il contributo diMassimo Squillacciotti in questo volume.

7. Per maggiori informazioni sui contenutidelle rappresentazioni nelle mola si veda ilcontributo di Massimo Squillacciotti in questovolume.

8. Nella prospettiva di chi progetta un inter-vento didattico, questo procedimento è natodall’esigenza di riuscire a rendere esplicito ilcomune denominatore concettualmente fedeleai processi cognitivi di isolamento di elementisignificativi che si manifestano nella letturadei fenomeni.

9. L’operatrice presentava dei lucidi coloratisovrapponibili invitando i bambini a sperimen-tare l’effetto della sovrapposizione delle tinte.

10. Con ciò, la questione della formazioneestetico-artistica si configura a partire dallanecessità di strutturare programmi che favori-scano l’emergere di modalità interpretativenon genericamente contemplative e permettano,con ciò, l’interpretazione dei segni comunicativitrasmessi dagli oggetti intesi come contenitoridi significati suscettibili di analisi critica e dimodificazione.

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