MANUALE DI CORRETTA PRASSI PER LA … dal piano delle ultime foglie mantenendo una posizione...

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MANUALE DI CORRETTA PRASSI PER LA PRODUZIONE INTEGRATA del GIRASOLE Progetto per la Valorizzazione delle Produzioni Agroalimentari Umbre Regione Umbria

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MANUALE DI CORRETTA PRASSI PER LA PRODUZIONE

INTEGRATA del GIRASOLE

Progetto per la Valorizzazione delle Produzioni Agroalimentari Umbre

RegioneUmbria

Autore dei capitoli relativi alla tecnica agronomica: Prof. MARIO MONOTTI -Dipartimento di Scienze Agroambientali e

della Produzione Vegetale della Facoltà di Agraria.

Università degli Studi di Perugia.

Autore delle schede di difesa fitosanitaria: Dr. GIOVANNI NATALINI - ARUSIA

Autore delle schede di difesa biologica: Dr. ROBERTO BRUNI - B.T. s.r.l.

Gruppo di lavoro

MARINA BUFACCHI - 3A PTA

ADELMO LUCACCIONI - ARUSIA

ALFONSO MOTTA - CIA

MARCELLO MARCELLI - COLDIRETTI

CRISTIANO CASAGRANDE - CONFAGRICOLTURA

Hanno inoltre collaborato

MARCELLO SERAFINI, SALVATORE SPERANZA, IVANA STELLA, CLAUDIA SANTINELLI, ALFREDO MONACELLI, GIUSEPPE NATALE

EMILIANO LASAGNA, GIAMPAOLO TODINI, RENZO APPOLLONI, PIERANGELO CRIPPA, STEFANO TORRICELLI,

GIUSEPPE GORETTI, SAURO ROSSI, GIULIO CIUCCI.

INDICE INTRODUZIONE (Prof. M. Monotti)...............................................................……….. Pag. 1 1. COME SI SVILUPPA E COME PRODUCE IL GIRASOLE (Prof. M. Monotti)..… Pag. 2 2. AVVICENDAMENTO (Prof. M. Monotti) ..………………………………..………. Pag. 5 3. PREPARAZIONE DEL TERRENO (Prof. M. Monotti) ……….........……………… Pag. 7 4. SEMINA (Prof. M. Monotti) ………………………………………………....……... Pag. 11 4.1. Densità di semina e fittezza della coltura ………………………………………..... Pag. 11 4.2. Modalità di semina …………………………………………………………………. Pag. 13 4.3. Esecuzione della semina …………………………………….……………………… Pag. 14 4.4. Profondità di semina …………………………………………………..…………… Pag. 15 4.5. Semente …………………………………………………….………………………. Pag. 15 4.6. Epoca di semina …………………………………………….…………………….... Pag. 16 5. SCELTA DELLA VARIETÀ (Prof. M. Monotti) …………....……………………... Pag. 18 5.1. Adattamento agli ambienti …………………………………………………………. Pag. 18 5.2. Produttività in acheni e in olio ……………………………………………………… Pag. 23 5.3. Caratteri qualitativi ……………………………………………………………….… Pag. 24 5.4. Resistenza a fitopatie ………………………………………………………………. Pag. 27 6. CONCIMAZIONE MINERALE (Prof. M. Monotti) …......……………………….… Pag. 27 6.1. Concimazione azotata ……………………………………………………………… Pag. 28 6.2. Concimazione fosfatica ………………………………………………………….… Pag. 29 6.3. Concimazione potassica ………………………………….………………………… Pag. 31 7. IRRIGAZIONE (Prof. M. Monotti) ………………...…………..…………………… Pag. 34 8. RACCOLTA (Prof. M. Monotti) ………………...…………..………………....…… Pag. 37 9. DIFESA FITOSANITARIA 9.1. Premessa (ARUSIA) ….………………………………………………………...… Pag. 38 9.2. Schede di difesa (ARUSIA) ……….…………………………………………..….. Pag. 39 9.3. Schede di diserbo (ARUSIA) ……………….………………………………..…… Pag. 40 9.4. Difesa biologica (B.T. s.r.l.) ..…………………………………………………..….. Pag. 41 9.4.1. Schede di difesa biologica (B.T. s.r.l.) ……………………………………..…..… Pag. 43

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INTRODUZIONE

Il girasole (Helianthus annuus L.) è una specie a ciclo primaverile-estivo, caratterizzata da modeste esigenze termiche e da elevata resistenza alle basse temperature nelle prime fasi di sviluppo, da brevità del ciclo biologico, da notevoli capacità di adattamento a condizioni di scarse disponibilità idriche.

Potendo nascere e svilupparsi a temperature relativamente basse, la coltura può essere seminata precocemente, entro la fine dell'inverno, in un'epoca intermedia tra la semina della barbabietola e quella del mais.

La precocità di sviluppo, unitamente alla semina anticipata, consente alla pianta di fruire per lunga parte del ciclo biologico delle riserve d'acqua accumulate nel terreno e fa sì che le fasi più delicate dello sviluppo, incentrate sullo stadio di fioritura, avvengano con anticipo rispetto al verificarsi dei massimi termici ed evapotraspirativi della piena estate.

Grazie ad un potente apparato radicale, che con la sua parte fittonante può espandersi fino a notevoli profondità nel terreno, la pianta riesce ad utilizzare riserve idriche inaccessibili ad altre specie.

In virtù di queste favorevoli caratteristiche morfologiche e fisiologiche, il girasole si adatta meglio di altre piante a ciclo primaverile-estivo alla coltura asciutta negli ambienti dell'Italia centro-meridionale, nei quali, infatti, ha trovato ampia diffusione quali tipica, spesso unica possibile, coltura da rinnovo dei sistemi colturali privi di disponibilità irrigue.

La gamma di ambienti nei quali la coltivazione del girasole è convenientemente realizzabile sotto il profilo tecnico-agronomico è ampia: dai terreni di pianura e dai fondovalle alle aree di media ed alta collina con ridotta lunghezza della stagione vegetativa utile. Dal punto di vista climatico il più forte fattore limitante le possibilità produttive della coltura è rappresentato da scarsa ed irregolare piovosità nel periodo primaverile-estivo, che in Italia centrale riguarda soprattutto il bimestre giugno-luglio; negli ambienti più meridionali della penisola, dove situazioni di siccità ricorrono con maggiore frequenza ed intensità, oltre che con maggiore anticipo, il girasole è fattibile solo con irrigazioni di soccorso. Dal punto di vista pedologico i terreni da considerare veramente inadatti alla coltura sono quelli sciolti, perché per la bassa capacità di ritensione idrica non possono accumulare riserve d'acqua elevate, o poco profondi, perché non consentono lo sviluppo di un ampio e profondo apparato radicale.

Quanto alle caratteristiche chimiche del terreno, il girasole si adatta a suoli da subacidi a subalcalini in un campo di valori del pH da 6 a 8, mentre rifugge dai terreni acidi. Nei confronti della salinità, rientra nel gruppo di specie classificate "moderatamente tolleranti", insieme a frumento, mais, sorgo.

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Nella figura 1 sono rappresentate le fasi del ciclo biologico del girasole e l'andamento della produzione della fitomassa totale e della sua quota economicamente utile, costituita dalla granella. Nei vari stadi di sviluppo e nel corso dei susseguenti sottoperiodi del ciclo si determinano le componenti della produzione si formano le strutture destinate ad alimentare il processo produttivo (radici, steli, foglie) e maturano gli organi riproduttivi (capolini, fiori) nei quali tale processo si consoliderà sotto forma di acheni ricchi di olio. Il determinismo della produzione, scomposto nelle varie tappe del suo percorso, è rappresentato nella figura 2.

1. COME SI SVILUPPA E COME PRODUCE IL GIRASOLE

Figura 1 - Schema del ciclo biologico del girasole (da Bonciarelli, 1987).

Fasibiologiche

Levata e formazionecalatide

Fioritura Riempimento EssiccazioneEmergenza

Sem

ina

Em

erg

enza

FiorituraMaturazionefisiologica

Acheni

del capolinoRiempimentodell’achenio

Maturazionepiena

Maturazionefisiologica

Acheni

Fioritura

Em

erg

enza

Sem

ina

FasiBiologiche

Emer-genza

Levata e formazionedel capolino

Fioritura

Riempimentodell'achenio EssiccazioneFasi

BiologicheEmer-genza

Levata e formazionedel capolino

Fioritura

Riempimentodell'achenio EssiccazioneEmer-

genzaLevata e formazione

del capolinoFioritura

Riempimentodell'achenio EssiccazioneEmer-

genzaEmer-genza

Levata e formazionedel capolino

Levata e formazionedel capolino

FiorituraFioritura

Riempimentodell'achenio

Riempimentodell'achenio EssiccazioneEssiccazione

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Figura 2 - Come si determina la produzione di acheni e di olio nel girasole

La percentuale di acheni seminati che danno vita ad una plantula regolarmente emersa dal

terreno determina la popolazione di piante per ettaro. Allo stadio di ottava foglia circa si differenzia l’abbozzo del capolino, dal quale deriverà l’unica infiorescenza terminale tipica del girasole. Segue un periodo di rapidissimo accrescimento della pianta (fase di levata), con formazione di un ampio

Numero di semi prodotti per ettaro x

Peso medio di un achenio

Numero di acheni seminati per ettaro x

% di emergenze

Numero di piante per ettaro x

Numero di fiori per capolino x

% di allegagione

Resa in olio per ettaro

Resa in acheni per ettaro x

% olio degli acheni

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apparato fotosintetizzante. La emissione di nuove foglie si arresta quando alla base del verticillo fogliare terminale compare il bottone fiorale (1-2 cm di diametro), in guisa di una struttura a forma di stella. Procedendo l'accrescimento, il bottone fiorale aumenta di dimensioni e si allontana progressivamente dal piano delle ultime foglie mantenendo una posizione orizzontale. Ad un certo punto, assunta una posizione sub-verticale, il bottone fiorale apre la corona di brattee che lo avvolgono e compaiono le ligule gialle portate dalla corona di fiori più esterna del disco (i cosiddetti "fiori del raggio"), che danno al capolino del girasole il suo aspetto caratteristico. Il disco appare tutto coperto di fiori ancora incompleti nelle loro strutture, il cui numero dipende dalla varietà e dalle condizioni colturali e ambientali: in situazioni eccezionalmente favorevoli può superare 2000 per capolino. Solo una quota parte di questi, tuttavia, produrrà acheni normalmente conformati. Nel capolino, infatti, i fiori ligulati sono sterili. Negli altri fiori l'emissione degli stili carichi di polline e la recettività degli stigmi si realizzano scalarmente, procedendo dai fiori più esterni verso quelli posti al centro del disco (figura 3). Questi, pertanto, sono gli ultimi ad essere fecondati, onde è possibile che le successive fasi di allegagione e di formazione degli acheni avvengano in condizioni di accentuato stress idrico e termico e dovendo subire la competizione esercitata dai frutti già in via di sviluppo. In conseguenza di questi fatti, molti fiori posti al centro del capolino possono non allegare, dando luogo ad una zona centrale priva di acheni utili. Tale area improduttiva (impropriamente detta “sterile”) può essere più o meno ampia in dipendenza della intensità delle condizioni ambientali avverse e della varietà e può determinare un significativo decremento della resa di acheni per capolino.

In definitiva, tenuto conto che nel girasole si forma una sola infiorescienza per pianta, in un

ettaro di terreno viene a trovarsi un numero di fiori pari al prodotto della popolazione di piante per il numero medio di fiori per capolino. Il numero di acheni per ettaro sarà invece pari al prodotto del numero di fiori totale per la percentuale di allegagione. Gli acheni regolarmente formati si ingrossano ed aumentano rapidamente di peso, per l’accumulo delle sostanze di riserva, in particolare dell'olio, che nel frutto maturo può costituire oltre il 50% del peso secco. La maturazione fisiologica corrisponde al raggiungimento del massimo peso secco degli acheni ed al termine dell'accumulo dei lipidi. In questo stadio gli acheni hanno un contenuto di umidità superiore al 35 %,

Figura 3 - Sezione schematica del capolino del girasole

Ligula

Brattee

Cavità del ricettacolo

Ricettacolo

1 Fiori non ancora aperti 2 Fuoriuscita dello stilo carico di polline 3 Fiori con stimmi aperti, pronti per l’impollinazione 4 Fiori appassiti con fecondazione già avvenuta 5 Fiori ligulati sterili

5 4

3 2

1

5

il dorso del capolino è di colore giallo-bruno, gran parte delle foglie sono secche. Successivamente la perdita di umidità degli acheni è rapida, fino e oltre due punti percentuali al giorno in condizioni normali, e l’intera pianta dissecca progressivamente.

* * * * * * * Il risultato produttivo finale, in acheni ed in olio, è la risultante delle varie tappe

precedentemente descritte. Ottimizzare le condizioni che regolano il ciclo vitale della pianta nelle sue varie fasi, e soprattutto negli stadi che presiedono al determinismo produttivo, costituisce il presupposto per valorizzare le potenzialità produttive dell’oleifera ed il fine cui tendono le scelte agronomiche e gli interventi tecnici di seguito descritti.

2. AVVICENDAMENTO Il girasole è una classica coltura miglioratrice da rinnovo, che nell'avvicendamento trova

idonea collocazione tra due cereali microtermi. Essendo specie a semina primaverile e con ciclo colturale primaverile-estivo piuttosto breve, il girasole permette una eccellente preparazione del terreno sul quale esso stesso sarà seminato e non crea problemi per le lavorazioni e le operazioni preparatorie necessarie per la semina del cereale successivo. Prima della semina dell’oleifera, infatti, il lungo intervallo di tempo intercorrente dall’estate precedente permette che la ordinaria sequenza dei lavori preparatori propriamente detti (con l’interramento dei residui colturali e del letame eventualmente disponibile) e di quelli complementari possa svolgersi rispettando tempi e modalità prescelte per la loro corretta esecuzione. Nei suoli a grana fine è così possibile assicurare il ripristino di uno stato strutturale ottimale e realizzare eccellenti condizioni per la semina. Grazie alla raccolta precoce, inoltre, il girasole libera presto il terreno, di norma prima della fine dell'estate, agevolando in tal modo i preparativi per l'impianto della coltura cerealicola seguente. A favore di questa vengono lasciate condizioni di fertilità migliori anche sotto gli aspetti biologico e chimico. Quanto al primo aspetto, infatti, l'efficacia del controllo delle erbe infestanti realizzato dal diserbo e/o dalle sarchiature, oltre che dal forte potere competitivo proprio del girasole, assicura un buon rinettamento del terreno dalla vegetazione avventizia. Circa il secondo punto, è da ricordare che i residui colturali dell’oleifera, stimabili nell'ordine di 4,5-6 t ha-1 per produzioni normali di acheni intorno a 2-2,5 t ha-1, sono facilmente decomponibili e dotati di un discreto coefficiente isoumico.

Grazie ai benefici effetti ricordati, il girasole risulta una precessione per il frumento di valore pari o superiore ad altre tradizionali colture da rinnovo (tabella 1).

Data la friabilità e lo stato di frammentazione dei residui colturali del girasole, la semina del

cereale successivo previa lavorazione minima o direttamente su terreno non lavorato non incontra

0 100 200

Barbabietola 44,6 59,3 61,3 55,1Girasole 46,7 60,1 61,7 56,2Mais 41,7 59,6 63,9 55,1Sorgo 32,0 55,4 62,9 50,1

Coltura precedente

MedieDosi di azoto al frumento (kg/ha)

Tabella 1 - Produzioni del frumento (q/ha) dopo diverse precessioni e condiverse dosi di azoto (da Monotti, non pubblicato).

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particolari difficoltà di esecuzione, tanto che in molti casi tali modalità di impianto del cereale vernino sono divenute ordinarie.

Per problemi essenzialmente determinati dalla flora patogena e infestante, il girasole non dovrebbe ritornare sullo stesso terreno a intervalli di tempo troppo stretti, inferiori a 3-4 anni come ipotesi precauzionale minima. In realtà, negli ordinamenti colturali asciutti delle regioni centro-meridionali italiane imperniati sulla coltura dei cereali a paglia, le varianti colturali a ciclo primaverile-estivo sono poche, e quelle possibili o incontrano cronici problemi di valorizzazione mercantile del prodotto, come il sorgo da granella, o sono fortemente condizionate da effettive difficoltà della tecnica di coltivazione e da vincoli di contingentamento delle superfici coltivabili, come la barbabietola da zucchero. In queste realtà hanno finito per affermarsi su ampia scala rotazioni biennali tipo girasole-frumento (tenero o duro), o triennali con ristoppio di frumento o di altro cereale vernino: girasole-frumento-frumento, girasole-frumento-orzo. In queste rotazioni di breve durata la coltura del girasole ha potuto reggere grazie alla costituzione col miglioramento genetico di ibridi resistenti alla peronospora (Plasmopara helianthi Novot) ed alla disponibilità di efficaci prodotti antificomicetici (metalaxil) capaci di proteggere le piante suscettibili dall'invasione del patogeno attraverso la concia del seme. Senza queste fondamentali innovazioni tecniche non sarebbe stato possibile un turno di rotazione inferiore a 6-7 anni (figura 4). Negli ultimi anni, tuttavia, sono state notate frequentemente, sia in prove di confronto di varietà che in coltivazioni di pieno campo, percentuali significative di piante malate di peronospora in diversi ibridi commerciali. Poiché la legislazione vigente non impone di dichiarare se le varietà commerciali sono o no geneticamente resistenti, né di indicare i geni per la resistenza eventualmente presenti, non è dato sapere se i casi citati sono imputabili a procedure non corrette nella moltiplicazione del seme e/o nella concia del medesimo, oppure alla comparsa di nuove razze fisiologiche del micete non controllate dai geni per la resistenza presenti nelle varietà attualmente coltivate. Il danno produttivo arrecato da tali avversità può essere notevole e rafforza la raccomandazione di non stringere troppo il turno tra due colture successive di girasole sul medesimo terreno.

Durata della rotazione (anni)

Pro

du

zio

ne

di

ach

eni

(q/h

a)

Pia

nte

mal

ate

(%) (1)

(2)

1: y=26,5-6,45x+0,395x2 R2=0,982: y=13,3+3,35x-0,235x2 R2=0,99

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Figura 4 - Andamenti della percentuale di piante malate di peronospora (1) e della produzione di acheni del girasole (2) in funzione della durata della rotazione (da Sing e al., 1973).

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Una situazione nella quale si impone inevitabilmente la interruzione della coltivazione dell’oleifera per un congruo numero di anni è quella determinata da infestazioni di girasole selvatico, ormai generalizzate in molti dei comprensori nei quali il girasole si è insediato da più lungo tempo. Qui la sostituzione del girasole con altre colture, insieme all'applicazione rigorosa di tutti i possibili mezzi di lotta diretta e indiretta all’infestante, è condizione necessaria per conseguire la eradicazione del temibilissimo e dannoso girasole selvatico. In questo, come in ogni altro caso in cui si imponga l'impiego di colture alternative al girasole, debbono essere escluse le specie ospiti di parassiti che attaccano anche l’oleifera: tra queste la soia e il colza, suscettibili alla Sclerotinia sclerotiorum agente del marciume del fusto e del capolino del girasole.

3. PREPARAZIONE DEL TERRENO

Nelle tradizionali aree elianticole italiane il girasole è quasi sempre coltivato in coltura asciutta, raramente con irrigazioni di soccorso. Dato il profilo climatico degli ambienti, caratterizzato essenzialmente da ridotta e irregolare piovosità durante i mesi in cui si svolge gran parte del ciclo colturale, il girasole ha possibilità di offrire produzioni di concreto interesse solo su terreni di medio impasto o argillosi, capaci di immagazzinare riserve idriche importanti. In siffatte condizioni climatiche, pedologiche e di coltura non risultano appropriate tecniche di preparazione del terreno semplificate (lavorazioni minime) e, ancor meno, la semina diretta su terreno non lavorato. È quanto dimostrano i risultati di sperimentazioni condotte in Italia centrale: riduzione delle rese in acheni sul terreno preparato con minima lavorazione (solo erpicatura, figure 5 e 6), riduzione e forte irregolarità delle produzioni con le semine su terreno non lavorato (figura 6).

Figura 5 - Produzioni ottenute da una successione girasole - frumento con diversi sistemi di lavorazione del terreno, in due ambienti dell'Italia centrale (da Bonciarelli e al., 1991).

cm

25

25 25

25

25 25 3.14 3.51

Girasole

t/ha

Frumento

t/ha

25 25

25

25 25 3.18 5.91

10 10 2.82 5.76

Aratura

Discissura

Discissura + aratura

Erpicatura (a dischi)

40

2.95

cm

50

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50

5025

25

50

10

Osimo (AN)

Girasole

t/ha

Frumento

t/ha

Perugia

2.87 3.60

3.13 6.06

3.36

3.26 5.99

3.15 6.08

cm

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Frumento

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Girasole

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Perugia

2.87 3.60

3.13 6.06

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Per migliorare il rifornimento idrico della pianta e favorire lo sviluppo del potente apparato

radicale, specialmente della sua parte fittonante, è importante favorire in ogni modo l’accumulo di riserve di acqua nel terreno e di rendere questo pervio alle radici. La ricerca sperimentale (figura 5) e l'esperienza pratica hanno comunque dimostrato che non si ottengono vantaggi produttivi da lavorazioni spinte oltre una media profondità, soprattutto nei suoli argillosi che si fessurano spontaneamente. Inoltre se, come è norma diffusa, il girasole segue il frumento o altro cereale affine, è necessario interrare la paglia con un lavoro di aratura tradizionale: ciò costituisce un ulteriore motivo per contenere la profondità della lavorazione. Nei terreni di medio impasto o tendenti all’argilloso questa può essere mantenuta intorno a 25-30 cm.

Quando sussista la necessità di dirompere il terreno a profondità maggiori (ad esempio nei terreni poco contrattili o limosi) è consigliabile adottare una tecnica di lavorazione "a due strati", contenendo comunque la profondità di rovesciamento entro i 25-30 cm superficiali. Esperienze di lunga durata in Italia centrale (figura 7 e tabella 2) hanno dimostrato la sostanziale equivalenza tra le rese produttive ottenute con arature molto profonde (55 cm), di media profondità (30 cm) e con lavorazioni molto profonde eseguite con la tecnica "a due strati". Importanti differenze, invece, emergono tra le predette modalità in ordine ai consumi energetici ed alla capacità lavorativa, i cui valori risultano nettamente più vantaggiosi con l’aratura superficiale e, a parità di profondità di lavorazione, con la tecnica a due strati. È ancora da osservare che la riduzione della profondità di lavorazione adottata per il girasole non ha ripercussioni negative sul frumento successivo (figura 5).

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

3.0

1 9 9 5 1 9 9 6 1 9 9 7

l a v o r a z i o n e t r a d i z i o n a l e

l a v o r a z i o n e m i n i m a

s e m i n a d i r e t t a

Pro

duzi

one

di

achen

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ha

Figura 6 - Effetti della riduzione delle lavorazioni del terreno sulla produzione del girasole (da Roggiero, 1998).

10

100

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25

0'82 '83 '84 '85 '86 '87 '88 '89 '90 '91 '92 '93 '94

0

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1

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Cap

acità

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rativ

a (h

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Con

sum

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ca

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ante

(kg

/ha)

Prod

uzio

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t/ha)

Aratura profonda (55 cm) vs lavorazione a 2 strati (55 cm + 30 cm)

Capacità lavorativa

Consumo di carburante

Aratura profonda (55 cm)

Lav. a 2 strati (55 cm + 30 cm)

Produzione

0

1

2

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Prod

uzio

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t/ha)

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00

0,1

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kg/h

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Capacità lavorativa

Consumo di carburante

Aratura profonda (55 cm)

Aratura leggera (30 cm)

Produzione

Aratura profonda (55 cm) vs aratura leggera (30 cm)

Figura 7 - Capacità lavorativa, consumi energetici ed effetti sulla produzione relativi a diversi tipi e profondità di lavorazione preparatoria del terreno per la coltura del girasole, riscontrati in esperienze poliennali in Italia centrale (da Bonciarelli e al., 1999).

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Salvo che nei terreni limosi o sciolti, la cui preparazione definitiva deve essere rimandata al momento della semina, conviene che gli ultimi lavori superficiali di preparazione del "letto di semina" vengano effettuati con anticipo rispetto al momento dell'impianto della coltura. Per controllare le infestanti eventualmente nate tra la preparazione anticipata del terreno e la semina si può intervenire con erpicature molto leggere e superficiali, da preferire, ogni volta che possibile, a trattamenti disseccanti presemina, che pur essendo più rispondenti da un punto di vista strettamente tecnico, comportano un maggiore impatto ambientale.

4. SEMINA

Il girasole è coltura a bassa densità di investimento, che ha la possibilità di recuperare solo in minima parte, attraverso un modesto incremento della resa per pianta, la perdita di produttività dovuta a fittezze sub-ottimali. Daltro canto risulta molto sensibile a fittezze anche di poco superiori a quelle ottimali, riducendo la robustezza dello stelo e la resa in acheni. Dati questi comportamenti, la semina rappresenta un momento cruciale della tecnica di coltivazione, tale da condizionare sostanzialmente l'esito produttivo attraverso ognuna delle modalità e delle scelte tecniche con le quali la semina si realizza: la densità di semina, dalla quale dipende la fittezza che si vuol dare alla coltura; la modalità di semina, che influenza la distribuzione delle piante nello spazio, la struttura della coltre vegetale e gli effetti che questa esercita sull’intercettazione della luce e sul contenimento della flora infestante; la esecuzione della semina, dalla quale dipendono uniformità e regolarità di nascite e dei seminati; l'epoca di semina, che è diretta conseguenza dell'adattamento della pianta e dei variabili profili climatici nei diversi ambienti di coltivazione. 4.1. DENSITÀ DI SEMINA E FITTEZZA DELLA COLTURA

Il numero di semi per m2 da affidare al terreno dipende dalla fittezza di piante utili per unità di superficie che si intende realizzare nella coltura e portare al raccolto. Ricerca ed esperienza pratica hanno individuato in 5 piante per m2 la fittezza ottimale per i comprensori della classica "fascia del girasole" dell'Italia centrale. Come dimostra la figura 8, infatti, gli indici di resa in acheni non aumentano oltre tale fittezza, perché il maggior numero di piante nell'unità di superficie non compensa la decrescente resa per pianta, dovuta alla riduzione progressiva dei valori di tutte le

ha/ora % (*) kg/ha % (*) t/ha % (*)

Aratura profonda (55 cm) 0,23 80 2,49Aratura leggera (30 cm) 0,44 +91 48 -40 2,48 -0,4Aratura profonda (55 cm) 0,24 81 2,43Lavorazione a due strati (55+30 cm) 0,32 +33 66 -19 2,40 -1,2

(*) = Differenze percentuali rispetto all'aratura profonda

Produzione (acheni)Metodi di lavorazione

Capacità lavorativaConsumo di carburante

Tabella 2 - Capacità lavorativa, consumi di carburante e produzioni di acheni del girasole in funzione di diversi tipidi lavorazioni del terreno. Medie dei dati presentati nella figura 7 (da Bonciarelli e al.,1999).

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componenti della produzione. Anche la resa di olio per ettaro segue lo stesso andamento, ancorché il tenore d'olio degli acheni aumenti, sia pure leggermente, al crescere dell'investimento.

Variazioni della fittezza consigliata per gli ambienti ricordati possono rendersi necessarie nel

senso di una riduzione del numero di piante per m2 nelle situazioni difficili piuttosto che in direzione di significativi incrementi nei contesti pedoclimatici più favorevoli. Ciò perché la fittezza modifica fortemente tutte le strutture della pianta (tabella 3), in particolare quelle legate alla stabilità, come l'altezza, che aumenta, e il diametro dello stelo, che si riduce, creando così le condizioni per l'incremento della suscettibilità all’allettamento ed allo stroncamento del fusto. Tali inconvenienti, gravi per la completa perdita di produzione che comportano, possono verificarsi con incidenze elevate già con fittezze superiori o uguali a 5 piante per m2. Si aggiunga che se le potenzialità produttive dell'ambiente sono elevate, per fertilità naturale dei terreni e per disponibilità idriche, lo sviluppo in altezza della pianta è maggiore, il capolino produce più acheni e quindi è più pesante: sullo stelo più alto ed esile viene così a gravare una più forte sollecitazione all’allettamento e allo stroncamento.

In condizioni di ordinaria operatività (semina di precisione su terreno ben preparato, epoca di semina normale) la semente occorrente per ettaro di superficie corrisponde al numero di piante per ettaro desiderato al raccolto aumentato del 30% circa.

2 3 4 5 6

acheni/calatide (g)

acheni/calatide (n)

Piante per m2 (n)

1000 acheni (g)

contenuto olio (%) acheni (q/ha)

olio (q/ha)

120

110

100

90

80

70

60

50

40

%

Figura 8 - Effetti della fittezza di piante per m2 su produzione e componenti della produzione di acheni e di olio del girasole (da Monotti, 1978)

13

4.2. MODALITÀ DI SEMINA

L’impianto della coltura prevede la semina a file, la cui distanza può variare da 45-50 a 70-75 cm. La prima condizione da soddisfare nella scelta di tale distanza è che siano rispettate le esigenze di operatività di tutte le macchine e gli strumenti impiegati per le varie operazioni colturali: semina, concimazione in copertura, sarchiatura, rincalzatura, mietitrebbiatura.

A parità di fittezza, la riduzione dell'interfila anticipa la completa copertura del terreno da parte della coltura, aumentandone il potere di competizione sulle erbe infestanti. La disposizione delle piante sul terreno è più regolare e migliore è lo sfruttamento dello spazio aereo e ipogeico, a vantaggio dell’intercettazione della radiazione solare da parte del fogliame e dell'utilizzazione dell'umidità del terreno da parte degli apparati radicali. Tali effetti risultano tanto più vantaggiosi quanto più le condizioni ambientali sono favorevoli allo sviluppo vegetativo delle piante e più alta è la varietà impiegata, perché dalla attenuazione della competizione intraspecifica può derivare una minor incidenza dell'allettamento. Può anche accadere, però, che se per l'eccessiva altezza e il peso del capolino le piante subiscono sbandamenti che le portano ad intrecciarsi con quelle delle file vicine, nelle interfile percorse dallo spartigrano della mietitrebbia i capolini possono subire delle sollecitazioni meccaniche così violente da far cadere a terra irrecuperabilmente gran parte del seme. È inoltre da tener presente che più strette sono le file più difficoltosa e impegnativa diventa l'esecuzione delle operazioni colturali e più breve il tempo utile per loro effettuazione. Infine, malgrado gli aspetti positivi appena ricordati, la ricerca sperimentale non ha dimostrato concreti vantaggi produttivi stringendo le file da 75 a 45 cm (figura 9), né sostituendo alla prima modalità di impianto la distribuzione in quadro delle piante sul terreno, nell'ambito di una gamma di fittezze variabile da 2 a 7 piante per m2. Si può quindi concludere che non vi è alcuna convenienza a stringere le file fino al massimo consentito dalle esigenze della meccanizzazione.

Diametrocm

Zona improduttivamm

2 37 25 190 29 13 22 30 197 25 24 20 29 203 22 55 19 33 206 20 126 17 38 209 19 227 16 33 210 17 31

Piante per m2

n

Altezzapianta

cm

Diametrostelomm

Piantestroncate

%

Capolino

Tabella 3 - Effetti della fittezza di piante per m2 sulle dimensioni della pianta di girasole (daMonotti, 1978).

14

4.3. ESECUZIONE DELLA SEMINA

La migliore tecnica di esecuzione della semina è quella che impiega seminatrici di precisione di tipo pneumatico dotate degli appositi dischi per il girasole. E necessario dedicare molta attenzione alla corretta regolazione delle seminatrici, in particolare degli organi di distribuzione del seme, e verificarne scrupolosamente il corretto funzionamento prima di iniziare le operazioni e nel corso delle stesse. Altrettanto dicasi per il rispetto della giusta velocità di avanzamento. Queste ricordate sono le condizioni necessarie per assicurare la precisa collocazione dei semi lungo la fila, evitando doppie deposizioni e vuoti. La regolarità e l'uniformità del seminato incidono in modo significativo sulla resa della coltura, che risente negativamente di addensamenti o radure lungo le file, anche se il numero di piante per m2 è quello ottimale. È quanto dimostrano i risultati riferiti nella tabella 4 relativi ad un'esperienza nella quale, mantenendo fissa la fittezza di 7 piante per m2, sono state fatte variare le distanze tra le piante lungo la fila, realizzando situazioni di crescente irregolarità rispetto al controllo con uniforme distanziamento a 20 cm. Il decremento produttivo è spiegato dalla maggiore incidenza di piante morte e dalle ridotte dimensioni del capolino (carattere strettamente correlato con la resa in acheni) nei tratti di fila con eccessivo addensamento di piante.

3.163.36

4.82 4.63 4.56 4.63

0

1

2

3

4

5

1992 1993 1994

45 cm 75 cmLarghezza interfila:

Figura 9 - Effetti della distanza tra le file sulla resa in acheni del girasole (da Agronomica, 1995)

Prod

uzio

ne d

i ach

eni,

t/ha

15

4.4. PROFONDITÀ DI SEMINA

La giusta profondità di semina è di 4 cm. È importante che tale profondità sia uniforme in tutto l'appezzamento, per garantire emergenze regolari e contemporanee. A tal fine, oltre la corretta regolazione degli organi della seminatrice, è importante la valutazione della sofficità del terreno: se questa è eccessiva le ruote della trattrice possono approfondirsi nel terreno falsando la profondità di semina prescelta, che risulterebbe maggiore nel terreno molto smosso all'interno della carreggiata rispetto a quanto si verifica lungo le tracce lasciate dalle ruote.

Quando il terreno risulta asciutto in superficie, evenienza frequente nelle semine effettuate in primavera con tempo caldo e asciutto, può porsi il problema dell'opportunità di seminare a profondità maggiori della norma, allo scopo di deporre il seme in terreno più umido. Questa è una soluzione sconsigliabile e da evitare, per i maggiori rischi di avere emergenze ridotte e scalari, e un’ accentuata incidenza di possibili avversità (più forti attacchi di peronospora). Molto più razionale deve essere considerata una rullatura eseguita subito dopo la semina al fine di favorire il contatto tra seme e terreno e di permettere la risalita per capillarità dell’acqua dagli strati umidi sottosuperficiali. E’ consigliabile di eseguire tale operazione con rulli scanalati, che lasciando il terreno corrugato impediscono la formazione di crosta qualora dovessero verificarsi piogge intense e battenti.

4.5. SEMENTE

La semente commerciale di girasole viene venduta a "dosi", confezioni contenenti un determinato numero di “semi” (generalmente 70.000) conciati con prodotti anticrittogamici dei quali deve essere obbligatoriamente indicato il principio attivo e la sua classe di tossicità sul cartellino del produttore. Tali prodotti sono generalmente specifici per la protezione delle plantule contro i marciumi terricoli. Per la semente di girasole importata da paesi non facenti parte della Unione Europea, che rappresenta una quota consistente del totale commercializzato in Italia, è obbligatorio (in base a quanto disposto dal D.M. 31 gennaio 1996) anche il trattamento con Metalaxil, principio attivo antificomicetico che protegge le plantule dall’attacco della peronospora. Tale obbligo non sussiste per le sementi moltiplicate in Italia e negli altri paesi della UE, per cui le partite che hanno queste provenienze potrebbero non aver ricevuto il trattamento predetto. Poiché il Registro varietale non indica se una cultivar è geneticamente resistente alla peronospora, per cui non è possibile prendere in considerazione tale fondamentale requisito ai fini della scelta varietale, disporre di semente trattata con Metalaxil costituisce una buona assicurazione per l'agricoltore contro il rischio di esporre le proprie coltivazioni a forti e dannose infezioni di peronospora qualora la varietà impiegata non possedesse i geni per la resistenza o dovessero comparire nuove razze del fungo più virulente di quelle già diffuse.

> 20 cm < 20 cm > 20 cm < 20 cm

20 20 20 20 20 20 24,0 16 - 131 -10 30 10 30 10 30 21,2 17 - 118 -10 20 30 10 20 30 21,1 14 16 143 6110 10 40 10 10 40 17,1 18 25 127 56 5 5 5 5 50 50 18,2 14 47 144 73

Distanze tra le piantelungo la fila

cm

Produzionedi

acheniq/ha

Piante morte%

Diametro capolinomm

piante distanti piante distanti

Tabella 4 - Effetti di irregolarità di distribuzione delle piante lungo la fila sulla produzione del girasole (daRemussi e al., 1976).

16

4.6. EPOCA DI SEMINA

La figura 10 mette in evidenza la dipendenza del numero di giorni intercorrenti tra semina ed emergenza del girasole dalla temperatura media dello stesso lasso di tempo. Per ottenere nascite ragionevolmente pronte, entro un massimo di 15 giorni dalla semina, è richiesta una temperatura media di circa 10°C: è il verificarsi, nella media generale di lungo periodo, di questo stato termico ad indicare ambiente per ambiente l'epoca migliore per la semina. La ricerca sperimentale ha dimostrato che per l'Italia centrale interna tale epoca cade verso il 15-20 marzo, e con anticipo di circa una settimana per le aree costiere. Negli ambienti dell'Italia meridionale si può procedere alla semina fin dal mese di febbraio. Forzare l’anticipo della semina rispetto alle indicazioni proposte può esporre la coltura a notevoli rischi, al di là di occasionali vantaggi in certe annate o situazioni. Infatti, se la temperatura rimane a lungo su valori troppo bassi, il tempo necessario per la germinazione e per l'emergenza dal terreno può risultare eccessivamente lungo, esponendo semi e plantule a pericolose avversità naturali: marciumi, maggior virulenza di certi parassiti, possibilità di ristagni idrici. Quando le nascite procedono stentatamente e si protraggono nel tempo i seminati sono esposti a ripetuti attacchi da parte di numerose specie di uccelli che si nutrono delle giovani piantine estirpandole dal terreno o asportandone le tenere foglie cotiledonari non appena dispiegate. I danni arrecati possono essere gravi, fino al fallimento di intere coltivazioni.

Effetti fortemente negativi sono prodotti anche da ritardi della semina rispetto all'epoca

consigliata per l'ambiente, in quanto la fioritura e la successiva fase di produzione degli acheni si spostano sempre più verso il periodo caldo e siccitoso dell'estate (tabella 5). Ne deriva un progressivo decremento delle rese in acheni e in olio, meno accentuato per quest'ultimo carattere a causa della scarsa influenza esercitata dall'epoca di semina sul contenuto d’olio degli acheni (figura 11).

Gio

rni d

a se

min

a a

emer

genz

a, n

.

Temperatura media, °C

Figura 10 - Numero di giorni intercorrenti tra la semina e l'emergenza del girasole in funzione della temperatura media del medesimo periodo (da Bonciarelli, 1973)

17

Epoca disemina

Data difioritura

Epoca disemina

Data difioritura

12/3 28/620/3 30/6 20/3 2/727/3 1/7 28/3 3/75/4 5/7 3/4 6/713/4 8/7 12/4 10/721/4 11/7 20/4 15/729/4 16/7 29/4 19/77/5 19/7 12/5 28/7

Pianura Collina

Tabella 5 - Date di fioritura del girasole in funzione dell'epoca di semina in due ambientidell'Italia centrale ( da Monotti, 1973).

28

29

30

31

32

33

34

35

36

49.0

49.5

50.0

13

14

15

16

17

2 0 /3 3 1 / 3 1 0 / 4 2 0 /4 3 0 /4 1 0 /5

Ach

eni q

/ha

Olio

% s

.s.

Olio

q/h

a

Figura 11 - Produzioni di acheni e di olio e contenuto percentuale di olio degli acheni del girasolein funzione di diverse epoche di semina (indicate dalle frecce sull'asse orizzontale) scalate da marzo a maggio (da Monotti, 1978)

18

5. SCELTA DELLA VARIETÀ Le varietà di girasole disponibili in commercio in Italia sono numerose, quasi un centinaio

nella campagna elianticola 2000. Tutte sono rappresentate da ibridi, semplici o a più vie; non esistono varietà a impollinazione libera. Ampia è la variabilità nei confronti della durata del ciclo, morfologia della pianta, produttività e caratteri qualitativi. Con riferimento agli ultimi due aspetti si può ricordare che sono possibili differenze di resa fino a 10 q ha-1 di acheni e fino a 8-9 punti percentuali di olio su secco solo in funzione della varietà impiegata.

Per procedere ad una corretta scelta varietale nell'ambito di una tanto ampia offerta di cultivar è necessario tenere conto di alcuni criteri guida, di seguito indicati: • Adattamento agli ambienti: lunghezza del ciclo; altezza della pianta • Produttività: resa in acheni e in olio • Caratteri qualitativi: contenuto d'olio degli acheni; composizione dell'olio • Resistenza a parassiti, nei confronti di fitopatie diffuse e di possibile diffusione

5.1. ADATTAMENTO AGLI AMBIENTI

Lunghezza del ciclo biologico e altezza della pianta sono importanti caratteri di adattamento

di una varietà agli ambienti di coltivazione. Precocità. Le cultivar diffuse in commercio in Italia presentano una gamma di precocità,

espressa come epoca di fioritura, compresa in un arco di circa 15 giorni. Per definire la precocità si fa riferimento a 3 varietà standard per il ciclo da emergenza a fioritura (Cerflor, Mirasol, Euroflor) che fungono da termini di separazione tra le 4 classi di precocità indicate nella tabella 6. Esiste una stretta correlazione tra precocità di fioritura e umidità degli acheni (indice di precocità di maturazione) ad uno stadio definito della fase di granigione (figura 12).

Precoce

Cerflor

Medio precoce

Mirasol

Medio tardiva

Euroflor

Tardiva

Classi di precocitàVarietà standard

di riferimento

Tabella 6 - Classificazione della precocità nel girasole

19

La maggior parte delle cultivar diffuse in commercio in Italia appartiene alle classi medio

precoce e medio tardiva. Poco numerose sono le classi precoce e tardiva. Alla precocità di sviluppo sono collegate le potenzialità produttive dei genotipi e le possibilità

di adattamento agli ambienti di coltivazione italiani. La figura 13 dimostra che con andamenti stagionali favorevoli le rese in acheni medie degli ibridi raggruppati per classi di precocità aumentano progressivamente dalla classe precoce a quella tardiva, in modo più evidente negli ambienti dell'Italia settentrionale dotati di un potenziale di produzione più elevato rispetto ai comparti dell'Italia centrale. Tuttavia, se l'andamento stagionale ha un decorso sfavorevole, la maggior produttività dei tipi tardivi riesce ancora ad esprimersi negli ambienti settentrionali, mentre in quelli dell’Italia centrale gli ibridi di ciclo lungo e tardivi risultano penalizzati rispetto alle classi medio precoce e precoce. La diversa possibilità di adattamento risulta ancor più esplicita nelle aree meridionali (figura 14), dove si manifesta con evidenza una delle conseguenze dello stress idrico al quale sono inevitabilmente più esposti gli ibridi tardivi: l’ampiezza della superficie improduttiva al centro del capolino, importante fattore di riduzione della resa in acheni.

Figura 12 - Relazione tra precocità di fioritura e umidità degli acheni rilevata allo stadio di maturazione fisiologica di un ibrido di riferimento di ciclo medio.

56 60 64 68 72 76

10

20

30

40

50

y = -126.18 + 2.36 x

n = 51

R2 = 0 .87

Um

idità

deg

li ac

heni

(%

)

Giorni da emergenza a fioritura (n)

20

Annata favorevole

80

85

90

95

100

105

110

115

Precoci Medioprecoci

Mediotardivi

Tardivi

Ind

ice

di

resa

inac

hen

i

Annata sfavorevole

80

85

90

95

100

105

110

115

Precoci Medioprecoci

Mediotardivi

Tardivi

Annata favorevole

80

85

90

95

100

105

110

115

Precoci MedioprecociMedioprecoci

MediotardiviMediotardivi

Tardivi

Ind

ice

di

resa

inac

hen

i

Annata sfavorevole

80

85

90

95

100

105

110

115

Precoci MedioprecociMedioprecoci

MediotardiviMediotardivi

Tardivi

Italia centrale

Italia settentrionale

Italia centrale

Italia settentrionale

Figura 13 - Risposta produttiva (indici di resa rispetto a produzione mediagenerale = 100) di ibridi di diversa classe di precocità in ambienti dell'Italia settentrionale e centrale, in annate con andamenti stagionali favorevoli e avversi al girasole.

Figura 14 - Produzione di acheni e incidenza della superficie improduttiva del capolino in ibridi di diversa precocità in un ambiente meridionale (da Leto e al., 1994, rielaborato).

Ibridiprecoci

Ibridimedi

Ibriditardivi

0

5

10

15

20

25

0

2

4

6

8

10

12

14

acheni, q/ha

% superficie improduttiva del capolino

Pro

du

zion

ed

iac

hen

i,q

/ha

Sup

erfi

cie

impr

odut

tiva

del

cap

olin

o,%

Ibridiprecoci

Ibridimedi

Ibriditardivi

0

5

10

15

20

25

0

2

4

6

8

10

12

14

acheni, q/ha

% superficie improduttiva del capolino

acheni, q/haacheni, q/ha

% superficie improduttiva del capolino% superficie improduttiva del capolino

Pro

du

zion

ed

iac

hen

i,q

/ha

Sup

erfi

cie

impr

odut

tiva

del

cap

olin

o,%

21

Altezza della pianta. L'altezza della pianta costituisce un importante elemento di valutazione, in quanto è carattere potenzialmente correlato con la suscettibilità all'allettamento. Infatti, come evidenzia la figura 15, in presenza di condizioni favorevoli al manifestarsi di questa avversità, l’incidenza dell’allettamento può essere significativa anche in varietà di altezza contenuta, ma è altresì evidente che tutte le cultivar con le più alte percentuali di piante allettate sono di taglia elevata.

Come la produttività, l'altezza si esprime su valori sensibilmente più elevati negli ambienti

favorevoli (figura 16), nei quali si evidenzia anche una più stretta correlazione tra altezza e lunghezza del ciclo biologico. All'opposto, gli ambienti poco favorevoli limitano lo sviluppo di tutti gli ibridi, indipendentemente dalla precocità. Nel primo caso occorre porre attenzione al fatto che se l’elevato potenziale di produzione dell’ambiente induce a propendere per la scelta di ibridi di ciclo lungo, tale scelta non comporti automaticamente quella di genotipi di grande sviluppo vegetativo. In tali tipi, infatti, l’accrescimento rigoglioso di tutti gli organi della pianta indurrebbe una forte sollecitazione all’allettamento, reclinamento e stroncamento dello stelo, gravato da capolini molto pesanti per le notevoli dimensioni e l’abbondante granella prodotta.

Per risolvere correttamente il problema si può osservare che pur esistendo una tendenziale relazione tra lunghezza del ciclo e altezza, è tuttavia presente un’ampia variabilità per la taglia della pianta entro tutti i gruppi di precocità, inclusi i più tardivi (figura 17): ciò consente possibilità di scelta abbastanza ampie anche nell'ambito di varietà di ciclo lungo e di elevata potenzialità produttiva.

y = - 33.35 + 0.22 xR² = 0.28

170 180 190 200 210 220 230 240 Altezza della pianta, cm

0

5

10

15

20

25

Pian

te a

lletta

te, %

Figura 15 - Altezza della pianta e incidenza dell'allettamento (da Monotti e al., 1995)

22

Y = 56.96 + 1.44 X n = 50R² = 0,22

57 60 63 66 69 72 75Giorni da emergenza a fioritura, n

120

130

140

150

160

170

180

Alte

zza

della

pia

nta,

cm

Ce rf lor M ir a sol Eur oflor

Figura 17 - Relazione tra precocità di fioritura e altezza della piantain varietà di girasole appartenenti alle diverse classi di precocitàindividuate dalle cultivar standard di ciclo (da Monotti e al., 1997).

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

Precoci Medio precoci Medio tardivi Tardivi

Alte

zza

pian

ta, c

m

Italia settentrionale Italia centrale Italia meridionale

Figura 16 - Relazione tra classe di precocità e altezza media degli ibridi della classe in tre ambienti caratterizzati da condizioni diversamente favorevoli allo sviluppo delle piante (da Monotti e al., 1997).

23

Sulla scorta di quanto detto, si deve ritenere soluzione tecnicamente non valida l'impiego di varietà "nane", di taglia molto bassa per la forte riduzione della lunghezza degli internodi, proposte per ambienti nei quali l'allettamento è avversità incombente: tali varietà, infatti, posseggono una bassa capacità produttiva, notevolmente inferiore a quella delle numerose cultivar di taglia contenuta e non suscettibili all'allettamento reperibili in tutte le classi di precocità. 5.2. PRODUTTIVITÀ IN ACHENI E IN OLIO

Scegliere le varietà migliori nell'ambito del vasto campionario di tipi offerti dal commercio è problema da risolvere sulla scorta di valutazioni di tipo globale, che coinvolgono aspetti dell'adattamento, produttivi e qualitativi. Una volta individuati gli elementi che soddisfano il primo aspetto, in termini di lunghezza del ciclo di sviluppo e di resistenza alle eventuali avversità abiotiche e parassitarie temibili nell'ambiente di coltivazione, è sulle caratteristiche produttive che si concentra di fatto l'attenzione. Nel girasole il prodotto economicamente utile è l'olio, qualunque ne sia la destinazione: alimentazione umana o impieghi industriali. Pertanto l'indice più idoneo per valutare le potenzialità produttive di una varietà dovrebbe essere la resa in olio, piuttosto che quella in acheni. Nella figura 18 sono presentati gli indici produttivi di varietà ordinate per decrescente produttività in acheni, ed i corrispettivi indici di resa in olio. È possibile osservare che la classifica di merito derivante dalla produttività in acheni può subire forti variazioni quando sia assunta a metro di giudizio la resa in olio. Tuttavia, volendo realisticamente considerare che la remunerazione del girasole sul mercato italiano fa riferimento al prodotto in acheni e non a quello in olio, è indispensabile tenere conto della fondamentale importanza del primo indice, senza tuttavia rinunciare alla tutela dell'interesse generale che è quello di valorizzare le varietà migliori sia sotto l'aspetto qualitativo che della produttività in acheni. È evidente che ciò può essere conseguito indirizzando la scelta verso le varietà che associano alti indici di resa per entrambi i caratteri.

Acheni

Olio

Sanb

ro

Isar

Am

eril

Vid

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Ket

il

Alb

ero

Sabr

ina

Mao

ri

Sele

ct

Vita

l

Cel

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sol

Nic

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P 11

3

Sonr

isa

Lau

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Isan

thos

Glo

rias

ol

Nik

il

Pabl

o

90

95

100

105

110

115

Indi

ci d

i res

a in

ach

eni o

in o

lio

Figura 18 - Indici di resa (media=100) in acheni (linea continua) e in olio (istogrammi) di varietà di girasole ordinate per valori decrescenti del primo indice (da Monotti e al., 2000)

24

5.3. CARATTERI QUALITATIVI

Contenuto d'olio degli acheni. Il contenuto d'olio degli acheni, espresso dalla percentuale di lipidi sul peso secco totale del “seme”, costituisce un carattere di particolare apprezzamento di una varietà, soprattutto se associato ad elevata produttività in acheni.

Composizione dell'olio. L’olio di girasole delle varietà comunemente coltivate è costituito per il 90% circa dagli acidi oleico (18:1) e linoleico (18:2). La quota residua è prevalentemente rappresentata dagli acidi saturi palmitico (16:0) e stearico (18:0); altri acidi con un numero atomi di carbonio inferiore a 16 o superiore a 18 possono essere presenti in percentuali molto basse (tabella 7). Le caratteristiche qualitative dell'olio di girasole sono pertanto determinate dai due acidi grassi più rappresentati, che con la loro incidenza relativa determinano la destinazione d'uso dell'olio medesimo.

Il rapporto ponderale tra i due acidi grassi è molto variabile: ciò perché la biosintesi di tali

acidi è fortemente influenzata dalle condizioni climatiche, soprattutto dalla temperatura dell'ambiente di coltivazione nel corso della maturazione degli acheni. Temperature elevate durante tale fase favoriscono l’accumulo di acido oleico; valori termici più bassi portano alla formazione di acido linoleico (figura 19), perché stimolano l'attività dell'enzima ∆12-desaturasi che trasforma l'acido oleico in acido linoleico.

Miristico C 14:0 tracce 0,0 - 0,1Palmitico C 16:0 6,4 4,5 - 7,5Palmitoleico C 16:1 0,1 0,0 - 0,2Stearico C 18:0 3,7 3,1 - 4,8Oleico C 18:1 33,8 26,3 - 48,4Linoleico C 18:2 55,0 43,0 - 61,1Linolenico C 18:3 tracce 0,0 - 0,1Arachico C 20:0 0,3 0,1 - 0,7Eicosenoico C 20:1 0,2 0,0 - 1,3Behenico C 22:0 0,4 0,1 - 0,8

Acido grasso % sul totaleintervallo divariazione

Tabella 7 - Composizione acidica dell'olio di varietà comuni di girasole:percentuali, e relativi campi di variazione, degli acidi grassi sui lipiditotali. Dati medi rilevati in Italia centrale.

25

A seguito di mutazioni indotte artificialmente sono state selezionate delle varietà di girasole

nelle quali l'attività dell'enzima è bloccata (figura 20): non si ha pertanto formazione di acido linoleico, e l’olio può contenere fino all’85% e oltre di acido oleico. L’olio di tali varietà, denominate "alto oleico", trova impiego sia nell'alimentazione umana che per diverse utilizzazioni in campo industriale: nel primo caso per la sua idoneità nella formulazione di particolari diete alimentari; nel secondo, per il peculiare comportamento fisico-chimico alle alte temperature durante la cottura e per le caratteristiche tecnologiche rispondenti a determinati processi industriali.

Le problematiche relative alla scelta delle varietà "alto oleico" sono le stesse che si presentano per le cultivar convenzionali: in più vi è l’attenzione da dedicare alla stabilità del tenore di acido oleico, che in talune cultivar può variare con gli ambienti, ed alla percentuale di tale acido, che in certe varietà può risultare molto inferiore ai valori poc’anzi ricordati.

Quanto alla tecnica di coltivazione, il girasole alto oleico necessita di isolamento spaziale da altre coltivazioni di girasole comune, al fine di evitare impollinazioni incrociate che determinerebbero consistenti diminuzioni del tenore di acido oleico.

Attenzione particolare è richiesta in azienda per evitare mescolanze tra partite di seme normale e alto oleico. La legislazione italiana classifica infatti l’olio di girasole in due categorie: 1) ad alto contenuto di acido linoleico, prodotto da varietà comuni, con percentuali di acido linoleico comprese tra 40 e 74% e di acido oleico comprese tra 13 e 40%; 2) ad alto contenuto di acido oleico, prodotto da varietà alto oleico, con percentuali degli acidi linoleico e oleico comprese, rispettivamente, tra 3 e 20% e tra 70 e 85%. Da mescolanze dei due tipi può derivare olio con caratteristiche acidiche intermedie che non rientrano nei valori previsti, il che comporta il declassamento dell'olio di girasole a olio di semi vari.

12 17 22 270

25

50

75

100

Perc

entu

ali s

u ac

idi g

rass

i tot

ali

Acido oleico

Acido linoleico

Temperatura (°C)

Figura 19 - Effetti della temperatura media del periododi riempimento del seme sulle percentuali di acidooleico ( ) e di acido linoleico ( ) degli acidi grassitotali (da Tremolières e al., 1984).

26

0

60

120

180

240

cv alto oleico

4 8 12 16 20 24 28

0

60

120

180

240

cv comune

mg

di a

cido

gra

sso

/ g d

i pes

o fr

esco

del

l'ach

enio

Giorni dalla fioritura

Figura 20 - Andamento del contenuto degli acidi oleico ( ),linoleico ( ) e palmitico+stearico ( ) durante la maturazionedegli acheni di varietà di girasole "alto oleico" e "comuni" (DaGarcés e al., 1989)

27

5.4. RESISTENZA A FITOPATIE Delle numerose malattie crittogamiche riscontrate sul girasole in Italia poche sono quelle che

hanno una reale importanza pratica perché ricorrenti, diffuse e responsabili di danni gravi alla coltura. Tra queste sono da segnalare soprattutto la peronospora (Plasmopara helianthi) e il marciume carbonioso dello stelo (Sclerotium bataticola, sinonimo Macrophomina phaseolina). Altra malattia diffusa è lo stelo nero (Phoma spp.) che tuttavia, malgrado la vistosità dei sintomi, non determina particolari conseguenze per la pianta. Si può infine ricordare il cancro dello stelo dovuto a Phomopsis helianthi (anamorfo di Diaporthe helianthi), che in Italia è stato segnalato sporadicamente, ma che è da ritenere potenzialmente pericoloso perché molto diffuso in paesi confinanti, come la Francia e la ex Jugoslavia, dove è causa di danni gravissimi.

I problemi di natura fitopatologica si riflettono sulla scelta della varietà nei casi in cui esistono genotipi resistenti o tolleranti nei confronti delle malattie sopra ricordate: questi casi riguardano la peronospora ed il cancro dello stelo, giacché non si conoscono fattori genetici di resistenza a Sclerotium bataticola ed a Phoma.

Per quanto riguarda la peronospora, la maggior parte delle varietà in commercio in Italia sono resistenti alla "razza europea" (o razza 1) del fungo che, almeno fino ad un recente passato, era l'unica diffusa nel nostro paese. Nel 1997 è stata segnalata in Umbria la presenza della “Razza 2” o "Red river", nei cui confronti conferiscono resistenza geni diversi da quelli che controllano la razza europea. Sulla reale diffusione della nuova razza non si hanno riscontri sufficienti, mentre per quanto riguarda la razza europea è da ritenere che ne siano infetti gran parte dei terreni coltivati a girasole, specialmente quelli da più lungo tempo investiti con l’oleifera. Di conseguenza l'impiego di varietà resistenti risulta una necessità non eludibile. Come già ricordato in altra parte di questo lavoro, un efficace mezzo di lotta chimica contro il patogeno è costituito dalla concia del seme con Metalaxil, per cui l’impiego di semente trattata con tale principio attivo costituisce una reale garanzia contro gli attacchi del parassita.

Per quanto riguarda la Phomopsis, che come si è detto non costituisce attualmente un problema in Italia, diverse varietà offerte in commercio sono resistenti o pochissimo suscettibili, e ancor più numerose sono le cultivar di questo tipo commercializzate in Francia.

6. CONCIMAZIONE MINERALE

Il girasole è una specie dotata di potenzialità produttive non elevate. Quale coltura a ciclo primaverile-estivo senza sussidio di irrigazione, inoltre, trova nei nostri ambienti un forte fattore limitante delle rese nella siccità e negli alti consumi evapotraspirativi che caratterizzano gran parte del ciclo produttivo. Per questi motivi le esigenze in elementi nutritivi risultano modeste, specialmente nei riguardi di azoto e fosforo. Va inoltre tenuto presente che col suo apparato radicale il girasole è in grado di mobilitare quote cospicue di nutrienti dagli strati profondi del terreno e che percentuali rilevanti di elementi assorbiti, specialmente di potassio che è il solo elemento verso cui l’oleifera presenta esigenze elevate, si localizzano in organi della pianta che ritornano nel terreno come residui colturali. Ciò comporta un recupero di principi nutritivi lisciviati o localizzati in profondità a vantaggio degli strati superficiali del terreno nei quali viene incorporata la biomassa epigeica dei residui. Altra conseguenza importante è che l’apporto di elementi minerali con la concimazione deve opportunamente tener conto che solo una quota dei principi nutritivi assorbiti viene realmente asportata dal terreno attraverso il prodotto destinato all’oleificio.

Nella tabella 8 sono riportati i fabbisogni e le asportazioni senza ritorno di azoto, fosforo e potassio, valori necessari per impostare su base razionale la concimazione minerale.

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6.1. CONCIMAZIONE AZOTATA

A fronte di un fabbisogno di circa 4,5 kg di azoto per ogni quintale di acheni prodotto, una resa di 25 q ha-1 di granella (rappresentativa delle produzioni medie di girasole ottenibili in Italia centrale) comporta un prelevamento di azoto dal terreno di 110-115 kg ha-1. Solo una quota parte di tale fabbisogno può essere soddisfatto dalle riserve presenti nel suolo, costituite da residui di fertilità lasciati dalla coltura precedente e da azoto derivato dalla mineralizzazione della sostanza organica. Poiché di norma il girasole segue un cereale autunno-vernino in avvicendamenti nei quali non sono generalmente presenti colture "umigene" né vi sono possibilità di concimazioni organiche, i terreni sono quasi sempre poveri o molto poveri di humus. Di conseguenza le quantità di azoto che i terreni possono mettere a disposizione sono molto limitate, nell'ordine di qualche decina di kg ha-1 anno-1 e gli apporti di elemento da fornire con la concimazione possono scendere sotto i 100 kg ha-1. Ciò trova conferma nei risultati di ricerche sperimentali condotte con dosi crescenti di azoto raccolti nella tabella 9, dai quali si possono trarre le seguenti indicazioni:

• un apporto di 50 kg ha-1 di azoto determina un sicuro incremento produttivo rispetto all'assenza di concimazione azotata;

• elevando la dose di fertilizzante a 100 kg ha-1 sono talvolta possibili ulteriori incrementi produttivi, specialmente quando l'andamento stagionale decorre favorevole alla coltura;

• il girasole non risponde a dosi di azoto superiori a 100 kg ha-1; • all'aumento della dose di azoto corrisponde un progressivo decremento del contenuto d'olio

degli acheni; pertanto ad incrementi modesti della produzione di acheni possono non corrispondere aumenti significativi della resa per ha di olio.

Sulla scorta delle precedenti osservazioni la dose tecnica di azoto consigliabile può essere stabilita in 80 kg ha-1. Apporti di entità superiore raramente comportano significativi incrementi produttivi, mentre possono indurre maggior sviluppo vegetativo, aumento dei consumi idrici, rischi di lisciviazione in profondo delle quote di elemento non utilizzate dalla coltura.

N 4,5 kg 112 kg/ha 3,0 kg 75 kg/ha 67 %P2O5 1,9 " 47 " 1,3 " 32 " 68 %

K2O 9,7 " 242 " 1,0 " 25 " 10 %

Elementi minerali

25 q/hain % del

fabbisogno100 kg

Fabbisogni riferiti a produzionidi acheni pari a:

Asportazioni dal terreno riferite a produzionidi acheni pari a:

100 kg 25 q/ha

Tabella 8 - Fabbisogni di elementi minerali del girasole e quote asportate dal terreno.

0 23,4 b 23,0 c 23,2 c 49,0 a50 25,3 a 25,4 b 25,4 b 48,5 a100 24,4 ab 28,8 a 26,9 a 47,3 b150 24,2 b 29,7 a 27,3 a 46,8 b

I valori che non hanno alcuna lettera in comune sono significativamente differenti per P≤0.05

Tabella 9 - Effetti di dosi crescenti di azoto sulla produzione di acheni e sul contenuto d'olio del girasolerilevati da esperienze pluriennali in ambienti dell'Italia centrale (da Monotti, 1975).

Dosi di azotokg/ha

Olio, % s.s.

Pianura Collina MediaPianura Collina Media

Acheni, q/ha

51,050,349,448,8

53,052,251,450,8

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Epoca di concimazione. Lo sviluppo del girasole è molto rapido e l'assorbimento di azoto dal terreno procede con ritmo intenso fin dagli stadi iniziali dell'accrescimento. Pertanto la distribuzione dell'intera dose di azoto preventivata può essere effettuata fin dalla semina. Altra modalità, mirante soprattutto ad evitare perdite per dilavamento, è quella di frazionare la dose tra semina e copertura, effettuando la seconda distribuzione (eventualmente in concomitanza con una sarchiatura) nell'ultimo periodo utile prima che le piante “chiudano" lo spazio tra le file impedendo l'accesso dei mezzi meccanici. Nei riguardi di questa soluzione sono tuttavia da valutare alcuni possibili inconvenienti pratici: rischio di non poter effettuare l'intervento per impraticabilità del terreno; scarsa o tardiva solubilizzazione del concime se la stagione decorre troppo asciutta; difficoltà di distribuire con uniformità quantitativi di concime modesti.

Scelta del concime. La forma sotto cui deve essere somministrato l'azoto è quella ammoniacale o ureica, scegliendo il formulato che assicura l’apporto "alla radice" della pianta della dose prevista al costo più basso.

6.2. CONCIMAZIONE FOSFATICA

Il girasole presenta modeste esigenze nei riguardi del fosforo, valutabili in circa 1,9 kg di P2O5 per ogni quintale di acheni prodotto (tabella 8). Le dotazioni di P2O5 assimilabile considerate normali per soddisfare tali esigenze in terreni di differente tessitura sono indicate nella tabella 10.

La necessità di intervenire con la concimazione e le dosi da apportare dipendono dalle

disponibilità di fosforo assimilabile del terreno rilevate dall'analisi chimica e dalla valutazione agronomica di tali disponibilità, secondo quanto indicato nella tabella 11 che fornisce anche le opportune indicazioni per la concimazione. È importante osservare che tali indicazioni mirano ad assicurare nel terreno una dotazione di fosforo normale per tutte le colture che possono entrare nell’avvicendamento, alcune delle quali presentano nei riguardi del fosforo esigenze molto più elevate del girasole (tabella 10).

Per livelli di P2O5 assimilabile molto bassi o bassi occorre procedere a "concimazioni di arricchimento", con dosi pari a 1,5-2,5 volte, a seconda dei casi, i quantitativi di fosforo effettivamente asportati dal terreno attraverso il prodotto uscito dall'azienda. Nel girasole le asportazioni corrispondono al 68% delle quantità assorbite (tabella 8), ovvero a 1,3 kg di P2O5 per quintale di granella, o a 32 kg ha-1 di P2O5 per una produzione di 25 q ha-1 di acheni. La quota restante ritorna al terreno con i residui colturali.

Quando la dotazione naturale del terreno risulta di livello medio la concimazione consigliata è quella di "mantenimento", che prevede la restituzione di quantitativi di P2O5 uguali o di poco superiori alle asportazioni effettive. Con livelli alti o molto alti la concimazione può limitarsi ad una parziale restituzione delle asportazioni od essere sospesa del tutto.

Sabbioso (> 60%) 11 - 21 15 - 25 25 - 35 35 - 45Medio impasto 18 - 25 20 - 30 30 - 40 40 - 50

Argilloso (> 35%) 23 - 30 25 - 35 35 - 45 45 - 55

Da: Regione Emilia-Romagna - Disciplinari di Produzione integrata: Colture erbacee. 1997

Tipo di terrenoGirasole

Specie poco esigenti

Specie molto esigenti

P2O5 assimilabile (metodo Olsen)ppm

Specie mediamente esigenti

Tabella 10 - Dotazioni di P2O5 assimilabile del terreno ritenute normali per il girasole e per colture con diversi livelli diesigenze nei riguardi del fosforo.

30

Le concimazioni di "arricchimento" debbono essere ripetute per il numero di anni necessario a

portare la dotazione fosforica del terreno su livelli di sufficienza per tutte le colture dell’avvicendamento praticato dall'azienda. In questi casi è consigliabile di concentrare le dosi più cospicue di fertilizzante sulle colture più esigenti della successione (miglioratrici pratensi, colture orticole) o sui rinnovi (girasole, mais): le prime perché potrebbero risentire più di altre specie le

Fosforo (P)ppm

Anidride fosforica (P2O5)ppm

< 6 < 15 Molto bassa6 - 12 16 - 30 Bassa13 - 20 31 - 45 Media21 - 30 46 - 70 Alta> 30 > 70 Molto alta

Livello molto basso

Livello basso

Livello medio

Livello alto

Livello molto alto

Ripreso, con modifiche, da: M. Sbaraglia e E. Lucci - Guida all'interpretazione delle analisi del terreno ed alla fertilizzazione

Valutazione agronomica della dotazione

Espressione della dotazione

Indicazioni per la concimazione

Tabella 11 - Valutazione della dotazione di fosforo assimilabile del terreno (metodo Olsen). I valori inferiori dell’intervallo siriferiscono a terreni sabbiosi, quelli più alti a suoli argillosi; per terreni di medio impasto si assumono valori intermedi.

La risposta al fosforo è certa per tutte le colture. La concimazione consigliata è quella diarricchimento. Le dosi da apportare variano da 2 a 2,5 volte gli asporti della coltura.

La risposta al fosforo è probabile per tutte le colture. La concimazione consigliata è quella diarricchimento. Le dosi da apportare variano da 1,5 a 2 volte gli asporti della coltura.

La risposta al fosforo è meno probabile. La concimazione consigliata è quella di mantenimento:vanno cioè reintegrati gli asporti della coltura. Le dosi da apportare, per tutte le colture, variano da 1a 1,5 volte gli asporti della coltura.

La risposta al fosforo non è in genere probabile. Un moderato apporto di fosforo è suggerito solo perle colture esigenti, come ad esempio le ortive. Le dosi da apportare variano da 0,5 a 1 volta gliasporti della coltura.

La risposta al fosforo è assai improbabile. Si consiglia di non concimare.

31

conseguenze negative di stati di carenza, le seconde perché richiedono di norma una lavorazione del terreno più energica e perciò rendono possibile l'interramento del concime fosfatico, indispensabile data la scarsissima mobilità del fosforo lungo il profilo del terreno. È opportuno che i quantitativi di fosforo distribuiti con la concimazione di arricchimento non superino i 300 kg ha-1 anno-1 di P2O5.

Epoca e modalità di distribuzione. Nel terreno il fosforo è trattenuto dal potere assorbente ed è pertanto dotato di limitatissima mobilità. Per portarlo a disposizione delle radici occorre interrarlo in tutta la massa terrosa della rizosfera attraverso i lavori preparatori propriamente detti, tipo aratura o fresatura, o, meno efficacemente, con i lavori complementari sufficientemente energici e profondi, tipo erpicatura a dischi o estirpatura.

Una parziale variante di tale modalità è costituita dalla localizzazione, che consiste nella distribuzione di una quota della dose preventivata di concime in bande poste in prossimità delle file di semina, qualche centimetro sotto o a lato del seme. Diversi sono i vantaggi derivanti dalla localizzazione: più alta concentrazione di fosforo vicino alle radici della giovane plantula; riduzione dei fenomeni di insolubilizzazione e di adsorbimento; accelerazione dello sviluppo iniziale della pianta (effetto "starter”), che proprio nelle prime fasi di vita risulta particolarmente bisognosa di fosforo; aumento dell'efficienza di utilizzazione del nutriente. A differenza dell'azoto, il fosforo potrebbe essere localizzato in dosi cospicue senza recare danni diretti ai semi ed alle plantule. Tale soluzione non sarebbe tuttavia razionale, perché una forte concentrazione dell'elemento nei primi strati di terreno potrebbe indurre uno sviluppo troppo superficiale delle radici e lasciare insufficientemente dotati di fosforo gli orizzonti sottostanti. Tecnica consigliabile è quella di effettuare la distribuzione e l'interramento a tutto campo di una frazione cospicua della dose e localizzare solo una quota parte di questa (20-30 kg ha-1 di P2O5).

6.3. CONCIMAZIONE POTASSICA

Il girasole è molto esigente nei confronti del potassio, il cui assorbimento procede a ritmo intenso fino alla fioritura. Il fabbisogno di questo elemento è stimato in 9,7 kg di K2O per quintale di acheni prodotti (tabella 8), che corrispondono a quasi 250 kg ha-1 per una produzione media di 25 q ha-1 di acheni. A fronte di tali elevati valori di assorbimento si contrappongono percentuali molto modeste di asportazioni effettive dal terreno, appena il 10% del totale prelevato. Ciò perché la maggior parte del potassio assorbito si localizza nei tessuti degli steli, che vengono interrati.

Analogamente a quanto detto per il fosforo, la concimazione potassica è regolata dalla disponibilità di potassio scambiabile del terreno rilevata dall'analisi chimica. Tale disponibilità deve essere valutata in funzione delle esigenze delle colture che entrano nell'avvicendamento, avvalendosi delle indicazioni contenute nella tabella 12 e dei consigli che vi sono espressi per la concimazione più appropriata alle diverse situazioni. Le esigenze del girasole in terreni di diversa tessitura sono riferite nella tabella 13. Dal raffronto di questi dati con le valutazioni della tabella 12, si evince che le esigenze del girasole sono generalmente soddisfatte da dotazioni medie in terreni di medio impasto o tendenti all’argilloso, mentre disponibilità elevate sono richieste in terreni fortemente argillosi. Poiché negli ambienti dell'Italia centro-meridionale la coltura asciutta dell’oleifera è possibile solo nei terreni con una significativa presenza di argilla e, come tali, costituzionalmente ben dotati di potassio scambiabile, è possibile consigliare di non eseguire la concimazione potassica nelle predette situazioni. Nei terreni mediamente dotati è da effettuare una "concimazione di mantenimento", apportando una dose di K2O pari a 0,5-0,8 volte la quantità di elemento realmente asportata dalla coltura, che nella tabella 8 è stimata pari a 1 kg di K2O per quintale di acheni inviato all'oleificio. Al quantitativo così calcolato occorre aggiungere una quota corrispondente alle perdite di potassio per lisciviazione: queste nei climi non eccessivamente umidi dell'Italia centrale e meridionale si concretizzano in pochi kg ha-1 anno-1 di K2O nei terreni argillosi ed in alcune decine di kg ha-1 anno-1 nei suoli sabbiosi, secondo le stime della tabella 14.

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Ossido Potassio (K2O)ppm

Potassio(K)ppm

Potassio (K) in percento della capacità di scambio

cationico (%CSC)

< 60 < 50 - Molto bassa60 - 120 50 - 100 < 2% CSC Bassa121 - 180 101 - 150 2 - 5 % CSC Media181 - 240 151 - 200 > 5 % CSC Alta

> 240 > 200 - Molto alta

Livello molto basso

Livello basso

Livello medio

Livello alto

Livello molto alto

Ripreso, con modifiche, da: M. Sbaraglia e E. Lucci - Guida all'interpretazione delle analisi del terreno ed alla fertilizzazione

Espressione della dotazione

Valutazione agronomica della dotazione

Indicazioni per la concimazione

Tabella 12 - Valutazione della dotazione di potassio scambiabile del terreno (metodo internazionale).

La risposta al potassio è certa per tutte le colture. La concimazione consigliata è quella di arricchimento. Ledosi da apportare, per le colture di pieno campo, variano da 1,1 a 1,5 volte gli asporti della coltura.

La risposta al potassio è probabile per molte colture. La concimazione consigliata è quella di arricchimento.Le dosi da apportare, per le colture di pieno campo, variano da 0,8 a 1,1 volte gli asporti della coltura.

La risposta al potassio è in genere poco probabile; più probabile per le colture esigenti. La concimazioneconsigliata è quella di mantenimento. Le dosi da apportare, per tutte le colture, variano da 0,5 a 0,8 volte gliasporti della coltura.

La risposta al potassio non è in genere probabile; si consiglia di non fertilizzare. Il potassio potrebbe esserenecessario per colture esigenti e capaci di elevate produzioni. Le dosi consigliate sono all’incirca 0,5 volte gliasporti della coltura.

La risposta al potassio è assai improbabile; si consiglia di non concimare.

33

Quando la dotazione del terreno è bassa o molto bassa o comunque insufficiente nei riguardi

delle necessità delle colture più esigenti dell'avvicendamento (le cosiddette "colture potassofile": leguminose foraggere, barbabietola, tabacco, peperone, oleifere) è necessario provvedere a "concimazioni di arricchimento" con dosi di K2O per ettaro pari a 1-1,5 volte gli asporti colturali (tabella 8), più la prevedibile quota lisciviata (tabella 12). Tale procedura va reiterata negli anni fintanto che l’analisi chimica del terreno non indichi il raggiungimento di un livello di K2O assimilabile confacente alle più esigenti colture dell'avvicendamento.

Quando si deve procedere a forti concimazioni di arricchimento si tenga presente che non è opportuno superare i 200 kg ha-1 anno-1 di K2O.

Epoca e modalità di distribuzione. Data la ridotta mobilità del potassio nel terreno è indispensabile incorporare il concime in tutta la massa terrosa esplorata dalle radici. Non è pertanto possibile distribuire i concimi potassici in copertura: essi debbono essere interrati in concomitanza con i lavori preparatori propriamente detti, o, come unica possibilità alternativa, con il lavoro complementare, utilizzando in entrambi i casi attrezzi idonei a conseguire soddisfacentemente lo scopo (aratro, zappatrice, erpice a dischi, estirpatore). Se nella rotazione entrano colture seminate con preparazione semplificata del terreno o senza lavorazione (per esempio il frumento), il potassio può essere convenientemente interrato alla preparazione del terreno per il girasole o per altre colture potassofile precedentemente ricordate, anticipando anche i quantitativi spettanti alla coltura in successione.

Sabbioso (> 60%) 80 - 100 65 - 85Medio impasto 100 - 150 85 - 125

Argilloso (> 35%) 150 - 250 125 - 210

Da: ARSIA - Disciplinare di Produzione integrata: girasole.

Tipo di terrenoK2Oppm

Kppm

Dotazione del terrenoin potassio scambiabile

Tabella 13 - Contenuto di potassio scambiabile del terreno ritenutonormale per il girasole in terreni di diversa tessitura.

Tipo di terreno

Sabbioso 20- 30Medio impasto 10- 20Argilloso 5- 10

Da: Regione Emilia-Romagna - Guida all'interpretazione dei risultati dell'analisi dei terreni e allaformulazione dei consigli di concimazione. 1998

K2O lisciviatokg/ha/anno

Tabella 14 - Perdite di potassio per lisciviazione in terreni di diversa tessitura.

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Nei riguardi del tipo di concime potassico da impiegare si ricorda di evitare il Cloruro potassico nei terreni sui quali sia prevista la coltivazione di piante che temono il cloro: tabacco, fagiolo, lino, ecc..

7. IRRIGAZIONE

L’ampia diffusione del girasole nelle classiche aree elianticole dell’Italia centrale è dovuta alla grande capacità della pianta di valorizzare le limitate potenzialità produttive dei terreni di pianura e di collina privi di possibilità irrigue di quegli ambienti. E’ noto che a sostegno di tale attitudine concorrono importanti caratteristiche morfofisiologiche proprie della specie: apparato radicale ampio e profondo, attitudine a semine primaverili precoci, brevità del ciclo biologico. Nelle aree irrigue il girasole non è proponibile quale coltura assistita da irrigazione a pieno soddisfacimento delle esigenze idriche, perché non competitivo con altre colture irrigue dotate di più alta potenzialità produttiva e di reddito più elevato. In questa sede pertanto, non sarebbe utile richiamare gli aspetti tecnici dell’irrigazione umettante normale, mentre è sicuramente opportuno prendere in considerazione i modi per ottimizzare l’efficacia di sussidi idrici limitati, forniti con poche (al limite una sola) irrigazioni di soccorso effettuate con volumi d’acqua cospicui.

Modalità irrigue di tale tipo sono praticamente ordinarie nelle aree di coltivazione più meridionali della penisola, dove l’accentuata aridità rende di norma indispensabile un sussidio di irrigazione a soccorso della coltura. Ovviamente anche nei comprensori con deficienze climatiche meno critiche le irrigazioni di soccorso conseguono importanti incrementi produttivi. Nella pratica la possibilità di disporre di acqua per tali interventi può verificarsi in diverse situazioni: ridotta entità della risorsa idrica (piccoli invasi, prelevamenti da corpi idrici superficiali di modesta entità o limitati nel tempo), insufficienze degli impianti di distribuzione, acqua temporaneamente disponibile prima dell’inizio della stagione irrigua delle colture irrigate dell’azienda.

Due sono gli aspetti fondamentali da cui dipende l’efficacia produttiva del soccorso idrico: 1) il volume d’acqua fornito, che deve essere elevato, tale da portare a capacità idrica di campo uno strato di terreno di almeno 50-60 cm, al fine di costituire riserve in profondità prelevabili dalle radici e protette da eccessive perdite per evaporazione superficiale; 2) il momento in cui viene effettuato l’intervento, che deve cadere entro la fase in cui più critico sarebbe l’effetto del deficit idrico sulla produzione e più alta la valorizzazione produttiva dell’acqua.

Quanto al primo aspetto è evidente che la efficacia di un regime di sussidio idrico limitato è fortemente legata alla profondità ed alla tessitura dei terreni, che condizionano la costituzione di elevate riserve di acqua utile. Circa il secondo aspetto si deve tener presente che il periodo di maggiore sensibilità del girasole allo stress idrico va dallo stadio in cui il capolino, ancora in forma di grosso bottone fiorale avvolto dalle brattee, si posiziona sopra il piano delle ultime foglie e la fine della fioritura, quando le ligule gialle dei fiori del raggio appassiscono (figura 21). In questo periodo si completano i processi ontogenetici della fioritura e quelli fecondativi e di allegagione, che è quanto mai importante possano avvenire in condizioni di sufficiente disponibilità idrica. A tal fine l’irrigazione di soccorso deve essere effettuata nella prima fase di tale periodo, tra l’inizio del medesimo e l’apertura del capolino con il posizionamento delle ligule perpendicolarmente al piano del disco. Non vi è alcun vantaggio ad anticipare l’irrigazione prima della fase indicata; d’altra parte l’intervento non deve essere rimandato oltre l’inizio della fioritura, perché non solo avrebbe minore efficacia ma potrebbe disturbare impollinazione e fecondazione e favorire certi attacchi parassitari.

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A: Bottone fiorale di 4-6 cm di diametro, in posizioneorizzontale sopra il piano delle ultime foglie: stadio di iniziodella massima sensibilità allo stress idrico

B: Bottone fiorale in posizione sub-verticale rivolto versoest, con le ligule gialle poste perpendicolarmente al piano deldisco: tale stadio, convenzionalmente assunto come inizio difioritura, segna il momento entro il quale deve essereeffettuata un’eventuale irrigazione di soccorso

C: Le ligule dei fiori del raggio appassiscono: stadio di finefioritura, che segna la fine del periodo di massima sensibilitàallo stress idrico

Figura 21 - Stadi fenologici del girasole che delimitano il periodo di massima sensibilità allostress idrico (A-C) e quello entro il quale conviene effettuare la prima irrigazione di soccorso(A-B)

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Una eventuale seconda irrigazione di soccorso potrebbe essere effettuata per sostentare la fase della granigione, durante la quale si determinano il peso finale dell’achenio e il suo contenuto d’olio. Il momento ottimale per l’intervento si colloca a circa 15 giorni di distanza dalla piena fioritura.

Nella figura 22 sono rappresentati i risultati produttivi conseguiti con una o due irrigazioni di soccorso effettuate negli stadi predetti, a confronto con quelli della coltura asciutta e assistita da irrigazione a pieno soddisfacimento delle esigenze idriche. Due interventi irrigui permettono di concretizzare una quota molto elevata della resa potenziale espressa dalla coltura in condizioni di irrigazione normale. Con una sola irrigazione in pre-fioritura la produzione di acheni raggiunge, a seconda dell’andamento stagionale dei vari anni, dal 71 all’86% di quella massima.

Potendo realizzare un solo intervento irriguo di soccorso, la distribuzione dell’acqua nella fase

di pre-fioritura è la scelta più conveniente perché ottiene i migliori risultati produttivi. E’ anche la soluzione che ha maggiori possibilità di essere eseguita, perché l’intervento cade in un periodo (seconda metà di giugno) in cui non vi è ancora forte concorrenza con l’impiego dell’acqua e degli impianti di distribuzione per altre colture irrigate dell’azienda.

0

10

20

30

40

50

60

1983 1984 1985

Prod

uzio

ne d

i ach

eni,

q/ha

Asciutto 1 irrigazione 2 irrigazioni Irrigazione normale

Figura 22 - Effetti di irrigazioni di soccorso e normale sulla resa in acheni del girasole in Italiacentrale (da Monotti, non pubblicato).

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8. RACCOLTA

Allo stadio di maturazione fisiologica il tasso di umidità degli acheni è superiore al 35%. Successivamente la perdita di acqua dei tessuti del capolino e degli acheni è molto rapida, in questi ultimi può procedere al ritmo di 2 punti percentuali al giorno. Negli ambienti dell’Italia centrale le colture seminate in epoca normale sono pronte per la raccolta tra la fine di agosto e la prima decade di settembre. Allo stadio giusto per la raccolta le piante presentano il dorso del capolino di colore bruno, lo stelo senza alcuna traccia di verde, tutte le foglie completamente secche, salvo qualcuna, o parti di queste, poste alla sommità dello stelo. L’indice migliore per procedere alla raccolta è comunque costituito dalla umidità degli acheni, che deve essere del 10% circa. Se l’umidità viene determinata su campioni di acheni prelevati a mano, occorre tener presente che l’umidità della massa di granella mietitrebbiata risulterà superiore di alcuni punti; di questo fatto si deve tener conto specialmente quando sia prevista la temporanea conservazione del prodotto in azienda, in quanto l’umidità di sicurezza per la corretta esecuzione di tale pratica è del 9%. Raccolte intempestive provocano perdite quantitative e deprezzamento della produzione, soprattutto per l’aumento delle impurità. I paramentri base per la commercializzazione del girasole in Italia sono i seguenti: umidità 9%; impurità 2%; contenuto d’olio 44%. Ogni scostamento da tali indici base determina una proporzionale riduzione del prezzo conferito al produttore.

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9. DIFESA FITOSANITARIA 9.1. PREMESSA

Le schede per la protezione delle colture contenute nel Manuale di Corretta Prassi Produttiva forniscono indicazioni per l’ottimizzazione dell’impiego dei prodotti fitosanitari in agricoltura. Nella scelta dei principi attivi e dei limiti posti al loro uso, si è fatto riferimento alle “Linee guida 1998 messe a punto dal Comitato Tecnico Scientifico per il Reg. 2078/92 Mis.A1 istituito dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali”, cercando di coniugare l’efficacia dell’intervento con la protezione dell’agroecosistema, della salute dei consumatori e degli operatori, dai rischi derivanti dall’uso indiscriminato dei prodotti fitosanitari. Il Manuale di Corretta Prassi Produttiva si ispira ai criteri della difesa integrata, per cui risulta importante mettere in atto tutti gli accorgimenti che consentano di ridurre gli attacchi dei parassiti nell’ambito del concetto del triangolo della malattia (ospite-parassita-ambiente). Occorre inoltre ricordare che le seguenti schede andranno aggiornate annualmente poiché fotografano la situazione esistente al 11.11.1999, data di approvazione del Disciplinare di Produzione Integrata per il Girasole Riteniamo di dover fornire ulteriori indicazioni ed auspici di carattere generale che completano il quadro dell’approccio “integrato” alla difesa delle colture nella nostra Regione. E’ indispensabile in tal senso: 1. Effettuare il monitoraggio, laddove possibile, di certi patogeni, ad esempio mediante l’ausilio di

captaspore per rilevare il volo delle ascospore di Venturia inaequalis. Utilizzare diverse tipologie di trappole per il monitoraggio dei fitofagi e, dove possibile, per la cattura massale (es. Cossus cossus e Zeuzera pirina). Estendere la rete fenologica ed epidemiologica già presente sul territorio regionale per alcune colture (vite e olivo) a tutte le colture oggetto di disciplinari. Le reti di monitoraggio e campionamento permetteranno per certe avversità la stesura e la divulgazione di bollettini fitosanitari.

2. Utilizzare la rete agrometeorologica regionale costituita da oltre 60 stazioni meteorologiche elettroniche diffuse sul territorio per effettuare il monitoraggio climatico ed accertare così le condizioni predisponenti le infezioni. I dati raccolti opportunamente elaborati permetteranno la redazione di bollettini fitosanitari per le diverse colture. La presenza di una rete agrometeorologica, fenologica ed epidemiologica consentirà la validazione di modelli previsionali attualmente a disposizione sia per malattie causate da fitofagi che da funghi.

3. Razionalizzare l’uso dei prodotti fitosanitari: risulta sempre più importante la qualità e l’efficienza della loro distribuzione; i volumi di acqua dovranno essere ottimizzati in relazione al tipo di irroratrice presente in azienda, alla fase fenologica (maggiore o minore espansione della superficie vegetativa) ed al parassita da combattere. E’ auspicabile la creazione di un servizio regionale di taratura delle macchine irroratrici a cui le aziende potranno ricorrere per effettuare controlli periodici dell’efficienza delle irroratrici.

Il controllo delle principali avversità delle colture regionali, in un’ottica di difesa integrata, non potrà prescindere dall’adozione di misure preventive, quali mezzi agronomici (riduzione delle concimazioni, riduzione dei ristagni di umidità, adozione di opportune rotazioni colturali, impiego di semente sana, etc.) e mezzi genetici. Laddove possibile, si potranno privilegiare strategie che implicano l’adozione di tecniche di lotta biologica.

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9.2. SCHEDE DI DIFESA

AVVERSITÀ P.A. E AUSILIARI NOTE E LIMITAZIONI D’USO

CRITTOGAME Peronospora (Plasmopara helianthi)

Ammessa la concia delle sementi

Marciume carbonioso (Sclerotium bataticola)

Nessun trattamento

Muffa grigia (Botrytis cinerea)

Nessun trattamento

Sclerotinia (Sclerotinia sclerotiorum)

Nessun trattamento

Fusariosi e Septoriosi Nessun trattamento

FITOFAGI

Elateridi (Agriotes spp.)

Ammessa la concia delle sementi

Nottue terricole Nessun trattamento

Nottue fogliari Nessun trattamento

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9.3. SCHEDE DI DISERBO

Epoca Principio attivo % di p.a.

(concentrazione di riferimento) (*)

Dose di f.c. (l o kg/ha)

Pre semina Glifosate Glufosinate ammonio Glifosate Trimesio

30.4 11.33 13.1

1.5 – 3 4 – 7

4.5 – 7.5

Pre Emergenza E’ auspicabile fare trattamenti localizzati

Metolaclor Oxyfluorfen Metobromuron Pendimetalin Oxadiazon Aclonifen + Metolaclor Aclonifen + Linuron Pendimetalin + Linuron

68.5 23.6 50

31.7 25.5

15.1 + 28.8 22.3 + 7.4

16 + 9

1 – 2 0.5 – 0.8

2 2 – 3

2 3 – 4 4 – 5 3 – 4

Post emergenza Alossifop-etossietile

Ciclossidim Fenoxaprop-p-etile Fluazifop-p-butile Imazametabenz Propaquizafop Quizalofop-etile Setossidim

12.9 21 6.6 13.3 19.2 9.7 5.27 20

0.75 – 1.25 1 – 1.5 1.5 – 2 1 – 1.5 1.5 – 2

1 1 – 1.5 1 – 1.5

(*) La dose massima di principio attivo utilizzabile non può superare il valore che scaturisce dal prodotto tra la percentuale di principio attivo e la dose massima ad ettaro, entrambe indicate in tabella.

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9.4. DIFESA BIOLOGICA La capacità che l’agricoltura biologica ha di far fronte alle avversità di ordine fitosanitario, non risiede tanto nel possedere rimedi infallibili per i singoli problemi, quanto nel fornire al sistema la possibilità di autoequilibrarsi sfruttando le sue capacità omeostatiche. La predisposizione di condizioni di miglior rispetto degli equilibri naturali del terreno, seguite nelle pratiche di coltivazione dell’agricoltura biologica, costituisce la fase preliminare e preventiva nella difesa delle colture dagli agenti nocivi sia di natura biotica che abiotica. Infatti coltivare un ecotipo locale, più adatto per selezione ad affrontare le condizioni di vita determinate dal suolo e dal clima, seguire la metodologia dell’apporto di sostanza organica nella fertilizzazione e le altre tecniche colturali, contribuisce a costituire una prima serie di condizioni che tendono naturalmente a rendere la pianta coltivata meno suscettibile alle infezioni e ai danni degli agenti nocivi. Il materiale di propagazione deve essere necessariamente sano, cioè privo di agenti patogeni e di insetti. Sarà pertanto opportuno impiegare materiale certificato (sempre proveniente da agricoltura biologica). In certi casi è possibile ridurre la popolazione di malattie e di insetti fitofagi distruggendo tempestivamente residui colturali nei quali questi svernano. Le sistemazioni idrauliche, evitando ristagni idrici, riducono l’incidenza di diverse fitopatie e lo sviluppo di alcuni insetti terricoli sia diminuendone la virulenza sia aumentando il vigore e, quindi la resistenza delle piante coltivate. Una concimazione completa ed equilibrata è come regola generale favorevole in quanto piante ben nutrite e vigorose resistono meglio e con minor danno alle aggressioni. L’eccesso di azoto, che può aumentare la suscettibilità delle colture alle avversità crittogamiche o l’appetibilità per certi fitofagi (es. afidi) è un caso ricorrente nell’agricoltura convenzionale, mentre è altamente improbabile che si realizzi nell’agricoltura biologica, dove non si fa uso di concimi azotati di sintesi. Anche la correzione del pH può essere un mezzo importante per favorire le specie coltivate, in quanto molti funghi terricoli sono favoriti da una reazione del terreno tendenzialmente acida. Nel caso di necessità determinate da eventi capaci di compromettere il risultato economico del raccolto, è possibile comunque intervenire con alcuni strumenti di difesa diretta. L’impiego di essenze vegetali e di insetticidi di origine vegetale (azadiractina, rotenone, piretro quassine ecc.), offre buoni risultati contro i parassiti animali e, parallelamente, l’uso di zolfo e di sali di rame, impiegati da sempre con successo nel controllo delle crittogame, consente in molti casi di ostacolare anche lo sviluppo di diversi insetti. E’ opportuno, in questo ambito, porre l’accento sulle difficoltà che incontra l’operatore agricolo nel reperire informazioni sulla conformità alle normative cogenti nell’agricoltura biologica dei preparati con attività insetticida e anticrittogamica. Per essere impiegato su una determinata coltura infatti, il prodotto deve essere contemplato fra quelli indicati nell’allegato 2 del regolamento CEE 2092/91 e sue successive integrazioni ma deve essere anche autorizzato all’impiego in agricoltura da parte del Ministero della Sanità. La situazione è in continua evoluzione in quanto nuove richieste di autorizzazione vengono inoltrate al Ministero per ottenere la registrazione nel nostro paese di prodotti ammessi dal regolamento comunitario, mentre di converso alcuni prodotti contemplati nella prima stesura del regolamento sono stati eliminati nelle successive modifiche oppure ne è stato ridotto l’impiego a particolari colture (es. azadiractina ammessa solo su piante madri o colture portaseme e piante ornamentali). Allo stato attuale tra gli insetticidi di origine vegetale ammessi dal Reg. CEE il Piretro naturale (solo se estratto da Chrysantemum cinerariaefolium) e il rotenone (estratto da Derris spp., Lonchocarpus spp. e Therphrosia spp.) sono anche registrati per l’utilizzo in agricoltura in Italia. Per quanto riguarda invece gli insetticidi microbiologici esistono diversi prodotti registrati a base di Bacillus thuringiensis e nematodi entomopatogeni. L’utilizzo di questi preparati è conforme a quanto prescritto dal regolamento CEE in quanto l’unica causa di esclusione è rappresentata dalla eventuale manipolazione genetica degli organismi costituenti il bioinsetticida.

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Sul piano tecnico è necessario, tuttavia, adottare un impiego oculato anche degli insetticidi di origine naturale che, seppur presentino ampie garanzie di pronta degradabilità ambientale, sono sempre di scarsa selettività (piretro, rotenone) nei confronti dell’entomofauna utile. E’ quindi auspicabile anche nell’agricoltura biologica il superamento della lotta a calendario e l’adozione di criteri di intervento in qualche modo analoghi a quelli in uso nella lotta integrata. La lotta integrata infatti, è fondata sull’accertamento della reale presenza dei parassiti, sulla conoscenza delle condizioni microclimatiche predisponenti l’insorgenza delle avversità, sulla conoscenza delle soglie di tolleranza, sulla scelta dei fitofarmaci a più basso impatto ecologico e con la massima salvaguardia degli insetti ausiliari, sull’uso, infine, dei mezzi di lotta biologica. E’ utile ricordare che le soglie d’intervento riportate nelle schede per alcuni patogeni e fitofagi, hanno carattere indicativo in quanto in agricoltura biologica non esistono riferimenti trasferibili alla generalità delle aziende e per questo motivo vanno adattate alle singole realtà (aziende in conversione, agroecosistemi più o meno semplificati, diversa tollerabilità per alcune tipologie di danno, etc.). Le tecniche di lotta biologica che sfruttano gli antagonismi naturali, sono uno strumento di importanza fondamentale per controllare le popolazioni dei fitofagi e degli agenti di malattia. In particolare, il controllo biologico classico, attuato non su scala aziendale ma comprensoriale, riveste un particolare interesse nel fronteggiare parassiti di origine esotica, andando a ricostituire le associazioni (i sistemi tritrofici) con i loro nemici naturali. L’attività necessaria alla sua realizzazione è demandata agli istituti di ricerca, che cooperano in tal senso con gli analoghi organismi internazionali. In altri casi è invece possibile far ricorso agli ausiliari allevati in biofabbriche. Anche la lotta microbiologica è divenuta una realtà operativa come nel caso del Bacillus thuringiensis bioinsetticida batterico impiegato con successo contro diversi lepidotteri. I nematodi entomopatogeni, considerati anch’essi agenti di controllo microbiologico, rappresentano dei validi strumenti di lotta agli insetti che svolgono almeno una parte del loro ciclo nel terreno. Per quanto attiene alla lotta biologia contro le crittogame, pur se non ancora sviluppata a livello di quella contro i parassiti animali, bisogna dire che essa mostra interessanti prospettive da sviluppare nell’immediato futuro. Un altro efficace strumento di contenimento dei problemi fitosanitari è rappresentato dall’utilizzo di varietà resistenti. In molti casi il miglioramento genetico ha raggiunto ottimi risultati nella ricerca della resistenza a diverse crittogame, mentre per gli insetti i risultati positivi sono ancora piuttosto limitati.

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9.4.1. Schede di difesa biologica

AVVERSITÀ P.A. E AUSILIARI NOTE

CRITTOGAME

Peronospora (Plasmopara helianthi)

Adottare lunghe rotazioni (5-6 anni) in seguito a precedenti attacchi.

Impiegare varietà resistenti.

Seminare anticipatamente e a profondità non troppo elevata.

Maciume carbonioso (Sclerotium bataticola)

Adottare lunghe rotazioni.

Impiegare semente sana.

Consentire uno sviluppo adeguato delle piante con le opportune pratiche agronomiche (fertilizzazione organica, terreno profondo e con buona ritenzione idrica).

Sclerotinia (Sclerotinia sclerotiorum)

Adottare lunghe rotazioni (almeno quattro anni) in particolare in seguito a precedenti attacchi.

Favorire lo sgrondo delle acque in eccesso.

Distruggere tempestivamente le piante colpite.

FITOFAGI

Elateridi

(Agriotes spp.)

In successione a prati di leguminose o patata, cipolla, melone ed insalate, praticare una coltivazione di leguminose da granella (Fava pisello e fagiolo) o di altre ortive non sensibili per almeno tre anni.

Effettuare delle ripetute lavorazioni superficiali al terreno nel periodo delle nascite, mantenendo il terreno asciutto in superficie.

Piralide del girasole (Homeosoma nebulellum)

Impiegare varietà resistenti (varietà a semi neri).

Il presente Manuale di Corretta Prassi Produttiva fa parte di un gruppo di

Manuali elaborati da docenti e tecnici provenienti dal mondo universitario e da

strutture di assistenza tecnica specializzate. Essi forniscono in particolare

elementi e nozioni tecniche utili per la corretta attuazione di operazioni nelle fasi

critiche della filiera produttiva.

Fra le varie tecniche disponibili e praticabili sono state scelte quelle

caratterizzate da una maggiore attenzione all'aspetto ambientale.

I Manuali di Corretta Prassi Produttiva non sono documenti prescrittivi; essi

forniscono alternative alla corretta soluzione di problemi diversi in diverse

circostanze.

L'intento con il quale sono stati creati è quello di dotare il settore di strumenti

didattici e divulgativi; sono destinati ad essere utilizzati come testi base per corsi

di formazione e aggiornamento dei tecnici dei vari servizi a sostegno delle

imprese e richiedono quindi un'ulteriore traduzione per essere divulgati

all'universo delle aziende agricole regionali.

I Manuali devono essere considerati come documenti evolutivi, non statici e

dovranno pertanto essere riesaminati, aggiornati e migliorati ogni anno, in

conseguenza dell'esperienza, del progresso tecnico, delle critiche e dei

suggerimenti che saranno pervenuti da parte di chi li usa. Non ultima,

l'evoluzione degli elenchi dei principi attivi ammessi in agricoltura, compresa

quella biologica, che impone frequenti modifiche integrative sia sul fronte delle

nuove molecole ammesse, sia sulla gamma di colture ove possono essere

applicati.