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Marinai d’Italia MENSILE DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE MARINAI D’ITALIA Anno LXIV n. 10/11 • 2020 Ottobre/Novembre Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1 - DCB Roma “Una volta marinaio... marinaio per sempre” 23 0ttobre 2020 Il nuovo Presidente Nazionale è ricevuto dal Capo di Stato Maggiore della Marina Militare nel giorno del suo insediamento

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Marinaid’ItaliaMENSILE

DELL’ASSOCIAZIONENAZIONALE

MARINAI D’ITALIA

Anno LXIV

n. 10/11 • 2020Ottobre/Novembre

Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento

Postale - D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n° 46)art. 1 comma 1 - DCB Roma

“Una volta marinaio... marinaio per sempre”

23 0ttobre 2020Il nuovo Presidente Nazionale è ricevuto

dal Capo di Stato Maggiore della Marina Militarenel giorno del suo insediamento

Page 2: Marina id’Italia...• Med agl iNATO(Sh rpGu -m on time Gua d); • Na trinodi M eritop il Servizio prestato presso lo SMM (10 ni). L’A m i ag l oR s tè u e in Sc i enz Mar t

H o assunto da pochi giorni il prestigioso incaricodi Presidente Nazionale della nostra Associa-zione ed è la prima volta che, in tale veste, mi ri-

volgo a tutti Voi. Desidero, a premessa, inviare un affet-tuoso e sincero saluto ai Marinai e ai Soci, alle Patrones-se e alle relative famiglie. Provo grande emozione e orgoglio per essere stato chia-mato a svolgere tale compito per i prossimi quattro anni.Il passaggio di consegne fra il Presidente cedente e quel-lo accettante ha riguardato anche il Vessillo Nazionale eil Medagliere della Marina Militare. Simboli importanti ericchi di profondo significato. Il primo rappresenta l’As-sociazione nel suo complesso e nella sua unità, mentreil secondo racconta la storia scritta con il sacrificio e conil valore di tanti eroici Marinai.Nel momento dello svolgimento di questa particolare especifica fase del passaggio di consegna nella mia men-te in pochi secondi ho rivisto le mie cerimonie di assun-zione di Comandi durante i miei 40 anni di servizio atti-vo, ricordando come il cuore palpitava quando la ban-diera passava nelle mie mani. Uguali sensazioni ho pro-vato anche questa volta, ma forse con una maggioreconsapevolezza dovuta alla responsabilità derivantedall’essere stato eletto e non designato dallo StatoMaggiore. Il mio personale ringraziamento per la fidu-cia concessami nell’avermi eletto vostro Presidente Na-zionale. Nell’assicurarvi il mio massimo impegno, assu-mo l’incarico con entusiasmo, orgoglio, spirito di servi-zio e con il desiderio di continuare quanto avviato dal-l’Ammiraglio Pagnottella.Al momento ho delle idee e ho iniziato a delineare unabozza di programma. Avrò necessità, però, di un po’ ditempo per conoscere nei dettagli l’articolata strutturadell’Associazione e i progetti in essere. Un quadrienniodi durata del mandato è un periodo lungo, che può con-sentire la realizzazione non solo di idee concretizzabilinel breve termine, ma anche di pensare, studiare, ap-profondire, pianificare, programmare e porre in essereprogetti di ampio respiro. “Essere gelosi custodi della nostra storia e delle nostretradizioni, calati nel presente e proiettati nel futuro,possibilmente in anticipo”. Una frase di profondo signi-ficato, orecchiabile, suggestiva e mirata a rimanere nel-la mente, che descrive sinteticamente i valori e i principi

alla base della nostra Marina e gli obiettivi da consegui-re. Durante il mio periodo in servizio attivo è stata la miastella polare e intendo seguirla anche nell’espletamen-to di questo nuovo incarico. Il primo inciso descrive proprio una delle caratteristichedell’Associazione, che è custode delle gloriose tradizionimarinare nazionali ed è riconosciuta quale sana portatri-ce di antichi e inossidabili valori. Questo aspetto è unobiettivo già raggiunto, ma sul quale è necessario man-tenere sempre la massima attenzione, perché sono suf-ficienti pochi attimi di superficialità e trascuratezza pervanificare anni di duro lavoro.La società attuale è in continuo cambiamento, con unatrasformazione anche profonda nel modo di pensare,decidere e agire, per cui è di vitale importanza calarsinella realtà e affrontare i nuovi scenari con mentalità“giovane”, aperta e di larghe vedute. Ignorare o nonmuoversi con i mezzi adeguati potrebbe comportare ri-schi molto elevati per assicurare almeno una presenzae una esistenza dignitosa all’Associazione. Allo stessotempo, per quanto possibile, dobbiamo essere lungimi-ranti, guardando in avanti e individuando soluzioni in-novative. Le azioni da porre in essere ora e domani do-vranno preservare sempre i valori, gli ideali e la tradizio-ne, che rappresentano la nostra forza.Sono, inoltre, convinto che l’Associazione deve essere afianco della Forza Armata, rimanendo disponibile ad as-sumere un ruolo attivo e costruttivo, che consentaall’“Equipaggio Marina”, nel suo complesso, di esseresempre più compatto, unito, efficace ed efficiente, in per-fetta coerenza con il motto “Una volta marinaio… mari-naio per sempre”.L’ultimo aspetto, che desidero anticipare, riguarda lamassima considerazione che intendo attribuire al perso-nale; le problematiche portate all’attenzione dai Sociverranno analizzate e valorizzate. Allo stesso tempo miaspetto una sinergica e costruttiva partecipazione daparte di tutti. Credo fermamente, infatti, che ogni obiet-tivo, anche quello più ambizioso, possa essere raggiuntocon la collaborazione, le idee, i suggerimenti e le osser-vazioni di tutti.Desidero, infine, rivolgere un ringraziamento e inviare unaugurio.Il ringraziamento è rivolto al mio predecessore, l’Ammi-raglio Paolo Pagnottella, che nel corso dei suoi tre man-dati ha inciso significativamente con la sua tenacia, de-terminazione, energia, perspicacia e diplomazia sia al-l’interno sia all’esterno dell’Associazione. Ha portato atermine tante attività, ma soprattutto deve essergli rico-nosciuto il grande merito di aver accresciuto la visibilitàdell’ANMI, rafforzandone il ruolo. Ha mantenuto la pro-messa fatta all’inizio del suo mandato. A nome di tutti iSoci “Grazie Presidente”.L’augurio è indirizzato a tutti i neo eletti, chiamati asvolgere incarichi delicati e importanti.“Venti favorevoli”.

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Editoriale del Presidente Nazionale

Ammiraglio di SquadraPierluigi RosatiNato a Napoli l’11 settembre 1954, è coniugato con la si -gnora Nadia Salvati e ha due figli, Giorgio e Serena.Entrato in Accademia Navale nel 1973, ha ultimando il CorsoNormale di Stato Maggiore nel 1977.Dopo gli imbarchi sui Cacciatorpedinieri San Giorgio, Arditoe sulla Fregata Sagittario, ha svolto, con il grado di Tenentedi Vascello, l’incarico di Capo Reparto Operazioni primasulla Fregata Centauro e poi sulla Fregata Libeccio, dove èstato destinato dall’ottobre 1982 fino all’agosto 1984.Dall’agosto 1984 e fino all’agosto 1985 ha assunto il Co -mando della Nave Trasporto Acqua Basento; successiva-mente, a bordo della Fregata Zeffiro ha svolto l’incarico diCapo Servizio Operazioni e Ufficiale LO., facendo per un pe -riodo anche le funzioni di Comandante in 2ª.Dall’agosto 1988 al luglio 1990 è stato impiegato presso il3° Reparto dello Stato Maggiore della Marina con l’incaricodi Capo Sezione Situazione e Controllo.Dal luglio 1990 al luglio 1993 ha svolto l’incarico di CapoReparto Impiego Ufficiali Inferiori di S.M. presso la Dire -zione Generale per il Personale Militare della Marina.Dall’agosto 1993 all’ottobre 1995 ha comandato la FregataAliseo.Dall’agosto 1997 al maggio 1998, ha svolto l’incarico diCapo dellO Ufficio Pianificazione e Programmazione pressol’Ufficio di Pianificazione Generale Finanziaria dello StatoMaggiore della Marina.Dal giugno 1998 all’ottobre 1999 ha svolto l’incarico diCapo del 4° Ufficio, Pianificazione Generale delle Forze

Aeronavali, presso il 3° Reparto Pianificazione Generaledello Stato Maggiore della Marina.Dall’ottobre 1999 all’ottobre 2000 ha comandato il Caccia -torpediniere Francesco Mimbelli.Dall’ottobre 2000 all’agosto 2003 ha svolto l’incarico diCapo del 2° Ufficio del 4° Reparto dello Stato Maggioredella Marina, denominato successivamente 4° Reparto“Supporto al Personale” di Mariugp.Dal settembre 2003 all’ottobre 2006 presso l’Ufficio Im -piego Ufficiali di Mariugp ha svolto l’incarico di Capo del 2°Reparto.Dal novembre 2006 al giugno 2009 ha svolto l’incarico diCapo del 1 ° Reparto Personale presso lo Stato MaggioreMarina, venendo nominato anche Membro Effettivo dellaCommissione consultiva militare unica per la concessionee la perdita di decorazioni al Valor Militare.Dal 16 novembre 2009 al 12 ottobre 2011 è stato il Co -mandante dell’Accademia Navale e del Presidio Militaredi Livorno.Da novembre 2011 all’11 settembre 2015 ha ricoperto l’in-carico di Vice Direttore Generale a PERSOMIL (Direzione Ge -nerale per il Personale Militare).Collocato in ausiliaria dal 12 settembre 2015, è transitato inriserva il 1° aprile 2016.

I corsi frequentati dall’Ammiraglio di Divisione PierluigiRosati sono:• Corso di Abilitazione “AS/Sioc” presso Maricentadd Ta -

ranto (1977);• Corso Ufficiali G.E. presso Maricentadd Taranto (1978);• Corso Superiore presso Marinaccad Livorno (1980);• Corso di Specializzazione “SIOC” presso Marinaccad Li -

vorno (1980/1981);• 142a Sessione Scuola Comando Navale (1984);• 16° Corso Superiore di Stato Maggiore a Mariguerra

(1987/1988).

Le decorazioni dell’Ammiraglio Pierluigi Rosati compren-dono quelle di:• Commendatore dell’Ordine al “Merito della Repubblica

Italiana”;• Medaglia Mauriziana al “Merito di 10 lustri di carriera

militare”;• Medaglia d’Oro al “Merito di lungo comando” (20 anni);• Medaglia di Bronzo per “lunga navigazione nella Marina

Militare” (10 anni);• Croce d’Oro per “anzianità di servizio” (25 anni);• Croce al Merito Melitense del Sovrano Militare dell’Or -

dine di Malta;• Croce Commemorativa Nazionale per la missione relativa

alla crisi ex Jugoslavia;• Medaglia WEU per servizio prestato nelle operazioni re -

lative alla ex Jugoslavia;• Medaglia NATO (Sharp Guard - Maritime Monitor - Mari -

time Guard);• Nastrino di Merito per il Servizio prestato presso lo SMM

(10 anni).

L’Ammiraglio Rosati è laureato in Scienze Marittime eNavali.Socio benemerito dell’Associazione Nazionale Marinaid’Italia dal 2011 (tessera n. 380578).

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1 Editoriale del Presidente Nazionale

4 Responsabilità, Popolarità, Comunicazione

7 Leadership e popolarità

12 70 anni di evoluzione del naviglio italiano, dalla NATO al XXI secolo Parte V

18 Il ritrovamento dell’H.M.S.Erebuse del H.M.S.Terror

22 Ma siamo sicuri che è Persano?

24 Ammiraglio Pagnottella e Ammiraglio Rosati

26 L’Acquario di Genova

31 Un sottotenente (cp) di complemento a Compamare Rimini

36 Il lungo viaggio del Regio Sommergibile Giuliani

39 Andrea Doriae Stockolm

42 Foto d’Epoca

46 Giovanni Martuscelli Un marinaio d’altri tempi

48 Varie

pag. 4

Sommario

Avvisiai Naviganti

Norme di collaborazione1. La collaborazione al Giornale Marinaid’Italia è aperta a tutti. Essa può averluogo per invito della Direzione o perofferta spontanea degli Autori. In ognicaso, sia l’invito della Direzione, sial’accoglimento in esame di materiale odi proposte di collaborazione, nonimpegnano il Giornale Marinai d’Italiaalla pubblicazione né dà luogo a nes-sun tipo di retribuzione.

2. Originalità degli iscritti e dirittod’autoreGli scritti destinati all’eventuale pubbli-cazione sul Giornale Marinai d’Italiadevono essere inediti.I Sigg. Collaboratori sono tenuti alrispetto della normativa vigente in mate-ria di diritto d’autore e di proprietà delleillustrazioni. Dopo la pubblicazione sulGiornale, la ristampa degli scritti, sia involume, sia su altri periodici, anche secon modificazioni formali o integrazio-ni, deve essere autorizzata per iscrittodalla Direzione della Giornale.

3. Tipi di elaborati e invio del materiale,loro compilazione e allegati richiesti Gli elaborati devono pervenire in reda-zione via e-mail ([email protected]) o via posta registrati su CD oDVD redatti con un programma divideoscrittura (es: Word per Windows oMacintosh, txt, write ecc). Le immagini,sempre ben accette, debbono essere for-nite in formato Jpeg, EPS, Tiff con unarisoluzione non inferiore ai 300 dpi.Testo, didascalie e immagini devonoessere registrati su files separati.Nel testo e nelle dida il nome delle unitànavali devono essere scritti in corsivo;nel caso di classi di navi vanno tondo emaiuscolo. Di norma, non si accettano elaboratiscritti a mano. I testi, le illustrazioni e le didascalievanno redatti su file separati. Gli Autori che inviano per la prima voltaloro elaborati sono pregati di allegareun breve «curriculum vitae» e una foto.Le didascalie devono indicare la fonte(es.: «Archivio Autore», «Foto MarioRossi», «Rivista Navale», da wikipediaecc).

4. Restituzione del materiale Gli elaborati, anche se non pubblicati,non si restituiscono.

Video messaggiodel nuovo P.N.Tramite apposito link, sulla home-pagedel nostro sito (www.marinaiditalia.com)è stato di recente aperto il “canaleYoutube ANMI” che viene gestito dal-l’ufficio “Comunicazione e documenta-zione” della P.N.. Qui verranno postati ifilmati di interesse dell’Associazione(soprattutto i contributi relativi a ceri-monie e/o avvenimenti che i Gruppifaranno pervenire). A riguardo, l’ultimofilmato pubblicato concerne il brevemessaggio di saluto che l’ammiraglio disquadra (r) Pierluigi Rosati ha volutoindirizzare, nel giorno del suo insedia-mento, a tutti i soci.

LA REDAZIONE

In copertinaL’ammiraglio di sq. Giuseppe Cavo Dragone,Capo di Stato Maggiore della Marina Militare,con il nuovo Presidente Nazionale dell’ANMI,l’ammiraglio di sq. (r) Pierluigi Rosati

Direttore responsabileGiovanni Vignati

VicedirettoreAngelo Castiglione

RedazioneAlessandro Di Capua, Gaetano Gallinaro,Massimo Messina, Innocente Rutigliano,Daniela Stanco

Direzione, Redazione e Amministrazionec/o Caserma M.M. Grazioli LantePiazza Randaccio, 2 - 00195 RomaTel. 06.36.80.23.81/2 - Fax 06.36.80.20.90

Sito webwww.marinaiditalia.com

[email protected]

Iscrizionen. 6038Reg. Trib. Roma 28 novembre 1957

Progetto grafico e impaginazioneRoberta Melarance

StampaMediagrafViale della Navigazione Interna, 8935027 Noventa Padovana

Numero copie37.500

Codice fiscale 80216990582

C.C. BancarioUNICREDIT BANCA DI ROMA S.p.A.Agenzia di Roma 213Ministero Difesa MarinaIBAN: IT 28 J 02008 05114 000400075643Codice BIC SWIFT: UNCRITM 1B94

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Ambedue i conti intestati aAssociazione Nazionale Marinai d’ItaliaPresidenza Nazionalec/o Caserma M.M. Grazioli LantePiazza Randaccio, 2 - 00195 Roma

L’informativa sul trattamentoe protezione dei dati personaliè riportata sul sito dell’Associazionewww.marinaiditalia.comsezione “informativa privacy”

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MARINAI D’ITALIA DIARIO DI BORDO

La portaerei USA Theodore Roosevelt,

(Articolo di Roberto Domini a pag. 7)

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• le persone con tendenze esibizioniste evena narcisista sono sempre pronte arendere pubblici dettagli della loro vitaprivata (ma l’esibizionismo è contrarioalla riservatezza che si chiede, comeruolo e come individuo, ai membri delleFFAA);

• non esistono regole chiare che proteg-gano l’individuo o un’Istituzione da uninformazione rapida, invasiva e ad am-pio spettro;

• l’ambiente militare è quello in cui sicondividono esperienze e momentiunici che rimarranno per sempre; in ta-le contesto la privacy spesso non puòessere applicata in maniera rigida, mala riservatezza rimane sempre almenoopportuna;

• un episodio riguardante l’Istituzione puògenerare un temporaneo interesse co-municativo, che può diventare virale sela notizia diventa un evento di massa oqualora venga meno la trasparenza nel-la gestione dell’informazione;

• il senso del dovere (e la cognizione dellaresponsabilità) deve guidare le mossedi ogni Ufficiale di Marina, soprattuttoperché è il fondamento della propria di-gnità;

• ogni ufficiale di Marina deve essereconsapevole che:- la responsabilità delle sue azioni rica-de sempre e soltanto su di lui;

- il rispetto della catena di comando vaassicurato, così come il senso del do-vere nei confronti dei propri capi e deipropri subordinati;

- pur indipendente, originale e creati-vo nelle sue azioni, le conseguenzedi ogni atto non possono essere tra-scurate se non in linea con gli ordiniricevuti;

- la fiducia e la credibilità si costrui-scono con riservatezza e dedizionesilente.

• quando un errore si palesa e provoca undanno, non serve a nulla nasconderequanto è accaduto, è necessario esseretrasparenti e soprattutto far sì che da unevento apparentemente negativo sipossa trarre un insegnamento positivo;

• la popolarità è puntuale, momentanea,positiva, talvolta anche negativa, macertamente è cosa ben diversa dallaleadership;

• la ricerca del consenso dopo aver com-messo un errore, di una facile assoluzio-ne può rappresentare una scelta lesivaper l’Istituzione, per i colleghi e per glistessi subordinati.

La musica utilizzata è una popolare canzo-ne africana di Master KG, una sorta di pre-ghiera a Dio, “un’invocazione a portarlocon sé” in un altro regno, non si sa se peressere in onda buonistica o a la page conle proteste di piazza e sportive indotte dal-la manifestazioni statunitensi (nella coreo-grafia è mancata in effetti la conclusionein ginocchio, ma forse è stato solo per ladivisa bianca e ragioni di lavanderia).Detto questo vorrei indagare ulteriormentesugli aspetti che in qualche modo leganoil ballo di Jerusalema al caso Crozier, visto

anche che senza neppure conoscere il ca-so già si sono levate molteplici voci (e av-vocati anch’essi alla ricerca di visibilità).Quanto accaduto sulla portaerei Roose-velt in missione nel Pacifico è esemplare.Non conta la popolarità, l’unico appiglio acui si era appellato il C.te Crozier – com-plice la politica e gli ammiccamenti cheavevano accompagnato le sue inusualiazioni –ma conta il senso di responsabilitàe la visione integrale del “bene” dell’Isti-tuzione, che ben comprende la tutela delpersonale affidato a un comandante, ma sibasa su una più ampia vocazione di servi-zio, sul senso di responsabilità, sulla cor-retta sequenza di ordini e azioni che com-petono a chi esercita un comando.In entrambi i casi azioni come queste van-no a demolire lo “spirito di corpo”, quelconcetto di appartenenza e identificazio-ne che fa di una nave o di un gruppo untutt’uno e la trasforma in uno strumentoefficiente.Esistono esempi di disubbidienza motivatao di creatività brillante, ma né questo delballo di Jerusalema, né del caso Crozierrientrano in tale categorizzazione.Per essere troppo spesso chiamato in bal-lo ometto le parole che l’Ammiraglio Birin-delli sul tema popolarità, ambizioni e re-sponsabilità aveva rivolto nel 1964 agli al-lievi in occasione del loro giuramento, pa-role che stigmatizzavano la solennitàdell’evento e la portata della scelta di chientrava a far parte della Marina, ma nonposso che sottolineare come l’happeningtarantino vada nella direzione opposta,

5Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

P oco tempo e minime distanze eti-che separano un evento avvenutonegli Stati Uniti a bordo di una por-

taerei della US Navy, la Roosevelt, in cuiabbiamo visto come la popolarità e la ri-cerca del consenso possa diventareun’arma, che si ritorce contro il protagoni-sta di un determinato episodio, da un altroverificatosi nella nostra Marina da nonconsiderare secondario o folklorico, fattiche ci portano a riflettere ancora una voltasul tema della popolarità e sulle sue nefa-ste conseguenze.Prima di addentrarci nell’analisi, vorreisintetizzare brevemente quanto è stato vi-sto sui social a partire dal 6 agosto 2020,divenuto polemica da prima pagina delleprincipali testate da sabato 8 agosto. Altermine del giuramento degli allievi VFP1svoltosi a Taranto, il Comandante allaclasse – ufficiale donna dei ruoli normali –ha diretto un balletto, che ha coinvolto tut-ta la compagnia in armi.Una coreografia studiata in base al branomusicale scelto.L’esibizione, non certo marziale, è avvenu-ta a favore di poche persone (i famigliarinon potevano essere lì a causa delle re-strizioni dovute al covid 19) e il filmato nonè sembrato di taglio professionale. Rappresenta quindi un’esecuzione pubbli-ca, un “continuo” di una cerimonia istitu-zionale; qualcuno ha cominciato a diffon-derlo in rete, rendendo visibile ovunque unevento che avrebbe dovuto rimanere pri-vato, con immediato dileggio tanto pacifi-sta quanto di altre FFAA, per approdare in-fine, sabato 8, sulle prime pagine dei quo-tidiani nazionali.Torneremo sul quadro, particolare ed eti-co, ma intanto va prestata attenzione allereazioni dell’opinione pubblica, diverse evalutabili in pro e contro.

In particolare si sono espressi:

• a favore soprattutto i non militari, i gio-vani che hanno dimostrato di apprezza-re moltissimo non tanto il coraggio diuna scelta di vita dei nuovi marinaiquanto l’aspetto ludico e spensierato: è

stato esaltato l’aspetto di una sponta-neità, in evidenza la gioia che il gruppoesprimerebbe, una forma di disincanta-ta freschezza e capacità di sdrammatiz-zare l’impegno e la tensione che un giu-ramento normalmente porta con sé (di-menticando la componente di riflessio-ne che invece tale passaggio compor-ta). Alcuni ex militari ritengono che l’e-vento sia da considerarsi qualcosa digoliardico e positivo per creare lo spiritodi corpo; per essi manifestazioni assimi-labili a questa sono sempre accadute,ma mai sono state filmate e soprattuttoinserite in una rete globale;

• contromolti Ufficiali in servizio e in pen-sione, che in maniera compatta hannoritenuto sbagliato quanto hanno visto,sia perché la compagnia era in armi, siaperché si ritiene (e si spera) che fosseuna “manovra a sorpresa”, mancante diautorizzazione della catena di comando,insomma una trasgressione. Interessan-te notare che non vi sono state distinzio-ni tra giovani e meno giovani, tutti hannoespresso critiche nette all’evento. Anco-ra più interessante che proprio le donne,oggi comprese a pieno diritto e titolo nel-la Marina, abbiano preso male quantohanno visto, ritenendo che la protagoni-sta in qualche modo abbia danneggiatola loro immagine e il loro impegno, noncerto solo di forma, nell’Istituzione.

A queste posizioni si aggiungono valuta-zioni che hanno trovato nell’evento una

volontà politica volta a mettere in crisi l’I-stituzione, a sostenere con un messaggio,anche musicale e poco subliminale, leoperazioni “non convenzionali” della Ma-rina, orientandole non al contrasto, ma alsupporto dell’immigrazione. Un messag-gio subito colto e sfruttato per spingere laMarina a un maggiore impegno verso iltrasferimento in Italia delle masse di mi-granti.Più causticamente si sono scatenate faciliironie su nuovi balli da proporre agli allieviin formazione; in forma più preoccupantesi è manipolato l’evento per chiedere lumisull’uso dei fondi che la Marina richiedequale priorità per il personale, in quantità equalità di formazione.

Considerando che ogni azione è di per sépolitica quando diventa pubblica, non ri-tengo che il caso sia da avvicinare allemotivazioni indicate nel terzo punto, macerto è pericoloso quanto emerge dall’ul-timo. La politica “spicciola” sfrutta glieventi per interessi di parte.Sui social si sono aperte discussioni assaivive, moltissimi hanno ritenuto che la cre-dibilità della Marina e la sua integrità fos-sero state messe a rischio, quasi chequanto accaduto abbia dimostrato unapesante mancanza di indirizzi, di disciplinae soprattutto di etica.Secondo gli orientamenti e gli schiera-menti, quando la notizia dai social è appro-data sulla grande stampa, i giornali hannocommentato la storia anticipando ancheche l’ufficiale era stata trasferita ad altrasede e nei suoi confronti era stato previstoun provvedimento disciplinare, collegan-do immediatamente il caso dell’ignota Te-nente di Vascello ad altri di maggior evi-denza mediatica, non ultimo quello avve-nuto di recente nella US Navy.

Proporrei, prima di proseguire, alcuneconsiderazioni:

• nulla di ciò che facciamo rimane riser-vato nel mondo di oggi, siamo sempresul palco di un teatro e la nostra vita èosservata minuziosamente;

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Riflessioni

Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

Responsabilità, Popolarità, ComunicazioneAnalisi e conseguenze di uno spettacolo imprevisto

Giancarlo Poddighe - Socio del Gruppo di Torino

“Gli esseri umaniin certi momentisono padroni

del loro destino;la colpa, caro Bruto,

non è delle nostre stelle,ma nei nostri vizi.”

William Shakespeare

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L a presenza di buone penne sulla nostra rivista ha permessoche nell’ultimo numero di maggio/giugno fossero affiancatiun mio articolo sulla battaglia di Midway, capolavoro di Ray-

mond Spruance, e uno del T.V. Tirondola sul Capitano di VascelloCrozier (scheda in fig. 1), comandante della portaerei Roosevelt.Trovo sia stato uno scherzo del destino che nello stesso numerosi parlasse di due persone appartenenti alla stessa Marina (la USNavy) protagonisti di storie così diverse. Entrambi attenti al perso-nale a loro assegnato, hanno svolto il loro ruolo di comando in ma-niera opposta: da una parte vi è il protagonista dell’articolo di Ti-rondola, di cui la stampa si è occupata al punto da farlo apparireun eroe dei tempi moderni; dall’altra vi è un grande leader comeSpruance, contraddistinto da modi e comportamenti di una figuraschiva, poco popolare che, pur artefice di una delle più grandi vit-torie sul mare, ha vissuto il fatto con modestia e normalità, senzache i riflettori dei media si occupassero di lui.Mi compiaccio con il giovane amico per aver sollevato un impor-tante case study nel suo articolo dal titolo “Due Comandanti”, pre-sentando un argomento di grande attualità come la rimozione dalcomando avvenuta a bordo della portaerei Roosevelt. È stata perme una provocazione intellettuale e uno stimolo soprattutto alla lu-ce dei risultati dell’inchiesta sui fatti. Ho ritenuto opportuno quindisintetizzare i risultati e alcune valutazioni personali.Prima di tutto desidero mostrare l’andamento dei casi di positivitàa bordo dell’unità (fig. 2). Essi danno una perfetta immagine di co-me il sistema non abbia funzionato e, anzi, abbia causato l’aumen-to del numero dei contagiati dal virus.Poi, al fine di rendere comprensibile l’argomento, ho presentatodelle brevi schermate con i protagonisti dell’evento, che verran-no quindi nominati con un acronimo identificante il loro incarico.Tirondola ci presenta una: “...figura di un ufficiale che sacrifica la

propria carriera per la salute dell’equipaggio, e le immagini (quasicinematografiche e anch’esse ampiamente diffuse) del coman-dante che sbarca fra gli applausi della sua gente, salutandolaun’ultima volta dalla banchina, hanno indubbiamente commossoe generato una messe di commenti favorevoli”. Non credo chequesto evento possa ricondursi a un caso di disubbidienza crea-tiva di nelsoniana memoria, perché ciò rientra, come vedremosuccessivamente, nelle responsabilità del comandante.Non ritengo, inoltre, appropriato affiancare l’evento Crozier al ce-lebre (per la mia generazione) “caso Birindelli”. Modalità, conte-sto, culture e persone troppo diverse tra loro.Certamente il Comandante Crozier (da qui in avanti anche definitocome CPT) si è trovato a gestire una difficile situazione come losviluppo a bordo di contagi da Covid 19, senza che il sistema navefosse pronto a fronteggiare questa tipologia di minaccia. Tale si-tuazione dovrebbe rientrare però nella normalità delle cose: chi haeffettuato il comando navale sa bene quanto sia usuale affrontare

7Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

non solo toglie solennità e impegno all’attoappena compiuto, ma sta a dimostrareche ogni impegno assunto non è serio,non è definitivo, si può buttare in farsa, èopportunismo, non parliamo a giustifica-zione di goliardata.Forse qualcuno ha pensato che questa for-ma di spettacolo, in nome della popolaritàsia uno strumento efficace di comunicazio-ne e promozione nei confronti dei giovani:questo è il vero punto su cui riflettere. Unavicenda che va esaminata e valutata sottogli aspetti di Etica, Esempio e Responsabi-lità, che – ben prima di parlare di altre pe-culiarità della vita militare – sono i pilastridell’efficienza dello strumento navale, noncerto di ambizioni ed esibizionismo.Le scuole devono essere, oggi più chemai, per la raggiunta professionalizzazio-ne della professione militare, centri di ec-cellenza, dove si effettua l’imprinting del-l’allievo, qualsiasi sia il ruolo che dovrà ri-coprire, i gradi che potrà raggiungere, iltempo che vestirà la divisa.Il binomio ufficiale/sottufficiale inquadra-tore è fondamentale, la matrice dell’im-printing: da loro dipenderà o meno non so-lo il successo della formazione, ma il futu-ro stesso delle reclute, una forma di vita,sia che continuino in uniforme sia cherientrino nel mondo civile.

L’inquadratore (figuriamoci poi se si trattadel comandante alla classe) deve:• essere autorevole, responsabile, giustoe carismatico, non ricerca la popolarità;

• infondere sicurezza e rappresentare unriferimento e un esempio tutelando i su-bordinati;

• evitare di socializzare con essi in mododa non confondere disponibilità conamicizia, non può essere smart come sidice oggi;

• evitare le trasgressioni perché rappre-sentano una colpa, un fallimento neldifficile percorso di formazione, inquanto inducono al tutto è possibile,tutto è lecito.

Ricordiamoci che le colpe si possono an-che giustificare e cancellare, il ridicolo ri-mane per sempre, riaffiora costantemente,e il ridicolo è l’attuale fattore predominante.Non si può relegare il fatto alla manifesta-zione goliardica da difendere in base allalibertà di espressione, non si tratta neppu-re di una leggerezza, ma di uno spettacoloche non può identificarsi con l’immaginedella Marina e del suo personale. Ciascun

ufficiale è formato e preparato a esseretutore della responsabilità e della legalità:deve essere quindi coerente con l’etica ele forme dell’Istituzione.Se riconducessimo tutto a un’azione indi-viduale, al “[...] ha fatto tutto da sola è un’i-niziativa personale [...]”, sarebbe grave esarebbe un indice di mancanza di comuni-cazione e controllo nella catena gerarchi-ca. Se dovessimo ricondurre il tutto a untentativo – autonomo ed estemporaneo –di rinnovare l’immagine della Marina nellacertezza del gradimento dell’Istituzionestessa, ciò sarebbe ancora più grave.Due aspetti inquietanti e non possono es-sere casuali né la coreografia né, quindi,la preparazione; se c’è preparazione c’èpure la volontà del messaggio compresala scelta del brano musicale, che non è ri-conducibile né alle tradizioni Marina, né aicostumi navali, ma è un chiaro messaggiopolitico e la MARINA NON fa politica, nési fa politica in Marina.Qualora una manifestazione inopportunasia trasformata in un indebito messaggiopolitico è importante sottolineare che l’I-stituzione non fa politica, che la politicanon ci appartiene.Ha sollevato un problema di etica, difficileda comprendere e dipanare all’esterno,ed è indegno e colpevole chi si appellaall’appoggio esterno, in termini politici e diopportunità, chi vuol portare questo catti-vo esempio alla giustizia amministrativa.Qualora si accettassero manifestazioni diquesto genere, si porrebbe un problema diresponsabilità anche nei confronti dei con-tribuenti: si chiedono risorse per navi, mez-zi e, soprattutto, personale e si impiegano

per questi risultati, per happening? magariun preludio per costumi di scena (e tacchia spillo)?La difesa becera e a oltranza degli attoriche ormai si prospetta da forze esterne -non certo tenere con la Marina –a favoredi chi ha commesso la mancanza avvicinaancor di più il ballo di Jerusalema al casoCrozier, rischia di spaccare l’opinionepubblica, se non lo stesso rapporto con ilpersonale.L’evento danneggia la Marina in un mo-mento in cui è l’Istituzione ad avere biso-gno di consenso, unanime, in particolaresulla necessità di più personale, megliopreparato.Chi entra in Marina non lo fa per essereparte di un happening.Quello sollevato dagli ultimi avvenimentirappresenta un problema di rigore nellaselezione, nella formazione e soprattuttonell’assegnazione degli incarichi. L’attitu-dine al comando non è per tutti, ma so-prattutto non è delegabile al TAR.Nel concludere queste poche riflessionivorrei citare alcuni dei punti ricordati in unpamphlet che veniva consegnato ai giu-randi e che era opera del già citato, Am-miraglio Birindelli.

“Allievi per prestare fedeal giuramento cercate di uniformareil Vostro comportamentoalle fondamentali regole di vitadi una seria organizzazione militare fra le quali desidero indicarvenealcune che mi sembranosignificative:non lasciatevi condizionaredall’interesse o benessere proprio;comportatevi sempre con coerenza seguendo i più sani principi;sappiate infondere negli altrifiducia nella vostra azione di guida;agite di iniziativa e prendeteponderate decisionisotto la vostra responsabilità”.

Questi concetti rimangono validi ancheoggi, in un mondo che consuma e passa alsetaccio ogni cosa tirandone fuori spessoil peggio. Discrezione e coerenza, traspa-renza e servizio, senso della comunità eumiltà se costantemente applicate porta-no a buoni risultati. Se ciò non accade, sevengono meno i principi, l’Istituzione nesoffrirà e soprattutto non sarà più liberadai condizionamenti esterni.

n n n

6

Professione “Marinaio”

Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

L’AmmiraglioGino Birindelli

Leadership e popolaritàRoberto Domini - Presidente del Gruppo di Vittorio Veneto

Riflessioni

Brett CrozierCapitano di VascelloCPTUscito da Annapolis nel 1992.È Comandante del T. Rooseveltdal novembre 2019.È un pilota di F-18.

Fig. 1

Progressionedel numero di personetrovate positiveal Covid 19a bordo di NaveTheodore Roosevelt

Numerodi persone

positiveal virus

Covid 19

Data

Casiconfermati

Fig. 2Fonte US Navy

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puntato il dito sul fatto che la catena di comando – nel caso Cro-zier – non ha funzionato come avrebbe dovuto. (Harlan K. Ullman,COVID-19 and USS Theodore Roosevelt: The Chain of CommandDid Not Work, (Proceedings Vol. 146/6/1, June 2020, pag. 408.).Le conclusioni, a cui giunge l’autore dell’articolo sopracitato, sonoche il ACTSECNAV era nel giusto nell’aver sollevato Crozier dal-l’incarico e che, se la catena di comando avesse funzionato cor-rettamente, sia Crozier sia il Contrammiraglio Stuart Baker (da quiin avanti CSG-9) (fig. 5), suo diretto superiore, non avrebbero subìtouna commissione di inchiesta. Inoltre sottolinea che il ACTSEC-NAV aveva valutato negativamente la risposta iniziale da partedella leadership della US Navy, ritenendola troppo lenta nel ri-spondere all’emergenza.Sulla base di ciò ACTSECNAV aveva chiamato telefonicamente ilCNO, ricevendo da lui assicurazioni sulla sua fiducia nell’operatodella catena di comando (di cui una sintesi in fig. 6). Successiva-mente aveva anche assicurato il proprio sostegno a Crozier e lasua totale disponibilità in caso di necessità. La risposta di Crozier indicava che non era necessario alcun aiutoulteriore e che la situazione era sotto controllo. Ciò avveniva benprima del 30 marzo, data di invio della infame e-mail (così comeviene definita da Proceedings).È chiaro che, alla pubblicazione dell’infame e-mail sul San Franci-sco Chronicle (apposita scheda in fig. 7), il ACTSECNAV si sia sen-tito tradito e per questo abbia ritenuto Crozier non idoneo al co-mando, parere confermato durante una sua telefonata con il CSG-9, superiore diretto del Comandante del Roosevelt.Un’aggravante a carico di Crozier è di aver disatteso tutta una se-rie di procedure – indicate dal Comando della 7a Flotta, suo supe-riore gerarchico – soprattutto in campo sanitario. Non si compren-de poi come mai non abbia inserito tra i destinatari della famige-rata e-mail il C7FLEET. Adesso si può meglio comprendere la mo-tivazione dell’iniziale esonero di Crozier da parte del CNO. La vicenda presenta una serie di aspetti che potremmo dire inquie-tanti per quanto attiene al comportamento di un’organizzazionestimata come la US Navy. Lo stesso Capo di Stato Maggiore (CNO)sembra essere stato mal consigliato dal suo staff, se prima eso-nera, poi riaccetta in comando e quindi allontana nuovamente unodei suoi comandanti. Vorrei però evidenziare che il comportamento dell’ACTSECNAVThomas Modly, ex allievo di Annapolis e quindi un ufficiale di Ma-rina, ha evidenziato doti di leadership più evidenti di altri.Essendosi recato a bordo del Roosevelt in porto a Guam, si era ri-volto all’equipaggio, fortemente ed empaticamente legato al suocomandante, giudicando Crozier, ormai divenuto un idolo, con pa-

9Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

situazioni in cui si devono trovare soluzioni, anche in tempi limitati,a difficoltà inaspettate, spesso senza essere in possesso di mezziadeguati. Non direi, quindi, che il caso Crozier sia così specialedal punto di vista del comando navale. A farne un caso mediaticoè stata una e-mail giunta alla redazione di un giornale e da qui èscaturito un caso politicamente rilevante. Vorrei sottolineare chela vicenda non parte dall’evento appena citato, bensì dal comu-nicato del Pentagono del 24 marzo in cui si afferma che tre mari-nai del Roosevelt (poi trasportati in un ospedale militare statuni-tense) hanno contratto il virus.Thomas Modly, (da qui in avanti ACTSECNAV) (fig. 3), nel comuni-care l’evento afferma: “...abbiamo identificato le persone con cuii tre sono stati in contatto e stiamo predisponendo la loro quaran-tena. Questo è un esempio della nostra abilità a mantenere altal’operatività delle nostre unità navali”.La situazione però si aggrava e il 27 marzo il Capo di Stato Mag-giore della Marina, Ammiraglio Mike Gilday (da qui in avantiCNO) (fig. 4), interviene con questa dichiarazione: “A seguito

dell’aumento dei test effettuati, nuovi casi di positività sono statiscoperti a bordo del Roosevelt. Prendiamo questa minaccia mol-to seriamente. Stiamo lavorando velocemente per identificare eisolare i casi di positività e nel contempo prevenire che il viruspossa espandersi ulteriormente. ...Nessun marinaio è in condi-zioni gravi”. Improvvisamente, a fine marzo, copia della e-mail inviata da Cro-zier ai suoi superiori gerarchici viene in possesso della stampa.Secondo lui, che si fa portavoce del parere di quattro medici dibordo che hanno lanciato l’allarme di possibili 50 vittime qualoral’evacuazione non avvenga in tempi rapidi: “...a causa delle limita-zioni nello spazio a bordo, non è possibile dare seguito alle dispo-sizioni relative al distanziamento sociale”.Si tratta, quindi, di tre momenti distinti: il primo, strategico, che at-testa che nulla ostacola l’operatività delle unità navali della USNavy; un secondo, operativo, che certifica che la situazione è sot-to controllo; e una terzo, tattico, con una richiesta di supporto.Quasi subito la rivista Proceedings del Naval Institute di giugno ha

8 Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

San Francisco Chronicle (SFC)e l’infame e-mailIl 31 marzo alle 09.11 un cronista del SFC contatta il Pentagonodicendo che ha ricevuto copia di una e-mail di 4 pagine del Co-mandante del Theodore Roosevelt richiedente aiuto. Alle 04.00del 1 aprile il SFC pubblica sul suo sito web un articolo dal titolo“Exclusive: Comandante di una portaerei con a bordo crescenticasi di coronavirus supplica aiuto da parte della Marina” senzache vi siano commenti da parte della US Navy. Il ComandanteCrozier ha ribadito in fase di inchiesta che non aveva mandato lalettera e-mail al di fuori dei canali previsti. Il ContrammiraglioBaker, superiore diretto di Crozier, afferma che la pubblicazionedell’articolo sul SFC, basato sulla e-mail di Crozier, lo ha sorpre-so. Secondo lui ha anche esasperato i rapporti tra la US Navy eil Governatore di Guam per la decisione di sbarcare sull’isola ipositivi al virus.

Professione “Marinaio”

Thomas B. ModlyPoliticoACTSECNAVFacente funzionidi Segretario per la Marina(Sottosegretario di Statoper la Marina).Si è dimesso dall’incaricoin data 7 aprile 2020

Fig. 3

Fig. 6

Michael M. GildayAmmiraglioCNOUscito da Annapolis nel 1985,ricopre la carica di Chiefof Naval Operation(Capo di Stato Maggioredella US Navy)da fine estate del 2019

Fig. 4

Stuart P. BakerContrammiraglioCSG-9Comandante del Carrier StrikeGroup 9 operante nel Pacificoa bordo della portaereiTheodore Roosevelte superiore direttodi Brett Crozier

Fig. 5

Fig. 7

Catena di Comandoamministrativa

Catena di Comandooperativa

Comandante della Flotta del Pacifico - CPFAmm. di Sq. John Aquilino

H H H H

CNAP - Commander Naval Air PacificAmm. di Div. De Wolfe Miller

H H H

Responsabile per personale, formazione, addestramento preliminare,manutenzioni e supporto al fine di assicurare la prontezza dell’unità

a far fronte ai compiti assegnati

Risponde della prontezza di tutti i comandidell’aviazione navale assegnati.

Ricopre anche l’incarico Commander Naval Air Force (CNAF)

C7FLEET - CComandante della 7a Flotta Amm. di Div. William Merz

H H H

Responsabile per l’assolvimento di specifiche missionisia operative sia addestrative

Coordina la pianificazione e l’esecuzione delle missioniin maniera complementare e di concerto con il Com.te la 3a Flotta.

L’obiettivo è assicurare sicurezza e stabilitànel teatro operativo del Pacifico

CARRIER STRIKE GROUP 9 - Contrammiraglio Stuart P. Baker H H

Catena di Comando

role dure, chiedendosi se fosse o un ingenuo o uno stupido o an-cora una persona che ha interessi diversi da quelli dell’Istituzione.Ai suoi occhi, il Comandante aveva mancato di adempiere ai propridoveri e non meritava la sua fiducia, perché aveva tradito l’Istitu-zione, facendo trapelare la mail all’esterno.Questo suo discorso a bordo è stato fortemente criticato dalla stam-pa, dallo stesso equipaggio e da molti esponenti del Partito Demo-cratico, che hanno colto l’occasione per attaccare il Presidente.Il ACTSECNAV si è poi scusato, sia in generale sia direttamentecon Crozier, per la confusione che le sue parole avevano cau-sato e per il dolore che poteva aver fatto nascere in lui e la suafamiglia.

La decisione del SECNAV di lasciare l’incarico è forse dipesa dalsenso di colpa da lui maturato per quanto accaduto a bordo del Roo-sevelt, dichiarandosi certo di aver perduto, in quella circostanza, laconsapevolezza politica del suo ruolo. Si è infatti troppo immedesi-mato nel ruolo di comandante o di collega, piuttosto che vestire ipanni di sottosegretario, e ciò non è servito alla causa di una buonagestione degli eventi. “…mi auguro che con il passare del tempoessi (l’equipaggio del Roosevelt) sapranno concentrarsi sul signifi-cato delle parole piuttosto che sul modo brusco in cui sono statedette. Ciò che è fatto, è fatto. Non posso tornare indietro e anchequalora lo facessi oggi, francamente non saprei dire se vivrei lestesse forti emozioni che hanno guidato la mia uscita di ieri. Il miodoveva essere un messaggio di amore per l’Istituzione, di sostegnoal ruolo della nave, una trasmissione di coraggio che andasse oltrele avversità. …a causa mia queste parole sono andate sprecate eil loro significato perduto. Di ciò sentirò il peso per tutta la vita. Maio non sono un allenatore di football, né il Comandante della nave,sono il SECNAV e tutti da me si aspettavano di più e di diverso.”Trump è, invece, intervenuto in difesa del suo SECNAV che nonavrebbe – secondo lui – dovuto dimettersi. Non riteneva infatti cheModly avesse alcuna colpa in quanto successo, ma che l’interafaccenda fosse un evento sfortunato. Per Trump, Crozier nonavrebbe dovuto dimostrare di essere il nuovo Hemingway scriven-do la lettera incriminata, ma comportarsi con maggiore buon sen-so: “Forse ha avuto una giornata in cui tutto è andato storto e hafatto un errore. In fondo ogni uomo può sbagliare.”

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• enfatizzare le positività della cultura marittima relativamente adapertura e scambio franco di opinioni tra superiori e subordinati,migliorare la qualità della comunicazione, in modo da non crea-re equivoci, e comprendere che il superamento del rapporto ge-rarchico deve essere considerato un’ultima spiaggia quandonon esistono altre alternative.

Inoltre, la Commissione ha consigliato al CNO di coordinarsi contutti gli ammiragli a quattro stelle per porre mano alla revisione del-la formazione/addestramento dei Comandanti di Strike Group, va-lutando in particolare le competenze maturate dai designati al co-mando e indicando i passi formativi precedenti l’assegnazione,prediligendo il pensiero critico e la capacità di problem solvingdu-rante l’effettuazione di operazioni non di routine e di risposta a crisinon prevedibili.Relativamente al Comandante Crozier la Commissione ha decisoche non gli sia riassegnato alcun incarico di Comando e che nelsuo fascicolo amministrativo sia riportato che ha operato al di sot-to delle aspettative.Nel concludere questa lunga esposizione, mi sento di evidenziareche il ruolo di comando prevede sia la soluzione dei problemi siadi saper comunicare le esigenze. Credo che tutto il case study ab-bia dimostrato difficoltà che non ci si aspetterebbe da una orga-nizzazione così esperta come la US Navy.

Vanno considerate le attenuanti per la situazione vissuta e la so-litudine provata, che però è insita in ogni ruolo di comando. La co-noscenza degli eventi ci fa dire che il suo agire non è sembrato inlinea con le indicazioni di cui alla fig. 12. Anche la sua e-mail haespresso in modo inappropriato la sua responsabilità, in quantonon ha ottenuto i risultati da lui sperati, anzi rendendo difficili i rap-porti tra colleghi.Emerge, inoltre, che scarsa comunicazione e fiducia hanno minatoil rapporto all’interno della catena di comando e che, nonostantel’impegno, la buona fede e l’attenzione dimostrata dai superiori ge-rarchici, ciò abbia impedito la soluzione del problema.La US Navy ha dimostrato di non essere adeguatamente prepara-ta a fronteggiare situazioni di crisi come quella vissuta a bordo delRoosevelt. Ha inoltre subìto i condizionamenti e gli effetti mediaticidel caso e la popolarità raggiunta dal Comandante del Rooseveltal punto da sollevare, riassegnare e, quindi, sollevare nuovamenteCrozier dall’incarico.Alla luce di quanto poi emerso dalla Commissione d’inchiesta, cre-do che il ACTSECNAV avesse avuto buone motivazioni per chie-dere l’allontanamento di Crozier dall’incarico, ma ritengo che que-sto atto abbia scatenato una vicenda che è andata ben al di là de-gli aspetti legati alla US Navy. Mi sembra evidente che l’accani-mento nei suoi confronti sia dipeso da motivazioni politiche tese ascreditare ulteriormente il Presidente Trump e guidate dall’oppo-sizione democratica.A questo punto è evidente che la Difesa, guidata dal Defence Se-cretary Mark Esper (fig. 13), ha dimostrato di attraversare acqueburrascose: numerosi casi di dimissioni ad alto livello, sostituzionedi 4 segretari per la Marina, o facenti funzioni di Segretario, negliultimi tre anni e mancata stesura di una legge navale che assicuriuna forza di almeno 355 unità.Vi sono le evidenze di una crisi che dovrà essere affrontata condecisione dalla leadership del Paese e della US Navy: pur ricono-scendo l’importanza degli uomini in blu, bisogna ricordare che èl’Istituzione a dover essere sempre e comunque salvaguardata.Ciò significa che, come Raymond Spruance indicava nelle saledella Scuola di Guerra di Newport, ciò che facciamo è per l’Istitu-zione, non per la popolarità o l’interesse del singolo individuo. Due comandanti di due epoche diverse che non potrebbero esse-re più agli antipodi: Spruance, che viene definito dal suo biografoThomas B. Buell: “ ...una persona rimasta sconosciuta al pubblicoamericano alla fine della guerra. Era timido e reticente e non ama-va essere famoso. La storia secondo lui avrebbe giudicato le sueperformance in guerra sulla base di ciò che aveva fatto, non suquello che aveva detto.” Di lui Nimitz disse: “È dato a pochi ame-ricani di servire la propria Patria così efficacemente e a un così al-to livello come fece Spruance.”Crozier d’altro canto è diventato un eroe del nostro tempo, osan-nato dalla stampa americana come esponente di coloro che han-no rischiato la propria carriera, pronto a subirne le conseguenze.Il pronipote di Theodore Roosevelt sulle pagine del The New YorkTimes lo definisce: “...un eroe del nostro tempo e meritevole dellapiù profonda gratitudine”. Affianca poi il caso attuale a uno simile,che vide come protagonista suo nonno durante la guerra ispano-americana.Due epoche, due concetti di eroismo, due diversi modi di vedereil Comando navale. Tutto ciò deve farci riflettere sulle complessitàdel mondo di oggi.

n n n

11Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

Il 19 giugno sono pubblicati i risultati della Commissione di inchie-sta dai quali scaturiscono ulteriori sviluppi.La predetta Commissione si è basata sul capitolo 10 della raccoltadelle leggi federali (US Code) e sul capitolo 8 del Regolamento del-la Marina (Navy Regulation) ai paragrafi 2.1., 2.2., 2.4. (vedi figurea fianco dalla 8 alla 12).Per la Commissione, il comandante Crozier ha fallito il compito dicontenere l’aumento dei casi di positività al COVID 19 a bordodell’unità, non essendo riuscito a bloccare la propagazione dell’in-fezione e avendo autorizzato, su consiglio del Capo Servizio Sani-tario, i movimenti dei marinai in quarantena.Crozier ha mancato poi dal punto di vista comunicativo nei rapporticon i superiori, in particolare sia non comunicando le sue inten-zioni al CSG-9, suo diretto superiore, sia non inserendo nell’elencodei destinatari il C7FLEET. La Commissione ritiene che la e-mail siastata spedita dal Comandante in buona fede, ma il suo invio nonera necessario. Aver inviato una lettera di argomento sensibile sudi una rete non classificata è stato un grave errore. Non sembrache il sostegno e la rapidità di risposta dei superiori siano maimancati a Crozier, nonostante i suoi errori.La pubblicazione della lettera sul San Francisco Chronicleha, inol-tre, reso complicati e difficili i rapporti tra la US Navy e il Governa-tore di Guam, in quanto la pressione dei media e della popolazioneaveva ormai reso il caso difficile da gestire.La Commissione ha criticato l’operato del Servizio Sanitario di bor-do che, in particolare, ha mal consigliato il Comandante circa la li-bertà di movimento del personale in quarantena e non lo ha soste-nuto con una corretta e dovuta informazione. La stessa Commis-sione ha valutato poi il Capo Servizio Sanitario incapace di guidarei propri subordinati e di esprimere una leadership credibile, inquanto aveva inviato a propria firma una e-mail fuorviante (pre-sentava una situazione più grave della realtà), imprecisa (almeno50 morti) e ricattatoria (minaccia di avvisare la stampa) al di fuoridella catena di comando; così facendo, si era trovato a conviverecon una situazione ormai insostenibile.Numerose le criticità messe in evidenza dalla catena di comando:tra queste risulta particolarmente grave l’incapacità di intrapren-dere azioni coordinate, rapide ed efficaci atte a ottimizzare il di-stanziamento sociale e l’isolamento, evidenziando così una nonadeguata capacità di comando e controllo. Il trasferimento a terra(a Guam) di 2.300 marinai, per i quali era stata assicurata disponi-bilità di alloggiamento, non ha conseguito l’obiettivo, avendo alcontrario comportato un aumento dei casi di positività.Anche il comando del SG-9 non è indenne da colpe: non ha com-preso l’urgenza di effettuare misure di quarantena e ha mancatodi esprimere il controllo e un’adeguata leadershipnei confronti delComandante del Roosevelt e delle azioni intraprese a bordo in fun-zione anti-Covid.Nelle conclusioni la Commissione impone di intraprendere le se-guenti misure correttive:• valutare meglio e sulla base di informazioni più attendibili la si-tuazione dei contagi nel mondo, al fine di evitare una port-visitcon conseguenze negative sull’equipaggio;

• aggiornare le regole in vigore e le predisposizioni tecniche pre-cauzionali da parte del servizio sanitario in caso di epidemie abordo;

• valutare i condizionamenti culturali, comunicativi ed etici chehanno inficiato il risultato ottenuto dal comando navale, pren-dendo spunto da casi simili già presentatisi in passato;

10 Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

Professione “Marinaio”

Tratto dal cap. 10 del US Code(Raccolta delle leggi federali)“Ogni Comandante deve intraprendere tutte le misure appropriatee necessarie a promuovere e salvaguardare il morale, la salute eil benessere generale degli ufficiali e marinai ai suoi ordini”.

Tratto dal cap. 8 para 2.1.delle Navy Regulations(Guidelines sul comando navale)“La responsabilità del comandante nel suo incarico è totale (ab-solute). La sua autorità è commisurata alla sua responsabilità…Pur potendo delegare – a sua discrezione e nel rispetto dellalegge – l’autorità ai suoi delegati nell’esecuzione di particolariattività, la delega non lo esenta dalla continua responsabilitàper la sicurezza, il benessere e l’efficienza del suo comando”.

Fig. 8

Fig. 9

Tratto dal cap. 8 para 2.2.delle Navy Regulations(Guidelines sul comando navale)“Il Comandante che decida di agire in maniera discorde dagli or-dini o istruzioni ricevute, agisce di propria responsabilità. È co-munque tenuto a rappresentare al superiore le motivazioni che lohanno portato ad agire difformemente dagli ordini ricevuti”.

Fig. 10

Tratto dal cap. 8 para 2.4.delle Navy Regulations(Guidelines sul comando navale)“Il comandante deve esercitare la leadership attraverso l’esem-pio, l’etica (moral responsability) e buon senso (judicious atten-tion) nella gestione del benessere delle persone alle sue dipen-denze. Tale leadership dovrà essere esercitata allo scopo di otte-nere una positiva e persuasiva influenza sulle performance delpersonale in servizio”.

Fig. 11

COMANDO(NAVY RULES GLOSSARY)1. L’autorità esercitata verso i propri subordinati, nel rispetto

della legge, da un comandante nel servizio militare in virtùdel grado o della posizione ricoperta. Il COMANDO compren-de l’autorità e la responsabilità nell’impiego efficace delle ri-sorse disponibili e per la pianificazione, organizzazione, dire-zione, coordinamento e controllo delle forze assegnate perfar fronte alla missione. Include inoltre la responsabilità perla salute, il benessere, il morale e la disciplina del personalealle dipendenze.

2. Un’unità, un’organizzazione o un’area diretta da un individuoin comando.

Fig. 12

Mark EsperPoliticoDEFSECIn carica dal 24 giugno 2019.È un ex militare dell’esercito,laureato ad Harvarde pressola George WashingtonUniversity

Fig. 13

PortaereiTheodore Roosevelt

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E saminando negli articoli precedenti le varie componentidella flotta di superficie della Marina Militare della Re-pubblica Italiana, abbiamo avuto modo di sottolineare

due questioni:1) i limitati trasferimenti di naviglio proveniente dal surplus dellaUS Navy (con l’eccezione delle unità leggere d’attacco), in con-trasto con la generosità dimostrata anche verso Marine minori– come quelle Sudamericane1, ma col preciso fine di stimolarela ripresa della cantieristica nazionale;2) il rapido affermarsi prima qualitativo, poi anche quantitativo,della stessa.Decisamente diversa la situazione per la componente subacquea,a lungo alimentata con un buon numero di battelli ex US Navy, in-tegrati con programmi nazionali a volte rivelatisi velleitari; infine ilricorso, nel XXI secolo, a prodotti stranieri di alta qualità.Pertanto questo capitolo sarà suddiviso in 2 parti senza seguireun ordine cronologico preciso, ma analizzando prima le unità ve-terane della Seconda Guerra Mondiale e quelle di provenienzaamericana e poi le realizzazioni nazionali.

Veterani e surplus

Nel 1947, la componente subacquea italiana, pesantemente de-cimata durante la guerra e poi cancellata dalle limitazioni impo-ste con il Trattato di Parigi appena entrato in vigore, si era ridottaa 2 battelli usurati dal servizio, Giada (del 1941, classe “Platino”)e Vortice, classe “Tritone”, completato nel 1943.Unità con caratteristiche simili, che per aggirare le clausole deltrattato furono riclassificate “pontoni di ricarica batterie” V1 eV2, e impiegati con vari trucchi per mantenere un minimo di livel-lo addestrativo per quadri ed equipaggi2, sebbene solo con breviuscite notturne, poiché di giorno i battelli venivano camuffati consovrastrutture posticce. Dopo l’adesione alla NATO, le clausole punitive vennero rapida-mente superate, e già nel 1950 vennero autorizzati radicali ammo-dernamenti sui 2 battelli riesumati dal servizio ridotto, effettuati tra1952 e 1954: furono sostituiti i motori, eliminata l’artiglieria e am-piamente modificate le strutture. Inoltre fu deciso il recupero diun terzo battello (sempre classe “Tritone”) rimasto incompleto in

12 Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

70 anni di evoluzione del naviglio italiano,dalla NATO al XXI secolo

Parte V – La componente subacqueaGiuliano Da Frè - Giornalista

Marine Militari nel mondo

Sommergibile ex US Navy Torricelli(1960-1976)

cantiere dal 1945, il Bario: più tardi ribattezzato Pietro Calvi, nel1953 fu trasferito presso i Cantieri Tosi di Taranto per esservi rico-struito. Il Calvi infatti non sarebbe stato sottoposto a uno dei clas-sici interventi di (pur radicale) chirurgia navale, ma a un rifaci-mento quasi totale, simile a quelli cui furono sottoposti, come ab-biamo visto in articoli precedenti, l’incrociatore Garibaldi e i 2caccia classe “San Giorgio”.L’unità fu allungata, le sovrastrutture completamente modificate,eliminati cannone e lanciasiluri poppieri, l’intero apparato motorediesel ed elettrico sostituito, con l’adozione di un apparato di na-vigazione silenziosa e dello snorkel. Ri-varato nel 1959, il Calvi en-trò in servizio nel 1961, per poi essere assegnato – come Giada eVortice – alle attività addestrative a doppio scopo: per i “delfini”del dopoguerra e per le unità antisom della flotta.Questi 3 battelli erano tuttavia unità di prestazioni limitate, sebbe-ne la ricostruzione del Calvi avesse ridato fiato alle capacità pro-gettuali della cantieristica italiana, alla quale però sarebbe occor-so un ventennio, dopo il 1945, per iniziare a realizzare una nuovaclasse di battelli. Giada e Vortice sarebbero stati radiati tra 1966e 1967, e lo stesso pur recente Calvi già nel 1971 transitava in RDT,per poi essere radiato nel 1973.

A questo punto, contrariamente a quanto avveniva per il navigliocombattente di superficie, l’apporto americano si sarebbe per unventennio dimostrato indispensabile, col trasferimento, tra 1954 e1974, di ben 9 battelli. Tutti di seconda mano e costruiti a cavallotra Seconda guerra mondiale e Guerra di Corea, ma decisamentepiù prestanti e accuratamente aggiornati.I primi a essere ceduti alla Marina Italiana furono 2 battelli classe“Gato”, costruiti nel 1941-1943 e radicalmente ammodernati colprogramma GUPPY-IB prima del loro trasferimento nel 1954-1955,assumendo i nomi di Tazzoli e Da Vinci.Nel 1960 fu poi ceduto un primo battello classe “Balao”, ribattez-zato Evangelista Torricelli, costruito – con la rapidità dei cantieriamericani del tempo di guerra – tra il marzo e il dicembre del1944. In riserva sin dal 1946, nel 1959 era stato tolto dalla naftalinaper essere sottoposto a un altro programma di aggiornamento,detto “Fleet Snorkel”, e poi consegnato all’Italia nel gennaio1960. Nel 1966 sarebbe stato affiancato da 2 unità gemelle, Alfre-do Capellini e Francesco Morosini, completati nel 1944-1945, epure ammodernati prima del trasferimento, permettendo la ra-diazione di Giada e Vortice. Nel 1965 era nel frattempo stata av-viata la costruzione dei 4 piccoli “Toti”, consegnati nel 1968-1969,mentre invece il programma relativo a un battello di medio ton-nellaggio (i futuri “Sauro” 1ª serie), presentato nel 1967, venivacongelato. Col Calvi e i “Tazzoli” radiati nel 1973, mentre tra 1975e 1978 anche i “Torricelli” passavano in disarmo per poi essereradiati, la componente subacquea italiana si sarebbe presto ri-dotta ai soli 4, eccellenti ma limitati “Toti”, mentre solo nel 1974inizierà la costruzione dei primi 2 “Sauro”. Pertanto, tra 1972 e

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Sommergibile ex US Navy Tazzoli(1954-1973)

Sommergibile Giada(1941-1967)

Il Bariotrasformato

nel Calvi(1953-1961)

Note

1 Nel 1951, le Marine di Argentina, Brasile e Cile ricevettero, a testa, 2 potenti eancora recenti incrociatori leggeri classe “Brooklyn”.

2 Anche se non mancheranno gli ufficiali e i comandanti esperti veterani dellaguerra, poi giunti anche ai vertici della Marina tra anni ’60 e ’70, e capaci ditrasmettere quanto appreso alle generazioni più giovani.

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1974 la US Navy trasferì all’Italia altri 4 battelli. I primi 2, conse-gnati nel 1972 e ribattezzati Primo Longobardo e Gazzana Priarog-gia, erano anch’essi sommergibili classe “Balao” (il che permet-teva la cannibalizzazione dei “Tazzoli”); ma, impostati nel 1944 eancora in cantiere alla fine del conflitto, erano stati completati so-lamente nel 1948-1949 già integrando le modifiche GUPPY-I, perpoi essere aggiornati allo standard GUPPY-II nel 1952-1954, e in-fine al più avanzato GUPPY-III nel 1961-1963, oltre a subire una re-visione all’atto del trasferimento alla Marina Italiana, dove sareb-bero rimasti in servizio sino al 1981. Nel 1973-1974, infine, entra-rono in servizio Piomarta e Romei, appartenenti alla prima classepost-bellica di sommergibili americani (“Tang”), e che, costruititra 1949 e 1952, incorporavano le innovazioni introdotte coi pro-grammi GUPPY, e un ulteriore upgrade relativo a sistemi di sicu-rezza e sonar effettuato nel 1966-1968; in aggiunta alla revisionegenerale effettuata all’atto del trasferimento, i 2 battelli sarebberorimasti in servizio rispettivamente sino al 1986 e 1988. E furono gliultimi dei 9 “delfini” ceduti dalla US Navy: ma i rapporti tra la som-mergibilistica italiana e le realtà estere non era finita.

Dalla ricostruzione alla… ricostruzione

Come abbiamo visto, la cantieristica italiana aveva ripreso in ma-no il comparto sommergibili all’inizio degli anni ’50, con gli inter-venti di chirurgia navale su Vortice e Giada, e l’avvio della lungaricostruzione del Calvi, dipanatasi tra 1953 e 1961. Tuttavia, me-more di precedenti importanti (la realizzazione di ottimi sommer-gibili già prima del 1914 largamente esportati, come poi quelli ven-duti anche tra le due guerre a Brasile, Argentina, Turchia e Spa-gna, senza contare i 115 in servizio con la “grande flotta” del1940), la sommergibilistica italiana era pronta ad affrontare proveben più ambiziose. Già nel 1956, mentre la ricostruzione del Calvientrava nella fase più avanzata, furono avviati studi su progetti re-lativi sia a battelli costieri, sia a 2 battelli diesel-elettrici di nuovagenerazione, battezzati Marconi e Toti, con l’impostazione del ca-poclasse avviata nel giugno di quell’anno, realizzando un anellodello scafo resistente presso i Cantieri Navali di Taranto. Vicendadi recente ricostruita in dettaglio dall’ammiraglio del Genio navaleMichele Cosentino su “Storia Militare” del luglio 2017, che qui rias-sumiamo brevemente. Il nuovo battello convenzionale avrebbe do-vuto rilanciare la cantieristica dei sommergibili in Italia dopo ungap perdurante dal 1945, facendo tesoro di quanto appreso conl’acquisizione dei “Tazzoli” guppyzzati della US Navy. Ma nel 1958-1959, mentre già la Marina era impegnata a realizzare o progettare

unità altamente innovative (di cui abbiamo parlato negli articoliprecedenti, dalla prima nave lanciamissili europea ricostruendoil Garibaldi, ai primi moderni incrociatori e fregate portaelicotteria livello mondiale), i suoi tecnici ribattezzarono col nome di Mar-coni un sottomarino decisamente più rivoluzionario: ossia a pro-pulsione nucleare, e basato sulla avanzata classe “Skipjack”, incostruzione tra 1956 e 1961, e all’avanguardia rispetto al prototi-pico Nautilus. Un progetto quindi doppiamente ambizioso, quellodella Marina Italiana, poiché non solo puntava sul nucleare, allostudio sin dal 1949, e che nel 1956 aveva fatto un passo importantecon l’attivazione all’interno del comprensorio dell’Accademia Na-vale di Livorno del CAMEN (Centro per le Applicazioni Militaridell’Energia Nucleare). Gli “Skipjack”, infatti, terza serie di SSNnucleari dopo “Nautilus/Seawolf” e “Skate”, che erano peròstrutturalmente ancora simili ai battelli convenzionali dell’epoca,presentavano al contrario un innovativo scafo a goccia che favo-riva le grandi velocità (30 nodi circa) e la manovrabilità, grazie an-che ai piani di manovra spostati ai lati della vela, e agli impennag-gi cruciformi a poppa. La volontà politica di realizzare un battellonucleare fu ufficializzata dal governo italiano nel 1959, ma alla finesi schiantò, nel 1962-1963, sul diniego americano di cedere il ne-cessario know-how tecnologico, soprattutto nucleare, e sullecrescenti perplessità relative ai costi dell’operazione; e nel 1964,come vedremo nel prossimo e ultimo articolo della serie (e comegià accennato parlando del mai costruito incrociatore portaeli-cotteri Trieste), l’opzione nucleare si sarebbe spostata – semprevanamente – verso un altro progetto della Marina.Del “programma Marconi” resta comunque l’ambizione e la vo-lontà degli ammiragli dell’epoca di ricostruire la flotta decimata

14 Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

Modello del sottomarinonucleare Marconi(1959)

Il sommergibile Totial museo della Scienzadi Milano dal 2005(foto G. Vignati)

Marine Militari nel mondo

dalla guerra, su basi nuove, altamente innovative: la già citata“flotta di qualità”. Anche a costo però di mettere in mare pocheunità, una flotta appunto detta “dei prototipi”. Il progettato SSNitaliano Marconi sarebbe stato davvero un unicum, probabil-mente, visti i costi di acquisizione (30 miliardi di lire dell’epoca),e già affiancarlo con una seconda unità prevista nel progettooriginario del 1957 sarebbe stato complicato: senza contare icosti legati all’intero ciclo di vita, al supporto logistico, alle ri-cariche del reattore. Va altresì detto che il modello scelto dallaMarina Italiana era un progetto maturo, e nella US Navy, cheaveva radiato i primi battelli nucleari dopo circa 25 anni di ser-vizio, gli “Skipjack” (completati nel 1959-1961) restarono in lineasino al 19903.

Sebbene il Marconi confermasse l’attenzione e la spinta versol’innovazione espressa da una nuova generazione di ammiragliche avevano fatto la guerra da comandanti di unità, non aver por-tato a termine il progetto, definitivamente cancellato nel 1964,evitò alla Marina di incatenarsi a una scelta troppo costosa ecomplessa. D’altra parte, se gli studi effettuati in quegli anni perle due “opzioni Marconi” (convenzionale e nucleare) non anda-rono perduti, passarono 8 anni prima che venisse finalmente

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Cerimonia della Bandieradi Combattimento

ai ssmmgg Gazzanae Longobardo

in servizio dal 1993(foto G. Vignati)

Il sottomarino Sauro(1979-2002)

Il sottomarino Salvatore Todaroprimo dei 212 italiani,operativo dal 2006

Note

3 Tranne lo Scorpion, perduto con l’intero equipaggio nel 1968, l’anno nero deisommergibilisti, che vide la perdita anche di altri 3 battelli di URSS, Francia eIsraele.

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contrattualizzata la costruzione della prima classe di sommergibiliitaliani del dopoguerra: e solo relativamente a 4 piccoli SSK (Sub-marine Submarine-Killer), che realizzati tra 1965 e 1969 andaronoa formare la classe “Toti”. Benché entrati in linea con almeno 5anni di ritardo sui programmi originari, questi piccoli battelli co-stieri lunghi 46 metri e con un dislocamento di 500/600 t., si dimo-strarono degli autentici gioielli, benché limitati dalle ridotte dimen-sioni e prestazioni, ottimizzate per missioni brevi e mirate. Al di làdelle considerazioni che si possono fare sui coevi primi battelli

costieri tedeschi degli anni ’60, Type-201 e -205, decisamente malriusciti (i primi dovettero essere subito ricostruiti e i “205” larga-mente modificati), sono entrate nella leggenda le capacità di oc-cultamento e di manovrabilità dei “Toti”, che in più di una occa-sione penetrarono nel fitto schermo antisom di una super portae-rei americana, emergendo al suo fianco dopo averla “silurata vir-tualmente”. Negli anni ’70 furono aggiornati con nuovi sonar e l’in-tegrazione del siluro A-184 della WASS, ma le limitate dimensioniimpedirono upgrade più radicali. Ciononostante, i “Toti” hannoavuto una lunga vita operativa; 2 battelli sono stati passati in RDTnel 1990-1992, Toti e Dandolo furono radiati solamente nel 1999,pur restando negli ultimi anni attivi solo per attività addestrativa,o in riserva4.Per superare i limiti operativi di questi eccellenti ma piccoli SSK,e facendo tesoro degli studi sui “Marconi”, quando ancora non neera iniziata la consegna, nel 1967 fu approvato un programma per2 battelli medi, sempre a scafo singolo e diesel elettrici, ma conuna maggiore autonomia operativa, e capaci di superare i 19 nodiin immersione, contro i 14 dei “Toti”. Difficoltà tecniche ed econo-miche ne posposero tuttavia a lungo la costruzione: nel frattempo,come abbiamo visto, venivano pensionati il Calvie i “Tazzoli”, men-tre anche per i “Torricelli” era alle porte la radiazione; 6 battelli chesolo in parte venivano sostituiti dalle ricordate ultime 4 unità ce-dute dalla US Navy. Ripreso nel 1972, il programma fu finalmenteapprovato con l’intervento legato all’elaborazione del Libro Biancodel 1973-1974, che indicava la giusta via per uscire dalla crisi deiprimi anni ’70: nel 1974 fu così avviata la costruzione di Sauro e Fe-cia di Cossato, consegnati nel 1979-1980, primi battelli di mediotonnellaggio, con scafo realizzato con l’innovativo acciaio ad altaresistenza HY-80 (che permette l’immersione sino a 300 metri in si-curezza), sensoristica avanzata e armati con i nuovi siluri A-184WASS. Con alle viste ulteriori radiazioni tra le unità ex americane,e la volontà di disporre di almeno 10 battelli (contro i 14 previsti inalcune pianificazioni – e comunque coi 2 “Tang” già oltre i 25 anni

di vita, e i “Toti” non più di primo pelo), la Legge Navale del 1975portò ad un secondo contratto per altri 2 “Sauro”, la cosiddetta 2ªSerie, realizzata tra 1978 e 1982, e identica alla prima. Completatinel 1981-1982 Da Vinci e Marconi, la flotta disponeva di 10 battelli:2 con 30 anni sul groppone, 4 a mezza vita, e altrettanti nuovissimi,benché non più avanzati come quando erano stati proposti 15 anniprima, e che nei primi anni di vita furono al centro di alcune criticheper presunti difetti di fabbricazione, e tecnologie superate. In ef-fetti, la Marina avviò in quel periodo il programma S-90, relativo aun battello da 3.000 tonnellate che includesse anche un sistema dipropulsione AIP, in base a uno studio della Maritalia, che preve-deva di imbarcare un apparato sperimentale sul Bagnolini (classe“Toti”). Nel frattempo, a dimostrazione che i “Sauro” rappresen-tavano un valido punto di partenza, nel 1983 veniva ordinata unaterza coppia di battelli (Pelosi e Prini ), più grandi e veloci, e consensoristica migliorata, costruiti a partire dal 1985 e consegnati nel1988-1989, mandando in pensione gli ultimi 2 battelli ex US Navy.Migliorie poi in parte introdotte sui primi 4 “Sauro” durante i lavoridi ammodernamento effettuati tra 1990 e 1995.Il progetto S-90 , tuttavia, stava incontrando crescenti difficoltàtecniche5, legate al fatto che, dopo gli entusiasmi e le ambizionidegli anni ’50, e le valide realizzazioni dei ’60 (tra la costruzione dei“Toti” e il primo progetto “Sauro”), la cantieristica italiana, chestava guadagnandosi importanti riconoscimenti nella costruzionedi fregate, corvette, navi anfibie e cacciamine, andava perdendocolpi in un settore un tempo validamente presidiato.E così si decise prima di dare il via a una quarta serie di “Sauro”,ulteriormente migliorati, cantierizzata dal 1991 e con consegneavvenute nel 1993 (Longobardo) e 1995 (Gazzana Priaroggia),mentre si procedeva al graduale ritiro dal servizio dei “Toti”, la-sciando così alla vigilia del XXI secolo la componente subacqueaitaliana incentrata su una sola classe di 8 battelli (in 3 varianti).Quindi, definitivamente cancellato nel 1994 il progetto S-90, nel1995 fu autorizzato l’avvio di un programma del tutto nuovo: rivo-luzionario sul piano tecnico e sconfortante su quello industriale,poiché di fatto per la nuova generazione di “delfini” italiani, dopoun secolo di originali capacità progettuali nazionali, apriva la stra-da alla realizzazione su licenza di un modello straniero. Per fortu-na, si trattava di una scelta eccellente: lo U-212A, un sottomarinoallo studio dal 1988, e che HDW iniziò a costruire in 4 esemplariper la Marina Tedesca 10 anni più tardi. Nel 1996 si arrivò a firmareun accordo preliminare, seguito dal contratto del valore di 1.742miliardi di vecchie lire6 per la costruzione di 2 battelli (più altri 2in opzione) customizzati per le esigenze italiane, a esempio perquanto riguarda il sistema di combattimento, l’integrazione di si-luri della WASS di nuova generazione “Blackshark”, scafo raffor-zato per l’impiego in uno scenario con maggiore profondità rispet-to al Baltico. La realizzazione di Todaro e Scirè, avviata nel 1999,con consegne effettuate nel 2006-2007, ha comportato un impor-tante trasferimento di know-how tecnologico (già riversato nel2005 sul progetto italo-russo S-1000, poi sospeso dopo la crisiucraina del 2014, me di recente rispolverato dopo l’avvio di trat-tative col Qatar per 2 sottomarini AIP), e l’adozione da parte tede-sca di alcuni sottosistemi italiani.Nonostante i lunghi tempi di costruzione (7 anni in media per gliU-212, contro i 3 raggiunti con gli ultimi 4 “Sauro”), legati a un no-tevole salto tecnologico, il fatto di aver cantierizzato un sottoma-rino già in costruzione per la Marina Tedesca ha di molto ridottoi margini di rischio legati a un sistema complesso e avanzato.

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Marine Militari nel mondo

Inoltre, a costo di creare un vuoto costruttivo, si è atteso il 2008per esercitare l’opzione per una seconda coppia di unità non soloper ragioni di bilancio, ma anche per arricchire un’esperienzaoperativa iniziata nell’estate 2004, quando il Todaro ha effettuatole prime prove in mare.Nel frattempo, tra 2002 e 2005 avveniva il passaggio in riserva equindi in disarmo di 3 dei 4 “Sauro” iniziali, col capoclasse desti-nato a essere esposto dal 2010 nel nuovo Museo del Mare Galatadi Genova, Fecia di Cossato e Marconi in disarmo per cannibaliz-zazione, il Da Vinci impiegato sino al 2010 per attività sperimentalie addestrative, e ora in RDT. Tra il 1999 e il 2003, inoltre, i 4 “Sauro”3ª e 4ª serie, venivano sottoposti a un radicale upgrade, con la so-stituzione di sensori e sistema di combattimento, oltre alla revisio-ne di mezza vita.Come accennato, nel 2008 è stata approvata la costruzione dei 2 U-212A in opzione, realizzati a partire dal 2009, e consegnati nel 2016-2017 coi nomi di Pietro Venuti e Romeo Romei, sostanzialmenteidentici ai primi, fatto salvo qualche aggiornamento secondario.Dopo che la crisi economica aveva portato a fissare in 6 i battellida impiegare, con i “Venuti” visti quali sostituti dei “Sauro-SerieIII”, le nuove esigenze legate alle crisi migratorie e del Levantemediterraneo e il riacutizzarsi delle tensioni in questi scacchieri,hanno rifissato a 8 il numero di sottomarini a disposizione. Tenendoconto che turni di manutenzione ed eventuali avarie comportano

una riduzione della disponibilità effettiva, una soglia minima, è sti-mata in 13 unità. Anche alla luce del rafforzamento delle flotte su-bacquee di altre realtà, come Algeria, Egitto e Turchia, e della“crisi dei sottomarini” attraversata dalla Germania (che aveva ri-dotto proprio a 6 i sottomarini in servizio) nell’inverno 2017-2018,quando normali manutenzioni, carenze di ricambi e un incidente,per alcuni mesi hanno lasciato senza sottomarini pronti all’impie-go proprio la Marina germanica, che ne ha fatto il proprio simbolodi potenza navale.Nel 2017 è stato firmato un accordo con Berlino per mettere a fat-tor comune il più possibile il supporto dei 10 U-212 in servizio nellerispettive flotte, e nel 2018 è stato approvato un piano per acquisirealtri 4 sottomarini, per sostituire nell’arco di un decennio i restanti“Sauro”. Il programma da 1 miliardo di euro, approvato a febbraio2018, prevede la realizzazione di 2 unità, più altre 2 in opzione (pre-sumibilmente da realizzare in continuità con la prima coppia), evo-luzione dei 4 “Todaro”, nella versione U-212NFS- Near Future Sub-marine, caratterizzati da sensoristica rinnovata – da retrofittaresulle serie precedenti –, dimensioni implementate rispetto ai U-212NG in fase di sviluppo per Germania e Norvegia, con l’obbiet-tivo anche di imbarcare missili antinave e cruise land attack acambiamento d’ambiente, e soprattutto un propulsore più potentee dotato delle nuove batterie agli ioni di litio, punto di forza delle ri-cerche italiane in tale ambito. I 4 nuovi battelli rappresenterebbero, insomma, un passo oltre lasemplice realizzazione su licenza con limitata customizzazione eun ponte verso il ritorno della cantieristica italiana in un settore untempo di eccellenza, in vista della realizzazione dopo il 2030 di unanuova classe di sottomarini destinata a sostituire i primi “Todaro”.Non per niente, nell’ambito del “mega-pacchetto” di forniture mi-litari all’Egitto in fase di negoziato da inizio 2020, si parla – oltre chedi FREMM, pattugliatori, aerei “Typhoon” e M-346, elicotteri e sa-telliti – anche di una possibile vendita di 2 U-212NFS.

n n n

17Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

Note

4 Come noto, dal 2005 il Toti è visitabile “in secco” al Museo della Scienza e del-la Tecnica di Milano, mentre il Dandolo dal 2002 è conservato all’Arsenale diVenezia. Un’occasione mancata fu la loro esportazione, benché non fossemancato l’interesse di diversi acquirenti.

5 Ed economiche: si stimava che il costo del primo battello sarebbe stato di1.000 miliardi di lire, ossia quanto stanziava l’intera Legge Navale del 1975. Aquesto si aggiunse la chiusura di Maritalia, del gruppo Micoperi.

6 Il 35% in meno rispetto ai costi stimati di 2 S-90, con caratteristiche decisa-mente superiori.

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C ome abbiamo letto più volte, la ri-cerca da parte degli europei di unavia più breve dall’Europa all’Asia,

navigando verso occidente, iniziò con iviaggi di Cristoforo Colombo nel 1492 econtinuò fino alla metà del XIX secolo conuna lunga serie di spedizioni esplorativeprovenienti principalmente dall’Inghilter-ra, ovviamente interessata a ridurre le di-stanze per le sue reti commerciali. Questiviaggi portarono nuove conoscenze geo-grafiche sull’emisfero occidentale, in par-ticolare sull’America del Nord verso l’Ar-tico. Vi furono numerosi esploratori chetra il XVI e XVII secolo fecero scopertegeografiche sul Nord America.Molte località portano il nome di quegliaudaci: John Davis, Henry Hudson e Wil-liam Baffin. Nel 1670, l’incorporazionedella Hudson’s Bay Company portò a

un’ulteriore esplorazione delle coste ca-nadesi e dell’interno dei mari artici.Nel XVIII secolo tentarono la sorte in queimari sconosciuti e non privi di pericoligrandi esploratori come James Knight,Christopher Middleton, Samuel Hearne,James Cook, Alexander MacKenzie eGeorge Vancouver.Nei primi del 1800, si comprese che nonesisteva nessun passaggio a Nord-Ovestnavigabile. Ma le necessità economichespinsero la Gran Bretagna a organizzareuna nuova spedizione.Nel 1804, Sir John Barrow divenne secon-do segretario dell’Ammiragliato e decisedi intraprendere una nuova ricerca con laRoyal Navy per ricercare il mitico Passag-gio a Nord-Ovest a nord del Canada, navi-gando verso il Polo Nord. Nei successiviquattro decenni, molti esploratori intra-

presero l’esplorazione dell’Artico canade-se. Tra questi c’era John Franklin, secon-do in comando di una spedizione verso ilPolo Nord sulle navi H.M.S. Dorothea eH.M.S. Trent nel 1818 e il capo di due spe-dizioni via terra e lungo la costa artica delCanada tra il 1819 e 1827. Nel 1845, le sco-perte avevano di fatto ridotto le parti rile-vanti dell’Artico canadese a un’area di cir-ca 181.300 chilometri quadrati. La spedi-zione di Franklin in questa zona avrebbedovuto navigare, dirigendosi a Ovest at-traverso Lancaster Sound e poi versoOvest e Sud, evitando banchise di ghiac-cio, iceberg e stretti pericolosi. La distan-za da percorrere era stata calcolata in cir-ca 1040 miglia nautiche.Barrow, deciso a intraprendere questaesplorazione, ricercò invano numerosicandidati come comandanti, scartati per

Storia navale

Il ritrovamentodel H.M.S. Erebuse del H.M.S. Terror

scomparse tra i ghiaccialla ricerca del passaggio a Nord Ovest

Andrea Mucedola

Il mito del passaggioa Nord Ovest

19Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

mancanza di esperienza o per loro rifiuto.La sua scelta cadde sul 59enne Sir JohnFranklin, un anziano comandante dellaRoyal Navy che aveva combattuto conNelson alla battaglia di Copenaghen. Laspedizione doveva essere eseguita conl’impiego di due navi, H.M.S. Erebus eH.M.S. Terror, ognuna delle quali avevagià navigato con l’esploratore JamesClark Ross. A Franklin fu dato il comandodi H.M.S. Erebus, e Crozier fu nominatocomandante del H.M.S. Terror.Franklin ricevette il comando della spedi-zione il 7 febbraio 1845. Le due navi eranostate costruite con criteri di robustezza econ motori a vapore, che servivano un’uni-ca elica che consentiva una velocità di 4nodi. Tenendo conto che le due navi nonsuperavano le 400 tonnellate ciascuna nonera certo molto. Ma tutto va visto nell’ottica

di quell’epoca. Gli interni erano stati rinfor-zati per resistere alle morse dei ghiacci eun sistema di riscaldamento interno era di-sponibile per dare conforto agli equipaggi.I timoni e le eliche potevano essere intuba-te per dare maggiore protezione. Furono

frettolosamente imbarcate conserve ali-mentari per tre anni. Molte di esse eranoconservate in scatola e questo fu un erro-re. Poco dopo la partenza si scoprì cheerano state confezionate in malo modo emolte furono scartate e gettate a mare

La spedizione di Franklin

Immagine sonar scandell’HMS Erebusnei pressidel Queen Maud Gulfin Nunavut.Parks CanadaThe CanadianPress via AP

Side scan sonardell’HMS Terror

Sir John Barrow

Sir John Franklin

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20 Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

perché vistosamente deteriorate. La mag-gior parte dell’equipaggio erano inglesi,molti dei quali provenienti dal North Coun-try, così come un piccolo numero di irlan-desi e scozzesi. A parte Franklin, Crozier eil tenente Graham Gore, gli unici altri uffi-ciali, veterani dell’Artico, erano un assi-stente chirurgo e i due “scemaste”. Questofu per Franklin il suo quarto ed ultimo viag-gio. Dopo alcuni primi incidenti, le due na-vi furono bloccate dal ghiaccio nelloStretto di Victoria vicino a King WilliamIsland nell’Artico canadese. Cosa accad-de dopo è stato solo ipotizzato sulla basedei resti ritrovati dopo oltre 160 anni.Il 22 aprile 1848, 105 sopravvissuti lascia-rono le navi nel tentativo di raggiungere laterra ferma a piedi, ma nessuno soprav-visse. L’intera spedizione, 129 uomini tracui Franklin, andò perduta.

La spedizione di soccorso

Pressato dalla moglie di Franklin, Jane,l’Ammiragliato inglese intraprese nel 1848una ricerca di soccorso per la spedizionescomparsa. Molte spedizioni successivesi unirono alla caccia, raggiungendo nel1850 undici navi britanniche e due ameri-cane. Molte di queste navi iniziarono la ri-cerca al largo della costa orientale dell’i-sola di Beechey, dove furono rinvenute leprime tracce della spedizione, incluse letombe di tre membri dell’equipaggio.Nel 1854, l’esploratore John Rae, mentreesplorava la costa artica canadese a Sud-est di King William Island, raccolse delleinformazioni sul passaggio di Franklin da-gli Inuit locali. Una ricerca condotta daFrancis McClintock nel 1859 scoprì unanota lasciata a King William Island condettagli sul destino della spedizione. Le ri-cerche continuarono per gran parte deldiciannovesimo secolo.Nel 1981, un gruppo di scienziati guidati daOwen Beattie, un professore di antropolo-gia all’Università di Alberta, iniziò una seriedi studi scientifici sulle tombe, i corpi e altreprove fisiche lasciate dagli uomini di Frank-lin sull’isola di Beechey e sull’isola di KingWilliam. Essi conclusero che gli uomini se-polti sull’isola probabilmente morirono dimalattia. Gli stenti, il clima estremo e l’av-velenamento da piombo, ritrovato nei tes-suti dei poveri resti, non furono loro favore-voli. Forse fu a causa delle lattine male sal-date o dei sistemi idrici installati sulle naviche lentamente avvelenarono l’equipag-

gio. Furono ritrovati tracce di tagli su altreossa delle sepolture sull’isola di King Wil-liam significando, forse, che i disperati siabbandonarono al cannibalismo. Le provecombinate di tutti gli studi suggerisconoche gli uomini dell’equipaggio non moriro-no tutti insieme. Fu una lunga agonia sullebanchise. Fu l’ipotermia, la fame, l’avvele-namento da piombo e le malattie insiemeall’esposizione generale a un ambienteestremo e ostile senza un abbigliamento enutrizione adeguati, che uccisero tutti icomponenti della spedizione.

La scoperta

Il 1 settembre 2014, una ricerca canadesesotto la bandiera della “Victoria Strait Ex-pedition” trovò due oggetti su Hat Islandnel Golfo della Regina Maud, nei pressidell’isola di King William di Nunavut. Il pri-mo era di legno, probabilmente apparte-

nente all’occhio di cubìa, apertura pre-sente sulla superficie dei masconi dellenavi dove trova alloggiamento l’àncora, eil secondo era parte di una gruetta per il ri-lascio delle scialuppe con i marchi di duegrandi frecce della Royal Navy.Il 9 settembre 2014, la spedizione annun-ciò che aveva finalmente localizzato unadelle due navi della spedizione di Franklin.La nave, che dall’analisi dei tracciati sonarrisultò essere il H.M.S. Erebus, è ancora inottime condizioni, preservata dalle freddeacque artiche. Grazie alle immagini rac-colte con il sonar a scansione laterale fupossibile esaminare nei dettagli persino ilfasciame del ponte.Il relitto dell’H.M.S. Erebus giace su unfondale di circa 40 piedi di profondità (13metri), ma la temperatura dell’acqua dimare richiede attrezzature subacquee de-dicate. Sebbene la posizione del relittonon sia stata rivelata, la stampa ha annun-ciato che si trova nella parte orientale del

Storia navale

Una delle sepoltureritrovate

21Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

Analisidelle immaginie dei pianidell’Erebus

Golfo della Regina Maud, ad Ovest di O’-Reilly Island.Due anni dopo il ritrovamento dell’H.M.S.Erebus, il 12 Settembre 2016, fu annunciatoche la “Arctic Research Foundation expe-dition” aveva finalmente ritrovato il 3 set-tembre 2016 il relitto del H.M.S. Terror aSud di King William Island su un fondale dicirca 80 piedi (25 metri).I ricercatori a bordo della nave Arctic Re-search Foundation Martin Bergmann era-no entrati nel Terror Bay su suggerimentodi un membro dell’equipaggio di etnia Inuit,Sammy Kogvik. Il marinaio si era ricordatodi aver visto del legno conservato nelghiaccio marino alcuni anni prima. Dopouna veloce esplorazione risultata infrut-tuosa, la nave si stava avvicinando all’usci-ta dalla baia, quando apparve sull’eco-scandaglio una sagoma interessante. Do-po un’ispezione ravvicinata con un ROV, iricercatori capirono di aver trovato effetti-vamente un relitto.Ma di cosa si trattava?La nave si trovava a circa 60 miglia (96 km)a Sud del luogo in cui i documenti afferma-vano che l’equipaggio avesse abbandona-to la nave intrappolata dai ghiacci. I ricer-catori analizzando le immagini raccolte coni piani della nave ebbero finalmente la con-ferma del ritrovamento.Il fatto che il relitto fosse perfettamente in-tatto e appoggiato sul fondo del mare sug-gerì che la nave non fu frantumata nellamorsa dei ghiacci ma affondò in un secon-do momento.Probabilmente l’equipaggio si era già av-venturato sulla banchisa alla ricerca dellaterra ferma.Si concluse cosi dopo quasi 170 anni la ri-cerca della sfortunata spedizione.Gli archeologi continueranno a studiare iresti, miracolosamente conservati nellefredde acque, per ottenere informazionipreziose sulle navi dell’epoca.

Ed il passaggioa Nord-Ovest?Probabilmente ci penseranno i cambia-menti climatici a renderlo percorribile.Questo sarà fonte di nuovi problemi geo-politici legati allo sfruttamento delle risor-se presenti nelle terre e nei mari lasciatiliberi dai ghiacci.Contenziosi territoriali sono già iniziati trala Russia ed il Canada.

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162, e indicata nell’indice delle immagini,a pagina 291, come: “Ammiraglio CarloPellion, conte di Persano (1806-1883). Cir-ca 1860. Fotografo Grillet, Napoli; carte-de-visite, mm. 92 x 56 (Torino, conte Ro-dolfo Pellion di Persano).”

Io sono un dilettante in storia della foto-grafia e altrettanto dilettante riguardo al-le fotografie risorgimentali, però un po’d’occhio ce l’ho, per cui mi accorsi subi-to che l’immagine non assomigliava mol-to a quella (2) riportata sull’EnciclopediaMilitare ai primi degli Anni ’30 alla voce“Persano”, che però è una litografia,dunque suscettibile di errore.Per di più la foto è a capo coperto e di trequarti, la litografia a capo scoperto e difronte... beh poteva essersi sbagliato ilritrattista, la foto certo no.

22 Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

C hiunque si è interessato di storiadella Marina, conosce questa foto(1) e appena la vede sa che è l’am-

miraglio Persano. È difficile dire da quan-to sia in giro; decenni, certo; la sua origineè indiscutibile perché appartiene proprio

ai Pellion di Persano, i discendenti del-l’ammiraglio. La pubblicazione più anti-ca in cui l’ho trovata è nel libro di Lam-berto Vitali, Il Risorgimento nella foto-grafia, pubblicato da Einaudi nel 1979,dove è inserita a pagina 216, col numero

Collezioni fotografiche

Ma siamo sicuri che è Persano?Ciro Paoletti - Storico

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voia Carignano e Persano, che ha anzia-nità al 4 dicembre 1862. Seguono tre vi-ceammiragli, cioè Francesco Serra,Edoardo Tholosano di Valgrisanche eBattista Albini, con anzianità rispettivaall’11 giugno 1859 il primo e al 7 aprile1861 gli altri due. I contrammiragli sono10, tra cui molti ex-napoletani: Chrétien,Ceva di Noceto, Scrugli, Riccardi di Ne-tro, Boyl di Putifigari, d’Aste, Vacca, Ba-rone di Montebello, Longo e Anguissola,tutti con anzianità non anteriore al 18 ot-tobre 1860 né posteriore al 7 aprile del

1861. In altre parole, “intorno al 1860” –termine molto vago, come si è detto – ilnumero di ammiragli varia parecchio. Fi-no all’autunno del 1860 ce ne sono cin-que, dall’ottobre in poi aumentano a di-smisura. Con l’incremento della Marina ead aprile del 1861 sono 15, molti dei qualipotevano essere stati ritratti dallo studioGrillet e aver fatto omaggio del loro ritrat-to a Persano, il comandante in capo. I visi di molti di loro sono conosciuti e nonassomigliano a quello di Persano, tranne– ripeto – se si fa il confronto con la fotodi Giovanni Vacca pubblicata da Fracca-roli, che però non coincide con quella,sempre di Vacca, pubblicata da Lombroso(6). È pure vero che spesso nelle foto si di-venta irriconoscibili, per l’espressione in-solita, per le luci, per mille motivi, per cuila foto in mantello e feluca potrebbe es-sere di Persano, ma certo assomiglia po-co agli altri suoi ritratti in borghese. Insomma, m’è venuto un dubbio, c’è nes-suno in grado di levarmelo?

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Passò il tempo e saltò fuori la foto di Per-sano in borghese (3); altra sorpresa: so-migliava poco al ritratto universalmentenoto. Poco dopo, venni in possesso dell’operadi Lumbroso su Lissa, in cui a pagina XIc’era il ritratto – fotolitografia – di Persano(4), pure in borghese, fatta dopo il proces-so e la radiazione. La faccia sulla fotolito-grafia coincide con quella della foto fattain borghese, ma nessuna delle due asso-miglia al ritratto in uniforme noto comequello di Persano, anzi, se dovessimo fare

un raffronto, c’è più somiglianza fra la fotodi Persano in uniforme e quella dell’ammi-raglio Vacca in borghese pubblicata daFraccaroli su “Storia Illustrata” nel marzo1984 (e pure lì, facendo un confronto conuna foto del 1865, salta fuori un dubbio: èVacca o Bucchia? Ma questa è un’altrastoria, lo vedremo dopo) che fra il Persa-no in uniforme e quello in borghese. Certo, la provenienza della foto di Persa-no in mantello e feluca dall’archivio di fa-miglia dovrebbe essere determinanteper stabilire che sia proprio il suo ritratto,ma potrebbe non essere così. Io stessomi ritrovo a casa una cinquantina di ri-tratti in formato carte-de-visite risalentiagli anni ’60 e ‘70 dell’Ottocento, ma nonho la più pallida idea, non dico dei nomi,ma nemmeno se siano di miei antenati ono. Perché? Perché a quell’epoca si usa-va inviare il proprio ritratto – nel formato

carte-de-visite, più economico e facile daspedire per posta – ad amici, parenti, co-noscenti e colleghi, inclusi i superiori. Percui, non sapendo cosa ci sia scritto sullafoto di Persano in mantello e feluca –sempre che ci sia scritto qualcosa, sottoo dietro – mi viene il dubbio che il perso-naggio ritratto possa non essere lui, maqualche altro ammiraglio che gli avevamandato il proprio ritratto. È certo che èun ammiraglio per via del fregio al polsinosinistro e delle cordelline che si intrave-dono sotto il mantello; ma è Persano? La

datazione della foto non aiuta: “circa1860” è assai generica e lo studio Grillet,operante a Napoli almeno dal 1850, eraancora attivo al tempo di Lissa, per cuiuna foto datata “circa 1860”, può esserestata presa dall’autunno del 1860 fino aqualsiasi data prima di Lissa. Facciamouna via di mezzo e guardiamo l’Almanac-co Militare della Marina Italiana per l’an-no 1864, stampato a Torino da Cotta &Cappellino ai primi del 1864: a pagina 178,(5) nel ruolo d’anzianità, troviamo elenca-ti 15 ammiragli dei vari gradi, più uno, Pro-vana del Sabbione, in disponibilità.Sono ammiragli – oggi diremmo ammira-gli di Squadra – il principe Eugenio di Sa-

23Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

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La ricerca scientifica

• Delfini Metropolitani: 17 anni di ricerca,2.000 ore trascorse in mare, 280 avvista-menti, 30.000 km percorsi, 25.000 foto-grafie scattate.

• 11 spedizioni scientifiche (2 Antartide, 6Madagascar, 3 Mali)

• attività di ricerca alle Maldive per il mo-nitoraggio delle barriere coralline

• Coralzoo: 4 anni di ricerca, sulla nutri-zione dei coralli

• Progetto di conservazione della testug-gine palustre

• 140 richieste di intervento di ProntoSoccorso per tartarughe marine e ceta-cei rinvenuti in difficoltà sulle coste ita-liane; 86 esemplari di Caretta carettacurati.

Le esperienze di visita

Una proposta quale la Notte con gli squali,l’esperienza di visita notturna riservata airagazzi dai 7 agli 11 anni che registra ognianno il tutto esaurito in ogni appuntamen-to mensile.

Anche per il mondo della scuola, CostaEdutainment sviluppa soluzioni ad hoc conlaboratori per ogni fascia scolare e alle at-tività didattiche presso le stesse sedi sco-lastiche.

27Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

L’ Acquario di Genova è stato co-struito in occasione di Expo ’92,celebrazione del quinto centena-

rio della scoperta del Nuovo Mondo daparte di Cristoforo Colombo, con l’intenzio-ne di ristrutturare e valorizzare un’area,piena di storia e tradizioni, situata nel cuo-re del centro storico di Genova: il PortoAntico.Il progetto dell’area e dell’Acquario èdell’architetto genovese Renzo Piano, cheha voluto realizzare un’opera che diven-tasse parte integrante della città, abbat-tendo i muri di delimitazione che per annihanno tenuto i genovesi lontani dai moli. L’architettura interna dell’Acquario è ope-ra, invece, dell’architetto statunitense Pe-ter Chermayeff che, negli anni ’70, hacambiato radicalmente il concetto di “ac-quario”.Dopo l’apertura parziale dell’aprile ‘92, perle Celebrazioni Colombiane, l’Acquario diGenova viene definitivamente inauguratoil 15 ottobre ‘93. Di proprietà pubblica dellaPorto Antico di Genova SpA, l’Acquario diGenova è gestito dalla fine del ‘95 da CostaEdutainment SpA. L’Acquario di Genova èl’acquario più grande d’Europa.

La visita

Principale strumento di questa missione èla visita al percorso espositivo che trami-te il coinvolgimento emotivo del pubblicointende trasmettere importanti messaggiper la tutela e la valorizzazione dell’am-biente. La rigorosa rappresentazione degli am-bienti e l’attenta scelta delle informazioniscientifiche da trasmettere al pubblico so-no le basi su cui si fonda l’attività dell’Ac-quario di Genova sin dalla sua apertura. È diventato nel corso degli anni partner dienti pubblici e privati che ne riconosconoil potenziale educativo-divulgativo e ne ri-chiedono la collaborazione. L’Acquario di Genova è membro di impor-tanti associazioni internazionali qualil’Associazione Europea degli Zoo e degliAcquari.Fondamentali le attività di ricerca scienti-fica sul campo, realizzate in collaborazio-ne con altre Istituzioni o Enti di ricerca,che hanno contribuito alla conoscenzadello status di alcune specie o a sviluppa-re nuove tecniche di indagine non invasi-ve; le azioni di supporto per promuovere

l’istituzione di aree per la protezione dispecie minacciate.Per potenziare la missione dell’Acquarionel 2003 è stata costituita una ONLUS (or-ganizzazione non lucrativa di utilità socia-le): la Fondazione Acquario di Genova.La Fondazione promuove e realizza pro-getti nei settori dell’educazione, della sen-sibilizzazione, della ricerca applicata edella conservazione.

Le scuolee il grande pubblico100.000 studenti all’annoin visita all’Acquario di Genova

Per il 90% degli insegnanti in visita all’Ac-quario di Genova l’attività è stimolo per rea-lizzare nuovi progetti educativi a scuola.20 incontri annuali con insegnanti per pre-sentare le proposte didattiche.

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I parchi marini

Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

L’Acquariodi Genova

Il visitatore dell’Acquario di Genova • Oltre 30 milioni di visitatori dal 1992

• 1.100.000 circa i visitatori dell’Acquario di Genova ogni anno

• il 72% dei visitatori è costituito da famiglie e individuali;di questi il 56% è costituito da famiglie con figli e il 44% da coppie senza figli

• il 28% da turismo organizzato

• il 10% da scuole

• il 41% dei visitatori è tornato nel tempo a visitare la struttura (repeaters);la percentuale aumenta nel periodo estivo fino al 62%

• il 58% viene in visita in giornata dalla località di residenza

• il 42% viene in visita dalla località dove alloggia in vacanza;in estate questa percentuale aumenta fino al 50%

• l’89% dei visitatori sono italiani principalmente da Lombardia, Piemonte e Liguria

• l’11% dei visitatori sono stranieri, in particolare Francia, Germania e Russia;in estate gli stranieri aumentano

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senti in quest’area – balenottera comune,capodoglio, zifio, grampo, globicefalo, del-fino comune, stenella, tursiope.Essa inoltre presenta inoltre al piano su-periore una piattaforma a cielo aperto,progettata per consentire a visitatori condisabilità motorie di accostarsi alla vascae agli animali.

Costa Edutainment

Leader in Italia nel settore dell’edutain-ment, ha la missione di rispondere allacrescente domanda di un uso qualitativodel tempo libero, coniugando cultura, edu-cazione, emozione e divertimento in espe-rienze uniche e significative.

29Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

L’innovazione tecnologica

Al fine di supportare al meglio la gestionedi una struttura così complessa, raggiun-gendo maggiore efficacia e affidabilità,negli ultimi anni Costa Edutainment ha so-stenuto importanti investimenti per l’inno-vazione tecnologica principalmente relati-va agli impianti. Tra le più significative,nuovi gruppi frigo per il condizionamento,un nuovo sistema di controllo computeriz-zato, la remotizzazione della sala control-lo, l’implementazione di un software di ge-stione manutenzione. Nell’autunno 2012, èstata inoltre realizzata anche una presa amare che consente un approvvigiona-mento continuo di acqua marina diretta.

Il mondo social

L’Acquario di Genova è presente sui canalisocial attraverso Facebook, Twitter, Insta-gram e YouTube. Facebook Acquario di Genovawww.facebook.com/acquariodigenovaTwitter Acquario Genovahttp://twitter.com/acquariogenova Instagram Acquario di Genovawww.insgtagram.com/acquariodigenova YouTube AcquarioVillage www.youtube.com/acquariodigenova

Il padiglione cetacei

Progettato da Renzo Piano Building Work-shop, il Padiglione Cetacei dell’Acquariodi Genova costituisce un importante am-pliamento della struttura ed è stata inau-gurato il 26 luglio 2013. È composto da quattro vasche a cieloaperto – vasca espositiva principale, nur-sery, vasca medica e vasca curatoriale. Lavisita inizia con la vasca principale dovegrazie a una parete vetrata lunga 30 metriche può essere aperta, può ascoltare inpresa diretta l’ampio repertorio che questianimali utilizzano per la comunicazionestabilendo così un contatto più ravvicinatocon essi.In questa prima parte del percorso, il visi-tatore riceve il benvenuto nell’area divul-gativa con informazioni sul Santuario Pela-gos, l’area marina protetta di circa 90.000km creata nel 2001 grazie a un accordo traFrancia, Italia e Principato di Monaco, sul-la biologia e la storia evolutiva delle 8 spe-cie di Cetacei che sono regolarmente pre-

28 Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

L’innovazione• 70 le vasche espositive odierne, numero quasi raddoppiato rispetto a quelle iniziali,

cui si aggiungono le 4 vasche a cielo aperto del nuovo Padiglione Cetacei

• 200, le vasche di ambientamento e cura

• 12.000 gli animali ospitati nelle vasche dell’Acquario di Genova

• oltre 400 le specie animali

• 200, le specie di vegetali

• 30 i cuccioli di foca, delfino, pinguino, squalo zebra e, per la prima volta in Italianel 2015, lamantino nati dall’apertura ad oggi

• 2 cm, il Vertebrato più piccolo, la Mantella dorata (Mantella aurantiaca)

• 5 mm, l’animale più piccolo, il polipo della Medusa quadrifoglio (Aurelia aurita)

• 3 metri, l’animale più grande, il Lamantino (Trichecus manatus)

• 27 tonnellate, la quantità di cibo consumata in un anno dai nostri animali,di cui circa 19 solo per i Mammiferi marini

• 835 kg, la quantità di verdura fresca consumata dai lamantini ogni settimanatra insalata, bietole, spinaci, sedano, carote, finocchi

• 78 kg, la quantità all’anno di uova di Artemia salina, necessaria per l’alimentazionedi alcuni ospiti (per la cronaca, 50 gr corrispondono a circa 12.200.000 individui)

• - 1 °C, la temperatura più bassa delle vasche (Antartide)

• + 28 °C, la temperatura più alta delle vasche (Lamantini)

• 3 ore, la durata media della visita

• 3.200.000 litri, l’acqua contenuta nella vasca più grande, la vasca espositivadel nuovo Padiglione Cetacei

• 11.000.000 litri, l’acqua contenuta in tutte le vasche dell’Acquario(oltre 500 autocisterne!)

• 430 metri, la lunghezza totale della struttura

• 94 metri la lunghezza del nuovo Padiglione Cetacei

• 100 metri, la lunghezza della Grande Nave Blu

• 27.000 metri quadrati, la superficie complessiva dell’Acquario di Genova

• 500 metri quadrati, dedicati alla ricostruzione della foresta del Madagascar

• 100 metri quadrati, la superficie della vasca tattile (50 metri di perimetro)

• 30 cm, lo spessore massimo degli acrilici delle vasche

• 160 Km, la lunghezza dei tubi che portano acqua a tutte le vasche

• 250, le persone che lavorano all’Acquario di cui 45 dedicati alla cura,alla gestione e al benessere degli animali

Il PadiglioneCetacei• Superficie complessiva

nuova struttura: circa 7.000 mq

• Lunghezza: 94 m

• Larghezza: 28 m

• Altezza dal livello del mare:base del corridoio vetratovisitatori 3 m

• Altezza torri laterali dal livellodel mare: 10 m torre lato Nave Blu,13 m torre Nord lato Acquario

• Numero vasche: 4

• Dimensione e volume vascaespositiva principale:profondità massima 7 me minima 4,5.Superficie circa 580 mq,volume totale circa 3.200 mc

• Superficie e volume vasca Medica:circa 34,5 mq e 86,5 mc.È dotata di un fondo mobile

• Superficie e volume Nursery:circa 201 mq e 1.048 mc.È dotata di un fondo mobile

• Superficie e volumevasca curatoriale:circa 95 mq e 408 mc

• Dimensione acrilico principaledella vasca espositiva: 20 mdi larghezza, 4,2 m di altezza,30 cm di spessore, 35 t di peso

• Dimensioni del semitunnelvetrato: 15 m di lunghezza,14 cm di spessore

• Superficie totale acrilici lungoil percorso di visita: circa 150 mq

• Superficie totale della vetratadel corridoio dei visitatori:circa 460 mq

• Durata dei lavori: 30 mesi

• Numero medio di lavoratoricoinvolti su base mensile: 60

• Cemento utilizzatoper la costruzione:circa 12.000 mc

• Acqua utilizzataper l’affondamento nel sitodi destinazione finale:circa 3.500 mc

I parchi marini

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Conta ad oggi oltre 13 milioni di visitatoriall’anno di cui 3 nelle strutture gestite diret-tamente. Il gruppo ha chiuso il 2017 con unfatturato complessivo di circa 62 milioni diEuro. Specializzata nella gestione di grandistrutture pubbliche e private dedicate adattività ricreative, culturali, didattiche, distudio e di ricerca scientifica, la società ge-stisce a Genova, oltre l’Acquario di Genova,il Galata Museo del Mare con il sommergi-bile Nazario Sauro, la Biosfera e l’ascenso-re panoramico Bigo. Dal 2000, l’azienda si èevoluta ampliando l’offerta turistica su tuttoil territorio nazionale. Dal 2004, Costa Edu-tainment è membro dell’Associazione Fe-stival della Scienza che si occupa dell’or-ganizzazione della manifestazione scienti-fica che si svolge ogni anno a Genova. Nel2008, inoltre, Costa Edutainment spa è en-trata a far parte della “Genova Palazzo Du-cale Fondazione per la Cultura” con l’obiet-tivo di contribuire attivamente alla valoriz-zazione e promozione del territorio genove-se in un’ottica di collaborazione tra pubbli-co e privato. Sul territorio nazionale, CostaEdutainment gestisce dal 2000 l’Acquario diCattolica, l’Acquario di Livorno e l’Acquariodi Cala Gonone in Saregna e ha acquisito idue parchi Oltremare e Aquafan di Riccio-ne e a marzo 2014, ha preso in gestione Ita-lia in Miniatura.

30 Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

Obiettivo dell’operazione è stata la crea-zione di un polo integrato che sfrutti la va-rietà dei quattro parchi romagnoli. La so-cietà accoglie 1,2 milioni di visitatori al-l’anno. Costa Edutainment, inoltre, è coin-volta in Civita Group e recentemente è en-trata a far parte di Italian EntertainmentNetwork (IEN), un nuovo operatore italia-no nella gestione di grandi eventi e servizi

per attività culturali. Parte del gruppo Ci-vita, che ha un fatturato annuo di oltre 80milioni di euro e circa 900 dipendenti, èOpera Laboratori Fiorentini, che gestiscegli spazi commerciali dei Musei Vaticani eche da anni partecipa alla gestione dellaGalleria degli Uffizi, Galleria dell’Accade-mia di Firenze e Duomo di Siena.

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Informazioni utiliArea Porto Antico - Ponte Spinola16128 Genova

tel. 010.2345678Uffici tel. 010.2345.1 - fax 010.256160www.acquariodigenova.itwww.acquariovillage.it

Prenotazioni gruppi e scuoleed acquisto pacchetti individuali:Incoming Liguria: tel. 010.2345666fax 010.2465422

Prezzi dinamici onlinedei biglietti Acquario di Genova:adulto minimo € 18 - massimo € 29;ragazzo minimo €12 - massimo €20,ridotto (over 65, militari, disabili, invalidi)minimo €14 - massimo €26.

OrariAperto tutti i giorni dell’annocon orario continuato.Dettagli in www.acquariodigenova.it

I parchi marini

N el lontano anno accademico 1961-1962 ho avuto il privile-gio di frequentare il corso di allievo ufficiale di comple-mento presso l’Accademia Navale di Livorno, quando la

durata della leva in Marina era ancora di 26 mesi e gli “AUCD” (al-lievi ufficiali di complemento diplomati) facevano una vita del tuttosimile agli allievi della 1a Classe. Dopo circa 9 mesi di corso fui de-stinato alla Capitaneria di Porto di Rimini, dove fui assegnato comesott’ordine all’Ufficiale in 2^, il quale mi inserì subito nelle sezioniTecnica, Gente di Mare e Armamento e Spedizioni che lui seguivainterinalmente. L’addestramento fu molto rapido e presto mi lasciòampia autonomia. In definitiva il periodo dell’Accademia e quellodella mia permanenza a Rimini sono stati tra i più belli e formatividella mia vita. Se qualche lettore avesse condiviso l’esperienza delcorso AUCD 1961-62, sarei felicissimo di incontrarlo e di parlarne.Cominciamo col mio “sbarco” a Rimini in una calda domenica difine giugno del 1962. Non mi è mai stato ben chiaro il motivo percui l’ordine ricevuto lasciando l’Accademia fu di presentarmi allamia destinazione proprio di domenica, quando in Capitaneria cisarebbero stati solo un annoiato ufficiale di guardia e qualchemarinaio. Probabilmente il furiere di MARINACCAD che avevacompilato la lettera con la quale avrei dovuto presentarmi alla Ca-pitaneria di porto di Rimini aveva solo contato i giorni di licenza ame spettanti senza guardare il calendario... chi lo sa!Ero partito da Genova la sera precedente e, in mancanza di col-legamenti ferroviari diretti con la riviera adriatica, fui costretto acambiar treno ben due volte: a Tortona e a Piacenza, prima di sa-lire finalmente su un convoglio diretto in qualche città della Pugliache fermasse a Rimini, località che conoscevo solo per la sua fa-ma di stazione balneare.

Scesi alla stazione di Rimini che cominciava ad albeggiare; avevobisogno di riposare qualche ora, per non presentarmi del tutto im-bambolato in Capitaneria. Un poco sulla destra, sull’altro lato dellastrada rispetto alla stazione, sul tetto di un moderno fabbricato spic-cava l’insegna Hotel Napoleon; mi presentai, trascinando la mia pe-sante valigia di tela verde, come andavano di moda a quel tempo,alla cui maniglia era legata la sciabola racchiusa nella sua custodiadi panno, a un assonnato portiere di notte chiedendo una camera edi essere svegliato alle 07:30. Non fece domande, ma credo che ve-dendo il mio aspetto stralunato per la notte insonne, barba lunga,

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Testimonianze

Un sottotenente (cp) di complementoa Compamare Rimini

Massimo Brandinali

Una foto d’archivio della motovedetta CP 216.La mitragliatrice a prua è stata installatain epoca successiva al 1963

Massimo BrandinaliClasse 1942, diplomato nel 1960 pres-so l’Istituto Nautico San Giorgio di Ge-nova – Sezione Capitani. Ha navigatoper circa due anni su navi mercantili.Sottotenente di Vascello (CP) di com-plemento, ha prestato servizio pressola Compamare Rimini nel 1962-63 do-ve, tra le altre mansioni, gli è stato af-fidato il comando della motovedetta“CP 216”. Dal 1966 al 2000 ha lavorato presso una società petroli-fera multinazionale, sia nelle sede di Roma che in quelle periferichecoprendo incarichi di crescente responsabilità. Dopo il pensiona-mento si è dedicato agli studi di Storia Navale con particolare riguar-do al 2° Conflitto Mondiale. Negli anni recenti ha raccolto testimo-nianze e foto di Andrea Fucci, uno degli ultimi superstiti di BETA-SOM, la base atlantica dei sommergibili oceanici della Regia Mari-na, pubblicandole sul forum dell’omonima Associazione Culturale.

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ogni previsione di parenti e amici lo è ancora oggi! A causa deiripetuti brindisi al mio compleanno ai quali non potevo sottrar-mi, all’una del mattino, quando la festa ebbe fine, ero ubriacofradicio e passai il resto della notte in bianco, in un continuoandirivieni tra la camera e il bagno, creando notevole appren-sione alla signora Salone che, sollecitata dal suo istinto mater-no, insisteva per farmi un caffè, una camomilla, una limonatacalda, tisane varie, aumentando ancora maggiormente il miosenso di nausea. Malauguratamente il giorno del mio com-pleanno ero di guardia e alle 6.30 dovevo essere presente allasveglia. Mi trascinai con estrema fatica fino alla casermettamarinai, ma non mancai all’appuntamento facendo sforzi inau-diti per non tradire il mio malessere e fortunatamente ci riuscii.Col passare delle ore riacquistai un’accettabile lucidità e i po-stumi delle gozzoviglie della sera precedente passarono deltutto inosservati; avevo solo un gran sonno e, quando tornai acasa, mi infilai a letto senza neppure pranzare: dormii come unsasso fino all’ora di cena. Il Signor Azzarini e il Signor Angelucci accolsero il mio arrivo co-me una sorta di liberazione, perché, essendo l’ufficiale in 2 esen-tato dal turno, a loro la guardia toccava un giorno sì un giorno no.Con il mio inserimento si passava a due giorni liberi dopo uno diguardia. In effetti non erano turni particolarmente gravosi: si co-minciava alle 06.30 con la sveglia ai marinai, pratiche mattinali,colazione e posto di pulizia della casermetta e degli uffici che era-no aperti al pubblico dalle 08.00 alle 14.00. Al pomeriggio gli ufficierano chiusi, ma l’ufficiale di guardia era presente insieme alpiantone e al centralinista di turno dalle 16.00 alle 19.00. La serae la notte doveva rimanere nel proprio alloggio (dentro o fuori l’e-dificio della Capitaneria) per essere immediatamente disponibileper eventuali emergenze.Alla fine di luglio fu assegnata a Compamare Rimini la motove-detta CP 216 e sin dal primo momento il comandante Vigino midisse che mi avrebbe affidato di volta involta l’incarico di effet-tuare delle uscite per la sorveglianza del rispetto delle ordinanzedella Capitaneria da parte dei natanti da diporto e per vigilanzapesca. Rimasi però alquanto contrariato che ad andarla a pren-dere ad Ancona, dove era giunta via ferrovia da Roma, fosse sta-to designato il famigerato capo Petroncini con due marinai e unmotorista di leva; mi sembrava un’incongruenza con quanto miaveva detto il comandante, ma mi guardai bene dal rivelare adaltri quella che mi sembrava una bella e buona mancanza di fi-ducia nei miei confronti.In quel tempo la Guardia Costiera non era ancora stata istituita eforse quel gruppo di 24 motovedette, che costituivano la classealla quale apparteneva la CP 216, distribuite tra varie Capitaneriedi porto, ne costituì un primo embrione. A questo punto capii il mo-tivo per cui ero stato assegnato a Rimini, dopo molti anni trascorsisenza che vi fossero stati destinati degli aspiranti. Il mio titolo distudio di capitano di lungo corso e l’anno di navigazione come al-lievo ufficiale, concluso poco prima d’entrare in Accademia, era-no sicuramente stati determinanti.Facevano parte dell’equipaggio della CP 216, oltre a me, il sotto-capo nocchiere di porto Lepore, un motorista, lo stesso che eraandato a prelevarla ad Ancona, e un marinaio, entrambi di leva.In ottobre fu installato sia sulla motovedetta sia in Capitaneria unimpianto VHF e allora iniziarono le uscite notturne per la vigilanzapesca. Il comandante Vigino aveva disposto che ogni 30 minutisi stabilisse un contatto tra la motovedetta e la Capitaneria, nel

corso del quale veniva data la posizione e lo stato dell’attività incorso; naturalmente, in qualsiasi momento, qualora ne avessi rav-visato la necessità, era possibile mettersi in comunicazione conla Capitaneria. Il lato positivo di questa incombenza abbastanzascomoda era che il giorno successivo sia io sia l’equipaggio e ilmarinaio comandato al VHF eravamo esentati dal servizio.Il tratto di mare di competenza della Capitaneria di porto di Ri-mini andava da Cesenatico a Gabicce Mare, ma le uscite dellamotovedetta, durante il periodo estivo, quando lo scopo era disorvegliare l’osservanza delle ordinanze emanate dalla Capita-neria in materia di turismo nautico, erano preponderanti versoGabicce piuttosto che verso Cesenatico per la presenza, lungoquel tratto di costa, di rinomate località balneari, come Riccio-ne, Cattolica Pesaro e Fano. La vigilanza pesca veniva inveceeffettuata alternativamente su tutto il litorale. Per tutta la duratadella mia permanenza a Rimini, ma credo anche dopo, non siparlò mai di installare il radar che sarebbe stato quanto mai op-portuno specialmente nelle uscite notturne invernali, quandoimprovvisi banchi di nebbia azzeravano la visibilità. Allora nonrestava che mantenersi in costante contatto radio con la Capi-taneria e navigare per il rientro a velocità ridotta, seguendo larotta abbastanza approssimativa indicata dalla bussola magne-tica, azionando ogni due o tre minuti la sirena e facendo moltaattenzione a captare il segnale emesso dal nautofono del portodi Rimini. Che sollievo quando si sentiva quella tanto sospiratalettera “N” dell’alfabeto Morse!Un altro aspetto abbastanza avventuroso (ma questa volta diver-tente) delle mie uscite in mare era l’ingresso in porto con mareagitato, perché dovevo entrare nel porto-canale a tutta forza ca-valcando l’onda di risacca per evitare di traversarmi; poi, giunto

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una valigia piuttosto popolare alla quale era legata una sorta di can-na in un astuccio di panno verde, gli sia venuta la tentazione di chie-dermi il pagamento anticipato, ma non lo fece... si vede che mante-nevo ancora una parvenza di rispettabilità. In ogni caso si tenne lamia carta d’identità e mi dette la chiave della stanza dicendomi chepotevo utilizzare l’ascensore (bontà sua!) per raggiungerla. Mi but-tai sul letto senza spogliarmi e caddi subito in un sonno profondo,dal quale mi risvegliò alle sette e mezzo, inesorabile, il suono del te-lefono posto sul comodino.Feci una toilette molto accurata: volevo che la prima impressioneda dare in Capitaneria fosse quella di un inappuntabile ufficialeappena uscito dall’Accademia. Indossai la divisa ordinaria, allac-ciai la sciabola al cinturino e scesi nella hall andando direttamen-te alla reception per saldare il conto, chiedere che un facchinoandasse a prendere la valigia in camera e che mi chiamassero untaxi. Sentivo su di me gli sguardi incuriositi dei clienti presenti nel-la hall e altrettanto meravigliato appariva il receptionist che nonmi aveva visto arrivare il giorno prima. In questa mia prima uscitada ufficiale mi sentivo molto compreso nel ruolo … sembrava unbenaugurale inizio della mia permanenza a Rimini! In Capitaneria fui accolto amichevolmente dall’ufficiale di Guar-dia, il Signor Azzarini – allora capitano, responsabile della Sezio-ne Demanio marittimo – che mi intrattenne per tutta la mattina sul-l’organizzazione del Compartimento marittimo di Rimini. Dal mo-mento che la sua famiglia si trovava in vacanza, andammo a pran-zo assieme in una pensione di Marina Centro, nei dintorni dellaCapitaneria. Presi anche una camera per la notte, perché il co-mandante – tenente colonnello Eusebio Vigino – avrebbe decisoall’indomani come sistemarmi.La mattina successiva, sempre in divisa ordinaria, mi presentai alcomandante, il quale, a sua volta mi presentò ai restanti compo-nenti dello stato maggiore: l’ufficiale in 2^, capitano Franco Mor-mando, e il responsabile della Sezione Leva e Mobilitazione, tenen-te dei Ruoli speciali Angelucci. Rimasi colpito dalla signorile cor-dialità con la quale tutti mi trattavano, così diversa dai freddi rap-porti con i superiori a cui ero stato abituato in Accademia. Ma eragiusto: là mi si doveva formare come ufficiale; qui, invece, entravoa far parte di un gruppo operativo e ben affiatato. Tra le prime coseche mi disse il comandante fu che avrei potuto vestirmi in borghesequando ero libero dal servizio. Poi aggiunse che avrebbe pensatoil Signor Mormando, al quale avrei dovuto rispondere, ad inserirminella struttura burocratica della Capitaneria. Quindi chiamò il no-stromo, capo Petroncini, ormai prossimo alla pensione, perché mitrovasse una sistemazione, visto che nella palazzina del comandonon era previsto l’alloggio dell’ufficiale scapolo. E lì nacque un pro-blema che mi inimicò per sempre Capo Petroncini. Infatti lui avevapensato di sistemarmi nella ex Stazione di vedetta della Marina Mi-litare ubicata quasi al centro di Piazzale Boscovich, che segnavala fine della zona abitata e l’inizio del molo di levante. Era stata co-struita tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50 per assolverea precise funzioni militari, essenzialmente quelle di segnalazione edi vedetta, ma nel 1954, con l’avanzare della tecnologia elettronica,fu decisa la cessazione dell’attività. Pertanto, nel 1962 si trovava inuno stato di totale abbandono (oggi, opportunamente ristrutturata,ospita la sede dell’ANMI di Rimini e il Ristorante dei Marinai). Dopoaverla visitata dissi a capo Petroncini che non intendevo affatto rin-chiudermi là dentro e ne avremmo parlato il giorno successivo colcomandante. Il nostromo non me la perdonò mai e non mancava diricordarmi che “era meglio essere il primo degli ultimi che l’ultimo

dei primi”, al che io ribattevo ogni volta che, comunque, alla mat-tina spettava a lui salutarmi per primo e poi io gli avrei risposto. Indefinitiva, quello che ci rimise fu un sergente in SPE che mi dovettelasciare la stanza del sottufficiale scapolo che occupava nella ca-sermetta marinai e sistemarsi nel dormitorio, con la privacy chepoteva fornire un paravento; lo rassicurai però che, non appenafosse finita la stagione estiva, mi sarei cercato un alloggio da qual-che parte e gli avrei restituito la sua cameretta.E così avvenne. L’autista del Comandante, un civile riminese, miinformò che una sua cognata in estate affittava una camera delsuo appartamento in Marina Centro ai bagnanti e che probabil-mente sarebbe stata contenta di avere un pensionante fisso pertutto l’anno. Alla fine di settembre mi trasferii nel mio nuovo al-loggio dove la signora Salone mi riservò un ottimo trattamento dipensione completa al modico prezzo di 30.000 lire al mese fino aquando andai in congedo. Ma c’era un altro fatto molto impor-tante: facevano parte della famiglia Salone: quattro figli, due ra-gazze più o meno della mia età che lavoravano in piccole aziendelocali e due gemelli più piccoli, studenti delle scuole superiori.Grazie a loro fui introdotto nel mondo gaudente della gioventù ri-minese che nei mesi invernali si riuniva in gruppi festaioli desti-nati a sciogliersi come neve al sole con i primi caldi, ossia con lacalata delle bionde e disinibite vichinghe. Dopo i duri mesi d’Ac-cademia mi sembrava di essere entrato in un fatato Paradiso Ter-restre... stentavo quasi a crederlo!Fu proprio in occasione del mio 21° compleanno, nel gennaio1963, che le ragazze e i ragazzi Salone organizzarono una festain casa per festeggiarmi più che degnamente. Invitarono ami-che e amici che arrivarono, come si usava, con bottiglie di whi-sky e cognac, piadine col prosciutto, pasticceria varia e unacongrua collezione di ballabili del tempo, dal twist al rock androll, ai “balli della mattonella” (decisamente i più gettonati,quella sera): ciascuno metteva i propri preferiti sul giradischi...e via con le danze! Tra le ragazze invitate c’era anche una “cer-ta” Rita che, in un’alternanza di amori travolgenti e gelidi ab-bandoni, divenne mia moglie quattro anni più tardi... e contro

Due foto del pranzo offerto dai marinai per il 21° compleanno dell’Autore.In borghese, capo De Anna (con accanto il figlio) responsabile della mensa

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Capitaneria chiesi al segretario del comandante, Capo Mangiaca-sale, che stava tutti i pomeriggi in ufficio per sbrigare le pratiche, ilcifrario e feci questo benedetto messaggio.La mattina successiva, quando il Comandante Vigino seppe del-l’accaduto, andò su tutte le furie sostenendo che avrei dovutoavere la sua autorizzazione prima di dare la pratica e di fare ilmessaggio cifrato (naturalmente avevo il necessario nulla osta disegretezza) e mi punì stabilendo che avrei dovuto restare di guar-dia per un’intera settimana. Rimasi molto male, soprattutto per-ché non capivo il motivo della mancanza che mi si attribuiva. Era-no già venuti a Rimini altri motovelieri e io mi ero comportato esat-tamente nello stesso modo; l’unica differenza stava nel fatto cheerano giunti durante l’orario di apertura della Capitaneria.Probabilmente, lo capii nei giorni seguenti, tutta questa messa inscena era stata architettata dal comandante per fare delle lunghechiacchierate con me e sondare la mia eventuale volontà di raf-fermarmi; infatti, tutti i pomeriggi, verso le 17, scendeva dal suoalloggio e si piazzava in ufficio con me raccontandomi episodi del-la sua vita in Marina, chiedendomi informazioni sul mio lavoro, co-me mi trovavo a Rimini, come erano i miei rapporti con gli altri uf-ficiali, cosa ne pensavo delle mie uscite con la motovedetta e cosìvia, tutto molto amichevolmente. Ecco perché, pur rimanendomiqualche incertezza, ridimensionai rapidamente questo sgradevo-le incidente di percorso.In effetti, e credo che sia emerso da quanto scritto nelle pagineprecedenti, il comandante Vigino, sposato ma senza figli, mi con-siderava un po’ come un figliolo e me lo dimostrò apertamentel’ultimo giorno della mia permanenza in Capitaneria, quando feceallestire nel suo ufficio un sontuoso (per l’epoca) rinfresco di sa-luto, al quale erano invitati tutti gli ufficiali. In quell’occasione mirivolse delle parole improntate a stima e malcelato affetto, ram-maricandosi della mia decisione di lasciare il Corpo delle Capita-nerie: un po’ più delle solite frasi di circostanza nei discorsetti dicommiato.In un’altra occasione mi aveva dato prova di grande stima e ri-spetto che mi fece quasi dimenticare la liscia e bussa di qualchemese prima. Una domenica dell’estate 1963 mi disse che sarebbeuscito volentieri in mare assieme alla moglie con la motovedetta;in effetti, da quando la CP 216 era arrivata a Rimini, non aveva maimesso piede a bordo. Apprezzai molto che vestisse abiti borghesi(vedi foto): lo interpretai come un gesto di gentilezza nei miei con-fronti per non sovrapporsi al mio ruolo. Si comportò da perfettopasseggero, facendomi domande (sic!) sull’andamento dell’usci-ta e preoccupandosi che la moglie non finisse in mare nei suoifrequenti spostamenti nello spazio angusto della CP 216.

Tornando al mio lavoro d’ufficio, la parte più corposa era concen-trata sulla Gente di Mare costituita in gran parte da pescatori emolto più numerosa nel passato, per cui l’evasione delle richie-ste di estratti di matricola, generalmente per uso pensione o perconcessione della medaglia d’onore per lunga navigazione erain costante arretrato, nonostante ci lavorassero a tempo pienoun secondo capo e un sottocapo (l’onnipresente Lepore), più sal-tuariamente e di straforo, due civili: l’autista del comandante el’addetto al microfilm. A volte, per ingannare il tempo nelle inter-minabili ore pomeridiane di guardia, mi mettevo anch’io a com-pilare qualche estratto di matricola, facendo molta attenzioneall’esattezza delle somme dei giorni e mesi dei singoli imbarchi.Penso ai progressi dovuti all’informatica: probabilmente oggi ba-sterà premere un tasto del computer ed ecco fatto l’estratto dimatricola.I miei rapporti con i marinai, tutti di leva tranne due sottocapi, fu-rono sempre buoni, improntati a un grande rispetto reciproco. Findal mio arrivo a Rimini mi ero imposto di essere estremamenteequilibrato, fermo ma rispettoso, facendo sempre molta attenzio-ne a non far pesare il privilegio di essere ufficiale; in fondo, conun po’ meno di fortuna avrei potuto essere anch’io un marinaio dileva. Questo atteggiamento facilitò molto i miei rapporti con loroed ebbi due grandi soddisfazioni: nel gennaio 1963, quando compii21 anni, fortunatamente prima della fatidica sbronza, mi invitaronoa un “pranzo speciale” in casermetta e altrettanto fecero per sa-lutarmi qualche giorno prima che mi congedassi.L’ultimo giorno della mia permanenza in Capitaneria coincise conla festa del 4 novembre 1963. In effetti, la data ufficiale del con-gedo era il 19 novembre, ma il comandante Vigino, la mattina diquel giorno, durante il rinfresco, mi disse che era giusto che mene andassi a casa in licenza, visto che non ne avevo preso nem-meno un giorno durante tutta la mia permanenza a Rimini.Così, l’indomani, dopo aver salutato con un po’ di reciproco ma-gone la famiglia Salone che in quell’anno e qualche mese in cuimi aveva ospitato non mi aveva mai fatto sentire un estraneo, ven-ne sotto casa la campagnola dell’Aeronautica e due forzuti avierivi caricarono il mio baule d’ordinanza; il signor Salone volle ac-compagnarmi alla stazione con la sua macchina e queste sono leultime immagini fissate nella mia mente dell’avventura che ho vis-suto in Marina e più significativamente nel Corpo delle Capitane-rie di porto.

n n n

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alla radice del molo di ponente, riducevo la velocità al minimo suf-ficiente per governare e, quindi, attraccare alla banchina anti-stante la Capitaneria.La manovra di attracco, che doveva avvenire con la prora rivoltaverso l’uscita, era fonte di continui rimbrotti nei miei confronti daparte del comandante Vigino. Lui avrebbe preteso, per sicurezza,che arrivato al posto d’ormeggio con la prora rivolta a monte, lan-ciassi due cime a terra – una a prora e una a poppa – che sareb-bero state raccolte dai marinai che attendevano l’arrivo; poi, sco-stando col mezzo marinaio e facendo forza sulle cime, girare lamotovedetta di 180°. Feci questa manovra solo alla prima uscita,quando era presente all’arrivo anche il comandante Vigino, ver-gognandomi come un cane per il mio comportamento da “Mila-nese in vacanza” alla sua prima uscita con la barca nuova. La ma-novra corretta era, secondo me, superare di poco il posto d’or-meggio tenendomi quanto più possibile sul-la destra, dare un’accelerata con tutto ti-mone a sinistra; superata la mezzeria delcanale dare indietro tutta con timone tuttoa dritta e poi avanti adagio per accostarealla banchina. Al comandante Vigino tuttoquesto non andava proprio giù. Però lo sop-portava, limitandosi a biasimare questocomportamento. Il fatto è che ci avevo pre-so gusto e la manovra diventava semprepiù spericolata, soprattutto quando i turistiestivi si fermavano per assistervi. Le im-pennate che facevo fare alla motovedettanelle inversioni di marcia mi entusiasmava-no. Avevo 21 anni e mi sentivo un po’ gua-scone... Poi, come effetto collaterale, c’erala possibilità di far visitare la motovedetta aqualche bionda fräulein con lasciva sostanel salottino di poppa che avevo personal-mente dotato di whisky e bicchieri; devo dire che, inaspettata-mente, tutti in Capitaneria (compreso capo Petroncini) finsero dinon notare questa mia attività di cicerone.Ma il fato cinico e baro colpisce quando meno te l’aspetti: duranteuna delle mie audaci manovre d’attracco, l’invertitore di marcianon ingranò immediatamente: dovetti riportare in folle e ripetere“l’indietro”; Lepore, che stava a prua col mezzo marinaio per fre-nare l’abbrivio in fase d’ormeggio, non aveva messo i parabordi(che allora erano solo sferici) all’altezza giusta e andai a dare unanasata col tagliamare sullo spigolo del molo, provocando un’in-gobbatura, per la verità non eccessiva, ma comunque chiaramen-te visibile. Pensavo che la mia esperienza di comandante della CP216 fosse finita quel giorno e invece, con mia grande sorpresa, ilcomandante Vigino finse di non accorgersene. Comunque, da al-lora, le mie manovre di attracco furono decisamente più caute. Dopo un breve periodo di affiancamento col Sig. Mormando mivennero affidate le Sezioni Tecnica, Armamento e Spedizioni,Gente di Mare e Cassa (in realtà le varie operazioni contabili era-no effettuate da un impiegato civile e io mi limitavo a effettuaredei controlli e a firmare la documentazione; inoltre, assieme a unmarinaio, con la FIAT Campagnola dell’Aeronautica andavo pe-riodicamente alla sede della Cassa di Risparmio in Piazza Ferraria prelevare il contante per le necessità della piccola cassa, perpagare la decade ai marinai e agli avieri appoggiati presso la Ca-pitaneria e – mensilmente – gli stipendi agli ufficiali, sottufficiali e

impiegati civili (le buste paga le faceva però l’ufficiale in 2^). Checi facevano lì dei militari dell’Aeronautica? Si trattava degli equi-paggi dei due motoscafi AMMA ormeggiati alla banchina oppostaa quella della Capitaneria per il soccorso in mare agli aerei della5 Aerobrigata operativa all’aeroporto di Rimini-Miramare).All’epoca, Rimini era una piccola Capitaneria, il cui “core busi-ness” (ma credo che oggi la competenza sia passata alla Regio-ne) era il Demanio marittimo, per cui Sezioni che in altre Capita-nerie di maggiore importanza erano rette addirittura da un ufficia-le superiore, venivano affidate a un giovane aspirante fresco diAccademia.Tra uscite in mare e lavoro d’ufficio, i mesi trascorsero veloce-mente e a novembre, dopo aver scritto una tesi sul porto di Rimini,che mi tenne occupato per numerosi pomeriggi proprio duranteil periodo estivo, fui promosso sottotenente.

Il lavoro della Sezione Tecnica si riducevaa seguire i lavori di dragaggio del porto-ca-nale, di manutenzione delle banchine e deidue moli di levante e di ponente da partedel Genio Civile Opere Marittime.Anche l’Armamento e Spedizioni non as-sorbiva molto tempo; solo qualche motove-liero e piccola motonave toccavano spora-dicamente il porto di Rimini. Tuttavia, dall’e-state del 1963 cominciarono a far scalo aRimini due piccole motonavi passeggeri,Gentile da Fabriano e Andrea Mantegna,che collegavano alcuni porti istriani e dal-mati con Trieste, Venezia, Rimini e Ancona;a causa del pescaggio elevato per il portodi Rimini, si ormeggiavano alla parte termi-nale del molo di levante. Quando le navi ap-parivano in lontananza, gli ormeggiatori av-visavano la Capitaneria e il Commissariato

di Polizia che mandava un agente della Polizia di Frontiera per ilcontrollo passaporti di eventuali turisti stranieri che sbarcavano.Io, accompagnato dal fido Lepore, mi incamminavo verso il molodi levante portando con me il timbro tondo della Capitaneria; ingenere nei dintorni di piazzale Boscovich mi incontravo con l’a-gente di Polizia e insieme raggiungevamo il punto d’ormeggio del-la nave. Non appena terminate le operazioni salivamo a bordo, ri-cevuti dal comandante che ci fece accomodare nel salone pas-seggeri offrendoci una bibita fresca e, dopo aver esaminato la do-cumentazione fornitami, rilasciavo la “libera pratica”. A questopunto ci sta bene una riflessione su come i ruoli svolti cambianoi rapporti interpersonali: solo poco più di due anni prima, quandonavigavo sulla Sebastiano Venier, i miei rapporti col comandanteerano di reverenziale sudditanza, ora si erano palesemente inver-titi... sic transit gloria mundi! A proposito di libera pratica, ricordo un episodio che mi fece un po’soffrire, ma che dopo opportuna sedimentazione, mi apparve deci-samente ridimensionato. Saltuariamente facevano scalo a Riminidei motovelieri jugoslavi con dei carichi di legname e le norme invigore all’epoca (guerra fredda, blocco orientale, ecc.) prevedeva-no che si dovesse fare un messaggio cifrato non ricordo bene achi, se all’Ispettorato delle Capitanerie di porto o al Ministero dellaMarina Mercantile, con i dati relativi alla nave e al carico traspor-tato. Fatto sta che un pomeriggio in cui ero di guardia arrivò un mo-toveliero jugoslavo e andai a bordo a dargli la pratica. Tornato in

Il pranzo di saluto dei marinai. Il GM Brandinali e alla sua destra,capo Capiozzo responsabile della mensa

Una foto d’archiviodella Gentile da Fabriano

Il 4/11/1963lasciasimbolicamentela Capitaneriadi Rimini

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nella guerra ai convogli. Un’esigenza sentita e dettata dalle durecondizioni di guerra dell’Atlantico e dalle differenti culture opera-tive della Regia Marina e dell’arma subacquea di Dönitz. Nell’an-no di permanenza del battello nelle fredde acque del Mar Baltico,il Giuliani condusse ben 8 cicli di “scuola tattica” per 7 coman-danti, 12 ufficiali e 48 vedette per un totale di 84 giorni di mare ed8902 miglia di navigazione.Un’attività impegnativa che consolidò la tempra dei marinai maanche gli incredibili rapporti di amicizia, che solo un grande ne-mico comune può creare.Nel maggio del 1942 il Giuliani rientrò a Bordeaux per essere im-piegato dal 24 giugno in una nuova missione in Atlantico al co-mando del C.F. Bruno.La missione dura e spietata spinse il sommergibile fino alle costedel Brasile e di Capo Verde ma permise di affondare la motonavearmata Medon, di 5.445 tsl, il piroscafo armato California di 5.441tsl ed infine il Sylvia De Larrinaga di 5.218 tsl.Durante la navigazione di rientro il battello, attaccato nel golfodella Gironda da tre “Sunderland” britannici fu costretto a ripa-rare il 1° di settembre nel porto neutrale di Santander, nel norddella Spagna, dopo aver subito la perdita del C° 2° Cl. Andrea As-sali, dei sergenti Giovanni De Santis ed Enzo Grimaudo, del sotto-capo Cesario Verardo e del marinaio Francesco Perali.Dopo aver riparato le principali avarie con una sosta in bacino didue mesi, l’equipaggio, oramai pratico delle usanze di guerra,“eluse” la blanda sorveglianza spagnola riprendendo il mare l’8novembre al comando di Aredio Galzigna, che aveva sostituito il

comandante Bruno gravemente ferito alla gola nel corso degli at-tacchi al Giuliani.Il giorno successivo il battello giunse infine nel porto di Le Verdon,nella Francia occupata.Tra la fine del ’42 e gli inizi del ’43 si giocò il destino del Giuliani edei suoi uomini chiamati a una missione completamente diversadal passato ma dai rischi immensi: l’operazione “Adler”, ovvero“Aquila” in tedesco. In quei mesi invernali il battello venne infattitrasformato in “sommergibile da trasporto” con l’incarico di tra-sferire materiali e apparecchiature di elevato valore tra la Germa-nia e il Giappone.Il battello partì per Singapore il 23 maggio 1943 con 130 tonnella-te di mercurio e acciaio speciale e un nucleo di tecnici italiani,sotto il comando del Capitano di Corvetta Tei e con un equipag-gio frutto della riorganizzazione del personale in tutta la base di“Betasom”.Tra gli uomini richiamati per armare “Aquila II” c’era il sergentemotorista Pietro Appi di Cordenons che, dopo essere sbarcatodal sommergibile Bagnolini, era in attesa – in virtù di 6 lunghi an-ni di operazioni in mare – di un trasferimento in Italia per riavvi-cinarsi alla giovane moglie Luigia Cardin incinta da alcuni mesi.Un viaggio complesso da ogni punto di vista, da quello bellico aquello tecnico-umano, e che si dipanava miglia dopo miglia lungodue oceani con un equipaggio di fatto all’oscuro delle tragiche vi-cende politico-militari che portarono all’Armistizio.Il 28 luglio 1943, dopo due mesi di durissima navigazione, il bat-tello giunse a Sabang (Indonesia), all’epoca sotto il controllo

37Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia36 Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

I l lungo viaggio del Regio Sommergibile Reginaldo Giulianiebbe inizio il 3 dicembre 1939 con il varo dai Cantieri Tosi, chesi affacciavano nelle placide acque del Mar Piccolo di Ta-

ranto. Il Giuliani lungo 76 metri è un battello “oceanico”, che nelcorso dei suoi intensi 5 anni di servizio, solcherà tre mari e dueoceani toccando due continenti. All’inizio delle ostilità effettuò lasua prima missione al comando del Tenente di Vascello Bruno Ze-lick, eroico protagonista delle ultime ore del sommergibile Scirè.Destinato già nell’agosto 1940 per la guerra in Atlantico, giunse a“Betasom” nell’ottobre dello stesso anno dopo essere scampato

a un attacco con siluri alla foce della Gironda. La prima missioneoceanica lo vide operare a ovest dell’Irlanda dove effettuò, il 24ottobre, un attacco senza successo a un incrociatore ausiliario.La missione continuò fino ai primi di dicembre tra crescenti diffi-coltà dovute alla caccia antisommergibile britannica sia dal maresia dall’aria. Dopo un periodo di riparazioni e riapprontamento perla guerra oceanica (come la riduzione della falsatorre), il 16 aprile1941 il Giuliani si trasferì a Gotenhafen (oggi la polacca Gdynia),dove stava nascendo “Marigammasom”, ovvero una piccola ba-se italiana dedicata all’insegnamento delle tattiche tedesche

Il lungo viaggiodel Regio Sommergibile Giuliani

Manuel Moreno Minuto - Capo ufficio personale Reparto Sommergibili Stato Maggiore Marina

Manuel Moreno MinutoIl Capitano di Vascello Manuel Moreno Minuto è attualmente im-piegato presso il 5° Reparto Sommergibili dello Stato MaggioreMarina. Ha frequentato l’Accademia Navale dal 1994 al 1998.Dopo aver conseguito la specializzazione in “armi subacquee” haricoperto l’incarico di Capo Sezione Sistemi di Comando & Con-trollo e insegnante di dottrina operativa presso la Scuola Som-mergibili. Nel 2008 ha comandato il cacciamine Sapri; dal 2010al 2013 è stato al comando del sommergibile Gazzana Priaroggia.Nel corso 2014-15 ha frequentato il 17° corso ISSMI qualificando-si inoltre “Consigliere Giuridico delle Forze Armate” presso il CA-SD di Roma. Dal 2013 al 2016 è stato impiegato presso la CentraleOperativa Marittima della Squadra Navale nella gestione di tuttele attività nazionali e fuoriarea della Marina.Dal 2017 al 2020 è statoCapo Servizio Addestra-mento del Comando Flot-tiglia Sommergibili doveha condotto quattro edi-zioni della “Scuola Co-mando Sommergibili”.Appassionato di StoriaNavale, Relazioni Interna-zionali e “tecnologia un-der water” collabora conla Rivista Marittima e l’Uf-ficio Storico della Marinanonché le riviste civili Sto-ria Militare, Il Nodo di Gor-dio e RID.

Il varo del Giulianipresso i cantieri Tosidi Taranto

Mappa inglesecon il punto

di affondamentodel Giuliani

Storia navale

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39Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

25 luglio 1956 – In una tragica not-te di nebbia fitta sul NordAtlantico, alle ore 23.11, in

prossimità del battello faro dell’isola diNantucket a 180 miglia dal porto diNewYork, la turbonave Italiana AndreaDoria entrava in collisione con la motona-ve Svedese Stockolm e affondava dopoundici ore di agonia alle ore 10.08 del 26luglio 1956, su un fondale di circa 86 mt. L’Andrea Doria era partita da Genova, il17/7/1956 al Comando del Capitano Supe-riore di Lungo Corso Piero Calamai. Il Co-mandante Calamai, genovese, già in pre-cedenza Comandante di navi passeggeridella Società Italia, partecipò alla 2^ guer-ra mondiale in qualità di Ufficiale di rottasulla corazzata Caio Duilio. Alla fine del

conflitto congedato con il grado di Capita-no di Corvetta, decorato con Medaglia alvalore, ritornò nella marina mercantile edivenne uno dei più apprezzati e stimatiComandanti di navi passeggeri. Famosonell’ambiente per la serietà, rettitudine ealto senso del dovere.Dopo aver toccato i porti di Cannes – Na-poli – Gibilterra la nave prese rotta orto-dromica per New York con a bordo 1134passeggeri e 572 persone di equipaggio. Iltempo era ottimo e i passeggeri potevanogodere di una bellissima vacanza. Il gior-no 22 luglio la nave è al traverso delle iso-le Azzorre. Il giorno dopo 23 luglio il tempocambia e la nave deve affrontare ancheper tutto il 24 una forte burrasca, eccezio-nale per quel periodo dell’anno, tanto da

38 Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

giapponese e accolto dalla Regia Nave Eritrea. In attesa di ultima-re le operazioni di approntamento per il rientro in Europa il Giulia-ni, nonostante gli sforzi del suo equipaggio e del Comandante Ian-nucci dell’Eritrea, venne sorpreso dall’Armistizio passando sotto ilcontrollo giapponese già il 9 settembre. La Marina nipponica, inmancanza di uno specifico interesse, preferì cedere il battello aquella germanica che lo incorporò con il nome U.IT 23.Nei mesi post-armistiziali si consumarono le drammatiche vi-cende di un equipaggio isolato in territorio oramai nemico a tre-dicimila chilometri dalla madrepatria.Non è facile riassumere in poche righe i fatti e le vicende delGiuliani e degli altri battelli “trasportatori” in Estremo Oriente eper un approfondimento si rimanda al saggio “Sommergibili a

Singapore” dello storico Achille Rastelli (vds. anche la “Relazio-ne del Comandante Auconi” a pag. 10 del numero di luglio/ago-sto di “Marinai d’Italia”).Il libro prende avvio dalle lettere scritte alla famiglia dal Sergen-te Appi, che tratteggia ai propri cari la situazione personale equella dell’equipaggio in quei difficili mesi. Un frangente dram-matico e confuso in cui si sovrapposero il senso del dovere, l’a-mor di patria, lo spirito di sopravvivenza e la necessità di sceltedifficili in assenza di informazioni e sotto la costante minacciadi morte di un ex-alleato certamente poco benevolo nei con-fronti del personale italiano.Dopo alcuni mesi di approntamento, nel febbraio del 1944, il bat-tello riprese il mare per l’ultima volta con un equipaggio mistoitalo-tedesco, salpando alla volta di Penang dove avrebbe do-vuto ultimare il carico di materiali speciali per il suo rientro inFrancia. Alle 05.22 del 14 febbraio, il Giuliani venne avvistato esilurato dal sommergibile inglese Tally Ho, affondando nellostretto di Malacca con 39 uomini (34 tedeschi e 5 italiani) men-tre 14 (fra cui 2 italiani) riuscirono a salvarsi. Il battello portò consé negli abissi Pietro Appi, Francesco Tavella, Emanuele Fareri,Luigi Mascellaro e Gaetano Principale.Una perdita onorevolmente ricordata nel 2008 in Germaniapresso il monumento ai sommergibilisti (U-Boot Ehrenmal ) diMöltenort. Le vicissitudini della famiglia Appi per ricostruire lesorti, ma anche la memoria di Pietro, si conclusero solo nel1981 dopo quasi quarant’anni di oblio per uno dei tanti episodidi guerra, mai sufficientemente approfonditi nel dopoguerra.Lo scorso mese di giugno la figlia quasi ottantenne del Ser-gente Appi, Maria Luisa, con un delicato gesto di amore ha vo-luto ricordare i 100 anni della nascita di un papà che non hamai conosciuto.Racconta la signora: “Sabato 20 giugno mio padre avrebbecompiuto 100 anni, era nato nel 1920. 100 sono un momento im-portante nella storia di una vita e di una famiglia. Non avendouna tomba dove ricordarlo con un mazzo di fiori mi rivolsi ad unamico conosciuto durante una riunione mondiale dei Marinaid’Italia tenuta in Israele... lui è figlio del sommergibilista Tusuru-chi Tsurukame Direttore di Macchina del sommergibile “I-166”della Marina Imperiale Giapponese affondato nel canale di Ma-lacca nel 1941. Non avendo avuto per anni notizie del genitoreAkira, come me, ricercò e ricostruì la storia di suo padre scri-vendo poi il volume “Alla ricerca di mio padre sotto il mareblu. –Tre famiglie, tre nazioni e un viaggio di riconciliamento”.Grazie a questo comune storia di perdita, ma anche di amore fi-liale, decidemmo di contattare le autorità dello Stretto della Ma-lacca per ricordare i nostri papà, e gli equipaggi del “Giuliani” edel “I-166”, con una deposizione di crisantemi gialli, orchideemalesi e rose nei pressi della spiaggia di Damai Lumut a pochemiglia dai relitti di entrambe le unità. Un gesto piccolo, forse in-significante per una società così lontana dai drammi del conflit-to mondiale, ma importante per noi figli di una generazione cheha sopportato un peso immenso.

Finisce per adesso così il lungo viaggio del Giuliani, modernis-simo e possente battello oceanico della Regia Marina che, par-tito dalle sicure sponde della città dei due mari, riposa oggi suifondali dell’Oceano Indiano, ma la cui storia è oggi patrimoniocomune di tutti i sommergibilisti italiani.

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Storia navale Tragedie in mare

Andrea Doriae StockolmGiancarlo Cerutti - Socio del Gruppo di Alassio

L’Andrea Doria

Dal Museo Galata di Genova:Andrea Doria - Architettura e arte a bordo

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41Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

la nave da carico William Thomas e altreunità minori si prodigano con successoper salvare i passeggeri e l’equipaggiodella nave italiana in procinto di affondare.L’operazione di soccorso riesce perfetta-mente e tutte le persone a bordo della na-ve vengono salvate.L’Andrea Doria affonda alle ore 10.08 del26 luglio 1956 su un fondale di circa 86 mt.Da rimarcare che il Com.te Calamai rima-ne a bordo della nave assieme a suoi dieciUfficiali e la abbandona per ultimo soloquando ormai la nave sta per rovesciarsidefinitivamente e affondare. Un fulgido esempio per i futuri Capitani dimare.L’inchiesta che ne seguì lasciò l’amaro inbocca a molti Comandanti e Ufficiali dellaMarina Mercantile Italiana.Per motivi politici ed economici le due So-cietà Armatrici vennero sollecitate a tro-vare una soluzione in cui dividersi in prati-ca le colpe del naufragio e si addivenne aun accordo per poter usufruire del denaroofferto dalle Società Assicuratrici.Il Comandante dello Stockolm Com.te G.Nordensen fu messo a capo della flotta dinavi passeggeri da parte della sua Compa-gnia di Navigazione.Il Comandante Piero Calamai, benché glirimanesse solo un anno per arrivare allapensione, fu messo a terra da parte dellasua Compagnia di Navigazione. In praticaun atto di accusa ingiusto che rovinò la vi-ta a una persona onesta, Comandante sti-mato e ammirato da tutti.La giustizia trionfò alcuni anni dopo quan-do nelle scuole marinare degli Stati Uniti,si accertò che l’Andrea Doria manovròperfettamente secondo le regole nauti-che e a sbagliare fu il giovane Ufficiale inservizio di guardia sullo Stockolm in quelmomento “solo” sul ponte di Comandodella nave.Le manovre eseguite dall’Andrea Doria inquelle circostanze sono ancora oggi ma-teria di studio e insegnamento per i futuriCapitani di Lungo Corso nelle scuole nau-tiche degli Stati Uniti.Un omaggio postumo alla memoria del Co-mandante Piero Calamai.Quella descritta in queste pagine è unabreve e scarna storia dell’affondamentodell’”Andrea Doria” la più bella e gran-de nave passeggeri della flotta italiana,a ragione definita da tutto lo ShippingInternazionale: “La grande Signora delmare“.

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40 Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

dover ridurre di poco la velocità. La seradel 24 la tempesta tende a calmarsi e lanavigazione riprende normalmente. Ilgiorno 25 il tempo migliora decisamente. Ilmare nelle prime ore del mattino si calmae si rivede un bel cielo sereno. Tuttavia nelprimo pomeriggio l’atmosfera non è piùlimpida come al mattino. L’orizzonte appa-re sfumato, evanescente, lontano. Sono iprimi sintomi di foschia che in quella por-zione di Atlantico precede sovente una fit-ta nebbia. Alle 1500 il Comandante Cala-mai sale sul ponte di Comando e ordina

l’”Attenzione per nebbia“, che viene im-mediatamente trasmessa al locale mac-china. A bordo si allertano tutti i sistemi disicurezza necessari alla navigazione incaso di scarsa visibilità. Si rinforzano iservizi di guardia, compreso quello otticoa proravia estrema con l’aggiunta di unavedetta. Si diminuisce la velocità a 21 no-di. Si chiudono tutte le porte stagne. Sonoin funzione i due radar di scoperta navale.Alle 20.00 la nave sta navigando nella neb-bia più fitta. Si emettono i regolari segnaliacustici previsti. Sul ponte di Comando vi

è, assistito da due Ufficiali e un Allievo, ilComandante Calamai. La posizione dellanave è controllata dal “Loran“, apparec-chiatura all’avanguardia di cui è dotatala nave che dà in continuazione il puntonave tramite il rilevamento di stazioni ra-dio. Alle 22.20 la nave è al traverso a 1 mi-glio di distanza dal battello faro dell’isoladi Nantucket e tutto procede regolar-mente. Sugli schermi radar sono battutetre navi che non destano nessuna preoc-cupazione.Alle 22.45 l’Ufficiale addetto al radar rilevaa una distanza di 17 mg. una nave con rot-ta opposta all’Andrea Doria 4 gradi sulladritta in aumento. È lo Stockolm che, parti-to da New York, procede alla massima ve-locità senza emettere i segnali sonori re-golamentari. In questo caso cinematico lamanovra prevista dalle regole del testo in-ternazionale per evitare gli abbordi in ma-re è la seguente: se due navi, con rotte op-poste, si rilevano reciprocamente sullapropria dritta, ambedue le navi devonocorreggere la propria rotta accostandoopportunamente a sinistra in modo da au-mentare la distanza tra esse al momento incui si trovano al reciproco traverso. IlCom.te Calamai fa accostare la nave quat-tro gradi a sinistra. La distanza diminuiscerapidamente. Il Com.te e gli Ufficiali sonotesi nel cercare invano di udire i suoni chedovrebbe emettere l’altra nave. Quando ilradar batte la nave a una distanza di duemg. e si intravvedono le luci dello Stockolm,la situazione è sempre in sicurezza. Alla di-stanza di mezzo miglio il Com.te Calamai egli Ufficiali vedono con terrore l’altra naveaccostare sulla dritta in perfetta rotta dicollisione con la Andrea Doria. Il Com.teCalamai ordina il tutto a sinistra ma ormaiil destino è segnato. Lo Stockolm con lasua prora a rompighiaccio colpisce la par-te destra dell’Andrea Doria proprio sotto ilponte di Comando penetrando nelloscafo per 12 mt. per una lunghezza di 20mt. Una falla in cui irrompono ingentiquantità di acqua di mare. Nel tragico im-patto perdono la vita 46 passeggeri del-l’Andrea Doria e 5 persone dell’equipag-gio dello Stockolm. La nave italiana co-mincia subito a sbandare sulla dritta e ilCom.te Calamai, conscio che la nave èperduta fa lanciare nell’etere “SOS“ conle coordinate del punto nave e la richiestadi urgente soccorso che, fortunatamente,viene captato da numerose navi in zona. Inparticolare la nave passeggeri franceseIle de France, la nave da carico Cap Ann,

Il momentodell’affondamento

Andrea Doriaa New York

I danni sulla proradello Stockolm

Tragedie in mare

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Pervenuta dal Gruppo di Rapallo, pubblichiamo una bellissima, storicacartolina/foto del RCT Freccia, spedita dal Capo Segnalatore Arrigo Bergamaschifacente parte dell’Equipaggio dell’Unità nei primi anni trenta.Il Capo segnalatore era il padre del nostro comune “amico dei marinai”del Gruppo scrivente, dott. commercialista Nevio Bergamaschi.

Foto d’epoca

42 Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

Il socioEM Ermanno Patelli

del Gruppo di Rapalloci ha consegnato

due belle fotodi Nave San Giorgio 562

scattate duranteuna cerimonia

nell’anno 1973,lo stesso non ricorda

la motivazionedell’evento.

Le pubblichiamopensando che qualcuno,membro dell’Equipaggio

o in qualità di invitato,possa riconoscersi.

Materiale del marinaioElio Sambinelli,

classe 1922, abitantea Canneto sull’Oglio,

riguardante il periodoin cui faceva parte

dell’equipaggiodella motozatteraMZ 771 affondata

su mina nemicanell’aprile del 1943

al largo dell’isoladi Favignana.

43

Si pubblicano tre foto del socio Giacomo Trani del Gruppo di Ischia,imbarcato su nave Montecuccoli che, partita da Napoli per Alessandria d’Egitto,ha incontrato tre giorni di cattivo tempo il 26/27/28 ottobre 1954.

Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

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Foto d’epoca

44 Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020 45Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

Mio padre Giuseppe Fornezza è scomparso il 5 aprile 2000 all’età di 87 annie sino a quella data, terminato il servizio di leva nel 1934, è stato iscritto all’ANMI (ex UMI)sia come Socio che consigliere. Il 20 giugno 1933 venne richiamato alle armicome allievo di Ia classe e imbarcato sul sommergibile Delfino fino il 27 dicembre 1934.Il 31 marzo 1936 ha conseguito il titolo professionale di Padrone Marittimo.Il 22 agosto 1939 venne richiamato alle armi sino al 9 dicembre 1940, rinviatoin congedo illimitato. Considerato richiamato alle armi con il grado militare temporaneodi Capo Nocchiere di Ia classe, in data 28 ottobre 1941, perché imbarcato sul M/V Bruno,come Comandante, requisito ed iscritto nel naviglio ausiliario dello Stato come servizioantisom e trasporto truppe. Ha partecipato al recupero salme in mare degli alpini,della M/N Galilea, affondata dagli inglesi il 28/29 marzo 1942.Proveniente da una antica famiglia marinara, ha sempre navigatonella Marina Mercantile fino alla pensione con vari gradi arrivando al Comando.Il Ministero della Marina Mercantile, il 30 gennaio 1987 gli ha conferitola Medaglia d’Onore di I° grado (oro) per lunga navigazione (30 anni).Ringraziando ancora Vi porgo i miei migliori auguri.

Giovanni Fornezza - Capitano di lungo corsoPresidende Onorario del Gruppo ANMI di San Giorgio di Nogaro (UD)

Foto e storia d’altri tempi

Ernesto Berniaz nacque a Fianona (Pola) nel 1902.Fu marinaio della Regia Marina Militare Italiana.Dopo il congedo prestò servizionella Marina Mercantile.Ernesto Berniaz sposò Maria Qualiccon la quale ebbe due figlie:Ermenegilda nel 1928 e Anna nel 1929.La famiglia di Ernesto li portò a lasciarela loro Patria, come migliaia di altrigiuliano-dalmati a causa del regime di Tito. Nel 1951 arrivarono in Liguria, dopo varieperegrinazioni: Fiume, Trieste, Udine, ecc.Ernesto morì in Oregon nel 1954.La figlia Anna si sposò nel 1956con Luciano Biasiol (1928-2012)nel Santuario della Vittoria al Passo dei Giovi.Ebbero due figlie: Paola e Luciana.Anna vive tuttora con la figlia Paola a Vigone.

A cura di Francesco SuinoSocio del Gruppo ANMI di Pinerolo (TO).Si ringrazia la signora Anna Berniaz

Sopra, Maria Qualic moglie di Ernesto Berniazcon le figlie: a sinistra Gilda e a destra Anna.La foto è datata 8 settembre 1935, da Fiume

Sopra,Ernesto Berniaz, al centro,

marinaio della Regia Marinain una probabile foto del 1925

A lato,Ernesto Berniaz

in basso a sinistra

Targaricordo del 2° Raduno dei Subacquei

svoltosi nel 1992

Piatto di ceramica policroma,ricordo del 38° Raduno Internazionale Sommergibilisti

svoltosi a Taranto nel 2001

Piatto in ceramica policroma,ricordo del 1° Incontro dei Veterani de “I magnifici sette”

svoltosi ad Augusta nel 2009

Piatto in ceramica policroma,ricordo del 50° Raduno Internazionale Sommergibilisti

svoltosi a Catania nel 2013

La signora Emma Priol consortedel socio Alberto Bogani, sommergibilista,più volte Consigliere e Vicepresidentedel Gruppo di Messina, recentemente scomparso,ha donato alcuni cimeli raccolti dal coniuge

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47Ottobre/Novembre 2020 Marinai d’Italia

che con Regio decreto del 27 maggio 1896il giovane fu decorato da Re Umberto I conla Medaglia d’argento al Valor di Marina,dalla cui motivazione emerge, oltre al sun-to dell’atto eroico in sé, anche la circostan-za che in quell’occasione il marinaio di Ca-stellabate aveva salvato anche «tre giova-notti che vi erano imbarcati» (quindi uno inpiù rispetto a quanto ricordava la cronacaprima riportata). L’ambìta ricompensa gliverrà appuntata sull’uniforme della RegiaMarina, essendo stato, nel frattempo ar-ruolato in tale Forza Armata il 24 gennaiodel 1896, destinato alla base di Taranto.Giovanni Martuscelli rimase in servizio inMarina sino al 26 febbraio del 1900, datanella quale fu mandato in congedo illimita-to. Fece, quindi, ritorno a Santa Maria, pe-raltro con i fiammanti gradi di Sotto Noc-chiere cuciti sulla giubba di panno turchi-no. Riprese così il suo antico mestiere. Al-cuni mesi dopo, esattamente il 3 di novem-bre convolò a nozze con la signorina Ger-mana Montone, dalla quale avrebbe avutoben cinque figli maschi, l’ultimo dei quali,Giovanni, nato esattamente nove giorni do-po la morte del padre. Nella sua amata Ca-stellabate, Giovanni mantenne attiva la suainnata predisposizione verso la filantropiae l’eroismo, portando soccorso in ogni do-ve, come ricordano alcuni racconti popo-lari. A tal riguardo lo ritroviamo, infatti, trai volontari che il 7 febbraio 1911 trassero insalvamento due barche da pesca di Ceta-ra, sorprese da un terribile uragano pro-prio a largo di Santa Maria. La cronaca diquell’infausto giorno ci ricorda che alla vi-sta di quella possibile, ennesima tragediadel mare, sulla spiaggia era accorso tuttoil popolo atterrito e fremente, mentre il Ca-pitano Domenicantonio Di Sessa, coadiu-vato proprio dal nostro Martuscelli e da al-tri prodi pescatori del borgo, armò un velo-ce battello, muovendosi in direzione deinaufraghi. Remando a tutta forza, gli abilimarinai di Castellabate riuscirono, dopopericolosi tentativi andati a vuoto, a trarrein salvo le due imbarcazioni, portandole insicuro nelle più calme acque della Marinad’Ogliastro. Ma Giovanni Martuscelli, me-more dei quattro lunghi anni vissuti nellaRegia Marina, fu anche un abile maestro“di vita e mestiere” per molti giovani mari-nai e pescatori di Castellabate, figli com-presi, ai quali cercò di trasmettere quei va-lori umani che la sua generazione avevaereditato dai propri avi, ma soprattuttoquelle nobili tradizioni, proprie della “gentedi mare”, che di persone come lui ne aveva

fatto degli autentici “Eroi del bene”. Sfor-tunatamente, però, ciò che non era riuscitoa fare il mare…lo fece la “spagnola”. Sia-mo certi che se la pandemia non lo avessefalciato in quel mite ottobre del ’18, a pochigiorni dalla fine della “Grande Guerra”,chissà quante altre azioni egli avrebbe por-tato a compimento! La sua eredità nelcampo filantropico fu comunque raccoltadal fratello Gennaro, il quale, nel 1928,verrà insignito di Medaglia di Bronzo sem-pre al Valor di Marina, per un’altra straor-dinaria operazione di salvataggio, quellavolta portata a termine nella stessa SantaMaria di Castellabate, il 7 giugno 1926, infavore del cutter “San Gennaro”.Ma que-sta è un’altra storia…

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Cfr. Sulle condizioni della Marina Mer-cantile Italiana al 31 dicembre 1895.Relazione del Direttore Generale dellaMarina Mercantile a S.E. il Ministro del-la Marina, Tipografia Elzeveriana, Roma,1896, pagg. 254 e 255.

Cfr. Foglio Matricolare di MartuscelliGiovanni, matricola 1076, rilasciato incopia dall’Archivio di Stato di Salerno.

La notizia del salvataggio è stata trattadal numero del 25 febbraio 1911 del gior-nale “Il Risveglio”, che si pubblicava aFrignano Cilento.

46 Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2020

I l 25 ottobre del 1918, tra le tante vitti-me che la pandemia d’allora, la tre-menda febbre detta “spagnola”, fece

registrare nel Comune di Castellabate, unodei più popolati centri del Cilento, in provin-cia di Salerno, vi fu anche Giovanni Martu-scelli, allora quarantatreenne, un nomeche certamente oggi non dice nulla, mache allora era ben conosciuto e apprezza-to, se non altro lungo le coste del Golfo diSalerno, ove egli operava da anni. Giovan-ni Martuscelli, oltre che essere uno dei piùbravi marinai di Castellabate era anche unEroe, essendosi molto spesso prodigatonel salvataggio di vite umane, come cer-cherò di ricordare in questo modesto arti-colo. Nato a Castellabate il 21 dicembre1875, Giovanni era figlio di Costabile e diConcetta Piccirillo. La sua era una famigliadi pescatori ma anche di abili marittimi,con esponenti imbarcati sui più importanti

bastimenti mercantili che solcavano il Me-diterraneo, trasportando i prodotti che lagenerosa terra cilentana produceva edesportava sia verso il Nord che il Sud delPaese. Ebbene la “storia eroica” di Gio-vanni Martuscelli, almeno quella docu-mentata ufficialmente, risaliva al 12 feb-braio del 1895, allorquando si trovava im-barcato sulla bilancella denominata“Monte Carmelo”, appartenente alla flottapeschereccia di Santa Maria di Castella-bate, dalla quale era partita in direzione diSalerno. Ebbene fu proprio in quella freddagiornata d’inverno che il natante fu coltoda un terribile fortunale a causa del qualeruppe l’albero dal fortissimo vento. A quelpunto la “Monte Carmelo” fu costretta afarsi rimorchiare dalla gemella “Bella An-tonietta”, dirigendosi verso il porto salerni-tano. A questo punto seguiamo l’epilogodella vicenda, così come tratto da una

pubblicazione dell’epoca. «Sulla bilancellarimorchiatrice passarono due marinai del-la “Monte Carmelo”, ed a bordo di questarimasero il marinaio Martuscelli Giovannidi anni 19, e due giovanetti, uno di 15 e l’al-tro di 10. Ma all’improvviso, levatosi un vio-lento temporale, che poi diventò uragano,un colpo di mare spezzò il rimorchio, e la“Monte Carmelo” rimase in balia delle on-de, senza albero. Il Martuscelli non si sgo-mentò, e freddamente misurando il perico-lo suo e dei due giovanetti, che avvilitipiangevano, volle guidare in salvo la bilan-cella nel porto di Salerno, e da solo, mano-vrando fra l’impeto del mare, e schivandole difficoltà del luogo, riuscì nello intento,fra l’ammirazione della gente accorsa allospettacolo di così calmo coraggio e di tan-ta abilità marinaresca».Il coraggio dimostrato dal Martuscelli nonfu dimenticato dalle Istituzioni, tanto è vero

Storie di uomini

Giovanni MartuscelliUn marinaio d’altri tempi (1875 - 1918)

Gerardo Severino - Direttore Museo Storico Guardia di Finanza

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Contributi 2020

Lia Mazzini - Socia del Gruppo di Sabaudia (LT) in memoria del marito € 100,00

ERRATA CORRIGEGiornale n. 9 - Settembre, pag. 28il cognome del curatoredell’Intervista al comandante Cacace,socio e presidente del Gruppo di Savona,è GHERSI e non GERSIcome erroneamente riportato.Ce ne scusiamo con l’Autore e i Soci.

Segnalazione del socioAntonio Orlando di OrtonaSu articolo I cacciatorpediniere classe Navigatoripag. 35 - Armamento... 2 mitragliere da 40/70e 4 mitragliere da 13,6 da correggere in:2 mitragliere da 40/39 e 4 mitragliere da 13,2Questo non toglie nulla all’ottimo articolodell’ammiraglio Sarto.

AVVISO PER I NOSTRI LETTORISono Marc Chevalier, un appassionato di navi da guerra in tempo di pace e dimodelli di navi. Sono metà italiano e mi piacciono molto i cacciatorpediniereImpetuosoe Indomitodell’immediato dopo guerra e ho voluto farne un model-lo che sarà realizzato da una società basata negli Stati Uniti. Il modello si staconcretizzando, sarà all’1/80 e quindi abbastanza grande. Mi servirebbero per-ciò delle foto precise di queste navi. Sarebbe utile precisare che le foto devonoessere nette e precise, visto che servirebbero per fare i dettagli delle navi.Allego il mio indirizzo e-mail e auguro ogni a bene ai Marinai d’Italia.

Marc Chevalier - [email protected]

Segnalazione del socioTommaso Azchirvani di Livorno

Foto Editoriale n. 7/8 - Luglio/Agosto.La pellicola è stata rovesciata.L’Ammiraglio non stringe con la mano sinistrae il comandante Fecia di Cossatonon sognerebbe mai di portare le decorazioniricevute dalla parte destra della divisa!

Risposta della Redazione

Ha ragione. Non ce n’eravamo accorti.L’errore è stato fatto dal momento di primoinvio da parte del Fondo Fucci (Chersino).

Complimenti!

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