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Rassegna stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA del 23 dicembre 2019

Estratto da “LA SICILIA”

RAGUSA

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Rassegna stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA del 23 dicembre 2019

Estratto da “RagusaOggi”

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Rassegna stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA del 23 dicembre 2019

Estratto da “LA SICILIA”

MODICA

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Rassegna stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA del 23 dicembre 2019

Estratto da “LA SICILIA”

SCICLI

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Estratto da “LA SICILIA”

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Estratto dal GIORNALE DI SICILIA

La Regione riscrive il piano: soldi a teatri ed enti, tremano i Comuni

Giacinto Pipitone

A Palazzo d'Orleans attendono scaramanticamente che tutte le firme vengano messe al loro posto. E tuttavia il clima che si respira è già quello del pericolo scampato. Non ci sarà alcuna manovra correttiva, non un articolo della leggina che prevedeva 260 milioni di tagli verrà votato all'Ars.

L'annuncio del governo nazionale ha rivoluzionato l'agenda politica di fine anno. E ha, soprattutto, tolto un peso enorme a Musumeci. Roma (a meno di clamorose sorprese) voterà stamattina il decreto che permette di spalmare in 10 anni invece che in 3 il maxi disavanzo da 2 miliardi individuato dalla Corte dei Conti. Poi toccherà al Presidente Mattarella controfirmare il provvedimento. E se non ci saranno intoppi, entro fine anno il cosiddetto Salva Sicilia sarà un decreto perfezionato.

Nell'attesa che tutto ciò si realizzi l'assessore all'Economia, Gaetano Armao, ieri ha iniziato a riscrivere i documenti contabili. Cancellata la manovra da 260 milioni di tagli, all'Ars venerdì (o qualche giorno dopo) andranno solo il rendiconto e l'assestamento. Il primo è il disegno di legge che recepisce i rilievi che la Corte dei Conti ha fatto al termine del giudizio di parifica. Il secondo è un testo che - incredibile di questi tempi - prevederà perfino delle spese. In giunta nessuno lo dice ufficialmente ma, ora che non c'è più l'obbligo di tagliare, si può perfino dare qualcosa per integrare il budget dei teatri. Ma anche per rimpinguare le casse di parchi e riserve (che devono pagare i precari) e di altre realtà che durante l'anno hanno sofferto per la riduzione dei finanziamenti: qualcosa potrebbe arrivare ai vari enti regionali (Sas, Ersu, Istituto Vini e olii, Zootecnico), agli aeroporti minori, le aziende di trasporto e forse anche al settore dello sport.

Ciò perché, ha fatto sapere l'Economia, gli accantonamenti fatti dalla primavera ad oggi permettono di coprire senza traumi i 200 milioni della prima delle 10 rate che serviranno a colmare il disavanzo.

Secondo le proiezioni che l'assessorato all'Economia sta facendo proprio in queste ore anche bilancio e Finanziaria sono al riparo da nuovi tagli: questo perché pure i 200 milioni che costituiscono la rata del 2020 sarebbero già coperti da fondi globali e accantonamenti fatti nei mesi scorsi. È per questo motivo che l'assessore Armao a questo punto non esclude domani mattina di varare in giunta il disegno di legge che fissa in 2 mesi l'esercizio provvisorio pur mantenendo ferma la volontà di approvare la Finanziaria 2020 a fine gennaio, evitando del tutto di parcellizzare mensilmente la spesa.

Si vedrà. Intanto il via libera di Roma - grazie all'azione diplomatica dei ministri Pd, Giuseppe Provenzano e Francesco Boccia e al pressing del sottosegretario grillino Alessio Villarosa - non mette al riparo dai tagli i Comuni. E questa resta la prima emergenza da risolvere entro fine anno. Al punto che Armao stamani volerà a Roma per discutere al ministero dell'Economia un secondo aiuto alla Regione.

Sugli enti locali la situazione è perfino più complicata che sul disavanzo. Gli 87 milioni di tagli immediati sono necessari perché la Corte dei Conti ha dichiarato irregolare una manovra fatta dal governo Crocetta nel 2016: si tratta dello spostamento del pagamento delle rate di un vecchio mutuo dal bilancio regionale al fondo sanitario. Poiché in quest'ultimo c'è la compartecipazione dello Stato, che versa la metà, spostare il mutuo su questa voce significa addossarne il 50% a Roma.

Ora - a bocce ferme - la Regione deve prevedere di farsi carico anche dell'intera rata del mutuo e ciò comporta l'utilizzo degli 87 milioni che dovevano andare ai Comuni. Anche in questo caso Armao chiederà al ministero dell'Economia una moratoria per mettersi in regola gradatamente: ma se così non si potrà agire, i sindaci resteranno gli unici penalizzati di questa fase. La risposta di Roma arriverà a breve. E potrebbe passare da un impegno scritto della Regione ad abrogare da qui ai prossimi mesi la legge con cui Crocetta autorizzò lo spostamento del mutuo.

Ma neanche in questo caso Armao e Musumeci potranno ritenere del tutto scampato il pericolo di un tracollo finanziario. Messe le toppe al bilancio, resta da evitare la restituzione a Bruxelles di 400 milioni. Il termine per investire il budget annuale scade fra 8 giorni e solo da venerdì è ufficiale che Bruxelles ha sbloccato la possibilità di certificare le nuove spese, ritirando così le annunciate sanzioni. Dunque parallelamente al varo all'Ars di rendiconto, assestamento tecnico ed esercizio provvisorio la giunta dovrà spendere fino all'ultimo euro di contributi comunitari rimasti finora nei cassetti. Solo al termine di questo rush finale si potrà valutare se davvero il 2019 è stato un anno terribile o se poteva anche finire peggio.

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Estratto dal GIORNALE DI SICILIA

Gli agricoltori contro la sugar tax: danneggia le imprese

Andrea D'Orazio

Scatterà solo da ottobre 2020 ma per alcune imprese siciliane la sugar tax si profila già come un balzello

amarissimo da digerire. È l'allarme lanciato ieri da Coldiretti Sicilia dopo l'annuncio della Sibeg, l'azienda

etnea imbottigliatrice di prodotti a marchio Coca Cola, che a causa della tassa sulle bevande zuccherine e

della plastic tax volute dal governo gialloverde - quest'ultima ulteriormente ridotta da 50 a 45 centesimi -

sta valutando la possibilità di trasferire parte degli asset produttivi in Albania, mettendo a rischio il futuro di

150 lavoratori. Per il presidente regionale della Confederazione, Francesco Ferreri, le due imposte

rischiano di penalizzare l'intera filiera agroalimentare, vanificando «i notevoli investimenti degli

agrumicoltori siciliani negli ultimi anni, tutti indirizzati alla qualità e all'identificazione del prodotto». Le

ricadute negative, avverte Andrea Passanisi, presidente di Coldiretti Catania, non sarebbero dunque solo

per i lavoratori e i fornitori della Sibeg, «ma per l'intero comparto agrumicolo siciliano. La plastic tax, in

particolare, ridurrebbe la spesa agroalimentare di due terzi, con effetti a cascata su produzione e

occupazione. Anziché tassare le bottiglie di plastica, bisognerebbe investire sulla ricerca, puntare su

un'alternativa».

Più cauta la presidente del Distretto agrumi di Sicilia, Federica Argentati, che «senza sottovalutare il

problema», invita «governo e imprese a sedersi attorno a un tavolo per trovare un compromesso,

evitando, da una parte, di puntare i piedi sulle nuove tasse, dall'altra di creare allarmismi». Mentre la Coca

Cola, che quest'anno ha lanciato sul mercato Fanta Aranciata con arance rosse di Sicilia Igp, fa sapere

che, al momento, ha in programma «di proseguire in tal senso, ma sicuramente l'introduzione di queste

tasse avrà un impatto sui consumi, che caleranno. Di conseguenza, anche l'acquisto del succo di agrumi,

ingrediente delle nostre bibite, subirà una flessione». Insomma, l'asse con gli agrumicoltori proseguirà, ma

l'introduzione delle due imposte peserà «sul settore, sulle aziende di produzione e sulle risorse che

acquistiamo». Secondo la Sibeg, i nuovi balzelli «sono una condanna a morte per la nostra realtà, ma

anche per tutte quelle Pmi che alimentano la produttività del territorio, come Tomarchio, Polara, S. Maria,

Fontalba, Cavagrande». A Tonino Russo, segretario generale della Flai Cgil Sicilia, la posizione

dell'azienda catanese sembra invece «strumentale, un pretesto, una decisione presa in precedenza per

risparmiare sul costo del lavoro». Oggi l'incontro tra l'impresa e i vertici sindacali di categoria, dal quale

probabilmente scaturirà la richiesta di un confronto tra la proprietà e Confindustria. (*ADO*)

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Estratto dal GIORNALE DI SICILIA

Almaviva, altra batosta: Sky riduce la commessa

Fabio Geraci Palermo

La vertenza Almaviva ripiomba nella disperazione. È stata la stessa azienda a comunicare ai lavoratori

che Sky vuole defilarsi con una possibile «nuova ed ulteriore criticità che si somma alla già complessa

situazione del sito di Palermo», si legge nella lettera inviata alle rappresentanze sindacali. «Giovedì sera -

continua la nota - abbiamo ricevuto da parte di Sky la pianificazione per i primi tre mesi del 2020 e con

nostro totale stupore abbiamo appreso di un taglio di volumi a noi assegnati pari al -36% medio nel primo

trimestre 2020 rispetto alla media dell'ultimo trimestre del 2019». Una mazzata che rischia di far

precipitare i 2552 dipendenti del call center palermitano in un nuovo incubo. Mentre il Governo stava

mediando con Tim e Wind, la doccia fredda di Sky sembra rimettere tutto in discussione.

«Con questo scenario di volumi - prosegue la comunicazione di Almaviva - dovremo utilizzare su gennaio

l'ammortizzatore massimo come da accordo sindacale in corso e fare ricorso allo smaltimento istituti. Dal

mese di febbraio, avendo un delta negativo di volumi ancora maggiore, avremo esuberi in aggiunta

all'ammortizzatore massimo per oltre il 25% sulla commessa Sky». In altre parole Almaviva avverte che il

contratto con Sky scadrà a giugno del prossimo anno e che il previsto taglio del 60% «aumenterà

l'insostenibilità economica della commessa» nonostante ci siano stati «numerosi incontri in cui - precisa

l'azienda - abbiamo sempre condiviso con il cliente la delicata e complessa situazione di AlmavivaContact

ed in particolare a Palermo e aver formulato numerose proposte volte a definire e indirizzare lo sviluppo

delle attività. Proposte a cui non è stata data nessuna risposta. Ovviamente dopo avere ricevuto la

comunicazione abbiamo avviato tutte le azioni possibili sul cliente per cercare di fare correggere tale

pianificazione». Un tentativo che non sembra andato a buon fine visto che ieri mattina «Sky ha

formalmente confermato la pianificazione inviata», ammette ancora Almaviva ribadendo che questa

nuova tegola «sarà oggetto dei prossimi incontri già pianificati relativi al sito di Palermo».

In attesa di un intervento del governo, i sindacati sono in fibrillazione. «A pochi giorni dal tavolo

ministeriale che ha scongiurato i licenziamenti - dice il segretario della UilCom Sicilia, Giuseppe Tumminia

- su Almaviva Palermo arriva una notizia tremenda. Se il governo non mette mano alle "regole", migliaia di

chiamate continueranno a essere spostate all'estero. Andiamo verso la mobilitazione». Per il prossimo 8

gennaio è fissato il nuovo incontro al Ministero ma «le previsioni di Sky sono devastanti - spiega Eliana

Puma della Fistel Cisl -. Siamo perplessi. Mentre parlavamo con Tim e Wind, Sky spostava il traffico

all'estero vanificando gli sforzi fatti finora».

Per Massimiliano Fiduccia della segreteria Slc Cgil Palermo e Rsu Almaviva «cercheremo di capire quali

sono le motivazioni di Sky e faremo il punto con le altre sigle per decidere se mettere in campo azioni di

protesta». (fag)

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Estratto dal GIORNALE DI SICILIA

Sicilia nella bufera, turista ferita a Palermo

Virgilio Fagone

Il maltempo e le raffiche di vento seminano danni in Sicilia, dove diversi collegamenti marittimi sono saltati a causa delle avverse condizioni meteo. La situazione più critica alle Eolie: Stromboli, Ginostra, Panarea, Alicudi e Filicudi sono senza aliscafi e traghetti da una settimana. Un quadro che non promette nulla di buono visto che già oggi sono previste nuove mareggiate con onde alte anche sei metri. Anche oggi e per la vigilia di Natale i collegamenti sono a rischio. Nel Palermitano ieri sono state annullate le corse per Ustica ed è stato dato lo stop al traghetto per Napoli in partenza di sera.

Da una provincia all'altra dell'Isola si contano i danni. A Palermo una turista che percorreva in bici via Roma è rimasta ferita dopo essere stata colpita da una transenna volta dal cantiere del collettore fognario, un'area abbandonata e piena di rifiuti ormai simbolo di degrado. «Abbiamo chiamato più volte il Comune, i vigili urbani, i vigili del fuoco - dicono la commerciante Irene Graziano e Antonio Minnella che abita in quel tratto di strada - ma nessuno interviene e adesso una donna si è fatta male mentre percorreva la centralissima via Roma. Il pericolo non è segnalato e il vento può creare altri danni. Incredibile è il rimpallo di responsabilità a cui abbiamo assistito in questi mesi. L'area è ormai una discarica, molto apprezzata dai topi». La recinzione serve a delimitare il cantiere, i cui lavori sono fermi per il fallimento della ditta che li avrebbe dovuti realizzare. Nel capoluogo, dove le ville e i giardini pubblici sono stati chiusi per motivi di sicurezza, il vento e la pioggia hanno provocato altri danni. Decine gli alberi spezzati dallle raffiche finiti in strada, alcuni cornicioni si sono staccati e hanno danneggiato auto parcheggiate, tetti di lamiera divelti. Numerose le chiamate alla sala operativa dei vigili del fuoco. Alberi sono caduti in tratti delle statali a nord e a sud di Palermo, sulle carreggiate di vie Ciane, Galatea, Principe di Scalea, Stefano Gatti e a Capo Gallo. Un palo della Telecom è stato abbattuto dal vento della strada che porta alla discarica di Bellolampo. Calcinacci e lamiere cadute in via Altofonte, corso Tukory, in viale Lazio e Villa Ciambra. Un cartellone pubblicitario pericolante è stato messo in sicurezza in via Rosario Nicoletti.

Danni a Monreale e Misilmeri

A Monreale, in via Mulini, un tetto è stato danneggiato dalla violenza delle raffiche di vento. Alberi caduti anche a Misilmeri. La pioggia ha anche provocato allagamenti a Palermo, nelle zone Villagrazia e Ciaculli. Disagi in piazza Indipendenza, dove si è verificato l'allagamento di corso Re Ruggero, mandando in tilt il traffico.

Paura ad Agrigento

Il forte vento ha provocato la caduta della copertura di legno che era stata posta a protezione di un palazzo Liberty del viale della Vittoria, nel cuore della città, dopo il crollo del cornicione, avvenuto lo scorso 18 settembre, in piena notte. Anche in questa circostanza solo per una fortunata casualità non si sono registrate vittime perché le strutture - poste nell'ambito di un piano di lavori di messa in sicurezza, eseguiti dal condominio e coordinati dalla Procura, che per il primo crollo ha iscritto 31 persone nel registro degli indagati - sono precipitate per terra e persino sopra una panchina senza colpire nessuno. Solo nei giorni scorsi, dopo tre mesi di isolamento, era stato disposto il totale dissequestro dell'area e il rientro di decine di persone nelle abitazioni e nelle attività evacuate alla luce della conclusione delle opere di messa in sicurezza. A cadere, provocando la nuova chiusura del tratto di strada, nevralgico per la viabilità cittadina, trovandosi in pieno centro, è stato il pesante reticolato di legno che era stato posizionato a protezione dell'edificio. Il viale è stato nuovamente chiuso al traffico.

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Estratto da “La Repubblica”

Manovra, il governo mette la fiducia sul testo blindato del Senato. Proteste delle opposizioni

La mossa attesa da parte dell'esecutivo ha scatenato la rabbia di Lega, Fi e Fdi

contro il presidente della Camera Fico

MILANO - Il governo ha posto, come atteso, la questione di fiducia alla Camera nella seduta domenicale sulla legge di Bilancio. Una decisione necessaria a chiudere i lavori sulla Manovra evitando lo spettro dell'esercizio provvisorio, che ha generato la rabbia delle opposizioni. Il voto della fiducia è in programma per la giornata di lunedì: in caso di esito positivo, si tratterà dell'approvazione definitiva della manovra. Il testo è arrivato alla Camera blindato, dopo l'approvazione al Senato, sempre con la fiducia. La mossa dell'esecutivo è stata ufficializzata all'Aula dal ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, nel primo pomeriggio. In precedenza si erano tenuti gli interventi dei deputati di opposizione, che hanno lamentato l'impossibilità modificare il testo nel passaggio a Montecitorio, dove è arrivato blindato, dopo l'approvazione con fiducia al Senato. Fdi ha chiesto e ottenuto un ampliamento dei tempi della discussione, ma alcuni dei deputati della maggioranza hanno rinunciato a intervenire, optando per il deposito del testo, proprio per accelerare il processo. Durante il suo intervento, la deputata di Fdi, Ylenia Lucaselli, si è rivolta ai banchi della maggioranza, sottolineando come l'Aula si stesse finalmente riempiendo, mentre per gran parte della mattinata era rimasta semivuota. A quel punto, dai banchi delle maggioranza si sono levate urla di protesta. Gli animi sono stati riportati alla calma dopo l'intervento del presidente Roberto Fico. Proprio Fico è finito nel miriono dei deputati di Lega, Fi e Fdi. Più o meno all'unisono, nel corso dei loro interventi, sono insorti parlando di una situazione "gravissima per il Paese" e accusando di censura il governo. "Un ramo del Parlamento ha subito una censura sulla legge fondamentale dell'anno: si tratta di un gravissimo vulnus per la democrazia", ha affermato la relatrice di minoranza Rebecca Frassini (Lega) intervenendo in Aula. Il presidente della Camera ha respinto le accuse delle opposizioni di violazione del regolamento: "Anche io non sono contento dei tempi, non potrei esserlo né da presidente della Camera, né da deputato. Ho usato tutti gli strumenti possibili, non possiamo andare oltre perchè c'è il rischio dell'esercizio provvisorio e" la necessità "di mandare la legge al Capo dello Stato per firmarla". "Io - ha concluso Fico - non ho violato in alcun modo il regolamento". "Abbiamo portato a termine un 'piccolo miracolo', come lo ha definito giustamente il ministro Gualtieri", le parole che ha usato Ubaldo Pagano, deputato Dem e relatore di maggioranza, presentando la Manovra alla discussione generale. "Non è stato facile perchè questo governo è nato qualche mese fa, in un contesto del tutto inaspettato, ma per una ragione ben precisa: assumersi la responsabilità di governare il Paese in una situazione difficile in termini di conti pubblici, dovendo anche disinnescare un pericolo da 27 miliardi, 23 miliardi per gli aumenti Iva e 3 di spese indifferibili e un miliardo per le spese obbligate sul fronte investimenti. Una minaccia per i risparmi di tutti i cittadini italiani".

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Estratto da “La Repubblica”

'Black monday' prefestivo per il governo tra manovra, cdm e vertice di maggioranza

In programma il voto di fiducia alla Camera sulla legge di bilancio. Poi il consiglio dei ministri alle 18 e, a seguire,

summit a Palazzo Chigi per affrontare il "salvo intese", ovvero tutti i nodi ancora aperti nel decretone Milleproroghe

compresa la concessione ad Autostrade

di GIOVANNA CASADIO ROMA - Sarà un giornata cruciale oggi tra fiducia e voto finale sulla manovra alla Camera, un consiglio dei ministri alle 18 e, a seguire, un vertice a Palazzo Chigi per affrontare il cosiddetto "salvo intese" , ovvero tutti i nodi ancora aperti nel decretone Milleproroghe. Non sarà una passeggiata e il premier Conte lo sa. Si tornerà sulla questione cruciale su cui si è acceso lo scontro nella riunione di governo di venerdì: la revoca delle concessioni autostradali che ha avuto un via libera senza il voto delle due ministre renziane Teresa Bellanova e Elena Bonetti. Alcune limature sono state messe a punto dal ministero delle Infrastrutture, però il quadro d'insieme è chiuso. Invece va affrontato il piano di innovazione digitale della ministra grillina Paola Pisanoche - secondo il compromesso proposto dal dem Dario Franceschini dopo che tra Pd e 5Stelle erano volate parole grosse - dovrebbe avere comunque un "gancio" nel Milleproroghe, e poi in Parlamento si vedrà. La verifica di gennaio quindi avrà oggi un anticipo, cercando di mettere ordine tra l'altro nel caos del Milleproroghe. E il clima non è dei migliori, anche se i giallo-rossi fanno a gara per mostrarsi ottimisti. A Matteo Renzi - che in un'intervista a Repubblica ha avvertito: "Non siamo al governo per votare le scandalose leggi dei 5Stelle" e ribadito che sulle concessioni autostradali "non si può utilizzare il Milleproroghe aprendo un potenziale caos normativo" - replica il leader grillino, Luigi Di Maio, in trincea sulle concessioni. "Ho notato che qualcuno continua a lamentarsi della norma sulle concessioni autostradali entrata proprio nel Milleproroghe. Che sia chiaro: bisogna avviare un percorso che ci porti alla revoca delle concessioni autostradali". Precisa Di Maio, senza nominare Renzi. E aggiunge: "Non dimentichiamoci che questa gente si è arricchita con i soldi dei cittadini, dimenticandosi però di fare manutenzione a ponti e strade. Per noi questa è una battaglia di civiltà, perché serve giustizia per le vittime del ponte Morandi. E chi si oppone a tutto questo di sicuro non fa il bene del paese". Invoca la compattezza del governo e della maggioranza. Così come il segretario dem, Nicola Zingaretti che rincara: "È da matti far parte di un governo e picconarlo tutti i giorni. Ora non ci sono scuse". I partiti della maggioranza del resto scaldano i motori per imporre l'agenda delle priorità del 2020. Per il Pd "l'anima del governo Conte2 deve essere la questione generazionale. La vera emergenza è che i giovani stanno scappando dall'Italia", sempre Zingaretti. Roberto Speranza, il ministro della Salute e leader di Leu, afferma: "Il rilancio del governo a gennaio per me passa dalla questione sociale". Oggi in cdm Speranza porta alcune proposte sulla salute, tra cui la retribuzione di anzianità (R.I.A) per i medici ospedalieri e la stabilizzazione di 700 lavoratori degli Irccs (gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico). Sempre oggi in cdm Francesco Boccia il ministro dem degli Affari regionali presenta la norma di adozione per il risanamento del disavanzo di bilancio della Regione Sicilia. Era stato di soppiatto inserito nel Milleproroghe, ma stoppato dallo stesso ministro che aveva preteso la procedura costituzionale e quindi un provvedimento a sé. "Il governo è in fibrillazione? Il governo giallo-rosso è nato in fibrillazione - commenta Boccia - però nessuno si illuda di fare giochetti o di fare il Pierino di turno, perché è un calcolo sbagliato. Il Pd si è caricato di senso di responsabilità. Se ciascuno degli alleati lo fa, andiamo avanti, se no ne prenderemo atto".

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Estratto da “La Repubblica”

Autostrade, il Pd tratta sulla revoca. Ma Di Maio: è battaglia di civiltà

La ministra delle Infrastrutture De Micheli difende le norme nel milleproroghe: “Regole per sbloccare i

cantieri”. I democratici si aspettano un segnale dalla società dei Benetton. Per la cancellazione servirà un

decreto ad hoc DI GOFFREDO DE MARCHIS

ROMA - La sospensione degli aumenti dei pedaggi, l’intervento immediato di Anas in caso di revoca, due

norme capestro per lo Stato che secondo i giuristi verrebbero cancellate dagli articoli del codice civile che

sanciscono la nullità contrattuale in caso di eccesso oneroso per una delle parti. Ma se davvero si arriverà alla

revoca della concessione a Autostrade ci vorrà «un decreto ad hoc». Diventerà un caso politico, quindi. La

maggioranza sarà costretta a cercare una posizione comune.

Insomma, l’emendamento al milleproroghe contro Autostrade per l’Italia che ha fatto gridare all’«esprorpio

proletario» gli esponenti di Italia Viva, il partito di Renzi, sembra avere tutt’altro scopo. Non la revoca della

concessione ad Aspi, o un suo antipasto, ma costringere i Benetton a trattare con il governo per evitare il

peggio. «Anche su Ilva ArcelorMittal aveva chiuso la porta. Poi l’ha riaperta», osserva un autorevole ministro

del Pd.

Paola De Micheli è convinta di aver introdotto, con quelle norme, «le regole di mercato», altro che metodo

comunista. I pedaggi vengono congelati in attesa che siano pronti i nuovi algoritmi che calcolano investimenti,

manutenzione e infine aumenti secondo le indicazioni dell’Autorità per i trasporti. Si chiama regolazione non

dirigismo. Il possibile subentro di Anas serve soprattutto a sbloccare due cantieri importanti e lentissimi: la

Ragusa-Catania e la autostrada Tirrenica. Adesso i concessionari delle due tratte possono trasferire le loro

competenze o darsi una mossa.

Con la ministra Teresa Bellanova lo scontro in consiglio dei ministri è stato durissimo. «Mi stai prendendo per

il culo — ha detto la capodelegazione di Italia Viva rivolta al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti — .

Perché se questo provvedimento davvero sblocca le opere, come noi chiediamo da tempo, io lo voto subito». La

De Micheli le ha dimostrato che era proprio così. Bellanova si è calmata.

Per Luigi Di Maio la norma del Milleproroghe è un passo avanti chiaro verso la cancellazione del contratto con

Aspi. «Il governo sarà compatto — dice il capo politico del Movimento 5 stelle — . Avviare il percorso per la

revoca delle concessioni è una battaglia di civiltà dopo il crollo del Ponte Morandi. Chi si oppone non vuole il

bene del Paese». Ma le cose non sono così semplici. «Non è pensabile revocare il contratto di 2800 chilometri

di autostrade e di una società con 7000 dipendenti con un emendamento del Milleproroghe — ha spiegato in

privato la De Micheli ai colleghi — . Ci vorrà un decreto legge ad hoc». Questo significa un passaggio politico

molto delicato nella maggioranza giallo-rossa.

Al ministero dei Trasporti le carte per valutare tutte le ipotesi sono quasi pronte. Vi sono contenuti i rischi, le

possibilità, le obiezioni giuridiche a cominciare da quei due commi che danno ad Aspi un potere fuori da

qualsiasi ordinamento: anche in caso di revoca possono rimanere i gestori e il diritto al riconoscimento del 100

per cento del valore della convenzione in caso di rottura. Per qualsiasi motivo. Questo c’è scritto nel contratto.

Secondo gli esperti sono codicilli inapplicabili, però restano un ostacolo.

Il Pd ha da tempo fatto un’apertura vera sulla revoca. Non difende i concessionari a tutti i costi. Giuseppe Conte

ha chiesto alla De Micheli di avere le carte definitive per giudicare in punta di diritto. Anche l’altra sera, nel

mezzo della lite su Autostrade in consiglio, ha mantenuto la calma: «Se la ministro Bellanova non capisce la

norma proviamo a riscriverla in maniera più chiara». Così è stato.

Il passaggio ad Anas del controllo della rete è comunque un segnale chiaro ad Aspi. Un’arma negoziale e allo

stesso tempo uno strumento per andare allo scontro vero. «Entro gennaio ci sarà una decisione», dicono al

ministero dei Trasporti. Manca poco.