Magazine Rondine 03 ita

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>03/12 C1/3089/2008 franco cardini / GIUSEPPE CASSINI / LUCA CRIVELLARI / CLARA DELLA VALLE MARWAN DI’DES / MARCO IMPAGLIAZZO / CRISTINA LI STEFANO MARINELLI / riccardo migliori / RENATO MISSAGLIA ANTONIO MORABITO / SAVINO PEZZOTTA / GAVINO SINI FRANCESCO TRAVERSI / FRANCO VACCARI / SERGIO VALZANIA E D I Z I O N E I T A L I A N A

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Terza pubblicazione del Magazine Rondine

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>03/12

C1/3089/2008

franco cardini / GIUSEPPE CASSINI / LUCA CRIVELLARI / CLARA DELLA VALLE M A R WA N D I ’ D E S / M A R C O I M PAG L I A Z ZO / C R I S T I N A L I STEFANO MARINELLI / r iccardo migliori / RENATO MISSAGLIAA N T O N I O M O R A B I T O / S AV I N O P E Z ZO T TA / G AV I N O S I N I FRANCESCO TRAVERS I / FRANCO VACCARI / SERG IO VALZANIA

E D I Z I O N EI T A L I A N A

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> Editoriale > Sommario

Direttore

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> In copertina

RONDINENOTIZIE DALLA CITTADELLA DELLA PACERegistrazione presso il Tribunale di Arezzon. 5/2008 del 26 marzo 2008

Iscrizione al Roc n. 20860 dell’11 marzo 2011

EDITORECoop Sociale Rondine Servizi Scrl Onlus

DIRETTORE RESPONSABILESergio Valzania

COORDINAMENTO EDITORIALEPROGETTO GRAFICOCristiano Proia

EDITING E PHOTO EDITINGEmanuele Caposciutti

STAMPATipolitografia Basagni (Arezzo)

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Non sono un pacifista tra le nuvole: c’è bisogno di carità e valori concreti 3FRANCO CARDINI

“Lo splendore di Monacofa brillare Rondine” 4ANTONIO MORABITO

Gli occhi del mondosul fragile Nagorno 5RICCARDO MIGLIORI

Georgia, verso acquepiù tranquille? 7GIUSEPPE CASSINI

Italia, facciamoci conquistare ancora:dall’entusiasmo 9 FRANCO VACCARI

“L’economia del futuro è nell’incontrodi popoli giovani e opportunità vere” 10SAVINO PEZZOTTA

Lo sguardo di Mahae il destino di un popolo 11CLARA DELLA VALLE

L’isola che non si isolaguarda avanti. Verso Sud 12 GAVINO SINI

Le Rondini d’Oro di nuovo in patria,con un altro futuro nel cuore 13MARWAN DI’DES

Dissonanze in Accordo,le ferite dell’odio diventano vita 14 FRANCO VACCARI

“Le mie note per lo spettacolo:mille voci per un solo grido di pace” 16FRANCESCO TRAVERSI

“Il ciclone di Rondine ti emozionaPer me è fonte d’ispirazione” 17RENATO MISSAGLIA

La Gerusalemme dei Balcanisia un esempio per il mondo 18MARCO IMPAGLIAZZO

Le rose di Sarajevo, vent’anni dopo:qui rifiorisce il dialogo tra i popoli 19STEFANO MARINELLI

Crescere insieme non è un gioco:anzi, sì 20 LUCA CRIVELLARI

“Oltre le apparenze e le differenzec’è un mondo da scoprire” 21 CRISTINA LI

I testi sacri tradotti e spiegati,perchè la Fede non sia un giallo 23 SERGIO VALZANIA

Le copertine di tutti i numeri di ‘Rondine’ sono firmate da artisti, emergenti o affermati, che decidono di misurarsi con l’interpretazione, secondo il loro stile, del logo di Rondine. Un modo per rendere il messaggiodell’associazione ancora più universale.

Sergio Valzania

Tra il dire e il fare:diciamo, e facciamo

Per spiegare la difficoltà di tradurre un testo ebraico antico, i biblisti spesso ricorrono al vocabolo davar: esso significa sia ‘parola’ sia ‘azione’, sia ‘fatto’ sia ‘oggetto’. Non è, però, un termine polisenso, come il nostro partita, che talvolta, come participio di partire, signi-fica ‘andata via’, e tal’altra, come sostantivo, ‘incontro sportivo’.Davar, al contrario, ha sempre in sé tutti i significati, che vanno persi traducendolo con logos o verbum. I Dieci Comandamenti sono le Parole di Dio date al popolo d’Israele, ma sono anche un oggetto costitutivo della loro identità. Per i redattori della Bibbia la distinzione tra il dire una parola e realizzare un oggetto non aveva l’importanza che ha per noi moderni, che non abbiamo riflettuto sulla potenza della parola fin quando la televisione non ce ne ha palesato la rilevanza sociale. Mi piace pensare che Rondine condivida qual-cosa della natura di davar: si pone a un tempo nelle dimensioni del fare e del dire, spostandosi dall’una all’altra con tale rapidità da riuscire, nelle circostanze migliori, a tenerle insieme. Questo – mi pare – il senso della nostra pre-senza prima in Sardegna, poi nel Principato di Monaco. Abbiamo lanciato messaggi, presen-tandoli, però, come concreta esperienza di vita.

Renato Missaglia, bresciano, è un pittore ed illustratore di fama internazionale. Tra l’altro, è stato testimonial artistico per Coca-Cola in occasione delle Olimpiadi Invernali di Torino 2006; la rivista internazionale AD gli ha affida-to la reinterpretazione pittorica di copertine e pagine pubblicitarie; per il Comando Generale dei Carabinieri ha illustrato un libro d’arte sui due secoli di storia dell’Arma. Con Salvatore Ferragamo ha presentato un evento artistico-mediatico a Firenze, Milano e a Pechino durante le Olimpiadi del 2008. È l’autore del Manifesto della Mille Miglia 2008. Ulteriori info biografiche nell’articolo che l’ar-tista ha scritto per noi a pagina 17 e sul sito dell’artista: www.renatomissaglia.it

Renato Missaglia Rondini Tecnica mistae digitale

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La pace non è assenza di guerra: è una virtù, uno stato d’animo, una disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia.> Baruch Spinoza

Non sono un pacifista tra le nuvole:c’è bisogno di carità e valori concreti

ogni pace fondata sull’ingiustizia, sulla frode, sulla paura e sulla leg-ge del più forte sia solo assenza di guerra, che prima o poi con-duce a una guerra più crudele di quella che si è cercato di evitare. Per me, giustizia non è sinonimo né di parità, né di uguaglianza, ma solo - e semplicemente - di rispetto per la dignità di tutti gli esseri umani, di qualunque etnìa, religione, lingua, sesso, età e condizione sociale e culturale. Di-gnità significa possibilità di vivere nutrendosi e curandosi in maniera sufficiente, di aver accesso a un livello di base d’istruzione e di qualità della vita, poter godere di tutte le libertà che non ledono le libertà altrui, poter esprimere liberamente il proprio parere. Ma affinché ciascuno di noi sia in condizione di esigere per sé e di contribuire a procurare a tutti gli altri quanto è necessario per vivere secondo giustizia, due cose servono: la conoscenza degli altri e la capacità di comprendere e

di apprezzare i loro punti di vista e problemi, di simpatizzare con essi, di farli propri. Insomma, quel che nel cristianesimo è la Carità. E alla carità, sentimento a parte, non si arriva se non attraverso l’esercizio della giustizia e della conoscenza. A Rondine s’impara a conoscere e ad apprezzare gli altri. Qui sta la base di tutto: per me, cristiano e quindi seguace del Vangelo, la chiave di tutto è questa, ed è semplicissima: amare Dio con tutti noi stessi (e questo riguarda il nostro rappo-orto con Lui) e il nostro prossimo come noi stessi. Né più, né meno. Per questo a Rondine lavorano e s’incontrano uomini e donne che sono giusti al cospetto di Dio e sono convinto che Dio li benedica. Per tutti gli altri, esprimo l’augurio di trovare sul loro cammino gente come quelli di Rondine. A chi invece non ha a cuore la giustizia, in casi estremi si può anche fare la guerra. Come vedete, non sono un pacifista.

Confesso di diffidare per princi-pio di chi si presenta come paci-fista e di chi chiede o pretende la pace a qualunque costo. Sono un uomo pacifico, ma anche convinto che la pace è un valore altissimo, tuttavia non primario. Secondo il diritto giustinianeo, quel che l’im-peratore deve garantire al mondo è “iustitia et pax”, in quest’ordi-ne. Credo che la giustizia debba precedere la pace, che venga prima di essa, che la pace senza giustizia non sia vera pace e che

Franco CardiniStorico e saggista

La riflessione > Pace, e (sopratutto) dintorni

Diffidare di false chimerefondate su ingiustizia e frode:Pace sia, come sinonimo di libertà

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In alto:Giotto, Particolare dell’Ingresso di Cristo a Gerusalemme. Padova, Cappella degli Scrovegni.

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Cultura italiana nel mondo > Incontri nel Principato

Il mare unisce i paesi che separa.> Alexander Pope

Antonio MorabitoAmbasciatore

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“Lo splendore di Monacofa brillare Rondine”L’Italia protagonista nel mese della culturavoluto dalla nostra ambasciata monegasca.Un’occasione di incontro e dialogocon al centro le opportunità del Mediterraneo

Qui sopra:Antonio Morabito, Ambasciatore d’Italia nel Principato di Monaco.

Antonio Morabito è nato a Reggio Calabria, ed è sposato, con due figli. Di formazio-ne cattolica, dopo gli studi liceali è stato alunno dell’Almo Collegio Capranica e della Pontificia Università Gregoriana dove ha conseguito il Baccalaureato in Filosofia. Laureatosi in Scienze Politiche all’Uni-versità “La Sapienza” di Roma, è entrato nella carriera diplomatica della Repubblica Italiana nel 1986. Dal 201o ricopre l’incarico di ambasciatore d’Italia nel Principato di Monaco.

Più in alto:Panorama di Monte Carlo.

Il “Mese della Cultura e della Lingua Italiana”, quest’anno alla seconda edizione, si propone di rafforzare e valorizzare la presenza culturale e sociale dell’Italia nel Principato di Monaco e di promuovere il Sistema-Paese nel suo insieme. Gli eventi del “Mese” spaziano dalla cultura della pace alla formazione, dalla musica all’arte, dalla poesia al cinema, dal teatro al libro, dall’e-conomia all’enogastronomia. Tali iniziative s’inseriscono nello scenario culturale del Principato, luogo d’incontro unico per la sua natura socio-economica cosmopolita, vetrina d’eccezione per l’Italia e le sue eccellenze. Non si pensi a Monaco come a un crogiuolo in cui il continuo aggiungere e mescolare elementi diversi abbia dissolto l’originale matrice. Il Principato, seppur terra cosmo-polita, resta saldamente ancorato ai valori e alle tradizioni culturali europee e mediter-ranee.Il Mediterraneo è uno spazio geografico, cul-turale ed economico di primaria importanza per Monaco. Il Principato fa parte dei paesi dell’Unione per il Mediterraneo ed è parti-colarmente sensibile a tutte le tematiche

relative all’area. A Monaco operano diverse associazioni che si occupano di Mediterra-neo, come la Monaco Mediterranée Founda-tion, che organizza periodicamente incontri con personalità di livello internazionale su temi che vanno dall’economia allo sport. Uno degli eventi più importanti del panora-ma monegasco sono sicuramente gli Incontri internazionali di Monaco e del Mediterraneo: esperti provenienti dai paesi del Bacino si riuniscono ogni anno per promuovere il dialogo tra i popoli mediterranei in ambito sociale, culturale e scientifico e contribuire alla salvaguardia del patrimonio culturale e naturale del Mediterraneo. In questo fertile humus, l’incontro di Rondi-ne nell’ambito del Mese della Cultura è uno di quei momenti di carattere eccezionale in linea con la vocazione internazionale e mediterranea del Principato. Un incontro innovativo e ben armonizzato nel conte-sto monegasco. La novità è certamente rappresentata dai giovani di Rondine che si ritrovano tutti uniti a lanciare un messaggio di pace. Una rara testimonianza di vita e del prezioso lavoro svolto da Rondine per promuovere il dialogo e la pace tra le genti.

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Tensioni internazionali > La scacchiera caucasica

Se rispondiamo all’odio con l’odio, quand’è che avrà fine l’odio?> Buddha

Gli occhi del mondosul fragile Nagorno

Il Nagorno-Karabach può essere la causa di una nuova drammatica guerra nel Cauca-so. Più che un classico “conflitto congelato” si tratta oggi di un “cessate il fuoco conge-lato”. Si muore quasi settimanalmente su quelle linee di demarcazione a causa degli “sniper”, i franco-tiratori delle due parti che si contendono quel terreno.La “Conferenza di Minsk”, che l’OSCE fu chiamata ad organizzare per costruire la vera e propria “dichiarazione di pace”, non ebbe mai luogo. In compenso produsse i tre Paesi capifila (USA, Russia, Francia) che an-cora oggi tentano d’intavolare un confronto positivo tra i due Paesi “in guerra”. Qualcosa si è realizzato. A Madrid sono stati individuati, di comune accordo, tre princìpi che segnano la filosofia del futuro definitivo “cessate il fuoco” (soluzione pacifica, autodeterminazione, tutela dell’integrità territoriale). Purtroppo l’interpretazione dei tre princìpi di Madrid non è omogenea. Non solo, i rispettivi momenti elettorali sono occasioni per interpretazioni propagandisti-che della situazione. I “grandi” guardano interessati: decine di migliaia di militari russi sul territorio armeno e la tradizionale tutela turca a garanzia della difesa dell’Azerbaigian turcofono.

Su tutto un odio viscerale. Ha destato orrore in tutta la comunità internazionale il caso Safarov. Anni fa a Budapest, per una conferenza organizzata dalla NATO, un ufficiale azero nottetempo uccise con un’ascia un “collega” armeno. Dopo la condanna all’ergastolo e ottenuta l’estradizione in patria, il Presidente Alijev lo ha graziato ricevendolo come un eroe.Questa “cultura dell’odio” è forse l’osta-

colo più grande da superare. L’affermazio-ne di un’indispensabile cultura della pace è infatti prioritaria.L’assemblea parlamentare dell’OSCE è al lavoro per concretizzare l’accordo di Zurigo tra Turchia ed Armenia che, a quasi cento anni dal genocidio, possono non solo riaprire le loro frontiere ma anche i loro cuori ad un futuro di cooperazione e coabitazione.

Riccardo MiglioriPresidente OSCE

Il Caucaso trema ancora per le scossesilenziose dei colpi dei cecchini: la pauramantiene un controverso equilibrio su cui si continua a trattare. Cercando la pace

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Qui a lato:“Siamo le nostre montagne”, monumento simbolo del Nagorno-Karabach.

Il Nagorno-Karabach è un territorio a status conteso situato nel Caucaso meridionale, confinante ad ovest con l’Armenia, a sud con l’Iran e ad est con l’Azerbaigian, che ne rivendica la sovranità. Gli attuali confini, tuttora oggetto di contenzioso, sono stati determinati al termine del conflitto scop-piato nel gennaio del 1992, dopo l’avve-nuta autoproclamazione di indipendenza. Il Gruppo di Minsk è l’unica struttura di lavoro internazionale creata dall’Osce allo scopo di incoraggiare una soluzione pacifica e negoziata dopo la guerra del 1992.

Riccardo Migliori, l’autore dell’articolo, è da luglio 2012 il primo italiano ad essere stato eletto presidente dell’Assemblea Parlamen-tare dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), che rag-gruppa cinquantasei Paesi. Il suo mandato dura dodici mesi.

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All’uomo prudente giovano più i nemici che allo sciocco gli amici.> Baltasar Gracián

Focus sul Caucaso > Dopo le elezioni di Tblisi

Georgia,verso acquepiù tranquille?Il primo ministro appenaeletto e i rapporti con Usa e Federazione Russa

Le elezioni parlamentari in Georgia tenutesi ai primi d’ottobre – senza eccessivi brogli o scoppi di violenza – hanno segnato la sconfitta della discussa presidenza di Misha Saa-kashvili “l’americano” e il successo di Bidzina Ivanishvili “il russo”. Ora toccherà al vincitore assumere l’in-carico di Primo Ministro in una non facile coabitazione col presidente Saakashvili fino all’anno prossimo.

E chi pensa che l’uno valga l’altro dovrà forse ricredersi.Dal 2004, da quando Saakashvili prese il potere a Tblisi, con l’aiuto di Washington tentò di far entrare la Georgia nella Nato; esserne parte, infatti, avrebbe permesso un giorno di invocare l’articolo 5 del Patto Atlantico, che impone di soccorrere ogni paese membro aggredito dall’e-sterno. Obiettivo di Saakashvili era domare le due regioni secessioniste – Abkazia e Ossezia del Sud – da anni “protettorati” russi; perciò confidava col beneplacito di Washington di attirare Putin in una guerra d’attrito per poi chiamare la Nato a soccor-so. Ma per Mosca era inaccettabile l’espansione dell’Alleanza Atlantica fino a incidere il “ventre molle” della Russia. Nella vana attesa che gli altri membri dell’Alleanza dessero il via libera, Saakashvili sbarcò a Washing-ton nel marzo 2008 e vi tenne un acceso discorso pubblico: “L’esercito russo – proclamò – non è abbastanza forte nel Caucaso per ristabilire la situazione all’interno del proprio territorio. Non credo che siano pronti ad avventurarsi sul territorio altrui”. Bush e Cheney accolsero quelle poco credibili rassicurazioni con tale en-tusiasmo che lui, appena tornato a casa, iniziò i preparativi per domare l’Abkazia e l’Ossezia del Sud. Nella notte tra il 7 e l’8 agosto 2008 ordinò all’esercito di penetrare nell’Ossezia del Sud, dove rimase-ro uccisi un bel po’ di civili della minoranza russofona, confidando nell’intervento degli Stati Uniti, che tuttavia si guardarono dall’interve-

nire. A differenza di Washington, Mosca reagì subito e duramente, raf-forzando il suo dominio sull’Abkha-zia e sull’Ossezia, le cui popolazioni sono comunque in maggioranza ben contente di starsene rannicchiate e accudite in seno alla Russia. Quanto alla Georgia, il neo-presidente Ivanishvili non proclamerà – come il suo roboante predecessore – che la Georgia è “uno Stato chiave per il resto del mondo”; non permetterà che dei poliziotti ammazzino di botte i detenuti come è successo poco tempo fa; non metterà nei ministeri bandiere straniere, come quella a stelle e strisce che abbiamo visto facendo visita ad un ministro geor-giano; non dedicherà una grande via della capitale a Putin, come ha fatto Saakashvili dedicandone una a Bush (Tblisi è forse l’unica capitale al mondo con una George W. Bush Avenue). Subito dopo aver vinto, Ivanishvili ha saggiamente preso qualche distanza da Mosca e ribadito la sua amicizia con Washington. L’Amministrazione Obama l’ha ripagato con altrettanto calore. Non ci sarebbe da stupirsi se fosse lui a diventare elemento di appeasement nel Caucaso (e perfino nei rapporti russo-americani, che proprio nel Caucaso soffrono di non poche tensioni). Anche Rondine, allora, potrà dire di avervi contri-buito abbattendo pregiudizi etnici, spargendo semi di riconciliazione, svelenando i cuori di tanti giovani caucasici che qui hanno convissuto e studiato assieme per anni, gomito a gomito.

Giuseppe CassiniAmbasciatore

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In basso:Un affresco della cattedrale di Svetitskhoveli,Mtskheta, Georgia.

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Sponda Sud > ...e Sponda Nord?

Senza entusiasmo non si è mai compiuto niente di grande.> Ralph Waldo Emerson

L’Europa è bagnata da molti mari. Oltre al Mediterraneo c’è l’Oceano Atlantico, il Mare del Nord, il Baltico.... Non possiamo pensare che uno svedese o un islandese s’interessi alle vicende della sponda sud del Mediter-raneo più di quanto un italiano o un greco seguano la politica della Norvegia o della Finlandia. Una constatazione da accettare pensando di non poter cambiare nulla o una condi-zione su cui lavorare per un cambiamento necessario?Molti studi coniugano alcuni dati semplici come crescita demografica ed economica, risorse energetiche, innovazione e applica-zioni tecnologiche e ci dicono che la zona compresa tra Europa e bacino Mediterraneo fino al Medio Oriente allargato, potrebbe avviarsi a un inarrestabile declino econo-mico e culturale per i prossimi 500 anni. Per mezzo millennio ce ne andremo alla periferia del mondo, come lo sono stati fino ad oggi interi continenti.Non appare una prospettiva allettante, ma sembra che neppure s’intravedano soluzioni.

> Dalla piccola esperienza di alta formazio-ne realizzata da Rondine con le giovani primizie della primavera araba (da Tunisia, Libia ed Egitto), mescolati ad alcuni giovani italiani, si possono intanto estrarre due suggestioni (una riflessione più accurata sull’esperienza ancora in corso ci dirà se le suggestioni possono diventare un pensiero, con relativi orientamenti e indicazioni prospettiche).1. Gli “immaginari” che le attuali culture dominanti alimentano sono piccoli, angusti, sono modesti “orticelli” più o meno difesi dall’attacco di nemici con identità vaghe e confuse. L’Europa nacque da un imma-ginario grande per l’epoca, controverso, non scontato, elaborato e condiviso dopo la Seconda guerra mondiale da un piccolo gruppo di pensatori e di politici. L’Europa si è poi alimentata a una prassi spontanea, poco ricordata e valorizzata: quella dei giovani che, sacco in spalla, l’hanno girata tutta, in treno e autostop, in auto e a piedi negli antichi percorsi medioevali ritrovati, in aereo low cost. Un’Europa dell’emozione, piacevole, desiderabile, spazio di libertà e

Italia, facciamoci conquistare ancora:dall’entusiasmoAl centro del Mediterraneo, crocevia giovane di scambi tra il nord e quella ‘Sponda sud’che a Rondine impara a guardare verso l’alto

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d’incontro, di stimoli e possibilità. L’Europa è stata costruita anche così. Dobbiamo sviluppare nuovi immaginari collettivi gran-di, capaci di muovere emozioni profonde. Non si esce dalla crisi solo con lo sforzo. A chi è depresso l’invito “dài, impegnati!” suona estraneo e ottiene effetti ancor più depressivi.2. Ci siamo attardati in richieste d’improprie reciprocità tra mondo “occidentale” e mon-do islamico (per es.: se aprite le moschee da noi, allora vogliamo aprire le chiese da voi) e non abbiamo ancora pensato e promosso l’unica reciprocità che appare sensata, abbatte i muri e apre il futuro. E’ la reciprocità dei giovani, la possibilità di conoscersi, di frequentarsi, di venire e andare, di accogliersi nelle proprie case, nelle proprie famiglie, di studiare in atenei diversi: a Firenze come a Doha, a Tunisi, come a Pesaro. Uno sguardo incollato al nord non sa vedere il sud, non ne sa cogliere il fascino e l’opportunità, imprigio-nato in sterili pregiudizi. Considerazione finale: l’Italia potrebbe essere utilmente un luogo fisico e culturale del “rimbalzo” tra giovani del nord Europa e della Sponda sud del Mediterraneo. Una riscoperta di antica vocazione. Un po’ di low cost verso il sud (navi o aerei), alcuni insegnanti audaci (come sempre!), dei gio-vani che credono che la felicità possa venir loro e a tutti dalla realizzazione di grandi sogni collettivi.Basterà? Certo che no, ma su questa strada, se anche divenissimo periferia del mondo, potremmo essere una periferia felice.

Franco VaccariPresidente e fondatore di Rondine

Nella foto:Hani, egiziano, e sullo sfondo

i suoi compatrioti,in Italia per il progetto

‘Sponda Sud’ di Rondine.

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Sponda Sud > Pensieri e prospettive

Ecco a cosa serve il futuro: a costruire il presente con veri progetti di vita.> Muriel Barbery

Tra le priorità, un risveglio spirituale da quel materialismo consumista che produce scontentezza e ribellione

Il forum organizzato a Sassari dall’associa-zione “Rondine Cittadella della Pace” è stato una rara occasione in cui l’utopia degli ideali si è intrecciata alla concretezza del vissuto. Scegliere la Sardegna è stato sia un gesto di vicinanza a una delle regioni italiane più col-pite dalla crisi economica, sia la sottolinea-tura della centralità dell’isola nel Mediter-raneo, mare sulle cui sponde meridionali le “Primavere Arabe” danno voce a nuove istanze di libertà.C’è stato un tempo nella mia vita in cui pensavo che si potesse andare oltre il capitalismo. Da allora molto è cambiato in me, e adesso credo che l’alternativa possa giungere solo da piccole ma diffuse azioni ed

esperienze economiche e di vita. Anche in considerazione di quanto detto al convegno dai relatori e dai ragazzi della Sponda Sud, penso che si possa lavorare a una nuova economia plurale che superi il monolitismo capitalista per creare, a fianco e dentro questo sistema, un’economia attenta alle persone e alle risorse dei singoli territori. È tempo che finisca l’espropriazione delle ricchezze di questi Paesi: bisogna cominciare a utilizzarle per far crescere chi vi abita.C’è bisogno di un nuovo modello d’economia basato sulla relazione, sulla reciprocità, sulla gratuità, sul dono e sulla conservazione del tessuto delle comunità radicate sul territorio. Serve un’economia domestica che valorizzi la prossimità, che sia più vicina alla persona e alla comunità. Non deve però diventare una sorta di ghetto economico, ma un aiuto a bilanciare gli squilibri e le distruzioni pro-vocate dall’economica capitalistica. Da qui l’esigenza di una battaglia culturale perché le diverse forme d’economia abbiano il sostegno pubblico. E non basta sostenere gli esperimenti già in atto: occorre “costringere” l’economa dominante a integrare dentro di

sé i princìpi della nuova. Le nostre civiltà mediterranee hanno bisogno di riscoprire princìpi e fondamenti, per arricchirci insie-me. Tutto ciò richiede un risveglio spirituale. Il materialismo consumista è inadeguato e alla fine non può che produrre scontentezza, tristezza e ribellismo. Non c’è solo la fame fisica, rispetto alla quale siamo comunque in grande ritardo. C’è anche la fame di spiritualità da soddisfare. La riscoperta della dimensione spirituale aiuterà a rivalorizzare le persone e il loro agire. A Sassari abbiamo visto gettare semi che lasciano intravedere la possibilità di un nuovo paradigma interpretativo e propositi-vo, per farci vivere il nostro tempo e le sue intemperie in modo più creativo e pertanto libero da angosce paralizzanti. Dalle macerie morali, economiche, politiche e sociali che intralciano il cammino, possiamo uscire se manteniamo vivo il senso e il significato della speranza e se operiamo perché il Mediterraneo diventi veramente il “mare nostro”, mare d’incontro e di cooperazione, dove cresca il bel fiore della pace e della convivenza.

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Savino PezzottaParlamentare

“L’economia del futuro è nell’incontrodi popoli giovani e opportunità vere”

Nella foto:Savino Pezzotta parla agli studenti delle scuole di Sassari, osservatoda Franco Vaccari, presidente di Rondine.

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Giustizia non esiste là ove non vi è libertà.> Luigi Einaudi

Sponda Sud > Qui Egitto

Maha, ventisei anni, vive a Il Cairo. Ha studiato Letteratura inglese e fa la traduttrice per “Transterra Media”. Sguardo penetrante, incorniciato da un velo colorato, Maha ha appena finito il corso d’italiano e sta facendo uno spuntino nella terrazza di Rondine. Il Ramadan è terminato da qualche giorno e Maha ci racconta un pò della sua Primavera Araba.Come hai vissuto i giorni di Piazza Tahrir?Non ero in Egitto quando la rivoluzione è iniziata, ma l’ho seguita tramite mia sorella, che era in piazza. Sono tornata poco dopo le dimissioni di Mubarak e mi sono unita ai “no” ai tribunali militari per i civili, istituiti dal Consiglio Supremo delle Forze dell’Ordine, alle voci di protesta contro il governo provvisorio militare e a quelle per accelerare l’iter per l’elezione del nuovo Presidente. A tutt’oggi in carcere rimangono dodicimila contestatori: spero che il nuovo presidente li liberi prima possibile. Quali sono stati, secondo te, i motivi scatenanti della rivoluzione?“Pane, libertà e giustizia sociale”: era questo il nostro slogan. Il pane, in primis. In Egitto il tasso di povertà è altissimo: i quartieri popolari non hanno servizi, l’educazione pubblica è inadeguata e quella privata troppo costosa. Da ciò l’abbondante sfrutta-

mento del lavoro minorile e la crescita del fenomeno degli street children, bersagli di droga e criminalità. La corruzione dilaga nella società, perché parte dal mondo politico. In Egitto mancava totalmente, fino alla rivoluzione, la libertà di parola. I diritti umani subiscono continue violazio-ni, soprattutto quelli delle donne. Si può perfino essere arrestati perchè si ha la barba. Piazza Tahrir ha chiesto più diritti per tutti: per le donne, per gli uomini, per i musulmani e per i cristiani.Quali definiresti conquiste di Piazza Tahrir e quali, invece, obiettivi ancora da raggiungere?Anzitutto la libertà di parola: oggi tutti parlano di politica, esprimendosi e criticando liberamente. Altra grande conquista è stato l’obbligo per legge di andare a votare. Di obiettivi ne restano molti, a partire da una nuova costi-tuzione. Invece della nuova chiesta, abbiamo ottenuto solo una modifica della precedente. I Fratelli Musulmani, alcuni partiti politici e l’esercito hanno spinto il popolo, insinuando che una nuova costituzione avrebbe eliminato l’Islam e l’Arabo come religione e lin-gua ufficiali, a votare “no” al referen-dum. È questa una grave mancanza per procedere al cambiamento totale, secondo me necessario, della nostra società. Avevamo chiesto la formazio-

ne di un governo tecnico, in attesa delle nuove elezioni, e invece l’esercito è rimasto in carica più di sei mesi; il rinnovamento del personale di polizia, che non c’è stato. Le leggi sullo Stato di Emergenza, poi, sono state abolite, ma quelle introdotte recentemente sono di fatto simili. Bisogna anche aumentare la presenza delle donne in Parlamento.C’è speranza, secondo te, di raggiun-gere questi obiettivi?Sì, perché la gente, per la prima volta, vuole raggiungerli. È una questione di tempo, non sarà un cambiamento rapido, ma io sono fiduciosa.

Lo sguardodi Mahae il destinodi un popolo

La studentessa del progetto‘Sponda Sud’ raccontala sua Primavera araba:“Stavolta le cose in Egittocambieranno. Perchèla gente lo vuole davvero”

Intervista diClara della Valle

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Sponda Sud > Qui Sardegna

Sincerità è cuore aperto. La si trova in pochissime persone: quella che si vede di solito è soltanto una sottile dissimulazione per accattivarsi la fiducia altrui.> François de La Rochefoucauld

“Ogni mattina s’alzano un furbo e un bischero: se s’incontrano, l’affare è fatto”. Questo detto popolare toscano, schietto e spiccio come il carattere degli abitanti di quella re-gione, riassume lo spirito che anima le attuali dinamiche economiche. Spirito che deve essere abban-donato, per far sì che gli scambi economici siano tra due “furbi”, ossia tra due attori che abbiano en-trambi da guadagnare dalla riuscita della transazione economica. Ciò è possibile soltanto quando tra essi c’è fiducia. Qui entra in gioco Rondine, col suo sforzo incessante di costruire ponti per andare al di là di barriere che impediscono la fiducia che nasce dal dialogo e dalla condivisione, dei saperi e delle culture anzitutto, ma anche di legittimi interessi econo-mici.La Sardegna, anche per croniche mancanze che da sempre la afflig-gono (come l’inadeguatezza delle infrastrutture stradali e ferroviarie), soffre più di altre regioni italiane la crisi che attanaglia il nostro Paese.

Adesso, però, la sua centralità geografica nel Mediterraneo le offre opportunità di sviluppo grazie a quanto sta accadendo nella Sponda Sud del nostro mare: gli eventi della “Primavera Araba”. Dobbiamo tutta-via cambiare l’atteggiamento che da oltre un secolo l’Europa ha tenuto nei confronti di quei paesi. Non dob-biamo più approfittarci di loro perché più deboli materialmente, prendendo quello che ci serve e lasciando loro solo l’indispensabile per un’econo-mia di mera sussistenza. Bisogna entrarci in contatto, approfondirne la conoscenza di storie e culture, con uno scambio reciproco che risulterà utile anche per una feconda partnership economica. Il progetto “Sponda Sud” si propone appunto questo: accogliere giovani della “Primavera araba”, dialogare e farli dialogare tra loro, immetterli in un percorso di formazione che superi la mentalità e i valori tipici del falli-mentare modello economico e di vita dominante: il capitalismo aggressivo e spersonalizzante. È questo uno dei

grandi equivoci della nostra epoca: pensare che la crescita economica sia indipendente dalla centralità del-la persona e dalla crescita spirituale, che sia anzi in antitesi, come l’edo-nismo e il consumismo materialista imperanti dimostrano. E da ciò nasce un altro equivoco, secondo il quale le cause del tracollo attuale sono da individuarsi soltanto in uno o più gruppi di potere (locali, nazionali, mondiali), mentre la responsabilità del tracollo è collettiva. Col progetto “Sponda Sud” gli studenti appren-deranno la fiducia reciproca e il rispetto della persona, la cultura del sacrificio e del mutamento interiore per una crescita che sia prima di tutto spirituale.

Fiducia e apertura culturale per superare limiti storici (come quelli infrastrutturali) e lanciare la volata al cambiamentoGavino SiniPresidente della Camera di Commercio di Sassari

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L’Isola che nonsi isola guardaavanti. Verso Sud

Qui sopra:In primo piano, Gavino Sini segue i lavori del forum di Rondine‘Sardegna, l’isola verso Sud’,il 22 settembre scorso a Sassari.

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Viaggio tra le Rondini d’Oro > Il ritorno a casa

La chiave di un uomo si trova negli altri: è il contatto con il prossimo quello che ci illumina su noi stessi.> Paul Claudel

Padre Marwan ricordail ritorno degli studentidall’esperienza di Rondine:“Ora hanno un fuoco dentro”

Se la memoria non mi tradisce, il primo allievo che Rondine selezionò come rappresentante dei Territori Occupati fu Loai Khalil Ibrahim.Durante la seconda selezione, nell’an-no 2006, fu scelto lo studente Issa Sakhleh.

Entrambi i ragazzi, ormai diventati uo-mini, sono stati regolarmente assunti nella Scuola di Terra Santa.Il loro percorso scolastico sicuramente all’inizio non è stato facile: dover imparare una nuova lingua, adattarsi e imparare i costumi e le abitudini di un paese molto più libero di quello da cui provenivano. Ma la volontà non mancava loro, e la voglia di vin-cere e di essere di buon esempio per altri ragazzi ha fatto sì che entrambi siano tornati al loro paese carichi d’e-sperienze, con una mentalità molto più aperta e con la volontà di aiutare le generazioni future. Probabilmente anche voi, amici di Rondine, avete visto in Loai un ragazzo dal carattere forte, a cui piace porsi traguardi e raggiungerli nel minor tempo possibi-le, in maniera però positiva. Durante la sua permanenza in Italia, prima come studente e poi come lavoratore, Loai ha avuto la possibilità di miglio-rare la sua pronuncia, apprezzare e apprendere la lingua italiana, e, una volta tornato nei Territori Occupati, è stato più che evidente che un elemento così valido doveva essere valorizzato. E infatti ora Loai lavora all’interno della Scuola di Terra Santa come insegnante e coordinatore della lingua italiana. Grazie alla sua esperienza può aiutare i ragazzi che

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frequentano l’istituto ad apprendere, affrontare e imparare l’italiano. Il se-condo giovane selezionato è Issa, un ragazzo particolare, con la voglia di viaggiare e d’imparare, una specie di spugna desiderosa di assorbire il più possibile. Al contrario di Loai, Issa, su-bito dopo la fine della sua esperienza a Rondine, è tornato a Betlemme, sua città d’origine. Dal momento in cui è tornato, è stato assunto alla Scuola di Terra Santa come contabile e responsabile dei rapporti con i nostri benefattori all’estero, in seguito come insegnante di lingua italiana e succes-sivamente, grazie alla sua passione per la fotografia, è colui che suggella i momenti più importanti del nostro istituto e della vita dei nostri ragazzi. Insomma, un vero vulcano in piena attività, con una grande voglia d’im-parare e di mettersi a disposizione. Entrambi i ragazzi hanno imparato cosa vuol dire convivere con coetanei provenienti da un Paese straniero, di diversa religione e con un bagaglio culturale diverso dal loro. Grazie a questa esperienza, hanno capito che è possibile riuscire a condividere le loro idee e le loro esperienze, che è possibile superare le difficoltà iniziali, con il dialogo e la volontà di sforzarsi per un futuro migliore, per i propri cari e per sé stessi.

Padre Marwan Di’DesParroco Latino di Betlemme

Le Rondini d’Orodi nuovo in patria,con un altro futuronel cuore

Al termine del loro percorso a Rondine, gli studenti internazionali ricevono la “Rondine d’Oro”. La loro formazione di alto livello servirà, una volta tornati nei loro Paesi d’origine, a innesca-re azioni concrete per favorire la pace e il dialogo. Grazie all’ esperienza accumulata a Rondine, le “Rondini d’Oro” possono diventare professionisti nel sociale, nella diplomazia, negli affari internazionali, nelle università e nei Governi. Le Rondini d’Oro fanno parte dell’omonima lega, una rete che conta oltre cento membri nel mondo, che contribuisce a diffondere il messaggio di Rondine e a mantenere i rapporti con l’associazione.

Chi sono le Rondini d’Oro

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Non farà mai nulla di grande nel mondo, chi non sappia sfidare l’odio, o disprezzare lo scherno.> Arturo Graf

Lo spettacolo di Rondine > Dissonanze in Accordo

”Che spettacolo!” esclamiamo al sor-prenderci della vita, quando lo stupore incontenibile dichiara a noi stessi e agli altri di essere coinvolti in un prodigio. Questo genere di “spettacolo” avviene ogni giorno a Rondine nel germogliare e crescere dell’amicizia fra nemici. Un dialogo impossibile, scelto e temu-to, trasforma la vita dei giovani che vengono da luoghi di guerra, attraver-sando uno dei mille volti del conflitto: abbandonare le antiche convinzioni, gli odii appresi, il vecchio uomo, duro, aggiungendo così nuovo dolore a quelli antichi. Ma un desiderio d’amore resta sempre nel fondo del cuore e, se trova le condizioni favorevoli - quelle di una comunità come lo Studentato Interna-

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Franco VaccariPresidente e fondatore di Rondine

Dissonanzele ferite dell’

Qui a lato:Lo spettacolo ‘Dissonanze in Accordo’

messo in scena da Rondine a Prato,sulla parete laterale del Duomo.

Sotto:La testimonianza di Sultan,

studente di Rondineproveniente dal Pakistan.

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zionale - riprende vita rigenerando ciò che sembrava morto. Non si ferisce chi non ama. Le ferite di dialoghi impossibili schiudono nuova vita. Non era possibile trattenere queste storie, far sbiadire questi volti nel ricordo. Rondine ha scelto di raccontare queste storie di cambiamento perché il bene contagia, suscita cambiamento e speranza. Come? In un modo che rispetti la vita delle persone che ne sono protagoniste: raccontarle mentre avvengono, mentre cioè quel processo educativo di cambia-mento avviene. Ecco allora la scelta di salire su un palco, in una piazza o in un teatro, senza voler fare uno spettacolo, una fiction; di metterci la faccia e uscire dalla paura pur sentendosi protetti; d’intrecciare diversi generi d’arte che fanno spettacolo, volendo continuare ad essere soltanto una storia viva che cre-sce. Tutto questo non poteva che essere una scelta di tipo educativo. Un’inedita operazione educativa. Non staccata e neppure accanto al processo

educativo. Pensata, voluta, traversata dal conflitto e poi condivisa. Dialogare tra giovani testimoni, educatori e altri professionisti - musicisti, videoartisti, compositori, scenografi, direttori d’or-chestra - è diventato un modo nuovo per crescere nel rispetto reciproco delle diversità. Altri conflitti da risolvere, altre amicizie da scoprire. Solo l’amicizia ci può tenere uniti lasciandoci diversi e liberi.Dunque “Dissonanze in accordo” è uno spettacolo? No, se inteso come costruzione scenica, pura prestazione artistica, fiction. Sì, se occasione per penetrare di più nel mistero della vita e delle sue possibilità, per stupirsi davanti a una storia vera che avanza nello stesso momento in cui viene narrata. Una storia vera ancorata a un vertice di “atroce bellezza “, germinato nel cuore di Liliana Segre, nell’abisso del ‘900: Auschwitz. I generi d’arte sono lì, anch’essi traversati dallo stupore, per un abbraccio che aiuti a svelare la bellezza della vita che si sprigiona nei

L’amore è la capacità di avvertire il simile nel dissimile.> Theodor W. Adorno

Lo spettacolo di Rondine > Dissonanze in Accordo

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luoghi più impensati. La verifica di tutto questo si può avere alla fine, quando si spengono le luci di “Dissonanze in accordo” e in bocca non sale l’amaro tipico di una bella finzione che termina per lasciare il posto a una vita un po’ più grigia, ordinaria, nota. I giovani testimoni di vite rovesciate sono lì, concreti, pieni di vita straordinaria, con nuovi amici che, contagiati, vogliono provarci anche loro. Luoghi di conflitto non mancano: basta tornare a casa, quella stessa sera, guardare negli occhi l’altro e vederlo come persona, ascoltarlo...e un rapporto logoro, stanco, insopportabile, può rovesciarsi in un istante e prendere una nuova strada. È possibile: ogni volta che scopriamo che il nemico ce lo portiamo dentro e non ci aspetta a casa.Dunque uno spettacolo non-spettacolo, che genera sguardi nuovi per non vederci più come potenziali o reali nemici, ma come il più bello spettacolo del mondo.Il segreto è crederci!

in Accordo,odio diventano vita

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La gioia richiede più abbandono, più coraggio che non il dolore. Abbandonarsi alla gioia significa appunto sfidare il buio, l’ignoto.> Hugo von Hofmannsthal

Lo spettacolo di Rondine > Dissonanze in Accordo

“Le mie note per lo spettacolo:mille voci per un solo grido di pace”L’autore del branocomposto in esclusivaper ‘Dissonanze in Accordo’ raccontala creazione di musica per far vibrare le corde di un messaggio di fratellanza

Ho sempre pensato che l’arte, oltre ad allietare gli animi, avesse il dovere d’infonde-re messaggi positivi nel cuore degli uomini. Il pensiero corre subito alla Nona sinfonia di Beethoven. Il grande maestro tedesco, nonostante il proprio dramma esistenziale – la completa sordità – riesce a infiammare gli animi in un grande afflato di fratellanza universale. Quando il coro irrompe, si capisce subito che nulla sarebbe stato più come prima: «Gioia, bella scintilla degli dei, figlia di Elisio, ebbri e ardenti noi entriamo, creatu-ra celeste, nel tuo santuario! Abbracciatevi moltitudini! Un bacio al mondo intero! Fratelli! Oltre il firmamento deve abitare un Padre amato». Così, quando sono stato contattato da Rondine per la realizzazione del progetto “Dissonanze in accordo”, mi è tornata alla mente proprio l’intima semantica della Nona sinfonia. L’occasione di poter sottolineare con la musica un progetto di pace e fratellanza ha stimolato immediatamente la mia fantasia di compositore, oltre che riempito di gioia il mio cuore di uomo. Nasce così “Chorale and Peace Dance” per orchestra da camera; un brano semplice e immediato, come semplice e im-mediato è il tema finale della grande compo-sizione di Beethoven, capace di arrivare a tutti i cuori pur non celando un’intima sostanza etica oltre che estetica. Eseguito ad Alghero

in prima assoluta lo scorso 21 settembre, il brano passa senza soluzione di continuità per tre stadi necessari alla costruzione di un pur semplice progetto di fratellanza: l’idea della pace, la speranza e il trionfo del bene. Musi-calmente è strutturato in modo tale che l’idea di pace (introduzione del pianoforte) venga man mano enunciata da tutti gli strumenti in modo “corale”, nuove voci si uniscono ad altre mille in un unico grido fino a esplodere con forza e confluire in una “danza” a cui tutti sono chiamati a partecipare. La parte centrale della composizione non nasconde una certa estatica commozione costruita sulla memoria di laceranti conflitti dell’animo umano, spesso incapace di amare il prossimo, ma a cui non manca la speranza di pace. La trama strumen-tale è illuminata qua e là da un’orchestrazio-ne sempre cangiante che prende per mano l’ascoltatore nel difficile cammino dalle tenebre alla luce, verso una trionfale conclusione.A nessuno è dato sapere se l’arte riesca davve-ro a farsi messaggera di pace e fratellanza tra i popoli, ma agli artisti resta almeno la gioia e l’onore di averci provato.D’altronde “la prima condizione affinché il male trionfi è che gli uomini buoni non faccia-no nulla”, come sosteneva Edmund Burke in una celebre frase usata anche all’inizio dello splendido film “Il giovane Hitler”.

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Francesco TraversiCompositore e direttore d’orchestra

In alto:Francesco Traversi dirige l’Ensemble di Rondinedurante lo spettacolo ‘Dissonanze in Accordo’ai bastioni del porto di Alghero.

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“Il ciclone di Rondine ti emozionaPer me è fonte d’ispirazione”

L’artista che ha interpretato

la copertina di questo numero racconta

l’incontro con i giovanidello Studentato,

tra vendemmia e arte

raccontiamo. Quando, intorno alle ventitré, stanco morto mi accingo a recarmi nella mia camera, uno studente, ma a quel punto già un amico, Davit, armeno, si offre di accompagnar-mi. Fatti pochi passi ci sediamo su un muretto sopra le bandiere di tutte le nazionalità ospi-tate nella Cittadella e raccontiamo di noi fino all’una. Il mattino successivo alcuni studenti mi accompagnano nella splendida Arezzo, dove si trova la sede operativa di Rondine. Lì parliamo di un possibile percorso insieme.Il pomeriggio, di ritorno nella Cittadella, è de-dicato all’arte: con Gala, bosniaca, e altri amici, dipingiamo alcune opere che successiva-mente esponiamo in un’inaugurazione serale rallegrata dalla presenza di numerosi amici e sostenitori di Rondine. Sabato, una nuova avventura: sempre tutti in gruppo ci rechiamo in un vigneto vicino a Siena, dove, fra canti e scherzi, in una situazione d’affetto universale, viene raccolta l’uva da mani diverse per poi diventare un unico vino.A questo punto m’interrogo sul ciclone che mi sta travolgendo. Un anno fa, proprio in questo periodo, avevo avuto un meraviglioso incontro a Medjugorje, ora una situazione diversa ma altrettanto emozionante. Il 25 e 26 ottobre tutti insieme saremo nel principato di Monaco per lanciare il messaggio di Rondine e trovare nuovi amici. Evviva Rondine!

La gioia non condivisa muore presto.> Anne Sexton

Incontri d’amicizia e... arte > Renato Missaglia

Tra il 4 e il 6 di ottobre ho finalmente cono-sciuto Rondine. Fautori dell’incontro gli amici comuni Gabriele Cappellini e Luca Parenti, che da tempo mi parlavano di questa realtà toscana.Di recente Luca e Patrizia Donati mi hanno teso un “agguato” nel Principato di Monaco. Ci siamo incontrati per una cena tra amici, il cui vero scopo era tuttavia quello di raccontar-mi Rondine e d’invitarmi a visitare lo Studenta-to per toccare con mano quanto mi dicevano. Ho poi ricevuto una telefonata del presidente Franco Vaccari che mi metteva sull’avviso: “Lei non sa il pericolo che corre, chi incontra la nostra onlus ne diventa dipendente, non se ne può più allontanare”. Presto mi sarei reso conto che le parole del Presidente corrisponde-vano alla realtà.Annullo tutti gli impegni e giovedì 4 ottobre arrivo ad Arezzo. Io sono un emotivo che, in breve tempo, capta, annusa si fa travolgere da situazioni che gli piacciono.L’accoglienza a Rondine è stupenda: i ragazzi e i collaboratori mi fanno sentire subito un amico, uno di loro. Non esistono differenze di razza, di colore della pelle, di religione, tutti siamo uguali, tutti siamo impegnati a divulgare un messaggio di pace fra le genti.La prima sera, dopo cena, accompagnati dal pianoforte e da percussioni, mi racconto, ci

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Renato MissagliaPittore

In alto:Renato Missaglia con i giovani di Rondine durante

la vendemmia 2012 della ‘Vigna della Pace’. Bresciano, ha esposto in diverse città italiane e al Grand Palais di Parigi, nella Pyramide du Louvre, a Hong Kong, Vienna, Lisbona, New York, Al-Khobar,

Ginevra, Shangai, Palm Beach e Montecarlo. Ha ritratto, tra gli altri, Claudia Schiffer, Brigitte Bardot,

Sharon Stone, Michael Jackson, Oriana Fallaci, Vittorio Feltri, Alberto Fortis, Shimon Peres, Silvio Berlusconi, Barack Obama, Vladimir Putin, Papa

Giovanni Paolo II, Paolo VI, Benedetto XVI, Indira e Sonia Gandhi, Hillary Clinton. Renato Missaglia ha

realizzato l’opera per la copertina di questo numero: trovate altre info sull’artista a pagina 2.

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La tolleranza dovrebbe in verità essere solo un sentimento tran-sitorio: essa deve portare al rispetto. Tollerare significa offendere.> Goethe

Dialogo oltre i confini > Sarajevo e Sant’Egidio

La Gerusalemme dei Balcanisia un esempio per il mondo

suscitato dalla giornata del 1986 in cui Giovanni Paolo II convocò i capi religiosi del mondo nella città di San Francesco per pregare e digiunare per la pace. E alla fine di tre giornate d’incontri il Gran Mufti di Bosnia e Erzegovina, Mustafa Ceric, il Cardinal Vinko Puljic, il Presidente della Comunità Ebraica di Bosnia e Erzegovina, Jacob Finci, e il Vescovo Serbo-Ortodosso di Bachka, Irinej, hanno indicato alla Sarajevo multietnica e multi religiosa che è giunta l’ora di voltare pagina. È l’ora di dire basta alla guerra, e basta alla diffidenza tra con-cittadini di diverse fedi. La “Gerusalemme d’Europa”, dove mo-schea, sinagoga, cattedrale cattolica e orto-dossa non distano più di duecento metri, è già una realtà di convivenza, e i respon-sabili religiosi del paese hanno affermato davanti al loro popolo che su quella strada Sarajevo deve rappresentare un modello di città per il futuro del continente.Le giornate organizzate tra il 9 e l’11 settembre dalla Comunità di Sant’Egidio assieme alle realtà religiose balcaniche avevano come titolo «Living Together is the Future». E in questo senso i segni eloquenti non sono mancati. Come quando Irinej, il Patriarca della Chiesa Serba Ortodossa che

mancava dalla città da 20 anni (dall’inizio della guerra), ha partecipato alla liturgia nella cattedrale cattolica, o come quando il Gran Muftì ha donato una copia artistica e di grande pregio, della famosa Haggadah di Sarajevo agli inviati del Gran Rabbinato di Israele. All’inaugurazione del Meeting è intervenuto il Presidente del Consiglio Mario Monti, il quale aveva osservato che «nei Balcani, come nel resto d’Europa, e negli altri con-tinenti di questo pianeta, che la globaliz-zazione rende sempre più piccolo, vivere insieme nella pace esprime una speranza di cui il mondo ha bisogno».A conclusione del convegno, dando appun-tamento a Roma per il 2013, Andrea Riccar-di, fondatore della Comunità di San’Egidio e Ministro della Cooperazione internazionale, ha ricordato che per vivere insieme tra diversi c’è bisogno di vicinanza spiritua-le e di legami profondi. «Senza spirito, senza armonia tra le religioni e le culture, senza dialogo, senza simpatia umana, - ha concluso Riccardi - non è possibile vivere, sopravvivere: non solo a Sarajevo, ma in ogni parte del mondo. Le religioni aiutano gli uomini a vivere in pace. Il dialogo tra le religioni è un’indicazione efficace per la cultura, la politica, i rapporti tra i popoli».

Marco ImpagliazzoPresidente della Comunità di Sant’Egidio

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Qui moschea, sinagoga, cattedrale cattolica e ortodossa non distano più di duecento metri:per convivere nelle diversitàc’è bisogno di armoniae valori profondi

C’è una immagine che ha scaldato il cuore degli abitanti di Sarajevo. È la conclusione della tre giorni di dialogo per la pace organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio nella città martoriata vent’an-ni fa dalla guerra: i quattro leader delle comunità religiose locali (musulmani, ebrei, ortodossi, cattolici) insieme sul palco che si abbracciano e salutano la folla. In quella città, dove si era aperta la prima guerra mondiale, e dove dal 1992 le varie componenti etniche avevano ripreso a combattersi, è arrivato il pellegrinaggio dello Spirito di Assisi, il grande movimento

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Nella foto:Marco Impagliazzo a Rondine, durante il simposio “Un mare tra due sponde, un ponte tra due mondi”, il 5 e 6 luglio scorsi.

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Tutti parlano di pace, ma non si può realizzare la pace all’esterno se si coltivano nel proprio animo la collera o l’odio.> Dalai Lama

Dialogo oltre i confini > Rondine e Sant’Egidio

“Vivere insieme è il futuro”. Il titolo dell’Incontro Mondiale per la Pace che la Comunità di Sant’Egidio ha organizzato gli scorsi 9-11 settembre a Sarajevo rispecchia perfettamente il messaggio di Rondine. L’e-sperienza della Cittadella della Pace è stata presentata nella capitale bosniaca, per voce del fondatore e presidente Franco Vaccari, che all’interno del panel “Educare per vivere insieme per la pace” ha descritto la storia e il lavoro di Rondine per la convivenza di giovani di culture diverse.L’incontro internazionale tra religioni, che Sant’Egidio promuove dagli anni ‘80 in città d’Italia e del mondo, è stato quest’anno ospitato da Sarajevo, luogo che a vent’anni dall’assedio più lungo della storia moderna, porta ancora le cicatrici del conflitto. Alcune di esse sono concrete - come le “rose”, i segni di resina rossa usata per riempire i solchi lasciati dalle granate - altre sono intangibili, ma non per questo meno gravi, come le forti tensioni tra le comunità religio-se serbo-ortodossa, bosniaco-musulmana, ebraica e cattolica.Con un forte segnale di dialogo e di convi-venza, il Gran Muftì Mustafa Ceric, il vescovo

L’Incontro per la Pace della Comunità di Sant’Egidio in Bosnia: le religioni puntano sull’educazione alla convivenza. E Rondine porta il suo esempioStefano MarinelliRelazioni Internazionali di Rondine

In alto:L’intervento del ministro Riccardi.

Le rose di Sarajevo, vent’anni dopo:qui rifiorisce il dialogo tra i popoli

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ortodosso Irinej, il Cardinale Vinko Puljic e il presidente della Comunità Ebraica Jacob Finci, sono stati i principali promotori dell’e-vento, hanno messo a disposizione i luoghi di culto per lo svolgimento degli eventi (il panel che ha coinvolto Rondine ha avuto luogo nella sala conferenze della Sinagoga) e il loro incontro pubblico l’uno di fianco all’altro per la cerimonia conclusiva ha costi-tuito in sé un evento di forte significato.Nei giorni dell’incontro, Rondine ha ricevuto apprezzamenti dalle diverse personalità presenti a Sarajevo: Mario Monti, che a margine dell’intervento di apertura ha incontrato Franco Vaccari, il presidente della Bosnia Erzegovina Bakir Izetbegovic, che ha condiviso i progetti dell’Associazione nei Balcani, Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione e fondatore della Comunità di Sant’Egidio,

che ha ricevuto la delegazione di Rondine a Sarajevo. All’interno del panel “Educare per vivere insieme per la pace”, l’esperienza di Rondine si è confrontata con modelli di eccellenza nell’educazione e nella forma-zione alla convivenza tra culture e religioni diverse: dal Consiglio interreligioso “Peace and Harmony” del Pakistan alla Chiesa An-glicana del Burundi fino al vescovo luterano Ole Christian Malen Kvarme, che ha portato la testimonianza dell’attentato di Oslo e dell’isola di Utøya, che ha avuto come vittime giovani impegnati in un campo di formazione. Esperienze diverse dal punto di vista geo-grafico e per tipo di conflitto trattato, ma tra cui è intuitivo trovare sinergie, dal momento in cui si condivide l’obiettivo comune di realizzare un futuro in cui è possibile vivere insieme.

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Quando sono gli altri a venire da noi, non li conosciamo; siamo noi che dobbiamo andare da loro per imparare chi siano.> Goethe

Campus internazionali > NATyouRE SupPORT

Crescere insieme non è un gioco: anzi, sìUn campus con giovani da Israele, Palestina, Turchia e Italia, per costruirela pace partendo dall’incontro

Immagina giovani tra i 15 e i 18 anni provenienti da Israele, Palestina, Turchia e Italia. Immagina etnie diverse da ogni Pae-se. Immagina di vederli arrivare, con i loro zaini colorati carichi di speranza e delle loro storie personali, il loro cuore e le men-ti piene di aspettative, timori, pregiudizi, voglia di divertirsi e desiderio di scoprire.Immagina di avere tra le tue mani per dieci giorni e dieci notti l’energia di oltre trenta adolescenti. Immaginali suddivisi equamente in maschi e femmine. Imma-gina che condividano tende, puliscano bagni, facciano attività insieme. Immaginali cucinare i cibi tradizionali delle loro culture. Immagina group leaders appassionati di diversa provenienza. Immagina studen-ti universitari provenienti da parti del mondo diversissime ferite da conflitti che incontrano i giovani e si aprono come libri sfogliati dalle loro domande. Immagina sviluppo personale, natura, sport, come frutti sapientemente sminuzzati a fare una macedonia gustosissima e nutriente. Una macedonia per l’anima. Immagina che il tutto sia tenuto insieme dalla costruzione e dalla ricerca della pace, di ciò che la favorisce e la crea, dalla meraviglia delle differenze. Immagina la pace dentro, la pace nelle relazioni, la pace con la natura. Immagina di poter dare un nome a questa macedonia di colori, idee, punti di vista, culture, persone, conoscenze, dinamiche: io la chiamerei Pacedonia!Dal 2008 Rondine organizza e ospita ogni anno un campo internazionale, cresciuto notevolmente negli anni: da un progetto bilaterale nel 2008 al progetto multilaterale di quest’etate, NATyouRE SupPORT. Il progetto vuole creare una pace reale, creata, costruita giorno per giorno, smon-tando a volte pregiudizi e idee che hanno il potere di chiudere la mente e il cuore, proponendo logiche di condivisione, coo-perazione, impegno personale e comune, sviluppo delle proprie risorse personali vis-sute direttamente nei giorni del progetto. In questi anni lo abbiamo sviluppato e approfondito molto, inserendo novità strut-turali importanti suggerite dalle esperienze degli anni precedenti: - i partecipanti erano di quattro nazionalità (Israele, Italia, Palestina e Turchia);- un gruppo di “helpers”, ossia partecipanti degli anni precedenti che hanno espresso il desiderio di tornare, accolti in un ruolo di servizio intenso e gioioso;

- laboratori di teatro, stop motion, medita-zione, musica, body fun;- un trekking guidato per leggere il fiume il bosco e gli animali;- un coinvolgimento intenso dei group lea-ders, giovani adulti che accompagnavano i quattro gruppi;- l’internazionalità dei trainers;- metodologie efficaci provenienti da Nord Europa, Stati uniti e Sud Africa.Queste le novità integrate in un programma già molto intenso e motivante elaborato per realizzare il progetto nei primi anni, inserite nel contesto di Rondine e con il coinvolgimento in momenti particolari degli

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studenti che a Rondine stanno vivendo.Ciò che ci ha fatto scegliere in questi anni di dedicarci a questo progetto sono i risul-tati. I frutti che i partecipanti continuano a dichiarare di aver tratto dalla partecipazio-ne al progetto nei vari anni sono straor-dinari e continui, e sono reali. Cioè non svaniscono con l’emozione, ma diventano strutturanti. Frutti che portano ad azioni, atteggiamenti, comportamenti, stili di vita. Gli adulti che li accompagnano spesso raccontano delle evoluzioni dei partecipanti negli anni, iniziate secondo loro proprio grazie alle esperienze vissute a Rondine.E allora, se dai frutti si riconosce l’albero, siamo ben contenti di essere tra i giardinie-ri che lo curano e lo vedono crescere anno dopo anno, e con incanto vediamo che i frutti diventano a loro volta semi di pace in tutto il mondo. E Pacedonia sia!

Luca CrivellariGroup leader NATyouRE SupPORT

Nella foto:Uno dei lavori di gruppo durante il campus

‘NATyouRE SupPORT’ basato sull’utilizzo del disegno e della pittura.

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Campus internazionali > NATyouRE SupPORT

La maggior parte della gente non capisce come altri possano soffiarsi il naso in un modo diverso dal loro.> Ivan Turgenev

In alto,l’autrice dell’articolo, durante il campus.

Il progetto “NATyouRE SupPORT” é finanziato dalla Direzione Generale Educa-zione e Cultura della Commissione Europea

nell’ambito del programma Gioventù in Azione ed é realizzato con il contributo del

Comune di Montevarchi ed in collaborazione con il Comitato Interpaese Italia-Israele e con il progetto TRIUMPH del Rotary International.

I partner che hanno collaborato alla realizza-zione del progetto quest’anno sono:

Rotary International di Haifa in Israele;Holy Land Trust di Betlemme in Palestina;TOG Volunteer Community Foundation di

Istanbul in Turchia.

La prima volta che qualcuno mi ha par-lato di NATyouRE SupPORT è stata durante lo scorso anno scolastico: è stato il mio insegnante e amico Luca Crivellari, nonché group leader del campo (ma questo ancora non lo sapevo). Me lo ha presen-tato (o, forse, così io lo intesi) come un campo estivo interamente in inglese, con ragazzi provenienti da Paesi in conflitto, e come un’esperienza dalla quale imparare tanto (come confermato anche dagli ex partecipanti). In quel momento non badai alle ultime due caratteristiche, bensì solo all’inglese. Pensai: “Ecco un’opportunità per migliorare l’uso di una lingua così importante, ma tenuta poco in conside-razione in Italia, ahimè”. Prima d’iniziare, non sapevo cosa aspettarmi. Non avevo mai partecipato a qualcosa del genere. Ero emozionata e ansiosa, ma non per la novità dell’esperienza: ero curiosa di scoprire cosa mi aspettasse, ma allo stesso tempo preoccupata di non essere adeguata. Tante paranoie smorzate subito dopo le prime attività. Giorno dopo giorno ho imparato a conoscere le persone con cui condividevo il campo. Ho imparato ad apprezzare la vita nella natura e a cercare di comunicare con le altre persone in una lingua che non parlo di solito. Ho imparato a conoscere culture diverse dalla mia d’origine (cinese) e da quella in cui

vivo quotidianamente (italiana), avendo la conferma di ciò che già sapevo: alla fine, al di là delle diverse tradizioni d’apparten-za, non siamo poi così diversi. Quei dieci giorni sono volati, tanto che l’ultimo giorno ci siamo detti: “sembra ieri quando ancora non ci conoscevamo e non sapevamo cosa ci aspettasse; e invece ora siamo qui, e sembra di essere amici da una vita”. Dieci giorni vissuti pienamen-te, senza sprecare un solo secondo del nostro tempo. NATyouRE SupPORT mi ha aiutato a cre-scere. Quella di stare ventiquattro ore al giorno per dieci giorni, nella natura, con così tante persone che prima non cono-scevo, è stata un’esperienza che chiunque dovrebbe provare. Personalmente, la rifa-rei mille e mille volte ancora. Ho imparato a guardare oltre l’apparenza, a non avere pregiudizi, ad apprezzare chiunque senza tener conto della cultura, della religio-ne, del colore della pelle o del modo di pensare. Ho capito che io sono il giocatore della mia vita e devo dare sempre il cento per cento di me stessa per viverla! Ho imparato a buttarmi e provare qualunque cosa, senza pensare e titubare troppo. Ma la cosa più importante che mi ha lasciato questo campo, sono le amicizie che ho costruito con persone che rimarranno per sempre nel mio cuore.

“Oltre le apparenze

e le differenzec’è un mondo

da scoprire”

Avvicinarsi agli altri,apprezzare culture diverse,vincere la timidezza:tante esperienze,ma sempre divertendosi

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Cristina LiPartecipante al NATyouRE SupPORT

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Le rubriche > Sfogliando i libri

La lettura è il viaggio di chi non può prendere un treno.> Francis de Croisset

I testi sacri tradotti e spiegati,perchè la Fede non sia un giallo...Ma se preferite comunque il giallo,il re dei re per voi è Rex... Stout

Sergio ValzaniaDirettore

Il libro dei libri. Un’Introduzione alla Bibbia ebraica, di George Steiner, con prefazione di Gianfranco Ravasi, è la traduzione di un testo pubblicato per la prima volta nel 1996 che solo adesso si rende disponibile per il pubblico italiano. Il titolo può risultare fuorviante, dato che lo scrit-to serviva in origine a presentare un’edizione del Vecchio Testamento nella Bibbia di re Giacomo, la traduzione clas-sica in inglese. L’intenzione dell’autore è quindi duplice: rivolta al testo originale in ebraico e nello stesso tempo alla versione che ne venne fatta in inglese nel Seicento.È sorprendente scoprire quanta importanza abbia avuto tale opera nella storia della lingua inglese stessa: Steiner la paragona a quella contemporanea di Shakespeare per dire che esse costituiscono il momento di più poten-te espressività di quella lingua, la sua stagione forse più felice dal punto di vista dello strumento letterario. Altrettanto interessanti sono le riflessioni relative al testo biblico in sé e al ruolo che esso ha avuto all’interno della storia del pensiero occidentale e a quella dell’arte, che a temi biblici si è ispirata un numero infinito di volte.Per una moltitudine. Sulla traduzione delle parole euca-ristiche, di Francesco Pieri, è un volumetto di nemmeno 50 pagine che si inserisce nel dibattito in corso attorno alla nuova edizione del Messale in italiano. L’autore si occupa in particolare di un passaggio della consacrazione, quello che attualmente recita “versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”. Secondo alcuni, fra i quali va annoverato Benedetto XVI, sarebbe opportuno modifica-re queste parole in modo da renderle più aderenti alla precedente versione latina, che recitava “pro multis” dove adesso viene detto “per tutti”. La chiesa tedesca ha già provveduto in tal senso nel nuovo Messale per la Germania. La questione è molto complessa, ma sono con-vinto possa risultare stimolante anche per chi si occupa di traduzioni e non di sacramenti. Mi permetto di dire che la soluzione proposta dall’autore “per una moltitudi-ne”, secondo l’uso francese, mi pare lontana dalla lingua corrente. Condivido invece l’impressione che in italiano “molti” stia in opposizione a “tutti” più di quanto non accada in latino.Orchidee nere, di Rex Stout, è il secondo dei romanzi con protagonista Nero Wolfe pubblicati nella collana Giallobeat degli Editori Associati e non più da Mondadori. Una buona occasione per una rilettura: dopo testi impegnativi come quelli affrontati prima, un bel giallo è quello che ci vuole.

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