manuale di sopravvivenza - Avventura Team pericolo o dalla solitudine, che ci procura paura, ... La...

160
Avventura Team Scuola nazionale AICS per la formazione degli istruttori di sopravvivenza Corso per Istruttori di sopravvivenza Dispensa

Transcript of manuale di sopravvivenza - Avventura Team pericolo o dalla solitudine, che ci procura paura, ... La...

Avventura Team Scuola nazionale AICS per la formazione degli istruttori di sopravvivenza

Corso per Istruttori di sopravvivenza Dispensa

Manuale di sopravvivenza

La prima esperienza di sopravvivenza l’ho vissuta all’età di 18 anni e ci finii dentro per la

ragione banale che dovevo dimostrare ai miei compagni di campeggio che non avevo

paura. Come capitava da almeno dieci anni, stavamo trascorrendo la vacanza estiva a

Sapri, da sempre senza genitori e in campeggio, arrangiandoci con pochi soldi e senza le

comodità del “camping” che, per noi, sarebbero arrivate molti anni dopo.

Una mattina trovammo il mare molto agitato a causa del cattivo tempo della notte, le onde

arrivavano sulla spiaggia con scoppi assordanti; di solito in giornate come questa

avremmo fatto il bagno giocando con le onde come fanno tutti i ragazzi, quella mattina

però decidemmo di andarci a tuffare dagli scogli. Il posto da noi frequentato aveva una

sola spiaggia che si presentava come una grotta alta cinque metri e profonda una decina;

per potervi accedere bisognava entrare in acqua da uno scoglio liscio che digradava in

mare per un paio di metri e poi nuotare per una ventina di metri costeggiando gli scogli.

Con il mare calmo era un bel gioco arrivare fino alla spiaggia e comportarci da naufraghi,

ora le onde erano talmente alte che sembrava impossibile l’accesso alla spiaggia, che non

riuscivamo neppure a vedere, e lo scoglio affiorava ogni tanto dopo una serie di onde.

Ci sedemmo in alto su una roccia asciutta e contemplammo il mare pensando di non

poterci tuffare; poi, osservando la serie di onde, capimmo che avevano un ritmo ciclico e

calcolammo che ogni sette onde trascorreva circa un minuto con il mare più calmo con

ondine di risacca. Decidemmo che il gioco di quella mattina sarebbe stato il saltare dallo

scoglio nell’intervallo di calma e nuotare il più lontano possibile per non essere scagliati

contro le rocce e poi raggiungere la spiaggia dove ci saremmo riuniti; per il ritorno

avremmo contato le onde e nell’intervallo avremmo raggiunto lo scoglio.

Ci preparammo e alla settima onda diedi il via e mi tuffai; mi girai per controllare gli altri

e scoprii che la paura li aveva incollati allo scoglio; ebbi un momento di esitazione e gridai:

“forza tuffatevi, avanti!” poi nuotai per guadagnare il tempo perduto e arrivai alla

spiaggia quasi senza fiato; mi trascinai nel fondo della grotta per stare all’asciutto e

indispettito mi girai convinto che qualcuno mi avesse seguito. Non c’era nessuno, ma

un’onda enorme si stava caricando in lontananza. Calcolai che ce ne sarebbero state sette e

tutte di quella grandezza prima di potermi di nuovo buttare in acqua per nuotare verso lo

scoglio. Ebbi paura e pensai che mi ero messo davvero in una brutta situazione. Diedi uno

sguardo intorno alla ricerca di una via di scampo. La grotta finiva dopo dieci metri con

rocce appuntite e il soffitto in fondo si abbassava come un sacco; il fondo era formato da

sassolini e conchiglie che graffiavano i piedi; entrare in acqua era impossibile perché tra

un’onda e l’altra la risacca era talmente forte da trascinarmi verso l’onda successiva che mi

avrebbe sollevato e schiacciato contro gli scogli.

Una fugace occhiata intorno mi consentì di vedere una nicchia a due metri da terra sulla

destra della grotta, grande abbastanza da contenermi rannicchiato; la prima onda era

pericolosamente vicina e mi sembrava talmente alta da riempire lo spazio della grotta ed

ero ormai convinto che mi avrebbe trascinato via dopo avermi sbattuto sul fondo. Mi

arrampicai freneticamente graffiandomi le mani e il petto, proprio in tempo per sentire il

boato dell’onda che stava entrando nella grotta. Puntai i piedi e schiacciai la schiena contro

il muro fatto di spilli di roccia. Il rumore durò un’eternità e la forza dell’acqua cercò di

trascinarmi via sbattendomi addosso sassi e conchiglie.

Pensai che potevo sfruttare la forza della risacca nuotando verso la salvezza e appena

l’acqua cominciò a defluire, saltai fuori dal buco e mi tuffai nella risacca nuotando come

un forsennato per arrivare allo scoglio e sfruttando la forza dell’onda risalii verso la

strada; la seconda onda si infrangeva già sugli scogli dietro di me, quando mandai a quel

paese i miei compagni.

Energia

In una situazione di pericolo si attivano nell’organismo meccanismi anticipatori per

preparare il corpo a sostenere lo stress imminente. Il livello di adrenalina nel flusso

sanguigno sale, imponendo al cuore di contrarsi con più forza aumentando, ad ogni

battito, la quantità di sangue pompato.

Modifichiamo anche la respirazione, che diventa più profonda e accelera leggermente.

Se cerchiamo di sfuggire, correndo, da una situazione di stress causata dalla paura o da

un pericolo o dalla solitudine, che ci procura paura, vi sarà un aumento della frequenza e

della profondità del respiro. Il battito cardiaco aumenta trasportando più sangue e di

conseguenza, l’emoglobina1 rilascia più ossigeno in risposta alla maggiore richiesta. Se

corriamo, i muscoli rilasciano un notevole volume di calore e la pelle avvampa poiché il

sangue viene trasportato verso la superficie esterna del corpo per essere raffreddato. Ciò

dura poco anche se abbiamo un buon allenamento alla corsa, e esaurite le energie residue,

l’acido lattico2 si accumula nei muscoli e l’organismo giunge allo sfinimento non avendo

più ossigeno e sostanze nutrienti.

Se invece ci allontaneremo da una situazione di pericolo bilanciando le forze tra velocità e

resistenza, si riuscirà a coprire distanze più lunghe mantenendosi più vigili e attenti.

1 L’emoglobina è una molecola globulare composta di quattro sottounità. Ciascuna di queste a sua volta è composta di un eme (che dà il colore al sangue) legato a una globina polipeptide. Al centro dell’anello dell’eme si trova un atomo di ferro al quale si lega l’ossigeno. Quando l’eme è legato all’ossigeno, l’emoglobina è di colore rosso scarlatto. Questo spiega il colore del sangue arterioso a differenza del colore del sangue venoso che è blu violaceo, noto anche come ciano da cui cianotico per indicare il colore delle labbra o delle estremità nei casi di scarsa ossigenazione (soffocamenti, congelamenti ecc.). La vivace colorazione rosso ciliegia del sangue indica un avvelenamento da ossido di carbonio, condizione nella quale le molecole di ossido di carbonio prendono il posto dell’ossigeno al centro dell’emoglobina. 2 Acido lattico è un composto chimico che svolge un ruolo rilevante in diversi processi biochimici; sottoprodotto dell’attività anaerobica dei muscoli. Da questi si riversa nel sangue raggiungendo cuore e fegato e i muscoli inattivi, dove viene riconvertito in glucosio. Durante un esercizio fisico intenso e prolungato, i muscoli possono produrre più acido lattico di quanto gli organi e i muscoli inattivi riescano a metabolizzare; in questo caso, la concentrazione nel sangue aumenta fino a non poter più essere smaltito nei muscoli inattivi. Si presentano allora i noti effetti di affaticamento e incapacità allo sforzo, talvolta accompagnati da bruciore o dolore.

Il meccanismo che consente a qualsiasi essere vivente di attivare le contrazioni muscolari è

dato da una molecola detta ATP, l’adenosintrifosfato. E’ il patrimonio energetico della

cellula, il carburante biologico sia dei batteri che dei mammiferi o dei pesci. E’ composto

da una testa di adenosina3 e una coda formata da tre fosfati, che sono uniti da legami

chimici con forte carica energetica. La separazione dei fosfati rilascia l’energia

immagazzinata nei legami chimici, che è disponibile, solo per la metà, per le contrazioni

muscolari, il resto viene trasformato in calore spiegando così perché quando si corre ci si

scalda tanto. Quando uno dei fosfati dell’ATP viene rimosso, si forma l’ADP,

l’adenosindifosfato4.

L’ATP immagazzinato nei muscoli è sufficiente per pochi secondi di contrazioni intense,

per cui deve essere continuamente rinnovato aggiungendo un fosfato alla molecola ADP.

La fonte immediatamente disponibile di fosfati energetici è il fosfato di creatina5, presente

in gran quantità nei muscoli. A differenza dell’ATP non può essere utilizzato dai muscoli

direttamente, ma trasferisce fosfati energetici all’ADP per ottenere ATP.

Il volume di fosfato di creatina è sufficiente per diversi secondi di esercizi intensi per cui

esaurita la scorta, l’ATP viene sostituito dal metabolismo dei carboidrati e dei grassi. Nei

muscoli è presente una limitata riserva di carboidrati, sotto forma di glicogeno6 nella

percentuale dell’1 o 2 per cento della massa muscolare e ciò consentirebbe in media

3 Adenosina è un nucleoside composto da una molecola di adenina legata ad un ribosio attraverso un legame glicosido. Riveste un ruolo fondamentale nei processi biochimici del trasferimento di energia nel passaggio da ATP ad ADP. 4 Adenosindifosfato ADP è un nucleoside che deriva dall’adenosintrifosfato – ATP - per perdita di un gruppo di fosfato con conseguente liberazione di energia. 5 Fosfato di creatina (dal greco Kreas=carne) è un aminoacido naturalmente presente nel nostro organismo, interviene per soddisfare le richieste del meccanismo anaerobico alattacido che è quel meccanismo energetico che si attiva appena inizia uno sforzo muscolare intenso. Tale processo prevede una sola reazione chimica e consente di avere una disponibilità immediata di energia. La creatina fosfato è sintetizzata a riposo nel muscolo scheletrico associando ad una molecola di creatina una molecola di fosfato inorganico. 6 Glicogeno è un polimero del glucosio. E’ conservato nel fegato e nei muscoli scheletrici. La sua biosintesi è diretta da tre enzimi attraverso un processo energeticamente sfavorito. Al momento del bisogno va incontro ad una demolizione per produrre glucosio, altre volte è lo stesso glucosio che può risultare in eccesso e viene stipato sotto forma di glicogeno.

mezz’ora di intensa attività muscolare, poi bisogna far ricorso al glucosio7 e ai grassi

presenti nei depositi della riserva del fegato e nei tessuti adiposi.

I grassi sono metabolizzati grazie all’ossigeno, i carboidrati sono scomposti sia per via

aerobica e quindi utilizzando ossigeno, sia per via anaerobica cioè senza ossigeno. Il

metabolismo aerobico non fornisce energia con la stessa rapidità di quello anaerobico.

Dunque i grassi non sono una fonte immediata di energia come il glicogeno o il glucosio.

Ossigeno

Un uomo di 80 chili, con poco allenamento consuma, a riposo, quasi un litro di ossigeno

ogni 3 minuti; durante un’ attività sportiva la sua necessità di ossigeno aumenta di più di

dieci volte. Lo stesso uomo, allenato, ha invece bisogno di venti volte la quantità di

ossigeno in un’attività sportiva intensa. L’aria assorbita dai polmoni viene trasferita ai

tessuti dal cuore e dal sistema circolatorio; se il cuore non pompa con il ritmo e la forza

sufficiente, si può aumentare il ritmo della respirazione a dismisura ma non si riuscirà a

sostenere l’attività sportiva.

Il cuore per far fronte alle richieste dei muscoli in attività, aumenta la frequenza delle

contrazioni in maniera diretta con l’aumento dell’adrenalina presente nel sangue e di

conseguenza aumentando il livello del sangue pompato ad ogni battito. Il cuore di una

persona allenata ha un volume maggiore di una persona non allenata; di conseguenza la

potenza della pompata è maggiore, un cuore allenato pompa più sangue con minor

numero di battiti, ecco perché gli sportivi sono bradicardici.

La stessa attività sportiva, praticata ad alta quota, può provocare seri problemi, soprattutto

in mancanza di allenamento; la ridotta densità dell’aria si traduce in un minore contenuto

di ossigeno e questo rappresenta un problema per l’organismo.

7 Glucosio è un carboidrato importante perché usato come fonte di energia dagli animali e dalle piante. E’ il principale prodotto della fotosintesi ed è il combustibile della respirazione. Attraverso una serie di reazioni catalizzate da enzimi, viene ossidato fino a formare biossido di carbonio e acqua; l’energia prodotta da questa reazione viene usata per produrre molecole di ATP

All’interno della cellula, l’ossigeno viene bruciato, assieme ai carboidrati, per produrre

energia. Le cellule dei tessuti muscolari, che compiono maggior quantità di lavoro,

necessitano ovviamente di più ossigeno e l’esercizio fisico ne aumenta la richiesta. La

causa principale del mal di montagna è proprio la carenza di ossigeno.

Messner nel 1978 raggiunse gli 8848 metri dell’Everest senza l’aiuto dell’ossigeno

supplementare compiendo un’impresa ritenuta fino ad allora impossibile. L’affermarsi

dell’alpinismo come sport, e la sperimentazione medica fecero conoscere meglio gli effetti

del mal di montagna e soprattutto si scoprì che l’acclimatazione ad un’altitudine

intermedia poteva ridurre di molto, se non annullare, gli effetti della rarefazione dell’aria.

Il 29 maggio 1953, quando Edmund Hillary scalò per la prima volta l’Everest, si pensava

che senza ossigeno non sarebbe mai stato possibile anche se un fisiologo aggregato alla

spedizione aveva sostenuto che solo uomini eccezionali avrebbero potuto compiere

l’impresa senza ossigeno e a conferma di ciò alcuni alpinisti preparatissimi avevano già

perso la vita in tragici incidenti causati da spossatezza provocata dalla mancanza di

ossigeno.

L’allenamento aerobico aumenta la capacità di resistenza di tutto l’organismo alla fatica; ci

siamo allenati per anni a sopportare la fatica con la corsa in tutte le sue espressioni, in

pianura, su terreno sconnesso, in montagna, sotto la pioggia e la neve. A volte siamo

partiti da casa alle quattro del mattino per raggiungere montagne di altezza superiore ai

3500 metri e tornavamo a casa alle 5 del pomeriggio. Può sembrare poco faticoso, ma si

deve considerare che la quota della mia città è di cento metri sul livello del mare e per

raggiungere la montagna impiegavamo in media due ore; per cui alla fine della giornata

avevamo immagazzinato 4 ore di auto, 7000 metri di dislivello tra salita e discesa e il tutto

sostenuto da un frutto e un panino con il prosciutto. Questo allenamento ci ha consentito di

acquisire la capacità di correre in montagna, a 56 anni, senza subire traumi muscolari o ai

legamenti o avere dei danni ai polmoni.

In situazioni di emergenza un individuo con un tale allenamento resiste sicuramente

meglio e di più di una persona normale e non allenata.

Ho sempre pensato che la “Paura” sia una sensazione improvvisa e sconvolgente, che

blocca i movimenti e la respirazione e che in definitiva sia fastidiosa da gestire e da

controllare.

Ora so invece che la paura è utile perché mi prepara ad affrontare la situazione con la

giusta carica di adrenalina.

Concentratevi sul plesso solare per alcuni minuti controllando la respirazione e inviate

verso le estremità di gambe, braccia e faccia il calore che sentite dentro: vi rilasserà molto.

E’ fondamentale, in una situazione di emergenza, conoscere le proprie capacità e le

attrezzature di cui si dispone.

Gran parte della tecnica della sopravvivenza è basata sull’utilizzo delle risorse che si

trovano in natura, pertanto, durante le esercitazioni, bisogna necessariamente evitare di

creare danni ai boschi e alla fauna; e alcune pratiche per il procacciamento di cibo sono

proibite.

La conoscenza dei modelli di reazione psicologica a pressioni anomale

è necessaria per sviluppare le dovute risposte. E essere in grado di individuare tali segnali

di avvertimento è una condizione per agire in modo razionale dove altri sono

sconclusionati e inconcludenti.

La paura è la risposta naturale ad una situazione minacciosa ed è il modo con cui il nostro

corpo si prepara alla difesa; la preparazione individuale permette di gestire la paura e ci

evita comportamenti irrazionali; ecco perché non serve negare la paura, ma bisogna

comunicarla agli eventuali componenti del gruppo poiché la gestione congiunta consente

di badare ai più deboli e di adottare strategie di difesa di tutto il gruppo.

Alcune reazioni alla situazione di paura sono il congelamento della minaccia, in modo da

non percepire la situazione come grave; oppure si diventa iperattivi il che significa che il

coinvolgimento è talmente forte che il cervello non funziona in modo razionale; oppure ci

si comporta come se non stesse accadendo nulla, si va avanti ignorando tutto.

Oltre alla paura, altri sentimenti negativi per sopportare una lunga situazione di

sopravvivenza sono la noia e la solitudine; e una e l’altra sono legate. Mi è capitato spesso

di sorprendermi a canticchiare più per sentire una voce che per il piacere del canto;

oppure mi sorprendo alcune volte a parlare con un interlocutore inesistente e la cosa

ridicola e che gli rispondo come se davvero ci fosse un dialogo.

Questo è un valido modo, se praticato in modo conscio, per superare i momenti di

solitudine e per non farsi prendere dalla noia.

Altrimenti bisogna trovarsi qualcosa da fare; se non lo avete fatto, fate un programma

delle cose da fare e cercate di rispettarlo anche nei particolari insignificanti.

Risistemare la tenda, preparare trappole, fare manutenzione ai materiali e se la stanchezza

ve lo permette, fate ginnastica e mantenete alte le condizioni fisiche.

In quasi tutte le condizioni di sopravvivenza, militari o civili, bisogna muoversi per

arrivare in un luogo sicuro o per mettersi in salvo.

E’ probabile che siate costretti a camminare per molti giorni e in condizioni difficili con

inevitabile sofferenza.

Alcuni di voi potrebbero in questo caso essere costretti a fatiche prima sconosciute, se

avete la responsabilità del gruppo è necessario tenere un ritmo costante e costringere tutti

a mantenere il ritmo sul passo del più debole. Se avete un gruppo numeroso, superiore a

10, conviene dividere in piccoli gruppi.

Provate a pensare positivo a causa di ovunque, anche nel contesto di una forte stanchezza.

Offrite un aiuto ai compagni, e ricordate che la comunicazione è molto importante in un

gruppo. Non permettere a nessuno di essere "gruppo" al di fuori.

KIT di emergenza

• Coltellino

• Accendino – fiammiferi impermeabilizzati

• Esca per accendere il fuoco

• scatoletta per pescare

• Bussola

• compresse per depurazione

• Ago e filo

• Compresse energetiche

• Seghetto tascabile

• Sapone

• Carboncino – kit per mimetismo

• insetticida

• Borraccia

• Sacchetto di plastica

• Thermos

• Torcia elettrica (se è di grandi dimensioni , può fungere da porta oggetti piccoli e la

lampadina può essere utilizzato come galleggiante per la pesca)

• batteria

• medicinali e kit di pronto soccorso

• Orologio analogico

• Posate

• Stringhe di riserva

Costruire utensili

Con piccole forcelle di legno di ginepro è possibile costruire una forchetta a due rebbi

oppure un cucchiaio disegnandone la forma su un mezzo tronchetto e poi sgrossando il

legno in eccesso con il coltello.

E’ anche possibile con il coltello assottigliare due bastoncini da usare per prendere pezzi di

cibo come al ristorante giapponese.

Con corteccia di betulla o di ciliegio possiamo costruirci delle scodelle per contenere il

cibo.

Incidete il tronco e staccate con delicatezza un rettangolo di corteccia di 15 cm di altezza

poi avvolgetelo ad imbuto e chiudete i due bordi con un bastoncino alla cui estremità

avrete praticato un taglio di 5 cm in verticale e usatelo come una pinzetta.

È possibile costruirsi uno zaino rudimentale:

Tagliare il 3 stecche di pino fresco due di lunghezza pari al vostro braccio dalla mano alla

spalla, l’altro lungo come la distanza dalla punta delle dita al gomito.

Scortecciatele e fissatele a triangolo con dei cordini.

Gli spallacci potete costruirli utilizzando corda più spessa e la protezione per le spalle sarà

fatta da calce o da sciarpe imbottite di erba.

Il carico viene fissato sul bastino avvolto in una coperta o una giacca e fissato con dei

cordini.

Con pezzi di pelle o cuoio o abiti rovinati si possono costruire dei calzari di emergenza.

Appoggiate il piede su un quadrato di materiale di 60 cm di lato e ripiegate i lembi

legandoli intorno alla caviglia con dei cordini. Potrete camminarci e riparare il piede dal

freddo.

Per proteggere la piante del piede si possono utilizzare pezzi di copertone d’auto sagomati

appoggiandoci il piede già fasciato e segnando la sagoma che poi sarà tagliata di misura.

Si praticheranno dei fori in cui far passare i cordini per legarlo alla caviglia.

In alternativa si può usare corteccia di betulla o di ciliegio magari a più strati per renderla

più resistente.

Se non avete calzini potete utilizzare dell’erba o fasciare il piede con fazzoletti o altro

tessuto prima di unire i lembi; il fieno tiene molto caldo.

Si possono costruire aghi per cucire utilizzando frammenti di ossa, fili elettrici di grosso

calibro

In alternativa agli si possono usare le racchette da neve, per la cui costruzione dovete

procurarvi 5 stecche di abete fresco lunghe 60/80 cm.

La parte più stretta di doghe non dovrebbe essere più spessa di una matita.

Scortecciate le bacchette e unitele in punta legandole con un cordino; in coda le unirete con

un traverso di almeno 20 cm di lunghezza.

Al centro userete altri due traversi legandoli alle bacchette in parallelo tra loro due in

modo che la prima stia sotto le dita del piede e la seconda sotto il tallone.

Con gli sci e i bastoncini – con pali lunghi due metri e mezzo e due traversi da 60 cm.

Per la copertura si useranno giacche di panno abbottonate sopra.

Non è dato per scontato che tutti abbiamo a disposizione i cordini che servono per tutte le

attività necessarie in una situazione di emergenza; e del resto nessuno di noi porta

sempre con se una ventina di metri di cordino perché “non si sa mai”.

Pertanto è utile sapere che in natura vi sono fibre, radici, filamenti di corteccia che possono

fare al caso nostro.

Per migliaia di anni la parte interna della corteccia del tiglio è stata utilizzata per

intrecciare delle corde poiché le sue fibre sono resistenti e sono utilizzabili senza alcuna

noiosa preparazione.

Anche la corteccia di quasi tutte le specie di salice può esserci utile.

La radice di betulla e di abete rosso è molto facile da intrecciare così pure per le radici di

erica e mirtillo.

Una radice sottile di betulla e abete rosso può essere anche una buona

lenza per la pesca.

I materiali più resistenti, utilizzabili in quasi tutte le situazioni di nostro interesse sono

quelli recuperati dagli animali morti.

I tendini sono stati usati dall’uomo fin dalla sua comparsa sulla terra, ma ha anche usato

strisce di pelle per intrecciare corde, schegge d’osso per fare raschiatoi per pulire le pelli o

per fare coltelli.

Si possono utilizzare erbe a filamento lungo da intrecciare avendo l’accortezza di seguire

queste indicazioni;

L’ortica è facilmente reperibile e si presta bene ad essere intrecciata e risulta anche

resistente.

Dopo la raccolta, togliete le foglie e mettete a bagno i gambi per un giorno, schiacciate i

gambi con una pietra; appendete la massa di fibre ad asciugare. “pettinate” con un pettine

a denti larghi o se non lo avete, con un pezzo di legno con chiodi piantati in verticale ad 1

cm di distanza; con questo lavoro si otterrà una serie di filamenti che dovranno essere

intrecciati per ottenere cordini.

Si possono anche usare filamenti di radici di piante reperite in zone umide; in ogni caso

betulla e abete sono di facile reperimento ed hanno radici affioranti.

Una volta recuperati i filamenti, se non si usano subito, vanno tenuti in ammollo; in caso

di uso futuro, potete avvolgerli in matasse e risposti al buio. Per utilizzarli da secco

mettete le matasse in acqua finché non sono di nuovo flessibili.

Nel kit dovete sempre avere pastiglie per potabilizzare l’acqua o una fiala con amuchina

che con una goccia vi permette di avere un litro d’acqua priva di germi e batteri.

L’acqua è fondamentale per l'uomo, il bisogno d’acqua deve essere costantemente

soddisfatto; più delle sostanze nutritive.

Un adulto ha bisogno di norma circa 2,5 litri di liquidi al giorno, inoltre il calore, il lavoro

o il camminare per molto tempo sotto il sole fanno aumentare notevolmente il bisogno

d’acqua al punto che potrebbe essere compromesso lo stato di salute generale e in

situazioni di sopravvivenza questo non deve avvenire.

La maggior parte dei laghi e torrenti, soprattutto in zone montane e lontane da città hanno

acque potabili o potabilizzabili con piccoli accorgimenti.

Il metodo che utilizziamo noi per attingere acqua in pozze o corsi d’acqua non

visibilmente inquinati è di controllare cha a monte per una distanza di almeno 600 metri

non vi siano insediamenti umani, attività agricole o industriali. Ciò garantisce la potabilità

dell’acqua; non prendiamo neppure in considerazione l’ipotesi che l’area sia inquinata per

altre ragioni e sta a noi controllare che la pozza non sia una discarica o che non vi siano

scarichi chimici o che non vi sia un abituale scarico di rifiuti. Se ciò fosse, non bevete

quell’acqua.

Seguendo una traccia di animali si può arrivare all’acqua e magari dopo approfittare per

posizionare una trappola o aspettare la sera per studiare il modo di catturare una preda.

I formicai sono spesso situati in prossimità di fonti, o sorgenti.

Quando si raccoglie la neve per fonderla bisogna da tenere a mente che lo strato

superficiale contiene residui di tutto ciò che viene trasportato dal vento. Quindi scavate e

raccogliete la neve in profondità.

La neve è povera di sali minerali e se prevedete di raggiungere un luogo sicuro dove

trovare acqua e cibo in breve tempo, potete anche farne a meno; ma se dovete passare un

lungo periodo in situazione di sopravvivenza dovete procurarvi Sali minerali, soprattutto

se camminate.

Sciogliete la neve con dentro aghi di pini e lasciate a bollire per qualche minuto. Avrete un

po’ di sali e vitamina C da bere.

il nostro coltello Quello che serve nella sopravvivenza

Come scegliere lo strumento che in molte situazioni potrebbe salvarci la vita

Giuseppe SCAFARO – Istruttore nazionale di sopravvivenza luglio 2011

1

IL COLTELLO

Esistono molti tipi di coltello, nati da specifiche richieste e testati in ogni situazione è il

primo strumento utilizzato dall’uomo per la sopravvivenza: per cacciare, per tagliare, per la

guerra.

Esistono coltelli utilizzati da reparti speciali nelle situazioni più estreme e coltelli nati da

situazioni sicuramente meno impegnative, ma ugualmente sperimentati. Sta a noi decidere

quale strumento comprare per l’uso

che ne possiamo o dobbiamo fare.

Personalmente dopo 30 anni di

utilizzo, continuo a preferire il mio

pugnale Maniago, manico 10 cm tutto

un pezzo, coperto da un cordino di

cuoio; lama da 11cm; peso 115

grammi; con il suo fodero in cuoio,

posso portarlo sotto l’ascella, nello

2

scarpone o sull’avambraccio o alla cintura senza alcun problema nei movimenti.

Uso anche, ma per le situazioni più

tecniche, un Leatherman, funzionale,

sicuro, resistente e dotato di lama,

seghetto per ferro e per legno, lima,

cacciavite, apriscatola, forbicine, spela fili,

pinza e tronchesino.

E’ pratico e sicuro e con il suo fodero in

cuoio posso tenerlo alla cintura.

Quando arrampico, oppure lavoro

sugli alberi, ho preso l’abitudine, dopo

una serie di piccoli incidenti, di portare

alla cintura un piccolo coltello apribile

con il pollice e dunque con una sola

mano; e proprio perché l’esperienza

me lo ha suggerito, lego il coltello alla

cintura con un cordino.

Mi è servito diverse volte per tagliare corde e rami appuntiti in situazioni di equilibrio

precario e quando potevo utilizzare solo una sola mano, per il fatto di essere aggrappato alla

roccia o ad un ramo.

3

Per la sua caratteristica di poter

essere aperto in un attimo con un

leggero movimento del pollice, e in

situazione di scarsa stabilità, può

risultare pericoloso usarlo senza un

adeguato esercizio.

Per l’uso più impegnativo, sempre nello zaino, porto un machete brasiliano, lama di 30 cm,

manico in gomma dura che io ho coperto con un cordino di canapa antiscivolo e utile anche

come lenza per la pesca, per preparare trappole e per altri utilizzi in sopravvivenza.

Il fodero in cuoio mi permette di legarlo alla cintura. Lo uso per tagliare o abbattere piccoli

alberi per il fuoco o per costruirmi il letto, il riparo, una lancia e cose varie.

I coltelli possono essere distinti per la lama fissa o la lama retrattile o pieghevole. Ormai tutti

i coltelli professionali hanno un sistema di sicura che blocca la lama quando è aperta per

evitare che nello sforzo si richiuda sulle dita.

A coltello "aperto" la lama è fissata da un sistema di bloccaggio ed è in posizione di utilizzo;

a coltello "chiuso" la lama scompare tra le due guancette del manico ed è in posizione di

riposo.

Il coltello a lama fissa ha la caratteristica di avere la lama aperta in modo permanente,

oppure costruita in un solo pezzo, lama e manico e questo può essere coperto da plastica,

4

legno, o altro materiale. Si chiama GUARDIA la rifinitura, di solito in ottone, posta tra il

manico e la lama e che in alcuni coltelli apribili, come gli Opinel, può essere utilizzata come

sicura blocca lama.

Alcuni esempi di coltelli tutti da noi conosciuti o testati

Per questo li consigliamo a chi vuole avere a disposizione uno strumento di lavoro, adatto a

qualsiasi utilizzo e soprattutto affidabili; ovviamente i costi sono commisurati alla tecnicità

del prodotto

Exagon

5

Defender

Folgore

6

Col Moschin

FODERI

CUOIO

E' il materiale più tradizionale e si trova nelle due classiche colorazioni, nero e marrone, da

abbinare a seconda del colore del manico.

NYLON:

E' il materiale sintetico che si si pone come ottima alternativa al cuoio soprattutto per la sua

praticità.

CORDURA:

E' una fibra di nylon molto resistente, che ben si adatta a questo tipo di utilizzo.

ZYTEL:

E' un materiale costituito da nylon e da fibra di vetro; è molto resistente e allo stesso tempo

leggero.

7

KYDEX:

E' l'ultima innovazione in fatto di foderi essendo un materiale termoplastico estremamente

resistente; la sua rigidità permette una perfetta aderenza del coltello alle pareti del fodero e

quindi offre una buona protezione dagli urti.

SISTEMI DI BLOCCAGGIO

Quando si desidera utilizzare il proprio coltello tascabile, si deve portare la lama nella

posizione di apertura fino a che si sente un scatto, che ci segnala che è entrato in funzione il

meccanismo di bloccaggio, in tal modo si può utilizzare il coltello senza il timore che la lama

si possa inavvertitamente richiudere e ferirci; quando si vuole richiudere il coltello, bisogna

innanzitutto sbloccarlo, per poi riportare la lama nella sua posizione di riposo tra le due

guancette. Vi sono vari tipi di sistemi di bloccaggio e vi riportiamo di seguito i più comuni.

BACK LOCK

è il più tradizionale dei sistemi di bloccaggio ed è posizionato sulla parte inferiore del

manico, dalla parte opposta rispetto alla lama; per sbloccare il coltello bisogna spingere con

il pollice verso l'interno e accompagnare la lama all'interno tra le due guancette.

FRONT LOCK:

è insieme al precedente il sistema più tradizionale; è posizionato nella parte superiore del

manico e per sbloccare il coltello bisogna spingere con il pollice verso l'interno e

accompagnare la lama.

8

LINER LOCK

è un sistema ormai molto diffuso per la sua facilità e sicurezza dovendo semplicemente

spingere con il pollice lateralmente; con questo sistema si introduce la chiusura del coltello

con una mano sola.

MANICI

Da sempre il manico è parte integrante del coltello e lo caratterizza non solo da un punto di

vista estetico, ma soprattutto dal punto di vista dell'ergonomicità. La tradizione lo vuole di

materiale naturale, come il legno o il corno animale; poi ci sono i manici in plastica, gomma,

alluminio, acciaio. Ma oggigiorno materiali sintetici di alta qualità si sono accostati a quelli di

sempre, rendendo più varia la scelta. Eccovi i più innovativi

MICARTA:

Composto di lino o di carta con una resina, dotato di peso leggero, durabilità e buon aspetto

visivo.

FIBRA DI CARBONIO:

Composto di fibra di grafite con una resina, dotato di leggerezza e di alta resistenza.

ZYTEL:

Composto di fibra di vetro con plastica.

KRATON:

Polimero di gomma termoplastico, ottimo per la sua presa.

G10:

Composto di fibra di vetro, dotato di ottima resistenza alle temperature estreme.

9

TITANIO:

Metallo non ferroso, dotato di elevata capacità di tensione, resistenza alla corrosione e

leggerezza.

LAMA

La lama è ovviamente la parte più importante del coltello e si differenzia per l'acciaio usato,

per la forma e per l'affilatura. Si è sempre alla ricerca di acciai nuovi e di linee più innovative.

L'acciaio è una LEGA di ferro, carbonio ed altri componenti.

Stainless Steel indica genericamente un acciaio appartenente alla famiglia degli acciai

resistenti alla corrosione, questi materiali non sono completamente resistenti alla corrosione

e alla ruggine, ma lo sono in proporzione al contenuto di CROMO: è infatti il tenore di

questo componente che rende l'acciaio inossidabile.

Ogni altro componente della lega con le sue caratteristiche, sia negative che positive,

conferisce all'acciaio una determinata proprietà. Le varie leghe Fe-C o, se preferite, i vari

acciai, si differenziano gli uni dagli altri dalla percentuale dei vari componenti in essi

contenuta. Ecco alcune caratteristiche dei metalli che si legano agli acciai.

10

Nello scegliere l'acciaio appropriato per un coltello, durante la fase di progettazione, bisogna

prestare particolare attenzione a quali caratteristiche si vogliono attribuire alla lama, ovvero alla

sua specifica destinazione d'uso, essendo consapevoli, talvolta, di dover fare dei compromessi;

mentre. una presenza elevata di carbonio allunga la durata del filo della lama, allo stesso tempo

rende più difficile l'affilatura; l'acciaio ATS-34 di gran successo per le sue ottime prestazioni, ha

una bassa percentuale di nickel e quindi può arrugginire se non è tenuto perfettamente pulito e

periodicamente oliato.

Consigli di manutenzione

La durata di una lama varia in base materiale con il quale è costruito; un coltello al carbonio dà

olta affidabilità, ma è meno resistente alla corrosione e alle alte temperature, ma è anche molto

elastico, per cui lo si può usare quasi come un chiodo da arrampicata; così dicasi per gli altri acciai.

La differenza ovviamente è fatta dalla cura e dalla manutenzione che prestiamo all’attrezzo, oltre

naturalmente all’uso intenso che ne facciamo.

11

Personalmente ho sempre tenute pulite le lame dopo il lavoro usando detergenti per acciai; prima

lavo la lama sotto l’acqua corrente; poi uso il detergente. Infine, una volta asciugata, la cospargo

con olio per armi e dopo la ripongo nel suo fodero.

Ogni volta che devo usarla, la affilo con molta delicatezza su una mola a grana fine, facendo molta

attenzione a non sbagliare l’inclinazione.

Come ho già detto, uso regolarmente lo stesso pugnale da 30 anni.

ACQUA

FONTE DI VITA

PREFAZIONE

“AMAN IMAN” dicono i Tuareg del Sahara, ovvero “l’acqua è vita”. Nei Paesi “civilizzati” diamo per scontata la sua presenza, ma sbagliando: è una risorsa finita, distribuita in modo disuguale nel tempo e nello spazio. L’acqua ha conosciuto un passato di norme che ne ribadivano la sacralità e ne imponevano il rispetto. Oggi questo rapporto è stato scardinato. La superficie del nostro pianeta è coperta per il 71% dall’acqua, la maggior parte di essa (più del 97%) è quella salata dei mari e degli oceani:; la restante parte, il 3%, è quella dolce, di cui metà è contenuta nei ghiacciai, a disposizione solo l’1% in falde, fiumi e torrenti, da utilizzare per bere, lavarsi e per le attività umane. Il Sud del mondo non ha da bere. Il Nord spreca. I paesi ricchi consumano circa l’80% delle risorse idriche mondiali. In Italia il 33% dell’acqua che passa nella rete idrica si disperde a causa dei tubi “colabrodo”, si aggiungano le irrigazioni intensive (cereali e cotone); pro capite in casa abbiamo una media di 250 lt di acqua al giorno; siamo il paese, dopo gli USA, con il più alto consumo d’acqua in agricoltura rispetto alla produzione. Nel mondo, negli Stati Uniti sono 425 i litri disponibili” al giorno per persona, in Francia pro capite si rilevano 150 lt, ma in Madagascar si scende a 10 lt. La media mondiale a persona è stata fissata in mc 1700 all’anno. L’assenza o la cattiva qualità dell’acqua in Africa e in Asia portano alla morte ogni anno 3 milioni di esseri umani per dissenteria, 1,5 milioni per malaria; 1 persona su 5 non ha acqua potabile; 15 milioni di bambini sono vittime annualmente delle malattie che l’acqua infetta trasmette; ogni 8 secondi muore un bambino di sete; entro il 2100 le acque di superficie saranno consumate; tutta l’acqua della terra disponibile nel ciclo dell’acqua sarà interamente esaurita entro il 2230. E’ scarsa, è preziosa… Ecco perché tanti dei conflitti in atto nel mondo, al momento sono più di 50, partono dall’acqua: non sete di potere, ma sete e basta. “AMAN IMAN”, “L’ACQUA E’ LA VITA”, “L’ACQUA E’ L’AN IMA”, “L’ACQUA FA VIVERE E TUTTO DIPENDE DELL’ACQUA”

LE FUNZIONI DELL’ACQUA NEL NOSTRO ORGANISMO

L’acqua nel nostro organismo svolge principalmente tre funzioni: - Di trasporto, in quanto è un ottimo solvente; - Bioregolatrice, in quanto regola la digestione e l’assorbimento dei nutrienti; - Termoregolatrice, in quanto controlla la temperatura corporea

principalmente con la sudorazione; Quando l'acqua introdotta e formatasi nell'organismo equivale a quella eliminata (urine, sudore, respirazione e traspirazione) l'individuo è in equilibrio idrico. L'acqua è il nostro costituente fondamentale: nell'organismo umano adulto è presente in una quantità pari al 60% del peso corporeo, mentre alla nascita raggiunge circa il 75%. La pelle è la parte del corpo dove l'acqua è presente in maggior quantità, specialmente negli strati più profondi che sono costituiti dal 70% da acqua. All’organismo è necessaria l’introduzione di due litri di liquidi al giorno, poiché è questa la quantità che viene eliminata quotidianamente attraverso pelle, polmoni, vescica e intestino. Poiché l’acqua è il costituente corporeo più importante, l’organismo non può farne a meno per più di tre giorni. La quantità di fluidi nell’organismo è regolata dalla pelle e dai reni: la traspirazione mantiene la temperatura interna costante a 37 gradi centigradi, mentre i reni filtrano le sostanze tossiche e i prodotti di scarto del metabolismo, presenti nel sangue, eliminandoli attraverso le urine. Un rischio da evitare è quello di bere solo quando ne avvertiamo strettamente il bisogno, perché potrebbe essere già troppo tardi. Infatti, il senso di sete è controllato dall'ipotalamo, ma questa ghiandola del cervello non è un indicatore sempre affidabile e a volte può scattare in ritardo. Perciò, bisogna imparare a idratarsi regolarmente durante la giornata, anche quando si crede di non averne bisogno. Senza cibo possiamo sopravvivere relativamente a lungo (anche 10 settimane), ma senza acqua la nostra vita si spenge in poco tempo, addirittura in due/tre giorni. Questo perché l'acqua è il componente principale del nostro organismo: il nostro corpo infatti è costituito dal 60/70% di acqua, quantità che varia in base all'età, al sesso e alla proporzione tra tessuto muscolare e grasso. Basti ricordare comunque che il plasma del sangue è costituito per più del 90% da acqua, che i muscoli ne contengono il 75%, che ogni funzione dell'organismo ha bisogno di acqua, dalla digestione alla circolazione, che tutte le reazioni chimiche che ci tengono in vita avvengono nell'acqua, che è sempre l'acqua a espellere le scorie prodotte dal nostro organismo.

L'acqua va quindi assunta ogni giorno, con dosi che variano da individuo a individuo, dalla stagione, dall'attività fisica svolta e dal tipo di alimentazione. In media comunque si consigliano due litri di liquidi al giorno, sotto forma di varie bevande, ad esclusione dell'alcool che anzi richiede un'ulteriore quantità di acqua per essere metabolizzato. Oltre che in liquidi come latte, tè, caffè e succhi di frutta l'acqua è contenuta anche in numerosi alimenti, primi tra tutti la frutta e la verdura, il pane, la pasta e la carne che ne assumono anche in cottura. L’introduzione dell’acqua nel nostro organismo è indispensabile per la vita, infatti il digiuno idrico non può essere protratto per oltre due giorni. Il corpo umano è fatto per la maggior parte di acqua (90% il neonato, 65% l’anziano). L’acqua, come le vitamine e i minerali, è considerata un costituente non energetico dell’alimentazione, in quanto non apporta calorie. Ha importanza fondamentale in tutte le reazioni chimiche che si svolgono all’interno del nostro organismo. Tra l’altro permette la diffusione dell’ossigeno dell’anidride carbonica; è importante nella distribuzione uniforme del calore e nella sua eliminazione attraverso l’evaporazione; permette il movimento delle sostanze vitali attraverso il corpo; serve da cuscinetto protettivo per il cervello e il midollo spinale. Il nostro corpo non può sopportare, senza gravi disturbi, perdite di acqua superiori al 10%.

L’IMPORTANZA DELL’ACQUA NELLA SOPRAVVIVENZA Come già detto in precedenza l'uomo è composto da circa il 60/70% di acqua, e normalmente ne deve assumere dai 2 ai 3 litri giornalieri. C'è da tenere conto che la richiesta di acqua aumenta, in presenza di clima caldo o umido e di fatica, anche fino ai 5-8 litri al giorno. In caso di sopravvivenza è essenziale riuscire a bere almeno un 1 litro di acqua al giorno, razionandola e bevendola a piccoli sorsi, bagnandosi prima le labbra per sfruttare al massimo ogni goccia. L'acqua è sinonimo di vita se si può resistere senza mangiare anche fino a 40 giorni, senza acqua si può durare solamente un paio di giorni in condizioni di riposo.

REGOLE GENERALI Prima di parlare delle cose che si possono fare per trovare l’acqua vorrei soffermarmi su quello che invece non bisogna MAI bere , anche se ci si trova in

situazioni di sopravvivenza estreme (alcune sono sinceramente abbastanza ovvie altre meno):

Bevande alcoliche: In clima freddi, bere alcol, all'inizio può dare un senso di calore ma successivamente si ha un raffreddamento corporeo più intenso di quello che si aveva prima di bere. In clima caldi, invece, disidrata il corpo. Bere alcol inoltre diminuisce anche le capacità mentali e motorie.

Acqua del mare: contiene troppo sale, in caso di mancanza d'acqua si può resistere più a lungo restando senza bere che bevendo acqua di mare poiché l'acqua salata disidrata e provoca danni ai reni.

Acqua stagnante di stagni, pozze senza prima averla filtrata e fatta bollire; Ghiaccio o neve (faremmo consumare inutilmente del calore prezioso al nostro corpo, meglio scioglierla in un pentolino o in assenza di fuoco metterla in un recipiente scuro sotto il sole)

Acqua sporca con schiuma e bolle e dall'odore nauseabondo (direi che questa è più ovvia)

Sangue: può causare diarrea, infezioni, problemi gastro-intestinali o altri problemi al metabolismo (può sembrare ovvio ma qualcuno la pensa diversamente)

Queste invece sono regole generali da tenere sempre in considerazione:

Non bere mai acqua fredda se si è accaldati. NON FUMARE. Il fumo sottrae liquidi e vitamine all'organismo. Prima di abbeverarsi da un torrente risalire il corso verso monte per duecento metri in cerca di cause inquinanti (carcasse principalmente ma anche inquinanti artificiali), quindi, se non se ne trovano, ridiscendere quei duecento metri.

Se possibile bollire sempre l’acqua che trovate per uccidere microbi e batteri.

COME TROVARE O ESTRARRE L’ACQUA Di seguito vi sono alcuni metodi per poter ottener l’acqua in situazioni difficili:

LA PIOGGIA

Si può raccogliere l'acqua piovana in recipienti puliti (più ne avete più acqua potrete raccogliere). Potete utilizzare come recipiente qualsiasi cosa che sia in grado di trattenere l'acqua (cortecce o grosse foglie, noci di cocco,

sacchetti di plastica, indumenti impermeabili e così via...). Se l'acqua raccolta è sporca è necessario bollirla o purificarla prima di berla. Per raccogliere l'acqua piovana potete legare una maglietta o un pezzo di stoffa ad un albero, in modo che l'estremità del panno pendi verso un qualsiasi tipo di contenitore. Potete legare un panno assorbente appena al di sopra delle scarpe per raccogliere l'acqua piovana nell'erba. Potete fare una buca e distendere sopra ad essa un grosso telo impermeabile creando un bacino per raccogliere l'acqua della pioggia. Oppure potete tamponare con un panno una superficie bagnata e poi strizzare il contenuto in un pentolino.

ANIMALI CHE POSSONO PORTARVI AD UNA FONTE D'ACQUA:

Mammiferi La maggior parte degli animali da pascolo non dista molto da punti di abbeveramento, devono bere all'alba e al tramonto; Piste convergenti di solito, portano a pozze o fiumi, seguitele scendendo i pendii; I predatori non sono buon indicatore di acqua, essi acquistano liquidi dal sangue delle loro prede. Uccelli I mangiatori di granaglie, piccioni e fringuelli per esempio, non si spostano mai molto distanti da fonti d'acqua, anche loro bevono all'alba e al tramonto; quando volano dritti e bassi, si stanno dirigendo verso cibo o acqua. Quando tornano dalla fonte, si fermano di ramo in ramo riposandosi, colmi d'acqua. Gli uccelli d'aqua e predatori non bevono frequentemente e quindi non sono buoni indicatori. Insetti Le api sono ottimi indicatori; si allontanano al massimo 6,5 km dai loro favi. Le formiche dipendono dall'acqua, molte volte, quando marciano in colonna, si dirigono verso scorte d'acqua. Le mosche non si spostano mai ad una distanza maggiore di 90 metri dall'acqua; attenzione però, molte volte questi animali "frequentano" pozze d'acqua insalubri, per l'essere umano. Rettili Non sono buoni indicatori, ma contengono al proprio interno parecchi liquidi. Il sangue, in special modo, è particolarmente apprezzato in molte regioni dell'asia centrale.

Uomini Le piste nella sabbia o i sentieri, spesso portano a pozzi o oasi; ricordate di non inquinare una pozza limpida e di lasciarla in modo che anche chi venga dopo possa usufruirne.

SCAVA SCAVA

Scavando in determinati luoghi (letti di fiumi secchi, laghi in secca, valli, terreni umidi, aree verdeggianti...) si potrebbe riuscire a far accumulare dell'acqua all'interno di buche oppure riuscire a far concentrare piccoli rivoli d'acqua; in questi casi occorre comunque bollire o purificare l'acqua. Ci sono alcune piante che amano l'acqua come salici, sambuchi, canneti, ninfee. Si può tentare uno scavo nelle loro vicinanze per trovare dell'acqua. Nelle zone erbose più verdi e brillanti dove gli steli sono alti e carnosi, si può tentare uno scavo sicuramente il terreno è umido e c'è la possibilità di trovare acqua. L'acqua dolce spesso si può trovare dietro le dune di sabbia lungo il mare.

L'ACQUA NELLA FLORA

Si può ottenere acqua da molti vegetali, frutti, legumi, e piante. Ad esempio cocco, anguria contengono moltissima acqua, ma anche i frutti delle piante commestibili contengono una buona percentuale di acqua (limone, mango, avocado, ananas, kiwi, arance, e così via...). Alcune piante immagazzinano sia internamente, sia esternamente l'acqua (la cima di un cactus può essere pulita e spremuta). Le canne di bambù verdi se piegate possono fornire acqua. In Nord America e in Canada, meno qui in Europa, vi è sempre stata l'antichissima usanza di preparare "sciroppi" ottenuti dalla linfa degli alberi. Famossisimi gli Scoiroppi d'Acero, meno comuni quelli di Betulla. Queste due famiglie di alberi, Aceri e Betulle, possono tranquillamente fornire sciroppo, ma anche linfa, subito potabile, senza essere bollita, con una semplice tecnica: formate con un coltello una "V" ad almeno 80 cm da terra, avente le due "linee principali" lunghe almeno 10 cm e larghe 2. Ponete nell'esatto punto in cui le linee si incrociano (la base) una metà di bamboo oppure un pezzo di legno piatto, l'importante è che sia un materiale pulito, dove far scorrere lentamente la linfa, sino ad un contenitore. IL SACCO TRASPIRANTE: Mettete un sacco di plastica intorno a un ramo di albero verde (vedi foto), sigillate e appendete un sasso o un legno alla base per far defluire l'acqua, ottenuta tramite condensa, verso il basso. Montate il sacco traspirante la

mattina e raccogliete l'acqua a fine giornata. Utilizzate ogni giorno un arbusto diverso.

LA DISTILLAZIONE Con questo sistema in 24 ore si possono ottenere dai 0,5 litri ai 2 litri d'acqua. Facendo più buche anche di più. Scavare una buca profonda e larga circa 1 metro, porre al fondo un recipiente con un tubicino che esce fuori dallo scavo (la cannuccia servirà per evitare di smontare tutta l'attrezzatura ogni volta che si vuole consumare l'acqua, tuttavia se non si possiede un tubicino se ne può fare anche a meno). Riempire il fondo della buca con vegetazione ricca di contenuto acquoso (foglie umide...). Coprire con un telo (ca. 2X2 m) in nylon o plastica bloccandolo ai lati con terriccio e pietre in modo da non far passare aria. Infine, si fa assumere al telo una forma concava ponendo al centro un sasso. Il depuratore funziona sia di giorno che di notte e produce acqua distillata poichè la temperatura all'interno della buca si alza e il vapore prodotto dalla vegetazione si attacca al telo che è più freddo e la condensa scivola nel recipiente sottoforma di goccioline. Questa operazione va bene anche per l’acqua marina e prende il nome di dissalazione. L'acqua distillata non ha sapore. Travasarla da un recipiente all'altro o mescolare velocemente per arricchirla di ossigeno e renderla più gustosa.

ACQUA DEL MARE

Mai bere acqua di mare direttamente, il sale che contiene, a lungo andare, può anche portarci alla morte; è tuttavia possibile farla bollire e raccogliere il vapore generato dall'ebollizione con i propri vestiti per poi strizzarli o con un telo impermeabile o un sacchetto di plastica; esistono comunque sostanze atte a desalinizzare l'acqua marina.

COME POTABILIZZARE L’ACQUA

Utilizzare sostanze come iodio o cloro (tintura di iodio al 2%: 5 gocce in un litro di acqua chiara, 10 gocce in acqua scura, con questo metodo attendere almeno 30 minuti prima di bere; pillole o tavolette potabilizzanti: 1 pastiglia per acqua chiara, 2 per acqua scura).

Bollire in un pentolino per 10 minuti. (METODO CLASSICO) Utilizzare il metodo del filtraggio (cioè far filtrare l'acqua attraverso vari strati) prima di potabilizzare l'acqua per pulirla da sporcizia e altre

impurità. Dentro un contenitore forato al fondo si creano diversi strati (partendo dal basso) di ghiaia o sassi levigati, carbone vegetale polverizzato ricavato dalla combustione di legno, sabbia o terriccio molto fino e infine di nuovo ghiaia. Se non si possiede un contenitore si possono usare tre teli legati a un treppiede di 1 metro fatto con 3 legni. Sui teli mettere in quest'ordine (dall'alto) ghiaia, carbone e sabbia, oppure sempre in quest'ordine erba, sabbia, carbone. In mancanza di recipienti si può utilizzare un calzino. Riempirlo di carbone vegetale, terriccio e sabbia fine. Dopo la filtratura si può aggiungere una goccia di urina e mescolare il composto. Quindi bollire per 10 minuti.

CONSIGLI UTILI

Dove bevono gli animali, l'acqua è sicuramente innocua anche se non c'è la sicurezza che sia potabile.

Masticando un filo d'erba o succhiando un sassolino umido si può alleviare il senso di sete per un po' di tempo.

Se non avete almeno un litro di acqua al giorno in un clima caldo non mangiate, questo serve per risparmiare le riserve d'acqua del corpo.

In mare aperto la disidratazione del corpo avviene più velocemente (le cause sono: vento, salsedine e raggi solari che riflettono sul mare).

Oltre alla fatica, al clima arido, umido, torrido o ventoso anche lo stress e la paura contribuiscono a fare sudare molto e quindi a disidratare il corpo.

Per limitare il consumo di acqua nelle zone torride e umide marciare nelle ore meno calde (alba, tramonto, notte) e a ritmo regolare.

URINA: LA BEVO O NON LA BEVO? Ho voluto dedicare un intero “capitolo” per questa discussione in quanto ci sono pensieri divergenti: Alcuni esperti di sopravvivenza consigliano in casi estremamente gravi (disidratazione a livelli molto acuti), di bere le proprie urine. L'urina è composta al 95% d'acqua, in un individuo non disidratato; mentre in un individuo disidratato, la percentuale d'acqua arriva al 80-85%. In realtà il cambiamento più grave, a livello di urine, tra una persona normale e una disidratata, è che la percentuale di acqua presente nelle urine di quest'ultima sarà per la maggior parte composta da sangue. Il mio consiglio, è se proprio ci si dovesse trovare in un'emergenza, senza fonti di acqua vicine, di iniziare a bere l'urina nel momento in cui la disidratazione è

a livelli normali, o di decidere di non berla affatto, in quanto bevendola successivamente, si andrebbe solo a perdere maggiori liquidi, a causa della difficile digestione per il corpo del sangue stesso.

LA DISIDRATAZIONE La quantità di acqua presente nell'organismo umano raggiunge valori molto elevati, nell'ordine del 50-80% del peso corporeo; questi due estremi riguardano, rispettivamente, gli anziani ed i bambini, mentre nell'adulto si attestano intorno al 60% (maggiori negli uomini e negli atleti, minori delle donne e nelle persone obese). L'acqua, dunque, è il costituente più rilevante del nostro corpo ed è risaputo che senza un suo apporto dall'esterno si può sopravvivere soltanto per pochi giorni. Si definisce DISIDRATAZIONE la carenza di acqua nell'organismo, che può essere causata da un'insufficiente apporto con la dieta e/o da perdite eccessive (sudorazione e diarrea profusa, vomito ripetuto, ustioni, piaghe da decubito, polipnea, assunzione di diuretici, lassativi o acqua particolarmente povera di sali, dieta iperproteica, diabete mellito, diabete insipido, massiccio consumo di sale). La disidratazione diventa morbosa quando la perdita supera il 5-6% del peso corporeo. In condizioni fisiologiche basali (di riposo) e a temperatura ambiente (18-20°). le perdite di acqua sono inferiori ad 1 ml/min. Con l'attività fisica e l'aumento della temperatura esterna queste perdite, dovute soprattutto alla sudorazione, possono arrivare a 15-25 ml/min. Sebbene l'organismo sia capace di limitare - anche considerevolmente - le perdite idriche, non dobbiamo mai dimenticare l'importanza dell'acqua nell'alimentazione umana. Non sono rare le persone che abbinano ad una ridotta assunzione di liquidi, una dieta povera di vegetali (costituiti per circa il 90% di acqua) e ricca di bevande disidratanti (caffè, alcolici, cola ecc.), con inevitabile sofferenza dell'intero organismo. L'acqua corporea è presente in tre diversi compartimenti:

intracellulare: rappresenta il 40-50% del peso corporeo ed è importantissima per il normale svolgimento dei processi metabolici delle cellule;

intravascolare: rappresenta il 7% del peso corporeo ed è la principale componente del plasma sanguigno;

extracellulare: costituisce il 17-20% del peso corporeo, si trova negli spazi tra una cellula e l'altra e permette lo scambio di sostanze tra il sangue dei capillari e le cellule.

Tipi di disidratazione

Disidratazione Ipertonica: si caratterizza per l'aumento dei livelli plasmatici di sodio (> 145 mmol/L) e iperosmolarità; è la conseguenza tipica di una profusa sudorazione e del conseguente calo del volume plasmatico (perdita di acqua in eccesso sul sodio, perché il sudore è ipotonico, come vedremo meglio più avanti).

Disidratazione Isotonica: solitamente consegue al vomito o alla diarrea (perdita di acqua ed elettroliti, in particolare di sodio, in proporzioni equilibrate).

Disidratazione Ipotonica: calano i livelli plasmatici di sodio (iponatremia) e si riduce l'osmolarità ; è la tipica conseguenza dell'abuso di diuretici o di una reidratazione con acque povere di sodio (attenzione, l'abbiamo detto più volte... d'estate associare diete iposodiche con acque a basso residuo fisso può essere pericoloso: il sale non è un nemico assoluto, d'accordo la moderazione ma non la maniacale astinenza). Non è un caso, quindi, che molte persone riferiscano di avere ancora sete nonostante bevano molta acqua povera di sali.

Sintomi della disidratazione: La disidratazione è pericolosa per svariati motivi; innanzitutto in un corpo disidratato il meccanismo della sudorazione viene bloccato, in modo da risparmiare la poca acqua rimasta nell'organismo. La mancata secrezione di sudore causa un notevole surriscaldamento organico, con ripercussioni negative sul centro termoregolatorio ipotalamico (vedi colpo di calore). Inoltre, in un organismo disidratato si riduce la volemia, per cui il sangue circola meno bene nei vasi, il cuore si affatica e può insorgere, nei casi estremi, il collasso cardiocircolatorio. Alcuni, possibili, sintomi della disidratazione: Sete (non sempre presente, specie nell'anziano, e molto spesso non proporzionata al grado di disidratazione); crampi muscolari; debolezza generale; calo del peso corporeo; diminuzione della diuresi, con urine di colore particolarmente scuro (tipica disidratazione ipertonica); secchezza delle labbra, della pelle e delle mucose; aumento della temperatura corporea; infossamento dei bulbi oculari; aumentata frequenza cardiaca; compromissione del sensorio; mancanza di lacrime nel pianto e freddezza delle estremità. Percentuale di peso corporeo perso per disidratazione Implicazioni fisiologiche

2% Alterazioni della performance 4% Diminuisce la capacità di lavoro muscolare 5% Disturbi gastrointestinali, esaurimento del calore 7% Allucinazioni 10% Collasso circolatorio e infarto cardiaco

ALLA SCOPERTA DEL FUOCO

Quante volte ci siamo incantati di fronte allo scoppiettio di un caldo fuoco, ad osservare il suo splendore mentre crea innumerevoli forme. In compagnia di amici, in una sera d’estate, o d’inverno di fronte al camino con la famiglia, si percepisce la sensazione che il calore di un fuoco condiviso con qualcuno ci unisca facendoci sentire un gruppo. Come se qualche forza ancestrale dentro di noi rievocasse un rito presente sin dalla scoperta della sua accensione. Elemento unificante, il fuoco ha la forza di tenere insieme le persone, di farle parlare e di farle condividere le proprie esperienze.

L’uomo, nel corso dei secoli, ha trovato il modo di utilizzarlo per le proprie necessità. In primis è stato utilizzato nella cottura dei cibi, per scaldare e illuminare; ma il fuoco riserva anche altri utilizzi come la costruzione di armi o come arma stessa, per scavare un tronco o per dividerlo in due, per riti religiosi o ludici, mentre il fumo è utile per stanare animali dalle tane o come segnalazione, ecc.

Gli uomini primitivi sfruttarono inizialmente fuochi accesi da cause naturali come eruzioni vulcaniche o fulmini; soltanto più recentemente essi impararono ad accenderlo da soli. Si crede che la scoperta del suo controllo risalga a circa 790.000 anni fa. Mentre abbiamo delle testimonianze archeologiche riguardanti un focolare primitivo, in un sito del Sudafrica, che risale ad 1 milione di anni fa. Il controllo del fuoco prevede tre tappe: conservazione del fuoco, trasporto del fuoco, produzione del fuoco. Si suppone che il passaggio da una tappa all'altra abbia richiesto alcune decine di migliaia di anni. L'esperienza diretta della conservazione, trasporto e produzione del fuoco permette di comprendere come questi importanti progressi dell'umanità siano avvenuti più per intuizione che per casualità. È incredibile che ci siano voluti migliaia di anni per arrivare a creare (estrarre) dagli elementi naturali il fuoco. Ma solo chi si è mai cementato nel provare a sfregare due legni insieme per produrre la brace necessaria, può realmente capire che non basta l’impegno ma occorre anche un’ottima organizzazione e una buona conoscenza della tecnica.

La possibilità di accendere un fuoco dipende essenzialmente da tre fattori: la capacità di reperire il materiale adatto, l’abilità di far scaturire la fiamma e quella di usarla per accendere il fuoco. La combustione è di solito definita mediante il triangolo del fuoco: COMBUSTIBILE + COMBURENTE (Ossigeno) + SORGENTE DI CALORE (scintilla o brace), elementi distribuiti secondo un tempo necessario a raggiungere lo scopo. E dal giusto equilibrio di queste tre cose che possiamo ottenere una prima fiamma che ci consentirà di scaldarci per tutta la notte.

IL LUOGO

E’ opportuno valutare il luogo dove fare il nostro fuoco. E’ necessario individuare, inoltre, se ci sono eventuali pericoli per la vegetazione e per noi stessi, evitando assolutamente di creare incendi.

La prima cosa da osservare è la vegetazione circostante, che potrebbe prender fuoco al contatto contizzoni ardenti, soprattutto d’estate. Bisogna stare attenti ai rami bassi e a non dimenticate che la torba ( terriccio che ricopre il sottobosco) bruci. Conviene trovare un luogo pianeggiante e pulire il terreno dall'erba e dalle radici fino a trovare terra compatta; è possibile così preparare un focolare adeguato disponendo opportunamente le pietre e circoscrivendo il focolare. Le grosse rocce potrebbero esplodere abbastanza violentemente, specialmente se sono di natura porosa e umida. Si possono tagliare le zolle di erba e terra, asportarle e conservarle da parte. Quando ce ne andiamo le rimettiamo al loro posto e non lasciamo tracce del fuoco. Tali accorgimenti risultano essere ecologicamente ma soprattutto tatticamente corretti. Il luogo deve essere riparato dal vento il quale, oltre ad essere pericoloso, ci renderà difficile l’accensione del fuoco e il suo utilizzo.

Il posto è fondamentale in quanto deve essere riparato dalle intemperie e dall'umidità, aspetti che

potrebbe rendere vani i nostri sforzi. Il fuoco non deve essere acceso in un luogo chiuso, a meno che non si sia provvisti di un apposito tiraggio per il fumo, come un tepee o un classico caminetto. E’ importante evitare un luogo che si possa trasformare in un pantano con la pioggia, osservare che al di sopra del focolare non ci siano rami innevati e prediligere sempre una postazione vicino al nostro rifugio, possibilmente dove possa essere reperibile del combustibile nelle vicinanze.

MATERIALI DA PROCURARSI

ESCHE:

Per esca si intendono tutti quei materiali infiammabili usati per raccogliere ed espandere la brace o la scintilla prodotte dalle varie tecniche per l’accensione del fuoco.

Fomes fomentarius o il Boletus tynarius (sono due funghi che crescono alla base degli alberi), la pannocchia della Tifa (Typha latifolia, una pianta palustre), cortecce secche (betulla, ciliegio, cedro, parte interna della quercia, caprifoglio), nidi di uccello, erba secca, felci secche, acciarino grasso (legno ricavato da un ceppo di pino morto, ottimo perché molto resinoso), stoffa carbonizzata, cotone imbevuto nella paraffina, polvere da sparo, salnitro, magnesite, nitrato di potassio ecc.

COMBUSTIBILE:

Il materiale migliore come combustibile è ovviamente la legna. Nella vita di un escursionista la scelta del tipo di legname da bruciare è molto importante. Generalizzando possiamo dire che il legno tenero brucia rapidamente, genera molti tizzoni, produce un modesto quantitativo di brace, ma anche molta luce; il legno duro, invece, brucia lentamente emanando molto calore, produce un’ottima brace, ma ha spesso bisogno di essere accompagnato da legno tenero per bruciare bene. Il legno duro verde brucia lentamente, produce un calore moderato ed è ottimo per fuochi che devono durare tutta la notte. I fuochi, se di legno duro, generalmente durano a lungo e producono molto calore, mentre quelli fatti con legno tenero bruciano in fretta e producono molte scintille.

Il legno tenero è quello che deriva generalmente da conifere come: abete rosso, pino, ontano, tiglio, cedro

Per legno duro si intende generalmente quello ricavato da latifoglie come: faggio, quercia, castagno, melo, biancospino, frassino, agrifoglio, acacia, carpine.

Nella scelta del legno verde è preferibile prediligere dei legni duri: frassino, betulla, acero, quercia, faggio.

In caso di sopravvivenza si possono usare anche escrementi secchi di animali mescolati con erbe e foglie, carbone, torba asciutta, ossa ricoperte di grasso, stoffe, oli minerali, vegetali o per motori, grassi animali, petrolio, gomma pneumatici ecc.

PREPARAZIONE

Trovato il luogo e il materiale giusto, utilizzeremo dei rami asciutti o delle pietre per creare un piano rialzato rispetto al terreno, soprattutto se questo è particolarmente umido. Al di sopra di questa superficie costruiremo una struttura (da prediligere quella a forma di tepee) composta da erba secca al centro e circondata da piccoli ramoscelli, lasciando un’adeguata apertura sopra vento. L’acensione va eseguita con la schiena al vento. E’ opportuno aspettare ad inserire l’esca perché essa potrebbe inumidirsi, per cui è meglio tenerla al riparo dall’acqua in una tasca della camicia.

Preparata la struttura di base dobbiamo procurarci una fonte di calore per accendere la nostra esca, sceglieremo perciò la tecnica migliore in base alle reperibilità dei materiali in quel momento.

TECNICHE PER L’ACCENSIONE

TECNICHE PER ATTRITO

TECNICA A MANO

Questa tecnica prevede l’accensione del fuoco tramite la rotazione di un trapano (legno verticale a forma cilindrica) tra le mani, esercitando una pressione verso il basso su di una tavoletta. Da tale movimento si produrrà una brace che portata su un’esca, sulla quale si soffierà vivacemente, produrrà una fiamma. E’ una tecnica che ha il vantaggio di non aver bisogno di una corda, per cui sarà più facile trovare anche in natura i materiali che occorrono. E’ importante però che non sia presente un’elevata umidità nell’aria e soprattutto che i legni siano completamente asciutti. Tale sistema richiede inoltre una buona tecnica e un grande dispendio di energie.

La giusta tecnica per manovrare il trapano è in base al tipo di legno utilizzato. Per i legni come il sambuco o l’acero sarà necessaria una forte pressione ruotando il trapano il più velocemente possibile; mentre se si sta utilizzando una stiancia (mazza di palude), occorre aumentare la velocità senza quasi applicare pressione.

ACCESSORI:

La tavoletta deve avere le dimensioni indicative di 30 cm di lunghezza, 4 cm di larghezza e 0,5-1,5 cm di spessore. Si consiglia di utilizzare un legno duro.

Le dimensioni del trapano sono di circa 70 cm di lunghezza con un diametro che varia da 0,9 cm a 1,3 cm, in base alla scelta del legno utilizzato. Si consiglia di utilizzare un legno morbido.

Altri accessori sono un’esca e un pezzo di corteccia asciutta che consentano di trasferire il calore della brace prodotta sull’erba secca.

Si consiglia di utilizzare tale tecnica in coppia: mentre una persona ruota il trapano l’altra lo può sostenere verticalmente dalla parte superiore con l’ausilio di una pietra o di un legno incavati.

TECNICA CON LE BRETELLE

Questo sistema per l’accensione del fuoco, rispetto al precedente, prevede di legare nella parte alta del trapano una o due cordicelle per impedire alle mani di scendere in basso e poter aumentare così la pressione sulla tavoletta. È sufficiente usare anche il laccio di una scarpa.

TECNICA A SEGA

Tale tecnica prevede il movimento a sega di un pezzo di legno su di un altro. Tale movimento, se sufficientemente energico, produrrà la brace necessaria per accendere un’esca. I materiali sono di facile reperibilità e la costruzione degli accessori è semplice, ma la tecnica richiede molta perseveranza e si consiglia di praticarla in coppia.

ACCESSORI:

La sega deve avere le dimensioni indicative di 60-90 cm di lunghezza (dipende se verrà utilizzata da una o due persone), 5-7 cm di larghezza e 2-3 cm di spessore. Si consiglia di utilizzare un legno duro.

La tavoletta deve avere le dimensioni indicative di 80 cm di lunghezza, 6 cm di larghezza e 2-3 cm di spessore; nella parte centrale deve essere praticato un canale profondo 0,8 cm e largo altrettanto. Si consiglia di utilizzare un legno morbido.

E’ necessario disporre di un’esca dove appoggiare la brace prodotta.

TECNICA AD ARATRO

Questo sistema è simile a quello a sega, con la differenza che prevede lo sfregamento di un legno (trapano) contro un altro nel senso della sua lunghezza invece che trasversalmente. Tale movimento, se sufficientemente energico, produrrà una brace necessaria per accendere un’esca. Tecnica molto difficile da praticare, se ne consiglia l’utilizzo in coppia.

ACCESSORI:

Il trapano deve avere le dimensioni indicative di 45 cm di lunghezza, con un diametro di 1,2-2 cm. Si consiglia di utilizzare un legno duro.

La tavoletta di base deve avere le dimensioni indicative di 60 cm di lunghezza, 5-7 di larghezza e 2,5 cm di spessore; nella parte centrale deve essere praticato un canale profondo 0,8 cm e largo altrettanto. Si consiglia di utilizzare un legno morbido.

E’ necessario disporre di un’esca dove appoggiare la brace prodotta.

TECNICA DELL’ARCHETTO

E’ la tecnica di accensione per attrito più comune; prevede lo sfregamento di un trapano movimentato tramite un arco su una tavoletta di legno. Tale sistema ha il vantaggio di essere utilizzato in condizioni umide. Inoltre, la forza esercitata dal movimento dell’archetto è sicuramente maggiore rispetto a quella prodotta dalla tecnica di accensione a mano. Lo svantaggio è che necessita di una corda robusta non sempre reperibile con facilità.

ACCESSORI:

Il trapano, un'asta diritta da usare come punta, deve avere le dimensioni indicative di 20-40 cm di lunghezza e diametro di 2-2,5 cm. Un’estremità deve essere appuntita mentre l’altra deve essere rotondeggiante. Il legno da utilizzare deve essere duro. E’ importante che il trapano sia ben dritto e che non presenti nodi o scheggiature che potrebbero danneggiare la corda.

La tavoletta di legno deve avere le dimensioni indicative di 30 cm di lunghezza, 4 cm di larghezza e 0,5-1,5 cm di spessore. Sulla tavoletta devono essere praticati dei fori vicini all’estremità del bordo, poi devono essere praticati dei tagli a v per circa 3/8 del foro come da fotografia. Si consiglia di utilizzare un legno morbido ed è importante che sia asciutto. Alcuni testi consigliano di utilizzare lo stesso tipo di legno del trapano.

Accessorio fondamentale è un bastone curvo da usare per l'archetto, dello stesso spessore del trapano e tre volte la sua lunghezza. Il tipo di legno utilizzato non è importante, ma è indispensabile che sia robusto e non necessariamente flessibile, meglio se rigido con già una curvatura.

Una corda resistente e flessibile, o meglio una striscia di pelle ben robusta.

Una pietra o pezzo di legno con un incavatura che servirà per sorreggere il trapano.

erba secca da usare come esca (consiglio di utilizzare anche il fungo come passaggio intermedio tra la brace e l’erba secca)

Un pezzetto di pelle per raccogliere le braci

Foglia di alloro o trifoglio oppure cera o grassa. Non indispensabile.

Una corteccia asciutta comunque un contenitore per contenere la paglia.

PROCEDURA:

Inserite un po' di cera o di sapone nell'incavo della pietra (non indispensabile); Mettere un pezzettino di pelle sotto il fornello per raccogliere le braci; Inginocchiatevi e con un piede tenete ferma la tavoletta; Montate la corda sull'arco, avvolgendola per qualche spira attorno all'asta. Alla fine, la corda deve essere abbastanza tesa; Inserite l'asta in uno dei fori ciechi della tavoletta; Prendete in mano la pietra e ponete l'asta nel suo incavo; Tenendo La pietra in pugno, premete moderatamente sull'asta; Muovete avanti e indietro l'archetto, facendo ruotare rapidamente l'asta; Quando vedrete del fumo, dovrete continuare ancora a manovrare l'archetto fino a quando non si formerà una brace. Da quando si vede il fumo denso contare 15 secondi; Con una mano, ventilate la brace per farla espandere; Con il pezzettino di pelle, raccogliete la brace e ponetela su di un ciuffo di erba secca; Soffiate gentilmente sulle braci per espanderle finchè non vedrete le fiamme scaturire ( è possibile anche

utilizzare il fungo come passaggio intermedio tra la brace e l’erba secca)

TECNICA DEL TRAPANO A VOLANO:

E' una variante del metodo precedente. In questo caso per migliorare l'efficienza del sistema si fa ruotare la punta di un trapano a volano su di una tavoletta. L'asta orizzontale è forata e viene mossa verso l'alto e poi verso il basso. Le corde si avvolgono alternativamente in un senso e poi nell'altro attorno all'asta verticale che ruota rapidamente. In fondo all'asta viene sistemata una punta di legno destinata a produrre le braci sfregando contro la tavoletta inferiore. E’ una tecnica che richiede tantissima lavorazione ma che ricompensa il tempo impiegato con ottimi risultati. Un sistema che difficilmente potrà essere utilizzata in un contesto di sopravvivenza.

TECNICA DELLA SEGA A FILO:

Utilizzando una sega a filo su un legno secco si può produrre la produrre la brace necessaria per accendere un esca. Anche questo è un sistema che difficilmente potrà essere utilizzata in un contesto di sopravvivenza. Ancora in fase di sperimentazione.

TECNICHE A PERCUSSIONE

PIETRA FUOCAIA: Per pietra focaia bisogna intendere sia i minerali ricchi di zolfo che le pietre dure quando vengono usate per accendere il fuoco.

ACCIARINO: Per acciarino si intende quel pezzo d'acciaio che viene usato per accendere il fuoco.

Una cosa importante per queste tecniche è l’esca, che deve assolutamente essere asciutta. Le migliori esche sono il cotone idrofilo imbevuto nella paraffina, stoppini impregnati di salnitro, la tifa, fungo Fomes fomentarius e la stoffa carbonizzata…

TECNICA CON DUE PIETRE:

Le tecniche si basa sulla percussione di minerali composti da solfuro di ferro (FeS2), come la pirite e la marcassite e di pietre dure come la selce, il diaspro, il calcedonio e la quarzite. Un pezzo di pirite o di marcassite sbattuto con forza contro una selce o altra pietra dura provoca un asportazione di particelle di solfuro di ferro. Durante tale asportazione viene prodotto un calore tale che le particelle bruciano a contatto dell'ossigeno dell'aria. Tali scintille se fatte cadere su un esca opportuna come il fungo Fomes fomentarius o della tifa avvicinando dell’erba secca e soffiando vivacemente si produrrà una fiamma.

Si consiglia di utilizzare la marcassite e la selce come pietra dura. La marcassite è una forma microcristallina di pirite che ha il vantaggio di essere più dura e di non sbriciolarsi durante le percussioni.

TECNICA PIETRA E ACCIARINO:

In epoca medioevale al posto dei minerali ricchi di zolfo si è usato l'acciaio. Un pezzo d'acciaio temprato veniva fatto sbattere violentemente contro una selce o un'altra pietra dura, in modo da strappare dei frammenti d'acciaio che diventando incandescenti. Anche in questo caso, l'operatore deve fare cadere

queste scintille sopra un'esca ( veniva utilizzata un esca prodotta carbonizzando vecchie stoffe, la migliore esca in epoca medioevale).

Per produrre le scintille, l'acciarino deve essere temprato, quindi l'acciaio deve essere relativamente ricco di carbonio. Questo ci insegna che con un utensile metallico temprato se sfregato su una pietra sufficientemente dura sarà sufficiente per produrre le scintille necessarie per innescare un esca. Quindi un accetta o un coltello potrebbero servire a tale scopo. Attenzione I coltelli in acciaio inossidabile non vanno bene e nemmeno quelli in lega di acciaio con bassa percentuale di carbonio.

TECNICA CON ACCIARINO MODERNO:

Attualmente si possono trovare in commercio pietre focaie sintetiche. Si tratta di una barretta di magnesio con allegato insieme un pezzo di metallo che permettono di produrre una grande quantità di scintille quando vengono sfregate insieme. Si consiglia di utilizzare come esca del cotone imbevuto nella paraffina.

Ha il vantaggio di essere un oggetto leggero che può essere portato appeso al collo, non subisce danni se bagnata, di facile esecuzione e garantisci ottimi risultati. E’ la cosa migliore da portarsi con se nel kit di sopravvivenza.

ALTRI SISTEMI PER L’ACCENZIONE DEL FUOCO

ACCENDINO:

Il metodo più veloce che conosciamo per accendere un fuoco. Quando andiamo nelle nostre escursioni conviene sempre portarsene uno dietro, ma è importante di non farci troppo affidamento perché a lo svantaggio di sciuparsi se viene bagnato.

FIAMMIFERI:

Anche i fiammiferi hanno lo svantaggio di rovinarsi al contatto con l’acqua. Esistono in commercio dei fiammiferi impermiabili, che si possono realizzare semplicemente ricoprendo dei fiammiferi normali con della paraffina calda ottenuta da una candela.

LENTE D’INGANDIMENTO:

E’ un metodo che sfrutta i raggi solari. Usando una lente d’ingrandimento, di un cannocchiale, di una macchina fotografica si possono concentrare i raggi solari su un unico punto dove avremo posizionato la nostra esca secca. Soffiare delicatamente appena comincia a fumare.

POLVERE DA SPARO:

La polvere da sparo può essere usata come esca, ottima per le tecniche a percussione. Oppure private una il proiettile dal bossolo, togliere meta della polvere da sparo e inserirci un pezzo di stoffa. Mettere la pallottola in canna e sparare in terra, la stoffa si incendierà.

BATTERIA:

Collegando due cavi elettici ai morsetti della batteria di una macchina (prima togliere la batteria dalla macchina) e sfregandoli frà loro produrrete delle scintille, oppure si può mettere fra le estremità dei due cavi una resistenza metallica avvolta da un esca come fibre di legno asciutte o semplice carta. In mancanza di cavi elettrici saranno sufficienti due oggetti metallici.

Un altro sistema è di utilizzare un semplice batteria da 9v. Si può produrre una fiamma sfregando i poli su della lana d’acciaio fine avvolta da della carta.

Mettendo sui contatti della batteria di un cellulare un pò di lana d’acciaio creerà un corto circuito che produrrà un scintilla.

ACCENZIONE CHIMICA:

Esistono diverse soluzioni chimiche che generano una fiamma, tali sistemi di accensione sono da ritenersi pericolosi se non fatte insieme a persone esperte, sconsiglio perciò vivamente di provare a metterle in pratica

PER FRIZIONE:, mantenere all’asciutto ed evitare contatti con il metallo, questi elementi chimici se frizionati fra loro prendono fuoco.

ALCUNI ESEMPI:

Magnesio

Salnitro

Clorato di potassio e zucchero

Permanganato di potassio (disinfettante in pastiglie da sciogliere in acqua, la colora di viola ) e zucchero

Clorato di sodio(diserbante molto comune ) e zucchero

Aspirina e zucchero (50/50)

Nitrato di potassio e zucchero

CON UNA PATATA

Una patata, sale, dentifricio, due fili elettrici, due stuzzicadenti e del cotone.

Tagliare la patata a metà. In una parte svuotare mettere dentifricio e sale mescolati, dall’altra fare due

piccoli buchini e inserirci i cavi elettrici in modo che possono sporgere da entrambe la parti. Riunire le due

metà della patata in modo che i fili siano rivolti verso l’alto. Mettere del cotone su uno dei due cavetti e

sostenere in alto con uno stuzzicadenti inserito sulla patata. Aspettare 5 minuti. Dopo unire le estremità

dei fili e osservare il cotone che prende fuoco. Ho provato l’esperimento due volte senza successo

TIPOLOGIE DI FUOCHI

FUOCO DEGLI INDIANI:

E’ il tipo di fuoco più usato dagli escursionisti, è l’ideale per pasti veloci o per accamparsi di notte. Ha la forma di un tepee crollato, dove al centro bruciano le estremità di molti rami di media grandezza. I legni vengono avvicinati verso il centro man mano che si consumano. Se avete la necessità di occuparvi di altre cose sarà sufficiente avvicinare i rami gettarvi e sopra della cenere, il fuoco continuerà a bruciare lentamente. Quando riavrete la necessitò di maggiore luce e calore basterà soffiarci sopra alimentarlo. E’ importante capire che se un fuoco non presenta la fiamma non deve essere necessariamente considerato spento.

FUOCO A STELLA:

Apparentemente non presenta differenza da quello degli indiani, è formato da quattro o cinque tronchi lunghi e robusti che si incontrano al centro, anche questi devono essere avvicinati quando sono consumati. Data La scelta di tronchi più grandi questo tipo di fuoco è adatto per lunghi accampamenti, è un fuoco molto economico, brucia a lungo e non richiede molta attenzione, permettendoci di svolgere altre attività.

FUOCO DEI CACCIATORI O FUOCO LUNGO:

Solitamente viene utilizzato nei campi fissi ed è molto utile per cucinare anche per un gran numero di persone. Il fuoco verrà fatto al centro di una struttura formata da due grandi tronchi verdi paralleli lunghi circa un metro e distanti fra loro della misura necessaria per poter appoggiare sopra le stoviglie, è preferibile farli sostenere alle estremità da due rami perpendicolari per favorirne l’areazione. La stessa tecnica può essere costruita da delle pietre o scavando una buca nel terreno. Questo tipo richiede molta precisione nella realizzazione, perché se alimentato male può creare molto fumo rendendone l’utilizzo molto fastidioso.

FUOCO A TEPEE:

Il fuoco a tepee ha una disposizione che assicura una veloce accensione e lo sviluppo di una fiamma che garantisce la possibilità di alimentare un fuoco che sarebbe altrimenti più difficile da accendere. L’esca viene disposta centralmente e si può cercare di predisporre altro materiale facilmente combustibile (foglie secche, aghi di pino, ecc…). Si devono poi cercare ramoscelli secchi di vari dimensioni da disporre a tepee attorno all’esca, lasciando un adeguata apertura sopra vento. Utilissimo per iniziare un fuoco più

impegnativo da accendere grazie alla sua facilità d’accensione; ma ha la caratteristica di consumarsi in breve tempo richiedendo perciò molto combustibile e molta attenzione ne mantenimento.

FUOCO A PIRAMIDE:

E’ formato da due tronchi verdi messi paralleli lunghi circa 60 cm e altrettanto distanti fra loro, sopra devono essere appoggiati perpendicolarmente dei ceppi di minore dimensione dei precedenti. Si continua a sovrapporre strati di rami trasversalmente e sempre più piccoli. Raggiunto un altezza sufficiente accenderemo il fuoco nella parte alta, la combustione avverrà gradualmente verso il basso e ciò ne prolungherà la durata, rendendolo una delle soluzioni migliori per un fuoco notturno.

FUOCO A CROCE:

Allo stesso modo del sistema precedente vengono sistemati strati di rami paralleli, sovrapponendoli l’uno sul’altro incrociandoli fra di loro, l’unica differenza è che in questo caso il fuoco viene fatto nella parte bassa. Le caratteristiche principali sono un fuoco che brucia rapidamente producendo molto calore e brace, è infatti ottimo per cucinare. Particolarmente indicato anche in condizioni di cattivo tempo, perché la legna rimane compatta mentre brucia uniformemente e la parte superiore della catasta di stabilizza conseguentemente.

FUOCO A T:

Come suggerisce il nome si tratta di una buca scavata nel terreno a forma di T, ideale per cucinare. Il focolare viene mantenuto nel tratto orizzontale, mentre nel tratto verticale si può cucinare utilizzando la brace che si produce.

FUOCO A RIFLESSIONE:

Costruendo dietro di voi una parete riflettente potrete aumentare la temperatura dell’ambiente. Il calore del fuoco, posizionato di fronte a voi, rimbalzerà sulla superficie riscaldandovi anche le spalle. I riflettori possono essere costruiti con del legname, con gli zaini, una coperta, un telo o in alternativa potrete cercare una parete rocciosa. Questo sistema può essere usato anche per cucinare al forno.

CONSIDERAZIONI PERSONALI

Nella sperimentazione di queste tecniche mi sono reso conto che è preferibile dedicare più tempo a una buona preparazione dei materiali che non all’esecuzione stessa. Se vengono scelti i materiali giusti e lavorati correttamente si otterranno risultati migliori, con meno sforzo e tempo.

Mi sono accorto anche che prima d’imparate a ottenere una scintilla o della piccola brace è importante imparare ad adoperarla per far scaturire una prima fiamma. Ho addirittura per chi non ha molta esperienza imparare ad accendere un fuoco con solo un accendino in un bosco dopo una pioggia. Mi è capitato un volta di trovarmi in un bivacco da solo, con la necessità di accendere un fuoco per la notte ed essere circondato da legna bagnata dalla neve. Dopo più di un ora di tentativi e finita la carta mi sono accorto dell’efficacia nel costruire un tepee di piccoli rametti intorno ad una candela, piano piano i rametti si asciugavano e si accendevano permettendomi di asciugarne altri un pò più grandi. Solo l’esperienza personale ci potrà realmente insegnare come gestire un fuoco nelle varie situazioni Consiglio perciò di fare un percorso di conoscenza inverso, partendo da quella che può sembrare la semplice gestione di un fuoco fino ad arrivare alla produzione della brace per mezzo di tecniche per attrito.

Per l’outdoor le cose migliori da inserire nel kit di sopravvivenza per quanto riguarda l’accensione del fuoco sono: Un accendino, pietra focaia sintetica, batuffoli di cotone idrofilo imbevuti nella paraffina, una o più candele e se dovete fare una scelta del coltello da portare con voi, vi consiglio uno che vi permetta di usarlo come acciarino.

Contributo dell’aiuto istruttore Matteo NICOLINI

1

Cibo e cucina in sopravvivenza Contributo dell’aiuto istruttore Matteo NICOLINI

In sopravvivenza occorre conoscere i bisogni nutritivi del corpo e

come farvi fronte.

Un corpo sano può sopravvivere con le riserve accumulate nei suoi

tessuti,ma il cibo è necessario per fornire calore ed energia e per

recuperare dopo una fatica un trauma o una malattia.

Consideriamo che per la respirazione e altre funzioni vitali il nostro

organismo consuma settanta calorie all'ora. In caso di attività

intensa si bruciano oltre 5500 calorie al giorno.

Da qui possiamo dedurre la prima regola che è quella di risparmiare

calorie ovvero non sprecare energia.

Quando possibile è bene tendere ad una alimentazione bilanciata,

ovvero una dieta che presenta una buona varietà e che introduca

nell'organismo:

1) CARBOIDRATI

2) GRASSI

3) PROTEINE

4) MINERALI

5) VITAMINE

Diamo ora una breve descrizione di ciascuno di essi e qualche

indicazione sugli alimenti che li contengono.

CARBOIDRATI: Vengono digeriti facilmente,sono una fonte primaria

di energia e prevengono la CHETOSI (nausea dovuta all'esaurimento

dei grassi nell'organismo).

Contributo dell’aiuto istruttore Matteo NICOLINI

2

Si assumono in due modi: ZUCCHERI (sciroppi-acero e betulla, miele,

melassa, frutta). AMIDI (radici, tuberi-sempre cotti-e cereali).

Un grammo di CARBOIDRATI produce quattro calorie.

GRASSI: Costituiscono una forma concentrata di energia,il cui

processo digestivo è lungo e richiede abbondanza di ACQUA.

Si trovano in animali, pesci, uova, latte, noci e anche alcuni vegetali.

Un grammo produce nove calorie.

PROTEINE: Sono essenziali in quanto vanno a ricostituire le cellule

del nostro organismo. Si trovano in carne, pesci, uova, granaglie,

legumi e funghi. Un grammo produce quattro calorie.

MINERALI: Hanno una grande importanza per le varie funzioni

chimico-elettriche nel nostro organismo. Vengono falcidiati dalla

sudorazione devono essere integrati con bevande isotoniche (e

BELIN la birra è una bevanda isotonica!)

Passiamo ora ad elencare i vari cibi che possiamo reperire in

sopravvivenza:

ERBE, RADICI, TUBERI, FRUTTI, NOCI, ALBERI, FUNGHI,

MAMMIFERI, RETTILI, ANFIBI, UCCELLI, UOVA, INSETTI.

Rimando alla consultazione di svariati testi disponibili nelle librerie e

biblioteche per apprendere la conoscenza specifica di ciascuna

categoria.

Qui voglio solo citare una annotazione sugli ALBERI e sugli

INSETTI.

La corteccia,interna,di alcuni alberi, è commestibile particolarmente

in primavera quando la linfa inizia a scorrere. Bisogna togliere la

corteccia alla base delle piante o da radici esposte. Può essere

mangiata cruda oppure bollita per ridurre la massa gelatinosa e per

Contributo dell’aiuto istruttore Matteo NICOLINI

3

ottenere una sorta di farina.

Gli alberi che si prestano sono: tiglio, pioppo, abete rosso, salice, pino

, betulla e acero. Questi ultimi due in particolare forniscono uno

“sciroppo” ricco di ZUCCHERI.

BETULLA ACERO

Gli INSETTI, facili da catturare, sono ricchi di proteine e grassi di

ottima qualità e non dovrebbero essere snobbati solo per una

questione “psicologica”.

Contributo dell’aiuto istruttore Matteo NICOLINI

4

Da ricordare SEMPRE che l'ACQUA è l'alimento più importante,nel

senso che va sempre integrata (due litri al giorno) e che il processo

digestivo consuma moltissima acqua e quindi se non si dispone di

acqua, mangiare può essere controproducente perché

accelereremmo la disidratazione.

Parliamo ora dei vari SISTEMI DI COTTURA.

I sistemi di cottura rivestono una certa importanza perché la

conoscenza di questi ci consente ad esempio di preservare

determinati elementi nutritivi essenziali per la sopravvivenza.

Ovvero, spesso è meglio bollire un animale piuttosto che cuocerlo su

una piastra o allo spiedo o alla griglia. Questo per non perdere i

preziosissimi GRASSI che nel caso della bollitura si saranno

trasferiti nell'acqua (brodo).

Come nella dimensione domestica anche in una situazione di

sopravvivenza esistono vari sistemi di cottura.

COTTURA AL FORNO: nel caso di un campo stabile si può prendere

in considerazione la costruzione di un forno. Si può costruire con

argilla, pietre o latte dell'olio, fango e paglia.

Forno di pietre e terra

Contributo dell’aiuto istruttore Matteo NICOLINI

5

Forni di argilla

BOLLIRE: come già anticipato è forse il metodo migliore pratico e

veloce per preparare i cibi.

BRASARE: si tratta di rosolare nel proprio grasso carni a pezzetti

coprendo poi con acqua e procedere nella cottura coprendo con una

sorta di coperchio. Se disponibili si possono aggiungere, durante la

cottura, erbe e radici commestibili.

CUOCERE A FUOCO VIVO: l'alimento si cucina direttamente al

calore della BRACE. Si possono usare spiedini auto-costruiti oppure

una pietra arroventata.

ARROSTIRE: in buona sostanza è il gira arrosto. L'alimento (carne)

viene sistemato lateralmente rispetto alla fonte di calore (sia brace

che fiamma viva) e ruotato. Il grasso che cola, va raccolto in un

contenitore e usato per ungere l' alimento durante la cottura.

Questa tecnica è particolarmente efficace per gli uccelli acquatici

Contributo dell’aiuto istruttore Matteo NICOLINI

6

come le anatre, la cui carne risulta eccessivamente grassa se

cucinata in altra maniera.

COTTURA A VAPORE: il metodo più comune per cuocere a vapore è

scavare una fossa, abbastanza ampia da contenere il cibo che deve

essere cucinato. Accendete il fuoco dentro alla buca sopra uno

strato di pietre che possono essere riscaldate. Quando il fuoco è

diventato brace si riveste la buca (fondo e pareti) con uno strato di

foglie umide e non velenose,preferibilmente grandi, ad esempio

bardana (Arctium lappa L), ed erba fresca.

A questo punto si inseriscono nella buca i vari alimenti fasciati in

foglie ponendo nella parte più bassa quelli con tempi di cottura più

lunghi e negli strati superiori quelli con cotture più veloci. Ogni

strato di involucri di cibo va separato da uno strato di foglie e erba

fresca. Una volta che tutti gli involucri sono all' interno, infilate al

centro della buca un bastone spesso qualche centimetro spingendolo

verso lo stato di pietre arroventate. Tirate fuori il bastone e

versate dell'acqua per creare vapore.

Ora coprite velocemente la buca con della vegetazione o meglio con

una stuoia e sigillate tutto con uno stato di terreno. I tempi di

cottura sono lunghi ma non dovendo controllare il cibo ci si può

dedicare ad altre attività utili per la sopravvivenza.

L'ultima parte la dedico ad un accenno delle TECNICHE DI

CONSERVAZIONE del cibo.

Queste tecniche servono per conservare cibo in eccesso derivante

ad esempio da una ricca caccia.

ESSICCAMENTO: una volta preparata la carne a strisce sottili

bisogna esporla ad una fonte di calore non eccessiva la carne infatti

Contributo dell’aiuto istruttore Matteo NICOLINI

7

deve perdere la sua quantità d'acqua, ma non deve cuocere.

Si può esporre al sole se questo è intenso e le giornate sono lunghe,

oppure si può costruire una griglia (usando, ad esempio, rametti verdi

non velenosi) che si sistemerà ad una certa altezza dal fuoco

sottostante. Qualunque sia il metodo usato, bisogna prestare

attenzione che la carne non venga contaminata dalle mosche.

AFFUMICATURA: è un sistema particolarmente valido in climi umidi.

Può essere considerato uno stadio dell'essiccamento.

Innanzi tutto bisogna costruire un affumicatoio. Quest'ultimo non

sarà altro che una struttura rettangolare o a piramide con grandi

foglie alle pareti per impedire che il fumo fuoriesca. Le strisce di

carne devono essere appese o sistemate su griglie all'interno di

questa struttura. All'esterno, invece, si dovrà scavare una buca e

accendervi un fuoco, il cui fumo, attraverso un camino sotterraneo,

verrà direzionato all'interno dell'affumicatoio.

Il fuoco andrà preparato con legni secchi, aromatici come quello

dell'ontano. In ogni caso non vanno usati legni resinosi, verdi o

tossici.

Una volta che il fuoco è pronto, coprite la buca in modo tale che il

fumo possa uscire solo dal camino. Il fuoco cosi coperto brucerà più

lentamente, facendo anche più fumo.

Per questa tecnica considerate tempi lunghi, anche più di 24 ore.

Avventura Team

Scuola Nazionale AICS per la formazione degli istru ttori di sopravvivenza

PIANTE UTILI ALLA SOPRAVVIVENZA

Gianluca Barco

2

INTRODUZIONE

Conoscere le proprietà delle piante più diffuse potrebbe rivelarsi un valido aiuto in caso di situazioni di emergenza. I nostri nonni non avrebbero sicuramente avuto bisogno di questo piccolo elaborato ma, ai giorni nostri, la comodità di trovare tutto pronto ci concede un certo lassismo culturale su tanti aspetti, non ultimo la conoscenza di ciò che la natura ci offre. Non basta però la sola conoscenza delle piante e delle loro proprietà: per ottenere la massima efficacia dalle erbe si devono conoscere i procedimenti per estrarne gli elementi positivi, come applicarli e se possono essere usati esternamente o internamente. Le diverse erbe e i diversi trattamenti richiedono metodi diversi. Le proprietà delle piante posso essere:

• decongestionante: diminuisce l'apporto sanguigno in una data parte del corpo; • astringente: limita la secrezione dei liquidi; • emolliente: risolve uno stato infiammatorio; • analgesica: attenua il dolore; • tonica: rafforza l'organismo in generale; • digestiva; • antinfiammatoria: attenua uno stato infiammatorio; • antielmintica: elimina svariati tipi di vermi o elminti parassiti; • antisettica: proprietà di impedire o rallentare lo sviluppo dei microbi; • antispasmodica: attenua gli spasmi muscolari, e rilassa anche il sistema nervoso; • colagoga: facilita la secrezione biliare verso l'intestino; • stimolante: rinvigorisce e attiva il sistema nervoso e vascolare; • stomachica: agevola la funzione digestiva; • febbrifuga: abbassa la temperatura corporea; • emmenagoga: regola il flusso mestruale; • vermifuga: elimina i vermi intestinali.

Per uso interno Infusi Si ottiene un infuso versando acqua bollente, o quasi, sulla pianta o su parti di essa. Attendere 5 minuti (di più per le piante più dure) prima di bere il preparato. È il metodo di preparazione della camomilla o del the. In chimica il processo si chiama “estrazione a caldo”. Viene sconsigliato quando la pianta cresce in condizioni di inquinamento perché procedendo con l'infuso si estraggono anche i veleni! Si possono ricavare anche degli infusi da fonti insolite come gli aghi di pino: ricco di vitamina C è più pratico che non masticare la corteccia. Decotti Bollite la pianta fino per quanto necessario in modo da ricavare l'essenza dell'erba. Vale la stessa precauzione per gli infusi (estrazione a caldo!). Più la pianta è costituita da tessuti resistenti più lunga deve essere la bollitura. I decotti in genere servono per la corteccia, i gambi, le radici e i semi. Il caffé preparato con la caffettiera è un infuso. Macerazioni Tagliuzzate o pestate la pianta e lasciatela in acqua per parecchie ore. Utilizzate il preparato entro 12 ore al massimo.

3

Polveri Essiccate la pianta e poi pestatela. Attenzione che le polveri sono molto concentrate in quanto la pianta ha perso tutta l'acqua.

Per uso esterno Cataplasmi Tagliuzzate o pestate la pianta fino ad ottenere una poltiglia, poi fatela scaldare. Contrariamente a quanto si crede comunemente il cataplasma non deve essere molto caldo. Applicatelo sulla zona interessata e toglietelo dopo 5 minuti, poi scaldatelo e riapplicatelo. Impacchi Immergete un pezzo di stoffa o tessuto oppure una zolla di muschio adatto al caso in un decotto o un infuso concentrati e teneteli sulla zona lesa per una decina di minuti. Fasce medicamentose Si tratta semplicemente di impacchi ottenuti con miscele meno concentrate. Cambiate le prime fasciature su una ferita o una ulcerazione ogni 2 ore, poi aumentate gradualmente il periodo che intercorre tra un cambio e l'altro fino ad un massimo di 12 ore.

4

BREVE ELENCO DELLE PIANTE UTILI

Borsa del pastore comune (Capsella bursa-pastoris)

Diffusa in quasi tutto il mondo è considerata infestante. In Italia è presente su tutto il territorio (scarseggia nella fascia alpina). È usata la parte aerea della pianta per fermare le emorragie. È anche buona da mangiare. Piantaggine (Plantago lanceolata)

Cresce ovunque: prati, campi, strade, fino in collina. Le foglie sono disponibili tutto l'anno e sono usate come radicchio, crude in insalata, oppure cotte come gli spinaci. Si usa per curare le distorsioni ma anche contro diarrea, disturbi gastrointestinali e mal di denti. Possiede doti fortemente cicatrizzanti: le foglie minutamente tritate poste a contatto con una ferita tramite bendaggio favoriscono una rapida guarigione della ferita stessa e bloccano le emorragie. È consigliato l'uso contro le congiuntiviti e le infiammazioni palpebrali.

5

Ortica (Urtica dioica)

Diffusa in tutto il mondo, preferisce i luoghi umidi vicini alle zone abitate. È indicata in tutti i tipi di emorragie, è diuretica e, in alcune persone, attenua la reazione allergica ai molluschi ed ai crostacei. Sambuco (Sambucus)

Comunissimo lungo le siepi campestri, nei boschi e presso i casolari di campagna, nonché alla periferia delle città, dove rappresenta un relitto della vegetazione spontanea. Le grandi ombrelle bianche dei fiori possono essere utilizzate per fare una tisana che favorisce la sudorazione: questa è utile per abbassare la febbre o per eliminare un'infezione. Le bacche viola possono essere bollite per fare uno sciroppo contro la tosse. Tutte le parti della pianta sono tossiche per la presenza di cianuro e vari alcaloidi. Fanno eccezione i fiori e le bacche mature (ma non i semi al loro interno).

6

Arnica (Arnica montana)

L'Arnica montana cresce nei climi freddi ad altitudini elevate. Predilige terreni sabbiosi, boschi di conifere e prati di montagna. Ha proprietà cicatrizzanti, antinfiammatorie, diuretiche, emollienti ed espettoranti. Un tempo questa pianta era utilizzata come veleno. Non sono noti antidoti. Assenzio maggiore (Artemisia absinthium)

L'Assenzio è un'erbaccia universale diffusa in tutta Europa. Le foglie e i fiori possono essere utilizzati per liberarvi dai vermi che si annidano nel vostro intestino. I germogli freschi sono adatti a respingere gli insetti (pulci e tarme) e topi, mentre un infuso della pianta fa allontanare le lumache dagli orti (i composti lattoni sesquiterpenici sono fortemente insetticidi).

7

Consolida maggiore (Symphytum officinale)

Diffuso nei luoghi paludosi, nei fossi, nei canali e torbiere; ma anche nei prati umidi e margini dei boschi. Si può trovare dal piano fino a 1300 m s.l.m. È la miglior erba per aiutare le ossa rotte a risaldarsi. Contiene amido e zuccheri, soprattutto nelle radici, ed è ricca di mucillaggine (sostanza resinosa) e di tannino. È conosciuta dai contadini come “erba delle ossa”. L'azione chimica consiste nel ridurre il gonfiore nel punto di frattura e favorire il risaldarsi delle ossa. La radice può essere utilizzata per ingessature in quanto essiccando diventa rigida a causa della mucillaggine prestandosi bene allo scopo. Se cucinando vi avanza del grasso, mescolatelo ad una pari quantità di Consolida finemente tritata per lenire gli strappi muscolari. Quando usate il gambo o le foglie sulla pelle, bollitela per circa 15 minuti per ammorbidire la peluria appuntita che altrimenti darebbe fastidio. Non buttate il succo perché è ricco di vitamine e minerali e, freddo, lenisce le ustioni. Berlo inoltre mitiga la tosse ed è un buon sistema per reidratarvi se avete la dissenteria. Anche se le foglie hanno un buon sapore la tisana, come tutte le buone medicine, ha un sapore orribile! Taràssaco comune (Taraxacum officinale)

Cresce dovunque e lo si può trovare facilmente nei prati, negli incolti, lungo i sentieri e ai bordi delle strade. È un diuretico efficace, cioè fa orinare di più, e questo può aiutarvi ad eliminare le infezioni e a dissolvere gli ematomi. Mangiatene le foglie, anche se non hanno un sapore gradevole, in alternativa seccate o (ancora meglio) arrostite le foglie per fare un caffè.

8

Digitale purpurea (Digitalis purpurea)

Cresce nei boschi e nei prati aridi dell'Europa centro-meridionale, spesso inselvatichita. La digitalina, un cardiotonico, è estratta da questa pianta. Applicata ad un taglio fermerà un'emorragia. Dovete solo prendere qualche foglia e ridurla in poltiglia. Schiacciate le foglie finché non perdono il liquido che contengono ed applicatelo alla ferita. Enula campana (nome scientifico Inula helenium)

Pianta alta e caratteristica, assomiglia un po' al girasole. Diffusa nei fossati, nei campi e persino ai bordi delle strade. Questa pianta ha proprietà balsamiche calmanti della tosse (bronchite acuta e cronica). Come uso esterno viene indicata valida per risolvere problemi della pelle come eczema oppure herpes (ma anche punture di insetti). Recentemente è stata dimostrata anche una certa attività antibatterica. Parti usate: soprattutto la radice dalla quale si ricavava conserve, estratti e acqua distillata. Periodo di raccolta: autunno o inizio primavera da piante adulte.

9

Menta (menta piperita)

La pianta è originaria dell'Europa e la coltivazione è diffusa in tutto il mondo. Talvolta la si trova allo stato selvatico insieme alle sue specie di origine. È indicata come digestivo, contro le irritazioni cutanee e il raffreddore. Achillea millefoglie (Achillea millefolium)

Specie comune soprattutto nell'Italia settentrionale. Fiorisce in zone campestri incolte, nelle paludi e lungo i margini dei sentieri fino a 2200 metri s.l.m. È un emostatico eccezionale (impiegata già dall'esercito Romano). Usate le foglie e le corone come impiastro, o schiacciate le foglie ed applicate il succo al taglio. È anche un moderato antisettico. Può essere usata al posto della camomilla in quanto contiene azulene e nei disturbi digestivi. Non ne avete bisogno di molto: una manciata di foglie per litro d'acqua. Potete usare la pianta finemente tritata come medicamento per le ferite mescolando ad una pari quantità di grasso.

10

Mirtillo nero (Vaccinium myrtillus)

La specie si trova in Eurasia e in America del Nord. In Italia il genere Vaccinium è rappresentato solo nel Nord e sui monti del Centro. Il mirtillo comune è la cura per la diarrea più gustosa disponibile per il sopravvissuto: i frutti essiccati hanno infatti proprietà astringenti. Muschio di sfagno (Sphagnum)

Lo sfagno è un genere di muschio a fibra lunga che cresce nelle torbiere e in zone paludose. Durante la I Guerra Mondiale, quando diminuirono le scorte di cotone per le bende, venne impiegato come medicazione coprente il muschio di sfagno sterilizzato e seccato. Si scoprì che conteneva antibiotico.

11

Polmonaria (Pulmonaria officinalis)

È la specie forse più diffusa in Europa, chiamata "officinalis" da Carlo Linneo in quanto usata nelle farmacie dell'epoca nella cura della tosse e delle malattie del petto, forse per la sua dura pelosità (effetto espettorante). Il suo impiego locale cura le ferite. Prezzemolo (Petroselinum crispum)

È una pianta biennale, originaria delle zone mediterranee. Cresce spontaneamente nei boschi e nei prati delle zone a clima temperato. L'impacco di foglie pestate è usato per lenire punture di insetti, contusioni e mal di denti. Il prezzemolo ha proprietà diuretiche e sudorifere.

12

Resina di pino

Questa e un utile antisettico che potete spalmare sui tagli. Può servire anche come otturazione temporanea per i denti. Salicaria (Lythrum salicaria)

È una specie presente e diffusa in tutta l'Europa che colonizza prevalentemente le zone nei pressi dei corsi d'acqua. Per via interna esplica azione astringente e antidiarroica. Per uso esterno, si applica su verruche ed eczemi ed e un buon cicatrizzante delle ferite.

13

Tanaceto (Tanacetum vulgare)

In Italia è una pianta comune su tutto il territorio. Mangiatene le foglie e i fiori per liberarvi dai vermi. Tiglio (Tilia)

Il tiglio vegeta nelle zone fredde e umide ed è usato come pianta ornamentale nei giardini. Le proprietà curative sono nei fiori: è tranquillante, antispastico e contro l’insufficienza renale o epatica. Nell’uso esterno ha proprietà cicatrizzanti.

14

Viola (Viola odorata)

Conosciuta come viola mammola, è una specie del genere viola, diffusa nelle regioni a clima temperato. Si impiega tutta la pianta. Ha poteri espettoranti e stimolanti, è attiva contro la tosse, l’angina e i problemi respiratori. Allevia inoltre il mal di testa, le forme nervose e l’insonnia. Si applica anche sulle ferite come cicatrizzante.

15

SOMMARIO

INTRODUZIONE 2

Per uso interno 2 Per uso esterno 3

BREVE ELENCO DELLE PIANTE UTILI 4 Borsa del pastore comune 4 Piantaggine 4 Ortica 5 Sambuco 5 Arnica 6 Assenzio maggiore 6 Consolida maggiore 7 Tarassaco comune 7 Digitale purpurea 8 Enula campana 8 Menta 9 Achillea millefoglie 9 Mirtillo nero 10 Muschio di sfagno 10 Polmonaria 11 Prezzemolo 11 Resina di pino 12 Salicaria 12 Tanaceto 13 Tiglio 13 Viola 14

335 5457731 [email protected] www.avventurateam.it

1^salita/discesa in mountain bike di: Gran Paradiso – Ghiacciaio dell’Aletsch – Etna in inverno

REGOLAMENTO ISTRUTTORI

Sede delle attività La sede principale di svolgimento dei nostri corsi di sopravvivenza è Boscovecchio, campo di Avventura Team a Castelnuovo Bormida in provincia di Alessandria; nostre sedi operative secondarie presso le quali possiamo operare sono il Parco Nazionale del Gran Paradiso con i suoi vari rifugi e sedi scelte di volta in volta in base alle necessità

Commissione nazionale esami

La Commissione di esame è composta da:

• rappresentanti della Direzione Nazionale AICS • il responsabile tecnico di Boscovecchio • un istruttore di sopravvivenza di Avventura Team • il responsabile della comunicazione di Avventura Team

Struttura dei corsi

La figura dell’istruttore di sopravvivenza necessita di una preparazione professionale elevatissima, contemplando discipline quali

• Allenamento fisico • Orientamento • Alpinismo – arrampicata • Arco (uso e costruzione) • Guida in fuoristrada (con mountain bike – auto – a piedi) • Nuoto (in acque mosse e ferme) • Navigazione (in mare - in fiumi - in acque interne) • Difesa personale (con qualsiasi tecnica e mezzo)

Il brevetto di istruttore di sopravvivenza è strutturato in due fasi: 1) aiuto-istruttore di sopravvivenza 2) istruttore di sopravvivenza

O L A N A

Z I O N A L E I

S T R U T T O R I D I S O P R A V V I V E N Z A A I C S - B O S C O V E C C H I O -

A L S C U

AVVENTUR EAMAT

Boscovecchio antropologia sperimentale formazione outdoor sentieri

Scuola nazionale Istruttori di sopravvivenza

www.aics.it

Partner tecnico di www.omnia-gru.it

335 5457731 [email protected] www.avventurateam.it

1^salita/discesa in mountain bike di: Gran Paradiso – Ghiacciaio dell’Aletsch – Etna in inverno

Il corso per aiuto-istruttore dura complessivamente 90 ore, ed è svolto presso il Centro di formazione per istruttori di sopravvivenza AICS o una delle sue sedi secondarie, con esame finale da parte della Commissione nazionale Il corso per istruttore prevede un tirocinio, dopo il conseguimento del brevetto di aiuto istruttore, su almeno 6 mesi presso un centro AICS ed un corso di 40 ore presso il Centro di Formazione per istruttori di sopravvivenza AICS, con esame finale di fronte alla Commissione nazionale

Programma

Il candidato che intraprende l’iter per diventare Istruttore di sopravvivenza AICS deve essere in buona forma fisica ed avere, in partenza, un allenamento alla fatica acquisito con propria attività sportiva. Le materie di studio sono Allenamento fisico (resistenza muscolare– aerobica – allenamento al caldo, al freddo, al buio alla solitudine,

al vuoto) Orientamento (escursionismo con e senza bussola – gps - realizzazione di mappe ) Arrampicata (tree climbing – falesia) Manovre di corda (nodi – recuperi – discesa in doppia – costruzione di passaggi di fortuna su baratro) Ripari (letti di corda, su piano e su pendio – tenda – riparo sospeso, su albero, su acqua) Il campo (gabinetto – ripostiglio - agorà – tavolo – sedia – slitta - ascia – martello – piccone) Armi (arco - pugnale – bastone – mani – piedi) Fuoco (uso - accensione con tutti i mezzi – bivacco) Cibo (carne – pesce – uccelli – vegetali – frutta) Conduzione di gruppi (minori e adulti) Medicina di emergenza (medicina naturale – fratture – colpo di calore – congelamento – barella) Il brevetto è valido in ambito AICS e deve essere accompagnato dall’iscrizione all’AICS. Ogni due anni va aggiornato con una sessione presso la S.N.I.S. Avventura Team.

AvventuraTeam Scuola AICS per la formazione degli istruttori di sopravvivenza

Programma di preparazione fisica per

aspiranti Istruttori di sopravvivenza

La nostra esperienza, acquisita sul campo e in imprese sportive di rilievo, ci ha

permesso di ottenere sempre buoni risultati per i nostri allievi istruttori e per quanti

hanno seguito i nostri corsi di sopravvivenza e hanno continuato la preparazione anche

senza la nostra guida, ma seguendo il programma preparato da noi. Tale programma è

indirizzato anche alle persone che non hanno una specifica preparazione fisica. Chi sta

già seguendo un programma di allenamento può continuare, fermo restando che gli

obiettivi da raggiungere non devono essere inferiori a quelli indicati nella tabella di

allenamento dell’ultima settimana di preparazione. Chi non ha tempo per seguire il

programma outdoor, potrà sostituire la corsa, con sedute di allenamento usando

appositi attrezzi da palestra (ciclette, vogatore, stepper). In ogni caso tenete presente

che:

4 km di corsa a 5 minuti per km possono essere sostituiti da 10 minuti di saltelli con la corda e

10 minuti di step.

IMPORTANTE

Un buon allenamento alla corsa riduce l’eventualità di traumi ed infortuni agli arti

inferiori.

In generale tutte le attività aerobiche predispongono l’organismo a sopportare carichi

di lavoro sempre maggiori (Ciclismo, nuoto, ginnastica a corpo libero di durata non

inferiore a 45/50 minuti).

Si può iniziare con (per le persone che non hanno recentemente praticato attività fisica),

il coprire una distanza complessiva di 25 chilometri di corsa in una settimana, ad una

velocità di 5/6 minuti a chilometro.

Tale allenamento dura 9 settimane.

L’intensità degli allenamenti sia nella corsa che nella ginnastica a corpo libero deve

essere aerobica, tale cioè da evitare un accumulo di acido lattico.

Ciò può essere ottenuto tenendo sotto controllo il numero dei battiti cardiaci

utilizzando un cardio-frequenzimetro.

Il piano di allenamento proposto otterrà i migliori risultati se in tutti gli esercizi le

pulsazioni cardiache si manterranno tra 110 e 150 al minuto.

O L A N A Z

I O N A L E I S T R U T T O R I D I S O P R A V V I V E N Z A A I C S - B O S C H O V E C

C H I O

- A L S C U

AVVENTUR EAMAT

AvventuraTeam Scuola AICS per la formazione degli istruttori di sopravvivenza

Più il numero delle pulsazioni si avvicinerà al limite massimo di 150, più si produrrà

acido lattico.

Coloro che devono perdere peso, devono eseguire gli esercizi cercando di non superare

mai il limite di 130 pulsazioni al minuto prolungato per almeno 45/50 minuti, in quanto

è nella fascia compresa tra 110 e 130 battiti al minuto che vi è il massimo consumo dei

grassi corporei.

Oltre tale valore, durante l’esecuzione di uno sforzo più intenso, vi è produzione di

acido lattico che rende difficoltoso eseguire esercizi per lungo tempo.

IL PROGRAMMA

Tutte le sedute di allenamento devono essere precedute da un adeguato riscaldamento

e seguite da 10/15 minuti di esercizi di allungamento/stretching.

Tutti coloro che hanno la possibilità di usufruire di una piscina o di una bicicletta, è

opportuno che eseguano due o tre sedute settimanali di nuoto o di allenamento con la

bicicletta di 40/ 50 minuti, preferibilmente nei giorni in cui sono previste le sedute di

ginnastica a corpo libero.

Il riscaldamento prepara l’organismo a sostenere l’attività fisica senza rischio di lesioni;

ad esso sostanzialmente si attribuiscono i seguenti effetti:

� Miglioramento della disposizione fisica generale alla prestazione.

� Miglioramento della disposizione psichica alla prestazione.

� Miglioramento nella coordinazione dei movimenti.

� Riduzione del rischio di lesioni.

Nota Bene:

prima di iniziare qualsiasi attività fisica è opportuno sottoporsi ad una visita medica.

AvventuraTeam Scuola AICS per la formazione degli istruttori di sopravvivenza

1° e 2° settimana

Corsa

Lunedì Mercoledì Venerdì

Velocità di 5/6

min/km. 3km 3km 3km

Ginnastica

Martedì Giovedì Sabato

Piegamenti

sulle braccia 4 serie di 10 rip 4 serie di 10 rip 4 serie di 10 rip

Addominali 4 serie di 20 rip 4 serie di 15 rip 4 serie di 15 rip

Trazioni alla

sbarra 3 serie di 3 rip 3 serie di 3 rip 3 serie di 3 rip

Facoltativo

Nuoto o

bicicletta

40/50 minuti 40/50 minuti 40/50 minuti

Gli esercizi a corpo libero o a carico naturale, devono essere eseguiti alternati fra di loro, per esempio: 1

serie di piegamenti sulle braccia, 1 serie di addominali, 1 serie di trazioni alla sbarra ecc. con una pausa

tra una serie e l’altra compresa tra 1 e 3 minuti a seconda dei battiti cardiaci.

3° settimana

Lunedì Mercoledì Venerdì

Niente corsa per evitare stress muscolare e traumi

Nuoto o bicicletta 30/40 minuti

Ginnastica

Martedì Giovedì Sabato

Piegamenti

sulle braccia 5 serie di 15 rip 5 serie di 15 rip 5 serie di 15 rip

Addominali 5 serie di 20 rip 5 serie di 20 rip 5 serie di 20 rip

Trazioni alla

sbarra 3 serie di 4 rip 3 serie di 4 rip 3 serie di 4 rip

Facoltativo

Nuoto o

bicicletta

40/50 minuti 40/50 minuti 40/50 minuti

4° settimana

AvventuraTeam Scuola AICS per la formazione degli istruttori di sopravvivenza

Corsa

Lunedì Mercoledì Venerdì

Velocità di 5

min/km. 4 km 5 km 5 km

Ginnastica

Martedì Giovedì Sabato

Piegamenti

sulle braccia 5 serie di 25 rip 5 serie di 25 rip 5 serie di 25 rip

Addominali 5 serie di 25 rip 5 serie di 25 rip 5 serie di 25 rip

Trazioni alla

sbarra 3 serie di 5 rip 3 serie di 5 rip 3 serie di 5 rip

Facoltativo

Nuoto o

bicicletta

40/50 minuti 40/50 minuti 40/50 minuti

5° e 6° settimana

Corsa

Lunedì Martedì Giovedì Venerdì

Velocità di 5

min/km. 4 km 5 km

6 km a 5/6

min/km 3 km

Ginnastica

Lunedì Martedì Giovedì Venerdì

Piegamenti

sulle braccia

6 serie di 25

rip

6 serie di 25

rip

6 serie di 25

rip

6 serie di 25

rip

Addominali 6 serie di 25

rip

6 serie di 25

rip

6 serie di 25

rip

6 serie di 25

rip

Trazioni

alla sbarra

2 serie di 8

rip

2 serie di 8

rip

2 serie di 8

rip

2 serie di 8

rip

Facoltativo

Nuoto o

bicicletta

Mercoledì Sabato

50/60 minuti

AvventuraTeam Scuola AICS per la formazione degli istruttori di sopravvivenza

7°e 8° settimana

Corsa

Lunedì Martedì Giovedì Venerdì

Velocità di

5/6 min/km. 6 km 7 km 8 km 4 km

Ginnastica

Lunedì Martedì Giovedì Venerdì

Piegamenti

sulle braccia

6 serie di 25

rip

6 serie di 25

rip

6 serie di 25

rip

6 serie di 25

rip

Addominali 6 serie di 25

rip

6 serie di 25

rip

6 serie di 25

rip

6 serie di 25

rip

Trazioni

alla sbarra

2 serie di 10

rip

2 serie di 10

rip

2 serie di 10

rip

2 serie di 10

rip

Facoltativo

Nuoto o

bicicletta

Mercoledì Sabato

50/60 minuti

9° settimana

Corsa

come la 7^ e 8^ settimana, a seconda di come vi sentite potete

aumentare leggermente la velocità, oppure fare qualche allungo

di 50/60 metri, ogni 500/600 metri

Ginnastica

Come la 7^ e 8^ settimana aumentando leggermente la velocità di

esecuzione degli esercizi.

Nuoto e

bicicletta

Come la 7^ e 8^ settimana. Le sedute di nuoto possono essere

eventualmente svolte una volta con le pinne ed una volta senza.

Alimentazione

Una appropriata alimentazione è estremamente importante.

Devi essere sicuro di assimilare i nutrienti necessari per ottenere le massime prestazioni

durante gli esercizi e la necessaria crescita e recupero della massa muscolare.

Una dieta appropriata ti fornirà tutti i nutrienti per il tuo corpo e l’energia di cui hai

AvventuraTeam Scuola AICS per la formazione degli istruttori di sopravvivenza

bisogno per gli esercizi.

I carboidrati, le proteine e il grasso sono i nutrienti energetici fondamentali.

Tutti e tre forniscono energia, ma per l’attività fisica, è preferibile quella proveniente

dai carboidrati.

Ottime fonti di carboidrati sono le patate, la pasta, il riso, la frutta, e in generale i

vegetali.

Oltre all’alimentazione, chi si accinge ad iniziare una qualsiasi attività fisica deve

prestare la massima attenzione all’apporto di liquidi.

Bere acqua è vitale, dovrai bere almeno due litri di acqua al giorno, bevendo a piccoli

sorsi prima di avere lo stimolo della sete.

Sostanze come l’alcool, la caffeina ed il tabacco aumentano il fabbisogno di acqua e in

generale, riducono le tue performance, evita di consumarle.

Inoltre non è provato che l’assunzione di vitamine o altri integratori, dia dei benefici

significativi.

Se stai seguendo una dieta giusta, non hai bisogno di questi integratori.

Annegamento e SemiannegamentoAnnegamento e

Semiannegamento

AnnegamentoDefinizione

AnnegamentoDefinizione

Morte avvenuta entro 24 ore

dall’immersione o dalla sommersione

in un liquido, risultante da asfissia

successiva ad ostruzione delle vie

aeree da laringospasmo o da

aspirazione di liquidi

Morte avvenuta entro 24 ore

dall’immersione o dalla sommersione

in un liquido, risultante da asfissia

successiva ad ostruzione delle vie

aeree da laringospasmo o da

aspirazione di liquidi

SemiannegamentoDefinizione

SemiannegamentoDefinizione

Episodio di immersione sommersione

in un liquido con sopravvivenza della

vittima oppure con morte a distanza

di più di 24 ore dall’evento

Episodio di immersione sommersione

in un liquido con sopravvivenza della

vittima oppure con morte a distanza

di più di 24 ore dall’evento

Nuova definizioneNuova definizione

Danneggiamento respiratorio che

deriva da immersione /sommersione in

un liquido.

La vittima può morire o sopravvivere a

tale incidente.

Danneggiamento respiratorio che

deriva da immersione /sommersione in

un liquido.

La vittima può morire o sopravvivere a

tale incidente.

FisiopatologiaFisiopatologia

Principali conseguenze:

ipossia prolungata ed acidosi.

�Gasping iniziale con possibile aspirazione

�Iperventilazione

�Apnea volontaria

�Laringospasmo

�Asfissia con possibile risoluzione del laringospasmo ed inalazione di liquido

Principali conseguenze:

ipossia prolungata ed acidosi.

�Gasping iniziale con possibile aspirazione

�Iperventilazione

�Apnea volontaria

�Laringospasmo

�Asfissia con possibile risoluzione del laringospasmo ed inalazione di liquido

FisiopatologiaFisiopatologia

�Annegamento umido: aspirazione di

liquido nei polmoni

�Annegamento secco: assenza diliquido nei polmoni (mantenimentodel laringospasmo fino al momentodell’arresto cardiaco)

�Annegamento umido: aspirazione di

liquido nei polmoni

�Annegamento secco: assenza diliquido nei polmoni (mantenimentodel laringospasmo fino al momentodell’arresto cardiaco)

L’organo target del danno da sommersione èil polmone.L’aspirazione di 1-3ml/kg conduce asignificativa riduzione dello scambio di gas.I fluidi aspirati producono vasocostrizioneed ipertensione polmonare modulata dalvago.Distruzione del surfactant soprattutto daparte dell’acqua salata con instabilitàalveolare, atelettasie, riduzione dellacompliance e alterazione di V/Q

L’organo target del danno da sommersione èil polmone.L’aspirazione di 1-3ml/kg conduce asignificativa riduzione dello scambio di gas.I fluidi aspirati producono vasocostrizioneed ipertensione polmonare modulata dalvago.Distruzione del surfactant soprattutto daparte dell’acqua salata con instabilitàalveolare, atelettasie, riduzione dellacompliance e alterazione di V/Q

FisiopatologiaFisiopatologia

�Minima differenza tra annegamento inacqua salata e dolce relativamente albilancio idroelettrolitico.

�La maggior parte dei pazienti aspira menodi 4 ml/kg di liquido

�11 ml/kg = alterazione del volumeematico

�> 22 ml/kg = significative variazioni neglielettroliti

�Minima differenza tra annegamento inacqua salata e dolce relativamente albilancio idroelettrolitico.

�La maggior parte dei pazienti aspira menodi 4 ml/kg di liquido

�11 ml/kg = alterazione del volumeematico

�> 22 ml/kg = significative variazioni neglielettroliti

FisiopatologiaFisiopatologia

Nei bambini immersi improvvisamentein un liquido freddo, può intervenire unriflesso vagale che provoca apnea,bradicardia, vasocostrizione in distrettivascolari non essenziali con shunt disangue nella circolazione coronarica ecerebrale.

Nei bambini immersi improvvisamentein un liquido freddo, può intervenire unriflesso vagale che provoca apnea,bradicardia, vasocostrizione in distrettivascolari non essenziali con shunt disangue nella circolazione coronarica ecerebrale.

FisiopatologiaFisiopatologia

Danno multiorgano legato all’ipossia

�Ipovolemia a causa dell’aumento della permeabilità capillare con perdita di liquidi dal comparto intravascolare

�Disfunzioni miocardiche per aritmie o arresto cardiaco

�Danno ipossico miocardico con diminuzione della gittata cardiaca

Danno multiorgano legato all’ipossia

�Ipovolemia a causa dell’aumento della permeabilità capillare con perdita di liquidi dal comparto intravascolare

�Disfunzioni miocardiche per aritmie o arresto cardiaco

�Danno ipossico miocardico con diminuzione della gittata cardiaca

FisiopatologiaFisiopatologia

�Spesso aspirazione di vomito.�Possono essere anche associate lesioni della colonna vertebrale e/o trauma cranico.

�Nei lattanti l’annegamento nella vasca da bagno può essere associato a maltrattamento.

�Occorre considerare patologie sottostanti che possano aver favorito l’annegamento (convulsioni, diabete ecc)

�Spesso aspirazione di vomito.�Possono essere anche associate lesioni della colonna vertebrale e/o trauma cranico.

�Nei lattanti l’annegamento nella vasca da bagno può essere associato a maltrattamento.

�Occorre considerare patologie sottostanti che possano aver favorito l’annegamento (convulsioni, diabete ecc)

FisiopatologiaFisiopatologia

TrattamentoTrattamento

A. Valutazione stato di coscienza e mantenimento della pervietà delle vie aeree1. Immobilizzazione del collo

2. Liberazione delle vie aeree da vomito o liquidi

3. Somministrazione di ossigeno

A. Valutazione stato di coscienza e mantenimento della pervietà delle vie aeree1. Immobilizzazione del collo

2. Liberazione delle vie aeree da vomito o liquidi

3. Somministrazione di ossigeno

B. Valutazione della presenza e della qualità del respiro

1. Posizionare saturimetro

2. Se respiro assente considerare precoceintubazione

3. Se respiro presente valutaresaturazione e qualità del respiro.Considerare eventuale intubazione(può essere necessaria sedazione)

B. Valutazione della presenza e della qualità del respiro

1. Posizionare saturimetro

2. Se respiro assente considerare precoceintubazione

3. Se respiro presente valutaresaturazione e qualità del respiro.Considerare eventuale intubazione(può essere necessaria sedazione)

TrattamentoTrattamento

�Bambino incapace a mantenere unasaturazione > a 80 con O2 100%

�Livello di coscienza alterato(protezione delle vie aeree)

�Grave difficoltà respiratoria

�Può essere necessaria ventilazionecon livelli pressori alti a causa dellaridotta compliance

�Bambino incapace a mantenere unasaturazione > a 80 con O2 100%

�Livello di coscienza alterato(protezione delle vie aeree)

�Grave difficoltà respiratoria

�Può essere necessaria ventilazionecon livelli pressori alti a causa dellaridotta compliance

TrattamentoIntubazione

TrattamentoIntubazione

C. Valutazione del circolo: polsi, refill, ECG, altri segni vitali

1. Possibili aritmie cardiache (considerare defibrillazione)

2. Posizionare una via venosa (considerare espansione volumetrica)

3. Se necessario RCP

C. Valutazione del circolo: polsi, refill, ECG, altri segni vitali

1. Possibili aritmie cardiache (considerare defibrillazione)

2. Posizionare una via venosa (considerare espansione volumetrica)

3. Se necessario RCP

TrattamentoTrattamento

�Proseguire con D ed E

�Secondary survey

�Proseguire con D ed E

�Secondary survey

TrattamentoTrattamento

FERITEEMORRAGIE

LA CUTE

LE FERITE

Sono LESIONI di continuo della cute, più o menoprofonde, che possono interessare anche i muscoli ei vasi:• ABRASIONI, ESCORIAZIONI• FERITADATAGLIO (margini quasi rettilinei)

• FERITADA PUNTA (piccolo diametro ma profonda)

• FERITA LACERO – CONTUSA (cute e tessutisottostanti, per strappi o sfregamenti, si romponodando luogo a lesioni molto irregolari)

LE FERITE - abrasioni

L’ABRASIONE può essere provocata da unalama che, con un movimento radente, asporta glistrati più superficiali della cute o da una caduta.

SINTOMI: dolore, striature sanguinanti, cutearrossata, gonfiore.

LAVARE CONACQUA E DISINFETTANTE

LE FERITE – taglio e punta

LE FERITE DA PUNTA, TAGLIO O PUNTA ETAGLIO possono essere provocate da corpiappuntiti e filiformi, da corpi taglienti e da corpiaffilati con la punta.

La ferita può presentarsi di grosse dimensionicon notevole perdita di sangue, dolore, shock,fino alla morte.

GRAVITÀ DELLE FERITE

Si giudica da:

• ESTENSIONE• PROFONDITÀ

• PRESENZA DI CORPI ESTRANEI

FERITE SEMPRE GRAVI

Sono sempre gravi e richiedono terapieospedaliere le ferite:

• AL VISO• AGLI ORIFIZI NATURALI DEL CORPO• AL TORACE• ALL’ADDOME

PERICOLI DELLE FERITE

VANNO DALL’INFEZIONEALL’EMORRAGIE.

In caso di ferite profonde, si possono avere lesioni di organi interni, gravi emorragie,

shock.

SINTOMI• CUTE LESA

• FUORIUSCITA DI SANGUE• DOLORE

COMPLICANZE DELLE FERITE

• EMORRAGIE• SHOCK

• INFEZIONI (TETANO)• LESIONI ORGANI INTERNI

LESIONI PENETRANTI

SE A CARICO DEL TORACE, DELL’ADDOME O DELLA RADICE DEGLI ARTI,

COSTITUISCONO EMERGENZE ASSOLUTE E INDIFFERIBILI

FERITE: COSA FARE?

• utilizzare i guanti• lavaggio e disinfezione• se c’è emorragia: fare una compressione sulpunto di sanguinamento• non comprimere se vi sono corpi estraneiconficcati• non rimuovere il corpo estraneo (pericolo diemorragia)• ferite estese e/o profonde o in sedi particolari:chiamare tempestivamente il 118

EMORRAGIA ESTERNA: COSA FARE?

1. Tamponare l’emorragia con una pressionediretta o sui punti di compressione

2. Sdraiare l’infortunato senza sollevare il capo3. Chiamare tempestivamente i soccorsi 1184. Solo in situazioni di rischio per la vita,

applicare un laccio (striscia di tessuto,cintura)

5. Non rimuovere corpi conficcati6. Coprire per evitare perdite di calore

EMORRAGIA ESTERNA: COSA FARE?

IL SOCCORRITORE DEVE:

• Chiamare subito il 118• Non muovere l’infortunato• Cercare di mantenere la testa del paziente

immobile in posizione neutra• Controllare l’attività respiratoria

EMORRAGIE

EMORRAGIE

FUORIUSCITA DI SANGUE DAI VASI SANGUIGNI

A.EMORRAGIA ESTERNA: il sangue fuoriescedirettamente all’esterno (arteriose, venose, capillari)B.EMORRAGIA INTERNA: con raccolta di sanguenelle cavità corporee (cranio, torace, addome)C.EMORRAGIA INTERNA ESTERIORIZZATA: conraccolta di sangue all’interno di organi che sono incomunicazione con l’esterno (orecchie, naso)

LA GRAVITÀ DIPENDE DALLA QUANTITÀ DI SANGUE PERDUTO

PUNTI DI COMPRESSIONE

PUNTI DI COMPRESSIONE

PUNTI DI COMPRESSIONE

EMORRAGIE ESTERNE

DEVONO ESSERE TAMPONATE

Nel caso di emorragie esterne da amputazionecompleta o parziale di un arto si può applicareun laccio a monte della lesione (anche un pezzodi stoffa può fare da laccio e consente ilpassaggio di un po’ di sangue e una parzialeossigenazione)

UNA VOLTA MESSO IL LACCIONON VA RIMOSSO

MONCONE STACCATO

• Raccogliere il moncone• Avvolgerlo in telini o garze sterili, sepossibile• Metterlo in un sacchetto di plastica echiuderlo ermeticamente• Conservarlo al freddo• Scrivere l’ora sul sacchetto

AMPUTAZIONE

= DISTACCO TRAUMETICODI PARTI ANATOMICHE

COSA FARE:• tamponare l’emorragia• tenere l’arto sollevato

• far sdraiare il paziente (posizione antishock)• coprirlo

EMORRAGIE ESTERIORIZZATE

EPISTASSI (fuoriuscita di sangue dal naso)

COSA FARE:

• far sedere la persona con la testa in avanti• comprimere il naso tra le due dita

• applicare garze di acqua fredda alla radice del naso

EMORRAGIE ESTERNALIZZATE

OTORAGGIA (fuoriuscita di sangue dall’orecchio)

COSA FARE:

• porre l’infortunato in posizione laterale di sicurezza, se non vi sono controindicazioni

• non utilizzare cotton fioc• allertare il 118

FRATTURE

COMPLETA: l’osso si rompe in tutto il suo spessore.

INCOMPLETA: l’osso non si rompe completamente.

SEMPLICE: quando la rottura dà luogo alla formazione di due

monconi.

MULTIPLA: quando la rottura da luogo a più monconi.

COMMINUTA: se l’osso è rotto in più frammenti.

A LEGNO VERDE: incrinatura dell’osso senza vera e propria

separazione delle parti (tipiche dei bambini)

COMPLICATA: quando non solo l’osso è danneggiato, ma anche

vasi, nervi o altri organi vicini alla frattura.

FRATTURE

DIRETTA: quando la frattura avviene nel punto in cui si ha il

trauma.

INDIRETTA: quando la frattura avviene lontano dal punto in cui si

ha il trauma.

FRATTURA AVAMBRACCIO

- Immobilizzare con doccia di cartone imbottita

- Piegare il gomito sul petto se possibile

- Porre uno spessore tra frattura e petto

- Sospendere l’avambraccio col triangolo

- In caso di viaggio lungo fissare al tronco il braccio sospeso con delle

bende

- Se piegando l’avambraccio si provoca dolore, non insistere, bloccare il

braccio diritto lungo il corpo, fissandolo con tre legacci

FRATTURA DELLA SPALLA

- Porre uno spessore sotto l’ascella

- Ripiegare l’avambraccio sul petto, con la mano verso la spalla sana

- Utilizzare triangolo a sacchetto

FRATTURA DELLA CLAVICOLA

- Sospendere il braccio al collo con un triangolo

- Bendaggio a otto

FRATTURA TIBIA – PERONE

- Applicare stecca imbottita e bloccarla sopra e sotto le articolazioni

(ginocchio e caviglia)

- In mancanza di stecca:

1. allineare la gamba sana a quella fratturata

2. mettere degli spessori fra le gambe

3. legare sopra le ginocchia, sopra e sotto il punto di frattura

FRATTURA DEL FEMORE

- Se la frattura è bassa si utilizza l’arto sano come stecca e lo si

lega in 4 punti, sopra e sotto il punto di frattura.

- Se la frattura è alta usare una stecca di fortuna che dovrà

arrivare fino all’ascella (chiamare il 118).

FRATTURA DEL COLLO DEL FEMORE

- L’infortunato non può alzarsi, non può muovere l’arto infortunato, è

supino e presenta la rotazione del piede verso l’esterno.

- Non bisogna muovere l’infortunato.

- Chiamare il 118.

- Coprirlo ed assisterlo, nell’attesa.

FRATTURA DEL BACINO

- Dolori n regione inguinale, sacrococcigea e all’anca.

- Non muovere l’infortunato.

- Posizione supina con le gambe flesse.

1

MORSI E

PUNTURE

2

PUNTURE DA INSETTO

Le punture da IMENOTTERI (vespe, calabroni, api)sono abbastanza frequenti e procurano disturbi di diversagravità.

Sintomatologia locale:

• pomfo eritematoso, pruriginoso e dolente, malesseregeneralizzato

• orticaria generalizzata e dolore, nausea, vomito,dispnea

Sintomatologia sistemica:

Grave reazione allergica fino a shock anafilattico conperdita di coscienza

3

PUNTURE DA INSETTO

ATTENZIONE:

SE IL SOGGETTO È ALLERGICO,

È IN PERICOLO DI VITA!

4

PUNTURE DA INSETTO

paziente allergico

Il paziente allergico deve munirsi dei seguentifarmaci ed essere in grado di autopraticarsi unimmediato trattamento:

• adrenalina in confezione pronta all’uso sottoforma di penna

• adrenalina spray

• antiistaminico sotto forma di compressesublinguali

• steroide in compresse o fiale

5

PUNTURE DA INSETTO

paziente allergico

È IMPORTANTE RIMUOVERE IMMEDIATAMENTE IL

PUNGIGLIONE

6

MORSI DI VIPERA

Le vipere, con il loro morso, inoculano numerosetossine.

Il morso è riconoscibile dalla presenza di dueforellini, distanziati di 1 cm.

EFFETTI LOCALI:

• dolore

• edema esteso a tutto l’arto

• necrosi in sede di morso

• chiazze emorragiche

7

MORSI DI VIPERA

EFFETTI SISTEMICI:

• vomito, nausea

• dolori muscolari e articolari

• aumento della temperatura

• collasso cardiocircolatorio

8

NORME GENERALI DI

COMPORTAMENTO

CERCARE DI STARE CALMI:

• non incidere la zona del morso

• non succhiare il veleno

• non applicare lacci

9

MORSO ARTI INFERIORI

• mantenere immobile l’arto colpito

• applicare benda di almeno 10 cm di larghezza e 12cm di lunghezza fino al di sotto della sede del morso

• applicare steccaggio rigido

10

MORSO ARTI SUPERIORI

È importante rimuovere orologi e anelli.

Bendare dalla punta delle dita sino al gomito o se èil caso sino alla spalla, quindi immobilizzare conuna stecca, bloccando il braccio al gomito.

11

MORSO al

TRONCO, COLLO, TESTA

Anche in questo caso, cercare di ritardare ladiffusione del veleno:

• applicare un tampone rigido sulla sede del morso efissare, se possibile con cerotto adesivo

• mantenere il paziente supino

• supporto psicologico in attesa del trasporto inospedale

1

USTIONI

2

USTIONI - ORIGINE

L’origine delle ustioni può essere:

TERMICA: da fiamme, radiazioni, liquidi bollenti ed

oggetti roventi

CHIMICA: da vari acidi, basi o sostanze caustiche

ELETTRICA: da corrente elettrica

LUCE: da intensa e prolungata esposizione alla

luce solare

RADIAZIONI: da una fonte di tipo nucleare

3

USTIONI - CLASSIFICAZIONE

Possono essere classificate in tre gradi in base

alla profondità della lesione.

I° GRADO

Ustione superficiale che si presenta come

arrossamento cutaneo (eritema)

4

USTIONI - CLASSIFICAZIONE

Possono essere classificate in tre gradi in base

alla profondità della lesione.

II° GRADO

Compaiono bolle e /o vescicole e dolore

5

USTIONI - CLASSIFICAZIONE

Possono essere classificate in tre gradi in base

alla profondità della lesione.

III° GRADO

Distruzione di tutti gli strati della cute ed anche

dei tessuti sottostanti (cute carbonizzata)

6

PATOLOGIA DA INCENDIO

La vittima di un incendio può essere intossicata

senza essere ustionata; al contrario ustioni gravi

sono sempre concomitanti con una

intossicazione da fumo.

USTIONATO = INTOSSICATO

USTIONI FUMI TOSSICI

TRAUMI

VITTIMA

7

MORTI IN INCENDI

Principali cause di morte relative ad incendi:

10 %Panico – Effetti meccanici

57,6 %Deficit di O2

CO – altri gas tossici - fumi

32,4 %Contatto diretto con le fiamme

Temperature troppo elevate

1 VITTIMA OGNI 2 INTOSSICATI

8

SUPERFICE USTIONI

Il TRONCO costituisce il 36% della sup. tot. del corpo

La TESTA e il COLLO il 9% della sup. tot. del corpo

Gli ARTI INFERIORI il 18% ciascuno

Gli ARTI SUPERIORI il 9% ciascuno

L’ustione che occupa una superficie > al 10% negli

adulti e > al 5% nei bambini, comporta squilibri di

carattere generale.

9

SUPERFICE USTIONI

Tronco = 36%

Testa e collo = 9%

Arto superiore = 9%

Arto inferiore = 9%

1%

10

USTIONI GRAVI

Sono considerate gravi:

• le ustioni che interessano il tratto respiratorio, i

tessuti molli e le ossa

• le ustioni di 2° e 3° al viso, inguine, mani,

piedi e articolazioni principali

• le ustioni in persone di età > a 60 anni e < a 8

anni

11

PERICOLI

Nelle ustioni esiste il pericolo di:

• INFEZIONI

• SHOCK

• DISIDRATAZIONE

12

COSA FARE?

Nelle ustioni di 1° grado:

bagnare con acqua fredda, asciugare senza

strofinare, impolverare con il talco.

13

COSA FARE?

Nelle altre ustioni:

medicare asetticamente e usare garze e mai cotone.

• soffocare eventuali fiamme presenti sul corpo

• verificare se il paziente è cosciente

• attivare tempestivamente il 118

• non rimuovere abiti che aderiscono alle ustioni, non

applicare pomate, sostanze grasse o ghiacccio

• dare da bere, posizione antishock in ustioni di 3°

• se è il caso, valutazioni come da BLS

14

ELETTROCUZIONE

Si intende una scarica accidentale di una corrente

elettrica, sia naturale che artificiale, verso l’organismo

umano.

Questo può provocare effetti nocivi e/o letali

sull’organismo a seconda dell’intensità della corrente e

del tempo di esposizione, cioè della quantità di elettricità

che attraversa l’organismo.

La scarica può provocare, infatti, ustioni e addirittura

folgorazione.

Essa agisce sulla muscolatura provocando crampi e sul

sistema nervoso provocando paralisi.

15

COSA PUÒ SUCCEDERE?

• una semplice scossa non grave

• importanti contrazioni muscolari con rischio di

ferite o fratture se la vittima è proiettata

• ustioni

• compromissione delle funzioni vitali fino ad

arresto cardio respiratorio

16

FOLGORAZIONE

È una scossa molto forte che provoca il

blocco dei muscoli, ustioni anche gravi e,

attraversando il cuore, può portare fino ad

ARRESTO RESPIRATORIO E

CARDIACO

17

FOLGORAZIONE

Gli effetti del passaggio di corrente variano a

seconda che si tratti di corrente continua o

alternata.

A parità di tensione (volt) la c.a. è 4/5 volte più

pericolosa della c.c.

Anche per intensità di c.a. relativamente deboli,

si può avere una fibrillazione ventricolare se la

c.a. attraversa il torace (il contenuto ematico del

cuore è un buon conduttore).

18

FOLGORAZIONE

Per tensioni > a 5000 volt

la scarica elettrica può avvenire senza

contatto,

a distanza di 5-20 cm dal conduttore.

19

FOLGORAZIONE

Le tensioni maggiori sono le più pericolose,

tuttavia sono a rischio anche le cosiddette “basse

tensioni”.

L’alta tensione “respinge” e quindi il contatto

avviene per breve tempo e l’infortunato può essere

salvato mediante idonee manovre rianimatorie.

Le basse tensioni, invece, provocano crampi alle

mani, che impediscono il distacco dalla fonte della

scarica, ed alla gola, che non consentono di

chiamare il soccorso.

20

FOLGORAZIONE

INTERROMPERE LA CORRENTE

STACCARE L’INFORTUNATO DALLA CORRENTE

MANOVRE RIANIMATORIE DI BASE

COME DA BLS

21

COSA FARE?

• essere prudenti, eliminare la causa e prevenire i

rischi: non intervenire senza certezza che la

corrente sia interrotta

• posizione laterale di sicurezza se la vittima è

incosciente

• ventilazione / massaggio cardiaco se la vittima

è in arresto cardiorespiratorio (BLS)

ALLERTARE O FAR ALLERTARE IL 118

Bibliografia

Fosco Maraini – Paropàmiso – Mondadori

Laurence Gonzales – Le regole dell’avventura – Corbaccio

Andy Mc Nab – Pattuglia bravo two zero – Longanesi

Andy Mc Nab – Azione immediata – Longanesi

Andy Mc Nab – Controllo a distanza - Longanesi

Jon Krakauer – Aria sottile – Corbaccio

Joe Simpson – La morte sospesa – L’Arciere Vivalda

Tom Clancy – Marines – Oscar Mondadori

Paolo Rumiz – Annibale – Feltrinelli

Tibiletti – Santelia – La patente nautica da diporto – Mursia

Amy – Beghin – Faivre – Gli alpinismi – idee forme tecniche – Zanichelli

John Wiseman – Manuale di sopravvivenza – Mondatori

Alexander Stilwell – Tecniche di sopravvivenza – Edizioni mediterranee

Gordon Korman – Il naufragio - Piemme

Gordon Korman – Survival – L’isola – Piemme

Gordon Korman – La fuga – Piemme

Marsilio Parolini – Manuale di sopravvivenza – Piemme

Reinhold Messner – un libro a piacere