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MALO/2 CICLO DEL BENESSERE ALL'ULTIMO ATTO Si chiude il ciclo "La Busso- la del Benessere" stasera al- le 20,30 in sala consiliare. Il dott. Francesco Calcaterra, direttore di Diabetologia Ulss 4, parlerà di disfunzio- ne erettile e percorsi diagno- stici da seguire. R.D.V. ISTITUZIONALE A.ULSS N. 4 Pag. 1

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MALO/2 CICLO DEL BENESSERE ALL'ULTIMO ATTO Si chiude il ciclo "La Busso­la del Benessere" stasera al­le 20,30 in sala consiliare. Il dott. Francesco Calcaterra, direttore di Diabetologia Ulss 4, parlerà di disfunzio­ne erettile e percorsi diagno­stici da seguire. R.D.V.

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VELOD'ASTICO CORSO DI CUCINA FACILE E SANA Si terrà oggi alle 20, in sala consiliare, la presentazione del corso di "Cucina sana", con ricette facili, gustose, economiche e salubri, tenu­to da cooking leader forma­ti dall'Ulss 4. G.M.F.

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INIZIATIVE

Aiutare gli altri e fare del bene alle popolazioni più povere del mondo per mestiere. Sono i medici, i diplomatici, gli psi­cologi, gli operatori e tutte le figure professionali impegna­te nelle zone calde del globo, nelle regioni dimenticate del­l'Africa, nei numerosi teatri di guerra e in tutti i luoghi in cui ci sia bisogno di aiuto. È aper­to a tutti e in particolare ai gio­vani l'appuntamento organiz-

All'Urban si parla di volontariato in Africa zato per stasera dall'Urban Center di Thiene intitolato "La cooperazione allo svilup­po come opportunità di lavo­ro". Alle 20.30, all'auditorium Fonato sarà proiettato il film documentario "Medici con l'A­frica", del regista Carlo Mazza-curati. L'iniziativa si colloca nel calendario di eventi per il 63° anniversario dell'istituzio­ne "Medici con l'Africa Cuamm", la prima organizza­zione non governativa in cam­

po sanitario a livello naziona­le, fondata nel 1950 dal dottor Francesco Canova. Attualmen­te è presente con missioni umanitarie in sette stati africa­ni, dall'Etiopia alla Tanzania. Durante la serata ci saranno le testimonianze del primario del polo endoscopico dell'o­spedale di Santorso Gianluca Baldassarre, il cardiologo Giorgio Dalle Molle e il diretto­re sanitario Claudio Beltramel-lo . «G.AR.

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ARZIGNAN0/3.Giudice dà torto all'azienda ospedaliera n.5 che aveva rescisso il contratto col direttore amministrativo

licenziata, adesso FUlss paga Provvedimento illegittimo per difetto di giusta causa, così alla dott De Zotti dovranno essere pagati 120 mila euro più interessi

Ivano Tolettini

Va bene il decisionismo, ma quando si licenzia in tronco un manager non basta scrive­re che è venuto meno il «rap­porto fiduciario». Se il provve­dimento, come in questo caso, viene definito illegittimo dal giudice del lavoro per carenza di motivazione bisogna mette­re mano al portafoglio per ri­sarcire il dirigente messo alla porta ingiustamente: sia per la revoca anticipata che per il danno d'immagine. E se di mezzo ci sono soldi pubblici non è il massimo della gestio­ne operativa per chi la mette in pratica.

È quello che è successo al-l'Ulss 5 Ovest Vicentino, per­ché il tribunale accogliendo il

La manager attualmente è a Roma dove dirìge un importante ufficio centrale delllnps

ricorso di Fiorella De Zotti, che con in mano un contratto triennale era stata revocata dal proprio incarico l'I settem­bre 2009, ha condannato l'a­zienda sanitaria a risarcirle 120 mila euro, esclusi gli inte­ressi e le spese legali, in virtù di un licenziamento senza giu­sta causa firmato dall'allora di­rettore generale Renzo Alessi.

Il quale dopo 18 mesi di rap­porto professionale aveva deci­so di troncarlo perché «pur ri­scontrando che De Zotti appa­re in possesso di una professio­nalità di base, si verifica che la medesima non si è inserita proficuamente nella gestione dell'azienda sanitaria sia in termini di contenuti che di re­lazioni con la struttura diri­genziale nel suo complesso, raffigurando così una criticità rilevante che impedisce la con­tinuazione del rapporto fidu­ciario».

La dirigente De Zotti, vicenti­na di 44 anni, attuale direttore della struttura tecnica per il controllo strategico dell'Inps a Roma, all'inizio 2008 manda il suo curriculum in Regione per partecipare alla selezione dei manager sanitari. All'epo­ca è direttore dell'Inps di Vero­na, in precedenza era stata di­rigente delle relazioni esterne dell'Inps a Roma e aveva segui­to corsi alla Scuola superiore della pubblica amministrazio­ne. Insomma, a 39 anni il suo bagaglio professionale è di li­vello e non a caso viene selezio­nata. Ma dopo un anno il rap­porto col direttore generale Alessi, di cui era la vice, è già logoro. La convivenza lavorati­va dura altri sei mesi, fino al momento della chiusura della porta in faccia. Il motivo del li­cenziamento, allora? Così il dg Alessi lo spiegò: «De Zotti è una brava professionista, ma non è adatta alla sanità pubbli­ca, si è dimostrata inesperta per questo tipo di impegno. In

18 mesi non è riuscita a inte­grarsi e non avevo alcuna pos­sibilità di confermarla». Ma gli avvocati Andrea Pilati

di Vicenza e Franco Balbi di Ve­rona ,per conto di De Zotti, vanno giù duro con il vertice dell'Ulss 5 durante il processo davanti al giudice Daniela Mi­gliorati. Il licenziamento è ille­gittimo per l'«assoluta genericità del suo contenu­to»; dunque è «fumoso ed eva­sivo», non ci sono avvisaglie che facessero presagire una re­scissione in tronco, tant'è che De Zotti quando si difese non potè replicare a puntuali accu­se perché non c'erano. Inoltre, come hanno sottolineato i suoi avvocati, dall'agenda elet­tronica degli impegni settima­nali e mensili della dirigente che l'Ulss non ha prodotto in giudizio, si ricava l'«entità e la qualità dell'attività professio­nale svolta dalla manager in tutti i settori di competenza»

Il motivo del licenziamento, allora? De Zotti è una donna di polso, preparata, e lo stesso dg Alessi aveva «approvato pressoché tutte le delibere in sospeso» da lei firmate, senza la cui adozione l'Ulss sarebbe andata incontro a conseguen­ze negative. Anche per questo, oltre al danno economico di 85 mila euro derivante dalla mancata conclusione del rap­porto di lavoro, c'è quello al­l'immagine della dirigente De Zotti, valutato 35 mila euro, per la dimensione pubblica che il dg diede al licenziamen­to.*

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L'ex direttore amministrativa Fiorella De Zotti e l'ex dg Alessi

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L'ANALISI. Al convegno del Consiglio regionale la "pagella" della Scuola superiore 5. Anna (Pisa)

Sanità, gli esperti certificano cos'è ok e cosa va migliorato

Pregi: basso tasso di ospedalizzazione e brevi ricoveri. Difetti: spesa in farmaci e molte disparità

ABÀNÒf ERME (PD)

È l'ultima arrivata, un anno fa, tra le Regioni che hanno aderi­to al sistema di valutazione delle "performance" in sanità, impostato nel 2004 dalla Scuo­la superiore Sant'Anna di Pi­sa. Ma la sanità veneta si è già conquistatalapromozione, co­me ha certificato da Sabina Nuti, responsabile del Labora­torio di management e sanità della scuola superiore pisana: ha presentato il sistema di va­lutazione e i risultati ottenuti dal Veneto al convegno pro­mosso dalla commissione "Sa­nità" del Consiglio regionale ieri ad Abano, di fronte a un'af­follata platea di manager e am­ministratori delle Ulss venete.

COSA FUNZIONA. La s a n i t à p u b ­blica del Veneto, è emerso ieri, si colloca in media a metà clas­sifica - nei 160 indicatori scelti dalla Regione e dalla scuola su­periore di Pisa - tra Toscana, Umbria, Marche, Trento, Bol­zano, Liguria e Basilicata. Dai dati illustrati il Veneto risulta la regione con il più basso tas­so di ospedalizzazione, in vet­ta alla classifica per il minor numero e la minor durata dei ricoveri per alcune patologie (ad esempio la gastroenterite in età pediatrica) e in ottima

posizione per le fratture al fe­more: vengono operate entro due giorni. Buona la percezio­ne di cura da parte dei pazien­ti, come dimostrano le poche dimissioni volontarie dei pa­zienti dai reparti e dai pronto soccorsi degli ospedali veneti.

COSA VA MIGLIORATO. Ma dal confronto con le altre otto real­tà che hanno aderito al siste­ma di qualità individuano per il Veneto margini di migliora­mento su più fronti: ridurre le giornate di degenza oltreso­glia (cioè i ricoveri che si pro­lungano oltre i 30 giorni); con­tenere la spesa farmaceutica in maniera omogenea ed equa (tra territori ma anche per classi di età); perseguire mag­gior appropriatezza degli in­terventi chirurgici e garantire medesimi standard di qualità, efficienza e sostenibilità nei di­versi territori del Veneto.

«RIVEDERE I CONFINI DELLE ULSS». «Abbiamo iniziato un percorso - ha sottolineato Leo­nardo Padrin, presidente del­la commissione - che ci deve rendere ancora più competiti­vi, per migliorare la qualità e i servizi ai cittadini, gestendo correttamente le risorse pub­bliche, in uno scenario senza frontiere che si è fatto sempre più competitivo. La valutazio­ne delle performance significa poter individuare i costi stan­dard ottimali e poter migliora­re organizzazione e servizi, e quindi offrire risposte più effi­cienti alla popolazione. Ma i confini delle Ulss costituisco­

no oggi una rigidità, retaggio del passato, in grado di condi­zionare le performance delle aziende, anche in presenza di un ottimo management e dei buoni processi organizzativi. L'altra sfida da vincere è cultu­rale: far passare la logica della valutazione-meritocrazia nel­l'organizzazione delle Ulss e nell'opinione pubblica».

«PUNTARE SULLE STRUTTURE DEL TERRITORIO». « A f ron te del disavanzo di 600 milioni che si prospettava nel 2010 e dei 1,3 miliardi di euro di debi­to strutturale delle aziende ve­nete - ha sottolineato il segre­tario regionale Domenico Mantoan - era doveroso porre mano al modello gestionale del sistema sociosanitario. Uscire dall'autoreferenzialità e trovare indicatori per misu­rare il sistema è stato il secon­do passo: l'ingresso nel network della valutazione del­le performance tra Regioni è una scelta obbligata, e la "pa­gella" ci mostra che in Veneto la sanità funziona, costa relati­vamente poco e può ulterior­mente migliorare, se riuscirà a valorizzare le reti dei 27 mila posti letto delle case di riposo, dei medici di base e delle strut­ture intermedie». Nel dibatti­to, Giuseppe Cenci, dg del-l'Ulss 5 Ovest vicentino, ha sot­tolineato che «la sfida dei co­sti standard deve coniugarsi con l'obiettivo regionale di ra­zionalizzare il numero di ospe­dali e riorganizzare la rete ter­ritoriale di servizi e di struttu­re riabilitative».*

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Il Veneto deve ridurre le degenze in ospedale che superano i 30 giorni

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Arzignano Alessi aveva detto che «non era adatto alla sanità pubblica».

Il tribunale ha accolto il ricorso del direttore amministrativo che ora va risarcito

Dirigente licenziato, il giudice chiede i danni all'Usi ARZIGNANO — «E una brava pro­

fessionista, ma non è adatta alla sani­tà pubblica», aveva detto l'allora di­rettore generale dell'Usi 5 Renzo Ales­si nel motivare il licenziamento nel­l'estate del 2009 del direttore ammini­strativo Fiorella De Zotti, nominata poco più di un anno prima, nel mar­zo del 2008, dopo tre anni come diret­tore della sede veronese dell'Inps.

Era la prima volta, quella, che in Ve­neto un dirigente sanitario veniva li­cenziato in tronco. E ora, quattro an­ni dopo, quella decisione, tuttavia, ri­schia di costare molto caro all'azien­da sanitaria di Arzignano. Il Tribuna­le di Vicenza, con un dispositivo del giudice del Lavoro Daniela Migliorati dello scorso 20 novembre, ha accolto (parzialmente) il ricorso della De Zot­ti, condannando l'Usi a versarle circa i2omila euro. Bisognerà aspettare le motivazioni della sentenza (attese en­tro un paio di mesi) per conoscere le ragioni della decisione del giudice (cui ora l'azienda sanitaria potrà ri­correre in appello), ma già adesso al­cuni elementi permettono di capire

come è stata quantificata quella som­ma: se 85.649,22 euro corrispondono agli stipendi non percepiti dall'ex di­rettore amministrativo dalla data del licenziamento fino alla fine del con-

Stipendi La sentenza prevede di pagare a Fiorella De Zotti un totale di 120mila euro per gli stipendi non corrisposti e per danni morali

tratto, altri 35mila euro - è questa è la novità significativa - devono esse­re corrisposti alla De Zotti come «ri­sarcimento del danno da lesione d'immagine». Una probabile conse­guenza proprio delle giustificazioni che Alessi aveva dato di quello strano licenziamento (dopo il quale De Zotti era tornata alla casa madre, l'Inps, da cui era in aspettativa), anche se nei corridoi dell'azienda sanitaria del Vi­centino si sussurrava che le vere ra­gioni dell'attrito fossero di altra natu­

ra. D'altra parte, in quegli stessi mesi, il dg era entrato in rotta di collisione anche con il direttore sanitario Giam­paolo Stopazzolo, che tuttavia non era stato licenziato, ma dirottato ad altro incarico, il coordinamento della rete-infarto delle quattro Usi vicenti­ne. Al suo posto, come direttore sani­tario, Alessi aveva chiamato un suo fedelissimo, l'avvocato Sergio Bona-iuto.

La carriera del potente direttore ge­nerale nella sanità veneta si è inter­rotta nel 2012 quando, piuttosto a sorpresa, il suo nome non è rientrato nella rosa dei manager nominati dal governatore Luca Zaia. In ogni caso, nel febbraio scorso, ha trovato una nuova collocazione come direttore amministrativo dell'Istituto zooprofi­lattico delle Venezie.

Oltre agli stipendi arretrati e al dan­no d'immagine, l'Usi 5 è chiamata a rifondere al suo ex direttore ammini­strativo anche il 40 per cento delle spese legali sostenute, quantificate in altri 3.600 euro.

Alessio Corazza

Rivincita Fiorella De Zotti è stata nominata direttore amministrativo dell'Usi 5 nel marzo del 2008 e licenziata nell'agosto del 2009

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LA TRAGEDIA La 45enne sarebbe annegata dopo un malore. Domani il funerale

Un mistero la morte di Roberta L'autopsia non ha chiarito le cause del decesso della nefrologa dell ospedale cittadino

Matteo Ceron

CASTELFRANCO

Le cause della morte della 45enne Roberta Marcon, nefro­loga in ospedale a Castelfran­co, restano un mistero. L'autop­sia eseguita dalla struttura sa­nitaria non ha dato risposte risolutive. Dalla perizia medi­co legale non sono emersi elementi tali da ricondurre con certezza il decesso a una causa specifica. «È stata ese­guita nel pomeriggio di oggi (ndr, ieri) l'autopsia sul corpo della dottoressa Roberta Mar­con, morta improvvisamente nella serata di venerdì -dice una nota dif­fusa dalla di-r e z i o n e dell'Usi 8 nel tardo pome­riggio di ieri -. Al momen­to non è anco­ra possibile conoscere le

cause del de­cesso». Da quanto filtra­to sarebbero stati effettuati dei prelievi di tessuti che, dopo gli esami di laboratorio, dovrebbe chiarire il mistero. Ma ci vor­ranno almeno 60 giorni. Nes­sun giallo per la Procura. La morte di Roberta Marcon non presenta aspetti di rilevanza penale. Il pm massimo De Bortoli, sulla base delle indagi­ni svolte dai suoi collaboratori,

ha escluso responsabilità di terzi e non ha chiesto l'autop­sia. Da quanto filtrato, il medi­co soffriva di una particolare patologia che potrebbe spiega­re il malore e la successiva morte, probabilmente per an­negamento, nella vasca da ba­gno. Il destino ha voluto che quando la nefrologa è entrata nella vasca da bagno il compa­gno, giudice civile a Venezia, non fosse in casa. E quando è rientrato con due amici la tragedia si era ormai irrime­

diabilmente consumata. Rober­ta Marcon potrebbe essere an­negata in seguito a problemati­che di varia natura. Intanto è stata fissata la data del funera­le che sarà celebrato domani nella chiesa parrocchiale di Loreggia (Padova), paese d'ori­gine della nefrologa. La notizia della morte di Roberta Mar­con ha scosso l'ospedale di Castelfranco, dov'era molto co­nosciuta. Era una delle figure più note del reparto diretto da Cataldo Abaterusso. Era una convinta promotrice della do­nazione degli organi, pratica

fondamentale per dare una speranza a molti dei pazienti che seguiva. Lei stessa ha donato cornee e tessuti. Che coi pazienti avesse un rappor­to di particolare vicinanza è testimoniato anche da un mes­saggio diffuso da una di loro in seguito alla notizia della sua scomparsa.

IL LUTTO Roberta Marcon è stata trovata senza vita dal compagno

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BASSANO Festa del Ringraziamento dei 53 gruppi Rds della Montegrappa a Valrovina

Donazioni di sangue sempre più difficili BASSANO - Festa del Ringraziamento, a Valrovina, dei 53 gruppi del Rds Monte Grappa, con la premiazione dei donatori bassanesi che hanno raggiunto 51, 75 e 100 donazioni (nella foto). I donatori del presi­dente Negrello hanno chiesto al sindaco

Cimatti che, nella sua veste di presidente della Conferenza dei sindaci del comprenso­rio, di farsi carico con il direttore generale della Ulss n. 3 della riduzione del personale medico al Centro trasfusionale del S. Bassia­no.

RDS ANA MONTEGRAPPA Festa del Ringraziamento dei 53 gruppi a Valrovina. Donatori preoccupati

«Carenza di personale medico al centro trasfusionale» Roberto Lazzarato

BASSANO

«Donando il sangue abbiamo con­tribuito a far rifiorire speranza, salute e vita in quanti ne hanno avuto bisogno - ha ricordato il presidente mandamentale dei do­natori, Giovanni Negrello, inter­venendo alla Festa del Ringrazia­mento, a Valrovina, dove sono confluite le delegazioni dei 53 gruppi del Rds Monte Grappa -Una festa che rispetta i principi ed i valori per i quali è stata costituita la nostra associazione, una festa alla vita e all'amore che ci tiene legati ai valori della nostra terra. Valori che non devo­no essere dimenticati o affievoliti da egoismi, interessi personali, sete di potere e che devono farci sentire orgogliosi di essere parte del reparto Monte Grappa».

Presenti alla manifestazione anche il vice presidente della sezione Ana di Bassano, Girola­mo Viero ed il sindaco Cimatti che, elogiando il ruolo del volon­tariato nella nostra società, nella sua veste di presidente della Conferenza dei sindaci del com­prensorio, ha assicurato di farsi carico delle istanze che gravano sull'associazione con il presiden­te dell'Asl. È infatti la riduzione del personale medico al Centro trasfusionale del S. Bassiano, la limitazione delle domeniche per le donazioni periodiche, l'inter­vallo fra le donazioni di plasma, il programma per le prenotazio­ni, la necessità di personale vo­lontario che presti servizio in accettazione del Centro stesso e i giovani che si rendano disponibi­li in sede per le prenotazioni che

Il sindaco al raduno mandamentale assicura il suo

interessamento

più preoccupano il Rds. Imponente la sfilata, precedu­

ta dalla fanfara "Monte Grappa", con il labaro dei donatori, il vessillo della sezione Ana di Bassano, i gagliardetti dei gruppi donatori, alpini, Admo e Aido.

«Il gruppo fondato nel 1962 annovera nelle sue fila un eserci­to di donne, giovani e tanta gente comune», ha sottolineato Negrel­lo. Dopo l'alzabandiera e la depo­sizione della corona ai Caduti è seguita la funzione religiosa, presso la parrocchiale e l'incon­tro conviviale al ristorante "alla Corte" dove la responsabile del Centro trasfusionale, dott. Dia-mantini, ha portato il suo saluto. Quindi sono state consegnate le pergamene di riconoscimento ai donatori che hanno raggiunto 51, 75 e 100 donazioni.

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VALROVI­NA

Festa del Ringrazia­mento del

Rds dell'Ana Monte-

grappa e donator

benemerit premiati

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Con la presente voglio portare l'attenzione sulla inopportuni­tà che in un ospedale pubblico qual è il San Bortolo di Vicen­za - Ulss 6 nelle sale di attesa dei vari ambulatori, nonché del Pronto soccorso, sia acce­so un televisore sintonizzato -per ciò che più volte ho potuto rilevare di persona - sempre su programmi della tv privata Mediaset, la cui qualità cultu­rale ed educativa non è ricono­sciuta e condivisa da tutti. Mentre attendo il mio turno,

mi piacerebbe essere eventual­mente "intrattenuta" con tra­smissioni di diverso spessore. Innanzitutto da una rete pub­blica, oppure anche con tra­smissioni a circuito interno che mi illustrassero i servizi

SAN BORTOLO

«Perché la tv Mediaset nelle sale d'attesa?»

dell'ospedale, le sue azioni di eccellenza.

Oppure con niente, semplice­mente; ma non mi sembra cor­retto che nel momento in cui usufruisco di un servizio "pub­blico" (per il quale pago il mas­simo del ticket, come devo), sia obbligata a sorbirmi pub­blicità e contenuti di una tv privata commerciale.

La mia segnalazione ha già un precedente.

Infatti in passato (3 o 4 anni fa) avevo già segnalato il caso all'Ulss 6, riferendo di una ignominiosa trasmissione Me­diaset su ritocchi e chirurgia estetica imposta nella sala di attesa interna del pronto soc­corso a pazienti sofferenti e co­stretti ad aspettare a volte a

lungo, come era capitato a me. Dopo mesi in risposta mi fu

comunicato che la sintonizza­zione viene effettuata dalla ca­posala, e che qualcuno si sareb­be interessato della questione. Cosa che non ha avuto segui­to, dato che altre volte ho con­statato la stessa consuetudi­ne, incluso il giorno 25 novem­bre, alle 11, nella sala di attesa area D, medicina nucleare.

I principi fondamentali e va­lori dell'Asl 6 fanno esplicito ri­ferimento al rispetto dell'uten­za.

Se effettivamente la scelta dei canali dipende "dal basso" basterebbe una direttiva supe­riore, a costo zero. Silvana Groppo

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L'Ipab "Suor Diodata Bertolo" di Sandrigo presenta il proget­to della nuova casa di riposo : il Cda ha mandato una lettera a tutte le famiglie per inviarle al­l'incontro pubblico di stasera alle 20.30 nella sala Arena del patronato. La direzione dell'I-pab, volendo mettere a norma lo stabile, ha presentato il 13 giugno al Comune sandricen-se un progetto di nuova costru­zione. Il problema ha subito suscitato diversi pareri tra le li-

SANDRIGO. Stasera

Si presenta il progetto della nuova casa di riposo

ste consiliari ed è stato affron­tato anche nel Consiglio comu­nale del 30 settembre, grazie ad un'interrogazione della li­sta di minoranza AttivaMen-te, che appoggiala ristruttura­zione nell'attuale sede di via San Gaetano. L'Amministra­zione comunale invece aveva scartato questa ipotesi, soste­nendo la validità della realizza­zione di un nuovo polo sanita­rio in piazza Zanella vicino al­l'ex ospedale di Sandrigo, dove peraltro l'Ipab ha una sua se­

de staccata, nella cui ala ovest entro fine anno saranno ag­giunti altri 24 posti letto di me­dia intensità. L'ssessore al so­ciale Davide Cadore aveva ri­badito di non voler rifiutare aprioristicamente la soluzio­ne di via San Gaetano, ma di voler perseguire la strada del­la costruzione di un accordo con l'Ulss 6 per la realizzazio­ne di un'Ipab affiancata a quel­lo che potrebbe diventare l'o­spedale di comunità, «G.D.

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ZANÈ/2

Incontro pubblico sulla salute Proseguono a Zane gli incon­tri pubblici sul tema della salu­te promossi e organizzati dal­l'assessore alla persona Gio­vanni Busato. Stasera, alle 20.30, ospite del centro socio culturale di piazzale Moro sa­rà il dottor Alberto Carlotto, già dirigente dell'ospedale San Bortolo, che affronterà in particolare il funzionamento dell'occhio e tratterà le più fre­quenti patologie che colpisco­no questo importante organo. Ingresso gratuito. «A.D.I.

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OSPEDALE I lavori sono già iniziati, ma potranno essere ultimati solo per il 20 dicembre

Chirurgia va sott'acqua Piove dal soffitto rotto Due stanze della seconda sezione del San Bortolo saranno chiuse e otto pazienti sistemati altrove ma è difficile trovare posti alternativi

Franco Pepe

Piove in chirurgia. Le costru­zioni più vecchie del San Bor­tolo mostrano i segni del tem­po. Due stanze della seconda sezione devono essere forzata­mente chiuse, e otto pazienti vengono sistemati altrove. Un disagio non certo da poco per malati e personale. È accadu­to la scorsa settimana durante le ultime precipitazioni regi­stratesi in città, prima che, con l'abbassarsi della tempera­tura, arrivassero l'alta pressio­ne e il bel tempo. Le prime av­visaglie a metà novembre du­rante la lunga striscia di gior­nate piovose susseguitesi nel­la seconda quindicina del me­se, quando in una stanza a quattro letti del reparto al se­sto e ultimo piano dell'area C dell'ospedale ha preso triste­mente a gocciolare, e l'intona­co ha cominciato a inumidirsi. La cosa si è ripetuta nei giorni successivi a ogni ripresa di pioggia.

IL SOFFITTO. L'acqua si è infil­trata nel soffitto ed è venuta giù a ritmo continuo sempre più copiosamente, bagnando letti e pavimento. Sono inter­venuti i tecnici, ma i muri al­l'interno hanno perso in solidi­tà - siamo in pratica sotto il tet­to - per cui non era possibile bloccare subito l'infiltrazione,

Adesso si teme

che l'edificio trai più vecchi del nosocomio abbia nuovi inconvenienti e, a questo punto, l'ordine è stato di abbandonare la stan­za. Stessa sorte per un'altra stanza a quattro letti sempre della stessa sezione della chi­rurgia generale, attigua a quel­la chiusa per pioggia. In que­sto caso non cadeva acqua ma le larghe incrostazioni provo­cate dall'umidità hanno fatto temere il peggio, per cui, an­che qui, la decisione è stata di serrare i battenti e di trasferi­re i degenti, in quanto gli altri 52 letti del reparto sono tutti occupati. Difficile, fra l'altro, in un ospedale in cui in questo periodo, come del resto si veri­fica ormai pressoché tutto l'an­no, i mille posti-letto fanno re­gistrare il tutto esaurito, trova­re una sistemazione "in presti­to" per gli otto malati costretti ad emigrare. Due di loro sono stati portati al piano sottostan­te nel reparto di chirurgia pla­stica. Altri due hanno avuto un letto al terzo piano, in uro­logia. E gli ultimi due in repar­ti di altri lotti dell'ospedale. Lo stato di precarietà resterà an­cora per almeno tre settima­ne.

LE DUE STANZE I lavori per ri­mettere in qualche modo a po­sto le due stanze sono iniziati, ma pare che non potranno concludersi prima del 20 di­cembre. Resta, quindi, la diffi­coltà di reperire posti per i pa­zienti ricoverati, persone redu­ci da interventi chirurgici o in attesa di entrare in sala opera­toria. Ogni giorno occorre tro­vare i pochissimi letti che si rendano disponibili per allog­giare gli otto malati obbligati per cause di forza maggiore a restare fuori della chirurgia. Purtroppo il timore è che il fab­bricato, fra i più antichi del San Bortolo, lo stesso in cui, al secondo piano, si trova il grup­po operatorio, anch'esso or­mai più che datato con spazi stretti e impianti da rifare, pos­sa andare incontro ad altri grossi inconvenienti. Dopo l'e­state ha dovuto sloggiare in fretta e furia da un'ala del quarto piano la chirurgia pla­stica. Crepe sui muri, avvalla­menti sul pavimento e altri problemi da cedimento strut­turale hanno consigliato di spostare il reparto al quinto piano nell'ex chirurgia secon­da soppressa da tempo.

Chiusa, dunque, anche que­sta sezione del quarto piano in attesa di lavori che chissà quando potranno essere fatti. I soldi per una manutenzione straordinaria del genere sono pochi e l'ufficio tecnico è obe­rato di impegni. •

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Acqua dal soffitto del reparto di chirurgia del San Bortolo e otto pazienti trasferiti altrove, FOTO ARCHIVIO

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VIGONOVO (VENEZIA)

Si era sottoposta ad un inter­vento chirurgico di posiziona­mento di un mini bypass ga­strico per perdere peso, ma una settimana dopo è morta.

Grazia Maria Bresolato, 42enne di Vigonovo, operatri­ce socio-sanitaria alla Fonda­zione Opera Immacolata Con­cezione di Padova, è deceduta

VIGONOVO. Dramma

Una mamma muore dopo l'intervento per dimagrire

all'ospedale di Dolo. La donna aveva deciso di sot­

toporsi all'intervento dopo es­sere arrivata a pesare più di 100 chili. Aveva iniziato ad in­grassare subito dopo il parto. Dopo qualche consulto medi­co aveva optato per farsi opera­re in una clinica di Bergamo. L'intervento sembrava essere riuscito. La donna è stata di­messa, ma ha cominciato ad avvertire i primi dolori ad una

settimana di distanza, finché venerdì scorso è stata di nuovo ricoverata a causa di un'emor­ragia. È stata così sottoposta ad un altro delicatissimo inter­vento per tentare in tutti i mo­di di salvarla, ma non c'è stato nulla da fare, non si è più risve­gliata.

Lascia il marito e un figlio di quattro anni. Solo l'autopsia potrà stabilire le cause della morte.*

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ATRIESTE INFLUENZA, BIMBA DI 4 ANNI È IL PRIMO CASO UFFICIALE È una bambina di 4 anni, non vaccinata, il primo ca­so ufficiale di influenza del­la stagione 2013-2014. Il Centro nazionale per l'In­fluenza dell'Istituto Supe­riore di Sanità ha comunica­to ieri il primo isolamento, a Trieste. Lo ha reso noto il ministero della Salute. È un virus influenzale di tipo A, sottotipo H3N2. Si presu­me che il virus isolato in Ita­lia sia correlato al ceppo A/Texas/50/2012, che è uno dei tre ceppi contenuti nel vaccino antinfluenzale at­tualmente in uso. Si stima che l'influenza quest'anno colpirà tra i 3 e i 5 milioni di italiani.

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SALUTE. Il Consiglio dei ministri esamina le nuove regole comunitarie

«Schengen» della Sanità: verso cure senza frontiere

ROMA

Niente cronicità e trapianti, ma sì alla telemedicina e alle cure ad alta specializzazione, via libera alle cure in strutture pubbliche, niente da fare per i centri privati, anche se di eccel­lenza. Sarà una Sanità senza frontiere, quella all'interno dell'Unione europea, ma con limiti e regole ben precise, che verranno esaminate nel Consi­glio dei ministri di oggi, incari­cato di tradurre in pratica, la direttiva del Parlamento euro­peo sulla applicazione dei di­ritti dei pazienti relativi all'as­sistenza sanitaria «transfron­taliera».

La già soprannominata «Schengen della Salute», pre­vede nei 28 Paesi dell'Unione, la libera circolazione non di merci e monete ma del siste­ma di «welfare». Temuta dalle

Regioni, che intravedono il ri­schio di un esodo a loro spese, ma attesa dalle associazioni di cittadini, che la ritengono uno strumento che incentiverà il raggiungimento di standard qualitativi, di fatto, la rivolu­zione delle cure è, per ora, solo virtuale. Nella pratica infatti molti Paesi sono in ritardo nel­l'applicazione della direttiva entrata in vigore, ufficialmen­te, il 25 ottobre scorso e per la quale il termine per definire le norme di attuazione scade il 4 dicembre.

Il decreto legislativo che sarà oggi all'esame del governo fa chiarezza innanzitutto sui co­sti, che dovranno essere antici­pati dal cittadino e che saran­no rimborsati se e nella misu­ra in cui la prestazione eroga­ta sia compresa nei cosiddetti «livelli essenziali di assisten­za». La domanda di rimborso dovrà esser presentata alla Asl

di appartenenza a fronte di certificazione medica e fattu­ra e il rimborso avverrà in base alle tariffe regionali vigenti, mentre la differenza sarà a ca­rico del paziente.

Nel provvedimento si spiega, poi come fare per ottenere l'au­torizzazione, che in alcuni casi dovrà essere «preventiva»: va fatta alla Asl di appartenenza, su moduli in cui indicare pre­stazione richiesta e dove si an­drà ad effettuarla. La risposta dovrebbe giungere entro 30 giorni, 15 nei casi urgenti, e l'autorizzazione non potrà es­sere rifiutata quando la cura non può essere prestata sul ter­ritorio nazionale o nel caso in cui le liste d'attesa siano tanto lunghe da metter a rischio la vita del paziente. Andranno poi organizzati sistemi per va­lutare gli standard di qualità dell'assistenza e della sicurez­za del paziente. •

Una corsia d'ospedale

HALIA MONDO

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Il caso Una veneziana di 42 anni ha perso la vita dopo un intervento

Si opera per dimagrire, poi muore Il marito: «Voglio sapere la verità»

VENEZIA — «Non è possibile che una madre di 42 anni possa morire in questo modo». Non riesce ancora a sfogare tutta la sua rabbia France­sco Landò, il compagno di Grazia Ma­ria Bresolato, morta sabato mattina dopo essersi sottoposta a un inter­vento chirurgico per perdere peso.

Non riusciva più ad accettare il suo corpo. Tutti i chili che aveva pre­so dopo il parto non le permetteva­no di vivere serenamente. Voleva ve­dersi più bella. La donna, residente a Vigonovo, in provincia di Venezia, era stata sottoposta otto giorni pri­ma a un'operazione con mini by-pass gastrico. L'intervento era an­dato secondo la procedura, ma una settimana dopo ha avvertito i primi dolori. Un malessere che l'ha portata alla morte.

Grazia era arrivata a pesare oltre cento chili e non riusciva a dimagri­re. Da qui la scelta di consultare di­verse cliniche, anche fuori regione, per cercare una soluzione, finché ha scelto il policlinico San Pietro di Ber­

gamo dove è stata operata. Un inter­vento senza complicanze. Al momen­to delle dimissioni, sottolinea il per­sonale del Policlinico, la 42enne pre­sentava un decorso regolare. Ma una settimana dopo ha cominciato ad av-

In sala operatoria Una donna è stata operata per perdere peso. Dopo alcuni giorni le sue condizioni sono peggiorate ed è morta (foto archivio)

vertire un malessere che è divenuto insopportabile. Giovedì notte si è sentita male, il marito ha chiamato la guardia medica per un consulto e le ha somministrato un analgesico, n dolore, però, non è passato. Le sue

condizioni sono peggio­rate: venerdì sera il rico­vero. Grazia è stata tra­sportata d'urgenza al­l'ospedale di Dolo, dove è stata sottoposta a un delicato intervento.

Secondo gli accerta­menti, pare avesse un'emorragia interna. È spirata poche ore dopo l'operazione. «Voglio ve­derci chiaro», dice il ma­rito. «I familiari stanno attendendo di conosce­re le cause della morte -

spiega il legale Alessandro Meneghi­ni - si dovrà capire questo, per poi accertare eventuali responsabilità».

Eleonora Biral 8 RIPRODUZIONE RISERVATA

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FINO A DOMANI

Stand del volontariato in ospedal< (F.Capp.) Un caleidoscopio colorato, so­stanziato di impegno, passione, vicinan­za emotiva. Un inno agli "eroi quotidia­ni", quelli che la solidarietà la portano fino all'ultimo miglio: questo è "Il volonta­riato in ospedale", la manifestazione che ormai periodicamente fa scendere in "strada" le tante realtà che sviluppano la loro attività attorno alla persona malata e alla sua famiglia, infondendo gratuita­mente conforto, speranza, forza, tenacia. Sono una trentina le associazioni che fino a domani si mettono in mostra, animan­

do altrettanti stand allestiti nei bracci del Monoblocco e del Policlinico, in Azienda ospedaliera universitaria. Una rassegna di quanto l'aiuto di singoli uomini e donne di buona volontà fa per bambini, giovani, adulti, anziani, per far conoscere patologie difficili da dire, da spiegare, da sopportare, per sostenere la ricerca scientifica promuovendo spesso lavoretti artigianali, manifestazioni musi­cali o artistiche, in un percorso giornalie­ro di sintonia e simbiosi con la sofferenza e la guarigione.

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Mercoledì 27 novembre 2013 è stata pubblicata sul Gazzettino di Padova, un'intervista al Prof Ermanno Ancona, già direttore della Clinica Chirurgica 1 dell'Azienda Ospedaliera -Uni­versità di Padova, dal titolo "Il super chirurgo arruolato dall'Ospedale dei Principi". In questa intervista il Prof Anco­na lamenta una scarsa conside­razione per il suo allievo e "delfino" Prof Zaninotto costret­to ad emigrare a Londra presso l'Ospedale Saint Mary definito appunto l'Ospedale dei Princi­pi. La causa di questa emigra­zione ,secondo quanto riferito dal Prof Ancona, sarebbe il mancato rispetto di un accordo raggiunto nel luglio 2002 in base al quale il Prof Zaninotto sarebbe stato chiamato a dirige­re a Padova una struttura nell'ambito della riorganizzazio­ne dell'area chirurgica. Vorrei ricordare che il Prof Zaninotto rivestiva dal alcuni anni il ruo­lo di Direttore della struttura complessa di Chirurgia Genera­le dell'ospedale San Giovanni e Paolo di Venezia ,in base ad una convenzione "ad personam "stipulata tra l'Ateneo di Pado­va e l'Azienda Ospedaliera ve­neziana. L'Ospedale di Venezia a livello nazionale e regionale ha una sua rilevante visibilità ed è stato da tempo individuato

UNIVERSITÀ IL PROFESSOR ZANINOTTO

dall'Università di Padova come uno dei "poli di Sviluppo" della Scuola di Medicina e Chirur­gia. Nella riunione ricordata dal Prof Ancona ed in altre meno ufficiali è stata più volte ribadi­ta la necessità di non disperde­re le competenze assistenziali e di ricerca sulla patologia dell'esofago acquisite a Padova sotto la direzione del Prof Al­berto Peracchia, e successiva­mente implementate sotto la direzione del prof Ancona . Con quest'ultimo ,prima del suo pen­sionamento ,si è discusso a lungo su come garantire la "continuità della scuola" e le scelte prioritarie ,in pieno ac­cordo con lo stesso Prof Anco­na , sono state fatte su allievi

altrettanto validi dal punto di vista scientifico. Tuttavia ,in considerazione delle ricono­sciute attitudini alla ricerca del prof Zaninotto il Consiglio del Dipartimento di Chirurgia, On­cologia e Gastroenterologia ave­va deliberato, come puntual­mente ricordato nell'intervista, l'assegnazione del budget neces­sario per il rientro del Prof Zaninotto a Padova compatibil­mente con la istituzione presso 1' Azienda Ospedaliera di una struttura assistenziale dedicata alla patologia esofagea. La rior­ganizzazione dell' area chirurgi­ca della nostra Azienda . come

a tutti noto, ha imposto una drastica riduzione delle struttu­re dedicate alla chirurgia gene­rale e quindi del numero dei posti letto. Questa riorganizza­zione non è ancora del tutto conclusa ed i tempi tecnici necessari per l'applicazione del­le nuove schede ospedaliere , di recente approvate dalla giunta regionale, non saranno brevissi­mi. Purtroppo per questi motivi non è stato possibile realizzare, nei tempi previsti, tutti pro­grammi condivisi. Posso rassi­curare il Prof Ancona che da parte dell'Università, dell'Azienda Ospedaliera e mia personale non c'è stata nessuna volontà di rinunciare alle capa­cità di clinico e di ricercatore del Prof Zaninotto. Credo di interpretare l'opinione di tutto il nostro dipartimento espri­mendo al prof Zaninotto l'augu­rio di raggiungere il massimo delle soddisfazioni professiona­li orgogliosi del fatto che uno di noi sia stato chiamato a dirigere una struttura di gran­de prestigio internazionale.

prof. Donato Nitti Direttore Dipartimento si

Scienze Chirurgiche, Oncologiche e

Gastroenterologiche Università degli Studi di

Padova

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Loreggia Domani l'addio alla dottoressa

È stato fissato il fune­rale della dottoressa Roberta Marcon, 45 anni,originaria di Lo­reggia, dipendente dell'Ulss 8 trevigiana, morta improvvisamen­te nella serata di ve­nerdì scorso nel ba­gno della sua abitazio­ne di Castelfranco Ve­neto.

Le esequie si svolge­ranno domani nella chiesa parrocchiale di Loreggia a partire dal­le 15.

È stata intanto ese­guita ieri l'autopsia sulcorpo della donna. Non sono ancora note le cause del decesso.

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CONVEGNO Al DO

Il sottosegretario Galletti: «Pubblico e privato insieme per "alimentare" la ricerca»

(M.Zi.) La sussidiarietà nel­la promozione della ricerca è stata al centro del dibatti­to nel convegno «Un patto per la ricerca». Promosso dalla Fondazione Ricerca Biomedica Aavanzata, che sostiene l'Istituto Veneto di Medicina Molecolare, il con­vegno, oltre ad essere l'occa­sione in cui la fondazione si ritrova annual­mente per rin­graziare i pro­pri sostenitori, è stata anche l'oc­casione per ana­lizzare il rappor­to tra pubblico e privato nel setto­re.

All'incontro, introdotto dal presidente della Fondazione Bio­medica, Gilber­to Muraro, sono intervenuti, ol­tre al vice sinda­

co reggente Ivo Rossi, al prò Rettore Fran­cesco Gnesotto e all'assesso­re provinciale Fabio Conte, il presidente del Cnr Luigi

Nicolais, il presidente della Fondazione Cariparo, Anto­nio Finotti, il professor Francesco Pagano presiden­te del Vimm, e il sottosegre­tario del Miur, Gian Luca Galletti, che ha voluto pun­tualizzare il senso della sus­sidiarietà nella ricerca: «Si tratta sicuramente di una strada giusta - ha detto il sottosegretario - Però rifiu­to l'assioma che lega la sussidiarietà alla mancanza di risorse pubbliche. Si trat­ta di un fatto positivo in sé. La società civile che si orga­nizza, come nel caso della Fondazione biomedica, per un fine pubblico è un esem­pio da seguire, al di là della situazione di crisi che può far diminuire gli investi­

menti. La ricerca è al cen­tro del progetto del Gover­no, tanto che sia il presiden­te Letta che la ministra Carrozza hanno legato la loro permanenza al fatto che non ci saranno più tagli lineari per istruzione, uni­versità e ricerca. Passata la crisi infatti su questo setto­re ci sarà una forte competi­zione a livello mondiale».

Nicolais ha voluto invece ricordare uno degli elemen­ti critici della ricerca in Italia: «Quello che più ci intristisce è vedere tremila ricercatori a tempo determi­nato. Anche se riusciamo ad avere fondi per la ricer­ca a livello europeo o per altre strade, oggi ci sono tanti giovani in Italia che non hanno l'opportunità di dimostrare le proprie capa­cità. Abbiamo difficoltà a crescere perchè non possia­mo fare dei nuovi concor­si».

RICERCA L'incontro della Fondazione biomedica

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LA DECISIONE Sono 29 i Municipi interessati

Disabili assistiti dall'Ulss 16, prelevabili dal patrimonio le quote ' sociali ' per le spese

Federica Cappellata

Il disabile viene accolto in una struttura assitenziale, una resi­denza sanitaria assistita o in una comunità alloggio, e non riesce a onorare la quota alberghiera? La Conferenza dei sindaci dell'Ulss 16 apre alla possibilità di utilizzare eventuali disponibilità del pa­trimonio mobiliare dell'assisti­to - conti correnti bancari o postali, titoli di stato, obbliga­zioni, certificati di depositi e credito, buoni fruttiferi, azioni e quote d'investimento, parte­cipazioni azionarie in società italiane ed estere quotate, mas­se patrimoniali - per coprire le relative spese. Questo solle­vando dall'onere le casse della Municipalità di residenza del portatore di handicap, che fi­nora se ne facevano carico in caso di incapacità del soggetto a sborsare per intero la quota.

Una novità, questa, compatibi­le con la vigente legislazione regionale e nazionale, ora rece­pita dall'ente sanitario di via

Scrovegni diretto da Urbano Brazzale. Le persone disabili residenti nel territorio dell'Ulss 16 possono essere accolte in modo continuativo, a seguito di apposita valutazio­ne effettutata da un nucleo di esperti, presso strutture resi­denziali di vario tipo a secon­da delle necessità: l'accesso avviene nelle more di uno specifico regolamento che re­cepisce le indicazioni regiona­li in materia di accoglienza residenziale extraospedaliera per portatori di handicap. In particolare il documento disci­plina, oltre all'iter procedura­le da seguire in base a doman­da e offerta assistenziale, la ripartizione della spesa per l'accoglienza presso i centri residenziali, precisando che la stessa viene suddivisa tra fon­do sanitario e sociale. Per la quota "sociale" si intende la "quota alberghiera" per la qua­le è prevista la compartecipa­zione alla spesa da parte degli utenti disabili; in caso di inca­pacità economica di questi, si

procede al subentro da parte del Comune ove la persona risiede al momento dell'ingres­so. Il regolamento ha quindi contemplato, nei 29 Comuni

che fanno parte del territorio dell'Ulss 16 (la più popolosa del Veneto, con un bacino di 493 mila residenti) che la retta possa essere coperta an­che dal patrimonio mobiliare dell'assistito. Che però non si troverà completamente "alleg­gerito": è stata fissata infatti una soglia di patrimonio mobi­liare "intoccabile", identificata in relazione all'età dell'utente. Si tratta di 24mila euro se il portatore di handicap ha me­no di 60 anni, 13.500 se ne ha di più, cifra che può essere aumentata o diminuita del 25% a insindacabile giudizio di ogni Comune.

I LIMITI

Tra i 13.500 e i 24mila euro

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TREBASELEGHE Colpo di scena al processo per la caduta mortale di Dame Niang

«L'operaio si è gettato nel vuoto» Luca Ingegneri

TREBASELEGHE

Name Diang potrebbe aver scelto di farla finita. È il clamoroso colpo di scena emerso al processo per la morte del 37enne operaio se­negalese, precipitato, il 6 ago­sto di cinque anni fa, da un'altezza di tredici metri mentre lavorava sul capanno­ne dell'azienda vinicola "San Gabriele". I consulenti della difesa, il medico legale Fran­cesco Munari e l'esperto in cinematica Ferdinando Saba­tini, hanno spiegato al giudice Claudio Marassi che la distan­za tra il capannone e il luogo del rinvenimento del cadave­re - tre metri e trenta - non è compatibile con una caduta

accidentale, quanto piuttosto con un gesto volontario. I due esDerti hanno calcolato in ol­

tre sette chilometri l'ora la velocità di caduta del corpo dell'operaio. Una rapidità giu­stificabile soltanto con uno slancio nel vuoto. Gli stessi tecnici dello Spisal dell'Ulss 15, intervenuti per i rilievi di legge, avevano lasciato aper­te tutte le ipotesi, non esclu­dendo a priori il suicidio. Poco prima di morire Dame Niang avrebbe anche telefo­nato alla moglie in Senegal pronunciando la frase "Qua­lunque cosa faccia, perdonate­mi". Si è però trattato di un indizio privo di riscontri. Le indagini dei carabinieri non erano infatti riuscite a rintrac­ciare quella telefonata. Non

ha trovato quindi conferma l'ipotesi investigativa secon­do cui l'operaio, sconvolto per il timore di essere indica­to come l'autore dell'omicidio

della sua titolare Maria Gra-za Pezzoli, assassinata pochi-giorni prima nella sua abita­zione di Verteva, nel berga­masco, non avrebbe retto de­cidendo di uccidersi. In real­tà ad ammazzare la titolare della Val.Cop sas era stato un altro senegalese, poi arresta­to e condannato.

A processo per omicidio colposo vi sono Fabrizio Leo­pardi, amministratore delega­to della Santinello Costruzio­ni di Padova, appaltatrice dei lavori di costruzione dell'edi­ficio (avvocato Alessandro Gotti), il socio della Val.Cop. Giuseppe Bernini (avvocato Antonio Casserà) e il respon­sabile sicurezza del cantiere Gianni Favaro (avvocato Ro­berto Orfeo). La sentenza è attesa per il prossimo 15 apri­le.

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CITTADELLA La Breton consegna alla Cri un etilometro professionale Consegnato alla sede della Croce rossa di Cittadella di un etilometro professionale. La cerimonia della donazione (nella foto) è avvenuta nella sede dell'azienda Breton di Castello di Godego, da 50 anni produttrice di macchine e impianti per la pietra, alla presenza del presidente, l'ingegnere Luca Toncelli, del fratello Dario e del presidente del Comitato provinciale di Padova della Croce rossa italiana Luigi Bolognani. La proprietà ha condiviso

71* l'importanza dell'opera dei volonta­ri anche in questo campo. Grazie allo strumento si potranno ampliare i progetti dedicati alla sensibilizza­zione al consumo consapevole di alcolici, intercettando tutte le fasce d'età a cominciare dai giovani.

«È certamente importante l'azione dei volontari, rivolta soprattutto ai giovani spesso vittime di incidenti per l'eccesso alcolico - ha detto il presidente Toncelli - Come Breton siamo orgogliosi di poter sostenere la Cri». «Con queste attrezzature si possono veicolare messaggi formati­vi in modo più efficace e diretto», ha evidenziato Bolognani.

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ALLA CROCE ROSSA DI CITTADELLA

La Berton Spa dona un etìlometro » CITTADELLA

La Breton Spa ha donato un etì­lometro alla Croce rossa di Citta­della. La cerimonia è avvenuta nella sede dell'aziendaBreton di Castello di Godego, da 50 anni

produttrice di macchine e im­piantì per la pietra, alla presenza del presidente Luca Toncelli e del fratello Dario, del presidente del Comitato provinciale di Pa­dova della Cri Luigi Bolognani, e di una rappresentanza della se­

de di Cittadella. Grazie alla dona­zione si potranno ampliare i pro­getti di sensibilizzazione al con­sumo consapevole di alcolici in­tercettando tutte le fasce d'età, a cominciare dai giovani. (s.b.)

La consegna dell'etìlometro da parte della Breton Spa al la Croce rossa

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OSPEDALE DI CAMPOSAMPIERO

Volo venti vince il Premio Gattamelata » CAMPOSAMPIERO

L'Associazione "Volo venti" ha ricevuto il Premio Gattamelata per la cultura e la pratica del volontariato e della solidarietà. Il Dremio è nato con l'obiettivo

di insignire quattro categorie di soggetti che si siano distinti negli ultimi 12 mesi per l'attivi­tà di impegno sociale. Alla ceri­monia erano presenti, tra gli al­tri, il presidente del Volo venti Giulia Ganassin, il presidente

del Csv di Padova Giorgio Orto­lani e l'assessore Claudio Pi-ron. Volo venti opera con i suoi volontari all'interno dell'ospe­dale di Camposampiero dal 1994. ' (gi.ag.)

La consegna a Volo venti del Premio Gattamelata edizione 2013

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RITO FUNEBRE A LOREGGIA, CONCELEBRATO DA PADRE SORGE

Domani l'addìo alla dottoressa Marcon » LOREGGIA

Sarà celebrato domani alle 15, nella chiesa parrocchiale di Lo-reggia, il funerale di Roberta Marcon, il medico nefrologo in forza all'ospedale di Castel­franco Veneto morta venerdì sera a soli 45 anni nella sua abi­tazione di Castelfranco a cau­sa di un malore. Un malore che l'ha colpita all'improvviso e che le è stato fatale, ma di cui ancora non si conosce con pre­cisione la natura, nonostante

guita l'autopsia. La salma della dottoressa Marcon, seguita dal corteo di parenti, amici e colleghi, partirà dall'ospedale Castelfranco mezz'ora prima del rito funebre, che sarà con­celebrato dal parroco di Loreg-gia monsignor Leone Cecchet-to e dal gesuita padre Bartolo­meo Sorge, parente del com­pagno della vittima. Si preve­de una grande partecipazione alle esequie: la dottoressa Mar­con non solo era un medico di

ieri pomeriggio sia stata ese- punta dell'Usi 8, ma era stima­

ta e apprezzata per l'umanità che la contraddistingueva an­che dai tanti pazienti che ave­va in cura. Dopo l'estremo sa­luto la donna verrà sepolta nel cimitero di Loreggia, accanto al padre Virginio morto per in­farto 9 anni fa. La dottoressa Marcon lascia nel dolore la madre Lina, la sorella Franca con il marito e il compagno con il quale viveva a Castel­franco. Stasera alle 20 nella chiesa di Loreggia sarà recita­to il rosario in suffragio.

Giusy Andreoli

Roberta Marcon, deceduta all'età di 45 anni

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REPORT DELLE SCUOLA SUPERIORE DI PISA

Cure, costi, qualità: sanità veneta al top » PADOVA

Alla vigilia di una riforma con­troversa e destinata a cambiar­ne radicalmente l'assetto, la sa­nità del Veneto si colloca nell'al­ta classifica del welfare naziona­le, centrando buona parte degli standard qualitativi prefissati. Lo afferma un torrenziale studio della Scuola superiore Sant'An­na di Pisa che, in base a 160 indi­catori, ne ha valutato le presta­zioni nell'am­bito di un network vitu-roso che inclu­de Toscana, Umbria, Mar­che, Trenti­no-Alto Adi­ge, Liguria e Basilicata.

La morale della favola, illu­strata a manager delle Ulss e am­ministratori nel corso di un con­vegno ad Abano Terme, è che il Veneto risulta la regione con il più basso tasso di ospedalizza­zione, il minor numero e la mi­nor durata dei ricoveri per alcu­ne patologie (ad esempio la ga­stroenterite in età pediatrica) ed è in ottima posizione per le frat­ture al femore operate entro due giorni. Buona la percezione di cura da parte dei pazienti (testi­moniata dalle sparute dimissio­ni volontarie dai reparti e dai pronto soccorsi). Ma non è tutto

oro ciò che luccica: conquistata la promozione, restano criticità da aggredire, sia pure diffuse a macchia di leopardo. Qualche esempio? La degenza «oltreso­glia» (cioè i ricoveri che si pro­lungano oltre i 30 giorni) ancora troppo elevata; il ricorso ai parti cesarei che in alcuni punti nasci­ta ospedalieri permane eccessi­vo; i tempi biblici d'attesa in molti pronto soccorsi. «Dobbia­mo diventare ancora più com­

petitivi per mi-

Standard positivi e qualche criticità

come l'eccesso di parti cesarei e i tempi biblici d'attesa ai pronto soccorso

gliorare la qua­lità e i servizi ai cittadini», il commento di Leonardo Pa-drin, il presi­dente della commissione regionale sani­

tà che ha promosso l'incontro «e in tal senso gli attuali confini delle Ulss oggi costituiscono una rigidità, un retaggio del pas­sato che ostacola le performan­ce delle aziende». «La "pagella" del network ci mostra che in Ve­neto la sanità funziona, costa re­lativamente poco e può ulterior­mente migliorare, se riuscirà a valorizzare le reti dei 27 mila po­sti letto delle case di riposo, dei medici di base e delle strutture intermedie», l'opinione di Do­menico Mantoan, il top mana­ger del welfare a Palazzo Balbi.

Filippo Tosatto

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Il trasloco Polemica sugli edifici in vendita

Agli ex Magazzini Generali la sede unica dell'Uls 20

VERONA — Si trasferirà in un grande edificio all'in­terno degli ex Magazzini Ge­

nerali l'Usi 20. La decisione è stata messa nero su bianco in una determina dirigenzia­le di Palazzo Barbieri, per es­

sere presto votata in consi­glio comunale. A traslocare saranno gli uffici oggi ospita­ti in sei diverse zone della

città, in via Valverde, via Mu­rari Bra, via Marconi, via Sal­vo d'Acquisto, via Righi e in corso Porta Palio.

Il risiko Ratificata con una determina comunale la decisione del novembre 2011. Ora il voto in Consiglio

Ex Magazzini sede unica dell'Usi 20 Scontro sugli uffici in vendita Chiesto il cambio di destinazione degli immobili. Pd polemico

VERONA — Via libera al trasferimento di tutte le se­di dell'Usi 20 sparse per la città in un unico, grande edi­ficio, all'interno degli ex Ma­gazzini Generali. La decisio­ne, approvata dalla giunta comunale due anni e mezzo fa, nel maggio 2011, arriva adesso alla stretta finale: già decisa, a metà novembre, dall'apposita Conferenza dei Servizi (presenti il Comune, l'Usi 20, Agsm, Acque Vero­nesi, Prima e Seconda Circo­scrizione), adesso è stata messa nero su bianco in una determina dirigenziale di Pa­lazzo Barbieri, per essere presto votata in consiglio co­munale.

A traslocare saranno gli uffici oggi ospitati in sei di­verse zone della città, in via Valverde, via Murari Bra, via Marconi, via Salvo d'Acqui­sto, via Righi e in corso Por­ta Palio. La nuova sede ospi­terà gli uffici amministrativi e i servizi ambulatoriali a es­si strettamente connessi, mentre i distretti e servizi sa­

nitari continueranno la loro attività nelle sedi attualmen­te esistenti.

Perché il trasferimento? I dirigenti dell'Usi 20 e quelli comunali spiegano che il co­sto di ristrutturazione e ade­guamento delle singole sedi attualmente in uso sarebbe di circa 20 milioni di euro: troppo, per restare «sparpa­gliati» e in vecchi edifici, mentre Fondazione Carive-rona è pronta a vendere due immobili (per la precisione quelli numero 25 e 26) all'in­terno appunto degli ex Ma­gazzini Generali. I soldi per concretizzare l'operazione verranno trovati dall'Usi gra­zie alla vendita delle sedi at­tuale (anche se, in caso ci fossero problemi, Carivero-na si è già detta disponibile a discutere l'ipotesi di una permuta tra i due edifici agli ex Magazzini e le sei vecchie sedi dell'Unità Sanitaria). Per ricavare il massimo in­troito possibile, l'Usi chiede al Comune di «valorizzare»

quegli edifici, consentendo­ne l'uso residenziale, com­merciale e direzionale.

E qui sta il tema più con­troverso dell'operazione. Quasi tutti sembrano infatti d'accordo nella bontà della scelta di trasferirsi al di là del cavalcavia di viale Piave, dove ci sarà un'ampia dispo­nibilità di parcheggi e dove saranno garantiti anche ser­vizi di trasporto pubblico (soprattutto quando nasce­rà il nuovo filobus).

Dove invece l'accordo non c'è (e il capogruppo del Pd, Michele Bertucco, ha già chiesto la convocazione ur­gente di una commissione consiliare per discuterne) è su cosa succederà accanto al­le vecchie sedi. Per fare l'esempio più lampante, se la sede di via Valverde diver­rà anche di uso commercia­le, i problemi di traffico sicu­ramente non mancherebbe­ro. E l'Usi, come abbiamo vi­sto, ha chiesto proprio le de­stinazioni a commerciale

(negozi), direzionale (uffi­ci) e residenziale (abitazio­ni, che dovrebbero peraltro essere prevalenti sul resto).

L'area degli ex Magazzini generali avrebbe dovuto ospitare il nuovo Polo Cultu­rale della città, ma il proget­to è stato via via modificato. Adesso, in quegli ampi spazi in disuso, troveranno posto infatti il grande Auditorium all'interno dell'ex ghiacciaia (su progetto del grande ar­chitetto svizzero Mario Bot­ta), la nuova sede dell'Archi­vio di Stato (che traslocherà da via delle Franceschine, vi­cino al lungadige Capuleti, e che avrà la possibilità di ospitare impianti modernis­simi per la ricerca telemati­ca dei documenti), la nuova sede dell'Ordine degli Archi­tetti (attualmente in via Oberdan), il nuovo centro direzionale di Unicredit e, appunto, la sede unificata dell'Usi 20. Sull'area rimarrà anche spazio per un par­cheggio di circa 400 posti au­to.

Lillo Aldegheri

Sei edifici Sono sei gli edifici di proprietà dell'Usi 20, dislocati in varie zone della città

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La scheda

Il trasferimento delle attuali sedi amministrative dell'Usi 20 agli ex Magazzini Generali era stato deciso nella primavera 2011. La nuova sede riunirà quelle attualmente esistenti in via Valverde, via Murari Bra, via Marconi, via Salvo d'Acquisto, via Righi e in corso Porta Palio. La vendita Proprio la vendita delle vecchie sedi (valorizzandole urbanisticamente, tema su cui è però aperta la polemica) consentirà l'acquisto di quella unica e nuova. Agli ex Magazzini si trasferiranno anche l'archivio di Stato, il centro direzionale di Unicredit e l'Ordine degli architetti.

Il «trasloco» L'edificio degli ex Magazzini che sarà sede dell'Usi 20

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» I Piano sanitario II sindacato dei medici di base

«Ambulatori in rete, almeno due anni di disagi a carico delle famiglie»

VERONA — Sarà, di fatto, la «fase 2» del piano socio sanita­rio regionale. E già in quel nu­mero, per i medici, c'è il primo problema. La filosofia di fondo della maxiriforma veneta è no­ta: ospedali solo per acuti, cure per i cronici nel territorio. La prima parte ormai è cosa fatta, a seguito dell'approvazione delle schede territoriali, ma la seconda? A sollevare i dubbi le associazioni dei medici di ba­se, in grande misura i protago­nisti della rivoluzione sanita­ria che interesserà tutto il terri­torio, n Veneto sarà diviso in una sorta di «distretti territo­riali» (le Aft, aggregazioni fun­zionali territoriali) con un baci­no d'utenza che va dai 2omila ai 35 mila abitanti, raggruppan­do, dunque, i paesi più piccoli

e dividendo le città più grandi. I conti sono stati fatti anche per quanto riguarda le tre Usi veronesi: ce ne saranno 19 nel­la numero 20, quella cittadina, g nella 21 di Legnago e 15 nella 22 di Bussolengo. Ognuna ve­drà un numero di medici suffi­ciente per garantire, in futuro, 12 ore di assistenza giornaliera almeno nei feriali. Qualcosa an­cora al di là di venire, troppo al di là secondo i medici Secon­do Lorenzo Adami, presidente dellaFimmg (Federazione me­dici di medicina generale) ve­ronese, la Regione non ha pre­so sul serio e nei debiti tempi l'attuazione del piano socio sa­nitario sul territorio. «La logi­ca avrebbe voluto che si seguis­sero gli stessi tempi della di­smissione dei posti letto in

ospedale - sostiene Adami in­vece si farà tutto in differita I pazienti, dunque, vedranno il calo di ricoveri senza che ci sia già stato il potenziamento del­le strutture sul territorio. Biso­gnerebbe essere chiari e dire che le conseguenze, almeno nei prossimi due anni saranno a carico delle famiglie».

È il 2015, infatti, il termine che la Regione si è data per at­tuare la riforma della medicina territoriale. Ma anche sulle mo­dalità in cui verrà condotta la Fimmg è critica. Innanzitutto ci saranno tre tipologie di Aft: la «semplice» medicina di re­te, che prevede la condivisione dei pazienti, organizzando una rete di professionisti, la medici­na di gruppo, in cui i medici condivideranno anche l'ambu­

latorio e la medicina di gruppo integrata, la formula che preve­de anche assistenza da parte di medici specializzata e con aper­tura prolungata durante il gior­no. «Si è deciso di puntare su quest'ultima tipologia in via prioritaria - spiega Guglielmo Frapporti, responsabile Fim­mg per l'Usi 22 - nonostante rappresenteranno solo il 15% della sanità veronese, mentre il 43% dei medici opteranno per la rete e il 35% per la medi­cina di gruppo. Sulla presa in carico dei pazienti siamo anco­ra indietro, persino negli Aft già avviati». In provincia di Ve -rona questi ultimi sono quat­tro e si trovano a Nogara (ex ospedale Stellini), Valeggio, Ze-vio e a Verona, nel caso dell'ex Utap di via Bramante.

Davide Orsato

Dubbi Per la Fimmg è in ritardo la riorganizza­zione della medicina sul territorio

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Vigonovo La famiglia attende l'autopsia per eventuali denunce

Il compagno: «Voglio la verità una mamma non può morire perchè desidera dimagrire»

VIGONOVO — «Non è pos­sibile che una madre di 42 an­ni possa morire in questo mo­do». Non riesce ancora a sfo­gare tutta la sua rabbia Fran­cesco Landò, il compagno di Grazia Maria Bresolato, mor­ta sabato mattina dopo esser­si sottoposta a un intervento chirurgico per perdere peso.

Grazia Maria non riusciva più ad accettare il suo corpo. Tutti i chili che aveva preso dopo il parto, quattro anni fa, non le permettevano di vive­re serenamente. Voleva veder­si più bella. La donna, resi­dente a Vigonovo, era stata sottoposta otto giorni prima a un'operazione con mini bypass gastrico in una clinica di Bergamo.

L'intervento era andato se­

condo la procedura, ma una settimana dopo ha avvertito i primi dolori. Un malessere che ora dopo ora l'ha portata alla morte. Grazia era arrivata a pesare oltre cento chili e non riusciva a dimagrire. Da qui la scelta di consultare di­verse cliniche, anche fuori re­gione, per cercare una solu­zione, finché ha scelto il poli­clinico San Pietro di Bergamo dove è stata operata. Un inter­vento senza complicanze. Grazia non ha mostrato segni che potessero far prevedere la presenza di complicazioni né durante l'intervento né du­rante la degenza. Al momen­to delle dimissioni, sottoli­nea il personale del Policlini­co, la 42enne presentava un decorso regolare.

Ma una settimana dopo ha cominciato ad avvertire un malessere che piano piano è divenuto insopportabile. Or­mai era rientrata a Vigonovo, ma giovedì notte si è sentita male. Il marito ha chiamato la guardia medica per un con­sulto e le ha somministrato un analgesico, n dolore, però, non è passato. Le sue condi­zioni sono peggiorate. Vener­dì sera il ricovero. Grazia è stata trasportata d'urgenza al­l'ospedale di Dolo, dove è sta­ta sottoposta a un delicatissi­mo intervento chirurgico. Se­condo gli accertamenti, pare che avesse un'emorragia in­terna. Un tentativo disperato quello del personale del­l'ospedale, che però non è ser­vito per far rimanere in vita

Grazia. La 42enne, infatti, è spirata poche ore dopo l'ope­razione davanti agli occhi del marito e del figlio. «Non rie­sco a capire cosa sia successo - spiega il compagno - questa per me e per mio figlio è una tragedia, voglio capire di co­sa è morta mia moglie prima di accusare qualcuno». Mer­coledì sarà effettuata l'autop­sia. «Certo è che non si può morire in questo modo, vo­glio vederci chiaro», dice il marito. «I familiari stanno at­tendendo di conoscere le cau­se della morte - spiega il lega­le Alessandro Meneghini - si dovrà capire questo, per poi accertare eventuali responsa­bilità».

E.Bir.

Bella da morire Grazia Maria non accettava il peso post gravidanza

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La tragedia Ancora ignote le cause della morte della nefrologa di Castelfranco

Marcon, l'autopsia non dà risposte Resta un giallo la fine della dottoressa

CASTELFRANCO — La mor­te di Roberta Marcon è anco­ra senza un perché. L'autop­sia, disposta dall'Usi 8 ed effet­tuata ieri, non ha infatti chiari­to la causa del decesso della dottoressa, stimata professio­nista originaria di Loreggia, nel Padovano, e da anni in ser­vizio all'ospedale San Giaco­mo nel reparto di Neurologia e Dialisi. Serviranno alcuni esami specialistici, effettuati sui campioni prelevati dal me­dico legale, per capire quale sia la natura del malore che ha stroncato la 45enne.

Una morte improvvisa, quella della dottoressa Mar­con, ritrovata senza vita nella sua casa di Castelfranco Vene­to venerdì sera dal compa­gno, il giudice Alessandro Gi­

rardi. Secondo quanto rico­struito dall'Usi 8, nei giorni precedenti il medico aveva ac­cusato alcuni leggeri malori, ma nulla che lasciasse presagi­re la tragedia che sarebbe av­venuta di lì a poco. Roberta Marcon si era laureata in Me­dicina e Chirurgia all'Universi­tà di Padova. Tra i suoi incari­chi professionali, aveva pre­stato servizio come medico

dializzatore negli ospedali di Jesolo e Portogruaro, quindi nel 2001 era arrivata nell'Usi 8 occupandosi della cura e pre­venzione delle malattie renali e del trapianto.

Dal 2004 era responsabile del servizio di dialisi peritone­ale: ha portato il centro di Ca­stelfranco Veneto ad essere

un riferimento riconosciuto a livello italiano. Dall'agosto del 2005 è divenuta referente per l'ambulatorio di pre-diali­si, unico nel suo genere. Dal 2009 era l'anello di congiun­zione a livello regionale per l'Usi 8 nei trapianti da vivente e pre-emptive, ossia praticato preventivamente, senza sotto­porre il paziente a dialisi.

Grande il cordoglio tra i col­leghi del reparto e i dirigenti dell'intera azienda sanitaria per la sua prematura scompar­sa. La famiglia, ottenuto il nul­laosta, ha fissato i funerali del­la dottoressa Marcon, che si svolgeranno domani pomerig­gio alle 15 nella chiesa parroc­chiale di Loreggia, in provin­cia di Padova.

M.Cit.

Amata Roberta Marcon, medico dell'Usi 8 è stata trovata morta nella sua casa castellana

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Medico dell'Usi 8 L'autopsia non dà certezze. Domani il funerale a Loreggia

Dottoressa trovata morta in casa, ancora buio sulle cause del decesso

CASTELFRANCO VENETO (Trevi­so) - La morte di Roberta Marcon è ancora senza un perché. L'autopsia, disposta dall'Usi 8 ed effettuata ieri, non ha chiarito la causa del decesso della dottoressa, stimata professio­nista originaria di Loreggia, nel Pa­dovano, e da anni in servizio al­l'ospedale San Giacomo nel reparto di Nefrologia e Dialisi. Serviranno al­cuni esami specialistici, sui campio­ni prelevati dal medico legale, per capire la natura del malore che ha stroncato la 45enne.

Una morte improvvisa quella del­la dottoressa Marcon, trovata senza vita nella sua casa di Castelfranco venerdì sera, dal compagno, il giudi­ce Alessandro Girardi. Secondo quanto ricostruito dall'Usi 8, nei giorni scorsi il medico aveva accusa­to alcuni leggeri malori, ma nulla che lasciasse presagire la tragedia avvenuta di lì a poco. Roberta Mar­con si era laureata in Medicina al­l'Università di Padova. Tra i suoi in­carichi professionali, aveva prestato

servizio come medico dializzatore negli ospedali di Jesolo e Portogrua-ro, quindi nel 2001 era arrivata nel­l'Usi 8 occupandosi della cura e pre­venzione delle malattie renali e del trapianto. Dal 2004 era responsabile

Aveva 45 anni Domani a Loreggia i funerali di Roberta Marcon, medico dell'Usi 8 di Castelfranco Veneto

del servizio di dialisi peritoneale: ha portato il centro di Castelfranco ad essere un riferimento riconosciuto a livello italiano. Dall'agosto del 2005 è divenuta referente per l'am­bulatorio di pre-dialisi, unico nel

suo genere. Dal 2009 era l'anello di congiun­zione a livello regionale per l'Usi 8 nei trapianti da vivente e pre-empti-ve, ossia praticato pre­ventivamente, senza sottoporre il paziente a dialisi.

Grande il cordoglio tra i colleghi del reparto e i dirigenti dell'azien­da sanitaria per la scom­parsa. La famiglia, otte­nuto il nullaosta, ha fis­sato il funerale della

dottoressa Marcon, che sarà celebra­to domani, alle 15, nella chiesa par­rocchiale di Loreggia, Padova.

Milvana Citter £> RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il convegno al Bo

Imprese e sostegno alla ricerca «Ci serve una cabina di regia» PADOVA — La ricerca scientifica torna al centro dell'attenzione delle imprese venete. Gli investimenti delle università, dei centri di ricerca pubblici e degli enti che fanno capo ai vari ministeri dello Stato non sono più sufficienti. E allora serve un patto. «Un patto per la ricerca» che dà il titolo al convegno organizzato ieri a Padova per premiare i sostenitori e i finanziatori dell'Istituto veneto di medicina molecolare e per ribadire il concetto che ricerca scientifica e imprese private devono andare di pari passo. «La ricerca è fondamentale -spiega il presidente di Confindustria Roberto Zuccato - È attraverso la ricerca che possiamo e dobbiamo migliorare il manifatturiero che è la vera vocazione industriale di questo territorio». A sentire l'assessore regionale allo

Sviluppo economico Isi

Gli interventi Coppola il Veneto ha già iniziato la lunga corsa

ZuCCato(Confindustria): verso il futuro. «Abbiamo al manufatturiero servono fatt0 scuoia per gii •j r- M U.-IYI- \ i' • x. investimenti delle idee. Galletti (Miur): I aiuto im p r e Se private nella privato un valore in sé ricerca e la Regione sta ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ H facendo la sua parte

nonostante le ristrettezze di bilancio dettate dalla situazione attuale». Perché la sussidarietà - cioè la compartecipazione agli investimenti con risorse pubbliche e private - andrebbe accompagnata dalle istituzioni. «Non si confonda la virtuosità della sussidiarietà con la mancanza di risorse statali. Si tratta di un valore in sé e non di una sostituzione dei privati al ruolo del pubblico», aggiunge Gian Luca Galletti, sottosegretario al ministero dell'Istruzione e della Ricerca. Resta il fatto che manca un coordinamento di ricerca che permetta di competere. «Manca un sistema, non basta la sommatoria di tanti enti che fanno capo a sei diversi ministeri», (ala.)

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