LunedË 8Luglio 2019 societ¿ cultura · la bellezza dei due luoghi. L 3artista Ç Pedro Cano. Che...

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Lunedì 8 Luglio 2019 13 società & cultura & I tesori Valsecchi splendono a Palazzo Butera Palermo. Tre saloni del piano nobile dell’immobile restaurato aperti al pubblico a luglio per tre giorni alla settimana per ammirare una raffinatissima selezione di mobili dell’800, porcellane del ’700, dipinti e acquerelli di grandi artisti IN MOSTRA A RAGUSA Le trasparenze di Pedro Cano in cui arte ed artista si fondono ERNESTO CAMPITI H o saputo per caso che l’amico Pedro Cano espone a Ragu- sa. In realtà, una quindicina di giorni fa, stavo sfogliando “La Sicilia” solo per curiosare su cosa poteva esserci di interessante da vedere o da ascol- tare. Su Ragusa un obiettivo però già l’avevo ed era la ma- nifestazione lette- raria “A tutto volu- me”. Volevo in par- ticolare ascoltare Ferruccio De Bortoli che presentava il suo ultimo libro “Ci salveremo”. Ma poi “La Sicilia” riporta- va anche l’annuncio della mostra “Ragu- sa Matera. Due città a Sud”, negli spazi espositivi di Via S. Anna. Nei 24 acquerelli dedicati alle due città, l’artista mette e confronto la bellezza dei due luoghi. L’artista è Pedro Cano. Che conosco da una vita, praticamente dal periodo in cui, anno più anno meno, iniziava la sua ricerca nella città di Roma. La sua “location” era un meraviglioso studio in Corso Rinascimento (dove pure abitava), proprio di fronte a Palazzo Madama. Ma Pedro soprattutto la sua ricerca la svolgeva ad Anguillara, la sua casa fuori porta. Una casa splendida, con vista lago e suppongo fonte di grande ispirazione. Non ci siamo molto fre- quentati io e Pedro in tutti questi an- ni. In quel periodo forse un po’ di più. Ma Pedro è una di quelle rare persone che anche se non li incontri per de- cenni, quando li rivedi, è come se li avessi lasciati il giorno prima. Nella mia poca conoscenza in qualità di e- sperto d’arte, la sua tecnica, in quel- l’epoca, mi aveva immediatamente colpito. Con le sue trasparenze, con cui ha raccontato il mondo intero, Pe- dro mi appariva un tutt’uno con la sua pittura. Senza soluzione di conti- nuità. Ci sono artisti da cui distingui ciò che fanno da ciò che sono. In lui tutto questo non succede. Non so be- ne per quale tipo di alchimia. Ci sono stati, nel corso degli anni a seguire, alcuni singolari punti di contatto tra me e Pedro. Ricordo che all’epoca fa- cevo pratica (sono un dottore com- mercialista) in uno degli studi profes- sionali più ambiti di Roma. Non anda- vo però d’accordo con la sorella del titolare, troppo autoritaria. Ed una volta (una delle tante) litigammo di brutto perché volevo appendere die- tro la mia scrivania un poster che raf- figurava una sedia dipinta da Pedro. Eppoi, non so anche qui bene per quale sorta di coincidenza, il titolare dello studio divenne un collezionista affezionato delle opere di Pedro. La sua stanza ne era gremita. Anni fa Pe- dro fece una mostra superba alle Ter- me di Diocleziano, a Roma. Uno degli spazi più belli che possano ospitare una mostra. E la mostra di Pedro ci stava tutta lì dentro. Si chiamava “I- dentità in transito”. Tutte figure di- pinte di spalle. L’entrata già maestosa delle Terme accoglieva quelle opere, disposte tutte con arte e dovizia, in modo esemplare. Il titolare del mio Studio, ma sì lo dico… si chiamava Lu- cio Mariani, dedicò una poesia a quel- la mostra che chiamò proprio “Iden- tità in transito” e mi pregò di farla re- capitare a Pedro, che di lì a poco a- vrebbe spostato la mostra dalle Ter- me di Diocleziano a Roma in una gal- leria a Firenze. Ma io non ci andai, contrariamente a quanto program- mato. Ma gliela spedì, credo. L’hai ri- cevuta quella poesia “Identità in transito” Pedro, vero? l «Lo conosco da una vita, anche se non ci frequentiamo spesso: la sua tecnica e l’alchimia delle sue opere mi hanno colpito sin dai suoi primi passi» l à Lo storico dell’arte Claudio Gulli: «Scelta la Sicilia straordinario crocevia di popolazioni» GIULIA AMODEO C ome si presentano gli ambienti di Palazzo Butera dopo i restau- ri? Quali sono i mobili, gli ogget- ti, i dipinti e le opere d’arte che France- sca e Massimo Valsecchi hanno portato a Palermo? È per rispondere a tanta cu- riosità, per vedere Palazzo Butera tor- nato al suo massimo splendore, che tre saloni del piano nobile saranno aperti al pubblico per tre giorni a settimana (martedì, mercoledì e giovedì), dalle 18 alle 20, per tutto il mese di luglio. Dopo tre anni di ristrutturazione in cui ogni giorno cento operai hanno la- vorato al più importante cantiere della città, Francesca e Massimo Valsecchi hanno trasferito nel capoluogo sicilia- no parte della loro collezione. Altri capolavori dei Valsecchi sono in prestito a lungo termine al Fitzwilliam Museum di Cambridge e all’Ashmo- lean Museum di Oxford. Una raffinatissima selezione di mo- bili dell’’800, porcellane del ’700, vetri dei primi del ’900, dipinti e acquerelli firmati da maestri al vertice della sto- ria dell’arte europea; firme internazio- nali con una predilezione per l’Inghil- terra, è a Londra infatti che la collezio- ne si è consolidata. A guidarci nella visita è Claudio Gul- li, storico dell’arte, giovanissimo ma già un fuoriclasse nel suo campo, la passione dell’arte lo ha portato prestis- simo a prestigiose esperienze di studio e lavoro all’estero, fino al Louvre, dove ha compreso come a Palermo non mancassero argomenti di approfondi- mento. Proprio nella sua città è arriva- ta la grande occasione professionale grazie all’incontro con il mecenate mi- lanese. Molti lavori esposti sono davvero per intenditori, come il poetico, strazian- te, dipinto non finito di Edward Bur- ne-Jones, così come molti eccentrici oggetti decorativi. Cosa guida il gusto di Francesca e Massimo Valsecchi? «Più che di gusto parlerei di ricerca. Il gusto evoca una tendenza di un’epoca, in passato dettata dai papi o dai re, e oggi da qualche miliardario, che prati- ca il collezionismo per rivendicare un primato sociale. I Valsecchi hanno sempre percorso strade poco battute, a partire proprio dal dipinto di Burne- Jones, mai consegnato a un sostenitore dei preraffaelliti di Leeds, che ricevet- te dal pittore solo un acquerello (oggi nei musei di Harvard). L’opera dei Val- secchi rimane quindi nello studio del pittore, ma ci sono alcuni dettagli stu- diati con grande cura, come i girasoli in primo piano, o la sfilata di cavalieri nello sfondo». Il dipinto di Frans Floris e William Key e la tela di Annibale Carracci sono si- curamente le opere che catalizzano maggiormente l’attenzione anche agli occhi di un neofita in materia. Ce le vuole raccontare? «Floris e Key sono due pittori fiam- minghi che da giovani frequentavano una delle prime accademie d’arte al mondo, l’Académie Lombard a Liegi. In questo contesto, hanno immaginato u- n’opera dipinta su due lati, che associa una visione serena e olimpica dell’an- tichità a una infernale. Da un lato è in- fatti inscenato un dialogo con tre im- peratori romani, dall’altro una batta- glia di vecchioni a monocromo. Il di- pinto di Carracci, di recente in prestito a Napoli, è uno scherzo maligno teso a un bambino, che è stato travestito da buffone. Ha una maschera, un cappello con una piuma e una barba finta. È il momento più sperimentale del pittore, negli anni Ottanta, quando realizza l’Uomo con la scimmia degli Uffizi o l’Autoritratto di Brera». La sala didattica con il wall drawing di David Tremlett in dialogo con gli af- freschi dei saloni di Palazzo Butera, anticipa la volontà di dare continuità tra antichità e contemporaneità. Cosa avverrà in futuro? Quali ulteriori ac- quisizioni arriveranno a completare l’allestimento? «Il progetto di Palazzo Butera stimola noi contemporanei, e in particolare gli artisti, a confrontarsi con l’antico. Tre- mlett è un artista che ultimamente la- vora molto in contesti storici, dalle chiese in Svizzera al Collegio Borro- meo a Pavia, alla facciata della Soprin- tendenza a Bari, nell’ex convento di Santa Chiara. Per il controsoffitto di Palazzo Butera è stato decisivo il rap- porto con la quadratura settecentesca di Fumagalli, ma anche i colori della vegetazione e del mare visibili dal pri- mo piano». Le acquisizioni hanno rappresentato per Massimo Valsecchi un funzionale strumento di ricerca. L’assetto delle o- pere è in questo luogo in divenire; il tema del viaggio, della trasformazione sono dominanti. Come si sviluppano questi temi e come si evolverà la frui- zione della collezione tra i saloni del primo e secondo piano e gli ambienti al piano terra? «Stiamo cercando di proporre un labo- ratorio culturale dove le arti siano fruibili in modo poco convenzionale. Le opere sono esposte a “cantiere aper- to”, in attesa di una collocazione futu- ra, che comunque si manterrà dinami- ca. Al secondo piano, che aprirà fra me- no di un anno, negli spazi della colle- zione permanente si potranno vedere dipinti antichi, porcellane, vetri, ac- querelli e mobili di varie epoche, per restituire la centralità degli scambi che ha costituito la civiltà europea». Più di 20.000 visitatori per Palazzo Bu- tera - Cantiere Aperto, un grande suc- cesso anche per questi ultimi incontri. Il palazzo continuerà sempre a proiet- tarsi verso il pubblico di cittadini o tu- risti? «È un’esperienza straordinaria poter assistere alla partenza di un progetto come questo. Riceviamo spesso visita- tori che hanno già visto il palazzo quat- tro o cinque volte, ma vogliamo sem- pre di più proiettarci verso i palermi- tani e i siciliani. I Valsecchi hanno scel- to la Sicilia perché è uno straordinario crocevia di popolazioni, e da noi dipen- de la costruzione di un clima culturale internazionale e di qualità». l Nelle foto: due vedute di Palazzo Butera ormai restaurato e una delle opere della collezione Valsecchi che vi si può ammirare

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  • Lunedì 8 Luglio

    LA SICILIALUNEDÌ 22 FEBBRAIO 2016

    .57la PPOLITICA

    2019 13

    società &cultura&I tesori Valsecchi splendono a Palazzo ButeraPalermo. Tre saloni del piano nobile dell’immobile restaurato aperti al pubblico a luglio per tre giorni alla settimanaper ammirare una raffinatissima selezione di mobili dell’800, porcellane del ’700, dipinti e acquerelli di grandi artisti

    IN MOSTRA A RAGUSA

    Le trasparenze di Pedro Cano in cui arte ed artista si fondonoERNESTO CAMPITI

    H o saputo per caso che l’amicoPedro Cano espone a Ragu-sa.In realtà, una quindicina di giorni

    fa, stavo sfogliando “La Sicilia” soloper curiosare su cosa poteva essercidi interessante da vedere o da ascol-

    tare. Su Ragusa unobiettivo però giàl’avevo ed era la ma-nifestazione lette-raria “A tutto volu-me”. Volevo in par-ticolare ascoltareFerruccio De Bortoliche presentava ilsuo ultimo libro “Cisalveremo”. Ma poi“La Sicilia” riporta-va anche l’annunciodella mostra “Ragu-sa Matera. Due città

    a Sud”, negli spazi espositivi di Via S.Anna. Nei 24 acquerelli dedicati alledue città, l’artista mette e confrontola bellezza dei due luoghi. L’artista èPedro Cano. Che conosco da una vita,praticamente dal periodo in cui, annopiù anno meno, iniziava la sua ricercanella città di Roma. La sua “location”era un meraviglioso studio in CorsoRinascimento (dove pure abitava),proprio di fronte a Palazzo Madama.Ma Pedro soprattutto la sua ricerca lasvolgeva ad Anguillara, la sua casafuori porta. Una casa splendida, convista lago e suppongo fonte di grandeispirazione. Non ci siamo molto fre-quentati io e Pedro in tutti questi an-ni. In quel periodo forse un po’ di più.Ma Pedro è una di quelle rare personeche anche se non li incontri per de-cenni, quando li rivedi, è come se liavessi lasciati il giorno prima. Nellamia poca conoscenza in qualità di e-sperto d’arte, la sua tecnica, in quel-

    l’epoca, mi aveva immediatamentecolpito. Con le sue trasparenze, concui ha raccontato il mondo intero, Pe-dro mi appariva un tutt’uno con lasua pittura. Senza soluzione di conti-nuità. Ci sono artisti da cui distinguiciò che fanno da ciò che sono. In luitutto questo non succede. Non so be-ne per quale tipo di alchimia. Ci sonostati, nel corso degli anni a seguire,alcuni singolari punti di contatto trame e Pedro. Ricordo che all’epoca fa-cevo pratica (sono un dottore com-mercialista) in uno degli studi profes-sionali più ambiti di Roma. Non anda-vo però d’accordo con la sorella deltitolare, troppo autoritaria. Ed unavolta (una delle tante) litigammo dibrutto perché volevo appendere die-tro la mia scrivania un poster che raf-figurava una sedia dipinta da Pedro.

    Eppoi, non so anche qui bene perquale sorta di coincidenza, il titolaredello studio divenne un collezionista

    affezionato delle opere di Pedro. Lasua stanza ne era gremita. Anni fa Pe-dro fece una mostra superba alle Ter-me di Diocleziano, a Roma. Uno deglispazi più belli che possano ospitareuna mostra. E la mostra di Pedro cistava tutta lì dentro. Si chiamava “I-dentità in transito”. Tutte figure di-pinte di spalle. L’entrata già maestosadelle Terme accoglieva quelle opere,disposte tutte con arte e dovizia, inmodo esemplare. Il titolare del mioStudio, ma sì lo dico… si chiamava Lu-cio Mariani, dedicò una poesia a quel-la mostra che chiamò proprio “Iden-tità in transito” e mi pregò di farla re-capitare a Pedro, che di lì a poco a-vrebbe spostato la mostra dalle Ter-me di Diocleziano a Roma in una gal-leria a Firenze. Ma io non ci andai,contrariamente a quanto program-mato. Ma gliela spedì, credo. L’hai ri-cevuta quella poesia “Identità intransito” Pedro, vero? l

    «Lo conosco da unavita, anche se nonci frequentiamospesso: la suatecnica e l’alchimiadelle sue opere mihannocolpitosin daisuoiprimipassi»

    là Lo storico dell’arteClaudio Gulli:«Scelta la Siciliastraordinariocroceviadi popolazioni»

    GIULIA AMODEO

    C ome si presentano gli ambientidi Palazzo Butera dopo i restau-ri? Quali sono i mobili, gli ogget-ti, i dipinti e le opere d’arte che France-sca e Massimo Valsecchi hanno portatoa Palermo? È per rispondere a tanta cu-riosità, per vedere Palazzo Butera tor-nato al suo massimo splendore, che tresaloni del piano nobile saranno apertial pubblico per tre giorni a settimana(martedì, mercoledì e giovedì), dalle 18alle 20, per tutto il mese di luglio.

    Dopo tre anni di ristrutturazione incui ogni giorno cento operai hanno la-vorato al più importante cantiere dellacittà, Francesca e Massimo Valsecchihanno trasferito nel capoluogo sicilia-no parte della loro collezione.

    Altri capolavori dei Valsecchi sono inprestito a lungo termine al FitzwilliamMuseum di Cambridge e all’Ashmo -lean Museum di Oxford.

    Una raffinatissima selezione di mo-bili dell’’800, porcellane del ’700, vetridei primi del ’900, dipinti e acquerellifirmati da maestri al vertice della sto-ria dell’arte europea; firme internazio-nali con una predilezione per l’Inghil -terra, è a Londra infatti che la collezio-ne si è consolidata.

    A guidarci nella visita è Claudio Gul-li, storico dell’arte, giovanissimo magià un fuoriclasse nel suo campo, lapassione dell’arte lo ha portato prestis-simo a prestigiose esperienze di studioe lavoro all’estero, fino al Louvre, doveha compreso come a Palermo nonmancassero argomenti di approfondi-mento. Proprio nella sua città è arriva-ta la grande occasione professionalegrazie all’incontro con il mecenate mi-lanese.

    Molti lavori esposti sono davvero perintenditori, come il poetico, strazian-te, dipinto non finito di Edward Bur-ne-Jones, così come molti eccentricioggetti decorativi. Cosa guida il gustodi Francesca e Massimo Valsecchi?«Più che di gusto parlerei di ricerca. Ilgusto evoca una tendenza di un’epoca,in passato dettata dai papi o dai re, eoggi da qualche miliardario, che prati-ca il collezionismo per rivendicare unprimato sociale. I Valsecchi hannosempre percorso strade poco battute, apartire proprio dal dipinto di Burne-Jones, mai consegnato a un sostenitoredei preraffaelliti di Leeds, che ricevet-te dal pittore solo un acquerello (oggi

    nei musei di Harvard). L’opera dei Val-secchi rimane quindi nello studio delpittore, ma ci sono alcuni dettagli stu-diati con grande cura, come i girasoli inprimo piano, o la sfilata di cavalierinello sfondo».

    Il dipinto di Frans Floris e William Keye la tela di Annibale Carracci sono si-curamente le opere che catalizzanomaggiormente l’attenzione anche agliocchi di un neofita in materia. Ce levuole raccontare?«Floris e Key sono due pittori fiam-minghi che da giovani frequentavanouna delle prime accademie d’arte almondo, l’Académie Lombard a Liegi. Inquesto contesto, hanno immaginato u-n’opera dipinta su due lati, che associauna visione serena e olimpica dell’an -tichità a una infernale. Da un lato è in-fatti inscenato un dialogo con tre im-peratori romani, dall’altro una batta-glia di vecchioni a monocromo. Il di-pinto di Carracci, di recente in prestitoa Napoli, è uno scherzo maligno teso aun bambino, che è stato travestito dabuffone. Ha una maschera, un cappellocon una piuma e una barba finta. È ilmomento più sperimentale del pittore,negli anni Ottanta, quando realizzal’Uomo con la scimmia degli Uffizi ol’Autoritratto di Brera».

    La sala didattica con il wall drawing diDavid Tremlett in dialogo con gli af-freschi dei saloni di Palazzo Butera,anticipa la volontà di dare continuità

    tra antichità e contemporaneità. Cosaavverrà in futuro? Quali ulteriori ac-quisizioni arriveranno a completarel’allestimento?«Il progetto di Palazzo Butera stimolanoi contemporanei, e in particolare gliartisti, a confrontarsi con l’antico. Tre-mlett è un artista che ultimamente la-vora molto in contesti storici, dallechiese in Svizzera al Collegio Borro-meo a Pavia, alla facciata della Soprin-tendenza a Bari, nell’ex convento diSanta Chiara. Per il controsoffitto diPalazzo Butera è stato decisivo il rap-porto con la quadratura settecentescadi Fumagalli, ma anche i colori dellavegetazione e del mare visibili dal pri-mo piano».

    Le acquisizioni hanno rappresentatoper Massimo Valsecchi un funzionalestrumento di ricerca. L’assetto delle o-pere è in questo luogo in divenire; iltema del viaggio, della trasformazionesono dominanti. Come si sviluppanoquesti temi e come si evolverà la frui-zione della collezione tra i saloni delprimo e secondo piano e gli ambiential piano terra?«Stiamo cercando di proporre un labo-ratorio culturale dove le arti sianofruibili in modo poco convenzionale.Le opere sono esposte a “cantiere aper-to”, in attesa di una collocazione futu-ra, che comunque si manterrà dinami-ca. Al secondo piano, che aprirà fra me-no di un anno, negli spazi della colle-zione permanente si potranno vederedipinti antichi, porcellane, vetri, ac-querelli e mobili di varie epoche, perrestituire la centralità degli scambi cheha costituito la civiltà europea».

    Più di 20.000 visitatori per Palazzo Bu-tera - Cantiere Aperto, un grande suc-cesso anche per questi ultimi incontri.Il palazzo continuerà sempre a proiet-tarsi verso il pubblico di cittadini o tu-risti?«È un’esperienza straordinaria poterassistere alla partenza di un progettocome questo. Riceviamo spesso visita-tori che hanno già visto il palazzo quat-tro o cinque volte, ma vogliamo sem-pre di più proiettarci verso i palermi-tani e i siciliani. I Valsecchi hanno scel-to la Sicilia perché è uno straordinariocrocevia di popolazioni, e da noi dipen-de la costruzione di un clima culturaleinternazionale e di qualità». l

    Nelle foto: due vedute di PalazzoButera ormai restauratoe una delle opere della collezioneValsecchi che vi si può ammirare

    13 Cultura Nazionale (PS Societ_ e Cultura) - 08/07/2019 0807_SIC