Timo Tolkki - Mille Anni Di Solitudine

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Traduzione italiana del mio libro "La solitudine di mille anni"

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TIMO TOLKKI

MILLE ANNI DI SOLITUDINE

Traduzione in Italiano di Aldo Chircop

Dedicato a Mika

Solo nel mezzo della pi schiacciante solitudine puoi finalmente capire ....

Non ricordo il giorno in cui accadde. Forse era quando, allet di sette anni, mia madre mi ordinava di finire tutto il cibo nel mio piatto, altrimenti ... Ma no, la cosa non era poi cos brutta. O forse fu il giorno quando mio padre se ne and dopo tanti anni di violenza e terrore? Quando finalmente potevamo essere liberi dalla sua rabbia cieca? No. Quel giorno mi sentivo felice. Oppure fu quando compresi, allet di 14 anni, che cera stata una cosa conosciuta come Seconda Guerra Mondiale e che 70 milioni di persone ci morirono, e che anche bambini piccoli furono uccisi solamente perch appartenevano ad un determinata razza. No, non stato neanche quello, anche se quel fatto mi fece pensare molto.

O magari fu il fatto che, in un mattino dinverno, mio padre decise di tagliarsi entrambi i polsi con un coltello da cucina dentro una vasca da bagno senza acqua, e poi di gettarsi dal balcone del quarto piano. No, quello fu il giorno in cui cominciai a scappare dalla mia vita. E continuai a scappare per 32 anni. No, non fu nessuna di queste cose. Tutto cominci invece quando persi la fede in me stesso. E perdere la fede in noi stessi la peggiore cosa che ci possa mai accadere.

LANNO IN CUI DOVETTI MORIRE Mi ritrovo a navigare su Internet in una mattinata di Marzo del 2004. Dentro di me sento un orrenda sensazione di panico, e mi sento come se due mani gigantesche mi stessero stritolando il cranio. Sono alla disperazione. Non trovo nessuno che mi possa aiutare. Il mio panico aumenta. Questo non un comune attacco dansia, o come diavolo lo chiamano. Sono invece gli effetti di anni vissuti nella menzogna. Sembra che questa cosa voglia distruggermi totalmente, e ci sta riuscendo. Fino a quel momento ero gia stato in psicoterapia per sette anni, pi o meno. La cosa che non mi aspettai era che la psicoterapia stessa mi avrebbe portato alle orgini del mio disagio interno. Era come se la diga che tratteneva tutto dentro di me era crollata, e niente ormai avrebbe potuto fermare londata. Per poter continuare a vivere, dovevo prima morire. Finalmente mi portarono in un ospedale privato, ma prima dovetti aspettare mezzora in sala dattesa insieme ad altre persone.

Fu uno degli episodi pi orribili della mia vita. Trattenevo a stento il terrore che mi sentivo dentro durante quegli interminabili minuti mentre aspettavo di venire chiamato. Finalmente il dottore mi chiam, e mi chiese cosa poteva fare per me. Gli dissi che non ne avevo la pi pallida idea, che mi sentivo cos disperato e terrorizzato che mi sembrava dimpazzire. Lunica cosa che sapevo era di avere questo indescrivibile dolore nellanima che minvestiva dalla testa ai piedi. Una sensazione di terrore totale. Mi accorsi che il dottore nel frattempo scriveva sulla sua agenda: Musicista in una famosa rock band. Non avvertii nessuna umanit da parte sua quando mi disse: Beh, credo proprio che dovr mandarla allospedale psichiatrico statale. Avevo gia sentito parlare di quel posto. Sapevo anche comera, perch un mio amico ci era stato ricoverato. Eventualmente il mio amico si tolse la vita... Quel posto era il capolinea. Lultima spiaggia di quelli a cui non rimaneva nessuna speranza. Un posto in cui nessuno veniva mai curato dal suo male, e da cui non cera possibilit di ritorno. Chiesi al dottore lo implorai se potevo invece rimanere nel suo ospedale. I suoi occhi si accesero

subito. Ma certo che pu!, mi disse. Perch non me lha detto prima? Venga con me. La cosa che invece non mi disse era che stare in quellospedale costava mille Euro al giorno. Ma probabilmente fu la mia salvezza. Mi fu assegnata una mia camera privata, e per la prima volta nella mia vita presi un tranquillante. Cominciai a sentirmi estremamente pesante e insensibile, come se non esistevo pi. Stavo steso sul letto in quella stanza tutta bianca, da cui potevo scorgere un albero allesterno. Non provavo pi quel terrore, ma non riuscivo a provare neanche pi niente per via delle medicine. Non capivo cosa mi stava accadendo, e questa cosa mi spaventava. Mi venne a trovare una dottoressa, una donna gentile che mi sembrava molto felice. Ricordo che mi chiesi comera possibile che una persona sembrasse tanto felice. Mi fece alcune domande, dopo di che dovetti sottostare ad un test per la depressione, che consisteva in altre domande ancora. Come la maggior parte dei dottori, lei cercava di capire la mia malattia in un modo meccanico. Ma io ero gia abituato a questo. Le dissi che in qualche modo capivo che mi portavo dentro tutte queste emozioni, e che improvvisamente le avvertivo tutte insieme.

Mi disse che lei non era uno psichiatra, e che lindomani avrei avuto una consultazione. Le feci notare che gi da sette anni mi ero sottoposto a psicoterapia, anche se non di continuo. Lei non comment nulla su questo fatto. Cos, passai il resto della giornata come uno zombie. Vedendo niente, sentendo niente, provando niente. Potevo solo fissare quellalbero allesterno, e sperare che un giorno mi sarei sentito vivo almeno quanto lui. Il giorno dopo incontrai uno psichiatra. Era un uomo un p anziano, sulla sessantina, e mi fece riempire diversi questionari e mi fece molte domande. Gli raccontai la mia vita, e notai a tratti le lacrime scorrergli sulle guance. La sua diagnosi era che soffrivo di disturbo bipolare. Non avevo idea di cosa fosse, e allora lui me lo spieg. Questo gi dava un senso a molte cose. Mi accorsi allora di averne avuto i sintomi gi da quasi dieci anni. Lui mi disse che infatti abbastanza comune che questa malattia non venga riconosciuta anche per dieci anni, se non di pi. Molte volte mi ero chiesto se tutti gli anni trascorsi in terapia erano stati invano. Adesso sapevo che no, non erano stati inutili. Il risultato di tutto questo? Medicine, e tante.

Nelle settimane successive mi furono somministrate diverse medicine. Alcune mi davano effetti collaterali orribili, ed altre invece sembravano non aver effetto alcuno. Alla fine mi fu data une delle pi moderne e costose medicine anti-depressive e tranquillanti. In quel momento, non sapevo che somministrare antidepressivi a chi soffre di disturbo bipolare come innescare una bomba ad orologeria. Possono causare episodi maniacali molto gravi, oppure (ironicamente) far precipitare la depressione. Passai i sei mesi successivi stando a letto quasi tutto il tempo, con le tendine alle finestre tirate. In alcuni giorni le tendine restavano aperte di forse dieci centimetri, ma la maggior parte del tempo erano chiuse del tutto. Passai questi sei mesi della mia vita a piangere tutti i giorni. Non sapevo da dove venivano tutto quel pianto e quellangoscia, ma una parte di me sapeva che era qualcosa che era stata rinchiusa dentro di me per molto tempo. Era un pianto disperato che veniva dal profondo dellanima. Riuscivo a capire che quello che provavo in quei momenti non centrava niente con il disturbo bipolare. Era invece qualcosa che tenevo sempre nascosta. Qualcosa di terribile che apparteneva al mio passato e che mi ero portato dentro per tutta la vita.

Non avevo mai veramente elaborato la morte di mio padre e la mia infanzia perduta. Sembrava quindi che finalmente stavo iniziando a farlo. Quando ero in grado di uscire un p, andavo spesso a visitare i luoghi dove avevo trascorso linfanzia. Mi ricordavo tutto nei pi minimi dettagli: le burle che io e i miei amici facevamo, i posti dove giocavamo a calcio. Tutti questi posti risvegliavano ancora pi emozioni dentro di me. Per chi non ha mai avuto un esperienza simile, impossibile descrivere questo dolore. Lo si percepisce come dolore fisico estremo. Molta gente non riesce a capire questo fatto. Non credo sia possibile capirlo, se non lo si mai provato sulla propria pelle. Spesso mi mettevo a sedere in riva al mare, nello stesso posto dove mi piaceva andare a pescare quando avevo undici anni. Mi sedevo su una roccia e osservavo il panorama. La neve si era disciolta ed il ghiaccio ricopriva la maggior parte del mare, come anche il golfo della Finlandia. Un giorno di questi cominci a nevicare improvvisamente, ma mi accorsi che la neve cadeva solamente intorno a me, in un raggio di pi o meno cento metri. Rimasi seduto l ad osservare la bellezza del paesaggio mentre la neve scendeva. Sentivo come se tutta la mia vita fosse stata inutile, e che il dolore che

provavo era cos enorme che non riuscivo pi a sopportarlo. Non mi accorsi in quel momento che mi trovavo a soli tre chilometri da dove mio padre si era suicidato. Avevo con me una bottiglia di pillole. Sarebbero state sufficienti per spegnere il dolore per sempre. Rimasi seduto nello stesso posto per lungo tempo mentre la neve cadeva, il mio sguardo fisso verso lorizzonte. Mi chiedevo se mimportava pi ormai della mia vita stessa, se valeva la pena continuare a lottare contro tutto quel dolore e quella nera disperazione. Sarebbe stato facile lasciarmi scivolare via dolcemente. Eppure qualcosa dentro di me era incapace di commettere quel gesto. Tuttavia, durante quellanno sono morto. S, era proprio cos che mi sembrava. Una morte lenta. Fare musica mi era impossible. Spesso mi sembrava impossibile anche solamente alzarmi dal letto. Tutte le mattine mi sembravano orribili. La prima cosa che avvertivo appena mi destavo era un senso di disperazione, di mancanza della pi minima speranza. Ho vissuto in quella disperazione per una buona met dellanno. Posso veramente dire che son dovuto morire durante quellanno. Morire per avere la possibilit di ricominciare a vivere.

Spesso ho sentito dire che il suicidio una scappatoia facile. Ma oggi posso dire, dopo aver valutato sia la mia esperienza che quella di mio padre, che questo solo un luogo comune. Il suicidio non per niente una scappatoia facile. Ci vuole tantissimo coraggio per togliersi la vita, proprio perch sarebbe la fine di tutto, di ogni cosa che conosciamo. Ecco perch quasi sempre una fuga da un dolore immenso o da una situazione divenuta insopportabile. O da entrambe le cose. Ma non per niente facile. Cercate di immaginare, se avete appena un briciolo di umanit nel vostro cuore, come ci si deve sentire in quegli ultimi attimi. Appena prima di fare quel gesto finale, e mentre sta accadendo. Cercate di comprendere come una persona che labbia fatto veramente si deve essere sentita in quei momenti. Posso dirvi che solo se voi stessi vi siete trovati almeno una volta ad un passo dalla morte, potreste forse capire limmensit della decisione di chi consapevolmente si toglie la vita. Come fece mio padre. Come fece uno scrittore Finlandese, che una mattina usci dallospedale psichiatrico in cui si era ricoverato di sua spontanea volont, cammin fino alla pi vicina stazione del mtro, e salto sui binari davanti ad un treno allultimo momento. Rest in piedi sui binari immobile, senza mostrare nessuna paura, senza fare alcun movimento mentre il treno percorreva

quellultima quarantina di metri prima di andargli addosso. Oppure come fece il mio miglior amico Mika, che cinque anni fa si gett dal quarto piano dellabitazione dei suoi genitori, dopo una lunga lotta contro la depressione. Vi prego di non fraintendermi, poich non voglio certo esaltare il suicidio. Dico solamente che sono in grado di capire chi decide di togliersi la vita. E anche che voi, molto probabilmente, accettate tutti i tab che la societ associa al suicidio. Personalmente, non credo a nessuna delle due cose ne nella societ, ne nei tab. Ma il fatto che diverse persone a me vicine hanno finito per togliersi la vita, e quindi ho dovuto pensare molto a questo argomento. E ovviamente, il mio stesso dolore e la mia sofferenza mi rendono pi facile capire questo tipo di decisione. Una decisione che pu sembrare assurda e incomprensibile a tutte le persone che hanno una vita felice e che non sanno cosa sia la vera depressione. E cos continuai a convivere con il mio dolore e il mio terrore. Giorno dopo giorno. Anno dopo anno. Tuttavia ci non mimped di guidare per quattro ore per accompagnare mia figlia ad un concerto che desiderava veramente vedere. E mentre lei era al concerto, io rimasi in un albergo a piangere tutto il tempo perch la cosa mi sembrava

cos dolorosa. Provavo di tutto allo stesso tempo: paura, rabbia, terrore, tristezza, senso di abbandono. In quei momenti non riuscivo nemmeno ad indentificare tutte quelle emozioni. Le soffrivo tutte e cercavo solo di conviverci e di andare avanti in qualche modo. Ma il dolore era immenso. Tutto questo per non mimpediva nemmeno di portare mia figlia a scuola la mattina e riportarla a casa il pomeriggio, o di fare colazione insieme a lei. Non mi ferm neanche dal fare due tourne mondiali con una band heavy metal in condizioni durissime, ne dal visitare la tomba di mio padre dove facevo conversazioni immaginarie con lui o mi sedevo l per ore ad osservare la sua tomba ed il cimitero. Mi accorsi che non avevo mai veramente detto addio a mio padre. Che non ero nemmeno veramente consapevole del fatto che lui era morto. Noi esseri umani abbiamo questa strana capacit. Razionalmente capivo che lui era morto, ma a livello emotivo, nel profondo del mio cuore, lui ancora viveva pi che mai. Ci volle molto per finalmente capire che lui era morto. Molte visite al cimitero. Moltissimo dolore, pi di quanto mai immaginavo avrei potuto sopportarne. Ci volle una ricerca accurata sul suo suicidio e sugli ultimi giorni della sua vita. Dovetti ritornare a sentirmi come il bambino di dodici anni che ero allora, che dovette vivere un avvenimento cosi tragico.

Solo allora cominciai veramente a capire cosera accaduto. Ma ci vollero anni. E ancora oggi non riesco ad accettarlo del tutto. Forse non nemmeno possibile guarire completamente da certi dolori. Forse dovr veramente conviverci per tutto il resto della mia vita. Oggi ho undici anni di pi di quanti ne aveva mio padre quando morto. E una sensazione strana. Ma tutti noi abbiamo una nostra storia da raccontare. Tutte queste esperienze mi hanno impedito di vivere pienamente, ma allo stesso tempo avevo come la sensazione che fosse in qualche modo il mio destino. Stavo diventando consapevole di molte cose dolorose che tenevo rinchiuse dentro di me. Le sentivo nel mio corpo stesso. Alcuni dicono che non possibile cambiare chi siamo veramente. Io per non sapevo nemmeno chi ero fino a quando riuscii a liberarmi dal mio passato. Da quel punto in poi inizi il mio percorso che mi avrebbe finalmente riportato a chi ero veramente, e non a chi fingevo di essere. E questo il percorso pi doloroso che si possa mai intraprendere. Tuttavia, una volta che questo percorso mi aveva chiamato, non potevo fare altro che lasciarmi trascinare dalla sua corrente e lasciarmi guidare da essa. La vita trova sempre un modo. Ovviamente non posso nemmeno negare leffetto che la mia infanzia dolorosa ha avuto sul mio sviluppo

come artista e musicista. Sicuramente molti dei brani da me scritti esprimono quella malinconia e quella mancanza di mio padre che sentivo, anche se non ne ero consapevole mentre gli scrivevo. Vista in questa luce, la mia infanzia potrebbe anche aver avuto un certo risvolto positivo, dopo tutto. Potrebbe... Mentre scrivo queste parole lestate del 2010, e gia ho dovuto convivere con questo dolore per ogni giorno degli ultimi sei anni. Il dolore ancora non mi ha lasciato. Devo ancora prendere il litio ed i tranquillanti. I medici dicono che la sindrome bipolare incurabile, che c lhai per tutta la vita. Forse anche cos, non saprei. Quello che so dirvi che come portarsi uno spettro sulla propria spalla, un compagno di viaggio che ti ricorda ogni mattina, ogni momento, quanto la vita sia fragile e quanto sia facile arrivare a perdere tutto in un attimo.

NESSUN DOLORE, NESSUN RIMORSO La mia infanzia stata per lo pi felice e rassicurante. Per infanzia intendo dire, nel mio caso, fino ai nove anni circa.

Non sembrava esserci niente di male nella nostra famiglia. Anzi, direi addirittura che eravamo praticamente una famiglia ideale. Avevamo una bella casa e godevamo di una buona situazione economica. Mia madre si prendeva tantissimo cura di me, e lamore e la devozione che mi regalava sarebbero stati fondamentali per la mia sopravvivenza in futuro. Ricordo che amavo moltissimo il Natale. In qualche modo ancora ricordo bene la sensazione di magia che rappresentava per me quel periodo, quando avevo otto anni. Ricordo bene gli odori, quellatmosfera speciale. Era cos rassicurante sentirci tutti riuniti e felici! Quando tutta la famiglia si riuniva, mio nonno mi chiedeva sempre di cantargli una canzone che a lui piaceva. Io ero timido, ma lui mi convinceva a cantare regalandomi dei soldini. In quellepoca iniziai anche a cantare in un coro classico maschile che si chiamava Cantores Minores, e spesso cantavo anche durante le funzioni scolastiche. Ricordo che provavo molta sicurezza nel cantare. Sentivo veramente che mi veniva naturale. A sette anni mi regalarono la mia prima chitarra per Natale. Gi quando avevo appena cinque anni consideravo mio cugino come una specie di eroe, perch suonava la chitarra acustica. Ricordo che mintrufolavo di nascosto nella sua stanza solo per poter ammirare la sua chitarra. Ancora la ricordo

benissimo. Toccavo le corde piano piano e cercavo di trarne dei suoni, delle note. Mi ero innamorato a prima vista. Mi sembrava qualcosa di magico e arcano. Mio cugino minsegn a suonare qualche accordo e alcuni pezzi dei Beatles, tra cui ricordo Eight days a week. Lui gi suonava in una band, cosa che mimpressionava tantissimo. Quindi era inevitabile che anchio volessi avere una chitarra mia. Questo mio desiderio fu esaudito quel magico Natale del 1973. Ovviamente gi saprete dove questo strumento mi avrebbe in seguito portato, ma a quellepoca ancora non lo immaginavo minimamente. Avevo solo un enorme desiderio di avere una chitarra. Allinizio non riuscivo a ricavarne molto, poich non sapevo ancora suonarla. A scuola davano un piccolo corso dove insegnavano alcune nozioni basilari di chitarra. Io ci andai, e l imparai la mia prima canzone. Ne ero felicissimo. Andavo al corso settimanalmente, e ogni volta imparavo qualcosa di nuovo. Avevo scoperto la musica, e mi sentivo naturalmente trasportato da essa. Mia madre dice che gi ad appena tre anni, mi piaceva ascoltare musica alla radio. Sapevo i testi di tutte le canzoni in testa alle hit parade, e ogni volta che le sentivo alla radio mi mettevo a cantare.

Tuttavia, non tutto era roseo. Ricordo che mia nonna purtroppo si ammal di cancro, e le dovettero amputare entrambe le gambe. Ancora ricordo mio padre mentre la portava in braccio su per la scale la notte di Natale, per adagiarla sul divano. Mia nonna diceva che per lo meno aver avuto il cancro le permettava di essere sempre ricoperta di premurose attenzioni. Attenzioni che non aveva mai trovato quando ancora era in piena salute. Ricordo che mi chiedetti allora se fosse possibile che una persona creasse il cancro dentro di se. Oggi sono convinto che questo in effetti pu succedere, e forse anche la causa pi comune del cancro. Non in tutti i casi, ma forse molti di pi di quanto immaginiamo. Mia nonna mor lanno successivo. Non ricordo se andai o no al funerale. Fu sepolta nello stesso cimitero dove si trovano anche mio nonno e mio padre. Ma io sicuramente non sar sepolto l. Per i bambini la morte un concetto astratto. Qualcosa che non riescono a capire appieno, almeno fino ad una certa et. O magari invece, i bambini riescono a capirla ed accettarla con molta pi facilit e naturalezza degli adulti. Sicuramente la morte un grande tab nella nostra societ, qualcosa da cui rifuggire come se non esistesse. Sembra quasi che nessuno veramente consapevole del fatto di dover morire un giorno. Forse

anche domani. Non sappiamo mai quando arriver il nostro momento. I bambini invece sembrano essere capaci di accettare la morte con molta pi facilit. E forse potrebbero anche insegnarci molte cose, se solo avessimo lumilt di ascoltare quello che hanno da dirci. E hanno molte cose da dire. Forse la cosa che mi manca di pi quella sensazione di freschezza che si ha allet di otto anni, quando tutti i nostri sensi sono ancora cos acuti. Quel modo di vedere il mondo che si ha da bambini. A prescindere da come veniamo trattati dai nostri genitori e dalle scuole, a otto anni riusciamo ancora a vedere il mondo con occhi diversi. Si riesce veramente ad assaporare tutto. Ancora non si stati soppressi da tutte le regole, dogmi e tab che arriveranno in futuro. A quellet ancora corri e giochi, semplicemente perch cos che fanno i bambini, in uno stato di purezza e di innocenza. Ancora ricordo quelle sensazioni chiaramente. Ricordo lodore dellerba. Ricordo come mi sentivo quando giocavo a pallone con gli amici fino a sera e poi correvo a casa perch morivo di sete. Il sapore delizioso di un gelato destate. La sensazione di libert appena cominciavano le vacanze estive e sapevi di avere tutta lestate da godere davanti a te. Come ci si sentiva a scherzare con le ragazze, a ridere e ad essere felici, a marinare la scuola ogni tanto.

Ricordo quanto odiavo la matematica e quanto invece amavo la musica. Ricordo tutti i luoghi della mia infanzia con un p di nostalgia. Quei giorni purtroppo non torneranno mai. Se potessi solo avere anche una centesima parte dellentusiasmo e della felicit che provavo da ragazzino, sarei luomo pi felice della terra. Mio padre lavorava in un negozio di elettrodomestici, apparecchi TV, radio e cosi via. Possedeva una grande collezione di musica a casa, e io ci presi molto interesse. Il primo gruppo che inizi a piacermi erano gli ABBA. Mio padre mi diede una loro cassetta. Credo fosse il loro primo album. Ricordo ancora quanto mi piacevano quelle canzoni, che poi provavo a suonare con la mia chitarra. Per lungo tempo, gli ABBA erano lunico gruppo che faceva veramente per me. Ancora oggi amo le loro canzoni, e ricordo bene di quanto suonavano fresche alle mie orecchie. Desideravo diventare come loro, un giorno. I loro pezzi erano incredibilmente forti. Riuscirono ad avere qualcosa come otto pezzi in cima alle hit parade uno dietro laltro, a cominciare da SOS. A casa si ascoltava anche molta musica Finlandese. Molti dei miei pezzi traggono spunti da quel tipo di musica, forse anche in modo imbarazzante a volte, ma non ho mai copiato niente consapevolmente quando scrivevo. La prova di quanto il nostro subconscio

riesca ad immagazzinare tutto, proprio il fatto che pezzi scritti quando si ha quarantanni possano contenere melodie ascoltate trentanni prima! Da tutto questo non difficile dedurre quanto la musica avrebbe avuto un ruolo sempre pi importante nella mia vita. Ma fu un processo graduale di cui non ero veramente conscio. Da ragazzo ancora mi dedicavo a diverse attivit. Giocavo in una squadra di hockey su ghiaccio, e anche a palla canestro. Ero molto pi alto degli altri ragazzi della mia et, e ricordo che mi trovavo veramente bene a giocare a basket. Destate poi mi piaceva moltissimo anche nuotare. Direi quindi di avere avuto un infanzia molto felice ... fino al momento in cui qualcosa accadde e tutto cambi. Ed il sogno divent un incubo. La strofa in una mia canzone intitolata Forever che dice Oh how happy I was then, there was no sorrow there was no pain. Walking through the green fields, sunshine in my eyes1 rispecchia veramente la maggior parte della mia infanzia. Anche se in verit ho scritto questo canzone per mio padre. Quei verdi prati ci sono ancora, devo solo riuscire a ritrovarli in qualche modo. Forse un giorno ci riuscir. Forse un giorno mi ritrover ancora da ragazzo a camminare in quei prati verdi con

il sole in fronte. In quel momento sapr allora di essere veramente tornato a casa. Avrei cos tante cose da dire a me stesso da ragazzo. Tante cose da spiegare e da condividere. Spero davvero di incontrare ancora me stesso da ragazzo un giorno, su qualche strada bruciata dal sole.

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Oh quanto ero felice allora, non cera rimorso non cera dolore. Camminando attraverso verdi prati, con i raggi del sole in fronte

LA CADUTA NELLA PSICOSI Accadde gradualmente. Guardandomi indietro, durante il periodo tra il Natale del 2004 e lautunno del 2005, ero sicuramente in qualche sorta di stato psicotico. Nel 2004, prima di avere la crisi nervosa che port alla diagnosi di sindrome bipolare, avevo appena messo su uno studio di registrazione di primordine, che chiamai Goldenworks. Ci misi dentro tutti gli anticipi degli utili

della mia discografia, pi un addizionale prestito bancario per un investimento totale di circa 150 000 Euro. Appena lo studio era stato completato, iniziarono dei lavori per costruire un parcheggio sotterraneo, proprio sottostante al mio studio. Il terribile fracasso degli scavi e delle esplosioni era praticamente continuo. Era ovvio che nessun cliente avrebbe mai accettato di venire a registrare e mixare in quelle condizioni. Era stato il mio sogno, un investimento per il mio futuro. Uno studio di registrazione tutto mio. Ma il progetto fall prima ancora di iniziare. Solo un album fu registrato l: il Black Album degli Stratovarius.

Dovetti poi querelare la proprietaria, che si rifiutava di annullare il contratto daffitto. Si ostinava a dire che i lavori non influenzavano in nessun modo la mia attivit. Ne usc fuori che gi era a conoscenza del progetto per il parcheggio sotterraneo, ancor prima di firmare il contratto con me. Non solo, ma lei era addirittura uno dei proprietari del parcheggio. Nonostante tutto ci, persi la prima causa in tribunale. Mi appellai e dopo altre procedure giudiziarie, riuscii finalmente a vincere. Ma mi cost quattro anni della mia vita, anche per il fatto che questo tipo di cose sono davvero odiose e stressanti per me. La proprietaria

dovette pagare 50 000 Euro di spese legali. E pensare che lunica cosa che volevo era di annullare il contratto daffitto. Beh, si pu dire in questo caso che chi troppo vuole nulla stringe. Ancora non so dire con certezza se sono stati gli antidepressivi a farmi precipitare nellabisso della psicosi. Sicuramente mi trovai in uno stato maniacale, dove trovavo ogni cosa intollerabile. Cose come rumori improvvisi ... praticamente tutto faceva scatenare la mia rabbia. Credo che piano piano, questo stato maniacale degrad in una vera e propria psicosi. Quando si psicotici, si perde praticamente ogni contatto con la realt. Si cominciano a vedere cose che non ci sono. In pratica, per dirla pi volgarmente, si diventa pazzi. Ad esempio, nello studio avevamo un pupazzetto di E.T. che ripeteva alcune frasi registrate quando gli si premeva la mano. Ogni tanto aveva preso a parlare quando nessuno lo toccava. Anche Timo Kotipelto lo not alle volte. Ricordo per che questo fatto mi turbava e sentivo strane sensazioni nella mia mente, come una strano miscuglio di paura e arroganza. Una volta ero in un supermercato a comprare del cibo, e mi occorreva del burro. Mi balz allocchio una scatola di burro di una particolare marca. Mi ritrovai a fissarla in preda al panico, perch sapevo che questa marca non aveva mai cambiato la grafica sulla scatola,

che era la stessa da ventanni. Eppure leggevo il nome sulla scatola come qualcosa di diverso dal solito. In verit il nome era veramente cambiato, mentre tutto il resto era uguale al solito. Questo semplice fatto mi gett nel panico. Temevo che non riuscivo pi a leggere il nome o che me lo stavo immaginando. Non mi fidavo pi della mia mente stessa. Evidentemente le cose stavano peggiorando. Un giorno, un amico della band mi chiam mentre stavo mixando in studio, e mi chiese se poteva venire l ad ascoltare alcuni nostri pezzi. Gli dissi che era il benvenuto. Subito dopo per cominciai ad avere la convinzione che questa persona, in realt, era Satana. Pu sembrare comico a dirsi, ma in quel momento ne ero assolutamente convinto. Quando lui entr nello studio, mi sentivo sicuro al 100% che il diavolo in persona era venuto l ad ascoltare i nostri pezzi. Mentre era seduto ad ascoltare lo fissavo, e ricordo che pensavo: Non ti prenderai gioco di me! So chi sei veramente! Il bello che io non credo minimamente allesistenza di Satana e di quel tipo di cose (anche se inconsciamente magari ci credo in qualche modo pi recondito), e questo amico che in quel momento credevo essere il diavolo, una delle persone pi buone e gentili che abbia mai conosciuto. Mi trovavo a scivolare sempre pi nelle tenebre della psicosi, e non tutti riescono ad uscirne una volta entrati.

Poi venne il momento di andare a Berlino per presentare alcuni pezzi alla casa discografica. Era la primavera del 2005. Contemporaneante a Berlino cera un festival cinematografico. Una sera mi andava di uscire un p a farmi qualche drink, cos chiamai un produttore di film finlandese di mia conoscenza, che sapevo trovarsi l per il festival. Mi rispose che stava gi praticamente per partire, ma che avrebbe detto ad un suo amico islandese di mettersi in contatto con me. Questo tipo chiamiamolo Yngvar mi chiam e mi disse che sarebbe venuto allalbergo dove alloggiavo, insieme ad un suo amico austriaco. Durante quella telefonata mi disse anche di considerarlo come lultimo dei vichingi. I due arrivarono allalbergo mentre gli stavo aspettando al bar. Le prime parole che mi dissero erano: Sappiamo che sei tu, anche se non sapremmo riconoscerti. Gi da subito la cosa mi sembr prendere una strana piega. Yngvar e il suo amico Markus mi sembravano moltro strani e inquietanti. Mi dissero che loro lavoravano nellambito cinematografico. Notai che entrambi avevano una specie di agendina nera, e mi chiesero come mai non ne avevo una anchio. Mi dissero: Anche Hemingway ne aveva una. Lo scopo di queste agendine nere divenne presto chiaro, gi da quando ci trovavamo ancora al bar.

I due cominciarono ad avvicinare ogni donna che attirava la loro attenzione, chiedendo direttamente il loro nome e numero di telefono o indirizzo email. Rimasi stupito nel vedere che molte di loro accettavano di buon grado, e i due scrivevano nomi e numeri nelle lore agendine. Mi ripetevano pi volte che anchio avrei dovuto fare come loro. Tutto mi sembrava cosi strano e assurdo, anche se paradossalmente durante un episodio maniacale, anche le cose pi strane possono apparire sensate in qualche modo.

Mentre eravamo seduti al bar a bere, Yngvar cominci a dirmi molte cose. Cose del tipo che lui era lintermediario tra Dio e il demonio, e che io avrei dovuto continuare quellincarico dopo di lui. Disse che io sarei diventato famoso in tutto il mondo entro due anni e mezzo, e che avrei attirato molta gente verso di me. Mi disse anche che sarei morto tranquillamente nel sonno alleta di 70 anni, a che anche se avrei avuto qualche difficolt nella vita, alla fine tutto sarebbe andato per il meglio. Considerando anche lo stato mentale in cui mi trovavo, questo tipo di discorso mi terrorizzava. Non riuscivo a capire questuomo. Pi tardi andammo in un club, e loro fecero di nuovo la stessa cosa con le agendine. Ricordo che Yngvar mi affid la sua giacca,

chiedendomi: Mi posso fidare di te, vero? Io dissi di s e presi la sua giacca. Lui torn dopo circa dieci minuti, si riprese la giacca e mi ringrazi, dicendomi anche che dovevo starci attento perch nella giacca cera una pistola! Nel caso dovessi proteggerti, mi disse. La stessa scena si ripetette varie volte in diversi club, e Yngvar divent sempre pi ubriaco. Alla fine prendemmo un taxi. Io mi sedetti davanti e loro due sul sedile posteriore. Dopo un p iniziai ad avere come la sensazione che Yngvar mi stava leggendo nei pensieri. Non so come e perch avevo quella sensazione, ma ce lavevo. Lo ricordo molto chiaramente, e questa fu una delle mie prime esperienze paranormali. Decisi allora di mettere la mia sensazione alla prova. Mi concentrai su un unico pensiero, che diceva: Se riesci a leggermi il pensiero, bussa alle mie spalle due volte. Fui sbigottito nel sentirmi toccare due volte dopo pochi secondi. Allora quelluomo stava davvero leggendo i miei pensieri! Sarebbe molto facile imputare tutto questo al mio stato maniacale, ma sono convinto che era una cosa davvero reale e concreta. Posso giurare che andata esattamente cos. Naturalmente tutto questo mi spaventava moltissimo. Mentre scendevo dalla macchina ero praticamente inebetito. Yngvar mi disse improvissamente che quel

giorno avrei finalmente accettato la fine di mio padre. Come diavolo faceva a sapere anche di mio padre? Io gli gridai: Che cosa vuoi da me?. Timo, non voglio niente da te mi disse, ma solo farti capire che da oggi in poi avrai un amico. Una volta rientrati in albergo, ci sedemmo nella lobby. Yngvar mi disse che era pronto a prendersi una pallottola per proteggermi, anche cento volte se necessario. Poi accadde la cosa pi spaventevole di tutte. Una cosa che mi terrorizza ancora oggi. Anche questo episodio sarebbe facile da imputare a un episodio maniacale, ma niente mi sembr cos reale quanto questa cosa. Yngvar stava in piedi accanto a me, di lato. Mi guardava con un ghigno strano. Sentii come un ronzio che proveniva da dentro la mia testa. Guardai Yngvar di nuovo .... e vidi che aveva due ali nere sulla schiena! Non erano molto grandi, forse lunghe 40 cm. Erano nere e orribili. Lui aveva certo notato che io le vedevo, poich mi guardava con quel suo ghigno. Non so cosa lui abbia fatto e come, ma in qualche modo deve aver proiettato limmagine di quelle ali dentro la mia mente. Doveva essere quella la causa del ronzio che mi ero sentito in testa. Non riuscivo a chiedere ai miei occhi. Poi lui and a sedersi nuovamente. Si lament sul fatto che non riusciva quasi mai a stare coi suoi figli, e poi

se ne and insieme a Markus, dicendo che si era fatto tardi. Non lho mai pi incontrato dopo quel giorno. Ero rimasto incredulo e terrorizzato, e con una marea di domande per la testa. Dopo quellepisodio sono davvero precipitato nella psicosi. Le cose che mi aveva detto Yngvar devono avere influenzato la mia mente, poich cominciai a credere a tutte quelle cose. Iniziai a sentirmi speciale, un prescelto. Il messaggero protetto di Dio che poteva fare tutto quello che voleva. Non mi accorgevo che lui aveva distorto la mia mente, forse con la telepatia, non lo so. Ma sicuramente ha giocato a piacimento con la mia mente. Forse certe persone si divertono a fare certe cose agli altri. Devono essere persone senza scrupoli e senza morale. Questo episodio ebbe conseguenze gravissime sia per me come per chi mi stava accanto. Ho vissuto lestate del 2005 nella confusione totale. Cominciai a notare molte persone farsi il segno della croce e pregare quando passavo io. Ero convinto che lo facevano perch vedevano qualcosa in me. Che in qualche modo sapevano chi ero e pregavano, ma allo stesso tempo stavano zitti per non divulgare il mio segreto. Pensieri del genere sembrano pura follia adesso, ma per me erano la realt durante quel periodo. O meglio, la mancanza di ogni senso di realt.

Il posto dove abito si trova vicino al mare. Nei giorni di maltempo mi recavo in riva al mare, e ordinavo al mare in tempesta di calmarsi, come crediamo che abbia fatto Ges. E io ero anche convinto che il mare mi obbediva e si calmava. La sera, dopo che ritornavo dal mio studio, mi mettevo ad ascoltare Into the West da The return of the king, da cui credo scaturiva lidea di ritorno del messia. Ricordo che se guardavo verso il cielo stellato e mi veniva lidea che sarebbe stato bello scorgere una stella cadente, in quel preciso istante questa mi appariva. Quindi la mia mente mi dava molte conferme del fatto che io fossi veramente speciale e che avevo una missione da compiere. Una notte lavai una maglietta grigia nel lavandino, e la lasciai sul bordo del lavandino fino allindomani. Il giorno dopo rimasi esterrefatto nel scoprire una specie di disegno nero di circa 10 centimetri impresso sulla stessa maglietta, che sino al giorno prima era una comunissima maglietta grigia. Il disegno raffigurava un uomo con un fucile puntato. Ancora oggi conservo quella maglietta e quella stranissima figura c ancora, anche se non potr mai spiegarmi in che modo e finita l. Capirete sicuramente quanto tutte queste cose abbiano influito sul mio comportamento verso le persone intorno a me e con cui lavoravo. Tutto quello che mi succedeva mi sembrava assolutamente reale, e

non mazzardavo a farne parola con nessuno. E ancora oggi sono convinto che almeno alcune di quelle cose erano davvero reali. Non credo che solamente la sindrome bipolare possa essere la spiegazione di tutto. Tuttavia diventavo man mano sempre pi paranoico. Ogni cosa mi sembrava fosse un segno speciale inteso solo per me, anche un qualsiasi rumore lontano. Devo dire per che fino a quel punto stavo ancora prendendo i farmaci sbagliati, gli stessi che mi erano stati prescritti in ospedale. Dovevo trovarmi in una sorta di stato semi psicotico, perch almeno una parte di me era consapevole che cera qualcosa di tremendamente sbagliato che non andava. Capivo che non stavo per niente bene e che dovevo fare qualcosa. Mia madre mi sugger uno psichiatra che laveva avuta in cura negli anni ottanta. Si rivel una benedizione. Si accorse subito che le medicine che prendevo erano del tutto inadatte a me. Mi fece fare delle analisi del sangue, dopodich mi prescrisse il carbonato di litio, che la medicina pi usata per la sindrome bipolare. Mi diede anche dei tranquillanti per controllare lansiet e le mie paranoie. Prendo ormai le stesse medicine da cinque anni, e probabilmente dovr usare il litio per il resto dei miei giorni. Ma da quando lo uso, non ho pi avuto nessun episodio maniacale grave ne depressione. A volte sento una mania in procinto di arrivare, cosa che succede per lo pi durante la primavera. In quei

casi, ho laccortezza di aumentare un p la dose di medicina. Come dice anche il mio psichiatra, solo io posso imparare a conoscere la mia stessa malattia pi di chiunque altro. Ma grazie al litio, ho potuto finalmente ricominciare a lavorare, a fare musica e a fare concerti. Anche i giorni in cui bevevo li ho lasciati alle mie spalle. Non tocco una goccia di alcol da cinque anni ormai. Non ne sento nemmeno la mancanza, anche se devo dire che fare una tourne completamente da sobrio una sensazione strana, specialmente considerando che in passato ero ubriaco praticamente tutti i giorni durante le tourne. Ma ho imparato ad apprezzare che essere sobrio ha i suoi vantaggi. Stranamente, sembra che molte persone facciano fatica ad adattarsi a questa mia presa di posizione.

IL RAGAZZO DI BLUEBERRY HILL Tutto cominci come dal nulla, senza nessun preavviso. Mio padre non aveva mai avuto labitudine di bere, ma ad un certo punto cominci a bere sempre pi spesso. Questo fu intorno al 1975. Pi beveva e pi diventava violento. Per un bimbo di appena nove anni, che prima di allora aveva vissuto felice e sereno, tutto ci era inimmaginabile. Non riuscivo a capire cosa stava succedendo, e perch mio padre stava cambiando in quel modo. Spesso lo trovavamo nudo sul pavimento, privo di sensi dopo essersi ubriacato completamente. Ricordo anche che a volte si faceva dei tagli con una lama di rasoio. Ancora oggi ho fobia dei rasoi, quelli vecchio stile che sembrano grossi coltelli. Quando era ubriaco, mio padre cambiava completamente. Diventava crudele e violento, specialmente con mia madre. Mi ricordo chiaramente di quella volta quando provavo a trattenere mio padre tirandogli i vestiti e implorandolo di fermarsi, mentre lui rincorreva mia madre che

fuggiva terrorizzata per tutta la casa. Per il bimbo di nove anni che ancora ero, tutto ci era assurdo e incomprensibile. Credo fu da quel momento in poi che qualcosa si spezz dentro di me, che rimasi veramente traumatizzato. Basta osservare la mia foto scolastica del 1976 per capire. Guardandomi in quella foto, traspare tutta la tristezza che provavo. Ancora oggi quando rivedo quella foto mi viene da piangere, perch ricordo quanto invece ero stato felice prima di tutto questo. Non facile descrivere lespressione che avevo in quella foto. Trasmette confusione, delusione, tristezza .... la foto di un bimbo di dieci anni che si sentiva distrutto nellanima. Sul retro di questa foto c ancora una scritta che fece mio padre. A volte mettendomi a letto mi diceva quanto pap ti vuole bene, anche se lo faceva completamente ubriaco e con una sigaretta accesa in mano. Le uniche parole leggibili di quella scritta, tra gli scarabocchi incomprensibili di un ubriaco, sono: pap si toglier la vita. Dio solo sa cosaltro aveva provato a scrivere, ma quelle sono le uniche parole che riesco a leggere chiaramente. I miei genitori litigavano spesso, specialmente la sera. Li sentivo anche attraverso la porta chiusa della mia camera da letto. Sentivo il rumore di oggetti lanciati, ma sapevo che non era mai mia madre a lanciarli. Sentivo tanti rumori forti e improvvisi che mi

terrorizzavano. Ricordo quanta paura sentivo in quei momenti, e che piangevo fino a quando riuscivo in qualche modo ad addormentarmi. Ancora sento il mio guanciale sul viso, tutto bagnato dalle mie lacrime. Mia madre aveva messo un immaginetta accanto al mio letto, che raffigurava un angelo custode che proteggeva due bimbi con le proprie mani. Mi ricordo che pregavo a quellangelo custode di aiutarci prima che la situazione peggiorasse ancora di pi. Pi di una volta mio padre diventava cosi violento che io, mio fratello e mia madre eravamo costretti a fuggire di casa. Avevo dieci anni allora. Una volta arriv addirittura a buttare il tavolo del salotto dalla finestra gridando come un folle. Anche quella volta fuggimmo da qualche nostro parente. I nostri parenti si erano ormai abituati alle nostre fughe notturne. Succedeva sempre di notte. Ancora ricordo la sensazione dellaria gelida dinverno mentre scappavamo terrorizzati nel cuore della notte, indossando quello che ci capitava di indossare in quel momento. Ho ancora stampati davanti agli occhi i finestrini ricoperti di ghiaccio dellauto di mia madre, e la paura che mio padre avrebbe potuto inseguirci. Ma questo non lo fece mai. Le cose continuavano a peggiorare. Mio padre arriv anche a minacciare un vicino con un coltello, e quindi anche le altre persone del vicinato cominciarono a temerlo ed evitarlo. Costringeva mia madre a guardarlo mentre lui si spegneva le sigarette sul suo braccio.

Chiaramente la situazione diventava sempre pi critica. Ricordo di una volta che lo trovammo steso sul pavimento privo di sensi. Si era imbottito di tranquillanti e alcol. Mio madre chiam un ambulanza. Limmagine di mio padre che veniva trasportato dai due infermieri ce lho ancora stampata in mente. Lo ricoverarono in ospedale, ma lui torn a casa il giorno dopo come se niente fosse. Non c niente che non va!, disse. Spesso ci chiedeva perch scappavamo di casa durante le sue frequenti sfuriate da sbronzo. Da bimbo di dieci anni che ero, sapevo solo rispondergli: Perch avevamo paura. Lui rispondeva dicendo No, no ... non dovevate andare via! Mi ricordo di come aiutavo mia madre a svuotare diverse bottiglie di alcol nel lavandino, un tentativo disperato di impedire che un alcolizzato bevesse. Ricordo che quando trovai una brochure di atrezzi ginnici che raffigurava Arnold Schwarzenegger ed i suoi enormi muscoli, ordinai quegli atrezzi allet di dieci anni perch volevo diventare abbastanza forte da proteggere mio fratello e mia madre. Sembra un pensiero assurdo, ma dimostra la disperazione di un bimbo che si trovava in una situazione terribile. Tutto questo and avanti per circa due anni, dal 1975 al 1977. In quei due anni devo essermi costruito un qualche meccanismo di protezione. In pratica mi sono

chiuso completamente per schermarmi dal mondo esterno. Una volta, mentre ero fuori a giocare con un mio amico, questo mio amico vide attraverso una nostra finestra mio padre nudo che beveva Gin, mentre mia madre piangeva e si disperava. Il mio amico mi chiese: Ma che sta combinando tuo padre?. Niente, gli risposi come se nulla fosse, lui fa sempre cos. Non so come riuscivo ad andare a scuola e far sembrare che era tutto normale. Credo che l sviluppai veramente quella che io chiamo la mia finta personalit. La mia vera personalit si trovava rinchiusa dentro di me, impotente di esprimere quello che provava per la follia in cui stava vivendo. La situazione era troppo folle e dolorosa per un bimbo di dieci anni da capire. Ricordo che progettavo di scappare da casa. Non avevo idea di dove sarei andato, ma so che volevo andarmene. Avevo per un mio rifugio, dove andavo a nascondermi quanto potevo da quella folle situazione. Si trovava nel mezzo di una foresta su una collina vicino a casa nostra. La chiamavo Blueberry Hill2. Passai molte serate seduto l a piangere. Ma in qualche modo trovavo un p di sollievo e sicurezza in quel posto, cose che non potevo mai avere a casa. Quel posto divenne il mio rifugio in cui potevo pensare e sognare.

2

Collina dei mirtilli

Non capisco nemmeno come mia madre riuscisse a reggere quella situazione e andare al lavoro tutti i giorni come se niente fosse. Forse anche lei si era creata lo stesso meccanismo di protezione che avevo io. Doveva sentirsi come se tutto le crollava addosso, e si trovava sola a dover prendersi cura di due bambini piccoli. Secondo lei, una volta io le dissi che se mio padre non se ne fosse andato, sarei stato io ad andarmene. Non ricordo di averle detto questo, ma in quel caso deve essere stato il momento in cui si rese conto che doveva fare qualcosa. Decise allora di divorziare. Non ricordo molto di quei giorni, tranne una cosa. Ricordo il giorno in cui mio padre se ne and, e come mi sentivo. Era un giorno di sole ed avevamo appena comprato un piccolo gattino nero che era nato senza la coda. Ricordo di come mi sentivo a non dover avere pi paura. Ero finalmente felice, ora che lui se nera andato. In soli due anni, mio padre riusc a distruggere tutto quello che cera da distruggere. Ma ero felice che se nera andato. Non ricordo esattamente quando lho rividi ancora. Ma dovevano essere passati almeno sei mesi, e lui nel frattempo era peggiorato ulteriormente.

IL TEATRO DEL CORPO E DELLA MENTE Cominciai la psicoterapia nel 1999, a Helsinki. La mia vita si trovava in una tale situazione che non vedevo altra via duscita. Avevo appeno cominciato a fare ricerche sul suicidio di mio padre, e credo che mi trovavo nel mezzo di un episodio maniacale. La mia vita personale era a pezzi, anche se professionalmente le cose andavano alla grande. Avevo appena terminato la tourne mondiale di Visions. Mi misi a cercare uno psicologo sulle pagine gialle. Alla prima telefonata trovai la segreteria telefonica. Il secondo che chiamai mi rispose. Ricordo che era un uomo con una voce molto pacata. Gi da anni divoravo libri sulla psicologia ed il comportamento umano. Devo averne letti pi di un migliaio. In quel tempo ancora credevo che si poteva acquisire la vera saggezza leggendo solo libri. Erano invece solo un altra via di fuga dal confrontarmi veramente, anche se devo ammettere che esistono modi di fuggire molto peggiori di questo. Dissi allo psicologo, chiamiamolo Jukka, che al primo appuntamento lui avrebbe deciso se avermi come paziente o no. Lui mi chiese come facevo a saperlo. Non sapeva che lavevo letto nei miei libri, ma tuttavia

quei libri sarebbero divenuti un ostacolo durante il percorso verso una terapia efficace. Quando andai a trovare Jukka per la prima volta, avevo molta paura. Mi salut allingresso, e poi mi fece accomodare nel suo ufficio, dove ci sedemmo entrambi. Lunica cosa che riuscivo a dire era: Ho tanta paura!. Lui si limitava ad annuire, mi disse che ero in uno stato di estrema ansia, e mi chiese se stavo mangiando a sufficienza e bevendo abbastanza acqua. Un ora pass molto velocemente, e restammo daccordo che sarei andato in terapia una volta alla settimana. Oggi mi accorgo che lui probabilmente si stava chiedendo se non fosse meglio ricoverarmi subito in ospedale, vista la situazione in cui mi trovavo, e dovette prendere una decisione in fretta. In qualche modo comunque riuscivo a gestire la situazione, e potei iniziare la terapia. Allinizio arrivavo spesso in ritardi agli appuntamenti, o addirittura non ci andavo senza ricordarmi di avvisare prima. Molte volte lui mi chiamava per chiedermi dove mi trovavo e se sarei andato allappuntamento. Ricordo che una volta si arrabbi davvero con me perch per lennesima volta non ero andato allappuntamento senza avvisarlo prima. Ricordo che gli regalai dei libri, e spesso gli chiedevo cosa pensasse di me. Lui non dava molte risposte, e spesso ci trovavamo a passare un ora intera a dirci quasi niente. Per i primi anni stavo l a parlare della

vita di Ges, delluniverso...di tutto tranne che di me stesso. Ovviamente, stavo ancora una volta tentando di scappare dallinevitabile: dal dovermi guardare dentro. Quando non trovavo pi argomenti di cui parlare, provavo a fargli delle domande su di lui, su cosa faceva fuori dal lavoro, e cosi via. Ovviamente, questo non e ci di cui normalmente gli psicologhi parlano, e quindi mi trovavo veramente a corto di argomenti. Tuttavia, ogni volta che tentavo di parlare di me stesso, incontravo una resistenza enorme dentro di me. Jukka una volta mi disse che forse avevo cos tanto orrore racchiuso dentro di me, che non riuscivo nemmeno a parlarne. Aveva perfettamente ragione. La mia vita nel frattempo continuava ad andare avanti e a subire cambiamenti, tra cui anche un divorzio, ma io continuai la terapia. Cominciavo ad apprezzare laiuto che mi dava poter sedermi su quella sedia una volta la settimana a parlare. A volte Jukka faceva terapie di gruppo, e ci andai alcune volte. La prima volta che decisi di andare ad una di queste occasioni, la terapia sarebbe dovuta durare una settimana, ma io non riuscii a rimanerci pi di un giorno. Mi sembrava che tutti l dentro erano pazzi, e che dovevo andarmene al pi presto. Invece non capivo che ero io stesso ad avere tantissime cose dentro di me ancora da risolvere.

Piano piano cominciavo a capire cosa effettivamente fosse la psicoterapia. Fu un processo lento e doloroso. Jukka aveva un senso dellumorismo incredibile, e spesso mi ritrovavo a sbellicarmi dalle risate un attimo dopo aver parlato di un esperienza dolorosa. Bastava un suo piccolo commento, una frase al momento giusto, per farmi vedere il lato comico di ogni esperienza. O magari tragicomico. Jukka mi disse anche che spesso le persone smettono di fare terapia proprio quando questa comincia ad avere effetto e a produrre cambiamenti. Ovviamente questo successe anche a me, varie volte. Per ogni volta tornavo, e lui disse che forse era gi stato innescato un percorso che ormai non poteva pi essere fermato. Ancora una volta aveva ragione. Era sicuramente iniziato un percorso dentro di me, che mi avrebbe riportato al mio dolore e terrore originario fino a far crollare tutto me stesso. Dopodich avrei fatto delle scoperte personali e sofferte per finalmente, passo dopo passo, ritrovare quel lago di ghiaccio dentro di me dove avevo nascosto tutti i miei dolori dellinfanzia per cos tanto tempo. E quei dolori erano l ad aspettarmi. Cominciai ad avvertirli sempre di pi. Non ricordandomi in che stato mi trovavo anni prima quando iniziai la terapia, chiesi a Jukka se questo era il vero significato della terapia. Le

sue risposte erano per sempre vaghe. Ma oggi capisco il perch. Ero io a dover trovare le mie risposte, non lui. Quando finivo col piangere su quella sedia, lui si limitava a guardarmi. A volte questa cosa mi dava rabbia, perch sembrava che a lui non gliene fregasse niente di me. Invece lui non poteva fare altro che osservare lo svolgimento della mia scoperta interiore. Poteva solo aspettare. Ricorder sempre cosa mi disse durante una seduta in cui mi sentivo particolarmente disperato. Disse che se la terapia funziona davvero, il paziente si trover a dover decidere se desidera continuare a vivere o meno. Questa cosa mi sembr cos fredda e brutale che mi arrabbiai molto. Ma aveva ragione. Non era certo lui ad aver messo tutte quelle emozioni dentro di me, o ad avermi fatto qualcosa di male. Stava solo cercando di aiutarmi, e sapeva quello che faceva. La mia terapia fin quando fui ricoverato nel 2004, e fino ad oggi sono ancora convinto che fu la terapia stessa a portarmi a quel punto, e che fosse lunico percorso possibile che mi avrebbe permesso di sopravvivere. Altrimenti sarei sicuramente andato incontro allo stesso destino di mio padre. Jukka mi fece anche capire che gi stavo andando in quella direzione, quando una volta mi chiese se per caso stavo cercando di imitare mio padre. Allora mi accorsi che infatti stavo facendo molte cose esattamente come le aveva fatte mio padre. Tutta la mia personalit

nevrotica sarebbe dovuta crollare, per permettere ad una pi sana di sostituirla. Il passato doveva morire, per dare spazio al nuovo presente. Ma era una lotta per cui non ero preparato, e che non mi aspettavo sarebbe stata cosi lunga. Ma ovviamente, quando hai represso tantissime emozioni dolorose dentro di te per ventanni e queste ritornano alla luce, la cosa non pu certo essere facile. Si deve svolgere per tutto il suo percorso, come ogni altra cosa nelluniverso. Non credo che sarei ancora vivo oggi senza la terapia e tutto il bene che mi ha fatto. Anche se non stata lei a salvarmi. Sono stato io a dovermi salvare. Per mi ha sicuramente aiutato a capire me stesso, e ironicamente molte delle mie scoperte interiori sarebbero arrivate pi tardi, a terapia gi finita. Non posso neanche negare quanto la terapia abbia influito sulla mia musica. Ad esempio i brani che ho scritto per lalbum Infinite sono stati molto influenzati dal processo terapeutico. Inconsapevolmente, ne sono stati influenzati la mia creativit come anche la mia personalit stessa. O forse semplicemente il fatto che si pu scorgere il percorso e lo svolgimento della mia personalit su quel album, come anche su quello successivo Elements Pt 1. Entrambi gli album mi rimarranno sempre molto cari. Dopo aver fermato la terapia nel 2004, ho avuto solo altre tre sedute nel 2006. Da allora non ci sono pi tornato. Ormai sento che non pi necessaria e che

ho gia capito quello che dovevo capire di me stesso. Almeno per ora. Dal 2006 vedo uno psichiatra che mi aiuta a gestire la sindrome bipolare con le medicine adatte. Ma non faccio pi psicoterapia.

SUICIDIO Era il 10 di Marzo del 1978 quando mio padre decise di terminare la sua esistenza su questa terra. Avevo dodici anni e vivevo in una nuova casa assieme a mia madre e mio fratello. Lo spazio era molto pi piccolo di quello che avevamo prima, visto che mia madre non poteva permettersi di meglio. Io e mio fratello ci dividevamo la stessa stanza. Ma ci sentivamo al sicuro l, eravamo circondati dalla natura e anche il mare si trovava molto vicino. Andavo spesso al mare per pescare, o anche solo per ammirare le meraviglie della natura. Ancora ascoltavo gli ABBA, ma da poco avevo anche scoperto i Beatles, e amavo tantissimo anche loro. Mi piaceva in special modo John Lennon, le sue canzoni e il suo senso dellumorismo, ma tutto il gruppo era diventato importante e caro a me quanto lo erano gli ABBA. Suonavo ancora la mia chitarra acustica, e imparavo pezzi di entrambi i gruppi. Il divorzio dei miei genitori e

tutti gli avvenimenti precedenti mi avevano turbato profondamente. Mi ritrovai a rifuggire dal mondo esterno in un modo che non saprei spiegare. La natura e la musica erano la mia consolazione. Non avevo tanti amici come quando avevo ancora otto anni. E anche se fino ad allora avevo gi visto cos tanta violenza, non era preparato ad affrontare gli eventi che si sarebbero presto svolti. Mio padre aveva traslocato in un appartamento abbastanza vicino al nostro, forse solo a due chilometri o gi di l. Cera stato un accordo per cui io e mio fratello potevamo vederci con nostro padre. Credo che fosse a fine settimana alterni, ma ricordo di esserci stato solo due volte. Non vedevo mio padre da circa sei mesi e ancora mi mancava molto. Ero un ragazzino di dodici anni molto confuso e spaventato. Ricordo che durante una di queste visite, stavo guardando la TV insieme a mio padre, mentre lui mi accarezzava gentilmente la testa. Ricordo ancora chiaramente il suo tocco, una delle pochissime cose positive che fisicamente ricordo di lui. Latmosfera nella sua nuova casa non era per niente felice, per. Si era messo con una nuova fidanzata, che aveva anche lei un bimbo di otto anni. A quante pare, il suo comportamento si ripeteva anche con la sua nuova famiglia. Ancora beveva molto, e anche la sua nuova famiglia dovette scappare di casa alcune volte. Davvero non ricordo di essere stato da lui pi di

un paio di volte, anche se poi tornai a visitare lo stesso piano di quel palazzo varie volte. Intorno al 1998 sentivo il bisogno di scoprire veramente quello che era successo a mio padre. Nessuno mi aveva mai detto veramente cosera successo, come era morto e in quali condizioni. In Finlandia si ha il diritto di chiedere di avere tutti i documenti legali di un parente deceduto. Quindi mi informai presso la polizia, e visitai tutti gli ospedali per provare a scoprire cosa era successo. Trovai molti documenti, ed ero in grado di ricostruire cosa era successo nelle ultime settimana precedenti al suicidio. Per due volte fu chiamata un ambulanza dopo che aveva mescolato tranquillanti con lalcol. Una volta mentre lo stavano portando in ospedale in ambulanza, gli si ferm il cuore. Riuscirono a rianimarlo, ma ancora non riesco a credere come nessuno si accorse di quello che sarebbe successo. Il giorno prima di suicidarsi, compr una bottiglia di cognac e and nella casa estiva di famiglia. A quanto pare si ubriac come al solito e divenne violento. And alla casetta accanto, dove non cera nessuno in quel momento, e spacc tutte le finestre. I vetri eranno ricoperti del suo sangue. Poi perse i sensi sul letto con una sigaretta accesa in mano, e la casa prese fuoco. Qualcuno vide le fiamme e chiam i pompieri, che lo salvarono allultimo momento. Il posto fu distrutto completamente dalle fiamme.

Fu portato in ospedale per vie dei tagli che si era fatto con i vetri e per le ustioni. Poi fu trattenuto in una cella alla stazione di polizia. Lo accusarono di effrazione, ma usci fuori che i proprietari della casa appartenevano alla sua famiglia. Tuttavia lo interrogarono molte volte e per lungo tempo, poich le sue risposte non erano mai soddisfacenti. Mentre lo trattenevano cerc di suicidarsi usando il filo elettrico della lampadina nella sua cella, svitando la lampadina per provare a prendere una scossa. Non ci riusc solo perch lo vide un poliziotto appena in tempo. Mio nonno, il padre di lui, fu chiamato a prendersi mio padre in cura. Il nonno era il proprietario dellazienda di famiglia dove lavorava mio padre, ed are arrabiatissimo con mio padre. Forse la reazione di mio nonno fu ci che spinse mio padre a fare il suo gesto finale. Il nonno port mio padre a vedere la casetta di villeggiatura bruciata, dicendogli: Guarda che cosa hai fatto! Dopodich il nonno port mio padre a casa, dove gli disse di non presentarsi pi al lavoro e di considerarsi licenziato. Gli prese anche le chiavi dellauto aziendale che guidava mio padre. Tutte queste cose le ho apprese leggendo i documenti ufficiali della polizia. La settimana prima, io avevo appena compiuto dodici anni. Ricordo bene quel giorno poich mio padre mi port a comprare un acquario per regalo. Ricordo anche che lui rimase molto serio per tutto il tempo.

Quellacquario era un regalo molto importante per me, perch lo desideravo da tempo. Anche a mio padre piaceva molto la natura, ed aveva sempre avuto acquari anche lui. La mattina del 12 Marzo 1978 fu il giorno che avrebbe cambiato la mia vita per sempre. Non avrei mai pi guardato il mondo allo stesso modo. Mi avviai verso la scuola intorno alle 7:30. Era un giorno freddo dinverno, ma io facevo sempre a piedi i due chilometri da casa mia alla scuola. La palazzina dove abitava mio padre si trovava praticamente sullo stesso percorso appena prima della scuola, quindi potevo scorgere la casa di mio padre quasi tutti i giorni. La strada che facevo do solito per andare a scuola non passava direttamente accanto alla casa dove stava mio padre, ma solamente quella mattina, per qualche strana ragione, sentii il bisogno di prendere laltra via che passava accanto a casa sua. Mentre ero sotto il palazzo, automaticamente alzai gli occhi al quarto piano dove cera lappartamento di mio padre. Per mia sorpresa lui era l, alla finestra della camera da letto, lo sguardo fisso verso lesterno. Lo salutai con un cenno della mano, ma lui non mi vide. Non sapevo in quel momento che lo stavo salutando per lultima volta. Ricordo anche che mi venne un pensiero improvviso che mi diceva: Vai a casa sua, ma lo ignorai e proseguii verso la scuola che si trovava ad appena 200 metri da l.

Entrai a scuola per la prima lezione, dopodich come sempre uscimmo fuori per un intervallo di dieci minuti. Erano circa le 8:55. Improvvisamente vidi un ambulanza e un auto della polizia correre in direzione della casa di mio padre. Tutti quanti a scuola corsero l per vedere cosa era successo, ma io non ci andai. Non ci andai perch in qualche modo, gi avevo capito cosa era successo. Me lo sentivo. Tuttavia quando gli altri cominciarono a tornare indietro, chiesi ugualmente cosa era successo. Mi dissero che qualcuno, un uomo, si era gettato dalla finestra. Chiesi se sapevano dirmi cosa indossava quelluomo, e la descrizione combaciava esattamente con degli abiti che sapevo mio padre spesso indossava. Incredibilmente rientrai a scuola per la seconda lezione, e solo dopo chiesi alla maestra di andare a casa perch non mi sentivo bene. Corsi verso casa, e continuai a correre per tutta la strada. Mentre ci passavo sotto, vidi che quel balcone del quarto piano era tutto sporco di sangue. Arrivai a casa ma non cera nessuno. Telefonai subito a casa di mio padre. Mi rispose una voce di donna singhiozzante, e quella fu la mia conferma che lui era morto per davvero. Pochi minuti dopo arriv la nonna, che mi strinse a se con forza. Tutta la famiglia si ruin a casa della nonna, ma non ricordo molto altro di quel giorno.

Quando chiamai la polizia per chiedere di vedere i documenti relativi al suicidio di mio padre, appresi che cerano anche alcune fotografie. regolare procedura per la polizia di fare fotografie sulla possibile scena di un crimine. Nei casi di suicidio, lunica cosa che devono fare e appurare se c stato un crimine o meno. Chiesi al poliziotto di parlarmi delle foto. Mi disse che c nerano sette, e che in due di loro si poteva vedere il corpo. Una era a distanza ravvicinata e laltra da pi lontano. Gli chiesi di descrivermele, ma lui mi disse che ne aveva viste di tante ormai, che era difficile da dire. Ordinai tutti i documenti e le fotografie, ma non quelle in cui si vedeva il cadavere. Quando andai a ritirarle, il cuore mi batteva forte. Presi la busta, che conteneva cinque fotografie e tutti i documenti relativi allinvestigazione. Guardai le foto, ed erano orribili. E quel che era peggio, e che in una delle foto si poteva in effetti scorgere il cadavere da lontano. Il corpo di mio padre si trovava sul terreno innevato sottostante al suo balcone, e indossava gli abiti che solitamente usava quando era a casa. Alle 7:00 circa di quella mattina fatidica, la fidanzata di mio padre usc per andare al lavoro. Appena il giorno prima era tornato a casa dopo che era stato trattenuto dalla polizia, ed il nonno lo aveva cacciato dal lavoro. Come ho gi detto, quel giorno sono uscito per andare a scuola alle 7:30, e dovevo trovarmi sotto il suo

balcone intorno alle 7:45 appena un ora prima della sua morte. Quindi, sicuramente sono lultima persona che ha visto mio padre ancora vivo. Cosa accaduto durante quel ultima ora lho ricostruito dai documenti della polizia. Mio padre and in cucina e prese un grosso coltello. Poi and in bagno, si sedette nella vasca da e si tagli le arterie di entrambe le braccia. Prima si tagli un braccio, poi non so come prese il coltello nellaltra mano e si tagli laltro braccio. Si fece anche un taglio profondo nel dito a cui una volta portava la fede nuziale. Poi mise il coltello accuratamente nel porta bottiglie del bagno. Non si s per quanto tempo rimase l a sanguinare. Non trovarono acqua dentro la vasca da bagno. Quando arriv la polizia, cerano circa 5 cm di sangue sul fondo della vasca da bagno praticamente tutto il suo sangue. Dalle fotografie si capisce che ad un certo punto, per qualche ragione si alz dal bagno. Probabilmente era in delirio. And in camera da letto dove si sedette sul letto. Cerano macchie di sangue sul letto, e sulla moquette bianca tra il bagno e la camera da letto. Quindi stava ancora sanguinando. Poi usc sul balcone, ed alz una gamba sopra la ringhiera. Questo fu dichiarato da un testimone che lo vide. Si teneva con le mani alla ringhiera sullorlo del balcone, e questo spiega la quantit di sangue che cera allesterno del balcone.

Ad un certo punto ha mollato la presa ed precipitato gi in strada dal quarto piano. La morte fu istantanea. Tutto questo accadde in un ora, ed morto alle 9:45. Le fotografie sono raccapriccanti, ed stato durissimo vederle. Ma avevo bisogno di capire cosera accaduto ventanni prima. Ora sapevo. Sono anche riuscito a contattare e ad incontrare la sua fidanzata di allora, nel 1999. Mi disse praticamente le stesse cose che si possono capire dai documenti della polizia. Mio padre non lasci nessuna lettera o messaggio prima di suicidarsi. Aveva avuto unassicurazione sulla vita di cui io e mio fratello eravamo beneficiari, ma due mesi prima di uccidersi mio padre intest lassicurazione a lei, la sua fidanzata. Lei mi disse che mio padre era diventato sempre pi violento, e lei pensava seriamente di troncare la loro relazione. Mi disse anche che la notte prima del suicidio, lui era molto agitato e riusciva a malapena a dormire. Probabilmente aveva gi deciso di farla finita il giorno dopo, appena lei fosse uscita di casa. Lei mi disse anche che durante la notte si dest e vide tre sagome nere in piedi accanto al letto, ma mi sembrava molto turbata dalla mia visita, e non so quanto mi stesso dicendo i fatti comerano accaduti veramente.

Al funerale qualche settimana dopo, ricordo ancora il crematorio e la bara bianca. Ricordo il prete che

parlava ed io, mio fratello e mia madre che mettevamo dei fiori sulla bara. Non ricordo cosa disse mia madre. Si dice che i funerali sono un modo per dire addio, ma io non riuscivo nemmeno a capacitarmi di cosa era accaduto. Avevo solo dodici anni. Sarebbe passato molto tempo prima di riuscire veramente a capire cosa era accaduto e perch. Ma leffetto che tutto questo ebbe su di me, fu di far s che mi chiudevo sempre di pi in me stesso. Forse decisi a quel punto che non ci si pu fidare di nessuno a questo mondo. E quindi mio padre and a riposare in pace se si pu dire cos in questo caso e la vita and avanti. Ma niente sarebbe mai stato come prima. In qualche modo sono riuscito a rimuovere tutti questi eventi dal mio conscio per ventanni, fino a che tutto usc nuovamente alla luce. A quanto pare mia madre mi port da una psicologa per bambini, dopo il suicidio di mio padre. Ci andai per un p, ma la psicologa disse che poteva fare ben poco in quel momento. Disse anche per che io avrei dovuto affrontare questa cosa prima o poi. Non poteva aver avuto pi ragione.

VIVERE CON LA SINDROME BIPOLARE

Quando allinizio mi dettero le medicine sbagliate dopo la prima diagnosi, credevo davvero di non farcela. Ricordo bene quel momento durante un lungo periodo di depressione, quando per la prima volta pensavo che non ce lavrei fatta, e avevo veramente paura. Ancora ricordo bene quellorribile sensazione di impotenza e disperazione. Fortunatamente oltrepassai quel brutto momento ed eventualmente iniziai a prendere le medicine adatte, quindi sono in grado di dire di essere ancora qu. Ancora devo riprendermi da una serie di episodi maniacali e depressivi, senza parlare poi dellepisodio psicotico e paranormale. Riprendersi fisicamente da certe cose pu richiedere anni. Il problema per che pochissime persone possono permettersi di passare tutto il loro tempo a riposare e a riprendersi. Neanche io ho quel privilegio, e quindi mi devo arrangiare in qualche modo. Non facile vivere con questa condizione, perch ti ritengono ugualmente responsabile delle tue azioni anche nel mezzo di un episodio maniacale (e ovviamente, almeno fino ad un certo punto, ne sei responsabile). Ma per fare un esempio, una persona che soffre di cancro, per dire, viene vista in una luce diversa. Lo psichiatra mi ha detto che anche dal punto di vista legale, certe azioni compiute durante un episodio maniacale potrebbero essere invalidate da un tribunale. Dico questo perch a volte certe persone

compiono gesti sconsiderati durante una mania, tipo comprare cose costosissime che poi non si possono permettere, case, automobili e via dicendo. In alcuni casi almeno, un tribunale potrebbe dichiarare nulle questo tipo di transazioni. Secondo me sbagliato ritenere responsabile di tutte le sue azioni una persona che soffre di sindrome bipolare. Per cominciare, il rischio di suicidio per chi soffre di questa condizione e del 25%, che gi d un idea di quanto sia seria. In secondo luogo, durante una mania acuta con la dopamina alle stelle, non riesci assolutamente a valutare le conseguenze delle tue azioni. Diventi come una macchina che agisce solo in base a istinti e impulsi, senza alcun pensiero razionale. Questultimo semmai arriva, se arriva, durante la fase di depressione che segue sempre una fase di mania. Mi trovavo a registrare e mixare il Black Album degli Stratovarius nel mio studio, praticamente solo come un cane tutto il tempo. Solo il perenne fracasso di scavi ed esplosioni mi teneva compagnia. Sommerso comero da problemi economici causati, pressione da parte della produzione, e tutti gli altri problemi nella mia vita personale, ricordo che dovetti ugualmente passare il natale del 2004 a lavorare da solo in studio. Lo passai a inserire samples (suoni campionati) su ogni colpo di tom tom che Jrg Michael aveva registrato alla batteria. Credo dovetti inserire manualmente almeno un migliaio di sample prima di poter mixare. Le cose che ricordo di pi di quellalbum

sono la solitudine e il tremendo lavoro che mi costato. Dovetti lavorare davvero molto, forse anche troppo. Vi ricordo che in quei giorno non mi era ancora stata diagnostica la sindrome bipolare, e ancora non prendevo nessune medicine. Ed ero gi stato ricoverato per una crisi nervosa appena otto mesi prima. Direi che quasi un miracolo che quellalbum fu completato. Ma in un modo o nellaltro, ci sono riuscito. Quel tipo di situazione potrebbe facilmente scatenere un episodio maniacale. Nel mio caso, credo che mi abbia fatto diventare almeno parzialmente psicotico. Chi come me abbastanza fortunato da trovare le medicine adatte, magari aiutato anche dalla terapia, in grado di condurre una vita relativamente normale. Idealmente si dovrebbe evitare lo stress il pi possibile, cosa che purtroppo il mio lavoro non permette. Solo il fatto di essere in una rock band gi molto stressante. Non mi viene in mente niente che potrebbe essere pi maniacale di una tourne rock! Tuttavia, io sono un musicista. lunica cosa che so fare e che ho sempre fatto, quindi le mie scelte rimangono piuttosto limitate. Prendo quattro pillole di carbonato di litio ogni giorno. Fanno 1,2 grammi al giorno. Il litio un metallo, e ne sto prendendo sui 350 grammi allanno. Direi che fino ad oggi ne ho ingerito circa 1,5 kg di questo metallo. Un fatto interessante e ironico, considerando che faccio musica heavy metal.

Mi ritengo molto fortunato di aver trovato le medicine giuste. Potrei non trovarmi pi qui altrimenti, anche se devo tollerare una certa stanchezza per vie delle medicine. Ad ogni modo, non mi rimane altra scelta. Da quando prendo il litio non ho pi avuto nessun episodio maniacale o depressivo grave, eccetto alcuni con cause concrete e razionali. Con questo intendo dire che la medicina non pu eliminare ogni senso di tristezza e abbattimento che potrebbe capitare. Ci sono sempre avvenimenti nella vita per cui normale sentirsi tristi, e in quei casi bisogna avere la forza di combattere e andare avanti, anche se pu volerci un p di tempo. Comunque almeno non soffro pi di quel tipo di nera depressione dove si finisce a letto per sei mesi a piangere tutto il tempo, per intenderci. Anche se riflettendoci devo dire che anche quella volta cera una causa logica e razionale. Solo che a quel tempo ancora non lo sapevo. Molti artisti hanno sofferto della stessa condizione. Ernest Hemingway e Virginia Wolfe finirono col suicidarsi. Dicono che Beethoven labbia avuta. Kurt Cobain ce laveva. Lunico mio scopo nel scrivere questo libro, eccetto forse il soddisfare il mio bisogno artistico, e di poter raccontare la storia di qualcuno che ha avuto un percorso durissimo, ma che ancora qui a raccontarlo. Sono sempre stato molto schietto con il pubblico e

nelle interviste, riguardo alla mia malattia. La ragione semplice: dare un p di speranza ad altre persone che stanno soffrendo per cause simili. Mi capita di ricevere delle mail da persone che chiedono aiuto perch si sentono disperate e non sanno cosa fare. Lo considero un mio obbligo umanitario di dare aiuto in qualsiasi modo mi possibile. Anche se non posso permettermi di farlo fino al punto di mettere a repentaglio la mia salute o la mia stessa vita. Certamente non credo di essere Ges. O per lo meno non lo credo pi. Voglio per dire che non sento pi lobbligo di provare a salvare in mondo, semplicemente perch non credo abbia bisogno di essere salvato. E sarebbe molto presuntuoso da parte mia pretendere che io possa salvarlo. Il mondo semplicemente cosi com. E lo esattamente nel modo in cui noi collettivamente labbiamo creato e plasmato. Io non sono che, come dice una canzone che ho scritto, una goccia dacqua nel mare, e finalmente sono riuscito a capirlo. E solo questo fatto rappresenta un progresso enorme rispetto alla persona che ero prima. LA FORESTA DEGLI UCCELLI E IL SALVAGENTE Verso la fine dellestate del 1978, riuscimmo ad allontanarci da tutti quelli avvenimenti tragici. Ovviamente tutti ne portavamo il peso dentro di noi,

ognuno a modo suo. Ricordo che era gi estate inoltrata, quindi dovetti aspettare di finire lanno scolastico per poter traslocare durante le vacanze. Ricordo la sensazione di paura nel tornare a scuola, poich mi vergognavo di quello che aveva fatto mio padre. Come fanno molti bambini, avevo confuso tutto dentro di me e credevo che in qualche modo era colpa mia se mio padre non cera pi. Non ne ero consapevole e non lo sono ancora del tutto nemmeno adesso, ma riesco a capire quel tipo di ragionamento. Tutti si mostravano molto gentili e dispiaciuti con me, anche insegnanti che prima erano stati molto severi. Era come se il suicidio di mio padre avesse toccato un p lanimo di tutti e fatto scaturire dei sentimenti umani atavici, che venivano proiettati su di me. Pi tardi avrei imparato molte altre cose su queste proiezioni, una volta diventato un famoso musicista quindici anni dopo. Ma questa un altra storia. Comunque era una bella sensazione ricevere tutte quelle attenzioni, anche perch io ero quello che ha visto cose che nessuno avrebbe mai dovuro vedere. Nel profondo del mio cuore, capivo in qualche modo quanto terribili e violenti erano stati quegli eventi. Cos violenti che la mia mente dodicenne non riusciva a capacitarsi di tali azioni da parte di un mio genitore. Durante lestate del 1978 cominciai ad avvertire quella solitudine malinconica che sarebbe poi divenuta parte

determinante del mio carattere. Trascorsi lestate intera da solo. Uscivo di casa la mattina appena alzato e tornavo la solo la sera. Passavo molto tempo in riva al mare...nello stesso posto in cui sarei tornato pi volte dopo la mia crisi nervosa. Mi sedevo l a guardare il mare e sentivo questo enorme vuoto dentro di me, che non riuscivo nemmeno a ricollegare a mio padre. Mi sentivo totalmente, incredibilmente solo. A volte mi mettevo a pescare, e se prendevo qualcosa lo portavo a casa per darlo a mia madre. Trascorrevo anche molto tempo immerso nella natura, semplicemente andando in giro ed osservando tutti i dettagli di quello che mi circondava, come i vari tipi di pesci nel fiume, o le foglie degli alberi che brillavano dopo la pioggia. Mi sentivo a casa quando ero circondato dalla natura. Direi che mi sentivo al sicuro. Avevo cominciato ad allontanarmi dagli altri essere umani. Credo che dentro di me decisi che gli essere umani erano imprevedibili e non ci si poteva fidare di loro, anche se capivo che avrei dovuto relazionarmi con loro ugualmente prima o poi. Questi erano pensieri pesanti per un bimbo di dodici anni. Anche gli ABBA e i Beatles furono protagonisti quellestate. Ricordo come a volte, dopo che mia madre usciva per il lavoro, restavo a casa da solo a piangere per la perdita di mio padre. Era il pianto disperato di un dodicenne che si sentiva come

intrappolato in una ragnatela da cui non cera via duscita. Le mie uniche oasi di vita erano la natura e la musica. Non sono molto cambiato in verit. ancora cosi per me anche oggi. Un giorno mentre ero solo a casa, mi misi a suonare un piccolo organo che avevamo, e piangevo. Sar stato solo pochi mesi dopo la morte di mio padre. Ne usc una melodia che ogni fan degli Stratovarius saprebbe riconoscere. Cantavo anche alcune parole in finlandese su quella melodia che suovano su quel piccolo organetto. Erano: Perch mi hai lasciato, pap...ti voglio bene. Quella stessa melodia sarebbe poi diventata lintroduzione del pezzo di nome Destiny, cantata da un corista dodicenne dei Cantores Minores...lo stesso coro di cui facevo parte. Destiny fu registrata ventanni dopo quel giorno. Fu la prima composizione della mia vita, anche se in quel momento non ero consapevole che stavo componendo. Stavo suonando spontaneamente e piangendo. In futuro la mia musica avrebbe poi espresso molta malinconia. Verso la fine di quellestate del 1978, ci siamo poi trasferiti in un nuovo posto, il cui nome tradotto sarebbe Foresta degli uccelli. Si trovava a 40km dalla nostra casa precedente, ed era per cos dire un nuovo inizio. Era un posto splendido, nel mezzo della campagna finlandese. Cera una piscina allesterno, e io avevo una stanza tutta per me. A pochi passi dalla mia finestra cera un grandissimo albero di betulla, le

cui foglie arrivavano alla mia finestra, dandomi ancor pi quella sensazione di essere immerso nella natura. Avevo anche il mio acquario l, lo stesso che mi regal mio padre una settimana prima della sua morte. Adoravo la mia stanza, ma continuavo a starmene da solo e tenevo sempre la porta chiusa. Amavo anche esplorare i dintorni della nuova casa, e trovai molti posti che mi piacevano. Ricordo che spesso avevo paura la notte, anche se non cera ragione di averne. Ma la paura era dentro di me. Era molto spaventato da qualcosa. Facevo sogni dove mi trovavo a volare molto in alto, per poi improvvisamente precipitare. Per poi cadevo molto lentamente fino a poggiare i piedi dolcemente sul terreno. Quei sogni mi sembravano davvero reali. A quel punto i terribili eventi di qualche mese o forse un anno prima, erano gi stati rimossi dal mio conscio. Sicuramente influenzavano la mia vita e la mia personalit, ma non ero conscio direttamente. Forse era da l che veniva quella paura che non mi sapevo spiegare. Non piangevo pi, ma provavo un certo vuoto malinconico, una mancanza. Questa mancanza per non aveva un oggetto preciso. Non sentivo la mancanza di qualcuno in particolare, ma provavo quella sensazione ugualmente. Non avevo amici. Ma poi venni a sapere di un nuovo alunno che si era trasferito dalla Lapponia ad un altro

paese vicino alla Foresta degli Uccelli. Si chiamava Mika. Lui suonava il pianoforte, e molto presto diventammo amici. Sembrava come qualcosa di predestinato. I suoi genitori erano assiduamente religiosi. Mika mi raccont che spesso veniva picchiato da piccolo, e parlava spesso di Dio e di religione, cose che a quel punto non mi interessavano minimamente. In verit pensavo che lui stava solo ripetendo tutte le cose che i suoi genitori gli avevano inculcato. Ma si parlava di questo argomenti solo ogni tanto, e quindi per me non cera problema. Cominciammo a suonare insieme, io con la mia chitarra acustica e lui il pianoforte. Ricordo bene la prima volta che abbiamo suonato insieme, a casa sua. Fu un esperienza bellissima. Poi cominciammo a suonare da duo in certe occasioni, come ai festini scolastici di fine anno. Suonavamo delle cover, pi che altro pezzi che la gente ci chiedeva. Ci divertivamo molto a suonare insieme, e sette anni dopo lui sarebbe diventato il primo tastierista degli Stratovarius. Poi sentii una band che si chiamava The Shadows. Suonavano un tipo di music strumentale, e usavano chitarre elettriche. Mi innamorai molto di loro. La loro musica era bella e eccitante, con ottime melodie memorabili. Cos chiesi a mia madre se potevo avere una chitarra elettrica, e un bel giorno andammo in un negozio a Helsinki, dove presi la mia prima chitarra elettrica ed un piccolo amplificatore. La marca della

chitarra si chiamava Aria, ma non ricordo la marca dellampli. Cominciai ad imparare i pezzi degli Shadows, e ben presto ero in grado di accompagnare i loro dischi con la mia chitarra. La musica riempiva la mia vita, e riusciva anche a colmare quel grande vuoto che mi sentivo dentro. Mi dava un senso didentit, e volevo passare tutto il tempo a suonare. I primi tre gruppi importanti per me sono stati quindi gli ABBA, i Beatles, e gli Shadows. Un giorno per, ascoltai per caso qualcosa alla radio che mi avrebbe cambiato la vita per sempre. Era Smoke on the water dei Deep Purple. Quel riff mi sembrava incredibile, qualcosa di veramente magico. Non avevo mai sentito musica come quella prima di allora. Diventai completamente ossessionato dai Deep Purple e dai Rainbow, e ovviamente in particolar modo da Ritchie Blackmore, che divent il mio pi grande idolo in assoluto. Poi ereditai un p di soldi da mio padre. Anche se avrei dovuto ricevere leredit solo dopo aver compiuto i diciotto anni, mia madre riusc a fare in modo di ritirarne una parte prima del tempo stipulato. Con quei soldi mi compr una Fender Stratocaster color argento. Credo avevo quattordici anni allora. Ben presto tutte le mie giornate erano dedicate completamente alla musica e alla chitarra.

Ricord di aver avuto un lavoro estivo nella stessa azienda di famiglia dove aveva lavorato mio padre. Eroincaricato delle spedizioni dal nostro magazzino ai domicili dei clienti, insieme ad un collega che guidava il nostro furgoncino. Era un lavoro piuttosto duro, poich dovevamo trasportare merce pesante come frigoriferi e lavatrici, e portarla su anche in palazzi sprovvisti di ascensore. Comunque guadagnavo un p di soldi miei, e con il ricavato mi comprai uno stereo nuovo ed un amplificatore migliore per la mia chitarra. Mi sentivo al settimo cielo. Cominciai a prendere lezioni di chitarra una volta alla settimana. Consistevano pi che altro in Jazz e altre cose che non minteressavano tanto, ma comunque imparai un p di teoria e stili musicali diversi. Suonavo ancora nel duo insieme a Mika, ma adesso avevo una chitarra elettrica. Ricordo che suonai in chiesa la Toccata e fuga in Re minore di Bach, ed un giornale locale pubblic un articolo su di me con una mia foto, complimentandomi per la mia prestazione. Suonai lo stesso pezzo anche al festino scolastico di fine semestre, davanti a cinquecento persone. E ricordo chiaramente che non mi sentivo per niente nervoso di fronte al pubblico. Non bisogna essere Einstein per capire che la chitarra mi dava un senso didentit che non avevo mai avuto prima. stata veramente il mio salvagente. Potevo raccontarle i miei pi reconditi segreti, e lei mi ripagava sempre con la sua fedelt.

Per me era qualcosa di cui avevo veramente bisogno, specialmente per via degli eventi della mia infanzia. Prima di scoprire la chitarra, non aveva nessun senso di me, nessuna identit. Pi tardi per avrei capito che nemmeno una chitarra ti pu veramente dare un identit. Che un fiore pu crescere anche sullasfalto, e la stessa cosa vale per noi esseri umani e tutto quello che ci portiamo dentro di noi. Comunque, crescevo in quella Foresta degli Uccelli, circondato dalla natura e dalla musica. Ho molti buoni ricordi di quel posto, poich la mia carriera musicale in pratica comincio l. Le mie giornate venivano riempite con lo studiare, suonare ed ascoltare musica. Mi piaceva anche fare scampagnate e curare il mio acquario. Leggevo anche molti libri di Kondrad Lorentz sul comportamento animale, notando che non era poi molto diverso da quello umano. La mia serie televisiva preferita era World War II (la seconda guerra mondiale), e la seguivo incredulo. Imparai di un certo Adolf Hitler, di quanta gente era morta e per quali ragioni. Tutto questo non aumentava certo la mia fiducia nellumanit. Non riuscivo a capire come ottanta milioni di persone potevano essere state uccise, e perch. La cosa non aveva alcun senso per me. Non capivo il concetto di frontiere, che praticamente esistono per impedere ad un popolo di attaccare un altro popolo.

Eppure questo accadeva ugualmente, e quindi queste frontiere dovevano essere protette. Ci significa che bisogna avere quelle cose conosciute come armate. Non ero ancora a conoscenza del concetto di nazionalismo fino a quel punto, ma comunque lidea che mi stavo facendo dellumanit diventava sempre pi pessimista. Il mese di Dicembre del 1980 uno dei miei idoli, John Lennon, fu assassinato dinanzi a casa sua. Ricordo che ero a scuola quando successe. Non capivo comera potuto succedere, e ricordo quella sensazione di smarrimento poich ero un grandissimo fan di Lennon, e ancora lo sono. Gli spararono a sangue freddo nella schiena con sua moglie accanto. Ventisei anni dopo avrei visitato il luogo della sua morte a New York, mentre mi trovavo in tourne. Rimasi fermo l a pensare a quello che era successo in quello stesso punto esatto. Lennon diede la sua ultima intervista poche ore prima di essere ucciso, e durante quellintervista disse una frase che sarebbe poi sembrata come un presagio: Che significato ha se viene ucciso un pacifista? Visitai il parco di Strawberry Fields accanto alla sua casa, e vidi centinaia di persone raggruppate intorno a quella lapide di cemento con su scritto Imagine, mentre suonavano e cantavano le sue canzoni. Ad un certo punto incontrai alcune persone che erano interessate allo stesso tipo di musica che piaceva a me. Mettemmo insieme qualche band, e demmo anche

qualche concerto dal vivo. Penso era intorno al 1982. Una di quelle band si chiamava Roadblock ed il loro cantante, Tuomo Lassila, divenne poi il primo batterista degli Stratovarius. Un altra band si chiamava Thunderbird. Suonavamo in maggior parte delle cover, insieme ad alcune canzoni mie che erano pi che altro delle speci di collage di pezzi dei Rainbow. Notai anche che le ragazze diventavano molto pi interessate a te se facevi parte di un gruppo rock. O forse sinteressavano pi che altro allimmagine. Non ero mai stato molto interessato alle ragazze prima, pi che altro perch ero molto timido. Ricordo che quando avevo intorno ai quindici anni, una ragazza che non conoscevo telefon a casa mia, e mi chiese se poteva venire a trovarmi. Io balbettai una specie di s, e lei venne a casa mia. Aveva dei lunghi capelli biondi ed era un p bassina di statura. A quindici anni io ero gi molto alto. La feci entrare e accomodare sul divano, mentre io mi sedetti su una sedia di fronte a lei, con un cuscino sulle ginocchia. Ricordo che mi sentivo completamente come un pesce fuor dacqua e non sapevo cosa dire ne cosa fare. Lei mi disse: Non parli molto, tu.. a cui le risposi Eh, no ... penso proprio di no. Lei poi mi raccont che mi vedeva sempre da solo la mattina alla fermata dellautobus per andare a scuola, e che le dispiaceva vedermi sempre solo. Io per non mi ricordavo di averla mai vista prima. Misi su un p di musica, e ricordo ancora che disco era: The Wanderer di Donna Summer, che mi piaceva

ascoltare ogni tanto. Dopo un p lei dovette andare, e ci scambiammo un abbraccio ed un bacio davanti al portone di casa. Il mio primo bacio. Era stato carino, ma lei non lho mai pi rivista dopo quella volta. Poi nel 1984 mi arriv quella telefonata chiedendomi di unirmi agli Stratovarius, cosa che io come ben sapete accettai. Mi ero quindi trovato un identit ancora pi grande e importante. Intorno al 1986 anche Mika si un agli Stratovarius, ma aveva gi lasciato la band quando fummo scritturati dalla CBS. Ancora non so bene perch se ne and, la ragione che ci diede era un p vaga. Non lho rivisto pi dopo allora per dieci anni, ma ci ritrovammo intorno al periodo quando iniziai la terapia, e rimanemmo in contatto fino allestate del 2005. Quellanno aveva gi tentato il suicidio guidando contromano. Fu ricoverato in un ospedale psichiatrico. Ricordo che lo chiamai quando si trovava l, e gli mandai un lettore CD, della musica e dei libri. Lui mi scriveva delle lettere molto strane, dicendo che voleva dedicare il resto della sua vita al servizio di Dio, e cose di questo tipo. Mi sembravano praticamente le stesse cose che mi diceva quando avevamo quattordici anni. Quando fu dimesso, torn a vivere