Luce & Vita n.89

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Io sono choosy di manlio minervini..................2 Cari genitori, vi scrivo di giusy tatulli...........................5 La preghiera di Taizé di carmela zaza........................3 Che bella giornata di annarita marrano..................6 La Costituzione moderna di silvia ayroldi.........................4 o finta L ’arte di comunicare di mariella cuocci.....................8 HA DATO PIÚ DI TUTTI luigi caravella Davan all’ingresso del Tempio dove si trova il tesoro che raccoglie tue le offerte dei fedeli, Gesù, seduto vicino il tesoro, osserva i ricchi farisei che danno tan soldi, angendo al loro tanto superfluo, e una povera vedova, che geando nel tesoro del tempio gli ulmi suoi spiccioli, dona a Dio tuo ciò che aveva. Questa vedova non incontra mai Gesù, è osservata senza saperlo. Di lei non sappiamo l’età, non conosciamo il suo nome e il suo volto, non conosciamo il colore della sua pelle, dei suoi occhi, dei suoi capelli. Conosciamo solo il suo cuore con i battiti strani della povertà e della solitudine, cadenzato, tuttavia, dalla tachicardia della speranza. La povera vedova fa qualcosa di insensato, di illogico: in quell’ulma offerta annulla il suo futuro, brucia il suo domani, perchè pone nelle mani di Dio tua la sua vita. Quella donna ci regala un grande insegnamento. Nella difficoltà si è tenta di chiudersi, di difendere il poco che si ha, di pensare solo a se stessi. E’ la logica del mondo. Ma chi ci dice che le difficoltà, i problemi, le crisi non si possano risolvere con l’illogicità del donare? Chi ci assicura che meendo in circolo amore, fantasia, creavità, generosità non si renda migliore il mondo? perchè non pensare che il veleno potente che ammorba l’aria che respiriamo Inserto mensile di informazione e comunicazione del mondo giovanile a “Luce e Vita” n.40 del 25 novembre 2012 Piazza Giovene 4 -70056 Molfetta www.lucevitagiovani.it [email protected] 89 non sia proprio il nostro egoismo? Un saggio cinese dice al suo discepolo: “Osserva bene questo: l’uomo quando nasce ene i pugni chiusi e quando muore ha le mani aperte”. Tua la vita dell’uomo è un processo che passa dai pugni chiusi alle mani aperte, dal possedere al donare, dall’accumulare al distribuire, dall’arare tuo su di sè allo svuotamento di sè, dall’avidità alla generosità. Venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, Gesù chiamati a sè i disce- poli, disse loro: “In verità vi dico: questa vedova così povera ha dato più di tutti.... poiché ha dato tutto quello che aveva”.

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Inserto mensile della diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi di informazione e comunicazione giovanile (novembre 2012)

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Io sono choosydi manlio minervini..................2

Cari genitori, vi scrivodi giusy tatulli...........................5

La preghiera di Taizédi carmela zaza........................3

Che bella giornatadi annarita marrano..................6

La Costituzione modernadi silvia ayroldi.........................4o finta L’arte di comunicaredi mariella cuocci.....................8

HA DATO PIÚ DI TUTTIluigi caravella

Davanti all’ingresso del Tempio dove si trova il tesoro che raccoglie tutte le offerte dei fedeli, Gesù, seduto vicino il tesoro, osserva i ricchi farisei che danno tanti soldi, attingendo al loro tanto superfluo, e una povera vedova, che gettando nel tesoro del tempio gli ultimi suoi spiccioli, dona a Dio tutto ciò che aveva. Questa vedova non incontra mai Gesù, è osservata senza saperlo. Di lei non sappiamo l’età, non conosciamo il suo nome e il suo volto, non conosciamo il colore della sua pelle, dei suoi occhi, dei suoi capelli. Conosciamo solo il suo cuore con i battiti strani della povertà e della solitudine, cadenzato, tuttavia, dalla tachicardia della speranza.

La povera vedova fa qualcosa di insensato, di illogico: in quell’ultima offerta annulla il suo futuro, brucia il suo domani, perchè pone nelle mani di Dio tutta la sua vita. Quella donna ci regala un grande insegnamento. Nella difficoltà si è tentati di chiudersi, di difendere il poco che si ha, di pensare solo a se stessi. E’ la logica del mondo. Ma chi ci dice che le difficoltà, i problemi, le crisi non si possano risolvere con l’illogicità del donare? Chi ci assicura che mettendo in circolo amore, fantasia, creatività, generosità non si renda migliore il mondo? perchè non pensare che il veleno potente che ammorba l’aria che respiriamo

Inserto mensile di informazione e comunicazione del mondo giovanile

a “Luce e Vita” n.40 del 25 novembre 2012Piazza Giovene 4 -70056 Molfetta

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non sia proprio il nostro egoismo?Un saggio cinese dice al suo discepolo: “Osserva bene questo: l’uomo quando nasce tiene i pugni chiusi e quando muore ha le mani aperte”. Tutta la vita dell’uomo è un processo che passa dai pugni chiusi alle mani aperte, dal possedere al donare, dall’accumulare al distribuire, dall’attirare tutto su di sè allo svuotamento di sè, dall’avidità alla generosità.

Venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, Gesù chiamati a sè i disce-poli, disse loro: “In verità vi dico: questa vedova così povera ha dato più di tutti.... poiché ha dato tutto quello che aveva”.

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Finisce il liceo. La prima vera scelta della nostra vita: che fare? Alcuni hanno le idee chiarissime sul loro futuro, altri meno, altri ancora sembrano si siano appena svegliati da un sonno profondo (ed hanno più o meno la stessa espressione in faccia). C’è chi decide che con lo studio può bastare così e cerca un lavoro, chi un lavoro non lo trova e ripiega arruolandosi in qualche corpo dell’Arma ed, infine, coloro che non ne hanno ancora abbastanza e vogliono continuare gli studi iscrivendosi all’università, consapevoli che questi possano poi offrire maggiori opportunità di lavoro e, magari, un impiego più consono e pertinente alle loro aspettative e ai loro sogni. Scelta coraggiosa quest’ultima: oltre a comportare una serie di sacrifici, noti a tutti gli studenti, gli studi universitari specializzano le conoscenze della persona, restringendone il campo di interesse, ma, nello stesso tempo, ampliandone le competenze nello specifico.Finisce l’università. Dopo anni di rinunce, giornate intere passate sui libri e tanta forza di volontà, spinti sempre dalla seducente prospettiva di un’occupazione vicina alle proprie aspirazioni, tutti ci aspetteremmo di trovare spalancate le porte del mercato del lavoro al termine degli studi. E invece no, come un miraggio, il lavoro scompare man mano che la meta si avvicina e la crisi attuale non migliora certamente la situazione. I pochi impieghi che vengono offerti sono sottopagati e le condizioni lavorative risultano pessime, calpestando così diritti e dignità. Ti consigliano, magari, nella vana speranza

di renderti più appetibile sul mercato del lavoro, di arricchire la tua esperienza di studio e formazione con tirocini formativi, master universitari, scuole di specializzazione, ecc… (alcuni dei quali anche a pagamento), che rendono, però, ancora più settoriale e specifica la tua preparazione.

io sono choosymanlio minervini

Il diritto allo studio è, da diversi anni, cosa per pochi se si pensa che numerose facoltà oggi sono a numero chiuso. Eppure c’è chi parla di spesa sociale, di limitazioni dovute a scarsa domanda di lavoro dal mercato, di meritocrazia, di disoccupazione giovanile: tutti alibi che mascherano l’inesorabile tenaglia della “spending review”, eufemismo che vuol dire tagli alla spesa pubblica, meno welfare, meno diritti sociali. E nel campo dell’istruzione, tutto ciò ha conseguenze iperboliche se pensiamo che la formazione sia alla base del progresso e del bene comune. Qui si parla non solo di negare un diritto sancito dalla Costituzione, ma di distruggere un sogno, o quantomeno di eroderlo fin dagli inizi, con inesorabili conseguenze sulla vita delle persone.

Torniamo coi piedi per terra. Qui, 4 settembre, a Bari sono più di quattromila gli aspiranti medici. C’è chi si da già per spacciato, c’è chi invoca sparute divinità e c’è anche chi si sente già col camice, sicuro di sé. C’è chi spera di stralciare uno straccio di risposta dal collega seduto più avanti, c’è persino chi, tatticamente, spera di rifilare risposte farlocche allo sventurato di turno.E’ una lotta tra pari, tutti contro tutti. L’assurdo nella logica di condivisione e collaborazione che contraddistingue la formazione, intesa nella concezione più moderna nel termine. In quei momenti pensi che il tuo percorso di studi sarà determinato non dal tuo bagaglio di conoscenze ed esperienze, ma da chissà quale nozione che, inevitabilmente,

TEsT D’AMMissionE… QUAnDo iL soGno È PER Pochitony tavella

pessimisticamente, sai di non sapere. Chissà, una modalità diversa sarebbe stata più valida – pensi – nella necessità di dover fare selezione. Ciò avrebbe richiesto più impegno dalle istituzioni, inconcepibile dato il momento storico.E quando i tuoi studi iniziano, vittorioso del traguardo raggiunto, pensi a chi, come te, avrebbe voluto quell’occasione, lasciando semmai al tempo e alla vita la scelta più saggia sulla strada giusta per sé, senza che qualcuno ci precludesse la via.E ti chiedi, in fin dei conti, il perché di tanta tristezza. Scopri che, più che dal tasso di crescita annuo del PIL, la vita dovrebbe essere governata da sogni, condivisione, amore.

Poi, arriva l’invito ad accettare qualsiasi tipo di lavoro (come se ci fosse una grande scelta), mettendo in un cassetto, in un colpo solo, anni di cultura, di sacrifici, ma anche di sogni: no caro Ministro, io ora sono choosy, anzi, come direbbero gli italiani, schizzinoso.

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la preghiera di taizécarmela zaza

“Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.” (Matteo 6, 6).Credo che Gesù abbia detto questa frase pensando anche a me, anche a noi, credenti del duemila e dintorni. Probabilmente Gesù sapeva che sarebbe stato sempre più difficile pregare nell’epoca di internet, del cellulare, degli aerei e dei satelliti. Trovare il tempo, la voglia, la concentrazione necessaria a mettersi in contatto con Lui, a cercare una via di comunicazione preferenziale, a mettersi in ascolto.Fino a che, mi sono trovata nel posto giusto al momento giusto, non per caso. E’ successo il 2 novembre scorso, nella chiesa del Santissimo Crocifisso di Molfetta, dove il Servizio per la Pastorale giovanile ha organizzato grazie alla collaborazione dei frati Cappuccini, un momento di preghiera particolare, quello secondo l’esperienza di Taizé. I banchi accostati ai lati rendevano il luogo più grande e ospitale: mi è sembrato un invito ad entrare e fermarmi, a pregare insieme agli altri con l’aiuto dei canoni ripetuti più volte, della luce soffusa e diffusa dalle candele e della parola di Dio ascoltata in silenzio. Sull’altare il Santissimo risplendeva in quell’atmosfera serena. Ero in compagnia di tanti volontari della preghiera eppure ero sola “nel segreto” del mio cuore, aiutata in quel mio particolare dialogo dalla voce del silenzio. Perché

la preghiera è prima di tutto desiderio di mettersi in ascolto. Nei nostri incontri, nelle chiese, durante le omelie al vangelo domenicale, sono troppe le parole a volte inutili che vengono dette e ripetute. Quando invece quello di cui abbiamo bisogno è spesso solo silenzio, per riuscire ad ascoltare le parole del nostro cuore. Lo dice sempre Gesù, nel brano del Vangelo che ho citato all’inizio:”Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancora prima che gliele chiediate” (Matteo 6, 7-8). La preghiera di Taizé mi ha aiutata a pregare. E per fortuna quest’incontro particolare si ripeterà ogni mese, come un abbraccio caloroso cercato e desiderato. Venite e sperimentate anche voi che ciò che ho detto è vero.

A breve l’Azione Cattolica richiamerà tra le sue accoglienti braccia bambini dagli occhi vivi di Dio, giovani con l’energia che esplode dentro e la ricerca che turbina nei pensieri, adulti che non smettono di mettersi in gioco e chiedersi perché. Un “si” che si rifiuta di rappresentare una mera abitudine priva di quel profondo significato di Dio, d’amore, di speranza, di gioia nel condividere. Al contrario un “no” dato sull’onda del pregiudizio, dei luoghi comuni, della “chiesa è corrotta” o di un Dio che sembra sparire nel dolore, sarebbe puramente superficiale. In fondo quel Dio così sfuggente, astratto, misterioso per chi stenta a trovarlo ma profondamente reale e connaturato alla quotidianità per chi crede di averne colto uno stralcio d’essenza, lo cerchiamo tutti.Se allora i più piccoli confermano il loro

la ricerca di una sceltamaria nicola stragapede

giovanissimi tutti quelli che dicono “Che schifo, vai in chiesa!” perché se la Chiesa fosse solo quella disonesta nella storia, piena d’oro e che fa scandalo in tv, ci andrebbero davvero in pochi. Ma non si sa come continua ad attirare a sè giovani, che spesso sono molto più critici e analitici degli adulti. Credo che sia stata una conquista se almeno una persona tra gli stereotipi del “Che schifo, vai in chiesa!” sia arrivata a leggere l’articolo fino in fondo. Ma credo anche che chi afferma con assoluta fermezza e sicurezza l’esistenza di Dio, dovrebbe rifletterci più a fondo.Affinchè ogni scelta non sia espressione di abitudine o pregiudizio, ma meditata riflessione e ricerca che può deviare la strada o riconfermarla, in qualsiasi caso può solo renderla più consapevole e sincera.

esserci con la spontaneità e l’innocenza nel credere vivamente in Dio, avendo la capacità di ritrovarlo inconsciamente dappertutto, i più grandi dovrebbero fare una vera e propria scelta, consapevole della ricchezza e dell’impegno che inevitabilmente implica.Una scelta non relativa al credere o al non credere, perché in fondo tutti ci nutriamo costantemente di dubbi, ma che concerne l’adesione all’Azione Cattolica. Perché l’associazione non è solo l’andare a messa ogni Domenica, pregare, partecipare ai ritiri. Questo sì che sembrerebbe davvero triste e forse anche privo di significato. L’associazione è aggregazione, confronto, gioco, condivisione e non quella Chiesa corrotta nella storia, i cui “rappresentanti” spesso continuano a suscitare scandalo.Sarebbe bello schiacciare pregiudizi facendo partecipare almeno ad un incontro

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L’inserto è curato da : Nico Tempesta;

Silvia Ayroldi, Mauro Capurso, Gaetano Ciccolella, Gian Paolo de Pinto, Giuseppe Mancini, Annarita Marrano, Fedele Marrano, Francesca Messere, Manlio Minervini, Maria Teresa Mirante, Maurizia Mongelli, Maria Nicola Stragapede, Antonio Tamborra, Giusy Tatulli, Carmela Zaza.

Grafica: Gian Paolo de Pinto.

Webmaster: Valentina de Leonardis.

LUCEeVITA GIOVANIleggi e commenta su www.lucevitagiovani.it

la costituzione modernasilvia ayroldi

Art. 1 : L’Italia è una Repubblica fintamente democratica, fondata su una speranza di lavoro. La sovranità appartiene ai politici che la esercitano nelle forme e nei modi che più si addicono alle loro necessità.Art. 3 : Tutti i cittadini, eccetto che alcune classi sociali, hanno pari dignità e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di razza, lingua, religione, opinione politica e condizione personali e sociali. E’ compito della Repubblica , davanti a problemi di ordine economico a sociale, effettuare tagli ai fondi nei settori che garantiscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione del Paese.Art. 4 : La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto di lavorare e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto in un altro Stato.Art. 5 : La Repubblica è una, per ora, e divisibile, per molti, e riconosce e promuove migliaia di autonomie locali, anche inutili.Art. 12 : La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni. Le macchie marroni le ha lasciate Bossi.Art. 21 : La stampa è sempre soggetta ad autorizzazioni e censure per i fatti che riguardano le cariche dello Stato.Art. 27 : L’imputato non è considerato colpevole sino alla telefonata di un funzionario di stato che ne accerti la discendenza.Art. 35 : La Repubblica tutela la speranza di avere lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori con stage non retribuiti.Art. 36 : Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla magnanimità del datore di lavoro e in ogni caso sufficiente ad arrivare solo a fine mese.Art. 41 : L’iniziativa economica privata è libera in senso assoluto, anche di evadere le tasse.Art. 48 : Sono elettori tutti i cittadini, uomini o donne, che abbiano la maggiore età.Il voto è personale, uguale, segreto e corrompibile.Art. 101 : la giustizia è formalmente amministrata in nome del popolo, ma sostanzialmente amministrata per pochi eletti.Art. 111 : La giurisdizione si attua mediante giusto processo regolato dalla legge. La legge ne assicura una durata ragionevole almeno decennale.

Dopo questa rassegna di articoli rivisitati in chiave moderna o secondo la loro trasformazione sul piano sostanziale mi sembra doveroso, però, concludere citando un sunto del discorso di Piero Calamandrei, fatto nel 1955 a dei giovani studenti milanesi, sulla Costituzione Italiana, cosicché forse si possa restituire alla Carta costituzionale ora la dignità che merita: “La costituzione non è una macchina, che una volta messa in moto va avanti da sè. La Costituzione è un pezzo di carta e se la lascio cadere non si muove; perchè si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità, per questo una delle offese che si fa alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, un po’ malattia dei giovani.Quanto sangue e quanto dolore per arrivare a questa Costituzione; dietro ogni suo articolo dovete vedere il volto di uomini che hanno dato la vita perchè la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. La costituzione è un testamento di centomila morti e se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati; dovunque è morto un italiano.La costituzione è l’affermazione solenne della solidarietà sociale e della sorte comune, che se va a fondo, va a fondo per tutti.”

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Cara mamma, caro papà,è ormai da un mese che sono qui, nella Bologna universitaria e giovane, a vivere la mia esperienza da fuori sede per la prima volta. Ho da subito incontrato tanti miei coetanei e ho già dovuto salutarne molti con un “in bocca al lupo”. Ho già assistito a delle manifestazioni, ho incrociato coppie gay che camminano liberamente per strada e ho lasciato il mio posto a sedere in autobus a diversi anziani. Vi ho raccontato tutto da quando son qui, dalle prime difficoltà alle piccole vittorie di cui sentirmi soddisfatta. Vi ho raccontato della pasta dolce e del caffè amaro dei primi giorni, a cui ho dovuto adattarmi per evitare di acquistare prodotti che avrebbero ulteriormente appesantito il trasloco. Vi ho raccontato anche di due persone speciali che ho conosciuto, le prime due di cui mi sono fidata e a cui non ho detto “addio”, ma un speranzoso “arrivederci”. Una coppia di fidanzati, lei studentessa e lui dottorando entrambi in giurisprudenza, con cui ho vissuto per un mese.

giusy tatulli

quelle due persone splendide, perché a dispetto di ciò che la tv vuol farci passare e addirittura alcuni politici (molto in voga qui a Nord) ci raccontano, non è la nazionalità o il colore della pelle a far la differenza.Vi abbraccio!

Entrambi sono albanesi, un dettaglio che ho in parte omesso durante le nostre telefonate. Lui, un uomo saggio grazie alle sue letture e all’interesse per l’attualità. Lei, una donna saggia per le sue esperienze. Due giovani che son giunti in Italia per studiare e lavorare. Come ben sapete, durante il mio mese in casa con loro, il ministro Fornero ci ha definiti “choosy”. Qui a Bologna non si è parlato d’altro in quei giorni, ne parlavano anche i muri della strada universitaria. Ascoltando e leggendo quella parola, ho pensato e ripensato ai miei due coinquilini. Entrambi studiano e senza far troppo gli “schizzinosi” lavorano come cameriera in una pizzeria e cassiere in un fast food. Di certo il mio amico avrebbe potuto pretendere un lavoro migliore, che lo rendesse fiero e ripagato degli anni di studio necessari per laurearsi e diventare avvocato. Invece ha accettato di tutto pur di poter mangiare, pagare l’affitto e vivere con la propria fidanzata dignitosamente. Avrei tanto desiderato farvi conoscere

cari genitori, vi scrivo

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Padova: un nuovo trasloco, una nuova smart card per l’abbonamento dei mezzi, una nuova lista di piatti tipici da provare, una nuova avventura. A volte penso che il mio continuo muovermi da un posto all’altro sia decisamente stressante. Appena cominci a plasmare la tua vita su una città, devi andare. Perdi i punti di riferimento, la certezza delle nuove abitudini, il conforto della tua “stanza”. Accanto al bisogno di appartenere ad una città c’è la curiosità di conoscere l’incognito, di esplorare i quartieri meno conosciuti dove spesso si nascondono i particolari più belli, di metterti nuovamente alla prova. Arrivata a Padova il primo pensiero va a Sara, una ragazza conosciuta al dormitorio a Trento, un posto meraviglioso e decisamente stimolante. La prima volta che l’ho conosciuta si è seduta a pranzare con me e abbiamo chiacchierato un po’ della nostra storia. Appena scoperto che avrei svolto una parte del mio dottorato a Padova, si è subito offerta di ospitarmi nella sua cameretta con una generosità inaspettata. Ogni mattina a colazione mi accoglieva con un bellissimo “buongiorno Anna” e al mio ritorno dal lavoro la trovavo sempre lì a studiare, pronta a salutarmi con un “ciao anna, come è andata la giornata?”, quelle parole che spesso per distrazione mancano persino in casa tua. Mi faceva sentire al sicuro, serena. Avevo bisogno di quelle parole e le sarò sempre grata. Passavano i giorni e il piano del dormitorio si è subito trasformato in una grande famiglia. Ogni sera c’era un’occasione diversa per fare festa, per stare insieme, per condividere sorrisi, risate, paure: vin brulè, cioccolata calda, pizza e tante altre golosità. Ogni volta, tuttavia, c’era un posto libero. Era quello di Sara che dopo un pasto veloce si rinchiudeva in camera e studiava. Rifiutava qualsiasi invito e presto i commenti di disappunto hanno cominciato a farsi sentire. Era assurdo che una ventenne trascorresse tutto il suo tempo a studiare! Sei nel pieno della tua gioventù, in uno studentato lontana da casa e dagli sguardi inquisitori dei genitori! Appunto: i genitori. Il papà di Sara è neozelandese, qualcosa che potrebbe sembrare affascinante se non fosse che non l’ha mai conosciuto. La mamma lavora per il Ministero degli Esteri n e l l ’a m b a s c i a t a

che bella giornataannarita marrano

italiana a New York. Nessuno sguardo inquisitore, nessun rimprovero per un ritardo, nessun numero da telefonare per chiedere un semplice favore, come aiutarla a scendere la bici. Sono solo alcuni dettagli della vita di Sara che tuttavia mi permettono di capire ogni suo gesto: quel “ciao anna, come è andata la giornata?” Sara desiderava ardentemente ascoltarlo e non solo pronunciarlo. Quel rifugio disperato nei libri era un bisogno di punti di riferimenti, di distrazione, di colmare il proprio vuoto. Ma chi sono io per giudicare? Che laurea in psicologia avrò per giustificare la mia presunzione ad avere opinioni sulla vita altrui? Passiamo più tempo a psicanalizzare l’altro, a giudicarlo sulla base dei nostri preconcetti, a fraintendere ogni suo gesto che non cogliamo l’occasione di vivere appieno un’amicizia, di curare i dettagli, di dire un “ciao sara, come è andata la giornata?”, di dare all’altro ciò di cui ha bisogno. Decido allora di fare il mio passo, di prendere tutto il meglio che c’è. Prendo il cellulare e mando un sms: “Ciao Sara, com’è andata la giornata?”.

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filosofia negativa con cui affrontare gli eventi straordinari, ma alle volte neanche così tanto rari, di fronte a cui la vita ci pone. La verità è che leggere in un postulato di una vicissitudine che ci ha visti protagonisti in passato, assieme magari a qualche imprecazione, potrebbe strapparci un sorriso e chissà, in futuro, qualora dovesse ripresentarsi, esclamare: “Ha proprio ragione quel Murphy!”. Del resto, si sa, un po’ di sana ironia può solo farci del bene e allora non lasciatevi sfuggire l’occasione di sorridere una volta in più!

7In fondo al pozzo... e rItornovincenzo bini

a spasso con murphyfrancesca messere

più volte prima di inviarle, vi accorgerete di aver commesso degli errori solo dopo aver spinto il tasto “INVIO”? O pensate a quando entrate in un negozio, se avete intenzione di dare solo un’occhiata sarete assediati dai commessi, mentre se magari avete intenzione di comprare non ne troverete neanche uno.Questi sono solo alcuni esempi di vita quotidiana, comune a tutti noi, da cui sono state tratte una serie di leggi “alla Murphy” con l’intento di ironizzare su quelle piccole disavventure che possono capitarci. Apparentemente potrebbe sembrare una

“Se qualcosa può andar male, lo farà.” Quando per la prima volta ho sentito citare questa massima, nota con il nome di legge di Murphy, ho subito pensato di aver trovato ciò che regolava la mia vita. Fino a quel momento l’avevo solo chiamata sfiga o sfortuna e invece scoprivo, proprio sui banchi della mia facoltà, che qualcuno si era preoccupato di formulare una regola che, in fondo, trova applicazione in moltissimi campi. L’essenza di questa espressione è tutta racchiusa nella teoria delle probabilità, secondo cui eventi che è quasi impossibile che si verifichino, nella realtà invece accadono spesso, se non addirittura sempre. Quante volte vi sarà capitato di dover stampare qualcosa di importante e sistematicamente la vostra stampante o si rompe o vi termina l’inchiostro? E che ne dite della classica fetta di pane imburrata che quando vi casca a terra ovviamente vi cade dalla parte con il burro? Per non parlare di quando si inviano le e-mail, avete mai notato che, anche se le rileggete

Mi era sembrata una strana coincidenza, ma ho smesso da tempo di interrogarmi sulle sorprese che la lettura mi regala. Qualche settimana fa è stato in turno, in rapida successione, di due libri diversissimi fra loro, ma con un filo che ne legava le trame: storie vissute ai margini di una società distratta, diventata improvvisamente indifferente al fenomeno tossicodipendenza. Non va più di moda, se ne parla sempre meno, ma la droga era ed è un virus latente, che c’è ma non si vede, relegata a qualche trafiletto di cronaca di periferia metropolitana, impregnata di clandestinità ed ombre. A riportarla a galla nella mia mente sono stati questi due romanzi: nell’ordine “In fondo al pozzo” di Domenico Spadavecchia e “Io e te” di Niccolò Ammaniti. Impossibile azzardare confronti, non sarebbe leale nei confronti del mio amico Mimì. Molfettese, ex-impiegato in pensione della Weber-Altecna di Bari; una vita divisa fra famiglia, lavoro e sport (è stato il mio primo allenatore di hockey), che ha trovato il suo ‘buen retiro’ nella scrittura, nel romanzo, nell’irrefrenabile voglia di raccontare le sue emozioni represse e non. Autodidatta, ma inguaribilmente volenteroso, incontra la fiducia della (pur piccola) casa editrice Di Marsico (www.dimarsicolibri.it), regalandoci una storia a lieto fine. Di questi tempi non guasta…

Una storia vera quella di Dario ed Ester. Due ragazzi qualunque, vittime di un contesto familiare poco fertile, poco attento, che genera un loro graduale allontanamento, viatico per il tunnel della depressione cui la cocaina si pone come impalpabile panacea. Dario ed Ester però, con la coda dell’occhio rivolta verso l’alto, trovano la forza di reagire e rimettersi in gioco: dapprima in una casa di recupero che li accoglie e gli restituisce la fiducia in se stessi, poi nella vita che premierà i loro sforzi e vedrà coronato il loro bellissimo, appassionato sogno d’amore. Un racconto che scivola via e che, una volta

tanto, non ti lascia con l’amaro in bocca...Olivia, invece, la fragile creatura di Ammaniti, non ce la farà: un’overdose di eroina spezzerà il fiore della sua triste esistenza a poco più di trent’anni. Non basteranno, infatti, i buoni propositi condivisi con il suo fratellastro Lorenzo al termine di una delirante settimana di solitudine trascorsa in una squallida cantina, al riparo dalle loro stesse vite.

“Io e te” è già diventato un film di sicuro successo, “In fondo al pozzo” resterà forse solo la proposta di un vostro “amico” inguaribilmente ottimista.

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crayongaetano ciccolella

L’uomo è un animale sociale. Cresce nelle relazioni, si circonda di relazioni e vive per le relazioni interpersonali. Nessuno di noi può negare l’importanza dei rapporti sociali nella propria esistenza, così come sarà ben noto a tutti che il veicolo di tali interazioni , la conditio sine qua non della vita umana, in generale, e dell’ordine sociale, in particolare, sia la comunicazione. Se non comunicassimo, infatti, non potremmo vivere, relazionarci, la nostra esistenza sarebbe priva di quei suoni e di quei segni che riempiono i nostri giorni e ci rendono, specificatamente, esseri umani. La comunicazione, però, al di là di ogni consapevolezza, è un’arte affascinante quanto complessa. Gli psicologi della Scuola di Palo Alto, in America, hanno cercato di fare luce sulle caratteristiche e sulle trappole dei processi comunicativi, nella convinzione che comunicazione ed esistenza siano concetti inseparabili e che, di conseguenza, per vivere bene, bisogna imparare a comunicare meglio. Una proprietà, in particolare, della comunicazione umana, semplice ma di cui spesso siamo inconsapevoli, è l’impossibilità di non comunicare. Questo significa che qualsiasi comportamento ha valore di messaggio, cioè di comunicazione, con implicazioni non del tutto scontate. L’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti importanza comunicativa e quindi influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, rispondono a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro.Pensiamo, ad esempio, a quante volte, in treno, sarà capitato a noi o ad altri, di fingere di dormire o di ascoltare musica per evitare di parlare con i vicini o di essere disturbati e di solito pare che i vicini capiscano il messaggio e rispondano in modo adeguato lasciandoci in pace. Al di là delle apparenze, questo è uno scambio comunicativo così come lo è una discussione animata. È abbastanza evidente come questo genere di comunicazione avvenga spesso senza che ne siamo consapevoli e questo ci induce a riflettere,

l’arte di comunicaremariella cuocci

più in generale, sul fatto che ogni volta che comunichiamo, cioè in ogni istante della nostra vita, lanciamo agli altri dei messaggi anche involontari, non intenzionali che possono essere recepiti in maniera più o meno adeguata dai nostri interlocutori. E siccome la comunicazione umana non è un fenomeno unidirezionale ma bidirezionale, gli altri risponderanno sempre in modo più o meno consapevole ed adeguato ai nostri messaggi e viceversa dando vita ad un circuito interattivo potenzialmente senza fine e soprattutto potenzialmente “pericoloso”. Il rischio maggiore è, infatti, la nascita di incomprensioni e fraintendimenti dovuti al fatto che la comunicazione è, appunto, un processo circolare e complesso, per nulla scontato. Quante delle nostre relazioni sociali sono state “minacciate” da errori, spesso involontari, di comunicazione? Quante volte ci è capitato di comunicare con qualcuno avendo la netta sensazione di non essere compresi o di non riuscire a farsi comprendere? Nessuno di noi è esente da queste trappole comunicative ma possiamo imparare con il tempo, la pazienza e “per prove ed errori”, a riconoscerle e a non lasciarci ingabbiare da esse. Un buon punto di partenza è riconoscere che noi, esseri umani, siamo nati per comunicare ma probabilmente non ci basterà una vita intera per imparare a comunicare senza cadere in errore. L’ideale sarebbe cercare di mantenersi in bilico perché, in fondo, restare in bilico è meglio che cadere.