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DARVI LA SOLUZIONE GIUSTA Quarant’anni di esperienza e di continui risultati nel campo meccanotessile e dei compositi ci pongono come l’ azienda leader del mercato. Un team qualificato di tecnici e di ingegneri, l’orientamento alla ricerca e alla conoscenza di tutte le tecnologie oggi a disposizione ci permettono di trovare sempre la soluzione giusta alle necessità dei nostri clienti. LAMIFLEX SPA 24028 Ponte Nossa (BG) Italy - Via E. De Angeli, 51 Tel. +39 035 70 00 11 - Fax +39 035 70 00 60 info@lamiflex.it - www.lamiflex.it È NELLA NOSTRA NATURA. moma comunicazione _ bg anno XI - numero 42 dicembre 2016 Organo ufficiale di Assocompositi magazine magazine Seguici su: Gruppo Compositi Magazine | @Compositi_mag ISSN 2499-6890 Poste Italiane spa . Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, LO/BS www.compositimagazine.it

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DARVI LA SOLUZIONE GIUSTA

Quarant’anni di esperienza e di continui risultati nel campo meccanotessile e dei compositi ci pongono come l’azienda leader del mercato.

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anno XI - numero 42 dicembre 2016

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Con Laminate Tools e PlyMatchmigliora e ottimizza il workflow nella realizzazione dei componenti in materiale composito laminato

Velocizza la progettazioneCon Laminate Tools è possibile semplificare la progettazione dei laminati grazie alla simulazione CAE (Computer Aided Engineering) del drappeggio delle pelli sullo stampo. Il progettista è in grado di identificare rapidamente quelle zone del prodotto in cui possono nascere problemi di realizzazione, quali grinze e eccessive distorsioni delle fibre, e può intervenire introducendo dei tagli sulla pelle virtuale o simulando altri accorgimenti come se si trattasse di una operazione reale di messa a punto.

Migliora le prestazioniAttraverso le interfacce FEM di Laminate Tools,l’analista può utilizzare i dati del progettista perrealizzare il modello strutturale del laminato. Grazie alsupporto nativo dei solutori Nastran, Ansys e Abaqus è possibileottimizzare le prestazioni del prodotto senza modificare gli standardaziendali. Introdurre un ply di rinforzo nel modello FEM non è mai stato così semplice!

Aumenta la produttivitàI dati della laminazione progettata e analizzata possono esserecondivisi con la produzione grazie alla generazione automaticadel PlyBook e all’esportazione del profilo 3D oppure dello sviluppoin piano delle pelli, riducendo i costi legati al cattivo uso del materiale e migliorando la qualità e ripetibilità del prodotto.

Riduci gli erroriPlyMatch è un sistema hardware e software di Realtà Estesa che consente al laminatore di identificare con precisione come posizionare la pelle modellata con Laminate Tools sullo stampo, minimizzando gli errori di produzione e riducendo i tempi di realizzazione del manufatto.

Inizia a risparmiare da oggiRichiedi un colloquio con uno dei nostri esperti, scoprirai come sia possibile risparmiare tempo nelle fasi di progettazione e ridurre i costi legati agli errori di produzione, aumentando i profitti e la competitività della tua Azienda.

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3Compositi

Agreement liaison between CEN and EuCIA for composites standards

Accordotra il CEN ed EuCIA per la normazione dei compositi

Prof. Roberto Frassine, Presidente Assocompositi

EuCIA has recently signed a cooperation agree-ment with CEN (European Committee for Stand-ardization). CEN, in accordance with EU Regulation 1025/2012, provides a platform for the develop-ment of European standards and of other technical documents related to several categories of prod-ucts, materials, services and processes, support-ing the standardization activities for a wide range of fields and sectors. The objective of this agree-ment is to allow EuCIA to contribute to CEN activ-ities at technical level, ensuring the high quality of the issued documents.EuCIA will also have the opportunity to be part of the Working Group 4 of the CEN/TC250, which works on the composites sections of the Euroco-des. The latter are 10 European standards cover-ing exhaustively all the major building materials, the major fields of structural engineering and a wide range of structural typologies and products. With this agreement we aim to bring composites within the Eurocodes by 2020. This step will bring a ma-jor contribution to the spread of composite mate-rials in the construction industry and will enable us to contribute technically and practically to the de-velopment of our industry regulations.

EuCIA ha di recente firmato un accordo di collabo-razione con il CEN (Comitato europeo di normazio-ne). Il CEN fornisce, in conformità con il regolamen-to UE 1025/2012, una piattaforma per lo sviluppo di norme europee e altri documenti tecnici in relazione ai vari tipi di prodotti, materiali, servizi e processi, so-stenendo l’attività di normazione per una vasta gam-ma di campi e settori. L’obiettivo di questo accordo è quello di facilitare il contributo di EuCIA alle attivi-tà del CEN a livello tecnico, garantendo un’alta qua-lità dei documenti tecnici prodotti.Ad EuCIA viene inoltre concessa l’opportunità di far parte del Gruppo di Lavoro 4 del CEN/TC250, che si occupa della parte inerente ai compositi all’interno degli Eurocodici. Questi ultimi sono 10 standard eu-ropei che coprono in modo completo tutti i principa-li materiali da costruzione, i principali campi dell’in-gegneria strutturale e una vasta gamma di tipologie strutturali e di prodotto.Questo accordo, con il quale ci proponiamo di porta-re i materiali compositi all’interno degli Eurocodici en-tro il 2020, costituisce un grande contributo alla dif-fusione dei materiali compositi all’interno del setto-re delle costruzioni e ci consentirà di contribuire dal punto di vista tecnico-applicativo allo sviluppo delle normative di settore.

EditorialeCon Laminate Tools e PlyMatchmigliora e ottimizza il workflow nella realizzazione dei componenti in materiale composito laminato

Velocizza la progettazioneCon Laminate Tools è possibile semplificare la progettazione dei laminati grazie alla simulazione CAE (Computer Aided Engineering) del drappeggio delle pelli sullo stampo. Il progettista è in grado di identificare rapidamente quelle zone del prodotto in cui possono nascere problemi di realizzazione, quali grinze e eccessive distorsioni delle fibre, e può intervenire introducendo dei tagli sulla pelle virtuale o simulando altri accorgimenti come se si trattasse di una operazione reale di messa a punto.

Migliora le prestazioniAttraverso le interfacce FEM di Laminate Tools,l’analista può utilizzare i dati del progettista perrealizzare il modello strutturale del laminato. Grazie alsupporto nativo dei solutori Nastran, Ansys e Abaqus è possibileottimizzare le prestazioni del prodotto senza modificare gli standardaziendali. Introdurre un ply di rinforzo nel modello FEM non è mai stato così semplice!

Aumenta la produttivitàI dati della laminazione progettata e analizzata possono esserecondivisi con la produzione grazie alla generazione automaticadel PlyBook e all’esportazione del profilo 3D oppure dello sviluppoin piano delle pelli, riducendo i costi legati al cattivo uso del materiale e migliorando la qualità e ripetibilità del prodotto.

Riduci gli erroriPlyMatch è un sistema hardware e software di Realtà Estesa che consente al laminatore di identificare con precisione come posizionare la pelle modellata con Laminate Tools sullo stampo, minimizzando gli errori di produzione e riducendo i tempi di realizzazione del manufatto.

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5Compositi

Anno XI – Numero 42Year XI – Issue 42

Dicembre 2016December 2016

Periodicità trimestraleQuarterly review

abbonamento Italia € 25,00abbonamento Estero € 50,00una copia € 7,00

Registrazione al tribunale diMilano n. 189 del 20/03/2006

Pubblicità e Marketingvia Delle Foppette, 620144 Milano – Italytel. +39 0236517115fax. +39 0236517116

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Andrea Mantica

Stampa - Printed byGrafteam - Brescia

È vietata la riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione

della casa editriceReproduction even partial is

forbidden, without the permissionof the publisher

Direttore responsabilePublishing manager

Liliana Pedercini

Coordinamento di redazioneEditing Co-ordination

Anna SchwarzSandra Sisinni

Ufficio CommercialeSales officeSara Sturla

Comitato Tecnico – ScientificoTechnical Scientific Committee

Luigi AscioneAndrea BenedettiRoberto Frassine

Alfonso MaffezzoliOrazio Manni

Mario MarchettiClaudio Migliaresi

Carlo PoggiMarino Quaresimin

Andrea RattiGiuseppe Sala

Antonino ValenzaMaurizio Vedani

A questo numero hanno collaborato

ContributorsFrancesco Aymerich

M. CardonePietro Ferraro

Cristiano FragassaU. Galietti

Paolo GaudenziLeonardo GiorgiNicola Guidolin

Carlos E. M. GuilhermeLuca Lampani

Andrea LazzarettoFabrizio Medeossi

F. MontagnoliAngelina MuzzuAndrea PaduanoVito PagliaruloV.E. Palasciano

D. Palumbo Alessandro Pera

Fabrizio RosiElena SalernitanoMarco Salvador

Carlo SantulliFabrizio SarasiniClaudio ScarponiDavide Telleschi

Jacopo TirillòTeodoro Valente

Felipe Vannucchi de Camargo

Sommario

EDITORIALE 3

VITA ASSOCIAZIONE 6

La dismissione nel settore nautico 7Un sistema integrato di smaltimento sostenibileThe disposal in the marine industryA sustainable integrated system of recycleDavide Telleschi

Mètis naviga verso lo scafo 13riciclabile!Mètis is sailing straight to a recyclable boat!Fabrizio Medeossi, Alessandro Pera, Andrea Paduano, Andrea Lazzaretto

BB GREEN 17Il traghetto passeggeri costruito con sandwich in carbonio BB GREENThe commuter ferry constructed from carbon sandwich

VETRINA 22

Fibre sintetiche nelle cime 27d’ancoraggio per piattaforme petrolifereUna valutazione delle proprietà meccanicheSynthetic fibers in the mooring ropes or oil platformsAn evaluation of mechanical propertiesFelipe Vannucchi de Camargo, Carlos E. M. Guilherme, Cristiano Fragassaz

Caratterizzazione della porosità 30tramite micro-tomografia di laminati in fibra di vetroPorosity characterization of glass split tape lay-up using micro-tomographyF. Montagnoli, M. Cardone

Impatti a bassa velocità 35di laminati epossidici rinforzati con fibra di canapaLow-velocity impact response of hemp fibre reinforced bio-based epoxy laminatesClaudio Scarponi, Luca Lampani, Paolo Gaudenzi, Fabrizio Sarasini, Jacopo Tirillò, Teodoro Valente

Policaprolattone con fibre di luffa: 40prove di flessionePolycaprolactone-luffa fibre composites: flexural testsAngelina Muzzu, Carlo Santulli, Francesco Aymerich

Elettrodi nanocompositi 43per celle a combustibilead elettrolita polimericoNanocomposite electrodes for polymer electrolyte fuel cellsLeonardo Giorgi, Elena Salernitano

Ricerca e sviluppo di materiali 50compositi sostenibili ad alta resistenza al fuocoResearch and development of sustainable highly fire-resistant composite materials

Metodi ottici interferometrici 53per l’industria aerospazialeOptical interferometric methods for the aerospace industryVito Pagliarulo, Pietro Ferraro

Ispezione scafo con tecniche 58termograficheBoat hull inspection by thermographic techniquesU. Galietti, V.E. Palasciano, D. Palumbo

CRFP: analisi post impatto 62mediante tomografia industrialeFabrizio Rosi, Marco Salvador e Nicola Guidolin

Global composites industry 64set to soarElysium chair and the zero 64gravity sensation

17 27

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Nuovi SociSiamo lieti di dare il benvenuto tra i nostri Soci Sponsor alla M.M. di Udine (www.mmgrigliati.com) che opera da oltre trent’anni nel settore della vetroresina PRFV, producendo gri-gliati, profili e strutture composite di elevata qualità e al nuo-vo Socio Ordinario Work In Progress (wipsrl.info), società di Bergamo specializzata nella formazione e nella ricerca di per-sonale anche per il settore dei materiali compositi.

A Düsseldorf per Composites Europe 2016Assocompositi e Reed hanno coordinato il Padiglione Ita-lia nell’ambito di Composites Europe 2016 che si è svolto a Düs seldorf dal 29 novembre al 1º dicembre. La collettiva, si-tuata nella Hall 8A, ha ospitato le seguenti 8 aziende: Comec Innovative, Maroso, Marte Resine, Italmatic, Multicom, Pro-System, Carmon@Carbon e Panini. Informiamo che è già partito anche il re-booking del Padiglione Italia per l’edizione 2017 che si terrà a settembre a Stoccarda.

Compositi a BirminghamDal 2 al 3 novembre, Assocompositi ha preso parte con uno stand al Composites Engineering Show 2016 di Birmingham. L’evento, che ha registrato oltre 700 espositori, è sempre in grande crescita ed è l’unico nel panorama britannico a pro-muovere tutti i livelli della catena di fornitura per i settori aero-spaziale, automotive, trasporti, motorsport e ingegneria civile.

JEC World 2017 (Parigi, 14-16 marzo)Assocompositi collabora all’organizzazione dell’area italiana a JEC World 2017 coordinata per la prima volta da ICE (l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle impre-se italiane). Il Padiglione Italia di 100 mq è in una zona centrale della Hall 5A con un allestimento personalizzato da ICE e stand a costi convenzionati. Per informazioni: ICE- Ag. Roma Tecnologia Ind., Energia e Ambiente, Tel. 06 5992 9238, [email protected]

Atti Scuola estiva compositi 2016Sono disponibili gli atti dell’ultima edizione della Scuola esti-va Assocompositi 2016. I documenti completi sono riservati solo ai partecipanti e ai nostri Soci. Per tutti gli altri interessa-ti a ricevere una presentazione in particolare è possibile invia-re una richiesta alla nostra Segreteria: [email protected]

LCA materiali compositi: tool online gratuitoDa luglio scorso è online l’Ecocalculator di EuCIA, tool dedicato al calcolo dello LCA dei compositi cradle-to-gate. È disponibile online gratuitamente fino alla fine di quest’anno. La versione di prova contiene i dati per quattro tecnologie (pultrusione, in-fusione, RTM e SMC/BMC) e per una grande varietà di mate-riali. Vi invitiamo ad utilizzare lo strumento, inviando ad EuCIA un feedback sulla vostra esperienza. L’obiettivo a breve termi-ne è aumentare le tecnologie disponibili: se interessati a par-tecipare allo sviluppo di questo strumento, non esitate a con-tattare EuCIA. L’accesso al tool avviene dal sito www.eucia.eu

SikaFast®-4261NUOVA GENERAZIONE DI ADESIVI PER INCOLLAGGIO STRUTTURALE

Elevate prestazioni meccaniche Flessibilizzato Tixotropico Spessore di incollaggio fino a 40 mm Eccellente adesione su un’ampia gamma di substrati

FIERE

Wind Turbine Blade manufacturing12-14 dicembre, GermaniaICERP 10-12 gennaio, IndiaComposite-Expo 201728 febbraio - 2 marzo, RussiaJEC World 201714-16 marzo, Francia

CONFERENZE

International Composites Conference by Composites Germany28-29 novembre, GermaniaCyclitech6-7 dicembre, USAICCM 201723-24 gennaio, Francia

C A L E N D A R I O P R O S S I M I E V E N T I

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7Compositi

SikaFast®-4261NUOVA GENERAZIONE DI ADESIVI PER INCOLLAGGIO STRUTTURALE

Elevate prestazioni meccaniche Flessibilizzato Tixotropico Spessore di incollaggio fino a 40 mm Eccellente adesione su un’ampia gamma di substrati

La dismissionenel settore nauticoUn sistema integrato di smaltimento sostenibile

meno, sui risvolti ambientali ma anche economici e soprattutto sulla possibilità di rilancio della nautica, partendo proprio dallo smaltimento delle unità obsolete.Come oggetto di questa ricerca si è vo-luto investigare e proporre una soluzione più sostenibile sul tema del fine vita del-le barche, comprendere al meglio la na-tura e la reale portata del fenomeno, at-tingendo a studi e ricerche già sviluppa-te, ma anche ripercorrendo la storia dei materiali plastici, le loro tecniche costrut-tive, le normative di riferimento sulla pos-sibilità di industrializzare un processo in-tegrato di smaltimento sostenibile sia a livello economico che ambientale.

ell’ambito del design nautico, in particolare per ciò che ri-guarda la sostenibilità del pro-dotto barca, si è riscontrata,

negli ultimi anni, una grande problemati-ca sul disuso delle imbarcazioni, dei re-lativi stampi e degli sfridi di lavorazione in materiali compositi, in primis, data la quantità, quelli in vetroresina.Il problema è ormai sotto gli occhi di tut-ti ed urge una soluzione, soprattutto in questo periodo di grande contrazione delle vendite sia del nuovo che dell’usa-to, che ha trasformato il diporto in una “scocciatura” per la maggior parte de-gli armatori.

Così tonnellate di vetroresina abbando-nata riempiono i cantieri nautici, le mari-ne, le banchine tanto da mettere a repen-taglio il loro galleggiamento che in alcu-ni casi viene meno, de-localizzando il fe-nomeno sul fondo del mare, azione mag-giormente da disincentivare.Un’imbarcazione, un natante o una nave da diporto, porta con sé un grande impat-to ambientale, non solo dovuto alla vetro-resina ma soprattutto a tutti quegli ele-menti a bordo che aumentano esponen-zialmente il fattore inquinante.A dimostrazione dell’interesse sul tema sono innumerevoli i convegni e gli incon-tri dove si dibatte sulla portata del feno-

N

Davide Telleschi – Scuola di dottorato Architettura e Design XXVIII ciclo. Corso di Design per la nautica e il prodotto sostenibile

Fig. 1: Ciclo di vita

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8 Compositi

- La dismissione nel settore nautico -

ro una risposta economicamente più vantaggiosa del processo.

I test sui campioni effettuati presso il Di-partimento di Chimica dell’Università di Pisa hanno simulato il processo di piro-lisi in micro-scala. Questi test dimostra-no una certa omogeneità dei materiali, siano essi di nuova produzione con tec-niche del vuoto che in single skin, realiz-zati in passato con tecnica manuale. L’al-tro dato importante estratto riguarda le percentuali di composizione del materia-le: la quantità di resina rispetto alla fibra è notevolmente superiore a quella che si era ipotizzata.I risultati ottenuti nelle prove di laborato-rio hanno dimostrato la possibilità di ef-fettuare uno “scale up” del processo a scala dimostrativa. In particolare si vor-rà approfondire il tema dello sviluppo su scala superiore per estrarre dati utili al conseguimento di un processo indu-striale. La sperimentazione in scala op-portuna è utile al rilevamento di dati al-trimenti impossibili da estrarre a livello laboratoriale.Analizzando e studiando impianti speri-mentali si è iniziato a progettare un im-pianto attuabile nelle strutture a nostra

L’oggetto barca è in realtà un “sistema barca” dove il guscio esterno non è altro che un contenitore eterogeneo di mate-riali eterogenei e, proprio per questa ra-gione, ne risulta difficile uno smaltimento totale se non a fronte di costi importanti, spesso ben superiori al valore del bene.All’interno del ciclo vita del prodotto bar-ca è emersa una carenza di sperimenta-zioni nelle pratiche di riciclo o riutilizzo dei materiali compositi che compongo-no gran parte del manufatto. La costan-te richiesta di sostenibilità dei settori pro-duttivi non può ignorare il bisogno di so-luzioni innovative anche per quei setto-ri, come la nautica, che, seppur conside-rati di nicchia, urgono un rinnovamento ed una maggiore sensibilità ambientale.Per verificare la reale possibilità di svilup-po di un sistema integrato di smaltimen-to si è manifestata la necessità di testa-re a livello sperimentale l’utilizzo di nuo-ve tecnologie, opportunamente ottimiz-zate, nella speranza di ottenere dati utili e perseguibili finalizzati allo smaltimento dell’unità da diporto.Questa fase di ideazione ha voluto vaglia-re e valutare quali strade fossero percor-ribili e quali metodi attuativi si dovessero intraprendere per arrecare il minor impat-to ambientale possibile, minimizzare i co-sti e facilitare il corretto trattamento del bene “barca”. Attraverso il trasferimen-to tecnologico è emersa la possibilità di utilizzare un processo termico sostenibi-le sia dal punto di vista ambientale che economico e di possibile attuazione a li-vello industriale: la pirolisi.La prima fase attuativa della ricerca ri-guarda il campionamento dei materiali.Per verificare la composizione materica del materiale vetroresina nelle sue più svariate applicazioni si è voluto suddivi-dere la campionatura in base a provenien-za, anno di costruzione, funzione, tecno-logia costruttiva.• La provenienza: vuole specificare da

quale unità la pezzatura è stata prele-vata (militare diportistica o di traspor-to pubblico), definendo di conseguen-za se la fattura rispondeva a esigen-ze estetiche piuttosto che funzionali.

• Anno di costruzione: definisce l’anno di produzione del campione, determi-nante per avere un’idea di un eventuale degrado o una resa diversa all’interno del processo. Inoltre, un collocamen-to temporale potrebbe svelare tecni-che costruttive e materiali di diversa natura rispetto a quelli utilizzati oggi.

• Funzione: in base al suo utilizzo o ubi-cazione, si può constatare la presenza di agenti inquinanti, come ad esempio residui di carburanti nel caso di serba-toi, residui di verniciatura o gelcoat se il campione proviene da parti di ope-ra viva o morta, presenza di impianti o giunzioni nel caso si trovi negli interni o nelle strutture.

• Tecnologia costruttiva: il fattore più ri-levante. La tecnologia costruttiva offre un’immediata panoramica sul tipo di campione che andremo a prelevare e, in particolare, le percentuali fibra-ma-trice contenuti al suo interno. Essen-do la pirolisi un processo termico con la funzione di valorizzare al massimo il materiale ed essendo finalizzato all’e-strazione, quanto più possibile, di ma-teriali economicamente pregiati, avre-mo ipoteticamente come risultato una formula inversa: quanto più pregiata è la tecnologia costruttiva, meno riusci-remo a valorizzare il materiale e vice-versa. Questo perché, una tecnologia in grado di controllare la quantità di re-sina rispetto alla fibra cercherà di dimi-nuire la parte matrice del manufatto e mantenerla il più costante possibile al suo interno, così da ottenere un ogget-to il più omogeneo possibile e con un rapporto peso-capacità meccaniche più alto possibile. Essendo proprio la parte matrice a favorire nel processo di pirolisi un alto rendimento e allo stes-so tempo ridurre la produzione di iner-ti, è intuitivo comprendere che tecni-che di stesura manuale garantirebbe-

Fig. 2: Sviluppo processo

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10 Compositi

disposizione, in grado di trattare qual-che kg di materiale e con la possibilità di essere molto flessibile a materiali di di-versa natura e di essere facilmente ot-timizzabile.L’impianto è equipaggiato da un reattore centrale in cui viene immesso il materia-le da trattare, da riscaldatori elettrici per il raggiungimento della temperatura d’e-sercizio, e da una colonna d’acqua per garantire un controllo sulla pressione in-terna, che consente il passaggio di sta-to del materiale. Un successivo essicca-tore elimina il vapore d’acqua in ecces-so e la parte gassosa viene quindi stoc-cata in provette.L’intero ciclo chiuso evita il rilascio in ambiente di polveri sottili ed inquinan-ti, mentre la parte solida viene ripulita ri-portando le fibre ad uno stato iniziale e nuovamente reimpiegabili come materia prima o seconda.Il “sistema barca” deve subire un cam-biamento profondo che si concretizzi in una nuova concezione dell’unità già dal momento della sua progettazione, come un bene duraturo ma non eter-no, per consentirne un ciclo vita corret-to, dalla sua ideazione fino a giungere al suo disuso.Il bene dovrà quindi essere pensato se-guendo le logiche del DFD (Design For Disassembling) che consentirebbe al prodotto non solo di essere disarmato in maniera più agevole e corretta, ma, come accaduto in altri prodotti, diminu-irne i tempi e i costi di produzione e l’im-patto ambientale nel suo ciclo di vita.Il natante, l’imbarcazione o la nave deve mantenere un alto grado di rintracciabi-lità attraverso l’identificazione di tutte le sue parti, degli accessori e degli impian-ti mediante una catalogazione da parte del produttore.Potrà successivamente essere presa in considerazione la possibilità di utilizzare materiali di nuova natura, meno impat-tanti a livello ambientale e che possano garantire un alto grado di riciclo o riuso una volta smantellati.

- La dismissione nel settore nautico -

Fig. 3: Processo completo

Fig. 4: Vetroresina pre e post pirolisi

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11Compositi

Disposal in the marine industryA sustainable integrated system of recycling

rather than functional.• Year of construction: It is used to de-

fines the year of the sample produc-tion, therefore we will have an idea of a possible degradation or a differ-ent yield inside the process. In addi-tion, a temporal placement, could un-ravel construction techniques and ma-terials of different nature than those used today.

• Function: according to its use or loca-tion, you can see the presence of pol-lutants. Residual fuel in the case of tanks, paint residues or gelcoat if the piece comes from parts of hull or dead opera, the presence of installations or joints if the piece comes from the in-terior or in the structures.

• Construction technology: the most im-portant factor. The construction tech-nology offers an immediate overview on the type of sample that we are go-ing to take and in particular the per-centages fiber-matrix contained in its interior.

• The pyrolysis is a thermal process with the function of enhancing, as much as possible, the material and is aimed at the extraction, as much as possible, of economically valuable materials. We will have (hypothetically) as a result, an inverse formula: the more valuable

n the context of nautical design and in particular what concerns the sus-tainability of the boat product, it has been found in recent years, a signifi-

cant problem on the disuse of boats, rel-ative molds, and scraps in composite ma-terials, first of all because of the amount, those in fiberglass. The problem is now evident for all and a solution is needed, especially in this period where the sales have suffered a decline either for new or used products, which has turned pleas-ure boating in a nuisance for most ship owners.Thus tons of abandoned fiberglass fill the shipyards, marinas, docks so as to endanger their buoyancy, which in some cases is outsourcing less the phenome-non on the sea floor, but surely the ac-tion to mostly disincentive.A boat, a small boat or a pleasure boat, brings with it a major environmental im-pact, not only due to fiberglass but also by all the elements normally found on board that increase exponentially the pollution factor.As demostration of the interest on the topic, there are a lot of debates and con-ferences about the extent of the phe-nomenon, the Environmental and Eco-nomic implications but mostly on the possibility for a boating’s relaunch, start-ing with the disposal of obsolete units.The objective of the research is to inves-tigate and analyse the state of art and identify a more sustainable solution in order to offer a proper end of life to the boat demonstrating, both theoretically and experimentally, the ability to insert them all inside of an integrated disposal system, economically and environmen-tally sustainable.A boat is a system where the external shell is a heterogeneous container of het-erogeneous materials and, for that rea-son, a complete disposal is hard to put into practice without a huge patrimo-ny investment, higher than the asset’s nominal value.Inside the boat’s life cycle, has emerged a shortage of experiments in the practice of recycling or re-use of composite mate-rials that make up a large part of the ar-ticle, the constant demand for sustaina-bility of the productive sectors can not ignore the need for innovative solutions even for those sectors such as boating which, although considered niche, ur-gently needed a renovation and greater environmental sensitivity.

To verify the real possibility of develop-ment of an integrated system of dispos-al, it has manifested the need to test ex-perimentally the use of new technolo-gies, properly optimized, hoping to get useful information and actionable final-ized the disposal of ’recreational’ craft.This concept stage wanted to sift and evaluate which roads were passable and implementing such methods were to embark causing the least possible en-vironmental impact, minimize costs, fa-cilitate the proper treatment of the good ”boat“. Through technology transfer, it showed the possibility of using a ther-mal process, sustainable from an envi-ronmental and economical point of view, possible for industrial implementation: the pyrolysis.The first phase of the research imple-menting, regards the sampling of ma-terials.To verify the material composition of the fiberglass material in its various applica-tions, it was decided to split the sample on the basis of origin, year of construc-tion, function, construction technology.• Origin: it is used to specify which unit

the size was taken (Military, pleasure boating or public transport), and de-fining, as a result, if the workmanship were to meet aesthetic requirements

I

Davide Telleschi – Scuola di dottorato Architettura e Design XXVIII ciclo. Corso di Design per la nautica e il prodotto sostenibile

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- Disposal in the marine industry -

ULTIMATE PROTOTYPES

is the construction technology, the less we’ll be able to en-hance the material and vice versa. This because a technol-ogy capable of controlling the amount of resin compared to the fiber will try to decrease the matrix part of the man-ufact and keep it as constant as possible in it, to obtain an object as homogeneous as possible and with a weight- me-chanical ratio highest possible. The matrix facilitates a high yield in the process of pyrolysis and at the same time re-duce the production of aggregates; it is intuitive to under-stand that the manual drafting techniques would ensure a better economic process response.

The sample testing performed, simulating the pyrolysis pro-cess in micro-scale at the Department of Chemistry of the University of Pisa, show a certain homogeneity of materials, whether they are of new production with vacuum techniques, or single skin made with manual technique (like in the past).The other important result regards the percentages of mate-rial composition: the amount of resin compared to the fiber is significantly higher than that hypothesized.The results obtained in the laboratory tests have demonstrat-ed the possibility to carry out a “scale-up” in the demonstra-tion scale process. In particular, will be explored the theme of the upper-scale development to extract useful data and to provide an industrial process. In the appropriate scale testing is useful to data achievement, otherwise impossible to ex-tract at laboratory level.By analysing and studying experimental systems, it was started the design of an implant capable of treating a few kilograms of material, viable in the structures at our dispos-al. The implant can be very flexible to different materials and easy optimization.The plant is equipped by: a central reactor in which is intro-duced the material to be treated, electric heaters for the at-tainment of the operating temperature and a water column to ensure a control over the internal pressure that allows the pas-sage of state of the material . A subsequent dryer eliminates the excess water vapour, and then storage in test tubes of gas.The entire closed loop avoids the release in the environment of fine dusts and pollutants, while the solid part is cleaned bringing the fibers to an initial state, and then again re-usa-ble as a secondary raw material.The marine industry needs a profound change in all phas-es of the life cycle starting from a conscious and careful de-sign, production methods, use and maintenance of the boat mostly well-oriented to sustainability, to arrive at its dispos-al through consistent practices with the new concept of end of life products.The product must be designed following the logic of the DFD (Design For Disassembling) that would allow the product not only to be disarmed more easily and correctly, but, as hap-pened in other products, decrease the time and costs of pro-duction and the environmental impact in its life cycle.A boat, a small boat or a ship, must maintain a high degree of traceability through the identification of all its parts, acces-sories and of systems through the cataloguing by the man-ufacturer.It can then be taken of the possibility of using new types of materials, with less impact on the environment and that can ensure a high degree of recycling or reuse once dismantled.

All the mentioned figuresrefer to the Italian version

Fig. 1: The life cycleFig. 2: ProcessFig. 3: Completed processFig. 4: Fiberglass pre e post the pyrolysis

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13Compositi

Mètis naviga versolo scafo riciclabile!

Il fasciame, dati gli ottimi risultati già ot-tenuti con Areté, è stato realizzato in san-dwich con anima in legno di balsa e pel-li in fibra di lino. Le varie grammature e soprattutto le diverse tessiture sono sta-te caratterizzate nei laboratori del Diparti-mento di Ingegneria Industriale.Il dimensionamento delle strutture inter-ne e il piano di laminazione sono stati de-finiti preliminarmente secondo le indica-zioni del registro A.B.S. (American Bu-reau of Shipping) nel documento Guide For Building and Classing Offshore Ra-cing Yachts e in seguito verificati tramite analisi agli elementi finiti. Il criterio di ve-rifica utilizzato per il laminato è quello di Tsai-Wu, comunemente impiegato per i compositi. Il piano di laminazione di Ate presenta una preponderanza di aree in sandwich alternate a zone monolitiche.Lo scopo è quello di sfruttare la rigidez-za geometrica di alcune parti dello sca-fo, di evitare infiltrazioni d’acqua attra-verso l’attrezzatura di coperta e, ancora una volta, di contenere i pesi. Inoltre, a valle dell’ottimizzazione del piano di lami-nazione e per minimizzare i costi di ma-teriale, si è deciso di favorire l’utilizzo di basse grammature per la coperta e l’op-posto per lo scafo.

l gruppo di studenti universitari Mètis-VelaUnipd (www.metisvela.dii.uni-pd.it), nato nel 2008, si inserisce all’interno del progetto 1001VelaCup

(www.1001velacup.eu), che prevede la progettazione, realizzazione e conduzio-ne di scafi a vela da regata per un con-fronto tra vari atenei italiani ed europei sul-la base di un regolamento che impone la lunghezza fuori tutto (4.6 m), la superfi-cie velica complessiva (33 m2) e i mate-riali utilizzabili, lasciando liberi gli altri pa-rametri di progetto, e favorendo quindi la ricerca di nuove soluzioni creative. La re-gola principale e più restrittiva riguarda i materiali: il 70% in peso dello scafo deve avere origine animale o vegetale. Le pri-me due imbarcazioni del gruppo padova-no, Argo (2008) e Aura (2009), sono sta-te costruite in legno mentre le due suc-cessive, Areté (2012) e Ate (2016), sono prodotte con un composito con fibra di lino e core in balsa.

DESIGN E TECNOLOGIAll progetto di Ate, l’ultima nata, rappre-senta un’evoluzione dei progetti del-le imbarcazioni precedenti, sia come li-nee d’acqua, sia per il processo tecnolo-gico di costruzione. L’opera viva è stata studiata per ridurre la superficie bagna-ta mantenendo allo stesso tempo ade-guata stabilità in ogni condizione di ven-to e un passaggio “morbido” sull’on-da. Nella costruzione, per minimizzare i pesi in gioco e rispettare il regolamento di 1001VelaCup, è stato confermato l’u-so di fibre naturali per il materiale di rin-forzo e la tecnica di infusione denomi-nata V.A.R.T.M. (Vacuum Assisted Re-

sin Transfer Molding) per il processo di stampaggio. L’infusione permette infatti di ottenere alti rapporti peso fibra/peso laminato (Wf ), massimizzando quindi la percentuale di materiale naturale conte-nuto nell’imbarcazione.Il confronto tra varie fibre naturali offerte dal mercato (fig. 1) ha suggerito di optare per il lino, viste le migliori caratteristiche meccaniche, la maggiore facilità di ste-sura e la maggior varietà di grammature.

I

Fabrizio Medeossi, Alessandro Pera, Andrea Paduano, Andrea Lazzaretto –Dipartimento di Ingegneria Industriale, Università degli Studi di Padova

Fig. 1: Confronto tra le proprietà di diverse fibre naturali: a) resistenza a trazione (MPa) e b) modulo elastico (GPa)

Tab. 1: Proprietà meccaniche di provini di lino ricavate da prove di trazione secondo BS EN ISO 527-5:2009

Fig. 2: Verifica strutturale svolta con il software commerciale ANSYS©: a) massima pressione d’ondae b) verifica paratie con massimo momento sbandante

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Per evitare l’assorbimento di resina da parte del core si è deci-so di impermeabilizzare la balsa prima di eseguire l’infusione. Ciò è stato ottenuto grazie all’applicazione di due leggere pelli di vetro biassiale tramite incollaggio a vuoto; la successiva fo-ratura ha favorito il passaggio di resina dalle pelli interne a quel-le esterne durante la singola infusione del sandwich completo.Il processo di infusione della coperta e dello scafo rappresen-ta un’evoluzione di quello impiegato nella costruzione di Areté. In quel caso per la realizzazione del sandwich completo era stata infusa dapprima la pelle esterna, poi incollato il core e successivamente infusa la pelle interna. Con questo ultimo sviluppo (sandwich completo ottenuto con singola infusione) sono stati ridotti drasticamente i tempi e i costi di produzione nel rispetto della leggerezza della barca.Una volta stampati scafo e coperta, sono state realizzate le strutture interne di compensato marino, articolate in paramez-zale centrale e quattro ordini di paratie, e assemblate tramite incollaggio con adesivo strutturale commerciale.

CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURILe regate di settembre a Venezia hanno visto Ate concludere al secondo posto, ad un mese dal varo. Questo risultato con-ferma l’efficacia delle fibre naturali per la costruzione di im-barcazioni da regata ad alte prestazioni. Un miglioramento del piano di laminazione e un conseguente alleggerimento del-la struttura, uniti ad un’ottimizzazione del processo di lavora-zione, hanno permesso di ottenere uno scafo leggero (73 kg coperta e terrazze inclusi) e soprattutto hanno ridotto drasti-camente tempi e costi di produzione. Si ritiene tuttavia pos-sibile un ulteriore abbattimento del peso nell’ordine del 20% (per avvicinare la soglia dei 50 kg) con lo sviluppo di un nuo-vo concetto di piano di laminazione (re-design del composito) e strutture interne non convenzionali. In futuro vediamo uno scafo altamente performante e totalmente riciclabile.

- Mètis naviga verso lo scafo riciclabile! -

Fig. 3: Realizzazione del composito e imbarcazione completa(foto di Paolo Bartolotta)

ESE2_Pag_Composite_Magazine_105x297.pdf 1 21/03/16 16.05

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15Compositi

Mètis is sailing straight to a recyclable boat!

ètisVelaUnipd (www.metisve-la.dii.unipd.it) is an academic student sailing team found-ed in 2008 to compete in

the 1001VelaCup regatta (www.1001ve-lacup.eu). The project consists in design-ing, building and sailing high performance skiffs to compete against various groups from different European universities. Maximum overall length (4.6 m), sailing area (33 m2) and admissible materials are imposed by the class rules whereas oth-er design parameters are kept completely free to promote innovative solutions. The most challenging rule is about boat ma-terials: at least 70% of hull weight must have vegetal or animal origins.The first two boats of the team, Argo (2008) and Aura (2009), were build using marine plywood. For the following ones, Areté (2012) and Ate (2016), a new sand-wich composite made by flax fiber and balsa wood core was employed.

DESIGN & MANUFACTURING TECHNOLOGYAte, the last project developed by the team, represents an evolution of the pre-vious boats both from the design point of view and building technologies. The de-sign of the hull was studied in order to reduce the wetted surface and ensure a good stability of the boat in every wind and sea condition. The use of vegetal fibers and the Vacuum Assisted Resin Transfer Molding (V.A.R.T.M.) process were chosen to minimize the total weight of the boat complying with the R3 class rules (http://www.1001velacup.eu/reg-olamento). V.A.R.T.M. technology en-sures high fiber/laminated weight ratios (Wf ), maximizing the percentage of nat-ural material used for the boat.The comparison between the main prop-erties of various natural dry fibers offered by the market suggested us to use flax because of the high mechanical prop-erties and availability of different fiber weights.The planking was realized with a sand-wich made of a balsa wood core, flax fibers and epoxy resin. The mechani-cal characterization of all different tex-tures and fiber weights was developed in the laboratories of the Department of Industrial Engineering at the University of Padova.After the mechanical characterizations of fibers and composites, the internal struc-

tures and lamination plan were prelimi-nary calculated according to the Ameri-can Bureau of Shipping guidelines (Guide for building and classing offshore racing yachts) and additionally verified with fi-nite element methods. As commonly done in composite materials, Tsai-Wu failure criteria was chosen for the verifi-cation of the structure. Ate’s lamination plan included a combination of sandwich and single skin zones.The combination of different lamination zones ensures higher geometrical stiff-ness of the boat, avoids any water seep-age in the assembly of deck equipment and minimize the weight of the boat it-self. Furthermore, to minimize also the manufacturing costs, lower fiber weights were chosen for the deck, and higher fib-er weights for the hull.Two lightweight biaxial fiberglass layers were vacuum glued to the balsa core to minimize the resin absorption. Several holes were then created in this core by drilling to ensure the flux of resin from the inner skin to the outer one during the molding of the sandwich in a single step. The molding process represents a tech-nological revolution with respect to the previous boat Areté.In that case the sandwich was built in three different steps: firstly, the exter-nal layer was infused, then the core was glued and finally the internal lay-er was molded above the two previous layers. Molding of the entire sandwich in one single step instead of three dif-ferent steps, results in a huge reduction in production costs and entire process

M

Fabrizio Medeossi, Alessandro Pera, Andrea Paduano, Andrea Lazzaretto –Department of Industrial Engineering, Università degli Studi di Padova

time. Finally, all the internal structures and deck and hull were glued together using a structural bonder.

CONCLUSION AND FUTURE DEVELOPMENTSA month after launch, Ate catches the second position at the end of the regat-ta session in Venice. This great result confirms the efficacy of natural fibers in the construction of high performance sailing boats.Lamination plan improvements, com-bined with manufacturing process opti-mizations, allowed to obtain an extreme-ly lightweight hull (73 kg – deck and ter-races included) and to reduce drastical-ly production time and costs. The next challenge will consist in reducing the to-tal weight of an additional 20% by devel-oping a new concept of lamination plan (composite re-design) and non-conven-tional bulkheads. A highly performing and totally recyclable hull: that is the fu-ture we believe in.

All the mentioned figuresrefer to the Italian version

Fig. 1: Comparison between different natural fibers: a) ul-timate tensile strength (MPa) and b) Elastic Modulus (GPa)Tab. 1: Tensile properties of the flax test specimens (BS EN ISO 527-5-2009)Fig. 2: Structural verification using commercial ANSYS code: a) maximum wave pressure and b) internal struc-tures verification with maximum capsizing momentFig. 3: Plies lay down and final product during perfor-mance tests (ph. Paolo Bartolotta)

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17Compositi

BB GREENIl traghetto passeggeri costruito con sandwich in carbonio

upportato dall’Unione Europea all’interno del progetto del 7º Pro-gramma Quadro BB GREEN, un team di 7 aziende europee, guida-

te dalla norvegese Effect Ships Interna-tional AS (ESI)/SES Europe, ha sviluppa-to una soluzione rivoluzionaria per il tra-sporto veloce per via d’acqua. Il team ha recentemente varato un’imbarcazione di-mostrativa a sostentamento pneumati-co in scala naturale (Air Supported test- and demonstrator Vessel, ASV), costru-ita con compositi avanzati.Nota come l’inventrice della tecnolo-gia ASV, nel 2008 ESI ha presentato alla Commissione una nuova concezione di imbarcazione passeggeri veloce – BB GREEN – progettata per trasportare pas-seggeri in città e comunità con acces-si navigabili (vie d’acqua costiere e inter-ne). Un grande numero di comunità can-didate soffrono di gravi problemi di con-gestione del traffico e di un serio inquina-mento, specialmente nelle ore di punta. BB GREEN ha proposto una via d’uscita, spostando il traffico dai mezzi di trasporto via terra. In termini di preoccupazioni am-bientali, l’asta si è alzata ben oltre lo stan-dard industriale. L’idea proposta riuscireb-be non solo a ridurre le emissioni di fun-zionamento (CO2, NOX, SOX e particola-to) di alcuni punti percentuali, ma anche a offrire un’alternativa a emissioni zero. Il progetto utilizzerebbe energia elettrica da

sorgenti energetiche rinnovabili, accumu-late a bordo nelle nuove, migliorate batte-rie all’ossido di titanato di litio.I primi traghetti alimentati a batterie sono stati introdotti più di un secolo fa. Tutta-via la velocità e la durata erano limita-te a tragitti molto brevi e lenti (meno di 10 km/h). Per converso, il nuovo servi-zio BB GREEN offrirà vere prestazioni da XXI secolo, una velocità di punta di quasi 60 km/h, e altri utili vantaggi per gli uten-ti finali. Sarà disponibile uno spazio sul-la plancia di poppa per portare con sé la propria bicicletta e usarla per parte del proprio tragitto, per esempio tra casa e il luogo di lavoro.Nella sua essenza, la filosofia innovativa che è alla base del progetto BB GREEN è stata fondere le migliori idee, tecnolo-gie, sistemi e materiali, cercando soluzio-ni robuste, affidabili ed economiche con un’efficienza ai migliori livelli di mercato e a basso peso.Quando non esistevano soluzioni diret-tamente disponibili, sono stati modifica-ti sistemi esistenti per essere adattati e integrati nel nuovo prodotto.Con un budget di proporzioni davvero modeste, per un ammontare di 3.2 mi-lioni di euro, l’obiettivo principale della squadra BB GREEN è stato dimostrare, in scala naturale (20 x 6 m) e in condizio-ni operative reali, la fattibilità della nave a sostentamento pneumatico e alimentata

S a batteria, inclusa la dimostrazione del-le performance e funzionalità prestabili-te, con una verifica “su strada” e in uno scenario operativo tipico.Al seguito di studi sui requisiti operativi e prendendo atto delle considerevoli pos-sibilità di mercato per il tipo di imbarca-zione BB GREEN proposto in Europa e Paesi limitrofi, è stato condotto un pro-cesso di sviluppo della forma dello sca-fo, sfociato in un ampio programma di test del modello, eseguito nel rinoma-to centro SSPA Sweden di Gothenburg.Un fattore chiave per ottenere un’effi-cienza elevata, assicurandosi le perfor-mance prefissate e l’alta velocità, è sta-to uno scafo in grado di offrire una resi-stenza significativamente minore rispet-to a quella delle altre imbarcazioni velo-ci convenzionali. Per la taglia dell’imbar-cazione scelta, 20 x 6 m, e una velocità di progetto di 25 – 35 nodi, test ogget-tivi mostrano chiaramente che la tecno-logia ASV rappresenta lo stato dell’arte, con una documentata riduzione della re-sistenza dello scafo pari a circa il 40% per l’ASV mono rispetto a controparti convenzionali, in condizioni di progetto.Semplificando, un ASV mono può esse-re descritto come un hovercraft senza in-volucro in gomma. Dall’esterno, un ASV appare come una normale imbarcazio-ne monoscafo. L’impronta idrica è un po’ maggiore, con una preponderanza della

Fig. 1: Fotografia subacquea dei test sul modello BB GREEN nella vasca della SSPA Sweden, che mostra l’imbarcazione a una velocità di 35 nodi in acque calme

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poprogettista Mauro Sculli ha realizzato un design moderno e snello, con una pre-valenza di pannelli piatti. Grazie allo sti-le scelto, è stato possibile realizzare tut-ti i pannelli della sovrastruttura in modo economico tramite infusione in vuoto su un supporto piano, senza la necessità di creare stampi dedicati.Una richiesta della Commissione era l’a-pertura di una gara pubblica, in cui ai co-struttori europei è stato richiesto di pre-sentare offerte d’appalto per la costru-zione e l’allestimento della nave. Hanno partecipato diversi cantieri, ed è stato in-fine selezionato il Latitude Yacht/BJB Ltd di Riga, Lettonia.La costruzione di tipo lightweight era un altro fattore chiave per il team BB GRE-EN. Il partner del progetto Diab AS (Nor-vegia) è stato responsabile della parte di ingegneria dei compositi e della super-visione della costruzione in composito.Per lo scafo, le sovrastrutture e i princi-pali elementi interni si è scelta una tec-nologia sandwich interamente in carbo-nio. Per la costruzione dello scafo fino al livello del ponte principale è stato realiz-zato uno stampo completo, seguito da un lay-up a secco di pelli interne ed esterne in carbonio e di Devinycell come materia-le di base. È stata utilizzata un’infusione

cavità d’aria, una struttura di propulsione e appoggio su ognuno dei lati del cusci-no d’aria, e uno speciale flap di chiusura del cuscino d’aria alla poppa. Posiziona-to nella prua, un sistema di eliche per la spinta verticale inietta aria pressurizzata nella cavità, così da reggere quasi l’80% del peso dell’imbarcazione. Questo si-stema brevettato permette di intrappo-lare molto bene l’aria e riduce la super-ficie bagnata al minimo. Un altro effetto del cuscino d’aria è la forte riduzione del-la scia, di importanza fondamentale per

operare ad alta velocità in acque vicine alla costa e con denso traffico.In parallelo allo sviluppo della forma del-lo scafo, il team di progetto di BB GRE-EN ha preparato gli altri sistemi e solu-zioni di bordo, come la tecnologia delle batterie, le linee di trasmissione, il siste-ma di eliche per la spinta verticale, così come l’integrazione complessiva di tutti i sistemi tecnologici.La progettazione del ponte e degli inter-ni del dimostratore BB GREEN è stata eseguita dallo Studio Sculli, Italia. Il ca-

- BB GREEN -

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Fig. 2: Il varo del BB GREEN

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19Compositi

in vuoto con resina vinilestere.Anche tutti i pannelli delle sovrastruttu-re sono stati realizzati per infusione in vuoto, usando un supporto piatto, e suc-cessivamente assemblati sopra al pon-te principale. Dopo un modesto lavoro di carenatura, all’intero scafo sono sta-ti applicati fondo e vernice fino a una fi-nitura completa, usando prodotti Jotun Paint (Norvegia).La squadra BB GREEN ha stimato che la costruzione in carbonio scelta determi-ni un risparmio in peso di circa 3 tonnel-late rispetto a una costruzione conven-zionale tramite lay-up manuale in GRP o alluminio. Una riduzione di 3 tonnellate può esse-re figurata come la possibilità di traspor-tare altri 35-40 passeggeri (carico ag-giuntivo), lavorando con 3 tonnellate in meno di peso totale operativo (con una resistenza e un consumo energetico for-temente minori), o permettendo all’im-barcazione tragitti maggiori. Per un’im-barcazione veloce ad alimentazione a batterie l’ultima possibilità è della mas-sima importanza.I traghetti BB GREEN avranno tipicamen-te batterie con una capacità di 400 kWh, sufficiente ad assicurare il raggiungimen-to di alte velocità (25 – 30 nodi) tra gli in-tervalli di ricarica delle batterie, di appros-simativamente 14 NM (25 km).Questa batteria unica nel suo genere è stata sviluppata dalla Leclanche (Svizze-ra), ed è progettata per una ricarica rapi-da (80% della capacità in meno di 20 mi-nuti) e un lungo ciclo di vita (15000 ricari-che o più). Nel dimostratore BB GREEN è stata installata una batteria di dimen-sioni dimezzate.La nave ha due linee di trasmissione a propulsione elettrica da 280 kW e un si-stema di eliche per la spinta verticale, che richiedono 40 – 70 kW di potenza che dipendono dalle condizioni operati-ve. Echandia Sweden è stata responsa-bile dell’integrazione di questo sistema e fornirà anche i sistemi di ricarica velo-ce delle batterie.Il team BB GREEN ha riscontrato un con-siderevole interesse per l’iniziativa non solo in Europa, ma anche in Estremo Oriente e USA.“Ora stiamo cercando un supporto fi-nanziario per dimostrare e disseminare la nuova tecnologia in Europa, permet-tendo a proprietari/gestori, politici e altre parti interessate di provare e ’assapora-re’ l’ idea”, ha affermato il project mana-ger Tor Livgard della ESI.In seguito ai test iniziali nel cantiere let-tone dove è stato costruito il prototipo, le prime dimostrazioni organizzate avverran-no in Svezia (Stoccolma e Gothenburg), Norvegia e Paesi Bassi, ma il team BB GREEN spera che il “road show dimo-strativo” possa essere esteso a include-re molti altri Paesi europei.

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Fig. 3: Lay-up a secco di carbonio e Devinycell nello stampo del BB GREEN

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The commuter ferry constructed from carbon sandwich

upported by European Union (EU), under 7th Framework project BB GREEN, a team of 7 European companies, headed by Effect Ships International AS (ESI)/SES Eu-rope AS from Norway, has developed a ground-break-

ing new waterborne fast ferry solution. A full scale Air Support-ed test- and demonstrator Vessel (ASV), constructed from ad-vanced composites, have recently been launched. Known as the inventor behind the ASV technology, ESI presented in 2008 to the Commission a new fast passenger vessel concept – BB GREEN –, designed to transport passenger in cities and com-munities with waterway access (coastal and inland waterways). A large number of candidate communities are suffering signifi-cantly traffic congestion problems and severe pollution, particu-larly during peak hours. BB GREEN proposed a way out; shift-ing traffic away from land based modes of transport. In terms of environmental concern the bar was raised far beyond the in-dustry norm. The new concept would be able to not only cut-ting operational emissions (CO2, NOX, SOX and Particulates) by a few percent, but deliver a zero emission alternative. The pro-ject would use electric energy from renewable energy sources, stored on-board in new improved Lithium Titianate Oxide bat-teries. The first battery powered ferries were introduced more than a century ago. However speed and endurance were limit-ed to very short crossings at slow speed (less than 10 km/h). The new BB GREEN service on the other hand will deliver true 21st Century performance, a top speed of almost 60 km/h, and other favourable benefits for the end users. There will be allo-cated space on the aft deck to bring along your own bicycle and use it for part of your total travel from i.e. home to work. The main innovation philosophy behind the BB GREEN project has been to merge best concepts, technologies, systems and ma-terials; seeking robust, reliable and cost efficient solutions with market leading efficiency and low weight. If not directly availa-ble over the counter existing systems have been modified for adaption and integration in the new product. On a very modest budget of Euro 3,2 mill, the BB GREEN team’s main objective has been to prove, in full scale (20 x 6 m size) and under actual operational conditions, feasibility of the new Air Supported, bat-tery powered vessel; including demonstrating targeted perfor-mance and functions, tested “on route” and in a typical opera-tional scenario. Following investigations on operational require-ments; and concluding on considerable market possibilities for the proposed BB GREEN type of vessels across Europe and be-yond, an extensive hull form development process was carried out, cumulating in a broad model testing program carried out at the renowned test centre SSPA Sweden in Gothenburg. A key factor for obtaining market leading efficiency, securing target-ed performance and high speed has been a hull offering signifi-cantly lower resistance than other conventional fast vessels. For the targeted vessel size of 20 x 6 m and with a design speed of 25 – 35 knots, impartial tests clearly show ASV technology to represent State of the Art, with a documented hull resistance reduction of approx. 40% for the ASV mono over convention-al counterparts, at design conditions. Simplified, an ASV mono may be described as a hovercraft without rubber enclosures. From the outside an ASV looks like a normal mono-hulled ves-sel. The water footprint is somewhat larger, with a dominat-ing air cavity, a propulsion/planing body on either side of the air cushion, and a special air cushion enclosure flap closing the

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Technology for composites textile industry

air cushion chamber to the stern. In the bow of the vessel a lift fans system is located, feeding pressurised air into the air cav-ity, enough to support almost 80% of the vessels weight. The patented concept entraps the air very well and reduces wet-ted surface areas to a minimum. Another effect of the air cush-ion system is the largely reduced wash wake; of major impor-tance for high speed operation in waters close to the shoreline and with dense traffic. In parallel to the hull form development, the BB GREEN project team prepared the other on-board sys-tems and solutions, like the battery technology, the drivelines, the lift fan system as well as the overall technical systems in-tegration. The topside- and interior arrangement design of the BB GREEN demonstrator have been prepared by Studio Sculli from Italy. Chief designer Mauro Sculli has produced a contem-porary and stealthy looking topside design; dominated by flat panels. With the selected stile all superstructure panels could be produced cost efficiently on a flat vacuum table, without the need to first produce dedicated moulds. A requirement from the Commission was to launch a public tender, where builders from Europe was asked to present tender offers for construc-tion and outfitting of the vessel. Several yards competed and Latitude Yacht /BJB Ltd from Riga, Latvia was finally select-ed. Light weight construction was another key factor for the BB GREEN team. Project partner Diab AS (Norway) has been responsible for the composite engineering and supervision of the composite construction. For the hull, superstructure and main inside elements, a full carbon sandwich engineering was selected. For the construction of the hull, to main deck level, a full mould was produced; followed by dry lay-up of the outer and inner carbon skins and the Devinycell core material. Vacu-um infusion with Vinylester resin was used. All the superstruc-ture panels were also infused, on a vacuum table, and later as-sembled on top of the main deck. Following minor fairing work, the whole vessel was primed and painted to a high finish, us-ing Jotun Paint (Norway) products. The BB GREEN team es-timated the selected carbon construction to result in a weight saving of approx. 3 tons compared with a conventional GRP hand lay up or aluminium construction. A 3 tons weigh saving can be described as carrying 35-40 passengers extra (added payload), operating at 3 tons less total operational weight (with considerably less resistance and energy consumption) or for giving the vessel added range. For a battery powered fast ves-sel the latter is of utmost important. BB GREEN vessels will typically have a 400 kWh battery capacity, enough to secure a high speed (25 – 30 knots) range between recharging of the batteries of approx. 14 NM (25 km). The unique battery has been developed by Leclanche (Switzerland), designed for fast recharge (80% of capacity in less than 20 minutes) and a long cycle life (15.000 cycles or more). In the BB GREEN test vessel a half size battery is fitted. The vessel has two 280 kW electrical propulsion drivelines, and a lift fan system, demanding 40 – 70 kW of power depending on the operational conditions. Echan-dia Sweden has been responsible for the system integration. They will also deliver Supercharger systems for fast recharging of the battery pack. The BB GREEN team reports considerable interest for the BB GREEN initiative not only from Europe, but also from the Far East and USA. “We are now seeking finan-cial support to demonstrate and disseminate the new technol-ogy across Europe, allowing owners/operators, politicians and other stakeholders to test and ’feel’ the concept”, expresses project manager Tor Livgard from ESI. Following initial tests at the construction yard in Latvia, the first planned demonstra-tions will take place in Sweden (Stockholm and Gothenburg), Norway and the Netherlands, but the BB GREEN team hopes the planned “demonstration road show” could be extended also to include several other European countries.

All the mentioned figuresrefer to the Italian version

Fig. 1: Under water picture from BB GREEN model tests in the towing tank at SSPA Sweden, showing the vessel at 35 knots speed in calm watersFig. 2: The BB GREEN vessel launchFig. 3: Dry carbon, Devinycell lay-up in the BB GREEN mould

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22 Compositi

SIKA

verificare che la miscela abbia sempre la giusta catalisi in tutta la massa lavorata), come ad esempio l’incollaggio di un ragno strutturale o l’accoppiamento scafo – coperta.SikaFast®-4261 nell’applicazione tipica della nautica svolge il duplice compito di adesivo strutturale e di giunto in grado di sopperire alle tolleranze non sempre millimetriche tipiche dei grandi manufatti.Incollare in nautica ha molteplici vantaggi, sia che sia compo-sito che metalli, sia che le parti da collegare siano dello stes-so materiale oppure no.

Nelle applicazioni nautiche, attualmente si possono differen-ziare gli adesivi strutturali, ossia quelli che generano continui-tà e trasferiscono le sollecitazioni tra le parti collegate, in due macro sistemi: rigidi ed elastici.Un adesivo rigido di solito ha elevate caratteristiche meccani-che, basso allungamento a rottura – <3% – e consente giunti di limitatissimo spessore, quasi a contatto. Quindi trasferisce il carico rendendo solidali le due parti collegate.Un adesivo elastico consente la realizzazione di giunti ad ele-vato spessore, >10 mm, ha un allungamento a rottura elevato (~100%) e garantisce il trasferimento del carico, pur ammet-tendo spostamenti differenziali tra le parti collegate.SikaFast®-4261, proposto da Sika, è un Acrilato Uretanico cata-

lizzato con MEKP; è utilizzabile fino a 40 mm di spessore e ha un modulo elastico di 650 MPa, che permette di ottenere un giunto più resistente del sub-strato in resina del composito sottostante. Inoltre la flessibi-lità e l’allungamento del giunto consentono di sopportare sol-lecitazioni a fatica di elevata in-tensità (19 MPa).Dal punto di vista applicativo, il viracolor ed il lungo pot-life di 65 min effettivi permettono la-vorazioni che richiedono tem-po ed elevate quantità (il vira-color permette all’operatore di

L’adesivo strutturale ad alte prestazioniSika è un’azienda fondata nel 1910 con sede a Baar, Svizzera, attiva in tutto il mondo nella chimica integrata applicata all’e-dilizia e all’industria, specializzata nello sviluppo e nella produ-zione di sistemi e prodotti per incollaggio, sigillatura, smorza-mento acustico, impermeabilizzazione, rinforzo e protezione. È presente in 95 Paesi con filiali e stabilimenti di produzione. La sede italiana ha base a Milano ed è attiva nei principali settori industriali, specializzata nella produzione nautica e navale. La ricerca negli ultimi anni si è concentrata sullo sviluppo di chi-miche destinate alla costruzione in materiale composito. Il la-voro ha portato alla formulazione di matrici epossidiche per im-pregnazione tessuti e adesivi strutturali, dedicati al composi-to avanzato. Pensato per il composito, ma in generale per tut-te le applicazioni strutturali del mondo nautico, Sika presenta il SikaFast®-4261.

…dato che è possibile… e quindi…

…distribuire su tutta superficie di contatto gli sforzi

…eliminazione dei problemi di ovalizzazione dei fori e punti di innesco cricche

…avere flessibilità nelle modifi-che in fase di allestimento

…non c’è bisogno di predispor-re infrastrutture che consenta-no fissaggi meccanici

…incollare materiali diversi …eliminare i problemi relativi agli accoppiamenti galvanici o alla incompatibilità dei due sub-strati, metalli differenti, compo-sito a matrice differente

…modificare il comportamen-to globale in frequenza del ma-nufatto

…possibilità di smorzamento vibrazioni. Disaccoppiamento delle masse (adesivo flessibile)Collegamento rigido (adesi-vo rigido)

…unire metalli, anche differen-ti, in modo semplice

…possibilità di eliminare le sal-dature in fase avanzata di alle-stimento, no stress termico e no deformazione lamiere, quin-di riduzione dei problemi estetici

…ottenere giunti ad elevato spessore

…compensare le tolleranze dei componenti da assemblare

…eliminare la fase di prealle-stimento del composito, e ri-sparmiare il tempo e le risorse per la preparazione della strut-tura al passaggio degli impian-ti ed al supporto dei dispositivi

…ridurre i costi di processo

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23Compositi

DIAB

WS MARINE

Un traghetto passeggeri per viaggi sostenibili

Adesivi, vernici, sigillanti e stucchi

Diab ha lavorato con Brødrene Aa fin dal 1974 ed è stato un par-tner nello sviluppo della tecnologia sandwich composito. Brød-rene Aa ha prodotto diverse navi veloci usando pannelli rinfor-zati in vetroresina in Divinycell. Brødrene Aa apprezza il peso ridotto e la maggiore resistenza del materiale composito. Ri-spetto al sandwich di vetroresina e alluminio, quello in fibra di carbonio fornisce rigidità quattro volte superiore a quella tradi-zionale in fibra di vetro, così come da due a tre volte in più di resistenza alla trazione.Vision of the Fjords è stata costruita utilizzando Divinycell H. Il materiale offre eccellenti proprietà meccaniche e basso peso, è compatibile con la maggior parte delle resine liquide, è facil-mente reperibile ed è ampiamente usato in tutte le aree di ap-plicazione sandwich: nautica, trasporti, energia eolica e inge-gneria civile. La bassa conducibilità termica lo rende partico-larmente adatto come isolante termico.Vision of the Fjords è anche ufficialmente un vincitore. Brødrene Aa ha ricevuto il prestigioso premio “Nave dell’anno 2016”pro-mosso da International Maritime Trade Fare SMM ad Ambur-go nel corso dello scorso settembre.

La nave lunga 40 m e larga 15 m percorre il tratto di mare tra Flåm e Gudvangen, in Norvegia, con una capacità di 400 pas-seggeri. Il traghetto alimentato a batterie attraversa lo splendido Nærøyfjord in un nuovo, e più sostenibile, approccio turistico.

Costruito nel 2016 dai cantieri Brødrene Aa i Hyen per la com-pagnia di navigazione norvegese The Fjords, il catamarano ibri-do-elettrico Vision of the Fjords è in grado di portare i turisti lungo la splendida costa della Norvegia in un modo silenzioso e sostenibile. Il design unico, con il marchio Seasight, mette in risalto una nave da turismo premium che utilizza le più re-centi tecnologie pulite per preservare l’antico e prezioso teso-ro naturale dei fiordi norvegesi. Le sue passerelle, che ricorda-no il percorso a zig-zag su una montagna, consentono ai pas-seggeri di camminare ed avere sempre un’ottima prospettiva per ammirare il paesaggio.Con una velocità massima di 19,5 nodi, Vision of the Fjords ha un motore diesel, ma l’idea è quella di utilizzare il più possibi-le un sistema ibrido di propulsione elettrica sviluppato da ABB e alimentato da Mancraft diesel o da batterie ZEM. L’idea è quella di utilizzare solo i motori diesel per le distanze più lun-ghe di transito ed alimentare a batterie durante le escursioni nel Nærøyfjord, un ambiente naturale delicatissimo e patrimo-nio mondiale dell’UNESCO. Le batterie possono essere rica-ricate sia in stazionamento in banchina che dal motore diesel.Per ridurre il consumo energetico e le capacità delle batterie necessarie, la nave deve essere la più leggera possibile, mo-tivo per cui Vision of the Fjords è stata costruita con materiali compositi in fibra di carbonio. Il design elegante non è solo pia-cevole per gli occhi, la leggerezza riduce l’impatto ambientale. Inoltre, il materiale offre una grande libertà di costruzione, con-sentendo un design che riduce efficacemente la generazione di onde e quindi l’erosione delle coste vulnerabili del Nærøyfjord.

Epifanes, storico colorificio olandese apprezzato in tutto il mon-do per la qualità delle vernici mono e bicomponenti, ha nella propria gamma anche ottimi smalti mono e bicomponenti. Le sue vernici sono spesso abbinate a lavorazioni realizzate con i prodotti West System.Teakdecking Systems, negli USA, è un’azienda esperta nella re-alizzazione delle coperte in Teak e nella produzione degli adesivi e dei sigillanti usati a tale scopo. I suoi prodotti sono costante-mente controllati e perfezionati, si applicano senza primer, mi-gliorando notevolmente il risultato di adesione, sia nell’immedia-to che nel tempo. Teakdecking Systems offre la stessa ottima qualità del suo sigillante nero anche nei colori bianco e grigio.Rodoero Marine Coating ha prodotto dal 1952 ad oggi, per con-to di importanti aziende chimiche nazionali e multinazionali, ol-tre sette milioni di litri di stucchi epossidici, pari ad oltre 1,5 milioni di mq di superfici modellate, e molti altri prodotti verni-cianti. RMC offre i propri stucchi in apposite guaine di polimeri plastici poliestrusi, imballate in pratici e robusti cartoni. Queste “salsicce” si possono utilizzare tradizionalmente, svuotandole a mano, oppure con una “Mixing Machine” appositamente pro-gettata. In questo modo i vantaggi economici per gli applicato-ri e i cantieri sono considerevoli. Il “sistema RMC” ha ottenu-to il Qualitec Award 2015 al Seatec tenutosi a Marina di Carra-ra e la menzione ADI di IBI al Salone Nautico di Genova 2015.

La WS Marine è il distributore esclusivo per l’Italia dei marchi West System, Pro-Set, Epifanes, Teakdecking Systems, RMC.La resina base West System 105, miscelata nel corretto rap-porto di catalisi con un indurente a scelta (a seconda della tem-peratura di lavoro e dal tipo di lavoro), è un adesivo eccellen-te. È progettata specificamente per l’impregnazione e l’incol-laggio di legno, vetroresina e di altri materiali compositi, non-ché per la primerizzazione e incollaggio di diversi metalli. A se-conda dell’applicazione e dell’utilizzo, esistono diversi additivi/addensanti, ad alta e bassa densità, da miscelare con la resina che la rendono molto duttile per diversi e molteplici impieghi.

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24 Compositi

Forature coniche di compositiperfettamente eseguite con PCD

Nell’esecuzione di tutti i fori la profondità costituisce un problema da affrontare e risolvere.

Particolarmente nelle forature coniche, dove la dimensione non consente l’utilizzo di bareni.

Utilizzando un alesatore a doppio tagliente conico, con doppio riporto in PCD, è possibile ovviare a questi inconvenienti.

La lunghezza totale del tagliente non genera problemi, pur essendo composta da diverse sezioni saldate in modo da risolvere anche la questione della fragilità del tagliente.

Perché?

La particolare affilatura eseguita con macchine Laser di ultima generazione è in grado di effettuare la compensazione della conicità nonostante le microscopiche imperfezioni di saldatura, generando un filo tagliente rettilineo in grado di produrre efficacemente ed efficientemente fori conici perfettamente eseguiti secondo le specifiche richieste dal Cliente.

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Foto dalla sala metrologica C.R.M. con evidenza della

rettilinearità microscopica del tagliente

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27Compositi

Fibre sintetiche nelle cime d’ancoraggio per piattaforme petrolifereUna valutazione delle proprietà meccaniche

trocorrente, esista un effetto del vento e del sistema di posizionamento dinamico della piattaforma. Tale sistema ciclico di sforzi rende la conoscenza del compor-tamento meccanico di queste fibre sin-tetiche un tema importante.Nell’intento di prevedere e confrontare il comportamento dei quattro materiali pri-ma menzionati quando soggetti a sforzi meccanici quali trazione, creep e fatica, filati realizzati con queste fibre utilizzati in applicazioni di compositi sono stati sot-toposti a test sperimentali per la valuta-zione delle loro proprietà.Un effetto collaterale delle proprietà dei materiali è una grande resistenza sotto sforzo meccanico. Perciò, per poter ese-guire i test sperimentali e ottenere risul-tati significativi, le prove sono state con-dotte nelle condizioni di carico massimo, in modo da garantire un’analisi in tempi ragionevoli.

PROVA DI TRAZIONESulla base della normativa ASTM D885 [1], il test è consistito in un pretensio-namento per ridurre gli effetti di logora-mento da impatto e in una rampa di ca-rico statico a velocità controllata fino alla rottura di ognuno dei campioni. In tutti i test eseguiti in questo lavoro si sono usa-ti campioni lunghi 500 mm con una ram-pa di carico funzione di questa lunghez-za: 50% per l’aramide (velocità 250 mm/min) e 100% per le altre fibre (500 mm/min). Lo scopo di questo test è stato de-terminare la massima forza media che un filato può sopportare prima di rompersi, rappresentata dallo Yarn Breaking Load (YBL, carico di rottura del filato).

l settore petrolifero ha trovato in al-cune delle fibre sintetiche di mag-gior uso la risposta a una sfida fonda-mentale: rendere significativamente

più leggere le chilometriche linee d’anco-raggio di piattaforme petrolifere offshore.Lo sforzo ingegneristico per l’ancorag-gio di una piattaforma di estrazione pe-trolifera posta su di un bacino di petro-lio a grande profondità sottomarina, uni-to alle barriere in termini di peso e costo imposte dalle linee d’ancoraggio realiz-zate con catene di anelli in ghisa, ha fat-to nascere l’idea di utilizzare come solu-zione cime prodotte con fibre sintetiche.Nel corso degli anni questo approccio, adottato per la prima volta nei bacini pe-troliferi brasiliani all’inizio degli anni 2000, ha implementato la tecnologia dei com-positi per poter sfruttare le caratteristi-che di alcuni materiali sintetici come fi-bra per le cime di ancoraggio. Il polieste-re (PET) ha sempre avuto un ruolo di ri-

lievo a questo scopo, grazie al suo basso costo e alle sue buone proprietà mecca-niche, sebbene materiali più sofisticati, come il polietilene (PE), l’aramide (AR) e i polimeri a cristalli liquidi (LCP), siano intervenuti a fornire altre proprietà in ter-mini di resistenza allo scorrimento visco-so, di assorbimento dell’acqua e di peso, aumentando così la competitività di que-sto settore di mercato.In aggiunta al rinnovo dei materiali, è cambiato anche il sistema di ancoraggio: per sostituire la configurazione a catena-ria è stato introdotto il sistema taut-leg. Questa nuova configurazione permette di diminuire la lunghezza delle linee d’an-coraggio, così da ridurne il peso. Sostan-zialmente si tratta di una configurazio-ne in cui le cime sono costantemente in tensione e ancorate a un angolo di 45° ri-spetto al fondale. Si può dunque inferire che poiché le fibre sono sempre in ten-sione, sia a favore di corrente che con-

I

Felipe Vannucchi de Camargo, Carlos E. M. Guilherme – Policab Stress Analysis Laboratory, Universidade Federal do Rio Grande, BrazilCristiano Fragassa – Dipartimento di Ingegneria Industriale, Università di Bologna

Fig. 1: Piattaforma petrolifera semi-sommergibile della Petrobras

Fig. 2: Configurazioni di ancoraggio a catenaria (A) e Taut-leg (B)

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28 Compositi

PROVA DI SCORRIMENTO VISCOSOSulla scorta dei parametri critici di cari-co, i test sono stati condotti all’80% e 90% del carico di rottura (CR) medio del filato per ognuno dei materiali, precedu-ti da un pretensionamento e quindi con una rampa di carico statico esattamen-te come per la prova a trazione.

TENACITÀ LINEAREAttraverso prove di densità lineare con-dotte secondo la normative tecnica ISO 139 [2] e ISO 2060 [3] è possibile deter-minare la Tenacità Lineare (TL) come il rapporto tra carico medio di rottura del filato e densità lineare (DL) media di ogni materiale. I valori di densità lineare sono espressi in unità di tex (g/km).La tenacità lineare risulta non essere una misura di forza per unità di area, ma piut-tosto una misura quasi-adimensionata analoga alla forza specifica, poiché non sarebbe preciso definire un’area della se-zione trasversale per ogni filato dal mo-mento che i diametri non sono costanti sulla lunghezza, e dipendono dal proces-so di produzione per estrusione.

I risultati di tutte le prove descritte fino-ra sono mostrati in tabella 1.

FATICASono stati eseguiti test ciclici consideran-do un carico di picco fisso pari al 90% del YBL e un carico minimo nel range tra il 10% e l’80% del YBL, variato ogni volta con un aumento del 10% del cari-co. Come mostrato dalla figura 3 e dal-la tabella 2, è stato possibile determina-re sperimentalmente che ogni fibra pre-senta un andamento specifico di rottura che dipende dall’ampiezza della gamma di carico (considerando il carico di picco costante a 90% del YBL).I materiali hanno mostrato una forte dif-ferenza nei valori di resistenza al creep, misurata in ore, nella quale aramide e po-liestere hanno resistito molto di più all’ap-plicazione del carico rispetto al polimero a cristalli liquidi e al polietilene.L’aramide ha mostrato chiaramente gran-di valori di resistenza per tutte le pro-prietà misurate, aspetto di cui è bene te-nere conto considerando che è il mate-riale più pesante.Il polietilene ha lo stesso peso del LCP,

- Fibre sintetiche nelle cime d’ancoraggio per piattaforme petrolifere -

Tab. 1: Risultati di tutti i test meccanici esclusi quelli a fatica Tab. 2: Resistenza a fatica espressa in numero di cicli necessari per la rottura

Fig. 3: Diagramma a fatica.

sebbene la resistenza a trazione del PE sia considerevolmente più alta, che si traduce in una tenacità superiore. D’al-tro canto, esso ha la peggior resistenza allo scorrimento viscoso tra tutti i mate-riali testati.Ciò è esemplificato del comportamento che la fibra presenta sotto carichi ciclici di bassa ampiezza (che sono simili alle condizioni di creep ): dopo un’ampiezza ottimale di circa il 20% del YBL, quando l’ampiezza decresce la resistenza a fatica peggiore con un tasso rilevante.Il poliestere, che è la fibra più utilizzata per cime di ancoraggio oceaniche, ha un peso medio e la peggior resistenza a tra-zione a confronto degli altri materiali, che comporta la peggior tenacità. Tuttavia, la sua resistenza al creep è molto alta.La completa comprensione delle pro-prietà meccaniche di una cima è un com-pito che implica molte variabili: il materia-le di cui è fatta la fune, il suo processo di produzione, il suo layout costruttivo (fibre, filati, trefoli e corde di cui è composta), a quale livello questi sottocomponenti sono ritorti o intrecciati tra loro, eccetera. Allo stesso tempo, non è stato sviluppato mol-to lavoro sperimentale, specialmente ri-guardo alla fatica, perché fattori come il sovradimensionamento in fase proget-tuale e il basso costo della materia prima hanno finora supplito a questa esigenza del settore. Perciò, la presente analisi mira ad aprire la strada a futuri sviluppi su ricer-che sperimentali concernenti l’applicazio-ne di fibre sintetiche usate nei compositi per cime di ancoraggio offshore.

BIBLIOGRAFIA/REFERENCES[1] ASTM D885, Standard Test Methods for Tire Cords, Tire Cord Fabrics, and Industrial Fi-lament Yarns Made from Manufactured Orga-nic-Base Fibers, West Conshohocken, 1998, www.astm.org.[2] ISO 139, Textiles: Standard atmospheres for conditioning and Testing, Geneva, 2005, www.iso.org.[3] ISO 2060:1994. Textiles – Yarn from packa-ges – Determination of linear density (mass per unit length) by the skein method.

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29Compositi

Synthetic fiber mooring ropesfor oil platformsAn evaluation of mechanical properties

he oil industry found on some of the most used synthetic fibers for composites the answer to a rele-vant challenge: making kilometric

mooring lines for offshore oil platforms substantially lighter. The engineering en-deavor to anchor an oil extraction platform upon high depth undersea oil basins, cou-pled with the barriers in terms of weight and cost imposed by mooring lines made out of cast iron chain links; arose the con-cept of using ropes build with synthetic fibers as a solution. Over the years, this approach, pioneered in Brazilian oil basins in early 00’s, embraced the technology of composites to use some of its charac-teristic synthetic materials such as fibers for the anchoring ropes. Polyester (PET) always had a prominent role for this pur-pose due to its low cost and good me-chanical properties, although more so-phisticated materials such as Polyethyl-ene (PE), Aramid (AR) and Liquid Crys-tal Polymer (LCP) came to offer other as-pects in terms of creep resistance, wa-ter absorption and weight, increasing the market competitiveness. Along with the material substitution, the anchoring sys-tem has also changed: to replace the ca-tenary layout, the taut-leg system was in-troduced. This new configuration allows reducing the length of the mooring lines, therefore decreasing their weight. It is ba-sically a configuration in which the ropes are constantly under stress and anchored at a 45 degree angle with the seabed. So, it is possible to infer that since the fibers are constantly tensioned, whether in favor whether against the stream, the wind and the vessel’s dynamic positioning system influences; this cyclic force routine makes the proper knowledge of the mechanical behavior of those synthetic fibers an im-portant topic. Aiming to foresee and com-pare the behavior of the four aforemen-tioned materials when subjected to me-chanical efforts such as tension, creep and fatigue; yarns composed by this fib-ers used in composite applications were submitted to experimental tests for evalu-ating their properties. A side effect of the materials qualities is the high endurance when mechanically demanded. Thus, to enable the performance of experimental tests and achievement of substantial re-sults, the tests were conducted under ut-most loading conditions in a way to grant a timely feasible analysis.

TENSILE TESTBacked up by the standard regulation ASTM D885 [1], the test consisted of a pre tension to soften impact wear effects and a static loading ramp with controlled velocity which rose until the failure of each specimen. These specimens were 500 mm long in all the tests performed in this work, and the loading ramp is a function of this length: 50% for Aramid (velocity of 250 mm/min) and 100% for the other fib-ers (500 mm/min). The intent of this test is to determine the average maximum force a yarn can withstand before rupture, repre-sented by the Yarn Breaking Load (YBL).

CREEP TESTFollowing the premise of severe loading parameters, tests to evaluate the Creep Resistance (CR) were carried out at 80% and 90% of the average Yarn Breaking Loads of each material, preceded by a pre tension and a static loading ramp just like for the tensile test.

LINEAR TENACITYThrough linear density tests, performed according the ISO 2060 [3] and ISO 139 technical standards [2], it is possible to de-termine the Linear Tenacity (LT) with the ratio of the average Yarn Breaking Load by the average Linear Density (LD) of each material. The linear density results are ex-pressed in units of tex (grams per kilome-ter). The linear tenacity turns out to be not a measure of force per unit area, but rath-er a quasi-dimensionless measure analo-gous to specific strength, once it would not be precise to define a cross-sectional area for each yarn because the fibers di-ameters are not constant over their length, and dependent of the extrusion manufac-turing process. The results of all tests so forth described are exhibited in table 1.

FATIGUECyclic tests were conducted consider-ing a fixed peak load of 90% YBL and a trough load that ranged from 10% to 80% YBL varying by a 10% load increase. As figure 3 and table 2 show, it was pos-sible to experimentally determine that each fiber presents a particular failure trend depending on the loading ampli-tude (considering the peak load as a con-stant of 90%YBL). The materials showed a marked contrast among their creep re-sistances, measured in hours, in which

T

Felipe Vannucchi de Camargo, Carlos E. M. Guilherme – Policab Stress Analysis Laboratory, Universidade Federal do Rio Grande, BrazilCristiano Fragassa – Department of Industrial Engineering, University of Bologna

Aramid and Polyester have resisted way longer to the load application then Liquid Crystal Polymer and Polyethylene. Clear-ly, Aramid showed a prominent resistance to all properties evaluated, which should be taken in account considering that it is the heaviest material. Polyethylene has the same weight as LCP, although PE’s tensile resistance is considerably higher, resulting on an increased tenacity. On the other hand, it has the worst creep resist-ance of all materials. This can be exempli-fied by the behavior this fiber presents un-der low-amplitude cyclic loads (which are similar to a creep condition): after an opti-mum amplitude of about 20% YBL, as the amplitude decreases the resistance to fa-tigue gets worse under a remarkable rate. Polyester, which is the most used fiber for oceanic mooring ropes, has a medi-um weight and the worst tensile resist-ance when compared to other materials, resulting in the worst tenacity. Howev-er, its creep endurance very is high. Un-derstanding entirely a rope’s mechanical properties is a task that involves many var-iables: which material the rope is made of, the manufacturing process, the rope construction layout (fibers, yarns, strands, sub ropes), in which level these subas-semblies are twisted or braided among each other, and so on. At the same time, not much experimental work have been developed, especially regarding fatigue, because factors such as oversized de-signs and low cost of raw material have supplied the industry concerns so far. Thus, the present analysis aims to open a path to forthcoming developments on ex-perimental researches regarding the appli-cation of synthetic fibers used in compos-ites on offshore anchoring ropes.

AcknowledgmentsThis investigation was supported and funded by the Brazilian oil state company Petrobras.

All the mentioned figuresrefer to the Italian version

Fig. 1: Semi-submersible oil platform from PetrobrasFig. 2: Catenary (A) and Taut-leg (B) mooring configurationsTab. 1: Results of all mechanical tests except fatigueFig. 3: Fatigue diagramTab. 2: Fatigue resistance expressed in number of cycles to failure

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30 Compositi

Caratterizzazione della porosità tramite micro-tomografia di laminati in fibra di vetro

do 6, la cui severità è dovuta alla concen-trazione di molteplici vuoti fini.L’andamento del contenuto in vuoti en-tro lo standard radiografico è schema-tizzabile con:• una legge in prima approssimazione li-

neare fino al grado 4 con un coefficien-te di determinazione (R2) di circa 0.93

• una tendenza asintotica ad un valore di circa 5.5% dal grado 5 fino al gra-do 8 (vuoti concentrati, grossolani e affioranti).

L’analisi micro-tomografica è la sola pos-sibile per la caratterizzazione del conte-nuto in vuoti dello standard radiografi-co. La valutazione comparativa tra mi-cro-tomografia e tecniche distruttive vie-ne svolta nella successiva fase.

Quantificazione dei vuoti nelle parti produttiveÈ stata sezionata una serie di parti pro-duttive sulle quali era dichiarata una cer-ta severità di vuoti. Si riporta in tabella 2 l’elenco delle parti e la valutazione ra-diografica espressa con il grado di seve-rità relativo allo standard.

ltre alle ben note applicazioni strutturali e critiche di compo-siti rinforzati con fibre di car-bonio, vi sono alcuni compo-

nenti che sono progettati con composi-ti rinforzati in fibra di vetro, sfruttando-ne la loro migliore tenacità [1]. I ”vuo-ti” intesi come “porosità” costituiscono la più tipica discontinuità produttiva che può essere generata da molteplici cause [2]. Essi riducono la resistenza meccani-ca del materiale [3] in funzione della loro dimensione, posizione e forma.Riferendosi al caso di una stratificazione “split tape”, il metodo radiografico viene impiegato per la valutazione della poro-sità. Non essendo disponibile uno stan-dard internazionale di immagini radiogra-fiche, se ne è creato uno con gradi cre-scenti di severità.Scopo di questo studio è quantificare vo-lumetricamente il contenuto in vuoti del-lo standard radiografico tramite micro-to-mografia a raggi x. L’analisi distruttiva è svolta su parti produttive. Successiva-mente si sono confrontate le valutazio-ni radiografiche produttive su una sele-zione di parti per verificare l’applicabilità dello standard radiografico.

RISULTATI E DISCUSSIONE

Quantificazione dei vuoti nello standard radiograficoI campioni usati per la creazione dello standard radiografico di parti in fibra di vetro sono stati investigati mediante mi-cro tomografia con una risoluzione spa-ziale (voxel ) di 34µm.Il contenuto in vuoti è calcolato con il mo-dulo “Defect Detection” del software VG StudioMax 2.2.Per la quantificazione del contenuto in vuoti sono disponibili diversi algoritmi; si è utilizzato quello più complesso (VG-DefX ) che ha permesso di raggiungere ri-sultati più affidabili riducendo il rumore, computando i vuoti affioranti in superfi-cie (Internal Cleaning e Surface Sealing ) e iterando l’analisi con un criterio di pro-babilità che considera il contrasto, la di-mensione del vuoto e la sua sfericità. Si riportano in tabella 1 le percentuali del vo-lume di vuoti dello standard radiografico.

Per meglio comprendere i dati volume-trici, si riportano alcune rappresentative sezioni (figura 2 e 3).I gradi da 1 a 4 sono caratterizzati da un incremento di vuoti che si intensificano e si distribuiscono nel volume, mentre dal grado 5 al grado 8 vi è una tendenza alla formazione di vuoti sempre più grosso-lani con un maggior effetto intaglio. L’a-nomalia che si apprezza è relativa al gra-

O

F. Montagnoli, M. Cardone – Leonardo Elicotteri, Inspections and Analysis

Tab. 1: Contenuto in vuoti dello standard radiografico

Grade Voids (%)

1 1,71

2 2,90

3 3,44

4 5,18

5 4,80

6 3,60

7 4,88

8 5,36

Fig. 1: Contenuto in vuoti dello standard radiografico

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31Compositi

Tutte le zone sono state tomografate con il medesimo set-up prima definito e sono state caratterizzate per contenu-to in vuoti.I risultati micro-tomografici sono stati confrontati con quelli ricavati dai seguen-ti metodi distruttivi:• analisi d’immagine sulle sezioni lucida-

te di estremità tramite software Ima-ge Pro Plus utilizzando il microscopio elettronico a scansione (SEM)

• calcinazione eseguita secondo ASTM D2734 e relativa specifica tecnologi-ca di processo di Leonardo Elicotteri.

L’analisi d’immagine è basata sulla diffe-renza in tonalità di grigio tra fibra/matrice ed i vuoti affioranti. Svariate cause pos-sono contribuire ad un’errata stima della quantificazione dei vuoti, per cui è impor-tante osservare il campione a diversi in-grandimenti e acquisire un elevato nume-ro d’immagini in alta definizione (HD) se-lezionando un adeguato filtro e soglia per ottenere una valutazione più affidabile.La calcinazione misura la differenza di massa del campione prima e dopo il test. Per differenze di volume, si ottiene il con-tenuto in vuoti del campione e così la per-centuale di porosità in esso presente. È un’analisi distruttiva e la stima del conte-nuto in vuoti è viziata da molteplici incer-tezze: la conoscenza dei valori reali delle densità dei costituenti, la presenza di re-sidui di aggrappanti sulle fibre, l’esisten-za di vuoti affioranti e di forma grossola-na e l’incertezza sulla misura dello spes-sore, variabile da punto a punto.A differenza della calcinazione, l’uso dell’analisi d’immagine limitata alla sola superficie fornisce una prima valutazione del contenuto in vuoti con informazioni approssimative, dando indicazioni som-marie circa la posizione, la forma e la di-stribuzione dei vuoti [4].Dopo opportuna lucidatura tutti i campio-ni sono stati osservati al SEM a 50X. Si è scelto di non osservarli al microscopio

Fig. 2: Distribuzione vuoti da Grado 1 a Grado 4.

Fig. 3: Distribuzione vuoti da Grado 5 a Grado 8

Pro

du

ctiv

e C

om

po

nen

t

Zo

ne

1

Zo

ne

2

Zo

ne

3

A 6 4 7

B 6 4 //

C 4 4 7

D 2 1 //

E 3 2 //

F 5 5 7

G 5 4 //

H 4 5 //

Tab. 2: Parti esaminate

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32 Compositi

zione dei vuoti.• Dal confronto tra le tecniche di quan-

tificazione, la micro-tomografia misu-ra con maggior affidabilità e ripetibili-tà il contento in vuoti rispetto all’ana-lisi di immagine (SEM) e alla calcina-zione. Tali differenze si fanno più mar-cate al crescere del contenuto in vuoti.

• Un buon allineamento è sperimenta-to tra le valutazioni radiografiche de-gli operatori e lo standard radiografico.

Come sviluppo, sarebbe interessante po-ter valutare se il set-up di computo qui utilizzato è applicabile ad altri materiali compositi e stratificazioni.

ottico a causa del basso contrasto tra fi-bra e matrice epossidica e della neces-saria planarità dei campioni che rende più difficoltosa la messa a fuoco. Sulla base di queste considerazioni, l’osservazione al SEM risulta la più adatta potendo ac-quisire un maggior numero di immagini a parità di tempo.Si riportano in tabella 3 e in figura 4 i va-lori medi del contenuto in vuoti per ogni grado di severità.I dati sperimentali evidenziano un an-damento del contenuto in vuoti simile a quello dello standard radiografico (fig.1): lineare fino al grado 4 e successivamen-te asintotico. Si conferma la poca rappre-sentatività del grado 6.Confrontando i dati sperimentali ricava-ti dalle tre tecniche, si rileva una marca-ta sottostima del contenuto in vuoti del grado 3 con la calcinazione (ellisse gial-la in figura 4). Purtroppo l’analisi di un solo caso non ha permesso di verificare questa evidenza sperimentale. I restanti dati mostrano globalmente una quantifi-cazione sempre superiore da parte del-la micro-tomografia rispetto alla calcina-zione che tende ad aumentare nel caso di vuoti affioranti (gradi più alti). L'analisi micro-tomografica consente inoltre di de-terminare la dimensione, forma e distri-buzione dei vuoti presenti nell’intero vo-lume, fornendone una più completa ca-ratterizzazione.I valori ricavati mediante analisi d’imma-gine (SEM) sono delle decise sottostime in virtù dell’analisi superficiale.

Affidabilità delle valutazioniproduttiveL’adeguatezza delle valutazioni fatte dal personale qualificato Livello 2 RT è sta-ta verificata per confronto rispetto allo standard. In figura 5 si riportano i con-tenuti in vuoto ottenuti con micro-tomo-grafia tra lo standard e le parti produtti-ve: la regressione interpolata linearmen-

te mostra un coefficiente angolare pros-simo all’unità con un coefficiente di de-terminazione (R2) di 0.90, indice di una buona correlazione sperimentale tra la valutazione degli operatori e lo standard.

CONCLUSIONIPossono essere formulate le seguenti conclusioni:• il contenuto in vuoti dello standard ha

un andamento crescente col cresce-re dei gradi: inizialmente lineare (da grado 1 a grado 4) e successivamen-te asintotico (oltre il grado 5). Tale evi-denza è dovuta alla differente distribu-

- Caratterizzazione della porosità tramite micro-tomografia di laminati in fibra di vetro -

Tab. 3: Contenuto in vuoti a confronto tra tecniche

Gra

de

Vo

ids

SE

M (

%)

Vo

ids

Cal

cin

atio

n

(%)

Vo

ids

Mic

ro-

Tom

og

rap

hy

(%)

1 1,65 1,85 2,01

2 1,71 2,46 2,99

3 2,30 1,17 2,80

4 3,12 3,92 4,54

5 3,89 4,01 4,72

6 2,78 3,17 3,79

7 3,07 3,98 4,62

Fig. 5: Corrispondenza tra i vuoti “produttivi” e i vuoti dello standard

Fig. 4: Contenuto in vuoti in parti produttive con tre tecniche

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33Compositi

Porosity characterization of glass split tape lay-up using micro-tomography

tions of the parts inspected by scan-ning electron microscope (SEM) using the software Image Pro Plus;

• Calcination, the ASTM D2734 specifi-cation and the Leonardo Helicopters’ process specification.

The image analysis is based on the differ-ence in the gray scales between the fiber / matrix and the voids outcropping. There are several reasons that can contribute to an incorrect estimation of the quanti-fication of the voids, so it is important to observe the sample at different magnifi-cations and to acquire a large number of high-definition (HD) images selecting an appropriate filter and threshold to obtain a more reliable assessment.The calcination measures the difference between the weight before and after the test. For differences in volume it is possi-ble to obtain the void content of the sam-ple and so the percentage of porosity present in it. This is a destructive analy-sis and the estimation of the void content suffers from several factors: the knowl-edge of the densities values of the con-stituents, the presence of gripping trac-es on the fibers, the huge voids open to the surface and the thickness measure-ment of the sample, variable from point to point.Unlike the calcination, the image analy-sis is limited only to the sample surface and it provides a first evaluation of the voids content with approximate informa-tion about the position, the shape and voids distribution [4].After lapping, all samples are observed at SEM at 50X. The optical microscope ob-servation was not carried out due to low contrast between fiber and epoxy matrix and due to necessary perfect planarity of each sample that makes more difficult to focus. Following these considerations the SEM observation is the most suita-ble being able to acquire a greater num-ber of images in the same time.The table 3 and the figure 4 show the medium value of the void content ob-tained for each grade of severity.The experimental results show a void content trend similar to what achieved on the radiographic standard (fig.1): lin-ear up to grade 4 and subsequently as-ymptotic. This confirms the lack of rep-resentativeness of the grade 6.Comparing the experimental results ob-tained with all three methods it is pos-sible to note an underestimation of the void content of the grade 3 by calcina-

n addition to the well-known struc-tural ad critical application of com-posite materials reinforced with carbon fibers there are other com-ponents designed and made us-

ing materials reinforced with glass fib-ers due to their improved toughness [1]. The “voids” such as “porosity” are the typical production discontinuity that can be detected due to several reasons [2]. They reduce the mechanical strength of the composite [3] depending on their size, position and shape.Referring to a split tape lay-up, x-ray method is used to evaluate the porosity content. Not being available an interna-tional standard of radiographic images, such as on metallic castings, it was nec-essary to create one, characterized by in-creasing degree of severity.Purpose of this study is to quantify vol-umetrically the void content of the ra-diographic standard using the x-ray mi-cro-tomography. The destructive analy-sis was performed only on component coming from production. In order to ver-ify the applicability of the radiographic standard, the radiographic evaluations performed in Production were com-pared with the results got by micro-to-mography.

RESULTS AND DISCUSSION

Quantification of voids on the radiographic standardThe samples used to create the radi-ographic standard of the glass fibers parts have been investigate with x-ray micro-tomography, achieving a spatial resolution (voxel) of 34µm.The void content has been calculated with the software VG StudioMax 2.2, using the “Defect Detection” module.Several algorithms are available to quan-tify the void content; in this study the most complex algorithm (VGDefX ) was used achieving the best reliable results while reducing noise, counting voids open to the surface (Internal Surface Cleaning and Sealing ) and iterating the analysis using a probability criterion that considers the contrast, the void size and its shape.The table 1 and the figure 1 show the voids content of the radiographic stand-ard.To better understand the volumetric data, some representative sections are shown in figure 2 and figure 3.

The grades from 1 to 4 are characterized by an increase of voids that are intensi-fied and distributed inside the volume, while from the grade 5 to grade 8 there is a formation of more and more coarse voids with a greater notch effect. The anomaly found is related to the grade 6 and its severity is due to the concentra-tion of many fine voids.The trend of the voids content inside the radiographic standards can be de-scribed as:• a linear trend up to grade 4 with a de-

termination coefficient (R2) of about 0.93

• An asymptotic trend to a value of about 5.5% from grade 5 up to grade 8 (voids concentrated, coarse and open to the surface).

The micro-tomographic analysis is the only one possible to characterize the void content of the radiographic standard. The comparison between the x-ray micro-to-mography and the destructive analysis has been performed in a second time.

Quantification of voids on the components coming from productionSome productive components have been characterized using the radiograph-ic standard to evaluate the void severity and after that they were cut. The table 2 shows all selected parts and their ra-diographic evaluation.All the zones are scanned by micro-to-mography using the same set-up defined for the radiographic standard and they have been characterized for void content. The micro-tomographic results have been compared with the results got by the following destructive methods:• Image analysis on the polished sec-

I

F. Montagnoli, M. Cardone – Leonardo Elicotteri, Inspections and Analysis

Tab. 1: Voids content of the radiographic standard

Grade Voids (%)

1 1,71

2 2,90

3 3,44

4 5,18

5 4,80

6 3,60

7 4,88

8 5,36

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- Porosity characterization of glass split tape lay-up using micro-tomography -

Great thinking drives great performancebighead.co.uk

tion (yellow ellipse in figure 4). Unfortunately the analysis of a single case does not allow verifying this experimental evi-dence. The other results globally show a higher quantification by the micro-tomography compared to the calcination which tends to increase when there are voids open to the surface (higher degrees).The micro-tomographic analysis can also determine the size, shape and distribution of the voids inside the entire volume together with a more complete characterization.The values obtained with image analysis (through SEM) are always lower due to the investigation limited to the surface.

Reliability of the radiographic evaluationsduring productionThe reliability of the evaluation performed by the Level 2 RT personnel was verified by comparison with the standard. The figure 5 shows the void content obtained with the micro-to-mography between the standard and the productive parts: the interpolated linear regression shows an angular coeffi-cient near the unit with a coefficient of determination (R2) of 0.90, indicating a good correlation between the experimen-tal evaluation of the personnel and the standard.

CONCLUSIONThe following conclusions can be reported:• The void content of the standard has an increasing trend

with the increase of the degree: initially linear (from grade 1 to grade 4) and then asymptotic (more than grade 5). This evidence is due to the different distribution of the voids.

• From comparison of all three methods, the micro-tomogra-phy evaluates with better reliability and repeatability in the void content respect to the image analysis (SEM) and the calcination. These differences become more pronounced with increasing the void content.

• There is a good correlation between the experimental eval-uation of the personnel and the radiographic standard.

As future development, it would be interesting to evaluate if the set-up used to calculate void content in this study is ap-plicable to other composite materials and lay-up.

REFERENCES1. Costa, M. L., De Almeida, S. F. M., e Rezende, M. C., 2001, “The influence of porosity on the interlaminar shear strength of carbon/epoxy and carbon/bismaleimide fabric laminates”, Composites Sci-ence and Technology, 61, 2101-2108;2. Liu, L., et al., 2005, “Effects of cure cycles on void content and mechanical properties of composite laminates”, Composite Struc-tures, 73, 303-309;3. ZHU Hong-yan, LI Di-hong, ZHANG Dong-xing, WU Bao-chang, CHEN Yu-yong, “Influence of voids on interlaminar shear strength of carbon/epoxy fabric laminates”;4. Harry J. Barraza, Youssef K. Hamidib, Levent Aktasb, Edgar A. O’Rear and M. C. Altan, “Porosity Reduction in the High-Speed Processing of Glass-Fiber Composites by Resin Transfer Molding (RTM)”, Journal of Composite Materials 2004; 38; 195.

All the mentioned figuresrefer to the Italian version

Fig. 1: Void content of the radiographic standardFig. 2: Void distribution from Grade 1 to Grade 4Fig. 3: Void distribution from Grade 5 to Grade 8Tab. 2: Components analyzedTab. 3: Comparison of voids content obtained with all methodsFig. 4: Voids content of productive parts obtained with all methodsFig. 5: Correspondence between “productive” voids and voids inside the standard

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35Compositi

Impatti a bassa velocità di laminati epossidici rinforzati con fibra di canapa

Claudio Scarponi, Luca Lampani, Paolo Gaudenzi – Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale, Sapienza – Università di RomaFabrizio Sarasini, Jacopo Tirillò, Teodoro Valente – Dipartimento di Ingegneria, Chimica, Materiali, Ambiente, Sapienza – Università di Roma

l crescente uso di materiali compo-siti in applicazioni automotive e ae-ronautiche/aerospaziali, unito alla diminuzione delle risorse petrolife-

re, sta stimolando la ricerca di materiali e prodotti dall’impronta ambientale il più possibile ridotta, con una particolare at-tenzione alle materie prime rinnovabili. Questa accresciuta consapevolezza ha innescato uno spostamento verso l’uso di materiali naturali in sostituzione del-le fibre sintetiche non rinnovabili, come il vetro, in compositi basati su polimeri sia termoindurenti che termoplastici [1].Per applicazioni strutturali o semistrut-turali si preferisce l’uso di matrici ter-moindurenti perché la loro alta flessibili-tà permette di modellarne le proprietà fi-nali desiderate, così da ottenere alti valo-ri di modulo elastico, resistenza, durevo-lezza, resistenza termica e chimica gra-zie alla loro alta densità di reticolazione. Come primo passo, si è ottenuta la ridu-zione dell’impatto ambientale dei mate-riali compositi basati su termoindurenti tramite la sostituzione delle fibre sinteti-che con quelle naturali.Oggi, le ricerche più recenti sono basa-te sulla sostituzione dei componenti pe-trolchimici della matrice con equivalenti rinnovabili di origine biologica. Le risorse rinnovabili possono offrire un’interessan-te piattaforma sostenibile per la sostitu-zione parziale, e in qualche misura anche totale, dei polimeri di origine petrolifera per mezzo della progettazione di polime-ri biologici che possono competere o ad-dirittura sorpassare i materiali a base pe-trolifera esistenti su una base costi-pre-stazioni aggiungendo valore in termini di ecocompatibilità [2].Nel caso dei materiali termoindurenti, le risorse rinnovabili più largamente sfrut-tate includono gli oli vegetali, che sono trigliceridi (triesteri del glicerolo con acidi grassi a catena lunga) con composizione variabile di acidi grassi dipendentemente da pianta, raccolto, stagione e condizio-ni di crescita. Studi recenti si sono con-centrati sullo sviluppo di polimeri a base di oli vegetali e loro derivati per l’applica-zione a materiali termoindurenti come ri-vestimenti e resine [3].Polimeri termoindurenti di origine biolo-

gica possono essere utilizzati come ma-trici nei compositi con fibre sia sintetiche che naturali. È chiaro che l’obiettivo è l’a-dozione di matrici termoindurenti biolo-giche nella produzione di materiali com-pletamente biodegradabili, usando quindi un materiale biodegradabile anche come filler/rinforzo.I rinforzi naturali rappresentano attual-mente circa l’11% del volume totale di fibre usate nei compositi, con stime del 22% previste per il 2020. Tra le fibre na-turali, quella di canapa è una delle ra-fie naturali più economiche e più pron-tamente disponibili in Europa. È carat-terizzata da alte proprietà meccaniche specifiche insieme a un alto contenu-to in cellulosa, il che la rende il materia-le d’elezione come rinforzo nei compo-siti a matrice polimerica [4]. Gli oli vege-tali, pur essendo eccellenti materie pri-me per i biopolimeri termoindurenti gra-zie alla loro disponibilità ed economicità, riportano generalmente proprietà termi-che e meccaniche limitate a causa della bassa reattività dei gruppi alifatici epos-sidici, che si traduce in materiali scarsa-mente reticolati [5].In questi termini, l’aggiunta di fibre na-turali potrebbe parzialmente attenuare le loro insoddisfacenti prestazioni mec-caniche.Attualmente, a dispetto delle ricerche in aumento, non si conoscono matrici ter-moindurenti biodegradabili utilizzabili per applicazioni strutturali. Tuttavia, resine non biodegradabili, ma con un contenu-to significativo di componenti provenien-ti da materiali vegetali rinnovabili e con buone prestazioni, sono già commercia-lizzate (per esempio da Entropy Resins Inc., Eco Green Resins, LLC). Alcuni stu-di si sono concentrati sul comportamen-to fisico-meccanico di compositi realizza-ti con fibre naturali e queste resine bio-logiche [5-8], ma le loro proprietà e le loro potenzialità d’uso nella produzione di compositi in fibra naturale non sono state studiate a fondo.In particolare, la risposta di tali compo-siti a carichi da impatto a bassa velocità non è ben nota; perciò l’obiettivo dell’ar-ticolo presente è la determinazione del comportamento di questi materiali a ca-

richi da impatto.Questa proprietà è molto importante, perché durante il ciclo di vita delle strut-ture in composito possono avvenire im-patti a bassa velocità di oggetti estra-nei, in fase di realizzazione, manutenzio-ne, operazione, eccetera. Il danno inter-no prodotto da carichi da impatto può influenzare fortemente le loro proprietà meccaniche visibili anche quando avvie-ne un danno da impatto appena visibile (BVID, Barely Visible Impact Damage). Infatti i BVID possono produrre danni in-terni come delaminazioni e rottura sul-la faccia posteriore, che possono ridur-re la resistenza residua fino al 60%. La variabilità intrinseca delle proprietà della fibre naturali ancora limita la diffusione dei compositi con fibre naturali nelle ap-plicazioni semistrutturali, anche a causa di una comprensione non chiara del loro comportamento meccanico, soprattut-to per quanto concerne la resistenza al danno da impatto e la tolleranza al dan-neggiamento.Il lavoro presente è dedicato alla valuta-zione della soglia per BVID in laminati epossidici biologici rinforzati con tessu-to in canapa e della loro resistenza resi-dua a flessione. Per completezza è sta-ta condotta una campagna sperimen-tale simile su compositi equivalenti ma basati su matrice epossidica tradiziona-le, così da evidenziare differenze e po-tenziali limitazioni delle matrici epossidi-che biologiche.

MATERIALI E METODICome rinforzo si è usata una tela di cana-pa con peso della fibra per unità di super-ficie di 400 g/m2 (AssoCanapa srl), men-tre come matrice è stata utilizzata una re-sina epossidica biologica con un conte-nuto in carbonio del 21% in peso (Super Sap® CLR con indurente lento CLS02, forniti da Entropy Resins Inc.).La matrice Super Sap® CLR è una resi-na epossidica modificata trasparente li-quida che, diversamente dalle resine epossidiche tradizionali composte prin-cipalmente da materiali a base di petro-lio, contiene materiali bio-rinnovabili ot-tenuti come co-prodotti o flussi di scar-to di altri processi industriali, come la

I

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36 Compositi

- Risposta a impatti a bassa velocità di laminati epossidici biologici rinforzati con fibra di canapa -

la profondità dell’ammaccatura di ogni campione è stata misurata usando il pro-filometro a contatto Taylor Hobson – Taly-scan 150 e l’area danneggiata è stata mi-surata usando un C-scanner ultrasonico (OmniScan MX con sonda phased array standard, 3.5 MHz). Sono stati esegui-ti test di flessione a quattro punti in ac-cordo con le norme ASTM D 6272 su di una macchina di prova universale Zwick/Roell Z010 equipaggiata con una cella di carico da 10 kN. Sono stati usati un rap-porto 16:1 tra lunghezza di scansione e profondità e una velocità della testa di 2.5 mm/min.I campioni sono stati testati a flessione o dopo la realizzazione (provini non im-pattati) o dopo le prove di impatto a bas-sa velocità per misurare la resistenza a flessione residua. Le superfici di frattura dei compositi sono state analizzate tra-mite microscopia elettronica a scansio-ne (Scanning Electron Microscopy, SEM, Philips XL40). Le superfici sono state ri-vestite tramite sputtering d’oro prima dell’osservazione.

RISULTATI E DISCUSSIONEQuesto studio segue la metodologia con-solidata per la valutazione della tolleran-za al danneggiamento, che consiste in una sequenza di quattro passaggi prin-cipali, ovvero: (i) test da impatto, (ii) ca-ratterizzazione del danno, (iii) determi-nazione della resistenza statica residua e (iv) valutazione della tolleranza al dan-neggiamento.Per valutare il danno da impatto del com-posito, si considerano solitamente l’e-nergia di impatto (Ei) e l’energia assor-bita (Ea).L’energia di impatto è l’energia cinetica del percussore prima che avvenga il con-tatto con i provini, mentre l’energia assor-bita è l’energia dissipata dal sistema at-

sto sono stati 5 J, 10 J, 15 J, 20 J e 40 J (perforazione). Ai fini di un confronto, laminati simili in termini di sequenza di stratificazione, frazione volumica di fibra e spessore sono stati realizzati con una resina epossidica tradizionale SR1700 con un indurente lento SD2713 forni-to da Sicomin Epoxy Systems. In que-sto caso i campioni sono stati sottopo-sti a impatti da 5 J, 10 J, 15 J, 18 J e 40 J (perforazione).Per questo scopo è stata usata una tor-re di caduta strumentata (Ceast/Instron 9340. Il danno è stato impartito tramite un impatto concentrato fuori piano (per-pendicolarmente al piano della lamina-zione), usando un peso con un percus-sore a punta emisferica liscia dal diame-tro di 16 mm.I provini rettangolari (100 x 150 mm) era-no sorretti da una base rigida con un’a-pertura di 75 x 125 mm. Dopo l’impatto,

produzione di polpa di legno e biocom-bustibili. Il contenuto di carbonio di origi-ne biologica è dell’ordine del 18.2-25.4% (ASTM D6866, da datasheet tecnico del fornitore).Sono state impilati otto strati di tessuto in canapa in una configurazione [(±45)/(0/90)]2S così da ottenere lo spessore desiderato di 5(±0.1) e una frazione vo-lumica di fibra dello 0.42(±0.01). I cam-pioni sono stati realizzati tramite lay-up manuale e sacco da vuoto, e sono sta-ti sottoposti a curing a temperatura am-biente per 12 ore e poi a post-curing a 80ºC per 15 ore.I provini (tre per ogni valore di energia) sono stati sottoposti a impatto a tem-peratura ambiente secondo le norme ASTM D7136, per diverse energie di impatto così da provocare BVID e perfo-razione. Più nello specifico, i cinque va-lori di energia di impatto usati per il te-

ImpactEnergy (J) Peak force (N)

Maximumdisplacement

(mm)

Absorbed energy (J)

Damaged area (mm2)*

5 2098.09±62.03 3.84±0.10 2.5±0.06 250

10 2188.92±63.39 6.18±0.03 8.32±0.10 630

15 2214.77±49.33 8.60±0.13 14.54±0.01 860

20 2340.26±74.42 11.02±0.49 19.94±0.04 980

40 2706.91±37.28 15.13±0.62 29.33±0.08 1860

*Evaluated from ultrasonic C-scans

Fig. 1: Resistenza a flessione e rigidezza residue normalizzate in funzione dell’energia di impatto per matrici epossidiche biologiche e tradizionali

Bio-epoxy

Traditionalepoxy

Tab. 1 Parametri ottenuti da test di impatto sui laminati epossidici in fibra di canapa

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traverso i vari meccanismi che occorro-no al contatto con il percussore, come la deformazione elastica, l’attrito, la defor-mazione plastica e, cosa più importante, quelli caratteristici del materiale, come la fessurazione della matrice, il distacco, il pull-out e la rottura di fibre. I parametri chiave dell’impatto quali la forza di pic-co, l’energia di impatto, lo spostamento massimo e l’energia assorbita sono rias-sunti in tabella 1.Fino a 20 J, nei campioni sottoposti a prova non avveniva penetrazione e il per-cussore rimbalzava con un’energia che è la differenza tra Ei e Ea. I compositi stu-diati hanno mostrato un comportamen-to piuttosto soddisfacente, che permet-te ai campioni di assorbire energia attra-verso la deformazione complessiva e i danneggiamenti sulle interfacce come distacco e pull-out.Si è riscontrato che rispetto ai materia-li equivalenti tradizionali di origine pe-trolchimica questi meccanismi di inter-faccia sono leggermente attenuati dal-la migliore adesione tra fibre e matrice grazie al contenuto di origine biologica della resina.Tutte le curve (con l’eccezione dell’im-patto a 40 J) hanno mostrato un pat-tern chiuso, confermando che una par-

te dell’energia elastica è stata recupera-te, causando il rimbalzo del percussore. È evidente che l’area sotto le curve au-menta con l’energia di impatto, il che in-dica un aumento sia dell’energia assorbi-ta che dei danni nel laminato e suggeri-sce dunque che questi compositi posso-no dissipare una grande quantità dell’e-nergia di impatto.La tenacità di questi compositi è stata confermata anche dalla soglia relativa-mente alta per il BVID, che si è riscon-trata per 15 J e corrisponde a una pro-fondità di ammaccatura permanente di 308.67±10.32 µm, dove 0.3 mm di pro-fondità di ammaccatura è la soglia di ri-velazione comunemente adottata negli standard aeronautici.Questa soglia era di 18 J per la matrice epossidica tradizionale. Nel lavoro pre-sente sono state misurate le proprietà residue a flessione, e la figura 1 riassu-me la resistenza (o rigidezza) residua a flessione normalizzata di ogni campione in funzione dell’energia di impatto. All’e-nergia di BVID i compositi biologici han-no evidenziato diminuzioni di rigidezza e resistenza rispettivamente del 30% e 40% circa, che si dimostrano minori di quelle riscontrate in laminati basati su re-sine epossidiche convenzionali.

CONCLUSIONII risultati dimostrano che i compositi epossidici biologici rinforzati con tessu-to in canapa offrono proprietà a flessio-ne (resistenza e rigidezza) simili, se non superiori, e di tolleranza al danno compa-rabile, rispetto a quelle di materiali basa-ti su resine epossidiche tradizionali. Per-ciò tali laminati rappresentano potenziali candidati per materiali di nuova genera-zione in applicazioni semistrutturali, for-nendo miglioramenti in termini di fine del ciclo di vita del prodotto nonchè pro-prietà meccaniche adeguate una volta che siano stabiliti sia un più stretto con-trollo sulle materie prime utilizzate, una valutazione della loro affidabilità e insie-me un’ottimizzazione dell’interfaccia fi-bra/matrice bio-epossidica così da bilan-ciare i due requisiti in competizione, ov-vero un’alta tolleranza al danneggiamen-to e alti valori delle proprietà meccaniche quasi-statiche.

Presentato alla 5th Conference on Innovative Natural Fibre Composi-tes for Industrial Applications, Roma 2015

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38 Compositi

Claudio Scarponi, Luca Lampani, Paolo Gaudenzi – Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale, Sapienza – Università di RomaFabrizio Sarasini, Jacopo Tirillò, Teodoro Valente – Dipartimento di Ingegneria, Chimica, Materiali, Ambiente, Sapienza – Università di Roma

he increasing use of compos-ite materials in automotive and aeronautical/aerospace applica-tions, coupled with the deple-

tion of petroleum resources, is stimulat-ing the search for materials and products with the lowest possible environmen-tal ’footprint’ with a focus on renewable raw materials.This enhanced awareness has triggered, especially in Europe, a shift towards us-ing natural materials as a substitute for non-renewable synthetic fibres, like glass, in composites based on both ther-mosetting and thermoplastic polymers [1]. For semi- or structural applications the use of thermosetting matrices is pre-ferred due to their high flexibility for tai-loring desired ultimate properties, lead-ing to their high modulus, strength, du-rability, thermal and chemical resistance as provided by high cross-linking density. At a first step, the reduction of the envi-ronmental impact of composite materi-als based on thermosets was obtained by the substitution of synthetic fibres with natural ones.Nowadays, recent researches are based on the replacement of petrochemical components from the matrix with bio-based renewable equivalents. Renewa-ble resources can provide an interesting sustainable platform to substitute par-tially, and to some extent totally, petro-leum-based polymers through the de-sign of bio-based polymers that can com-pete or even surpass the existing petro-leum-based materials on a cost-perfor-mance basis with high eco-friendliness values [2].In case of thermosetting materials, the most widely applied renewable resourc-es include plant oils, which are triglyc-erides (tri-esters of glycerol with long-chain fatty acids) with varying compo-sition of fatty acid depending on plant, crop, season and growing conditions. Recent reviews have focused on the development of cross-linked plant oils and their derivatives for thermosetting applications, such as coating and resins [3]. Bio-based thermosetting polymers can be used as matrices in composites, both for synthetic and natural fibres. It is clear that the goal is the adoption of bio-

based thermosetting matrices in the pro-duction of fully biodegradable materials, hence using biodegradable material also as filler/reinforcement.Natural reinforcements currently account for about 11% of the total volume of fi-bres used in composites, with forecasts estimating 22% by 2020. Among natural fibres, hemp fibre is one of the most in-expensive and readily available bast nat-ural fibre in Europe.It is characterized by high specific me-chanical properties together with high cellulose content, which make it a ma-terial of choice as reinforcement in pol-ymer matrix composites [4]. Vegetable oils, despite being excellent raw materi-als for thermosetting biopolymers, due to their availability and inexpensiveness, are usually reported to have limited ther-mal and mechanical properties because of the low reactivity of aliphatic epoxy groups, which result in poorly cross-linked materials [5].In this regard, the addition of natural fi-bres could also partially mitigate their dis-appointing mechanical performance. At present, despite the growing research studies, available thermoset biodegrad-able matrices for structural applications are not known; however, not biodegrad-able resins but with a significant content of components coming from renewable vegetable materials, having good per-formance are already marketed (e.g., by Entropy Resins Inc., Eco Green Res-ins, LLC).Some studies have addressed the phys-ico-mechanical behaviour of composites made with natural fibres and such bio-based resins [5-8], but their properties and their potential use for the manufac-turing of natural fibre composites have not been investigated in depth. In par-ticular, the response of such compos-ites to low velocity impact loads is not well known; so, the purpose of the pres-ent paper is the determination of the behaviour of such material under im-pact loads. Such property is very impor-tant, because low-velocity impacts by foreign objects during composite struc-tures life may occur during the phase of manufacturing, maintenance, operation and so on.

The internal damage produced by impact loads can largely affect their residual me-chanical properties even when barely vis-ible impact damage (BVID) is produced.In fact, BVID can result in internal dam-age such as delaminations and back-face splitting, which can reduce the residual strength by as much as 60%.The inherent variability in natural fibre properties is still limiting the diffusion of natural fibre composites in semi-struc-tural applications, also due to a non reli-able understanding of their mechanical behaviour, in particular as regards their impact damage resistance and damage tolerance.The present work addresses the evalua-tion of the BVID threshold for hemp wo-ven fabric reinforced bio-based epoxy laminates and their residual strength in bending. For the sake of completeness, a similar experimental campaign has been performed on equivalent composites but based on a traditional epoxy matrix, in or-der to highlight differences and potential limitations of bio-based epoxies.

MATERIALS AND METHODSA plain weave hemp fabric was used with a fibre areal weight of 400 g/m2 as reinforcement (AssoCanapa srl), while a bio-based epoxy resin with a bio-based carbon content of 21 wt% (Super Sap® CLR with slow hardener CLS02, provid-ed by Entropy Resins Inc.) was used as matrix.Super Sap® CLR matrix is a clear modi-fied liquid epoxy resin that, as opposed to traditional epoxies composed primar-ily of petroleum-based materials, con-tain bio-renewable materials sourced as co-products or from waste streams of other industrial processes, such as wood pulp and bio-fuels production. The bio-based carbon content is in the range 18.2-25.4 % (ASTM D6866, as per supplier’s technical datasheet). Eight plies of hemp fabric were stacked in a [(±45)/(0/90)]2S configuration, in order to achieve a target thickness of 5(±0.1) mm and a fibre volume fraction of 0.42(±0.01).The specimens were manufactured by hand lay-up and vacuum bagging and were cured at room temperature for 12 h

Low-velocity impact response of hemp fibre reinforced bio-based epoxy laminates

T

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39Compositi

were sputter coated with gold prior to observation.

RESULTS AND DISCUSSIONThe present investigation follows the es-tablished methodology for damage tol-erance assessment, which consists of four major sequential steps, namely: (i) impact testing, (ii) damage characteri-zation, (iii) determination of static resid-ual strength and (iv) damage tolerance evaluation.To assess composite’s impact damage, it is common to refer to the impact en-ergy (Ei) and absorbed energy (Ea). Im-pact energy is the kinetic energy of the impactor right before contact with sam-ples takes place, whereas absorbed en-ergy is the energy dissipated by the sys-tem through the several mechanisms occurring after the impactor’s contact, like elastic deformation, friction, plas-tic deformation and, most importantly, those peculiar to the material, such as matrix cracking, debonding, pull-out, fi-bre breakage.Key impact parameters like peak force, impact energy, maximum displacement and absorbed energy are summarized in Table 1.Up to 20J, in the tested samples, pene-tration did not occur and the impactor re-bounded with an energy that is the dif-ference between Ei and Ea. The com-posites investigated exhibited a quite high compliant behaviour which ena-bled the specimens to absorb energy through high overall deformation and in-terface failures such as debonding and pull-out. These interfacial mechanisms were found to be slightly mitigated by the better fibre/matrix adhesion due to the bio-based content of the resin in comparison to traditional petrochemical equivalent. All the curves (with the ex-ception of 40J-impact) showed a closed pattern, confirming that some elastic en-ergy has been recovered causing the im-pactor’s rebound.It was evident that the area under the curves increased with impact energy, indicating an increase of both absorbed energy and damages in the laminate, thus suggesting that these compos-ites can dissipate a high amount of the impact energy. The toughness of such composites is also confirmed by the rel-atively high BVID threshold which was found to be equal to 15 J, correspond-ing to a permanent indentation depth of 308.67±10.32 µm, being 0.3 mm of dent depth the threshold of detectabil-ity commonly adopted by aeronautical standards.Such threshold was 18J for traditional epoxy matrix. In the present work the re-sidual properties were evaluated in bend-

and then post-cured at 80ºC for 15h. Cou-pons (three for each energy level) were impacted at room temperature, accord-ing to ASTM D7136 at various impact en-ergies to achieve BVID and perforation.In particular, 5J, 10J, 15J, 20J and 40J (perforation) are the five levels of impact energy used for testing. For comparison purposes, similar laminates in terms of stacking sequence, fibre volume fraction and thickness were manufactured with a traditional epoxy resin SR1700 with a slow hardener SD2713 supplied by Si-comin Epoxy Systems.In this case the coupons were impact-ed at 5J, 10J, 15J, 18J and 40J (per-foration). An instrumented drop tower (Ceast/Instron 9340) was used for this purpose. Damage was imparted through out-of-plane, concentrated impact (per-pendicular to the plane of the laminated plate), using a drop weight with a smooth hemispherical striker tip with a diameter of 16 mm.Rectangular specimens (100 × 150 mm) were supported on a rigid base with a cut-out of 75 × 125 mm. Post-impact, the dent depth of each coupon was meas-ured using the contact profilometer Tay-lor Hobson – Talyscan 150 and the dam-aged area was measured using an ultra-sonic C-scanner (OmniScan MX with standard phased array probe, 3.5 MHz). Four-point bending tests have been performed in accordance with ASTM D 6272 on a universal testing machine Zwick/Roell Z010, equipped with a 10 kN load cell.A span-to-depth ratio of 16:1 and a cross-head speed of 2.5 mm/min have been used. Specimens have been tested in bending either after their production (un-impacted samples) or after the low-ve-locity impact tests to measure their re-sidual flexural strength. Fracture surfac-es of composites were investigated by means of Scanning Electron Microsco-py (SEM, Philips XL40). The surfaces

ing and Fig. 1 summarizes the normal-ized residual flexural strength (or stiff-ness) of each specimen as a function of the impact energy. At the BVID energy, the bio-based composites exhibited a decrease in stiffness and strength of ap-proximately 30% and 40%, respectively, which were found to be lower than those suffered by laminates based on conven-tional epoxy.

CONCLUSIONSThe results demonstrate that hemp fab-ric reinforced bio-epoxy composites of-fer similar if not superior flexural proper-ties (strength and stiffness) and damage tolerance compared to those based on traditional epoxy resin. Therefore such laminates can be potential candidates for next generation materials in semi-struc-tural applications, providing end-of-life improvement for products and adequate mechanical properties once established both a stricter control over the raw ma-terials used, an assessment of their relia-bility along with an optimization of fibre/bio-epoxy interface to balance two com-peting requirements, namely high dam-age tolerance and high quasi-static me-chanical properties.

Presented at 5th Conference on In-novative Natural Fibre Composites for Industrial Applications, Roma 2015

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All the mentioned figuresrefer to the Italian version

Tab. 1: Parameters obtained from impact test on hemp fibre laminates based on bio-based epoxyFig. 1: Normalized residual flexural strength and stiff-ness as a function of impact energy for bio-based and traditional epoxy matrices

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40 Compositi

Policaprolattone con fibre di luffa: prove di flessioneÈ stato effettuato un primo tentativo di introdurre fibre di luffa dalla Sardegna in una matrice biodegradabile, in particolare policaprolattone (PCL), a temperatura relativamente bassa.

e fibre di luffa, estratte dallo stro-ma spugnoso di alcune piante della famiglia delle Cucurbitacee, sono state considerate di recente come

un possibile rinforzo per matrici polime-riche. Alcune difficoltà si frappongono a questa possibilità, in particolare l’applica-zione di matrici polimeriche convenziona-li sia termoplastiche, come il polipropile-ne [1], o termoindurenti, come polieste-re [2-3] o epossidica [4-5], richiederebbe-ro in entrambi i casi l’applicazione di trat-tamenti chimici sulle fibre per portare ad una sufficiente resistenza del composito ottenuto. Un altro problema, che appare cruciale per migliorare le possibilità delle fibre di luffa nel loro uso almeno in pan-nelli semi-strutturali, sarebbe la possibi-lità di disporre di prodotti tessili: a que-sto proposito, anche trattamenti enzima-tici sono stati tentati con qualche risultato con l’obiettivo di rendere le fibre di luffa più morbide e più adatte ad essere ritor-te facilmente per la tessitura [6].In questo contesto, è degna di attenzione la possibilità di usare matrici biodegradabi-li, per evitare il trattamento e possibilmen-te portare ad una più facile fabbricazione dei compositi: in particolare, un tentativo promettente è stato effettuato usando una matrice a base di amido termoplasti-co [7]. In questo lavoro, le spugne di luf-fa sono state inserite in una matrice di po-licaprolattone così da verificare il poten-ziale di questo materiale per future appli-cazioni come composito biodegradabile.

PARTE SPERIMENTALELe spugne di luffa hanno delle significa-tive cavità al loro interno (fig.1), che per-mettono l’accumulo d’acqua, il che è uti-le per il loro impiego tal quali. Per studia-re la loro applicazione nei compositi, la polpa delle luffe è stata tagliata lungo i loro assi longitudinali dal centro alla pe-riferia, secondo quanto suggerito in [3], poi affettata e compressa applicando una pressione di 0.05 MPa calandrandola tra due rulli finché il suo spessore non si è ridotto ad 8-10 mm e ruotandola legger-mente per orientarla: il risultato è mostra-to nella figura 2a. Per produrre il compo-sito, è stato usato un policaprolattone (PCL) CAPA 6400 Perstorp, portandolo alla sua temperatura di rammollimento

di 60°C, poi applicato per compattazio-ne con spatole su ambo i lati del tappe-tino e pressurizzato ancora a 0.05 MPa. Il composito è stato poi tenuto per circa 15 minuti a 40°C sotto un getto di aria calda per consolidarlo. Dei pannelli di di-mensione media 100x100x10 mm sono stati ottenuti, come illustrato in figura 2b. I pannelli presentavano tuttavia dei signi-ficativi difetti di planarità, così da non ren-dere semplice ricavarne dei provini di fles-sione. Infine sono stati ottenuti due pro-vini, con dimensioni planari di 100x100 mm e spessore di 10±1 mm. Le prove di flessione a tre punti sono state condotte in controllo di spostamento (velocità della traversa intorno a 3 mm/minuto) con un braccio di 80 mm ed utilizzando supporti cilindrici di 12.7 mm di diametro.

RISULTATILe curve carico-deformazione ottenu-te dai due provini testati sono riportate in figura 4. Si può notare che il materiale mostra un comportamento plastico con grandi deformazioni a flessione. Un’altra considerazione che crea una certa preoc-cupazione è la grandissima differenza di comportamento tra i due provini. Questa può essere attribuita alla non uniforme distribuzione delle fibre nei provini, che è anche osservabile dal pannello rappre-sentato in figura 2b. La resistenza a fles-sione σ è stata ottenuta dall’equazione:

dove F è il carico massimo in N, L è il braccio di flessione (80 mm) e b e d sono rispettivamente larghezza e spessore dei provini, entrambi uguali a 10 mm.Dall’equazione si può chiarire che i valori della resistenza a flessione sono dell’ordi-ne di 18 MPa e di 14 MPa per i due pro-vini, rispettivamente. Un’ulteriore consi-derazione è che i compositi hanno inevi-tabilmente un allungamento molto infe-riore alla matrice stessa. Dai dati riporta-ti in [8] CAPA 6400 ha un comportamen-to gommoso con 660% di allungamento massimo. Questo è un effetto atteso e contribuisce alla più alta rigidità dei com-positi: tuttavia, la variazione di proprietà

L

Angelina Muzzu – Luna di CorosCarlo Santulli – Scuola di Architettura e Design, Università degli Studi di Camerino

Francesco Aymerich – Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Chimica e dei Materiali, Università di Cagliari

Fig. 1: Dettaglio di una spugna di luffa con porosità

Fig. 2: a) Stuoia di luffa dopo calandratura e prima dell’inserimento in una matrice polimerica; b) pan-nello composito in policaprolattone (PCL) e fibra di luffa

a)

b)

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[6] N. Merdan, E. Sancak, D. Kocak and M. Yuk-sek, Asian J Chem Vol. 24, 2012, pp. 975-980.[7] K. Kaewtatip, and J. Thongmee, Mater Des Vol. 40, 2012, pp. 314–318.[8] CAPA ™ 6400 Perstorp data sheet (acces-sed 10th September 2015).[9] I. Ahmed, A.J. Parsons, I.A. Jones, G.S. Walker and C.D. Rudd, ICCM-17, 27-31 July 2009, Edinburgh, UK.[10] C.A. Boynard, J.R.M. D’Almeida, Polymer-Pla-stics Technol Eng Vol. 39, 2000, pp. 489-499.

rende la deformazione del materiale non molto controllabile. In confronto con al-tri dati di flessione su questo polimero, che sono stati riportati in [9] ed indicano un valore nella regione di 26±2 MPa, si può suggerire che l’introduzione di tap-petini di fibra riduce la resistenza mecca-nica, specialmente in conseguenza della loro non molto controllabile orientazione.

CONCLUSIONIIl primo tentativo di introdurre fibre dalle luffe della Sardegna in una matrice bio-

Fig. 3: Due momenti del caricamento a flessione dei provini in PCL-luffa

Fig. 4: Curve carico-deformazione ottenute da due provini

degradabile lavorabile a temperatura re-lativamente bassa, in particolare nel po-licaprolattone (PCL), suggerisce che, a causa della non facile preparazione e del-la non uniforme distribuzione delle fibre nei compositi, la variabilità attesa è mol-to alta. Prove preliminari hanno indicato una resistenza a flessione ridotta rispet-to alla pura matrice ed una considerevole variazione dimensionale, che si riflette in un’altrettanto variabile deformazione dei campioni. Questo viene considerato pre-paratorio rispetto a successivo lavoro di caratterizzazione meccanico e termico.

Presentato alla 5th Conference on Na-tural Fibre Composites, Roma 2015.

BIBLIOGRAFIA/REFERENCES[1] H. Demir, U. Atikler, D. Balköse and F. Tihminlio-glu, Compos Part A Vol. 37, 2006, pp. 447–456.[2] L. H. Ghali, M. Aloui, M. Zidi, H. Ben Daly, S. Msahli and F. Sakli, Bioresources Vol. 6, 2011, pp. 3836-3849.[3] V.O.A. Tanobe, T.H.S. Flores-Sahagun, S.C. Amico, G.I.B. Muniz and R.G. Satyana-rayana, Def Sci J Vol. 64, 2014, pp. 273-280.[4] N. Mohanta and S.K. Acharya, Int J Eng Sci Technol Vol. 7, 2015, pp. 1-10.[5] N. Mohanta, and S.K. Acharya, Int J Ma-cromol Sci Vol. 3, 2013, pp. 6-10.

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42 Compositi

Polycaprolactone-luffa fibre composites: flexural testsA first attempt of introducing luffa (sponge gourd) fibres from Sardinia into a biodegradable matrix work-able at relatively low temperature, namely polycaprolactone (PCL) has been performed. A panel has been obtained and flexural tests have been performed, which clarified a large variation of results, due to the non uniform distribution of the fibres in the composites. This is considered preparatory to further characterisa-tion work.

Angelina Muzzu – Luna di CorosCarlo Santulli – Scuola di Architettura e Design, Università degli Studi di Camerino

Francesco Aymerich – Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Chimica e dei Materiali, Università di Cagliari

uffa fibres, extracted from sponge gourds which constitute the pulp of fruits of some plants from the Cucurbitaceae family, have been

recently considered as a possible rein-forcement for polymer matrices. A num-ber of difficulties are opposed to this possibility, in particular the application of conventional polymer matrices either thermoplastic, such as polypropylene [1], or thermosetting, such as polyester [2-3] or epoxy [4-5], would in both cases require the application of chemical treat-ments to the fibres to lead to a sufficient strength of the obtained composite. An-other issue, which appears to be cru-cial to improve the possibilities of luffa fibres in their use at least in semi-struc-tural panels, would be the possibility to dispose of textile products: in this re-spect, also enzymatic treatments have been attempted with some results in or-der to make luffa fibres softer and more easily twisted [6].In this context, it is particularly worth attention that biodegradable matrices could be used, to avoid treatment and possibly lead to an easier fabrication of composites: in particular, a promising at-tempt has been performed recently by using thermoplastic starch as the matrix [7]. In this work, luffa sponges have been inserted in a polycaprolactone matrix so to verify the potential of this material for prospective applications as a biodegrad-able composite.

EXPERIMENTALLuffa sponges have substantial cavities in their core (fig. 1), which allow the ac-cumulation of water, which is useful in terms of their application as such. To study their application in composites, the luffa pulp have been cut along their longitudinal axis from their core to their periphery, according to what suggested in [3], then sliced and compressed by applying a pressure of 0.05 MPa, calen-dered between two rolls until their thick-ness was reduced to around 8-10 mm and slightly pulled manually so to orient them: the result is depicted in figure 2a.

To produce the composite, a CAPA poly-caprolactone (PCL) grade 6400 by Per-storp was used, which was brought at its softening temperature of 60°C, then applied by compaction with large knives on both parts of the mat, and pressur-ised again at 0.05 MPa. The composite has been kept then for around 15 min-utes at 40°C under warm airflow to con-solidate it. Panels of average dimension of 100x100x10 mm have been then ob-tained, as illustrated in figure 2b.The panel presented significant une-venness though, therefore it was not obvious to remove from it some flexur-al beams for testing. Finally two sam-ples were obtained, with areal dimen-sions 100x10 mm with thickness of 10±1 mm. Three-point flexural tests have been conducted in displacement control mode (crosshead speed around 3 mm/min) with a 80 mm span and us-ing 12.7 mm anvils.

RESULTSLoad-deflection curves obtained from the two samples tested are reported in figure 4. It can be noticed that the mate-rial shows a plastic behaviour with large flexural deflections.Another consideration that creates obvi-ous concern is the very large difference in behaviour between the two samples. This can be attributed to the non uni-form distribution of fibres in the samples, which is also observable from the pan-el, as represented in figure 2b. The flex-ural strength σ has been obtained from the equation:

where F is the maximum load in N, L is the span (80 mm) and b and d are re-spectively width and thickness of the samples, which are both equal to 10 mm. From the equation above, it can be clar-ified that the values of flexural strength are in the region of 18 MPa and of 14 MPa for the two samples, respectively.

L Further evidence is that the fabrication of the composites leads inevitably to a much reduced elongation of the matrix. As from the data reported in [8] CAPA 6400 has a rubbery behaviour with 660% of maximum elongation. This is expected and contributes to the high-er rigidity of the composites: however, the variation in properties makes the de-flection of the material not very controlla-ble. Comparing with other flexural tests on this polymer, which were reported in [9] and indicate a value in the region of 26±2 MPa, it can be suggested that the introduction of fibre mats does also re-duce the mechanical strength, especial-ly in view of their not very controllable orientation.

CONCLUSIONSThe first attempt of introducing luffa sponge gourd fibres from Sardinia into a biodegradable matrix workable at rel-atively low temperature, namely poly-caprolactone (PCL) suggested that, due to not easy preparation and non uniform distribution of the fibres in the compos-ites, inherent variability is very high. Pre-liminary tests indicated a reduced flexur-al strength with respect to the pure ma-trix and large dimensional scattering, re-flected in variable deflection of the sam-ples. This is considered preparatory to further mechanical and thermal charac-terisation work.

Presented at the 5th Conference on Natural Fibre Composites, Rome 2015.

All the mentioned figuresrefer to the Italian version

Fig. 1: Detail of a luffa sponge with porositiesFig. 2: a) Luffa mat after calendering and before inserting in the polymer matrix; b) PCL-luffa fibre composite panelFig. 3: Two moments during flexural testing of PCL-luffa samplesFig. 4: Load vs. deflection curves obtained from two samples

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43Compositi

Elettrodi nanocompositi per celle a combustibile ad elettrolita polimerico

• migliorare la struttura dello strato ca-talitico modificandone la morfologia.

L’impiego dei nanomateriali composi-ti per la realizzazione degli elettrodi può contribuire al superamento di tali criticità.In figura 2 sono mostrati gli strati che co-stituiscono un elettrodo:• substrato macroporoso di carbon pa-

per o carbon cloth (spessore 100-500 µm)

• strato diffusivo microporoso di car-bone/PTFE (spessore ~100 µm), che consente il passaggio dei gas di ali-mentazione e dei prodotti di reazione

• strato catalitico microporoso (spesso-re ~50 µm), su cui avvengono le rea-zioni elettrochimiche.

Negli elettrodi preparati in maniera con-venzionale, un inchiostro di carbone e PTFE viene spruzzato sul substrato di car-bon paper, andando a costituire lo strato diffusivo, e un inchiostro di carbone, Na-fion e catalizzatore/carbone, spruzzato nella stessa maniera, forma lo strato ca-talitico, come schematizzato in figura 3. In tale inchiostro, la polvere catalitica di

egli ultimi anni, vista l’attuale crisi energetica ed il rischio di esaurimento delle fonti di ener-gia tradizionali, sono di gran-

de interesse ed attualità tutte le temati-che attinenti all’ingegneria dei materia-li e delle materie prime connesse al set-tore energetico. La necessità di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e di diminuire la generazione di calore da parte delle sorgenti di energia è sempre più accentuata. A causa delle continue fluttuazioni del prezzo del petrolio, del problema dello smaltimento dei rifiuti e dell’inquinamento, l’uso di fonti alterna-tive ed ecosostenibili è un argomento di ricerca molto attuale. In questo filone si inseriscono le celle a combustibile. In particolare, quelle ad elettrolita polime-rico sono generatori elettrochimici capa-ci di convertire, direttamente ed in modo continuo, l’energia chimica di un combu-stibile (H2 o metanolo) e di un ossidan-te (O2 o aria) in energia elettrica, con ac-qua e calore come prodotti finali. L’ero-gazione di energia elettrica prosegue fin-ché la cella viene alimentata con il com-bustibile all’anodo e con il comburente al catodo [1]. I due reagenti non entra-no in contatto direttamente fra loro, ma le reazioni avvengono sui singoli elettro-di, anodo e catodo, attraverso la media-zione dell’elettrolita, una membrana po-limerica (Nafion), conduttrice di protoni (fig.1). Tali celle, possono essere alimen-tate all’anodo con idrogeno (PEFC - cel-la a combustibile ad elettrolita polimeri-co) o metanolo (DMFC - cella a combu-stibile a metanolo diretto) e funzionano secondo le reazioni riportate in tabella 1.Attualmente sono impiegate in veicoli spaziali, sottomarini, sistemi di potenza fino a 200 kW (PEFC), e per micro-ap-plicazioni nella telefonia, nell’informatica ed in generale nell’elettronica portatile. Tali dispositivi hanno avuto un notevole impulso negli ultimi anni grazie alla loro

leggerezza e compattezza, elevata den-sità di potenza erogata, semplicità di as-semblaggio e funzionamento e rapidità nell’avviamento. Il loro sviluppo e la com-mercializzazione sono però tuttora limi-tati dal costo eccessivo, principalmente dovuto a problemi legati alla cinetica ca-todica di riduzione dell’ossigeno quan-do si usa aria a pressione atmosferica come comburente, e all’avvelenamento del catalizzatore anodico quando si utiliz-za come combustibile idrogeno prodotto da reforming di idrocarburi o metanolo. Inoltre, è di cruciale importanza riuscire a ridurre il carico di elettrocatalizzatore, che è a base di platino, per contenere i costi degli elettrodi a parità di prestazioni.Per aumentare l’efficienza delle celle a combustibile ad elettrolita polimerico si possono seguire le seguenti strade:• aumentare l’attività catalitica di anodo

e catodo modificando la struttura na-nofasica del catalizzatore

• aumentare l’utilizzo del Pt nell’elettro-do attraverso un’elevata dispersione del catalizzatore

N

Leonardo Giorgi – Scienza dei Materiali & ElettrochimicaElena Salernitano – ENEA, Laboratorio Tecnologie dei Materiali

Tipo cella Anodo Catodo Globale

PEFC H2→2H++2e– 1/2O2+2H++2e–→H2O H2+1/2O2→H2O+calore

DMFC CH3OH+H2O→CO2+6H++6e– 3/2O2+6H++6e–→ 3H2O CH3OH+3/2O2→CO2+H2O+calore

Tab. 1: Reazioni elettrochimiche, agli elettrodi e complessive, in PEFC e DMFC

Fig. 1: Rappresentazione schematica del funzionamento di una cella a combustibile ad elettrolita polimerico che utiliz-za come combustibile idrogeno o metanolo

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44 Compositi

traverso i parametri operativi. La cresci-ta diretta delle nanofibre sul substrato ha consentito di non utilizzare il processo convenzionale di spruzzatura dello stra-to diffusivo dell’elettrodo. Le nanoparti-celle metalliche sono state poi elettrode-positate sulle CNF mediante deposizio-ne galvanostatica a singolo impulso. L’u-tilizzo dell’elettrodeposizione come tecni-ca per realizzare lo strato catalitico dell’e-lettrodo ha ulteriormente semplificato il processo, eliminando la fase di spruzza-tura e ha consentito di localizzare il ca-talizzatore solo sulla superficie esposta dell’elettrodo stesso, con grande rispar-mio in termini di quantità di catalizzato-re e con un considerevole miglioramen-to delle prestazioni e dell’utilizzo del Pt. Lo sviluppo, infine, di catalizzatori bime-tallici ha determinato un incremento nel-la tolleranza del platino all’avvelenamen-to, con un guadagno in termini di stabi-lità a lungo termine ed invecchiamento.

SETUP SPERIMENTALEFogli di grafite, precedentemente cataliz-zati con nanoparticelle di nichel mediante elettrodeposizione, sono stati usati come substrati per la crescita delle CNF. La cre-scita della CNF è stata effettuata con un reattore PECVD, variando le condizioni operative (temperatura, pressione, rap-porto H2/CH4) per ottenere le CNF della morfologia desiderata.

platino supportato su carbone viene pre-parata mediante il metodo di impregna-zione-riduzione chimica a partire da una soluzione di un precursore del catalizza-tore, secondo lo schema del dettaglio di figura 3. I catalizzatori più frequentemen-te utilizzati sono particelle di platino o sue leghe supportate su carboni ad elevata superficie specifica (ad es. carbone Vul-can, carbone poroso, particelle grafitiche cave, ecc.). I due elettrodi vengono infi-ne assemblati con la membrana elettro-litica (spessore 50-300 µm).L’attività di ricerca condotta ha portato allo sviluppo di elettrodi innovativi basa-

ti su nanofibre di carbonio (CNF) [2,3] e nanoparticelle catalitiche bimetalliche di platino e oro [4,5]. Le CNF sono sta-te cresciute direttamente sul substrato di carta di grafite mediante deposizione chimica da fase vapore assistita da pla-sma (PECVD), processo che si basa sul-la dissociazione in fase gassosa dell’idro-carburo precursore, catalizzata da metalli di transizione e loro leghe, e sulla depo-sizione degli atomi di carbonio così otte-nuti sulla superficie del substrato. Il pro-cesso è stato messo a punto ed ottimiz-zato in modo da consentire un accurato controllo della morfologia delle CNF at-

- Elettrodi nanocompositi per celle a combustibile ad elettrolita polimerico -

Fig. 2: Rappresentazione schematica e micrografia FESEM di un elettrodo (a: strato catalitico, b: strato diffusivo, c: substrato di carbon paper)

Fig. 3: Rappresentazione schematica del processo di realizzazione degli elettrodi mediante spruzzatura

Fig. 4: Schema della struttura dell’elettrodo prodotto per PECVD+ELD (a). Micrografie FESEM di nanofibre di carbonio tipo pCNF (b) e dell’elettrodeposito PtAu su pCNF (c)

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L’elettrodo è stato poi realizzato mediante co-elettrodeposi-zione galvanostatica (GED) di platino ed oro sulle CNF (fig. 4a), utilizzando come precursori H2PtCl6 (2.5÷5 mM) e AuCl3 (1÷5 mM) in H2SO4 1 M. La scelta dell’Au come co-cataliz-zatore del Pt è dovuta al basso costo rispetto al rutenio, nor-malmente utilizzato negli elettrocatalizzatori commerciali PtRu per l’anodo delle DMFC.Le caratteristiche chimico-fisiche degli elettrodi sono state stu-diate mediante microscopia elettronica ad emissione di campo (FESEM), analisi spettrofotometrica UV-VIS, spettroscopia fo-toelettronica a raggi X (XPS). Il comportamento elettrocatali-tico è stato valutato analizzando la reazione di ossidazione del metanolo (MOR) mediante voltammetria ciclica (CV) in CH3OH 0.5 M + H2SO4 1 M, ripetendo la misura per 200 volte in modo tale da effettuare un test accelerato di invecchiamento [6].

DISCUSSIONE DEI RISULTATILa micrografia FESEM in figura 4b mostra nanofibre di eleva-ta qualità con morfologia platelet (pCNF) e diametro nel cam-po 100-120 nm. Tale tipo di nanofibre risulta essere la miglio-re da usare come substrato per elettrocatalizzatori [3]; la ca-ratterizzazione XPS ed elettrochimica ne ha infatti evidenzia-to una più elevata superficie e la presenza di gruppi funzio-nali contenenti ossigeno che ne incrementano la stabilità a lungo termine.Le nanoparticelle bimetalliche PtAu depositate su pCNF mo-strano una localizzazione solo sulla superficie esposta degli elettrodi (figure 4a e 4c) con una elevata riduzione del carico di catalizzatore e quindi dei costi rispetto al metodo tradiziona-le. La morfologia particolare delle pCNF determina inoltre un forte ancoraggio delle nanoparticelle di catalizzatore, forman-do un nanocomposito con ridotti fenomeni di coalescenza.Le proprietà elettrocatalitiche per l’ossidazione del metanolo

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PtAu/CNF 11 49 302

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PtRu/C Vulcan150 54 166

Tab. 2: Parametri elettrocatalitici dopo 200 cicli MOR (LPt: carico di Pt; EAS: super-ficie specifica elettrochimicamente attiva; MSA: attività elettrochimica specifica in massa per l’ossidazione del metanolo)

Fig. 5: Evoluzione dell’attività specifica rispetto alla massa di catalizzatore (MSA) per PtAu/pCNF e PtRu/C Vulcan

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sugli elettrodi PtAu/pCNF evidenziano prestazioni migliori rispetto a quelle di un catalizzatore commerciale PtRu/C [6] (tab. 2).Il catalizzatore PtAu/pCNF presenta un aumento della tolleranza all’avvelena-mento da parte di CH3OH e dei suoi pro-dotti di reazione (CO, aldeide, acido for-mico), con un guadagno in termini di sta-bilità a lungo termine, ampio aumento dell’attività specifica rispetto alla massa dell’elettrocatalizzatore (MSA), conside-revole diminuzione del carico di catalizza-tore. In particolare, la figura 5 mostra che il catalizzatore PtAu/pCNF presenta sia una elevata attività catalitica che un’ele-vata stabilità nel tempo rispetto al cata-lizzatore commerciale PtRu/C.In aggiunta alle prestazioni elettrocatali-tiche, un altro aspetto considerato è sta-to il confronto fra i costi del processo di produzione innovativo (PECVD+GED, fig. 6) e quello tradizionale (impregnazione/ri-duzione chimica, fig. 3). Considerando la

produzione di 100 elettrodi da 60 cm2, si ricava che la tecnica PECVD+GED con-sente una riduzione dei costi del 75%. Questo è un risultato importante consi-derando che circa 1/4 del costo totale di una cella a combustibile polimerica è rela-tivo allo strato catalitico. Pertanto, lo sca-ling-up del composito catalizzatore/CNF può essere molto promettente in quanto offre una serie di vantaggi quali: nessuna necessità di trattamento termico in idro-geno, assenza di residui di precursori, pro-cesso più semplice grazie al basso nume-ro di step operativi, presenza di un singolo strato con funzione diffusiva e catalitica.

CONCLUSIONILa combinazione della crescita di CNF mediante PECVD con l’elettrodeposi-zione di nanoparticelle di catalizzatore ha consentito la sintesi di un elettrodo composito per celle a combustibile di tipo PEFC/DMFC con migliorate presta-zioni e ridotto costo di produzione.

- Elettrodi nanocompositi per celle a combustibile ad elettrolita polimerico-

Acronimi• CNF: nanofibre di cabonio• CV: voltammetria ciclica• DMFC: cella a combustibile a meta-

nolo diretto• EAS: superficie elettrochimicamen-

te attiva• GED: elettrodeposizione galvanostatica• FESEM: microscopio elettronico a

scansione ad emissione di campo• Lpt: carico di platino• MOR: reazione di ossidazione del me-

tanolo• MSA: attività specifica in massa• pCNF: nanofibre di carbonio tipo pla-

telet• PECVD: deposizione chimica da fase

vapore assistita da plasma• PEFC: cella a combustibile ad elettro-

lita polimerico• UV-VIS: spettrofotometria ultraviolet-

to-visibile• XPS: spettroscopia fotoelettronica a

raggi X

Fig. 6: Rappresentazione schematica del processo innovativo di produzione di un elettrodo nanocomposito mediante PECVD e GED

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Nanocomposite electrodes for polymer electrolyte fuel cells

formance improvement. Finally, the use of bimetallic catalysts resulted in an in-crease in poisoning tolerance and, conse-quently, of long-term aging and stability.

EXPERIMENTAL SETUPGraphite sheets, catalysed with elec-trodeposited nickel nanoparticles, were use as substrates. The CNF were grown in a PECVD reactor, by varying the op-erating conditions (temperature, pres-sure, H2/CH4 ratio) to obtain the desired morphology.The electrode was carried out by galva-nostatic co-electrodeposition (GED) of platinum and gold on the nanofibers (fig. 4a), using H2PtCl6 (2.5÷5 mM) and AuCl3 (1÷5 mM) in H2SO4 1 M as precursor. The choice of Au as Pt co-catalyst was due to its low cost respect to the ruthenium, normally used in the commercial PtRu electrocatalysts for the DMFC anode.The electrodes physical-chemical char-acterization was performed by field emission scanning electron microsco-py (FESEM), UV-VIS spectrophotomet-ric analysis, X-ray photoelectron spec-troscopy (XPS). The electrocatalytic be-haviour was investigated by analysing the methanol oxidation reaction (MOR) through 200 cycles of cyclic voltamme-try (CV) in CH3OH 0.5 M + H2SO4 1 M, to simulate an accelerated ageing test [6].

RESULTS AND DISCUSSIONThe FESEM micrograph in figure 4b shows high quality nanofibers with a platelet morphology (pCNF) and a diam-eter in the range of 100-200 nm. Such type of nanofibers resulted to be the most performant as electrocatalyst sub-strate [3]. Indeed, the XPS and electro-chemical characterization highlighted a higher surface and the presence of func-tional groups containing oxygen that in-crease the long term stability.The PtAu bi-metallic nanoparticles, depos-ited on pCNF, showed a localization only on the exposed electrode surface (figure 4a and 4c) with a high reduction of the catalyst load and therefore of the costs, comparing to the traditional method. Be-sides, the pCNF morphology determined a strong anchorage of the catalyst nan-oparticles, building up a nanocomposite with reduced coalescence phenomena.The electrocatalytic properties for the methanol oxidation on the PtAu/pCNF electrodes also showed better perfor-mance compared to those of a commer-cial PtRu/C electrode [6] (tab.2). The

n the last few years great interest is addressed to all the issues related to materials engineering and raw mate-rials for energy, due to the current en-

ergy crisis and the risk of traditional ener-gy sources depletion. The need to reduce the dependence on fossil fuels and to decrease the heat generation by energy sources is more and more accentuated.The use of alternative and sustainable sources is therefore a very current re-search topic, because of the problem of waste disposal, pollution and the oil price fluctuations. The fuel cells fit this field. In particular, polymer electrolyte fuel cells are electrochemical generators able to convert, directly and continuously, the chemical energy of a fuel (H2 or metha-nol) and an oxidant (O2 or air) into elec-trical energy, with water and heat as the only by-products. The supply of electric power goes on until the cell is fed with fuel at the anode and with oxidant at the cathode [1]. The two reagents remain separated and the reactions take place on the specific electrodes, the anode and cathode, through the electrolyte, i.e. a polymer membrane (Nafion) pro-tons conductor (fig.1). These cells may be fed at the anode with hydrogen (PEFC) or methanol (DMFC) and operate according to the reactions shown in table 1. They are currently used in space vehicles, sub-marines, power systems up to 200 kW (PEFC), and for micro-applications in te-lephony, in computing and generally in portable electronics. These devices have had a major boost in recent years due to their lightness and compactness, high power output density, easy of assembly and operation and starting speed. Their wide commercialization, however, is still limited by the high cost, mainly due to problems related to the kinetic cathod-ic oxygen reduction when using air at at-mospheric pressure as oxidant, and the poisoning of the anode catalyst when us-ing as fuel the hydrogen produced by hy-drocarbon reforming or methanol. Fur-thermore, it is crucial to be able to reduce the load of Pt-based electrocatalyst, in or-der to contain the electrodes cost while maintaining the same performance.To increase the efficiency of the polymer electrolyte fuel cells, three different ap-proaches can be followed:• to increase the electrodes catalytic ac-

tivity by varying the nanophase struc-ture of the catalyst

• to increase the Pt utilization through a better dispersion of the catalyst

• to improve the catalytic layer structure acting on its morphology.

The use of composite nanomaterials for the electrodes realization can contribute to overcoming these problems.The layers constituting an electrode are shown in figure 2:• macroporous carbon paper or carbon

cloth substrate (100-500 µm thickness)• microporous carbon/PTFE diffusion

layer (~100 µm thickness), allowing the diffusion of feed gas and reaction products

• microporous catalytic layer (~50 µm thickness), on which the electrochem-ical reactions take place.

In the conventional electrodes, a carbon/PTFE ink is sprayed onto the carbon pa-per substrate, thus forming the diffu-sion layer; while an ink made of carbon, Nafion and catalyst/coal is sprayed in the same manner, forming the catalytic lay-er, as shown in figure 3. In the latter ink, the catalytic powder is prepared by the impregnation-chemical reduction method from a solution of a catalyst precursor, ac-cording to the insert of figure 3. The cat-alysts most frequently used are particles of platinum or alloys supported on high specific surface area carbons (eg. Vul-can carbon, porous carbon, hollow gra-phitic particles, etc.). The two electrodes are finally assembled with the electrolyte membrane (50-300 µm thickness).Our research activity led to the develop-ment of innovative electrodes based on carbon nanofibers (CNF) [2,3] and bime-tallic platinum/gold catalytic nanoparti-cles [4,5]. The CNF were directly grown on the graphite paper substrate by plas-ma assisted chemical vapour deposition (PECVD) process, that is based on the dissociation of hydrocarbon precursor, catalysed by transition metals and their alloys, and the deposition of the obtained carbon atoms on the substrate. The pro-cess was optimized to allow an accurate control of the CNF morphology through the operating parameters. The direct growth of nanofibers on the substrate al-lowed to eliminate the conventional ink spraying of the electrode diffusion layer. The metal nanoparticles were then elec-trodeposited on CNF through single pulse galvanostatic electrodeposition, further simplifying the process avoiding the step of catalytic layer spraying as well. This technique also allowed to localize the catalyst only on the exposed surface of the electrode with great gain in terms of catalyst amount and utilization and per-

I

Leonardo Giorgi – Scienza dei Materiali & ElettrochimicaElena Salernitano – ENEA, Laboratorio Tecnologie dei Materiali

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48 Compositi 48 Compositi

- Nanocomposite electrodes for polymer electrolyte fuel cells -

nanoparticles allowed the synthesis of an electrode for PEFC/DMFC with high performance and low production cost.

Acronyms• CNF: Carbon NanoFiber• CV: Cyclic Voltammetry• DMFC: Direct Methanol Fuel Cell• EAS: Electrochemical Active Surface• GED: Galvanostatic ElectroDeposition• FESEM: Field Emission Scanning Elec-

tron Microscope• Lpt: platinum load• MOR: Methanol Oxidation Reaction• MSA: Mass Specific Activity• pCNF: platelet Carbon NanoFiber• PECVD: Plasma Enhanced Chemical

Vapour Deposition• PEFC: Polymer Electrolyte Fuel Cell• UV-VIS: Ultraviolet-Visible spectro-

photometry• XPS: X-ray Photoelectron Spectroscopy

REFERENCES[1] Giorgi L., Leccese F., “Fuel Cells: Technol-ogies and Applications”, The Open Fuel Cells Journal, 2013; 6; 1-25[2] Lee K., Zhang J., Wang H., Wilkinson D.P., “Progress in the synthesis of carbon nano-tube and nanofiber supported Pt electrocat-alyst for PEM fuel cell catalysis” Journal of Applied Electrochemistry, 2006; 36; 507-522[3] Salernitano E., Giorgi L., Dikonimos Th., “Direct growth of carbon nanofibers on car-bon-based substrates as integrated gas diffu-sion and catalyst layer for polymer electrolyte fuel cells”, International Journal of Hydrogen Energy, 2014; 39; 15005-15016

PtAu/pCNF catalyst revealed an increase of the tolerance to poisoning by CH3OH and its reaction products (CO, aldehyde, formic acid), with a gain in terms of long term stability, wide increase of the mass specific activity (MSA) and remarkable decrease of the catalyst load. Particularly, the Figure 5 shows that the PtAu/pCNF catalyst has both a high catalytic activity and a high long term stability compared to the commercial PtRu/C catalyst.In addition to the electrocatalytic per-formance, another aspect to be consid-ered in the comparison between the in-novative (PECVD+GED, fig. 6) and the conventional (impregnation/chemical re-duction, fig. 3) process is the production cost. Considering the production of 100 electrodes with a surface of 60 cm2, the combination of PCVD and GED technique leads to a four times cost reduction. This is an important result, since nearly a quar-ter of the whole fuel cell cost is related to the catalytic layer. Consequently, the scaling-up of the composite catalyst/CNF can be very promising as it offers a number of other advantages such as the no need to perform hydrogen treatment, the absence of precursors reduction res-idues, a much greater process simplicity due to much lower number of steps and the presence of a single layer with both the diffusive and catalytic function.

CONCLUSIONSThe combination of CNF growth by PECVD and electrodeposition of catalyst

Polynt has been active in the production, sales, research and develop-ment of organic anhydrides and their derivatives for over 60 years. This article presents an overview of milestones reached to provide superior performance gel coats and unrivalled service to its customers.Polynt Composites is a global leader in the production and sale of gel coats. With passion, expertise, technology and innovation all going into the creation of its POLYCOR® gel coats, Polynt Composites produces and distributes the ‘ultimate’ range of high quality gel coats all over the world. POLYCOR® gel coats offer High Resistance to both weathering and wa-ter contact, they benefit from ease of use for both Brush and Spray ap-plications, and are available in a wide range of colours and a Low-Sty-rene Content (LSC) range. POLYCOR® gel coats are formulated to be ready to apply and are the most complete Gel Coat and Top Coat prod-uct line for the composites industry.For the European Marine and high-performance markets, Armorflex 99F is an Advanced technology polyester gel coat which has been devel-oped for an easy and accurate application: it is available in white and off white shades. Armorflex 99F is highly flexible, pre-accelerated and has a Low-Styrene Content (LSC), reducing styrene emissions by up to 50% compared to standard gel coats. It also maintains good UV resist-ance with reduced chalking and yellowing in outdoor applications and

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[4] Giorgi L., Giorgi R., Gagliardi S., Serra S., Alvisi M., Signore M. A., Piscopiello E., “Plati-num-Gold Nanoclusters as Catalyst for Direct Methanol Fuel Cells”, Journal of Nanoscience and Nanotechnology, 2011; 11; 8804-8811[5] Giorgi R., Giorgi L., Gagliardi S., Saler-nitano E., Alvisi M., Dikonimos Th., Lisi N., Valerini D., De Riccardis F., Serra E., “Nano-materials-based PEM electrodes by combin-ing chemical and physical depositions”, Jour-nal of Fuel Cell Science and Technology, 2011; 8; 041004-1 – 041004-6[6] Giorgi L., Salernitano E., Dikonimos Th., Gagliardi S., Contini V., De Francesco M., “In-novative electrodes for direct methanol fuel cells based on carbon nanofibers and bimetal-lic PtAu nanocatalysts”, International Journal of Hydrogen Energy, 2014; 39; 21601-21612

All the mentioned figures refer to the Italian version

Fig. 1: Schematic representation of the operation of a polymer electrolyte fuel cell, fed by hydrogen or meth-anol as fuel Fig. 2: Schematic representation and FESEM micrograph of an electrode (a: catalytic layer, b: diffusive layer, c: carbon paper substrate) Tab.1: Electrochemical reactions, at electrodes and overall, in PEFC and DMFC Fig. 3: Schematic representation of the electrode assembly by spray technique Fig. 4: Structure of the electrode produced by PECVD+ELD (a). FESEM micrographs of pCNF type carbon nanofiber (b) and PtAu nanoparticles electrodep-osited on pCNF (c) Tab.2: Electrocatalytic parameters of 200 MOR cycles. (LPt: Pt load; EAS: electrochemical specific active surface; MSA: mass specific activity for methanol oxidation) Fig. 5: Evolution of the catalyst mass specific activity (MSA) for PtAu/pCNF and PtRu/C Vulcan Fig. 6: Schematic representation of the innovative production process of a nanocomposite electrode by PECVD and GED.

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50 Compositi

Ricerca e sviluppo di materiali compositi sostenibili ad alta resistenza al fuoco

tire dai materiali ottimizzati di cui so-pra, nella prospettiva di un’applicazio-ne dei risultati alla creazione di compo-siti per i settori delle costruzioni e dei trasporti pubblici.

Riguardo al miglioramento delle presta-zioni funzionali delle nuove strutture in tessuto, AITEX si sta concentrando sul-lo sviluppo di fibre resistenti al fuoco. L’i-stituto sta svolgendo una ricerca sui pro-cessi produttivi inerenti le fibre termo-plastiche di polipropilene (PP) e solfuro

L’obiettivo chiave del progetto PYROS è la ricerca e sviluppo di materiali compo-siti sostenibili con grande capacità di re-sistenza al fuoco con applicazioni tecno-logiche nei settori dei trasporti pubblici e delle costruzioni. In entrambi i setto-ri considerati dal progetto esiste un’am-pia gamma di materiali comunemente utilizzati che potrebbe essere sostitui-ta da compositi sostenibili e ignifughi, con prestazioni di resistenza al fuoco e di eco-compatibilità migliorate.Nei decenni scorsi il settore dei compo-siti è cresciuto rapidamente con la produ-zione di fibre ad alta robustezza, lo svilup-po di nuovi materiali polimerici e il miglio-ramento di tecniche e processi produtti-vi. Questa rapida crescita dei materiali è stata sostenuta principalmente dai set-tori aeronautico, automotive, dei traspor-ti e delle costruzioni, e in molte applica-zioni questi materiali hanno dimostrato di poter offrire prestazioni di gran lunga mi-gliori rispetto ai materiali convenzionali.Il progetto PYROS mira a sviluppare nuo-vi materiali compositi sostenibili con pro-prietà di resistenza al fuoco attraverso i seguenti mezzi:• ricerca e sviluppo della matrice poli-

merica che formerà il composito e che sarà addizionata con prodotti chimici

ignifughi per renderla resistente al fuo-co. Saranno compiuti sforzi di ottimiz-zazione di matrici polimeriche sia ter-moplastiche che termostabili.

• Ricerca e sviluppo della matrice tessi-le che formerà il rinforzo composito. Si svolgerà un lavoro di applicazione di processi di finitura del tessuto con prodotti chimici ignifughi atti a render-lo resistente al fuoco.

• Ricerca e sviluppo di compositi soste-nibili con alta resistenza al fuoco a par-

Research and development of sustainable highlyfire-resistantcomposite materials

The core objective of PYROS “Research and development of sustainable highly fire-resistant composite materials” is the research and development of sustainable highly fire-resistant composite materials with technical applications in the field of public transport and construction. In both sectors considered by the project, there is a wide range of commonly-used ma-terials which could be replaced by sus-tainable, fire-resistant composites with enhanced fireproofing performance and environmental-friendliness.In recent decades the composites indus-try has grown rapidly through the man-ufacture of high-strength fibres, the de-velopment of new polymer materials and improved manufacturing techniques and processes. This rapid growth in materials has been mainly driven by the aerospace, automotive and transport and construc-

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51Compositi

di polifenilene (PPS) che siano state ad-dizionate di composti ignifughi. Nel suo stabilimento sperimentale di miscelazio-ne ed estrusione, AITEX sta ricercando la massima concentrazione di composto ignifugo che si può aggiungere al poli-mero termoplastico. Le particolari con-dizioni di estrusione richiedono un’atten-ta selezione del composto ignifugo adat-ti, poiché la dimensione del particolato del composto e la sua compatibilità con il polimero saranno cruciali per il corret-to trattamento del polimero nella fase di miscelazione.Inoltre, AITEX sta contemporaneamen-te lavorando sulla funzionalizzazione chi-mica di fibre naturali come lino e iuta per sviluppare strutture di rinforzo ibride leg-gere e sostenibili ai fini delle applicazioni studiate all’interno del progetto.Usando la facility di finitura del filato dell’AITEX, si sta svolgendo una ricer-ca sulla massima concentrazione di ri-tardante di fiamma incorporabile e un’a-nalisi del tipo più adatto di agente ritar-dante. Al momento attuale, si è ottenu-to un apprezzabile successo nella fun-zionalizzazione della fibra di lino, incre-mentando significativamente la sua re-sistenza al fuoco.L’indice limite di ossigeno (LOI, Limiting Oxygen Index) di un materiale è usa-to nello sviluppo di materiali plastici con buon comportamento di resistenza al fuo-co. È una procedura che si basa sul prin-cipio chimico della combustione, che ri-chiede un materiale combustibile, una sorgente di innesco e la presenza di os-sigeno. La procedura è centrata sul ten-tativo di dare fuoco al materiale e man-tenere una fiamma a diverse concentra-zioni di ossigeno, così da scoprire la so-glia oltre la quale il tessuto può bruciare, e sotto la quale la combustione non av-viene. L’atmosfera terrestre contiene ap-

prossimativamente il 21% di ossigeno, e qualsiasi materiale che possegga un LOI superiore a questa concentrazione è con-siderato con un buon comportamento al fuoco (e tanto migliore quanto maggiore l’indice), mentre quelli con un LOI sotto il 21% bruceranno prontamente in con-dizioni normali.Usando la procedura di prova descritta, con una leggera modifica alla procedu-ra di supporto e l’introduzione del cam-

pione nella camera di combustione, si è eseguito un confronto iniziale dei diver-si trattamenti applicati alla fibra di lino e di iuta. Nel caso della fibra di iuta, la fun-zionalizzazione ignifuga ha avuto succes-so e ha aumentato il LOI dal valore inizia-le di 22 a 37. Questo rilevante incremen-to colloca il materiale risultante a pari li-vello rispetto a fibre ad alte prestazioni come clorofibra, fibra fenolica e poliben-zimidazolo.

tion industries and the materials have proved to have vastly improved perfor-mance when compared to conventional materials in many applications.The PYROS project aims to develop new sustainable fire-resistant composite ma-terials by the following means:• Research and development of the pol-

ymer matrix which will form the com-posite and which will be additivated with fire retardant chemicals to make it fireproof. Work will be undertaken into the optimisation of both thermoplastic and thermostable polymer matrices.

• Research and development of the tex-tile structure which will form the com-posite reinforcing. Work will be under-taken into the application of textile fin-ishing processes with fire retardant chemicals to make it fireproof.

• Research and development of high-

ly fire-resistant sustainable compos-ites from the above optimised materi-als with a view to applying the results to the creation of composites for the construction and public transport in-dustries.

With regards to enhancing the function-al performance of the new textile struc-tures, AITEX is focusing on the develop-ment of fire-resistant fibres. The Institute is researching the manufacturing process-es involved in thermoplastic fibres of poly-propylene (PP) and polyphenylene sulfide (PPS) which have been additivated with fire-retardant compounds. AITEX is re-searching the maximum concentration of fire retardant that can be additivated to the thermoplastic polymer on its compound-ing and extrusion experimental plant. The special extrusion conditions require care-ful selection of the correct FR compound

as the particle size of the compound and its compatibility with the polymer will be crucial to the correct processability of the polymer in the melt-spinning stage.AITEX is also working concurrently on the chemical functionalisation of natural fibres such as linen and jute, to develop lightweight, sustainable hybrid reinforc-ing structures for the applications being studied by the project.Using the yarn finishing facility at AIT-EX, research is being undertaken into the maximum concentration of FR agent that can be incorporated and an analysis of the most appropriate type of FR agent. To date, notable success has been achieved in the functionalisation of linen fibre, in-creasing its resistance to fire significantly. The Limiting Oxygen Index (LOI) of a ma-terial is used in the development of plastic materials with good fire behaviour. It is a

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52 Compositi

- Ricerca e sviluppo di materiali compositi sostenibili ad alta resistenza al fuoco -

procedure which is based on the chemi-cal principal of combustion which requires a combustible material, a source of ig-nition and the presence of oxygen. The procedure centres on attempts to make the sample material ignite and maintain a flame in varying concentrations of oxygen to discover the threshold above which the fabric can burn, and below which com-bustion does not occur. Earth’s atmos-phere contains approximately 21% oxy-gen, and any material which possesses an LOI above this concentration is said to have good fire behaviour (and the greater the better), while those with an LOI below 21% will burn readily in normal conditions.Using the test procedure described above, with slight adaptation of the sup-port procedure and the introduction of

the sample into the combustion cham-ber, an initial comparison was performed of the different treatments applied to the linen and jute fibre. In the case of the jute fibre, FR functionalisation was successful and increased LOI from an initial value of 22 to 37. This notable increase puts the resulting material on a par with high-per-formance fibre such as chlorofibre, phe-

nolic fibre and polybenzimidazole.The resulting functionalised natural fibre will be used by AITEX in the develop-ment of hybrid linen-thermoplastic yarns which will be woven into thermoplastic composites. The project is also consider-ing the development of heat-stable com-posites reinforced with the highly fire-re-sistant natural vegetable fibre structure.

La fibra naturale funzionalizzata così risul-tante sarà usata da AITEX nello sviluppo di filati ibridi lino-termoplastico che sa-ranno intessuti in compositi termoplasti-

ci. Il progetto sta anche considerando lo sviluppo di compositi termostabili rinfor-zati con la struttura a fibra naturale vege-tale ad alta resistenza al fuoco.

The PYROS project began in the first quarter of 2016, and is expected to end in December 2017. The collaborators on the initiative are AITEX (Textile Re-search Institute) and AIMPLAS (Plastics Technology Centre). PYROS is funded by the Conselleria d'Economia Sostenible, Sectors Productius, Comerç i Tre-ball through IVACE, and is co-funded by the European Union Regional Devel-opment Fund, within the FEDER Operative Programme of the Valencian Re-gional Government 2014-2020.

Il progetto PYROS è iniziato

nel primo trimestre del 2016,

e la sua conclusione è previ-

sta per il dicembre 2017. I col-

laboratori all’ iniziativa sono

AITEX (Istituto di Ricerca Tes-

sile) e AIMPLAS (Istituto di

Tecnologia Plastica). PYROS

è finanziato dalla Conselleria

d’Economia Sostenible, Set-

tori Produzione, Commercio e

Lavoro attraverso IVACE, ed è

cofinanziato dal Fondo di Svi-

luppo Regionale dell’Unione

Europea, all’ interno del Pro-

gramma Operativo FEDER del

Governo Regionale Valenciano

2014-2020.

Per maggiori informazioni:Asociación de Investigación de la Industria Textil (AITEX)

Plaza Emilio Sala, 1 03801 Alcoy (Alicante)Tel: +34 965542200Fax: +34 965543494

www.aitex.es

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53Compositi

Metodi ottici interferometrici per l’industria aerospaziale

go e complesso. Inoltre le tecniche otti-che interferometriche rappresentano un metodo di CND che permette di ispezio-nare materiali compositi riempiti con ma-teriali schiumosi dove è difficile applica-re gli ultrasuoni. Le tecniche interferome-triche sono basate sul fenomeno dell’in-terferenza ed in particolare sul cosiddet-to “speckle”. Lo speckle, che dà il nome ad une delle tecniche più utilizzate, ov-vero l’Electronic Speckle Pattern Interfe-romery (ESPI), è un fenomeno che trae origine dalla natura coerente della luce utilizzata (ovvero il laser) che incidendo su una superficie scabra compie un sal-to di fase casuale senza perdere appun-to la sua coerenza.Questa genera un effetto di interferenza che può essere costruttiva o distruttiva dando origine ad immagini composte da “puntini” scuri e luminosi. Questo mo-dello di puntini viene sfruttato per rileva-re variazioni delle superfici con una sen-sibilità inferiore alla lunghezza d’onda del

metodi di controlli non distruttivi (CND) sono definiti come un insieme di tecnologie atte a verificare proces-si e prodotti secondo opportuni requi-

siti di controllo qualità. Qualunque meto-do di CND dovrebbe preferibilmente ga-rantire alcuni importanti prerequisiti tec-nici come ad esempio la non invasività e la possibilità di effettuare misure senza contatto a pieno campo. Esiste una gran-de varietà di CND impiegati in settori mol-to differenti, dalla medicina ad esempio, al campo dei beni culturali. I CND tutta-via sono riferiti maggiormente a processi e prodotti industriali. A tal proposito, alcu-ni esempi di applicazioni possono essere: la verifica dell’integrità di materiali e com-ponenti, la misura di caratteristiche geo-metriche, la rivelazione e valutazione di danni e difetti o anche il monitoraggio di parametri di processo. I diversi metodi di CND sono stati sviluppati per rispondere a diverse esigenze. Tra i tanti, le tecniche ottiche interferometriche, basate sull’uti-

lizzo di laser, hanno trovato impiego per il controllo di materiali compositi di varia na-tura. La Shearografia, ad esempio, è stata inclusa tra le norme dell’industria aeronau-tica e aerospaziale (ASTM E2581-07) per “Polymer Matrix Composites, Sandwich Core Materials and Filament Wound Pres-sure Wessel’s” e ad oggi è una tecnica di CND essenziale in importanti programmi aeronautici.Questo tipo di tecnologia, grazie soprat-tutto all’evoluzione dei sensori, al mi-glioramento delle capacità di calcolo ed alla migliore efficienza e compattez-za delle sorgenti laser, offre la possibi-lità di controlli in tempo reale e a pieno campo su superfici articolate, ponendo-si come analisi complementare ad altre tecniche, come ad esempio quelle ba-sate su ultrasuoni, tipicamente impiega-ti in campo aeronautico. L’ispezione ve-loce (fast inspection) è ottenuta laddo-ve invece mediante tecniche convenzio-nali è necessario un intervento più lun-

I

Vito Pagliarulo, Pietro Ferraro – Istituto di Scienze Applicate e Sistemi Intelligenti, Consiglio Nazionale delle Ricerche

Fig. 1 Schema base del setup ottico di un sistema ESPI ed immagine del laboratorio CND del CNR-ISASI

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laser impiegato (ovvero nel visibile di alcune centinaia di nm). Il principio di funzionamento è concettualmente semplice. La superficie di interesse viene illuminata dalla sorgente laser ed attraverso un opportuno sistema ottico, utilizzando una comu-ne camera basata su CMOS o CCD, viene acquisito un’interfe-rogramma speckle ovvero un’immagine dello speckle sovrap-posta ad un fascio, detto di riferimento, derivato dallo stesso laser. L’immagine viene quindi registrata come matrice di pun-ti da un computer. Lo schema di base del setup ottico è illu-strato in figura 1 insieme ad un’immagine del laboratorio CND presso il CNR-ISASI (www.isasi.cnr.it).Se la superficie è sottoposta ad una perturbazione, ad esem-pio attraverso un riscaldamento o una compressione, cambia le sue caratteristiche geometriche e di conseguenza il modo in cui riflette la luce ovvero il suo speckle.Il sistema ESPI acquisisce due immagini dello stesso speck-le, rispettivamente prima e dopo la sollecitazione. Il confron-to tra le due immagini acquisite (ovvero la sottrazione nume-rica delle due) porta alla creazione di un’immagine che mo-stra una serie di frange, dette di correlazione, sovrapposte sul-lo schermo alla superficie in esame. È la cosiddetta interfe-rometria olografica, metodo utile anche per l’analisi dei feno-meni di vibrazione attraverso acquisizioni multiple. Tali frange evidenziano la deformazione fuori dal piano che la superficie ha subito a seguito della perturbazione. Osservando la forma e la direzione delle frange è possibile evidenziare le disconti-nuità della superficie causate da danni, delaminazioni, imper-fezioni, inclusioni, ecc… Con differenti setup ottici è possibi-le inoltre studiare anche le deformazioni nel piano dell’ogget-to osservato, anche se tali configurazioni sono meno utilizza-te in ambito CND. Nel caso della shearografia, quello che è possibile misurare è la derivata della deformazione fuori dal piano. Ciò è conseguenza del fatto che l’interferogramma ot-tenuto con tale tecnica è realizzato dalla sovrapposizione di due speckle della superficie in esame distanziati da un fatto-re noto e ha come vantaggio il fatto che i sistemi shearogra-fici sono molto meno sensibili alle vibrazioni e sono per que-sto più facilmente impiegabili “sul campo”.Esaminiamo un caso concreto per capire come lavora questo tipo di tecnica. Una delle caratteristiche dei materiali compo-siti è la complessità dei danni che si sviluppano a seguito di un evento distruttivo. Una situazione particolarmente interes-sante avviene quando una parte in composito subisce un dan-no, ad esempio a seguito di un impatto, ma il danno stesso è appena visibile se non del tutto invisibile ad occhio nudo. In campo aeronautico questo tipo di danneggiamento può esse-re causato dalla grandine o da un impatto con un volatile ed avere conseguenze importanti anche se il danno in apparenza è minimo. Per i test effettuati in laboratorio presso il CNR-I-SASI, sono state impiegate piastre in fibra di carbonio e re-sina epossidica certificata per uso aeronautico di dimensioni 10x15 mm e spessore 2.5 mm.Le piastre sono state impattate con un impattatore emisferi-co a diverse energie d’impatto.La piastra mostrata in figura 2 è stata impattata con un’ener-gia d’impatto di 6J. Come si evince dall’immagine il danno non è visibile. Utilizzando per i test non distruttivi un sistema ESPI con una sorgente laser di lunghezza d’onda di 532 nm è stato possibile rivelare la dimensione reale del danno. Uno stimolo termico è stato applicato al campione attraverso una lampada ad incandescenza. La superficie ha subito solo un piccolo gradiente di temperatura, inferiore a 1°C. Tuttavia, lo stimolo termico è stato sufficiente ad indurre una deformazio-ne tale da evidenziare nell’ologramma speckle qualsiasi dan-no dovuto all’impatto. Il risultato mostrato in figura 3 consen-te di individuare facilmente il danno da impatto.Le frange mostrano in maniera inequivocabile la presenza di una zona danneggiata (delaminata) a seguito dell’impatto. Per meglio evidenziare la zona discontinua, vengono utilizzate di-

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55Compositi

tendenze delle tecnologie dei CND che vedranno nei prossimi anni lo sviluppo di controlli non distruttivi automatizzati, gra-zie all’utilizzo sempre più diffuso dell’in-telligenza artificiale e dei robot.

BIBLIOGRAFIA/REFERENCESV. Pagliarulo et al. “Impact damage investi-gation on composite laminates: comparison among different NDT methods and numerical simulation” Meas. Sci. Technol. 26, 085603 (9pp) (2015)V. Pagliarulo et al. “Evaluation of delamina-ted area of polymer/carbon nanotubes fi-ber reinforced composites after flexural te-sts by ESPI” IEEE MAS Proc. 6865922, 211–215 (2014)Antonucci, V. Caputo, F Ferraro, P. Langella, A. Lopresto, V. Pagliarulo, V. Ricciardi, M.R. Riccio, A. Toscano, C. “Low velocity impact response of carbon fiber laminates fabrica-ted by pulsed infusion: A review of damage investigation and semi-empirical models va-lidation” Prog. Aerosp. Sci 81, 26-40 (2016)M. P. Georges “Comparison between ther-mographic and holographic techniques for nondestructive testing of composites: Simi-larities, differences and potential cross-ferti-lization” Proc. Of SPIE 9660, 966002 (2015)D. Francis, R. P. Tatam and R. M. Groves “Shearography technology and applications: a review” Meas. Sci. Technol. 21, 102001 (29pp) (2010)

verse tecniche numeriche sull’immagi-ne che rimuovono il rumore e “filtrano” le frange che riguardano la deformazione attesa della piastra a seguito del riscal-damento. In particolare le tecniche uti-lizzate vengono dette di “unwrapping”. Il risultato è un’immagine che evidenzia meglio la zona danneggiata e consente di valutarla in maniera più accurata (vedi figure 4 e 6).Può essere interessante studiare come l’energia di impatto si sia scaricata lungo lo spessore del composito. A tale scopo si può investigare anche il lato posterio-

re della piastra.Come evidenziato in figura 5, il danno sul lato posteriore è diverso e si è propagato lungo una direzione preferenziale.

CONCLUSIONILa forza delle tecniche ottiche interfero-metriche risiede sul fatto che è possibile indagare superfici a pieno campo, senza contatto e in tempo reale. Inoltre, esse consentono di ottenere analisi quantitati-ve del danno. Sono quindi tecniche com-plementari per ispezioni veloci. Inoltre si prestano a sposare molto bene le future

- Metodi ottici interferometrici per l’industria aerospaziale -

Fig. 2 Piastra impattata con energia 6J Fig. 4 Mappa a contrasto di fase “svrappata” del lato impattato

Fig. 3 Frange di correlazione sul lato impattato Fig. 5 Mappa a contrasto di fase “svrappata” del lato posteriore

Fig. 6 Dettaglio del danno elaborato in 3D

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56 Compositi

Optical interferometric methods for the aerospace industry

on Destructive Testing (NDT) are defined as a set of technol-ogies designed to verify pro-cesses and products accord-

ing to appropriate quality control require-ments. Any NDT approach should prefer-able guarantee, some important techni-cal prerequisites, i.e. it should be not-inva-sive, non-contact and full-field. There is a wide variety of NDT techniques useful in many different fields, from medicine, for example, to the field of cultural heritage. The NDT however are more related to in-dustrial processes and products. In this regard, some examples of applications in-clude verification of the integrity of the ma-terials and components, the measurement of geometric characteristics, the detection and evaluation of defects or damage and also the monitoring of the process param-eters. Different NDT methods have been developed to meet various requirements. Among others, optical interferometry tech-niques, based on the use of lasers, have found application for the control of com-posite materials of different nature. Shea-rography, for example, has been included among the standards of the aviation and aerospace industry (ASTM E2581-07) for “Polymer Matrix Composites, Sandwich Core Materials and Filament Wound Pres-sure Wessel’s” and nowadays it is an es-sential NDT technique for important air-craft programs. This type of technology, thanks to the evolution of the sensors, the improvement of computing power and bet-ter efficiency and compactness of the laser sources, offers the possibility of monitor-ing in real time and in full-field mode com-plex surfaces, acting as a complementary analysis to other techniques, such as those based on ultrasonic, typically employed in the aeronautical field. Fast inspection is as-sured where instead by conventional tech-niques it is necessary a longer and more complex operation. Moreover, optical in-terferometric techniques represent a NDT method that allows inspection of compos-ite filled by foam materials where ultra-sounds are difficulty to apply. Interferomet-ric techniques are based on phenomenon called ”speckle“. Speckle, which gives its name to each of the most common tech-niques, namely the Electronic Speckle Pat-tern Interferometry (ESPI), is a phenome-non that originates from the coherent na-ture of the light used (i.e. the laser) hitting a rough surface that makes a jump of ran-dom phase without losing its coherence. This generates an interference effect that can be constructive or destructive, giving rise to images composed of ”dots“ dark

and bright. This speckle phenomenon is exploit to detect variations of the surfac-es with very high sensitivity compara-ble to the wavelength of the laser (i.e. in the visible of some hundreds of nm). The principle of operation is conceptually sim-ple. The surface of interest is illuminated by the laser source. Thanks to a suitable optical system and commercial CMOS or CCD camera a speckle image, superim-posed to a reference beam coming from the same laser, is recorded. The image is then stored as an array of bits in a comput-er. The basic scheme of the optical setup and an image of NDT lab at CNR-ISASI (www.isasi.cnr.it) are shown in figure 1. If the surface is subjected to a perturbation induced through a heating or a mechani-cal compression, it changes its geometri-cal characteristics and therefore the speck-le pattern varies at the surface. The ESPI system acquires two images of the same speckle pattern, before and after the per-turbation respectively. The comparison be-tween the two registered images (i.e. the numerical subtraction of the two) leads to the creation of an image that shows a se-ries of fringes, named correlation fringes, superimposed on the screen to the tested surface. These fringes show the deforma-tion out of the plane that the surface has suffered as a result of the perturbation. Observing the shape and direction of the fringes is possible to highlight the surface discontinuity caused by damage, delami-nation, flaws, inclusions etc. With differ-ent optical setup is also possible to study the in-plane deformation but these config-urations are used less in the field of NDT. Instead in the case of shearography the derivative of the deformation out of the plane can be measured. This is a conse-quence of the fact that the interferogram acquired with this technique is obtained by the superposition of two speckle of the examined surface spaced by a known fac-tor and has the advantage that the shea-rography is much less sensitive to vibra-tions and is therefore more easily usable ”on the field“. Let us examine a real case for understanding how works this type of techniques. One of the characteristics of composite materials is the complexity of the damages, which develop as a result of a destructive event. A particularly inter-esting situation occurs when a compos-ite part suffers damage, for example as consequence of an impact, but the dam-age itself is barely visible or completely invisible by naked-eye. In the aeronautics field, this type of damage can be caused by hail or by an impact with a volatile and

N

Vito Pagliarulo, Pietro Ferraro – Istituto di Scienze Applicate e Sistemi Intelligenti, Consiglio Nazionale delle Ricerche

may have important consequences even if the damage is minimal in appearance. For the tests reported in the laboratory at CNR-ISASI, plates in the carbon fiber and certified epoxy resin for aeronautical use were used, with dimensions of 10x15mm and 2.5mm thickness. The plates were im-pacted with a hemispherical impactor at different impact energies. The plate shown in figure 2 has been impacted with ener-gy of 6J. As it can be seen from figure 2, the damage is not visible. By applying the non-destructive testing using ESPI sys-tem with 532nm wavelength laser the re-al-size of the damage can be revealed. A thermal stimulus was applied to the ob-ject through an incandescent lamp. Sur-face suffered only a small temperature gra-dient lower than to 1° C. Nonetheless, the thermal stimulus was able to induce defor-mation and thus highlight any damage due to the impact in the holographic speckle patterns. The result shown in Figure 3 al-lows to detect easily the impact damage. The fringes show unequivocally the pres-ence of a damaged area (delaminated) by the impact. To better highlight the discon-tinuous area, different image numerical techniques are employed to remove the noise and ”filter“ the fringes that regard the deformation of the entire plate as re-sult of the heating. In particular, the tech-niques used are named of ”unwrapping“. Processing the fringe-images by appropri-ate numerical algorithms improves the vis-ualization of the damage that can be bet-ter evaluated (see figure 4 and figure 6). It may be interesting to study how the im-pact energy has been drained along the composite thickness. For this purpose, it can be investigated also the backside of the plate. As shown in Figure 5, the dam-age on the backside is different and has propagated along a preferential direction.

CONCLUSIONSThe powerfulness of the optical interfer-ometric techniques is a consequence of the fact that it is possible to investigate the surfaces at full field, without contact and in real time. Furthermore a quantita-tive analysis of the damage can be also ac-complished. Therefore, they are comple-mentary techniques for fast inspections. Moreover, they lend themselves very well to marry the future tendency of the tech-nologies of the NDT, which will see in the next years the development of automated non-destructive tests thanks to the trend of the artificial intelligence and robots.

All the mentioned figures refer to the Italian version

Fig. 1: Basic diagram of the optical setup of ESPI system and image of NDT lab at CNR-ISASI (www.isasi.cnr.it)Fig. 2: Impacted plate with 6J energyFig. 3: Correlation fringes on the impacted sideFig. 4: Unwrapped phase-contrast map, impacted sideFig. 5: Unwrapped phase-contrast map, back sideFig. 6: Detail of the damage processed in 3D

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58 Compositi

Ispezione scafo con tecniche termografiche

SET-UP DI PROVAI test sono stati eseguiti su uno scafo di un’imbarcazione. Lo scafo si trovava a secco nel cantiere e l’ispezione è stata eseguita in una giornata soleggiata dopo alcune giornate di piogge abbondanti.Per le misure termografiche è stata uti-lizzata una termocamera sc640 con sen-sore microbolometrico 640x480 pixel e sensibilità termica NETD< 30 mK. Ai fini del calcolo dei valori corretti di tempera-tura, per le misure di umidità e tempe-ratura ambiente è stato utilizzato un ter-mo-igrometro Velleman DVM8010.Per l’ispezione ci si è concentrati nella ricerca di zone umide con presenza di acqua incapsulata o evidenza di osmo-si profonda.Le analisi sono state condotte median-te i software IRTA® (by DES srl) e RIR Max (by Flir). RISULTATI E DISCUSSIONELa figura 1 mostra una zona dello scafo e la comparazione tra l’immagine ottenuta nel visibile e l’immagine termica. In tale

materiali compositi presentano ele-vate prestazioni meccaniche in rela-zione al loro peso il che li rende dif-fusamente utilizzati in diversi campi

dell’ingegneria, dall’aeronautico, al navale fino al settore automotive [1]. In partico-lare, varie applicazioni riguardano il setto-re navale dove i materiali compositi sono utilizzati per la costruzione dello scafo es-sendo richiesto, in questo caso, un ele-vato valore del rapporto resistenza/peso e buone caratteristiche meccaniche [2].Le tecniche termografiche si rivelano uno strumento assai utile per il control-lo non distruttivo di strutture in materia-le composito grazie ad alcune peculiari-tà tipiche della tecnica, quali la possibi-lità di eseguire misure senza contatto e la capacità di acquisire immagini a cam-po intero [3-6].La tecnica termografica fornisce, di un oggetto fermo o in movimento e posto a qualunque distanza, un’immagine ter-mica, senza richiedere alcun contatto fi-sico e senza influenzare in alcun modo la temperatura di superficie della sorgen-

te irradiante [4].In letteratura, la termografia viene clas-sificata come stimolata (attiva) e non sti-molata (passiva) a seconda che si utiliz-zi una sorgente di calore esterna per ec-citare termicamente il materiale. In real-tà, la stessa termografia passiva molto spesso si avvale di sorgenti di eccitazio-ne esterne che consentono l’ispezione. Questo è il caso, ad esempio, dell’ecci-tazione solare utilizzata per l’ispezione di murature o delle pale eoliche.In questo lavoro la termografia non sti-molata è stata utilizzata per ispezionare lo scafo di una barca, con particolare ri-ferimento all’opera viva, per la diagnosi della presenza di acqua incapsulata o al-tre anomalie derivanti da osmosi profon-da. In particolare, le eventuali discontinu-ità sono visibili grazie alle loro proprietà termo-fisiche differenti rispetto al resto del materiale. In tal senso, ad esempio, la presenza d’acqua è facilmente rileva-bile in quanto quest’ultima presenta una differente capacità termica rispetto alle zone asciutte.

I

U. Galietti, V.E. Palasciano – Diagnostic Engineering Solutions srlD. Palumbo – Dipartimento di Meccanica, Matematica e Management, Politecnico di Bari

Fig. 1: Immagine nel visibile ed immagine termica zona poppiera, mura a dritta

Fig. 2: Immagine nel visibile ed immagine termica zona poppiera, mura a dritta

Fig. 3: Immagine nel visibile ed immagine termica ottenuta, zona chiglia a tribordo rispetto alla linea d’asse verso la mezzeria dello scafo

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59Compositi

strutturale complessiva dell’opera viva.L’analisi con tecnica termografica ha per-messo di ottenere in breve tempo infor-mazioni circa lo stato dello scafo dell’im-barcazione. In particolare, la possibilità di ottenere immagini IR a campo intero consente di rilevare con una rapida ana-lisi le aree dove sono presenti delle di-scontinuità.

BIBLIOGRAFIA/REFERENCES[1] Hosur, M.V., Murthy, C. R. L., Ramamur-thy, T. S., Shet, A. (1998) Estimation of im-pact-induced damage in CFRP laminates through ultrasonic imaging, NDT&E Interna-tional, 31-5, 359-374.[2] Palumbo D., Ancona, F., Galietti, U. (2015) Quantitative damage evaluation of composi-te materials with microwave thermographic technique: feasibility and new data analysis, Meccanica, 50, 443-460.[3] Tamborrino R., Aversa P., Tatì A., Lupra-no V. A., Galietti U., Palumbo D. (2014) Ultra-sonic and thermographic analisys of compo-site adhesive joints subjected to accelerated aging, ECNDT 2014, Prague.[4] Maldague, X. P. V. (2001) Theory and practice of infrared technology of non-de-structive testing, John Wiley & Sons, Inc, ISBN 0-471-18190-0.[5] Palumbo, D., Galietti, U., (2016), Damage Investigation in Composite Materials by Me-ans of New Thermal Data Processing Proce-dures, Strain, 52(4), 276-285.[6] Palumbo, D., Tamborrino, R., Galietti, U., Aversa, P., Tatì, A., Luprano, V.A.M., (2015), Ultrasonic Analysis and lock-in thermography for debonding evaluation of composite adhe-sive joints. NDT & E International, 78, 1-9.

zona, dove non vi era sole battente, i pa-rametri oggetto inseriti per ottenere l’im-magine termica sono stati:

• temperatura ambiente: 20.6 °C• umidità relativa ambientale: 53%• emissività: 0.92• temperatura riflessa: 23.0 °C.

La temperatura riflessa è stata valutata con metodo ISO 18434-1.Dai dati termografici si notano i differenti materiali superficiali utilizzati con la pre-senza di stucco in corrispondenza delle discontinuità. In questa zona non è stata rilevata alcuna presenza di acqua incap-sulata o fenomeno di osmosi profonda. In figura 2 sono mostrate le immagini relative sempre alla zona poppiera della mura a dritta in una zona dove non è pre-sente il sole battente. Focalizzando l’im-magine termica, anche in questo caso nell’area delimitata dal gesso che do-vrebbe risultare quella ad alta probabili-tà di osmosi, non è stata rilevata alcuna evidenza di acqua incapsulata.In figura 3 è stata analizzata la zona chi-glia a tribordo della linea d’asse verso la mezzeria dello scafo. Nell’immagine ter-mica è visibile una discontinuità che indi-ca la presenza d’acqua stagnante all’in-terno della barca. Si è stimata in questo caso una dimensione della discontinuità di circa 16 cm2.La figura 4 è riferita sempre alla chiglia ma verso la poppa dello scafo. Anche in

questo caso è presente dell’acqua sta-gnante all’interno dello scafo che da ori-gine a una discontinuità di area 10 cm2.La figura 5 mostra 2 immagini termiche acquisite in corrispondenza della zona chiglia a babordo rispetto alla linea d’as-se verso la punta e la mezzeria dello sca-fo. In particolare, nella prima immagine in alto è presente una discontinuità che in-dica la presenza di umidità dovuta al ca-nale di scolo.In figura 6 sono mostrate due immagini riferite alla mura a sinistra. In entrambe, sono ben visibili aree dove è presente lo stucco ma non ci sono discontinuità do-vuti a presenza d’acqua.

CONCLUSIONISi è valutata mediante la tecnica termo-grafica la presenza di acqua incapsula-ta e altre anomalie da osmosi profonda all’interno dello scafo di un’imbarcazione.Dalle analisi termografiche, su tutta la parte inferiore dello scafo, con strumen-ti e tecniche di elaborazione consoni allo stato dell’arte attuale, non c’è evidenza di zone dell’opera viva dello scafo ove sia possibile individuare la presenza di acqua incapsulata per processo osmo-tico profondo.Le zone in cui è stata rilevata dell’umidità sono in corrispondenza di acqua stagnan-te all’interno dello scafo. Tali zone sono di dimensione prossima a circa 10-12 cm2 per l’intero scafo analizzato e si posso-no reputare non rilevanti per l’integrità

Fig. 4: Immagine nel visibile ed immagine termica, zona chiglia a tribordo rispetto alla linea d’asse verso la mezzeria dello scafo

Fig. 5: Immagini termiche, zona chiglia a babordo rispetto alla linea d’asse

Fig. 6: Immagini termiche, zona mura a sinistra

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60 Compositi

Boat hull inspection by thermographic techniques

omposite materials have high mechanical performance in re-lation to their weight which makes them widely used in var-

ious engineering sectors from aeronaut-ics, marine to auto motive [1]. In particu-lar, various applications concern the ma-rine industry where composite materials are used for the construction of hulls as in this case a high value of resistance/weight ratio and good mechanical fea-tures are requested [2].Thermographic methods will prove very useful for the nondestructive testing of composite structures thanks to some typical characteristics such as the abil-ity to perform non-contact measure-ment and the ability to capture full-field images [3-6].Thermography provides – for a still or moving object placed at any distance – a thermal image, without requiring any physical contact and without having any effect on the surface temperature of the radiating source [4].In literature, thermography is classified as stimulated (active) and non-stimulated (passive) depending on whether you are using an external heat source for ther-mally exciting the material. In fact, the same passive thermography very often makes use of external excitation sourc-es which allow for inspection. This is the case, for example, with solar excitation used for the inspection of masonry or of wind turbine blades.In this work, non-stimulated thermog-raphy was used to inspect the hull of a boat, with particular reference to the un-derwater body, for the diagnosis of the presence of encapsulated water or oth-er anomalies resulting from deep osmo-sis. In particular, possible discontinuities are visible due to their thermo-physical properties which are different from the rest of the material. In this sense, for ex-ample, the presence of water is easily detectable because the latter has a dif-ferent thermal capacity to the dry areas.

TEST SET-UPThe tests were performed on a hull of a boat. The hull was ashore in the yard and the inspection was carried out on a sun-ny day after several days of heavy rains. For thermographic measurements we used an sc640 thermal camera with 640x480 pixel microbolometer detec-

tor and NETD< 30 mK thermal sensitivi-ty. For the purpose of calculating correct values of temperature, for moisture and environmental temperature, we used a Velleman DVM8010 thermo-hygrometer. For the inspection, the focus was on the research of wet areas with the presence of encapsulated water or evidence of deep osmosis.Analyses were conducted using IRTA® (by DES srl) and RIR Max (by Flir) soft-ware. RESULTS AND DISCUSSIONFigure 1 shows an area of the hull and the comparison between the image ob-tained with a visible camera and the ther-mal imaging. In this area, where there was no direct sunlight, the object param-eters inserted to obtain the thermal im-aging have been

• environmental temperature: 20.6 °C• relative humidity: 53%• emissivity: 0.92• reflected temperature: 23.0 °C.

Reflected temperature has been as-sessed by ISO 18434-1.Thermographic data show the different surface materials used with the pres-ence of putty in correspondence with the discontinuities. In this area, no trac-es of encapsulated water or deep osmo-sis were found.Figure 2 shows the images related to the stern area on the starboard in an area where there is no direct sunlight. Fo-cusing the thermal imaging, even in this case in the area defined in chalk – which should prove that with high probability of osmosis – there was no trace of encap-sulated water.In Figure 3 we analyzed the keel area starboard side as to the axle line towards the center line of the hull. The thermal imaging shows a discontinuity that indi-cates the presence of stagnant water in-side the boat. In this case, the estimat-ed size of the discontinuity is approxi-mately 16 cm2.Figure 4 still refers to the keel towards the hull stern. Also in this case, there is some stagnant water inside the hull which gives rise to a 10 cm2 disconti-nuity.Figure 5 shows two thermal images ac-quired in correspondence with the keel

C

U. Galietti, V.E. Palasciano – Diagnostic Engineering Solutions srlD. Palumbo – Dipartimento di Meccanica, Matematica e Management, Politecnico di Bari

area port side as to the axle line towards the end and the center line of the hull. In particular, in the first image at top there is a discontinuity that indicates the presence of humidity due to the drain-age duct.Figure 6 shows two images referred to the starboard. In both, areas where put-ty is present are well visible but there are no discontinuities due to the pres-ence of water.

CONCLUSIONSIn this work we evaluated – using the thermographic technique – the pres-ence of encapsulated water and other anomalies due to deep osmosis inside the hull of a boat.Thermographic analyses on the whole lower part of the hull, with tools and pro-cessing techniques suitable for the cur-rent state of the art, did not highlight ar-eas of the hull underwater body where it is possible to detect the presence of water encapsulated for deep osmosisThe areas where we detected humidi-ty are in correspondence with stagnant water inside the hull. These areas have a size of about 10-12 cm2 for the entire hull analyzed and can be deemed not rel-evant for the overall structural integrity of the underwater hull.The analysis with the thermographic method has allowed us to obtain infor-mation about the state of the boat hull in a short time. In particular, the possibili-ty of obtaining IR full-field images allows for detection of the areas where there are discontinuities with a rapid analysis.

All the mentioned figuresrefer to the Italian version

Fig. 1: Visible imaging and thermal imaging of stern area, on the starboardFig. 2: Visible imaging and thermal imaging of stern area, on the starboardFig. 3: Visible imaging and thermal imaging obtained, keel area starboard side as to the axle line towards the center line of the hullFig. 4: Visible imaging and thermal imaging, keel area starboard side as to the axle line towards the center line of the hullFig. 5: Thermal imaging, keel area on the port side as to the axle lineFig. 6: Thermal imaging, port gybe

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CFRP: analisi post impatto mediante tomografia industriale

re di controllo, e un sistema pneumatico preleva automaticamente l’impattatore e lo porta all’altezza corrispondente. L’im-pattatore viene quindi rilasciato in cadu-ta libera fino a colpire il provino con la sua testa emisferica avente diametro 16 mm. Generalmente, la sequenza di pro-va proposta viene identificata come me-todo CAI (Compression After Impact).Durante l’esecuzione di un test di impat-to vengono acquisite posizione, velocità ed accelerazione dell’impattatore. A par-tire dai dati acquisiti viene calcolata la re-sistenza ad impatto del materiale: il pro-filo di accelerazione, moltiplicato per la massa dell’impattatore, fornisce infatti la forza sviluppata durante l’urto. Il softwa-re integra la curva forza-spostamento ed ottiene l’energia assorbita dal provino du-rante l’impatto, ovvero la sua resilienza.Lo scopo delle prove eseguite è stato quello di sottoporre il provino ad un im-patto di energia predefinita, in funzio-ne del suo spessore, e di studiarne suc-

cessivamente i meccanismi di cedimen-to attraverso la tomografia computeriz-zata. Le curve di posizione, velocità, for-za ed accelerazione possono quindi es-sere utilizzate per una valutazione diretta delle caratteristiche del materiale o pos-sono servire come strumento utile per l’integrazione di informazioni all’interno di un modello, che può essere validato mediante un software di simulazione ad elementi finiti.Il software di acquisizione e di elaborazio-ne è in grado di analizzare urti di brevissi-ma durata (6-7 ms), tipici di provini in ma-teriale composito, caratterizzati da ele-vata rigidezza. La figura 3 riporta le cur-ve ottenute dall’impatto su uno dei pro-vini. Si noti la breve durata dell’urto e l’e-levata forza sviluppata durante l’impatto.Le figure 4 e 5 documentano il risultato degli impatti sulle due tipologie di cam-pioni testati.Le medesime tipologie di danneggia-mento rilevate da un’indagine visiva su-perficiale sono presenti anche all’interno del campione, come è possibile vedere dall’indagine tomografica.I campioni testati sono stati sottoposti a scansione tomografica prima e dopo l’impatto. Sono state analizzate due ti-pologie di campioni realizzati con diffe-renti sequenze di laminazione e dimen-sione di trama ed ordito.Il tomografo sfrutta la capacità della ra-diazione x di attraversare la materia, ge-nerando una serie di radiografie che vengono ricomposte, tramite uno spe-

L’interesse per la risposta ad impatto dei materiali compositi è cresciuto notevol-mente dopo la seconda metà degli anni ’60, fenomeno determinato dall’introdu-zione dei materiali compositi rinforzati con fibra di carbonio.Diversamente dai GFRP, che mostrano una buona risposta meccanica quando sottoposti a test di impatto, i CFRP ne-cessitano di indagini più approfondite, data la natura fragile della fibra di carbo-nio. Poiché la principale causa di danneg-giamento di strutture in composito viene determinata dall’impatto di corpi estra-nei, come nel caso della superficie alare di velivoli, l’impatto di un grave su di una superficie piana rappresentativa del ma-teriale è stato adottato come metodo di test principale per valutare i danneggia-menti da impatto. Tuttavia, il test di im-patto non restituisce direttamente infor-mazioni correlabili al meccanismo di dan-neggiamento del componente testato.Pertanto, un insieme di metodi di indagi-ne post impatto si rende necessario per potere determinare le modalità di propa-gazione della rottura e di fallimento del componente. Di seguito viene riportato un esempio di valutazione del danneg-giamento occorso mediante tomogra-fia industriale.Le prove di impatto sono state realizzate mediante torre d’impatto DW 1000 rea-lizzata da Step Lab. La macchina permet-te di eseguire prove con altezza di caduta da 0.05 a 1.25 m. Modulando opportuna-mente il peso dell’impattatore, è possi-bile ottenere energie di caduta che spa-ziano da 5 a 750 J.Le prove sono state eseguite in ac-cordo alla normativa ASTM D7136/D7136M-12. I provini vengono vincola-ti su un supporto dedicato, l’operatore imposta l’energia di impatto nel softwa-

Fabrizio Rosi – TEC Eurolab SrlMarco Salvador e Nicola Guidolin – STEP Lab Engineering Snc

Fig. 1: Torre di caduta DW 1000 utilizzata per i test

Fig. 2: Impattatore a testa emisferica 16 mm, Holder e sequenza di montaggio del campione di prova e volume tomografico del campione A testato

Voltaggio 220kV

Corrente 1000µA

FSP (Focal Spot Size) 209µm

FSM (Focal Spot Mode) Microfocus

Tab. 1

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cifico algoritmo, nel volume interno ed esterno dell’oggetto analizzato. In tal modo, diventa possibile valutare appro-fonditamente dei danneggiamenti inter-ni di componenti, senza alterare in alcun modo il componente analizzato.Il test è stato realizzato mediante un to-mografo NSI X5000, impostando i pa-rametri elettrici ed operativi riportati in tabella 1.Dalle immagini tomografiche è possibi-le analizzare i diversi tipi di difetti svilup-patisi e classificarli in accordo alla nor-mativa ASTM D7136/D7136M-12. A li-vello visivo, è stato possibile rilevare la presenza di una depressione superficia-le post impatto, accompagnata da varie fratture combinate di grandi dimensioni con rottura delle fibre.L’analisi tomografica consente di indaga-re la propagazione della rottura attraver-so i diversi strati del provino. Nella figura 6 sono riportate quattro sezioni progres-sive del campione A analizzato dopo l’im-patto. Come risulta evidente, l’indagine tomografica permette di andare a valuta-re puntualmente le modalità di propaga-zione della frattura, contribuendo sensi-bilmente ad incrementare la comprensio-ne dei meccanismi di danneggiamento, senza alterare permanentemente lo sta-to del campione.

Fig. 3: Esempi di curve di posizione, velocità, accelerazione e forza ottenute dall’impatto del campione di prova B e dati relativi ai due campioni analizzati

Sample ID Spessore medio (mm)

Energia Impatto (J) Forza Max (N)

A 5,6 39,3 7942

B 7,6 50,7 11658

Fig. 4 Fig. 5

Fig. 6

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Global composites industry set to soar

Elysium chair and the zero gravity sensation

“The global composites industry is set to soar. There are plenty of opportunities emerging in various industries,” said Dr. Sanjay Mazumdar, CEO of Lucintel at the CAMX session on the Glob-al State of the Composites Industry in Anaheim, California on Sept. 27, 2016. “We have been on the runway for a long time, but now we’re ready to take off,” said Dr. Mazumdar. Speaking at the CAMX session, Dr. Mazumdar said that inno-vation and partnership will be necessary if the industry is going to achieve that growth potential. He stated that the demand for composites looks very promising in various sectors; growth is driven by light weighting, performance, and aesthetic trends. In the automotive market alone, the opportunity for lightweight materials is expected to reach $350 billion in 2025 and compos-ites can play a significant role in that. Similarly, there is an influx of composites opportunities in consumer goods, such as in cell phone cases, purses, luggage bags, umbrellas, walking sticks, tripods, and sporting goods. These opportunities are worth about $200 billion. Dr. Sanjay Mazumdar said that future market will be highly innovative in various industries and composites will be a big enabler to drive innovations in various applications. He emphasized that the same composites used in bulletproof ap-plications might have utility protecting cell phones from break-age. For example, his middle school daughter cracked her cell phone twice in a year because her phone cases were not strong enough, and he’s s certain that she’s not the only one. Every year, roughly 1.5 billion cell phones are sold, and every year, the composites industry misses out on this tremendous opportu-nity. Not only can phone cases be made shatterproof, but suit-cases can also be made tearproof to increase longevity. These are just a few examples of markets that the composites industry can expand into in with significant results. Lucintel is a manage-ment consulting and market research firm (www.lucintel. com).

be controlled using hand gestures. The chair was created by Da-vid Hugh Ltd, a Cambridge-based design firm which claims it is the most luxurious and technologically advanced chair ever cre-ated. Dr David Wicket, a bioengineer who founded the compa-ny and invented the pricey piece of furniture, said the technol-ogy that controls the movement of the Elysium chair is based on a mathematical model. Users can manipulate it into the ide-al position by shifting their weight in the same manner a mo-torcycle rider might do to change direction. A system of roller bearings provides an almost frictionless movement as it chang-es position. Dr Wicket claims the movement of the chair can help to improve posture by aligning the joints in the pelvis and spine. He said: “The zero gravity sensation is the result of a va-riety of things. The body is suspended at a point of frictionless balance giving a sense of perpetual motion.” A lot of the tech-nology is invisible. The skeleton involves ergonomically engi-neered carbon fibre and aluminium parts bonded together us-ing advanced aerospace adhesives. “The user is connected to the outer frame via only six custom roller bearings that follow a specific path defined by my mathematical model. This is what effectively creates the weightlessness.” The real question, how-ever, is whether all this is worth the hefty price tag.

For those of us who spend hours glued to our seats in front of a computer, getting a comfortable chair can seem a never-end-ing battle. But one chair designer claims to have created the ul-timate design that can make users feel like they are weightless – the only catch is it will set them back £20,000 ($26,000). The designers claim the Elysium uses a combination of electronic joints and bearings that work together to help to create the sen-sation of floating in zero-gravity as they decline. Made from a carbon fibre skeleton and milled aluminium, the chair can also

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