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    COSIMO MAGAZZINO

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    Lobiettivo della politica dei redditi (P.d.R.) di evitare laumento dellivello generale dei prezzi, attraverso qualche genere di controllo delle

    variabili distributive (il salario e il margine di profitto).Produttivit: rapporto tra la quantit di outpute le quantit di uno opi inpututilizzati per la sua produzione. Viene calcolata con riferimentoalla singola impresa, allindustria o pi in generale al Paese.Linflazione pu essere vista come una gara competitiva per accrescere la

    quota del reddito sociale. Essa viene meno se varie classi di percettori direddito mantengono invariate le loro quote di reddito, ovvero se esse siaccordano sul modo in cui le quote debbono variare, facendocorrispondere allaumento di una, la pari riduzione dellaltra.Cuneo fiscale: differenza tra costo del lavoro e reddito da lavoro, dovutaal prelievo fiscale.

    Costo del Lavoro per Unit di Prodotto (CLUP) = (WL)/Y =W/(Y/L)dove W: salario corrisposto, L: numero dei lavoratori impiegati, Y:

    ammontare di produzione, Y/L=: produttivit media del lavoro. 2

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    In un sistema economico chiuso, in cui venga prodotto un solo bene, dovenon esista capitale fisso e vi siano soltanto 2 categorie di percettori di

    reddito (salariati e capitalisti), il valore complessivo del prodotto :pY = W + Rdove p: prezzo, Y: quantit, W: massa salariale, R: massa dei profitti.Inoltre, W = wNdove w: salario unitario nominale, N: numero di occupati. Pertanto,

    dividendo ambo i membri perY abbiamo:W pu essere espressa come funzione del saggio di profitto ovvero come

    prodotto del margine di profitto sul costo di produzione per il costo stesso.In tal caso, poich il costo di produzione rappresentato solo da w,indicando con g il mark-up, si ha: R = wNg

    la quale lequazione del mark-up, che esprime il principio del costopieno. 3

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    Considerando che la produttivit media del lavoro pari a:

    = Y/Nper sostituzione si ha:In termini dinamici, le variazioni del prezzo possono essere espresse cos:

    Condizione sufficiente affinch non vi sia inflazione (p=0) che w=e che (1+g)=0. Cio, non vi p se il saggio di salario nominale varia nellastessa misura della produttivit e il margine di profitto non muta. In essenza,questo il contenuto della Regola fondamentale di politica dei redditi.

    Se entrambe le condizioni succitate sono verificate, si ha costanza dellequote distributive.Linvarianza dei prezzi richiede determinati comportamenti da entrambe le

    classi di percettori di reddito. Tuttavia, vi pu essere invarianza dei prezzima variazione delle quote distributive: se w, ma (1+g)0, e compensitale differenziale di crescita tra w e , crescendo in senso opposto. Es.: =0, w=10%, =6% e (1+g)=-4%. 4

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    Vi sono dei settori nei quali la dinamica di non cresciuta e noncrescer per nulla nei secoli; BAUMOL mise in luce ci in riferimento al

    settore delle arti dal vivo. Egli sottoline che per suonare un quartetto diMozart occorreranno in ogni tempo 4 musicisti, rimanendo invariati i tempidi esecuzione, di studio e di apprendimento. Similmente, per mettere inscena unopera teatrale.

    In altre parole, la produttivit del lavoro di musicisti e attori non per nullacresciuta nel corso dei secoli. Ciononostante, sarebbe socialmenteinsostenibile limplicazione che il salario di queste categorie di lavoratorinon debba subire aumenti nel corso del tempo. In realt, i compensi deilavoratori di questi settori sono cresciuti in linea con quanto avvenuto per icompensi dei lavoratori di altri settori. Ci per ha determinato un aumentodei costi medi di produzione nel settore delle arti dal vivo.

    La tendenza allaumento dei costi di produzione nei settori nei quali laproduttivit del lavoro costante nel tempo nota come morbo dei costi diBAUMOL (B A U M O Ls cost disease). La conclusione suggerita daBAUMOL che laumento continuo dei costi di produzione, a causa diaumenti salariali non accompagnati da incrementi di produttivit, si

    dovrebbe tradurre in un prezzo reale via via crescente del bene inquestione, con lulteriore implicazione che la domanda diventi nulla. 5

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    Dal punto di vista del carattere coercitivo assunto, le P.d.R. si

    distinguono in:- dirigistiche: sono quelle che impongono ai salariati e/o capitalisti undeterminato comportamento nella variazione del salario o del margine diprofitto (misure di controllo diretto);- di mercato: consistono nella fissazione da parte dellente pubblico non diregole di comportamento, ma di un sistema di incentivi e/o disincentivi perorientare in senso antinflazionistico le scelte autonome dei percettori direddito (accordo fra le parti sociali che assicuri linvarianza dei prezzi premiato con la concessione di sgravi fiscali);- istituzionali: tendono a trasformare in senso cooperativo le relazioniindustriali, ossia le relazioni fra capitalisti e lavoratori in materia di salario etrattamenti normativi, mediante un insieme di istituzioni appropriate(procedure di arbitrato, patto sociale).

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    In quanto misure di controllo diretto, le politiche dirigistiche dovrebbero

    assicurare vantaggi di immediatezza degli effetti nonch di efficacia.Politiche limitate ai salari, raccomandabili, per la loro maggiore facilit diattuazione, non garantiscono un risultato antinflazionistico.

    Una regola riguardante i salari (ad esempio, loro crescita pari a quelladella produttivit: w=) pu non assicurare invarianza del prezzo, inpresenza di possibili aumenti del margine di profitto.

    La possibilit di aumenti dei prezzi, pur in presenza di limitazioni nellavariazione dei salari, pu essere esaltata dalle condizioni della realt nellequali si devono concretamente formulare le regole di P.d.R., in particolaredallesistenza di diverse industrie con difforme andamento dellaproduttivit. In questo caso sono possibili 2 diverse regole:

    a) quella per cui in ogni industria il salario varia in misura pari alla variazionedella produttivit dellindustria stessa;b) quella per cui in tutte le industrie la variazione del salario pari allavariazione della produttivit media del sistema.

    La prima regola si presta meglio a evitare variazioni di p. La secondaregola, pur essendo pi equa, presenta maggiori problemi di efficacia. 7

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    Lingessamento delle quote distributive, oltre che difficile da ottenere,

    in stridente contrasto con le motivazioni e il modo di operare di uneconomiadi mercato.La ragione normalmente addotta per limitarla ai redditi salariali sta nella

    semplicit di rilevazione del salario, che contrasta con la difficolt diaccertamento del profitto, possibile spesso soltanto a seguito di unapprofondito esame di avvenimenti e dati aziendali gelosamente custoditi.

    Questa difficolt ha indotto a integrare la politica salariale con misure dicontrollo dei prezzi dei prodotti: se difficile stare dietro ai margini diprofitto, i prezzi dei prodotti sono invece visibili e accertabili.

    In definitiva, pu essere individuato un numero relativamente contenuto dimerci i cui prezzi assumono un ruolo chiave per lintera struttura dei prezzi,

    tale che un loro controllo penetrante potrebbe garantire il controllo dellivello generale dei prezzi.

    Tuttavia, le politiche di controllo dei prezzi danneggiano lefficienza delsistema economico, ponendo vincoli alle forze di mercato.

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    Vi sono due tipi di politiche dei redditi di mercato:

    1. Un primo tipo si basa sullidea che linflazione sia una sorta didiseconomia esterna, al pari dellinquinamento. Quindi possono crearsipermessi allaumento dei prezzi che potranno essere liberamente scambiatinel mercato. Tali politiche conciliano lobiettivo macroeconomico dellastabilit di p con la flessibilit microeconomica da parte delle imprese.Tuttavia in presenza di variazioni diversificate della produttivit per settorie, in larga misura, indipendenti dalle condotte aziendali, questo tipo dipolitiche pu penalizzare eccessivamente quei settori che gi risultanosvantaggiati da una bassa dinamica della produttivit. Inoltre le difficolt diattuare simili proposte sono rilevanti e almeno pari a quelle delle politichedirigistiche. Ci pu contribuire a spiegare lassenza di loro realizzazioni

    pratiche.2. Un secondo tipo di politiche di mercato mira a creare incentivi per ilmancato aumento dei prezzi e disincentivi per il loro aumento attraverso laleva fiscale (P.d.R. legate allimposizione o tax-based income policies, TIP).Se gli incentivi concessi non p: TIP-carota. Se si sanzionano aumentieccessivi di p attraverso imposte: TIP-bastone. 9

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    Si pu cercare di evitare le conseguenze inflazionistiche del conflittodistributivo con il fissare di alcune regole del gioco di tale conflitto, ossia

    con lintrodurre opportune norme e consuetudini di tipo cooperativo o talida favorire la cooperazione.Questo pu avvenire in 3 modi:

    1. Con lintroduzione di un obbligo esplicito di cooperazione o comunquecon la previsione di una soluzione di cooperazione di ultima istanza (adesempio con lintroduzionedellarbitrato).2. Con uno scambio economico che prevede, ad esempio, determinati livellidi imposte e sussidi in materia di redditi, politiche del lavoro e politicheindustriali per le parti sociali che addivengano a un accordo noninflazionistico in materia salariale e che si comportino comunque in modonon inflazionistico.

    3. Attraverso uno scambio politico consistente nella promessa, da partedel governo, di assumere taluni atteggiamenti in materie non puramenteeconomiche tali da coinvolgere lindirizzo politico generale del governostesso, fino a giungere a una vera e propria stipulazione di un patto socialeche preveda orientamenti comunemente condivisi dalle parti sociali in

    materia economica e sociale. 10

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    Levoluzione della produttivit condiziona la coerenza delle variazioni dei

    redditi con la stabilit dei prezzi. Se ad esempio la produttivit cresce del2%, una pari variazione dei salari e linvarianza dei margini di profittoassicurano la costanza dei prezzi. Se, invece, la produttivit aumenta del4% possibile aumentare i salari, in misura superiore al 2% e/o il margine diprofitto, senza che ne derivino effetti inflazionistici.

    Si pu pensare pertanto che il campo delle scelte di P.d.R. si allarghi sesi adottano misure volte ad aumentare il tasso di crescita della produttivit.Questa dipende da:a)fattori interni allimpresa: fattori controllati dai lavoratori (i ritmi di lavoro,la preparazione, la qualificazione professionale) e fattori controllatidallimpresa (la tecnologia, la formazione, lorganizzazione del lavoro)

    b)fattori esterni allimpresa, come i rapporti interaziendali e intersettoriali.La produttivit dellinsieme delle imprese industriali dipende, in

    particolare, dalla disponibilit di efficienti reti di trasporti e comunicazioni,istituzioni scolastiche e accademiche, centri di ricerca, servizi diinformazione, servizi finanziari, etc.

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    Per evitare la dispersione degli incrementi di produttivit del lavoro

    impiegato nelle produzioni dei vari beni rispetto allincremento dellaproduttivit calcolato nella media dellintera economia, si proposto diproporzionare gli aumenti salariali agli incrementi di produttivit che siregistrano non a livello delleconomia nazionale, bens a livello di aggregati diimprese pi circoscritti, e quindi omogenei (Seconda Regola di P.d.R.).Tali aggregati potrebbero essere in ordine crescente di ampiezza:a) le singole industrie: ossia i singoli assiemi di imprese che producono lostesso bene;b) i singoli rami di attivit economica: ossia i singoli assiemi di industriesimilari;c) i singoli settori produttivi: quello delle attivit agricole, delle attivitindustriali e dei servizi;d) le singole regioni.Laumento dei salari non sarebbe dunque uniforme per tutte le imprese

    del sistema economico, come nel caso in cui fosse legato allaumento dellaproduttivit nazionale. Tale aumento salariale sarebbe uniforme solo per le

    imprese appartenenti a uno stesso aggregato. Il fenomeno delladispersione sarebbe cos attenuato. 12

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    La Terza Regola di P.d.R. consiste nellaccordare, ai lavoratori occupatipresso le singole imprese, incrementi salariali nella stessa proporzione in cui

    aumenta la produttivit delle rispettive imprese. Si tratta del criterio dellamassima differenziazione salariale. Rispetto alla Seconda Regola, checonserva luniformit salariale per le imprese dello stesso aggregatoproduttivo, questa Terza contempla invece la possibilit di aumenti salarialidifferenziati per ciascuna impresa del sistema.

    Aumenti salariali uniformi costituiscono un importante stimolo perlefficienza delle imprese. Dunque, la Seconda e ancor di pi la TerzaRegola creano una menomazione del principio di efficienza. Infatti, conaumenti salariali uniformi, ciascuna impresa potr evitare un aumento delC.L.U.P. solo se riuscir a far aumentare la produttivit del proprio lavoroalmeno in proporzione della produttivit media del lavoro.

    Inoltre, la Terza Regola in contrasto con un principio di equittradizionalmente caro ai sindacati, quello che si traduce con lespressionepaga eguale per eguale lavoro. I lavoratori impiegati nelle stesseproduzioni percepirebbero infatti salari diversi, pi o meno elevati aseconda dellincremento di produttivit della specifica impresa presso cui

    sono occupati. Ci darebbe origine a effetti di imitazione salariale tra ilavoratori delle diverse imprese. 13

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    Se indichiamo con F la felicit di un individuo (considerandola una

    variabile misurabile cardinalmente), con Y il reddito (inteso come mezzimateriali), con R i beni relazionali, e ignoriamo altri elementi pur rilevanti,possiamo scrivere: F=f(Y,R). Possiamo esprimere cio la felicit come unafunzione del reddito individuale e dei beni relazionali. Se vero eragionevole supporre che leffetto complessivo del reddito (Y) contribuiscedirettamente alla felicit (soprattutto per bassi livelli di reddito), bisognaanche considerare che, dopo aver superato una certa soglia, questo pudiventare negativo poich limpegno per aumentare il reddito (assoluto orelativo) pu produrre sistematicamente effetti negativi sui beni relazionali,sulla qualit e quantit delle nostre relazioni (ad esempio a causa dellerisorse eccessive che impieghiamo per aumentare il reddito e che sottraiamo

    ai rapporti umani e al tempo libero), e quindi, indirettamente, potrebbesmorzare se non ribaltare leffetto totale diminuendo la felicit. Le diverseipotesi prima illustrate, insieme ai nostri limiti cognitivi e ai condizionamentisociali spiegano perch non ci comportiamo razionalmente e superiamo ilpunto critico.

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    - ACOCELLA N., Politica economica e strategie aziendali, Carocci,Roma, 2008 (Capitolo 14).- CELLINI R., Politica Economica, McGraw-Hill, Milano, 2010(Capitolo 12).- MARZANO A., Politica macroeconomica, U.T.E.T., Torino, 2006(Capitoli 6 e 7).

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