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R eporternuovo Quindicinale della Scuola Superiore di Giornalismo della LUISS Guido Carli Anno XII - Numero 8 - 5 aprile 2019 Hanami Roma sogna i ciliegi giapponesi Maria Ressa La nostra intervista alla persona dell'anno Mariya Gabriel Le parole della Commissaria europea Il 14 aprile arriva l'attesa ultima stagione de Il Trono di Spade L'epilogo della guerra per la conquista dei sette regni di Westeros. L'inizio della fine

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Reporternuovo

Quindicinale della Scuola Superiore di Giornalismo della LUISS Guido Carli

Anno XII - Numero 8 - 5 aprile 2019

HanamiRoma sogna

i ciliegi giapponesi

Maria RessaLa nostra intervista

alla persona dell'anno

Mariya GabrielLe parole della

Commissaria europea

Il 14 aprile arriva l'attesa ultima stagione de Il Trono di SpadeL'epilogo della guerra per la conquista dei sette regni di Westeros.

L'inizio della fine

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R SOMMARIO

Giovani giornalisti e giganti del Web, l’alleanza anti-fake news2L'informazione di qualità al centro dell'inaugurazione dell'Anno Accademico della Scuola di Giornalismo Luiss

Vita difficile per i troll europei3 La Commissaria europea per il digitale Mariya Gabriel espone la sua visione per vincere la battaglia contro le fake news

Maria Ressa, il coraggio delle idee5 La giornalista filippina, persona dell’anno per la rivista “Time” è stata l’ospite di punta dell’edizione 2019 del Festival del giornalismo di Perugia. La nostra intervista

L’inverno è arrivato 7 Dal 14 aprile su Sky Atlantic l’ottava e ultima stagione de “Il Trono di Spade” in lingua origi-nale (dal 21 in italiano). Storia e futuro della serie dei record raccontata dai suoi doppiatori

Scacco al Sultano 11 Il leader turco Recep Tayyp Erdogan nelle città chiave di Ankara e Instanbul.L'intervista a Valeria Talbot, ricercatrice dell'Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale

Una penna al servizio dei fischietti 13 Luca Marelli, dopo aver riposto nell’armadio la divisa da arbitro, ha aperto un blog in cui spiega il perché delle decisioni dei direttori di gara: “Provo a fare chiarezza,

Hanami: Roma sogna il Giappone dei ciliegi in fiore14 Una tradizione tipica dell'Estremo Oriente ha messo radici anche in Italia. La fioritura dei sakura che piace alla capitale, raccontata da una bibliotecaria giapponese

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Giovani giornalisti e giganti del Web, l’alleanza anti-fake news

Vita difficile per i troll europei

Maria Ressa, il coraggio delle idee

L’inverno è arrivato

Scacco al Sultano

Una penna al servizio dei fischietti

Hanami: Roma sogna il Giappone dei ciliegi in fiore

La lotta alla disinformazione parte dai giovani, dal futuro della professione del giornalista, questo il tema dell’inaugurazione dell’Anno Accademico 2018/2019 della Scuola di Giornalismo “Massimo Baldini” della Luiss Guido Carli. Nell’era del web, della condivisione istantanea e dell’informazione a portata di clic, a combattere le fake news sono da una parte i giovani che si affacciano alla profes-sione, dall’altra le grandi aziende del mondo vir-tuale dove la disinformazione scorre come sangue nelle vene. A prendere parte all’evento c’erano anche i rappresentanti di Facebook e Google, che hanno ribadito che sono le stesse società le pri-me a prendere misure per debellare le fake news. Laura Bononcini, direttrice della Public Policy di Facebook per l’Europa del Sud, durante l’inaugu-razione dell’anno accademico della scuola di gior-nalismo Luiss ha elencato le contromisure che sta prendendo il social network di Mark Zuckerberg: «Rimuoviamo oltre un milione di fake account al giorno. Oltre 1,2 miliardi soltanto nell’ultimo tri-mestre. Su Facebook non si possono trarre in in-ganno gli utenti attirandoli su siti di bassa qualità o che si riferiscono a tutt’altro. Altro pilastro della nostra politica è quello di rimuovere i contenuti che violano la legge italiana. Se un contenuto è ritenuto diffamatorio o rientra nell’hate speech, riceviamo la segnalazione e rimuoviamo il conte-nuto». La lotta inizia, quindi, dalla radice. Prima bi-

sogna aggredire i profili sospetti che potrebbero divulgare notizie false. Più difficile, invece, inter-venire quando le notizie non sono propriamente etichettabili come false. In quel caso Facebook si avvale dell’aiuto di piattaforme di fact-checking. «Ci basiamo sia sull’intelligenza artificiale sia sul contributo degli utenti che segnalano notizie po-tenzialmente false». A contribuire alla battaglia contro le fake, però, devono essere anche i let-tori. Sono loro i primi a dover essere educati a riconoscere una notizia falsa: «Su questo ci deve essere ancora più collaborazione tra le piatta-forme come Facebook e chi fa giornalismo di qualità. È necessaria maggiore trasparenza. Dobbiamo poter rendere visibile che un annun-cio ha un intento politico, mostrare chi ha pa-gato per pubblicarlo. A brevissimo lanceremo i nostri strumenti in merito». Un forte lavoro, quindi, arriva anche dalla cultura e dallo studio, come ha precisato Giovanni Lo Storto, Direttore Generale della Luiss, nel proprio intervento: «Se c’è qualcosa che può aiutarci a combattere con-tro la disinformazione è la cultura e la capacità di riconoscere cosa e dove è la conoscenza».

A fare da eco a Laura Bononcini è Diego Ciul-li, responsabile delle relazioni di Google con le istituzioni italiane, intervenuto all’inaugurazio-ne dell’Anno Accademico: «Anche noi stiamo puntando a restringere la nostra policy sulla

pubblicità in modo da penalizzare quei siti che traggono in inganno l’utente con notizie che poi si rivelano essere tutt’altro. Stiamo cercan-do, inoltre, di dare agli utenti maggiori informa-zioni di contesto. Su Google News abbiamo de-ciso di rimuovere dalla profilazione dell’utente le sue opinioni politiche, in modo da evitare i fenomeni delle cosiddette “bolle di feltro”. Ab-biamo, poi, dato la possibilità agli utenti di ve-dere la copertura completa di una notizia, ov-vero come viene trattata dagli diversi giornali».

La società di Menlo Park, inoltre, ha deciso di fare inter-venti con un raggio più ampio e non fermarsi al singolo in-dividuo: «Da giovedì scorso i partiti politici sono obbligati a registrarsi su Google per fare pubblicità – spiega Ciulli - In previsione delle prossime elezioni europee, gli utenti che vedranno spot elettorali sulle nostre piattaforme sapran-no chi cha pagato per quegli spot. Nei prossimi giorni que-sta feature sarà attiva». La pericolosità della disinformazio-ne sul web è spesso sottovalutata, e ciò apre strade anche al crimine come ha tenuto a spiegare la giornalista Federi-ca Angeli: «Oggi la strategia della mafia si basa anche sulla diffusione delle fake news. Minacce e delegittimazioni passano per i social network. Solo la qualità e la precisazio-ne ci salveranno». L’informazione come arma anche per combattere il crimine. Un’arma da maneggiare con cura, da rinforzare con la cultura e da affidare ai giovani giornalisti del futuro per combattere la battaglia più importante per questa professione.

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L'informazione di qualità al centro dell'inaugurazione dell'Anno Accademico della Scuola di Giornalismo Luiss

di Valerio Di Fonso

Giovani giornalisti e giganti del Web, l’alleanza anti-fake news

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Secondo un recente sondaggio pubblicato dall’ufficio studi della Commissione europea, l’83% dei cittadini europei pensa che le fake news siano una minaccia concreta. Non sono molti i temi su cui si registra così tanto consen-so al livello dell’Unione, e l’esecutivo europeo non intende farsi scappare questo tesoretto. È caratteristico della Commissione avanzare pro-poste nette: è una virtù che discende dal ruolo assegnatole dalla struttura dell’UE. Una prova ulteriore ne è stata il discorso della commissa-ria Mariya Gabriel all’inaugurazione dell’anno accademico della Scuola di Giornalismo Luiss, il 27 marzo scorso.

«La disinformazione è un flagello invisibi-le che mina alla base la vita dei cittadini eu-ropei, polarizza il dibattito politico, minaccia la sicurezza degli Stati e dei sistemi elettora-li», ha esordito la commissaria, individuando che il motivo essenziale della preoccupazione dell’UE sta proprio nella gravità di una minac-cia che colpisce un diritto democratico fonda-mentale come la libertà d’espressione. E che che riguarda da vicino anche la sopravviven-za del giornalismo e il pluralismo dei media. «I giornalisti sono indispensabili per garantire il sistema europeo, ma le autorità pubbliche hanno il dovere di sensibilizzare i cittadini con-tro le attività che puntano a manipolare deli-beratamente le loro opinioni».La guerra europea alla disinformazione co-mincia dalle piattaforme

Gabriel ha ricordato le tappe di un percor-so di elaborazione di una strategia europea di lotta alla disinformazione, che la Commissione promuove dal 2018 e che oggi, in vista delle elezioni europee del prossimo maggio ha in-tensificato le attività: «Di fronte alla gravità del problema c’è stata una presa di coscienza

generale. Sappiamo che le elezioni europee sono alle porte e da mesi cerchiamo di prepa-rare il terreno per garantire integrità dei siste-mi elettorali e avere elezioni giuste». La lotta europea alla disinformazione passa attraverso tre fronti: regolare l’attività delle piattaforme

digitali, investire sul giornalismo di qualità e, da ultimo, investire sull’educazione dei giova-ni perché sviluppino anticorpi contro la disin-formazione. «La pietra angolare della nostra attività è stata posta ad aprile del 2018 con la pubblicazione di una prima comunicazione

Vita difficile per i troll europei di Riccardo Antoniucci

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sulla lotta alla disinformazione online, seguita da un piano d’azione pubblicato a dicembre».

Gabriel ricorda che il primo passo della stra-tegia è stato mettersi attorno a un tavolo con le principali piattaforme digitali, Google Face-book e Twitter («ma dobbiamo estendere la

platea degli interlocutori») e stipulare un codi-ce di condotta. «Le piattaforme per ora hanno preso degli impegni, ma non hanno adottato ancora misure concrete. Se dovessi riassumere in una frase lo stato dell’arte direi che siamo all’inizio di una risposta, per ora insufficien-te. Il protocollo di buone pratiche, con i suoi 15 punti, è un primo passo, ma vorrei vedere azioni più precise sul tema dell’advertising po-litico, per esempio, o sul tema dei bot e degli account fake. Vorrei che i cittadini avessero più opzioni a disposizione per essere meglio infor-mati». Per questo annuncia che la Commissio-ne ha chiesto alle piattaforme di intensificare i report sull’attività sui social proprio in vista di maggio.Una definizione di disinformazione

Perché l’azione sia efficace, soprattutto se si hanno in mente misure di regolazione e iniziative legislative, è importante arrivare a una definizione comune di cosa sia la disin-formazione. «La nostra definizione compren-de tutti i contenuti di cui si può verificare la falsità e che sono creati e diffusi con scopi di lucro oppure con l’intenzione deliberata di ingannare il pubblico, quindi di arrecare dan-ni all’interesse collettivo». Questa nozione europea di disinformazione non comprende, quindi, gli errori involontari, le imprecisioni, la satira, la parodia o, ovviamente, l’espres-sione di opinioni politiche purché chiara-mente segnalate come tali. Quali azioni con-crete ha in mente la Commissione? La ricetta deve interessare direttamente tutti gli Stati membri. «Nessun ministero della verità, nes-suna censura, ma cercare di dare più visibi-lità all’informazione di qualità e aumentare gli strumenti a disposizione per tutti i citta-dini di tutti i paesi membri dell’Unione, su-

perando i divari ancora esistenti tra Paesi». Una rete europea per il fact-checking e per il giornalismo di qualità

La visione della Gabriel è una rete europea di testate e di giornalisti fact-checker che, sostenuti da progetti istituzionali o inter-istituzionali a livello europeo, possano lavo-rare a contrastare la disinformazione sul suo stesso terreno trans-nazionale, aggredendo-la con la stessa rapidità con cui si diffonde. «In quanto commissione sosteniamo la crea-zione di una comunità europea multidiscipli-nare che si basi su cooperazione tra ricerca-tori universitari e fact-checker. Nell’ambito del progetto SOMA (l’Osservatorio Europeo sulla disinformazione) abbiamo messo in campo una piattaforma online ad alta tecno-logia per facilitare il lavoro dei fact-checker. Siamo consapevoli che il successo di questa iniziativa dipenderà da voi giornalisti». Per Gabriel il giornalismo ha ancora un ruolo, e fondamentale: contribuire a ristabilire gli equilibri democratici fondati sul plura-lismo e sulla consapevolezza delle scelte dei cittadini. «Conto molto su di voi futuri giornalisti – ha detto agli studenti della Scuola di Giornalismo che inauguravano il loro anno accademico – per aiutarci a sta-bilire un ecosistema mediatico più af f ida-bile, ma so anche che nessuno può af fron-tare da solo questo vasto problema. Per questo continuo a sollecitare la ricerca di soluzioni inclusive e misure comuni e ra-pide per cominciare a far arretrare il f lus-so della disinformazione. Del resto, l ’83% dei cittadini europei ritiene che la disin-formazione sia una minaccia per la nostra democrazia. Non conosco altri temi su cui c’è altrettanto consenso».

Vita difficile per i troll europei

La Commissaria europea per il digitale Mariya Gabriel espone la sua visione per vincere la battaglia contro le fake news

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«Scusate se sono un po’ in r i tardo, sono appena scesa dal l ’aereo!», dice sorr idendo t imidamente davanti a l le centinaia di persone arr ivate a Peru-gia per sentir la . E prendere quell ’aereo non è stato per niente faci le né sconta -to, per Maria Ressa . Appena sei giorni pr ima era stata arrestata e r i lasciata su cauzione, s tessa cosa si era r ipetuta 4 8 ore pr ima del suo arr ivo nel capoluo -go umbro, ospite più at teso del la 13ma edizione del fest ival del giornal ismo. Manifestazione al la quale ha potuto par tecipare solo grazie ad un permesso per l ’espatr io concesso da sei tr ibunali . Nonostante tut to, la giornal is ta f i l ippi -na r ide, fa foto con tut t i e, se non fosse per la calca che le s i crea at torno e per i l giubbot tino spor tivo rosso acceso che indossa, passerebbe quasi inosser vata .

Quando però sale sul palco per par-lare del le di f f icoltà dei media f i l ippini ai tempi di Rodrigo Duter te, Maria Res-sa è un f iume in piena. Paladina del la l iber tà di s tampa, “Persona dell ’anno” 2018 per T ime come “guardiana” del la democrazia , la giornal is ta è diret tr ice di testata da le i fondata nel 2012 che ha por tato al la luce var i episodi di corru -zione nel governo di Manila . Inchieste che le sono costate arresti , processi - «Ne ho a car ico 5, r ischio f ino a 55 anni di carcere, ma ho f iducia nei giudici» - insult i e minacce sul web da par te dei trol l f i lo - governativ i .

«Fare la giornal is ta nel le Fi l ippine r ichiede molto più coraggio del sol i to. Faccio questo lavoro da più di trent ’anni

e mi sono occupata di tut to quello che succede nel Sud- est asiat ico, ma questi sono tempi molto diversi - c i racconta - Con una tecnologia così avanz ata i gior-nal is t i non possono occuparsi solo del mondo reale, ma devono guardare con molta at tenzione a quello che succede in quello v ir tuale». I l r i fer imento non è solo ai trol l , “armi” usate ovunque (da-gl i Stati Unit i a l la Russia) per inquinare l ’opinione pubblica e i l dibat t ito onli -ne, ma è anche agli aspet ti posit iv i che la rete può of f r ire: «Abbiamo gl i open

data , molto di ciò che ci ser ve è sot to gl i occhi di tut t i e le r isposte sono l ì , basta cercar le».

« Internet però è anche un’arma peri -colosissima, aumenta esponenzialmen -te i toni del la guerra psicologica contro i giornal is t i , soprat tut to quando sono da sol i e lontani dal la redazione. Que -sto succede ora , in maniera molto più grave di pr ima. Per questo i giornal is t i devono unirsi e col laborare per porre le basi del domani , s tret tamente connes-so con la qualità del la democrazia - e

di Nicolò Delvecchio

Maria Ressa, il coraggio delle ideeLa giornalista filippina, persona dell’anno per la rivista “Time” e tra le principali oppositrici del Presidente Rodrigo Duterte, è stata l’ospite di punta dell’edizione 2019 del Festival del giornalismo di Perugia. La nostra intervista

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aggiunge - Dobbiamo lot tare con le un -ghie e con i denti per fare in modo che la s i tuazione non peggior i ancora».

Una democrazia gravemente in di f f i -coltà nel suo Paese, nel quale però Du -ter te ha ancora un for te sostegno: «Non so quanto della sua popolar ità dipenda dal la propaganda sui social net work . I l suo caval lo di bat taglia è la Guerra al la Droga, che f ino ad ora però non ha prodot to nessun arresto tra i ver t ici dei car tel l i f i l ippini , ma solo migliaia di mor ti tra i poveri , spesso tossicodipen -denti . L a poliz ia l i ha uccisi senz a pro -cesso. Questo deve f inire, le impunità non sono più accet tabil i . I responsabi -l i dei cr imini devono r ispondere del le proprie azioni davanti a un tr ibunale».

I giochi sono però ancora aper ti e lo status quo non è ir reversibi le: «Molto dipenderà dal le e lezioni del prossimo 13 maggio. I l r isultato disegnerà la de -mocrazia del le Fi l ippine per i prossimi anni . Staremo a vedere», dice con un bar lume di speranz a negli occhi . Una luce che si of fusca quando trat ta del -la di lagante disinformazione online: « I l potere fa s for zi enormi per manipolare le informazioni . Questo deve costr in -gerci a impegnarci sempre di più per comprendere ciò che è vero e ciò che non lo è, in quello che leggiamo e con -div idiamo. Iniz ia tut to dal s ingolo let-tore. Lo step successivo è creare comu-nità informate e resi l ienti . Dobbiamo smet ter la di gr idare e r icominciare ad ascoltare: i social media sono nati come uno strumento meravigl ioso e potentis-simo, non lo sono più. Dobbiamo torna -re a come era pr ima».

Ressa si è anche sof fermata sul ses-sismo e sul la misoginia di lagante che rendono i l lavoro del le giornal is te an -cora più duro: «Quando sei donna sei esposta ad insult i e minacce dieci volte di più del la media . T i at taccano per tut-to, t i rendono un ogget to sessuale, t i augurano lo stupro. Nel momento in cui una col lega v iene r idot ta ad ogget to

sessuale, perde del tut to di credibi l i tà . Dobbiamo combat tere questo fenome -no, ve lo dice una che è stata paragona-ta a qualsiasi animale esistente».

Durante la conferenz a, insieme al la diret tr ice esecutiva del Pul it zer Cen -ter on Cr is is Repor ting Indira L ak shma-nan, Ressa ha par lato non solo del la sua esperienz a e di quella di Rappler (cui è s tata revocata la l icenz a di testa -ta giornal is t ica per presunti f inanzia -menti americani i l legal i) ma ha anche mostrato, in un v ideo, le testimonian -

ze di suoi col leghi f i l ippini , minacciati , insultati o aggredit i per i l loro lavoro. A tut t i – cinque tra corr ispondenti di testate estere e repor ter dei quotidiani local i – è al la f ine stata posta la s tessa domanda: «Smet teresti di lavorare per non avere più problemi?». L a r isposta è unanime e per niente scontata: «No». È la s tessa r isposta che Maria Ressa si da ogni giorno, nonostante l ’ombra di più di cinquant ’anni da scontare in carcere per aver por tato avanti , con professio -nal ità , la propria missione.

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L’inverno sta arrivando. Per tutti gli amanti delle serie tv, il motto della casata Stark rappresenta un dogma di vita. Il 14 aprile, in contemporanea con gli Stati Uniti, ver-rà trasmesso su Sky Atlantic il primo dei sei episodi della stagione conclusiva de Il Trono di Spade, la serie nata dai romanzi Le cronache del ghiaccio e del fuoco dello scrittore George Martin. Dopo otto anni si appresta a chiudersi un’epoca, segnata da una storia che è destinata a rimanere impressa nella mente di cinefili e non. Emilia Clarke, Kit Harington, Sophie Turner, Maisie Williams, Peter Dinklage sono alcuni dei tanti attori entrati nell’immaginario collettivo mondiale grazie alle proprie interpreta-zioni nella serie tv targata HBO e che si apprestano ora a proseguire la loro carriera a Hollywood: gli ultimi tre, per esempio, sono stati subito scritturati dalla Disney per i film dei Marvel Studios. Dopo 67 episodi e circa 4000 minuti di video, dopo 47 Emmy Awards su 128 nomination (record nella storia della televisione) è giunto l’atteso mo-mento dello scontro finale tra le casate di Westeros – il mondo immaginario creato dal visionario scrittore Martin – e l’esercito di zombie, alla cui guida si staglia il temibi-le Re della Notte insieme ai suoi Estranei, creature di ghiaccio capaci di ridare vita ai morti. Dopo sette stagioni passate a guerreggiare fra loro, le tre casate più importanti del regno occidentale – i Targaryen, i Lannister e gli Stark – dovranno infatti trovare un accordo per poter combattere l’unica guerra che conta: quella fra i vivi e i morti. DOVE ERAVAMO RIMASTI

Nell’ultimo episodio della scorsa stagione, dalla cui messa in onda è passato più di un anno e mezzo (4 settembre 2017), avevamo lasciato Jon Snow (Kit Harington)

insieme alla madre dei draghi Daenerys Targaryen (Emilia Clarke) in viaggio verso il castello degli Stark, Grande Inverno, ultimo baluardo contro il nemico. Ad atten-derli, le due sorellastre di Jon, Sansa Stark (Sophie Turner) e Arya (Maisie Williams). Più lontano, nella capitale Approdo del Re, la regina di spade Cersei Lannister (Lena Headey), dopo aver dato la parola a Jon di combattere al suo fianco contro l’oscurità in arrivo, si era tirata indietro, preferendo restare al sicuro delle mura amiche e atten-dere lì l’esito del conflitto. Quest’azione le aveva fatto perdere l’appoggio del fratello Jaime (Nikolaj Coster-Waldau), temerario cavaliere guidato dall’onore.

Il Trono di Spade è celebre per la sua natura cruda e violenta, dove l’uomo è gui-dato più dai propri istinti che da buon costume e morigeratezza d’animo. Intrighi, avvelenamenti, omicidi, inganni sono all’ordine del giorno nella serie fantasy di am-bientazione medievale nata dalla penna di George Martin e dalle sue tartarughe. Come ha spiegato lo scrittore americano in alcune interviste infatti, fonte di ispira-zione per la trama dei suoi romanzi sono state proprio le tartarughe domestiche che, all’interno della loro ampolla di vetro, “battagliavano” tra loro per il cibo e per un posto più comodo. I rettili sono dunque divenuti casate al potere, il cibo oggetto di contesa si è mutato in oro e il posto predominante nella boccia vitrea ha assunto le sembianze di un trono fatto interamente di spade.I PUNTI DI FORZA

«È una serie fatta benissimo, con attori eccezionali», afferma ai microfoni di Re-porter Nuovo Sara Labidi, doppiatrice italiana di Arya Stark, la più giovane delle figlie

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L’inverno è arrivatodi Fabrizio Grasso

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del compianto Eddard. «Basti pensare che per le scene sulla neve si sono recati vera-mente in luoghi freddi e con un meteo rigido e ostico. Questi sono dettagli che dan-no vita a un prodotto di qualità». Le fa eco Angelo Maggi, storica voce nota per aver doppiato personaggi iconici come Tony Stark alias Iron Man nei film Marvel o al com-missario Winchester dei Simpson, oltre ad essere da anni la voce ufficiale di star del calibro di Bruce Willis, Tom Hanks e Jackie Chan. «Ormai la qualità di queste serie americane è arrivata a equipararsi a quella dei grandi blockbuster hollywo-odiani», sostiene Maggi. «Anche le star si stanno avvicinando al mondo della tv e non si limitano più a recitare per il grande schermo. È un mondo in continua crescita». Oltre a Lena Headey – già nota per aver interpretato la regina Gorgo nei due film della saga 300 – Il Trono di Spade ha visto infatti la presenza di Sean Bean, volto noto nel cinema fantasy per la sua recitazione in Il Signore degli Anelli di Peter Jackson. Bean ha dato inizio a tutto, impersonando nella prima stagione della serie il Lord di Grande Inverno Eddard Stark, risoluto e valoroso signore del Nord, la cui esecuzione è stata poi l’effetto scatenante della lotta continua fra la sua casata e quella dei Lannister. I PIÙ AMATI

Tra chi sostiene la causa di Daenerys, che può far conto su un esercito di mi-gliaia di soldati e sui suoi draghi Drogon e Raeghal, e chi invece si schiera dalla parte dei temibili Lannister e della regina Cersei, il mondo dei fan è da sempre diviso. Due sono però i personaggi che sembrano aver fatto breccia nei cuori di

tutti: la giovanissima Arya Stark e il nano Tyrion Lannister, interpretato dal geniale Peter Dinklage, vincitore di tre Emmy Awards e un Golden Globe come miglior attore non protagonista. Scaltro, estremamente intelligente e perfetto calcolato-re, Tyrion è riuscito a farsi strada attraverso mille difficoltà, trovando il suo posto accanto a quello di Daenerys. Stesso discorso per la piccola guerriera del Nord. «La forza di Arya è sicuramente quella di sapersi adattare al meglio a ogni situa-zione», continua Sara Labidi. «Nel tempo il suo carattere è cambiato tanto. Quan-do ho iniziato non mi sarei mai aspettata di trovarmi a doppiare una guerriera, una vera tosta». La domanda che attanaglia i fan in questi giorni e ore di attesa è però una sola: come andrà a finire? Chi siederà sul trono dopo l’ultimo atto? Teorie e trame sono state imbastite nel corso dell’ultimo anno e mezzo, ma una risposta definitiva non è stata trovata. Le reazioni degli attori alla fine delle riprese non sono confortanti. Basti pensare che Emilia Clarke ha detto di aver camminato in strada per ore e ore incurante del meteo dopo aver letto il copione dell’otta-va stagione. Sophie Turner e Maisie Williams hanno detto di aver pianto a lungo, mentre Kit Harington ha deciso di tenersi all’oscuro fino all’ultimo momento. «Ho molta ansia», continua Sara Labidi, riferendosi soprattutto al suo personaggio. «Ho sentito voci negative, quindi non mi aspetto nulla di buono. Però veramente non lo so, può accadere di tutto».

Non resta che aspettare il 14 aprile e per i più temerari, alle 2 di notte, andrà in onda il primo episodio dell’ultima stagione de Il Trono di Spade. L’inizio della fine.

Dal 14 aprile su Sky Atlantic l’ottava e ultima stagione de “Il Trono di Spade” in lingua originale (dal 21 in italiano). Storia e futuro della serie dei record raccontata dai suoi doppiatori

L’inverno è arrivato

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DAENERYS TARGARYEN

Figlia di Aerys II, meglio noto come il Re Folle, è l’ultima superstite della casata Targaryen. Nata durante una violenta tempesta, è stata portata in salvo nel con-tinente orientale insieme al fratello Viserys. Data in sposa al selvaggio Dothraki Khal Drogo, ottiene come dono di nozze tre uova di drago, dalle quali nasceranno Drogon, Viserion e Raeghal. Dopo la morte del fratello e del marito, inizia la sua spedizione per conquistare Westeros. Assoggettate le città di Qarth, Astapor e Pentos , giunge a Mereen, dove libera la popolazione in schiavitù dei padroni e si impadronisce dell’esercito degli Immacolati, soldati senza paura e implacabili. Insieme ai suoi fidati consiglieri Missandei, Verme Grigio, Daario Naharis e Tyrion Lannister, si imbarca alla fine della sesta stagione verso il continente occidentale, dove farà la conoscenza del Re del Nord Jon Snow. Si unirà a lui per affrontare la Grande Guerra contro gli Estranei, nella speranza di salvare il mondo dall’armata dei morti. Suo volto nella serie è quello di Emilia Clarke.

JON SNOW

Presentatosi al pubblico come il bastardo di casa Stark, Jon Snow inizia la sua avventura come figlio illegittimo del Lord di Grande Inverno Eddard Stark. Mai amato dalla madre Catelyn che lo vede come simbolo del tradimento del marito, è molto legato alle sorellastre Sansa e Arya e al fratellastro Bran. Dal carattere pa-cato e con un forte senso dell’onore, Jon si unisce inizialmente ai Guardiani della Notte, ordine di cavalieri che sorvegliano il confine settentrionale del Nord, rap-presentato dalla Barriera, dai temibili Bruti, popolo di selvaggi che vive in maniera austera e spartana. Aiutato dall’amico Samwell Tarly, Jon scala i ranghi dei Guar-diani fino a diventarne il Lord Comandante. Dopo la scelta di allearsi con i nemici barbari, subisce un ammutinamento da parte dei suoi uomini, che lo pugnalano diverse volte. Riportato in vita grazie alla magia, potrebbe risultare il personaggio chiave per sconfiggere i morti e sventare la fine per il mondo degli uomini. Inter-prete di Jon Snow è Kit Harington.

SANSA STARK

Figlia maggiore della casata Stark, Sansa rappresenta il personaggio che ha attraversato più difficoltà di tutti nel corso delle sette stagioni finora trascorse. Educata sin dall’inizio alle man-sioni femminili, in cui si dimostra molto abile, viene promessa in sposa all’erede al trono dei sette regni, Joffrey Baratheon, ufficialmente riconosciuto come figlio da re Robert, ma in re-altà frutto dell’incesto della regina Cersei Lannister con il fratello gemello Jaime. La capitale Approdo del Re segna l’inizio del suo calvario, che la porterà prima a essere soggetta alla follia di Joffrey, poi a sposarsi con il Folletto Tyrion Lannister. Dopo l’accusa di aver contribuito all’uccisione di Joffrey, fugge dalla città e torna a casa, Grande Inverno, ma ormai divenuta corte di Ramsey Bolton, sadico e maniaco Lord che ama torturare le sue vittime. Umiliata e stuprata, riesce a fuggire e a riunirsi con il fratello Jon, insieme a cui riconquista il castello del Nord e si riprende il ruolo di Lady di Grande Inverno. L’esperienza l’ha tramutata da ragazzina indifesa a donna rispettabile e spietata, carattere che si concretizza con la condanna a morte di Petyr Baelish nel finale della settima stagione. Il volto di Sansa è quello di Sophie Turner.

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ARYA STARK

Terzogenita e seconda figlia di Ned e Catelyn Stark, Arya è uno dei personaggi più amati dell’intera serie, oltre che personaggio preferito della moglie di George Martin. Impulsiva e disobbediente, Arya si presenta dall’inizio come dedita più all’uso delle armi che a quello di ago e filo. Le sue avventure l’hanno cambiata molto e hanno temprato il suo carattere trasformandola in una vera guerriera. Esperienza più significativa è quella nella città di Braa-vos presso gli Assassini del Dio dai Mille Volti. Qui impara l’arte del travestimento e dell’o-micidio, divenendo uno spietato e crudo sicario. La settima stagione rappresenta il culmine della sua evoluzione. La sequenza iniziale con la strage della famiglia Frey, colpevole dell’o-micidio della madre e del fratello Robb, è un climax di emozioni che mostrano l’astuzia, la crudeltà e la sagacia della piccola guerriera dal Nord. La stessa esecuzione di Ditocorto, Petyr Baelish, in qualità di boia della sorella Sansa, è simbolo di quanto Arya sia cresciuta a livello mentale e comportamentale. La moglie di George Martin ha minacciato il marito di divorzio qualora Arya dovesse morire, pertanto la rende meno quotata per una fine nefasta. Ad interpretare la giovane guerriera è Maisie Williams.

CERSEI LANNISTER

È la regina dei sette regni, moglie del re Robert Baratheon. È figlia di lord Tywin Lannister, uno degli uomini più ricchi e potenti del mondo, e sorella di Jaime e Ty-rion Lannister. È una donna perfida, crudele e vendicativa, il cui amore si manifesta solo nei confronti dei tre figli, Joffrey, Tommen e Myrcella, oltre che per il fratello gemello e amante Jaime. Una profezia aleggia sulla sua testa: dopo aver raggiunto l’apice della sua vita ed essere divenuta regina, Cersei avrà tre figli i quali moriranno tutti prima di lei. Poi verrà una donna più giovane e più bella di lei, prima di venire strangolata dal fratello minore. Allo stato delle cose, la profezia si è avverata per metà, con Joffrey ucciso dal veleno durante le sue nozze, Tommen morto suicida e Myrcella assassinata dalla casata nemica dei Martell. Cersei è attualmente a capo dei sette regni, ma sembra aver perso il supporto del fratello Jaime e dei suoi prin-cipali alleati essendosi rifiutata di mandare le proprie truppe in soccorso di Jon e Daenerys contro l’armata degli Estranei. Volto di Cersei è Lena Headey.

TYRION LANNISTERFiglio minore della potente casata dei Lannister, è soprannominato in modo

dispregiativo il Folletto, essendo affetto da nanismo. È astuto, intelligente e un perfetto calcolatore, avendo passato più tempo a leggere i libri che ad addestrarsi con la spada. È l’unione perfetta fra la crudeltà verso i propri nemici e il rispetto e l’affetto verso i cari. Disprezzato dai familiari, fugge da Approdo del Re grazie all’aiuto di Lord Varys dopo essere stato accusato ingiustamente di aver assassi-nato il re e aver ucciso per questo il padre Tywin. Giunge così a oriente dove fa la conoscenza prima di Jorah Mormont e poi di Daenerys Targaryen, alla quale si uni-rà in veste di consigliere personale. È ormai il braccio destro della regina, la voce che ascolta prima di qualsiasi mossa militare e strategica. È capace di stare vicino ai draghi di Daenerys, pertanto è possibile che sia anch’egli, come Jon, un altro erede dei Targaryen: nel libro infatti i suoi capelli sono chiarissimi, tendenti all’ar-gento, tipico tratto della casata dei draghi. Interprete di Tyrion è Peter Dinklage.

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«Chi vince Istanbul vince tutto», sembrava essere un punto fermo della strategia politica di Recep Tayyp Erdogan, che lì aveva iniziato la sua scalata al potere. Se le elezioni amministra-tive in Turchia dovevano essere un referendum sulla popolarità del suo presidente, Erdogan è il grande sconfitto. Il suo partito rimane sempre il primo del paese con il 45 percento, ma dopo de-cenni di governo il presidente perde nelle grandi città, prima fra tutte Istanbul, ma anche Ankara, Antalya, Adana. In Turchia la disoccupazione ha superato il 10 percento, il 30 tra i giovani; la lira

ha perduto il 28 percento lo scorso anno e conti-nua ad essere svalutata; l’inflazione ha raggiunto il 20 percento negli ultimi mesi.

Valeria Talbot, ricercatrice dell'Ispi esperta di Turchia, la sconfitta di Istanbul e di Ankara è stata la più severa subita da Erdogan nel suo decennio e mezzo di potere nazionale, come primo ministro e poi come presidente.

Il risultato di queste elezioni rappresenta cer-tamente una battuta d’arresto, ma basta guarda-re i numeri per accorgersi che il partito di Erdo-gan non ha perso e può contare ancora su una

buona base di consenso. Il dato importante è che risulta sconfitto nella grandi città, come Ankara e i centri della costa. Tra queste, il punto chiave è Istanbul: qui, dove a inizio carriera ha governato come sindaco, Erdogan è stato sconfitto, anche se c’è un riconteggio in corso e il risultato non è ancora stato ufficializzato. Con i suoi quindici milioni di abitanti, questa città è il centro pulsan-te della Turchia, il cuore economico e finanziario.

Che cosa ha determinato il voto di sfiducia nei confronti del governo?

Il deterioramento dell’economia, una reces-

Scacco al sultanodi Elena Kaniadakis

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sione che per la prima volta dagli ultimi dieci anni investe duramente le famiglie. Lo stesso Imamoglu, che ha vinto contro il candidato del partito di Erdogan, non è un personaggio dai particolari connotati, né popolare all’interno del suo partito. A permettergli di vincere, più che l’attrattiva della sua persona, è stato il desiderio di chiedere discontinuità.

Marc Pierini, ex ambasciatore dell'Unione Euro-pea in Turchia, ha scritto che il problema turco è il suo deficit strutturale e per questo il paese ha biso-gno di prendere soldi in prestito per il fabbisogno

quotidiano e di investimenti stranieri sul lungo ter-mine. La Turchia è cresciuta tanto in questi anni, trainata da un settore delle costruzioni suppor-tato in parte dallo stato e in parte da finanzia-menti esteri, ma non è stata una crescita reale. Le fragilità di questo programma sono emerse, in tutta la loro drammaticità, con la crisi valutaria

della scorsa estate, la perdita di potere d’acqui-sto, il deprezzamento della lira nei confronti del dollaro, e l’inflazione che a ottobre ha raggiunto il 25 percento. Il rincaro ha colpito soprattutto i ceti meno abbienti, pilastri per lungo tempo dell’elettorato di Erdogan. A incidere sull’econo-mia poi, hanno contribuito una serie di fattori, tra cui un contesto politico interno che non ha favorito l’afflusso di capitali internazionali e la mancata adozione di misure di austerità neces-sarie per ridurre il debito.

Che riflesso avrà questo esito elettorale nelle ambizioni internazionali del presidente turco?

Dal punto della politica estera non vedo, nell’immediato, una discontinuità. Il segnale importante lanciato da Erdogan è stata la rea-zione immediata a rassicurare gli investitori in-ternazionali e gli elettori interni, promettendo riforme economiche importanti. Da dove vorrà iniziare non è ancora stato definito.

Che peso ha la vittoria in alcune roccaforti cur-de, come Bingol e Bitlis?

Si tratta di una vittoria importante, ma consi-deriamo che i curdi sono sempre divisi tra il so-stegno al proprio partito e a quello del governo di Erdogan. In molte città, dopo il fallito golpe del 2016, i sindaci sono stati rimossi dall’incarico

con l’accusa di terrorismo e le amministrazioni sono state gestite da commissari. Una chiave di lettura che spieghi la vittoria del governo è quel-la del desiderio di ritornare a una situazione di stabilità, da quando, nel luglio del 2015, è stata interrotta la tregua con il Pkk, e le regioni me-ridionali sono state le più colpite. Hanno soffer-

to una devastazione fortissima. Allo stesso tempo, un fattore da tenere in considerazio-ne per spiegare la sconfitta del governo nel-le grandi città, come Ankara, è che il partito curdo, il cui fondatore è in prigione, qui non ha proposto propri candidati, contribuendo a compattare le file dell’opposizione.

Scacco al sultanoIl leader turco Recep Tayyp Erdogan nelle città chiave di Ankara e Instanbul.L'intervista a Valeria Talbot, ricercatrice dell'Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale

«Il punto chiave è Istanbul: qui, dove a inizio carriera ha governato

come sindaco, Erdogan è stato sconfitto»

RQuindicinale della Scuola

Superiore di Giornalismo

“Massimo Baldini”

Direttore responsabile Gianni Riotta UFFICIO CENTRALEGiorgio Casadio, Gianni Lucarini

PROGETTAZIONE GRAFICA E IMPAGINAZIONE Claudio Cavalensi REDAZIONE Viale Pola, 12 - 00198 Roma tel. 06.85225358 - fax 06.85225515

STAMPA Centro riproduzione dell’Università

Reg. Tribunale di Roma n. 15/08 del 21 gennaio 2008

[email protected] - www.reporternuovo.it

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Per cambiare le cose servono uomini, ma soprat-tutto idee. La rivoluzione di Luca Marelli ha i toni bassi e l’atteggiamento educato, esattamente come lui. Eppure nel paradosso moderno, dove vince chi alza la voce, ri-sulta terribilmente efficace: “I ragazzi mi seguono tanto, leggono il blog, i dirigenti dell’Aia (Associazione Italiana Arbitri), invece, se potessero mi prenderebbero a peda-te!”. Fa l’avvocato, ma l’arbitraggio gli è rimasto dentro e basta guardarlo negli occhi per capirlo. Appeso il fischiet-to al chiodo, ha aperto un sito e in pochissimo tempo è diventato punto di riferimento per gli appassionati: “Spiego le decisioni dei direttori di gara, perché in giro c’è tanta ignoranza, anche nei giornalisti che dovrebbero fare chiarezza”. Lui le definisce leggende metropolita-ne: “Accendi la tv e senti fallo tattico, danno procurato, ultimo uomo. Sono reazioni dovute al sentito dire, nel regolamento, però, non compaiono. Nel calcio spesso si commenta a sensazione, non sulla base della conoscen-za. Come se un chirurgo operasse senza sapere cosa sia un bisturi. Il risultato? Un disastro”. E’ accaduto in Porto – Roma. “In diretta abbiamo ascoltato l’affermazione per cui il rigore di Florenzi non ci fosse, ma era l’esatto op-posto. Corretto appellarsi al fuorigioco, ma il fallo è stato prima, quindi giusto fischiare il penalty”.

Il vento freddo di Perugia non lo scompone, seduto sugli scalini di piazza Quattro Novembre, Marelli è diven-tato subito una star: i giovani lo circondano, lui potreb-be parlare per ore: “Guai a darmi del lei, mi fate sentire vecchio”. Ha diretto la Juventus in Serie B: “Per la verità anche partite più importanti” ride e archivia con una bat-tuta l’argomento, d’ altronde meglio guardare al futuro: “Devo decidere cosa fare del blog, non mi aspettavo tanto successo. Era nato da una passione, ma sta diven-tando veramente impegnativo. Posso confessarvi, però, che se l’Aia mi contattasse, darei loro tutte le password”. Invece, piovono le critiche: “Nonostante sia una pagina informativa per la quale dovrebbero ringraziarmi. Li ca-pisco, ho problemi con loro e non gli sto simpatico, ma nulla mi può togliere l’amore per questa attività”.

Attenzione a fraintendere, nessuno scopo di lucro o ricerca di popolarità: “Per i numeri, potrei avere il sito pieno di banner pubblicitari o andare in televisione, fare moviole e raddoppiare le proposte di collaborazione. Non mi interessa, io voglio solo spiegare le dinamiche del campo, perché si commettono alcuni errori”. Una premessa, per piazzare immediatamente gli adeguati paletti: “Si continua a parlare di malafede, non esiste. Gli arbitri sbagliano e lo faranno ancora, è normale, come l’attaccante che si divora una rete o una papera del por-tiere. Ripeto sempre un concetto: il calcio è facile, il rego-lamento è semplice, tuttavia maledettamente difficile da applicare, soprattutto in un gioco di contatto”. Facile giu-dicare dal divano: “Guardiamo le partite con mille teleca-mere, a cui si aggiunge la visione dall’alto. L’arbitro ha una sola prospettiva e ciò, chiaramente, determina sviste”.

L’introduzione del Var, in tal senso, è stata una man-na dal cielo: “Se ai miei tempi mi avessero parlato di tec-nologia, avrei pagato per averla. Non comprendo, però, l’utilizzo a campione, in particolare in serie B. Non puoi fare il girone d’andata senza, decidendo di inserirla al ri-torno. Falsi la competizione”. A togliere il sonno a Marelli, tuttavia è un altro aspetto: “A livello comunicativo siamo

rimasti al medioevo. Gli arbitri sono circondati da un’au-ra di autoreferenzialità, invece dovrebbero cominciare a parlare. Non subito, ma a distanza di qualche giorno dal match, così eliminerebbero molti dubbi e non ci sarebbe l’esigenza di un blog come il mio”. La soluzione è un pas-saggio graduale: “Alcuni in realtà sarebbero pronti per confrontarsi con telecamere e giornalisti. Non ho proble-mi a fare i nomi: il designatore Nicola Rizzoli, per esempio, è un uomo d’immensa cultura. Stesso discorso per Antonio Damato di Barletta. In generale, si potrebbe cominciare con domande mirate e concordate”. L’importante è non scadere nella retorica e nella banalità: “Alla gente non im-porta se Rocchi ha due figli, ma perché ha assunto speci-fiche decisioni. Le spiegazioni esistono ed è opportuno darle, il problema risiede nel fatto che a saperle siamo solo noi”. Ogni giorno fuori dalla federazione è una tortura, lo dice e si percepisce il dolore: “Ci si dimentica che sotto la divisa c’è un essere umano, anche il meno dotato ha alle spalle 15 anni di attività e sacrifici. Io ho fatto i miei errori e ne ho pagato le conseguenze. Non capiscono quanto sia difficile essere esclusi da un mondo di cui a lungo mi sono sentito parte integrante”. Non si smetterebbe di ascoltarlo, ma è scesa la sera e, insieme al buio, arriva il campionato.

di Giovanni Sofia e Alfredo Toriello

Una penna al servizio dei fischiettiLuca Marelli, dopo aver riposto nell’armadio la divisa da arbitro, ha aperto un blog in cui spiega il perché delle decisioni dei direttori di gara: “Provo a fare chiarezza, nonostante l’opposizione della Federazione”

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Una penna al servizio dei fischietti Hanami: Roma sogna il Giappone dei ciliegi in fioreUna tradizione tipica dell'Estremo Oriente ha messo radici anche in Italia. La fioritura dei sakura che piace alla capitale, raccontata da una bibliotecaria giapponese

«A ogni primavera/tornerà lo splendo-re/della piena f ioritura;/ma incontrarlo oppure no/è solo dono del destino». La poesia giapponese abbonda di haiku de-dicati ai ciliegi, brevi componimenti sugli alberi simbolo della cultura nipponica. In Italia, dopo l’arrivo uf f iciale della prima-vera due settimane fa, è tutto pronto per festeggiare l ’hanami 2019.

A Roma i sakura che qui stringono le loro radici provengono direttamente dal Giappone come omaggio alla città in oc-casioni diverse. Quelli in via Panama furo-no piantati per celebrare il Patto antico-mintern, stipulato nel 1936 fra Terzo Reich tedesco e impero nipponico, regalo della metropoli di Tokyo. La colonia più gran-de popola il Parco Lago dell’Eur e guar-da verso l ’acqua dai lati della Passeggiata del Giappone, la pista ciclo-pedonale che attraversa tutta l ’area verde. Nobusuke Kishi, all ’epoca primo ministro del Paese del Sol Levante, donò questi ciliegi da f io-re nel 1959, per propiziare le Olimpiadi di Roma in programma per l ’anno successi-vo. «Sotto gli alberi di ciliegio nessuno è straniero», recita un altro haiku. Le chio-me candide del Quartiere Europa sono il tetto più ricercato da giapponesi e italiani che vogliano festeggiare l ’hanami in tra-sferta romana in modo autorganizzato. Invece il Museo Orto Botanico, gestito dal dipartimento di Biologia Ambientale dell’Università La Sapienza, ha preparato per quest ’anno tre giorni di iniziative de-dicate alla f ioritura dei sakura. Visite gui-date, attività didattiche e workshop per bambini, conferenze, mostre, tutto ciò che serve per salutare al meglio il risve-

glio della natura alla maniera che i giap-ponesi praticano da più di un millennio.

Letteralmente hanami signif ica «os-servare i f iori». Ogni anno in questo pe-riodo l’arcipelago nipponico è solcato da ondate di turismo di massa dirette verso i parchi più popolari del Paese. Esistono addirittura delle previsioni ad hoc sulla f ioritura, aggiornate di frequente dalla Japan Meteorological Agency, con l’in-tento di calcolare l ’inizio e la durata del fenomeno di zona in zona. L’hanami non richiede per forza la luce del giorno. Se la contemplazione avviene al chiaro di luna, il nome cambia in yozakura (“ciliegio di notte” in giapponese) ma la sostanza resta invariata. Il piacere non è solo per gli occhi, nell ’essenza dell’hanami. Ammi-rare i sakura e consumare un ricco picnic all ’ombra dei loro rami sono due aspetti inscindibili nella tradizione. L’usanza pre-

vede ampi teli azzurri da appoggiare a terra, su cui disporre pietanze tipiche del-la festività, preparate a casa o acquista-te già pronte. I petali dei f iori di ciliegio diventano decorazioni o veri e propri in-gredienti del convivio in mezzo alla natu-ra. Peccato che, almeno a Roma, qualcosa quest ’anno stia andando storto. I primi f iori erano attesi intorno al 10 di aprile, ma i boccioli hanno cominciato ad aprirsi a circa una settimana dalla f ine di marzo. Anche la caduta dei petali risulta antici-pata, come testimoniano le segnalazioni lanciate a partire dallo scorso venerdì. Un hanami precoce e segnato da un’inciviltà tristemente familiare. Sulla pagina Face-book Hanami – Lago dell’EUR Roma, un lungo post indignato denuncia l ’abitudine dif fusa tra i visitatori del parco di stacca-re rametti di ciliegio da portare a casa, a mo’ di souvenir. Un gesto da condannare,

di Bianca Sestini

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secondo gli amministratori del gruppo, anche perché foriero di possibili malattie per alberi delicatissimi e in grado di va-nif icare le richieste di aumentarne il nu-mero di esemplari in futuro. Vita dura per i sakura romani. L’hanami però resiste e non si tocca. Restano ancora pochi gior-ni per fare esperienza di una delle f iori-ture più attese in tutto il mondo. Ultima chiamata per i ritardatari: il rischio di do-ver aspettare la prossima primavera si fa sempre più concreto. Kazuko Yoshida è la bibliotecaria dell ’Istituto Giapponese di Cultura in Roma. Quando parla dell’hana-mi soppesa con cura ogni parola e i suoi occhi sorridono. La letteratura giappo-nese pullula di riferimenti a questa tra-dizione. Il motivo è semplice: «I f iori di ciliegio durano pochissimo, una settima-na al massimo. Basta che piova e cadono all ’istante. Anche per questo l ’hanami è molto caro ai giapponesi: la nostra cul-tura ama le cose ef f imere, di passaggio».

Che peso ha l ’hanami nella cultura giap-ponese?

Nell’antichità il periodo di f ioritura del ciliegio coincideva con la semina del riso, che per noi è l ’alimento più importante. L’hanami aveva un signif icato quasi reli-gioso. Se la f ioritura era particolarmente bella, quell’anno i contadini si aspetta-vano una raccolta più ricca, e viceversa. Una specie di festa anticipata per un fu-turo più facile, assicurato dal riso che si poteva mangiare o vendere se l ’annata era buona. Già allora si celebrava stando insieme ai propri cari vicino ai f iori, man-giando, bevendo, danzando, cantando. Dalle sue origini, lo spirito dell’hanami è rimasto intatto. In Giappone sia l ’an-no scolastico che quello f iscale iniziano ad aprile, perché la f ioritura dei sakura rappresenta simbolicamente lo spartiac-que tra l ’anno vecchio e il nuovo. Infatti quando ero piccola la f ioritura dalle mie parti coincideva con la cerimonia del pri-

mo giorno di scuola, più o meno intorno al 5-6 aprile. Spesso gli istituti scolastici hanno questi alberi nel loro cortile. L’im-magine del ciliegio in f iore accompagna tutti i grandi cambiamenti nella mente dei giapponesi. Parlando con una mia col-lega italiana siamo arrivate a concludere che l ’hanami somiglia un po’ alla vostra Pasquetta. Anche la Pasqua festeggia la rinascita e coincide sempre con l’arrivo della primavera. E in comune hanno an-che lo spirito di godere della natura con un picnic all ’aperto.

Quali sono gli aspetti meno conosciuti dell ’hanami?

Per esempio, si trascorre l ’hanami an-che insieme ai colleghi di lavoro. Molte aziende e uf f ici lo organizzano, è un’oc-casione per conoscere i nuovi arrivati che sono stati assunti o trasferiti da poco. I più giovani per anzianità devono andare a occupare lo spazio suff iciente per tutto il gruppo. Però i parchi più belli, a Tokyo e nelle grandi città, sono anche i più af-follati. Per questo a volte partono anche alle sei del mattino o la notte prima per segnare i posti con qualche telo. Per loro può essere un momento di grande stress. Sempre i dipendenti più giovani devono procurare il sakè e il cibo. In alcuni casi è l ’azienda che paga, in altri i colleghi si dividono le spese. Si tratta di 2000, mas-simo 5000 yen (dai 15 ai 40 euro), niente di esagerato. O si portano pietanze da casa, cucinate dalle mogli, o si compra qualcosa di confezionato. Di solito noi giapponesi siamo abbastanza riservati e poco rumorosi, ma sotto i sakura ci scate-niamo! Durante questi hanami aziendali poi capita spesso che i superiori chieda-no ai giovani di fare qualcosa: cantare al karaoke, improvvisare una scena comica, suonare qualche strumento, ballare.

Come mai l’hanami piace tanto in Italia?Gli italiani amano mangiare all’aria aper-

ta, e l’interesse per il Giappone c’è. Era fa-cile per la cultura italiana accettare questa usanza straniera. Perché non copiare?

«I fiori di ciliegio durano una settimana al massimo. La nostra cultura ama le cose effimere, di passaggio»

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