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Parma 22 aprile 2010

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Con le norme di diritto internazionale privato (dette anche norme di conflitto) ciascuno Stato – ordinamento regola quei rapporti (inclusi quelli derivanti dal commercio internazionale) che “presentano qualche carattere di estraneità rispetto all’ordinamento statale” disciplinando sia la giurisdizione che il diritto applicabile a quei rapporti.

Le norme di diritto internazionale privato generalmente prevedono disposizioni rivolte ad agevolare l’esecuzione delle sentenza.

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1. La parte valuta in quale Paese od in quali Paesi possono essere aggrediti beni del debitore per soddisfarsi,

2. la parte verifica se un giudice di quel Paese, in base alle norme di diritto internazionale privato e di diritto processuale possa essere adito per pronunciarsi sulla controversia, oppure se sia possibile adire un giudice di altro Paese sapendo che l’eventuale pronuncia favorevole sarà agevolmente eseguita nel Paese nel quale il debitore possiede beni da aggredire,

3. il giudice adito, valutata la propria competenza sulla base del diritto internazionale privato e del diritto processuale dello Stato cui appartiene,

4. il giudice che si sia ritenuto competente determina la legge applicabile alla controversia,

5. il giudice deve decide la causa sulla base della legge sostanziale ritenuta applicabile,

6. la parte vittoriosa deve ottenere l’esecuzione della sentenza avvalendosi della legge dello Stato nel quale il debitore dispone di beni aggredibili.

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Ordinamenti nazionali diversi potrebbero adottare soluzioni divergenti in materia di riconoscimento ed esecuzione di sentenze straniere, oltre che in materia di competenza giurisdizionale e di diritto sostanziale applicabile.

Per ridurre i rischi di disparità di trattamento gli Stati hanno adottato convenzioni internazionali in materia di giurisdizione e di diritto internazionale privato, introducendo:

criteri comuni per il riconoscimento dei provvedimenti giudiziari stranieri, onde favorirne l’esecuzione;

regole coerenti in materia di competenza giurisdizionale, tali da determinare univocamente il giudice competente;

norme uniformi in materia di diritto internazionale privato, per garantire la certezza del diritto sostanziale applicabile;

Le convenzioni internazionali vincolano solo i giudici degli Stati contraenti e per le controversie tra soggetti domiciliati in Paesi contraenti.

La principale convenzione in materia è dalla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, recepita, per i paesi dell’UE nel Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000.

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Nella Convenzione di Bruxelles e nel Regolamento CE 44/2001 sono talora previsti più criteri di competenza concorrenti ha l’effetto di attribuire potenzialmente la competenza a decidere su una determinata controversia a giudici di più Stati.

Perciò viene stabilito che la proposizione dell’azione giudiziale in uno Stato impedisce ai giudici degli altri Stati di conoscere la medesima controversia, a meno che il giudice precedentemente adito non si dichiari incompetente (cfr. reg. n. 44/2001, art. 27).

Interessante anche la Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, recepita dal Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio (c.d. Roma I) sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali.

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Per ridurre problemi, le parti potrebbero definire dettagliatamente e analiticamente il rapporto. A tal riguardo sono significative le operazioni volte all’elaborazione di contratti standardizzati internazionali.

Ogni contratto va però collocato nel contesto di un ordinamento giuridico:

per integrare eventuali (ma inevitabili) lacune del contratto;

per interpretare le clausole contrattuali concordate dalle parti;

Per conoscere le regole relative alla validità del contratto stesso.

Le parti possono nel contratto scegliere anche il giudice e il diritto sostanziale applicabile al contratto.

La scelta del giudice, deve essere vagliata alla luce del diritto processuale del foro scelto, che generalmente la ammette. Essa vincola positivamente il giudice scelto a pronunciarsi sulla controversia nascente dal contratto, e negativamente gli altri giudici, quando dalla scelta delle parti risulti un vincolo a non pronunciarsi sulla medesima controversia per essi (cfr. art. 23 Reg. 44/2001, salvo casi di competenza esclusiva, cfr. art. 22 Reg. 44/2001).

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Le parti possono nel contratto devolvere le eventuali controversie che da esso scaturiscano in arbitri. Ciò è generalmente ammesso in campo commerciale dagli ordinamenti nazionali. La Convenzione di New York del 1958, ratificata da numerosissimi Stati prevede il riconoscimento della validità degli accordi con cui le parti sottopongono la controversia ad un giudizio arbitrale prevedendo l’esecuzione nel territorio degli Stati contraenti delle decisioni arbitrali straniere.

Anche la scelta dell’arbitrato incontra dei limiti: è comunque rimessa alla legislazione di ogni Stato la

determinazione delle materie per le quali è ammesso l’arbitrato (per cui uno Stato rifiuterà di dare esecuzione alla decisione arbitrale resa su materia che il proprio ordinamento consideri non arbitrabile),

gli Stati possono negare l’esecuzione di decisioni arbitrali che siano considerate contrarie ai propri principi di ordine pubblico.

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Anche la scelta del diritto sostanziale applicabile al contratto è generalmente consentita dalle norme di diritto internazionale privato. Cfr. Reg. (CE) 593/2008, art. 3, comma 1.

Tale libertà di scelta incontra talune significative limitazioni: non internazionalità del contratto:

quando tutti gli elementi del contratto sono ubicati in uno stesso Paese l’applicazione della legge di tale diverso paese non può essere derogata convenzionalmente (art. 3, comma 3).

quando tutti gli elementi del contratto siano ubicati in Paesi appartenenti alla UE l’applicazione disposizioni di diritto comunitario, se del caso, come applicate nelle Stato membro del foro, non può essere derogata convenzionalmente (art. 3, comma 4).

In questi casi la legislazione prescelta sarà applicabile solo subordinatamente a quella del luogo (Stato/UE) in cui tutti gli elementi del contratto sono ubicati.

presenza di “norme di generale applicazione”, ossia disposizioni il cui carattere imperativo è tale da richiederne l’applicazione quale che sia la legge regolatrice del contratto;

contrarietà all’ordine pubblico. Si vedrà in seguito.

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Per mettere in secondo piano i problemi di determinazione del diritto applicabile si tenta di uniformare il diritto sostanziale.

Due percorsi: Adozione da parte degli Stati di norme interne destinate a

regolare indifferentemente rapporti interni e internazionali (per es. leggi cambiarie). Questo procedimento comporta l’inserimento della norme uniformi nel diritto interno degli stati coinvolti, con il rischio che siano interpretate e applicate nei diversi Stati in modi differenti.

Adozione di norme uniformi destinate a regolare i soli rapporti internazionali, ferma restando la disciplina “domestica” per i rapporti interni; così ad esempio la Convenzione di Vienna del 11 aprile 1980 sulla vendita internazionale di beni mobili. Non è richiesto l’inserimento nel diritto interno. Queste discipline dettano esse stesse criteri interpretativi speciali onde assicurare che siano uniformemente applicate.

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I problemi connessi all’applicazione delle leggi nazionali potrebbero essere superati richiamandosi a norme non statali ma dettate dalla prassi internazionale, una nuova “lex mercatoria”. Si parla di “delocalizzazione” del rapporto.

La volontà delle parti di delocalizzare il rapporto può essere espressa, e manifestarsi in una apposita clausola contrattuale:

clausola che ne faccia espressa menzione, clausola che faccia riferimento ai “principi generali del diritto”, o

al “diritto commerciale internazionale” o al “diritto internazionale” tout court, o ancora ai “principi di diritto naturale” o “di equità”;

espressa esclusione dell’applicazione di qualsiasi diritto nazionale;

richiamo a testi normativi uniformi come la Convenzione di Vienna; dubbi invece per il mero rinvio a modelli contrattuali predisposti in sede internazionale (ad es. Incoterms o UCP), perché esso non esclude a priori la possibilità di inquadrare il rapporto in un dato ordinamento nazionale.

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Anche in questo caso si dovrà fare ricorso agli ordinamenti nazionali per ottenere l’esecuzione coattiva di qualsiasi pronuncia sulla controversia.

Appare poi problematico il ricorso alla giurisdizione statale. La lex mercatoria appare incompatibile con le regole di diritto internazionale privato. Quando la legge riconosce il valore della scelta del diritto applicabile effettuata dalle parti, si intende in genere che la scelta debba cadere su un dato diritto nazionale.

La scelta della lex mercatoria, seppure espressa viene in genere interpretate nel senso di clausola contrattuale. Per i giudici statali tali disposizioni si applicano ove non contrastino con norme imperative del diritto nazionale designato dalle regole di diritto internazionale privato del foro.

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La lex mercatoria potrà trovare applicazione se la controversia, anziché ad un giudice statale, è rimessa dalle parti ad arbitri, che non sono vincolati alle norme di diritto internazionale privato quanto alla determinazione del diritto sostanziale applicabile.

Gli arbitri potrebbero considerare la lex mercatoria quale diritto sostanziale più appropriato. La scelta della giurisdizione arbitrale potrebbe essere intesa come scelta tacita della lex mercatoria.

I giudici nazionali generalmente riconoscono la validità delle decisioni arbitrali assunte applicando la lex mercatoria nel pronunciarsi ai fini dell’esecuzione del lodo stesso.

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Si considerano pacificamente incluse nella lex mercatoria le condizioni di diritto uniforme generalmente accettata e largamente recepite ed in particolare le norme dettate dalla Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale.

Sono generalemtne acquisite come fonti della lex mercatoria le codificazioni di regole uniformi realizzate da organizzazioni internazionali ed in particolare dall’Unidroit, che ha predisposto testi di diritto uniforme non destinati ad assumere la forma della convenzione internazionale. In questo senso assumono un’importanza notevole i Principi Unidroit sui contratti commerciali internazionali, inizialmente adottati nel 1994 e ampliati nel 2004.

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Abbiamo detto che le regole di diritto internazionale privato servono ad individuare un dato diritto nazionale quale legge regolatrice del rapporto che coinvolge più Stati, stabilire quando un giudice italiano è competente a decidere si quel rapporto e a stabilire l’efficacia delle sentenze e degli atti stranieri.

Quando la norma non conduce all’applicazione della legge italiana dispone l’applicazione di una norma vigente in uno Stato estero. Si attua in tal caso un rinvio alle norme di un ordinamento estero.

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Il sistema del diritto internazionale privato italiano si basa su la legge 31 maggio 1995, n. 218, la convenzione di Bruxelles del 1968 ed il

reg. (CE) 44/2001; la convenzione di Roma del 1980 ed il reg.

(CE)593/2008.

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L’art. 14 ha sancito il principio iura novit curia, per il quale è compito del giudice individuare la legge straniera applicabile (1° comma). Per effettuare tale accertamento il giudice può avvalersi delle convenzioni internazionali e delle informazioni fornite dal Ministero della giustizia. Il giudice può anche interpellare esperti o istituzioni specializzate.

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Se il giudice non riesce ad accertare la legge straniera indicata, neanche con l'aiuto delle parti, applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana (art. 14, 2° comma).

Se nell'ordinamento dello Stato richiamato coesistono più sistemi normativi a base territoriale o personale, la legge applicabile si determina secondo i criteri utilizzati da quell'ordina-mento (art. 18, 1° comma). Se tali criteri non possono essere individuati, si applica il sistema normativo con il quale il caso di specie presenta il collegamento più stretto (art. 18, 2° comma).

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Quando una norma di diritto int. priv. rinvia ad un ordinamento straniero, il richiamo opera anche con riguardo alle norme di d.i.p. straniere (che possono utilizzare criteri di collegamento diversi da quelli propri dell0ordinamento richiamante), possono verificarsi fenomeni conosciuti con il nome di:

rinvio oltre, l’ordinamento richiamato rinvia a sua volta ad un altro ordinamento,

rinvio indietro, l’ordinamento richiamato rinvia a quello da cui proviene il rinvio.

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In base al secondo comma dell’art. 13 il rinvio indietro e il rinvio oltre non operano :quando il diritto straniero originariamente

richiamato è stato individuato sulla base della concorde volontà delle parti. Si deve ritenere, infatti, che la scelta degli interessi riguardi il diritto materiale e non le norme di conflitto di un certo ordinamento;

riguardo alle disposizioni concernenti la forma degli atti;

in relazione agli artt. 58-63 relativi alle obbligazioni non contrattuali.

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La lett. a) del primo comma individua i limiti del rinvio oltre nella circostanza che il rinvio sia definitivo, ossia non porti ad un ulteriore rinvio da parte dell’ordinamento rinviato (il diritto richiamato deve accettare il rinvio).

La lett. b) del primo comma ammette esplicitamente il rinvio indietro, consentendo di preferire la legge italiana.

Il criterio di collegamento in forza del quale l’ordinamento dichiarato competente dalla legge italiana (il primo richiamato) rinvia al sistema giuridico di un altro Paese deve essere riscontrato esistente secondo le norme dell’ordinamento richiamato e non secondo quelle italiane.

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le norme di applicazione necessaria: norme interne che sono ritenute irrinunciabili,

l’ordine pubblico, la costituzionalità della norma straniera, la condizione di reciprocità.

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La prevalenza delle norme di applicazione necessaria è disposta dall’art. 17: è fatta salva la prevalenza delle norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera. La norma non fornisce un’elencazione tassativa, né un criterio formale di riconoscibilità, ma richiama oggetto e scopo delle norme da considerarsi imperative. Tale criterio non sempre risulta di agevole applicazione.

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Art. 9 Reg. n. 593/2008: il giudice, quale che sia il diritto applicabile al rapporto (in base al criterio del collegamento più stretto o in forza della scelta delle parti) dovrà verificare se esistano, negli altri ordinamenti che presentano un collegamento con il rapporto, norme “il cui rispetto è ritenuto cruciale da un paese per la salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale o economica, al punto da esigerne l’applicazione a tute le situazioni che rientrino nel loro campo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto”.

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Costituiscono norme di applicazione necessaria alcune disposizioni in materia di matrimonio. Altre norme imperative si rinvengono nella legislazione del lavoro, ed in quella relativa alla locazione di immobili ecc..

Non tutte le norme imperative dei vari ordinamenti hanno questa caratteristica. Tra di esse, per es. quelle contemplate dagli artt. 6 e 8 del Reg. n. 593/2008:

le norme volte a proteggere il consumatore dettate dalla legge del Paese dove questi risiede (salve talune eccezioni);

le norme che tutelano il lavoratore dettate dalla legge del Paese dove questi è stato assunto, o di quello con cui il rapporto di fatto presenta il collegamento più stretto.

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La prevalenza dell’ordine pubblico è disposta dall’art. 31 delle preleggi e dall’art. 16 della legge 218/1995:La legge straniera non è applicata se i suoi

effetti sono contrari all'ordine pubblico (art. 16, 1° comma).

In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana (art. 16, 2° comma).

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Si tratta del cd ordine pubblico internazionale, un insieme di principi fondamentali universali riconosciuti da Convenzioni internazionali.

Secondo l’art. 16 della legge 218/1995 il contrasto con l’ordine pubblico riguarda gli effetti della norma e la norma in sé. Occorre valutare la compatibilità, non in astratto, ma in funzione del risultato pratico cui condurrebbe l’applicazione della norma straniera alla fattispecie concreta che è all’origine del rinvio.

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Mentre il limite costituito dalle norme di applicazione necessaria ha carattere preventivo, dal momento che prescindono dal funzionamento delle norme di diritto internazionale privato e rendono, quindi, del tutto superflua la ricerca stessa di un diritto straniero da applicare; l’ordine pubblico interviene in negativo e soltanto a posteriori, cioè esclusivamente dopo che una norma straniera è stata individuata e richiamata.

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Il controllo di costituzionalità delle norme straniere richiamate dalle norme di diritto internazionale privato italiano si distingue in un controllo di costituzionalità: rispetto all’ordinamento italiano, previsto

implicitamente dall’art. 16, dal momento che non vi è dubbio che nel concetto di ordine pubblico internazionale rientrino anche i principi fondamentali sanciti dalla Costituzione.

rispetto all’ordinamento di provenienza, in proposito, benché la dottrina sia divisa, la giurisprudenza si è pronunciata positivamente.

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La reciprocità è quel meccanismo in base al quale l’efficacia del rinvio al diritto straniero, operato dalla norma di d.i.p., viene subordinata alla verifica che, in circostanze analoghe, l’ordinamento straniero avrebbe rinviato allo Stato richiamate.

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La giurisdizionale del giudice italiano risulta regolata in primo luogo dal Titolo II (art. 3-12) della legge 218/1995, cui si aggiunge la disciplina dettata dalla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, cui ha fatto seguito il Regolamento CE n. 44/2001. Poiché il regolamento è immediatamente applicabile nei Paesi appartenenti all’Unione, la convenzione di Bruxelles continua ad essere applicata solo con riferimento agli Stati non appartenenti alla UE. Vi sono poi Convenzioni, Regolamenti e leggi nazionali relativi a campi specifici.

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La norma principale è l’art. 3 delle legge 218 del 1995. Contiene tre diverse disposizioni:

la norma generale del foro del convenuto (primo comma),

la norma che estende le prescrizioni della Convenzione di Bruxelles alle controversie civili e commerciali le quali non rientrano nell’ambito di efficacia della Convenzione (secondo comma, prima parte),

la norma residuale del rinvio alle norme sulla competenza territoriale (secondo comma, ultima parte).

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In particolare il primo comma dell’art. 3 stabilisce che in generale la giurisdizione del giudice italiano sussiste quando il convenuto:

è domiciliato in Italia, è residente in Italia, ha in Italia un rappresentante che sia

autorizzato a stare in giudizio a norma del codice di procedura civile.

Per le persone giuridiche occorre, allora, adottare il criterio della sede.

La giurisdizione italiana sussiste inoltre negli altri casi in cui è prevista dalla legge (art. 3, c. 1).

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La giurisdizione italiana sussiste in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II dalla convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (art. 3, c. 2). La legge 218 estende l’applicazione della convenzione ai casi in cui il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno stato contraente. La convenzione è stata sostanzialmente recepita dal Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000, per cui: con riferimento a convenuti che abbiano domicilio in

uno Stato UE si deve perciò fare riferimento alle sezioni 2, 3 e 4 del Capo secondo del regolamento (ai sensi del suo art. 68, il regolamento sostituisce tra gli stati membri la convenzione di Bruxelles);

la Convenzione di Bruxelles si applica quando il con-venuto non abbia il domicilio in uno Stato della UE.

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sezione 2: competenze speciali, sezione 3: competenza in materia di

assicurazioni sezione 4: competenza in materia di

contratti conclusi da consumatori.

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La persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro o contraente può essere convenuta in un altro Stato membro o contraente in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita (art. 5, n. 1, reg. 44/2001e art. 5, n. 1 convenzione Bruxelles). Il luogo di esecuzione dell'obbligazione è: nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in

uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto,

nel caso della prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto.

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La persona domiciliata nel territorio un uno Stato membro o contraente (art. 6, reg. 44/2001e art. 6 conv. Bruxelles): in caso di pluralità di convenuti, può essere convenuto

davanti al giudice del luogo in cui uno qualsiasi di essi è domiciliato;

qualora si tratti di chiamata in garanzia o altra chiamata di terzo, può essere convenuta davanti al giudice presso il quale è stata proposta la domanda principale, sempre che quest'ultima non sia stata proposta solo per distogliere colui che è stato chiamato in causa dal suo giudice naturale;

qualora si tratti di una domanda riconvenzionale nascente dal contratto o dal fatto su cui si fonda la domanda principale, può essere convenuta davanti al giudice presso il quale è stata proposta la domanda principale.

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Una disciplina a se è prevista per contratti conclusi da una persona (consumatore) per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale e ricorra una delle seguenti condizioni (art. 15, 1° comma, reg. 44/2001 e art. 13, 1° comma, conv. Bruxelles): si tratti di una vendita a rate di beni mobili materiali; si tratti di un prestito con rimborso rateizzato o di un'altra

operazione di credito, connessi con il finanziamento di una vendita di tali beni;

in tutti gli altri casi, qualora il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro, purché il contratto rientri nell'ambito di dette attività

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Qualora la controparte del consumatore non abbia il proprio domicilio nel territorio di uno Stato membro, ma possieda una succursale, un'agenzia o qualsiasi altra sede d'attività in uno Stato membro, essa è considerata, per le controversie relative al loro esercizio, come avente domicilio nel territorio di quest'ultimo Stato (art. 15, 2° comma, reg. 44/2001).

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L'azione del consumatore contro l'altra parte del contratto può essere proposta o davanti ai giudici dello Stato membro/contraente nel cui territorio è domiciliata tale parte, o davanti ai giudici del luogo in cui è domiciliato il consumatore (art. 16, 1° comma, reg. 44/2001 e art. 14, 1° comma, conv. Bruxelles).

L'azione dell'altra parte del contratto contro il consumatore può essere proposta solo davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio è domiciliato il consumatore (art. 16, 2° comma, reg. 44/2001 e art. 14, 2° comma, conv. Bruxelles).

Resta impregiudicato il diritto di proporre una domanda riconvenzionale davanti al giudice investito della domanda principale (art. 16, 3° comma, reg. 44/2001 e art. 14, 3° comma, conv. Bruxelles).

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La giurisdizione del giudice italiano, sussiste:se le parti l'abbiano convenzionalmente

accettata e tale accettazione sia provata per iscritto,

ovvero il convenuto compaia nel processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo (art. 4, comma 1).

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Le parti possono derogare convenzionalmente alla giurisdizione italiana a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero, ma la deroga deve essere provata per iscritto e la causa vertere su diritti disponibili (art. 4, comma 2). Tuttavia tale deroga è inefficace se il giudice o gli arbitri incaricati declinano la giurisdizione o comunque non possono conoscere della causa (art. 4, comma 3).

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La giurisdizione del giudice italiano è invece esclusa in relazione ad azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all'estero (art. 5).

Vi sono, poi ipotesi di competenza esclusiva indicate dall’art. 22 del Regolamento e dall’art. 16 della convenzione di Bruxelles: 1) in materia di diritti reali immobiliari e di contratti d'affitto di immobili, i

giudici dello Stato membro o contraente in cui l'immobile è situato. 2) in materia di validità, nullità o scioglimento delle società o persone

giuridiche, aventi la sede nel territorio di uno Stato membro o contraente, o riguardo alla validità delle decisioni dei rispettivi organi, i giudici di detto Stato membro o contraente.

3) in materia di validità delle trascrizioni ed iscrizioni nei pubblici registri, i giudici dello Stato membro o contraente nel cui territorio i registri sono tenuti;

4) in materia di registrazione o di validità di brevetti, marchi, disegni e modelli e di altri diritti analoghi per i quali è prescritto il deposito ovvero la registrazione, i giudici dello Stato membro o contraente nel cui territorio il deposito o la registrazione sono stati richiesti o sono stati effettuati.

5) in materia di esecuzione delle decisioni, i giudici dello Stato membro o contraente nel cui territorio ha luogo l'esecuzione.

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