Maglie “città di giardini” · della città di Maglie: si possono, tuttavia, cogliere alcuni...

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211 S crivere dei soli giardini e paesaggi di una pic- cola città come Maglie può sembrare piutto- sto campanilistico se non fosse per la valenza di tali argomenti nella storia e nella attualità del- l’intero Salento. Il titolo prescelto in un primo momento “Maglie città giardino” è qualcosa di diverso da ciò che co- munemente si intende nella storiografia dell’ar- chitettura europea. La “città giardino”, concetto dell’Ottocento in- glese messo a punto con l’obiettivo di rendere l’ambiente urbano più vicino a quello della cam- pagna in un momento di forte degrado ambien- tale legato alla prima industrializzazione ottocentesca, non si adatta per nulla all’ambiente della città di Maglie: si possono, tuttavia, cogliere alcuni spunti di lettura. Grazie agli scritti del prof. Emilio Panarese e alla testimonianza di Giovanni Giangreco, si sa che l’- habitat del paesaggio magliese fino al ‘500 era cer- tamente molto ricco di boschi e di ambienti palustri, in particolare proprio dove oggi sorge il centro urbano, mentre quasi certamente i dintorni, precisamente le alture che circondavano la città, erano brulli. Un habitat, quindi, molto diverso da come era in origine e che nel tempo ha visto emergere notevoli fenomeni di degrado se non di vera e propria de- forestazione delle campagne, come emerge in modo chiaro dalle prime foto della città tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento. È in questo contesto storico e da ciò che si rileva dai primi catasti onciari, che si evidenziano dati impensabili per il territorio salentino, notoria- mente agricolo prima che urbano o forestale. In- fatti la superficie magliese adibita ad orti e giardini era di ben 31 ettari, superiore a quella adibita a vigneto, circa 23 ettari. È in quel secolo d’oro della città di Maglie che coincide con la caduta del regno borbonico, l’unità d’Italia e lo sviluppo del regno d’Italia che la città cambia completamente volto e diventa quella che ora si considera una vera “città giardino”. Ad anticipare i tempi della storia, ma anche a Maglie “città di giardini” FRANCESCO T ARANTINO

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Scrivere dei soli giardini e paesaggi di una pic-cola città come Maglie può sembrare piutto-sto campanilistico se non fosse per la valenza

di tali argomenti nella storia e nella attualità del-l’intero Salento.Il titolo prescelto in un primo momento “Magliecittà giardino” è qualcosa di diverso da ciò che co-munemente si intende nella storiografia dell’ar-chitettura europea. La “città giardino”, concetto dell’Ottocento in-glese messo a punto con l’obiettivo di renderel’ambiente urbano più vicino a quello della cam-pagna in un momento di forte degrado ambien-tale legato alla prima industrializzazioneottocentesca, non si adatta per nulla all’ambientedella città di Maglie: si possono, tuttavia, coglierealcuni spunti di lettura.Grazie agli scritti del prof. Emilio Panarese e allatestimonianza di Giovanni Giangreco, si sa che l’-habitat del paesaggio magliese fino al ‘500 era cer-tamente molto ricco di boschi e di ambientipalustri, in particolare proprio dove oggi sorge il

centro urbano, mentre quasi certamente i dintorni,precisamente le alture che circondavano la città,erano brulli. Un habitat, quindi, molto diverso da come era inorigine e che nel tempo ha visto emergere notevolifenomeni di degrado se non di vera e propria de-forestazione delle campagne, come emerge inmodo chiaro dalle prime foto della città tra la finedell’Ottocento ed i primi del Novecento. È in questo contesto storico e da ciò che si rilevadai primi catasti onciari, che si evidenziano datiimpensabili per il territorio salentino, notoria-mente agricolo prima che urbano o forestale. In-fatti la superficie magliese adibita ad orti egiardini era di ben 31 ettari, superiore a quellaadibita a vigneto, circa 23 ettari.È in quel secolo d’oro della città di Maglie checoincide con la caduta del regno borbonico, l’unitàd’Italia e lo sviluppo del regno d’Italia che la cittàcambia completamente volto e diventa quella cheora si considera una vera “città giardino”. Ad anticipare i tempi della storia, ma anche a

Maglie “città di giardini”

FRANCESCO TARANTINO

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A pag. precedente: Maglie (LE), Villa Zoraide, viale d’in-gresso (ph Francesco Tarantino)

saper leggere per primo il paesaggio magliese, èstato il Despréz con l’ormai celeberrimo acque-rello del settembre 1778, il quale, con elementi difantasia, ma anche con alcuni elementi reali, dise-gna per tutti coloro che arrivano da Nord un me-raviglioso scorcio della città.Un acquerello che è una vera e propria icona storicadel paesaggio locale, diventato europeo, grazie alsuccesso incontrato nei paesi anglosassoni essendostato utilizzato per lungo tempo come “stampoideale” per ceramiche dalle forme ricercate. In questo acquerello, insieme ai monumenti delbarocco salentino, ben equilibrati e decorati,emerge una prospettiva pittorica articolata ed ir-regolare che ne amplia le visuali: effetto che ogginon si riesce più a cogliere per la costruzionedell’ultimo tratto di via Roma. Accanto a tetti e ca-seggiati emergono lussureggianti alberi di latifo-glie che invadono le strade e coprono i tetti. Didifficile lettura è la tipologia esatta delle piante di-segnate, certamente latifoglie locali e tipiche deiterreni umidi quali il bagolaro, l’acero, l’olmo e lastessa quercia. Quello che sembra abbia più col-pito il Despréz e che poteva interessare di più isuoi committenti erano gli squarci architettonici ela ricca presenza di chiese e caseggiati in stile ba-rocco; le piante, per quanto marginali, testimo-niano, però, una situazione paesaggistica ben

precisa e definita.È paradossale che in terre lontane e molto diversequali quelle anglosassoni, terre che hanno elabo-rato e sviluppato i canoni del giardino romanticoottocentesco, questo scorcio dell’Italia meridionalee in particolare salentino, sia stato così apprezzatoda essere utilizzato quale iconografia preziosa efantastica. È proprio nell’estate del 2010, in occasione dellaserata dedicata a queste ceramiche -a cui ha par-tecipato il prof. Vincenzo Cazzato-, che questo la-voro sul giardino e paesaggio magliese si èconcretamente realizzato nella mia mente. Iniziato molti anni prima con la raccolta di foto escritti dei vari autori magliesi e poi da vari studispecialistici, solo nel 2011 tutto si è formalizzato,con il fondamentale ausilio del mio allievo LuigiBrocca, autore di gran parte delle foto presenti.Non ultimo, lo spunto a definire questo scritto èvenuto del prezioso lavoro della dr.ssa FrancescaColucci (relatore Vincenzo Cazzato), autrice diuna tesi storiografica che ha definito in modocompleto il panorama dei giardini magliesi. Nel corso del tempo mi sono confrontato a più ri-prese su questo lavoro con la prof.ssa AnnalisaCalcagno che mi ha suggerito, -a ragione-, di trat-tare anche il paesaggio e non solo i giardini. In effetti è proprio partendo dal paesaggio che oc-

Maglie (LE), Ferrovie del Sud-Est Maglie-Otranto (phFrancesco Tarantino)

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corre guardare e leggere questo testo, perché purnelle ridotte dimensioni del territorio magliese,sono emersi scorci e frammenti ancora intatti chenon potevano non essere ripresi fotograficamente. Un paesaggio, reso in alcuni punti brullo ed im-pietrito dalla devastazione silvo-pastorale, chesolo nell’Ottocento, con lo sviluppo degli orti egiardini peri-urbani, è stato rinaturalizzato, conrisultati che a distanza di alcuni decenni sono an-cora ben presenti.Nel periodo storico già definito, Maglie era diven-tata un grande laboratorio di attività industriali,artigianali e commerciali, che ne hanno cambiatoil volto non solo da un punto di vista economicoe sociale ma anche da quello paesaggistico. Conlo sviluppo dell’economia le famiglie più ricchehanno riversato la loro capacità economica nel-l’arte del giardino, tanto da creare un vero e pro-prio indotto del settore: agrimensori e disegnatoridi giardini, artigiani e decoratori della pietra lec-cese, vere e proprie famiglie di giardinieri ed orti-coltori. E’ quasi inutile descrivere i giardinimagliesi, in quanto altri prima lo hanno fatto, e

anche meglio di me; questa pubblicazione ha loscopo di approfondire fattori, circostanze, e tipo-logie di eventi che hanno prodotto quello che an-cora oggi abbiamo sotto gli occhi.Certamente, per esempio, i giardini della famigliaGarzia -sempre direttamente annessi al palazzogentilizio- erano molto particolari per le essenzebotaniche di cui erano adornati. Segno evidentedi una passione ed un interesse botanico fuori dalcomune, come si ritrova anche nella villa Zoraidedi Francesco Paolo Tamborino. In questo caso lepiante sono accompagnate da statue e decori inpietra leccese di pregevolissima fattura. Per nonparlare poi della più famosa ed indiscutibilmentepiù grande ed elaborata Villa Comunale Tambo-rino, che rientra per tutti questi motivi e per esserestata usata quasi da sempre quale giardino per lepasseggiate delle festività cittadine, come simbolostesso di tutti i giardini di Maglie. Questa descrizione dei giardini di Maglie, non èassolutamente completa ed esaustiva. Dà unaidea parziale del fenomeno dei giardini a Maglie.Non erano solo le grandi e facoltose famiglie a

Maglie (LE), Villa Franite, “la stufa” (ph Francesco Ta-rantino)

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Maglie (LE), Corte San Giovanni (ph Francesco Taran-tino)

Maglie (LE), Villa Comunale Tamborino, viale d’ingresso(ph Luigi Brocca)

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possedere giardini ed orti: tali passioni ed esi-genze erano sentite da tutte le classi sociali in unperiodo storico in cui effettivamente le differenzetra le classi erano accentuate. Le famiglie notoria-mente dedite all’artigianato, al commercio edanche i semplici contadini, una volta entrati inpossesso della proprietà terriera si dedicavanoall’arte del giardino e dell’orto-frutteto. Ne sonotestimonianza tanti giardini ancora oggi presentinelle aree peri-urbane: alcune località come Poli-carita, Ciancole, Palicella, Morigino hanno preso ilnome dai corrispondenti giardini. Un territorio,quindi, non agricolo, dal momento che ne man-cavano i presupposti agronomici e di conse-guenza gli addetti, ma di orti e giardini diffusilungo le principali direttrici dell’attuale espan-sione urbana.Questa esigenza di orti e giardini è in realtà prose-guita anche nel dopo guerra ed in particolare neglianni 70-80 del Novecento con la formazione di pic-cole e disordinate lottizzazioni soprattutto nellazona Franite, Francavilla, Rosemarine. Ma gli originalimodelli e la cultura del giardino si erano comple-tamente perduti ed i risultati sono legati più a geo-metrie e modelli abitativi e vegetazionali fuoricontesto che ad una conoscenza, sia pur semplici-stica, dell’arte del giardino e del paesaggio. Proprio per impedire questo fenomeno degenera-tivo, il recente Piano Regolatore Generale, scritto intermini di sola ingegneria urbanistica, cerca diporre argine a tale disordine individuando comeuniche aree in cui è consentita la realizzazione diun giardino, l’area agricola, disconoscendo questamatrice storico-culturale; questi provvedimentinormativi, però, cancellano una tradizione. Pur-troppo, peggiorando la situazione, l’attuale PRGnon si pone il problema di prevedere forme di ri-qualificazione delle aree di lottizzazione degradatequali orto e giardino peri-urbano.Anche nella città nessuno spazio rimaneva senzadecoro ed arredo verde: le corti, i cortili, i balconi,a qualunque famiglia appartenessero, erano occa-sione di arte del giardino.Ne è stata testimonianza la mostra del 1988 del fo-tografo Fernando Bevilacqua: alcune foto che neevidenziano, grazie alla qualità degli scatti, deipreziosi scorci sono state fortunatamente recupe-rate. La mostra era inserita in un programma piùvasto dal nome “Maglie fiorita” che ha anticipatodi quasi 20 anni, tanti eventi che si svolgono nelSalento sul tema, di cui alcuni oramai conosciutia livello sovra regionale. Era l’entusiastica forzacoinvolgente dell’allora presidente della pro-loco

dr. Donato Borgia che coinvolse me e FernandoBevilacqua ad organizzare tutto ciò. In quell’annoparteciparono alla manifestazione anche i profes-sori Maria Cocozza e Vittorio Marzi.Non meno preziosa ed attuale è la testimonianzadel fotografo Pino Cavalera, il quale con la raffi-natezza dei colori e degli effetti fotografici, ha resogiustizia a tante visuali della nostra bella e ridentecittà che la nostra vita quotidiana non riesce a co-gliere. È invece meglio vedere la realtà in terminidi scorci o scatti fotografici, perché proprio dallavita cittadina quotidiana emergono tutte le diffi-coltà a mantenere per i tempi di oggi la defini-zione di “Maglie città di giardini”. Non miriferisco ai grandi interventi di riqualificazione ur-bana, che purtroppo mancano, ma anche nei pic-coli interventi sia pubblici che privati dove ilgiardino viene concepito come un ornamento enon quale elemento di caratterizzazione sociale,culturale e di qualità urbana.Viceversa è importante ricordare che anche nellesemplici realizzazioni di una pavimentazione o diun’aiola si può fare “arte del paesaggio e del giar-dino”. È per questo che ringrazio, oltre a tutti glialtri che hanno collaborato a questa pubblica-zione, l’attuale Presidente Nazionale dell’AIAPP(Associazione Italiana di Architettura del Paesag-gio) Anna Letizia Monti per il suo contributo.

Maglie (LE), Villa Comunale Tamborino, particolare dicapitello (ph Luigi Brocca)