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LOOKING FORWARD L’INNOVAZIONE COME ARMA COMPETITIVA Settimo volume Articoli di Alberto Antonietti e Gionata Tedeschi; Stefano Trombetta, Filippo Galli, Federica Dellasanta, Rosario Russo e Cristiano Chiadò; Marco Salera, Goffredo Amodio, Andrea Petrini, Nicola Guazzolini, Alessandra Mammoliti, Massimiliano Belloni, Giulia Ghiselli, Roberto Giordano, Lucia De Luca e Aldo Pozzoli; Andrea Pagliai, Alberta Zamolo, Francesco Scaccheri e Luca Pettinari. Interventi di Francesco Profumo, Laura Mengoni, Diego Visconti, Marco Meneguzzo e Alceo Rapagna. Supplemento allegato al n. 12.2013 di ITALIA INSERTO REDAZIONALE RISERVATO AI LETTORI DI HARVARD BUSINESS REVIEW ITALIA

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LOOKING FORWARDL’INNOVAZIONE COME

ARMA COMPETITIVA

Settimo volume

Articoli di Alberto Antonietti e Gionata Tedeschi; Stefano Trombetta, Filippo Galli, Federica Dellasanta, Rosario Russo e Cristiano Chiadò; Marco Salera, Goffredo Amodio, Andrea Petrini, Nicola Guazzolini, Alessandra Mammoliti, Massimiliano Belloni, Giulia Ghiselli, Roberto Giordano, Lucia De Luca e Aldo Pozzoli; Andrea Pagliai, Alberta Zamolo, Francesco Scaccheri e Luca Pettinari.

Interventi di Francesco Profumo, Laura Mengoni, Diego Visconti, Marco Meneguzzo e Alceo Rapagna.

Supplemento allegato al n. 12.2013 diITALIA

ITALIA

INSERTO REDAZIONALE RISERVATO AI LETTORI DI HARVARD BUSINESS REVIEW ITALIA

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LOOKING FORWARD

L’innovazione come arma competitiva

SOMMARIO

INTRODUZIONECavalcare le onde dell’innovazionedi Alberto Antonietti e Gionata Tedeschi

PREFAZIONEL’urgenza di una governance per l’innovazionedi Francesco Profumo

ONDA I: LIFE!TIME EDUCATION1. Formazione continua e innovazionedi Stefano Trombetta, Filippo Galli e Federica Dellasanta

1.1 Formazione continua di nuove competenze come elemento chiave dell’innovazione1.2 Osservare, capire, anticipare: analisi e comprensione del contesto per identificare le competenze necessarie1.3 Individuare le competenze “primordiali”: identificazione e attivazione del bacino di prossimità per avviare la generazione delle nuove competenze1.4 Sviluppare interventi e!caci di formazione continua

Come promuovere la formazione continuativa di nuove competenze: intervista a Laura Mengoni

2. Piattaforme collaborative come leva di crescitadi Stefano Trombetta, Rosario Russo e Cristiano Chiadò

2.1 Le piattaforme collaborative per un nuovo paradigma dell’apprendimento 2.2 La trasformazione è a portata di mano2.3 Dai percorsi blended agli ecosistemi per l’apprendimento e l’innovazione2.4 Come fare: alcuni spunti operativi

ideaTRE60 e ARS: intervista a Diego Visconti

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ONDA II: FAST MOVE AND AGILE COMPANY1. Favorire l’innovazione: imprenditorialità nella grande azienda e accesso alle risorse per le PMIdi Marco Salera, Go!redo Amodio, Andrea Petrini, Nicola Guazzolini, Alessandra Mammoliti, Massimiliano Belloni e Giulia Ghiselli

1.1 L’innovazione: un paradigma di sistema1.2 Lo stato di forma dell’innovazione nel Sistema Italia1.3 Le 10 azioni per ridisegnare l’agenda dell’innovazione

2. Gli abilitatori di sistema che rendono possibile l’innovazionedi Roberto Giordano, Lucia De Luca e Aldo Pozzoli

2.1 La Ricerca Accenture: i giovani imprenditori chiedono al Governo un supporto attivo per sostenere la loro leadership nel campo dell’innovazione tecnologica2.2 L’importanza dell’ecosistema e degli attori coinvolti nel processo di innovazione 2.3 Lo stato dell’arte della Pubblica Amministrazione in Italia e il livello di innovazione2.4 Una Best Practice alla quale ispirarsi

Come recuperare il ritardo italiano: intervista a Marco Meneguzzo

ONDA III: GET CONNECTEDModelli di collaborazione estesa e nuovi ecosistemi digitalidi Andrea Pagliai, Alberta Zamolo, Francesco Scaccheri e Luca Pettinari

1. Il nuovo paradigma digitale tra aziende e consumatori 2. Modelli di attivazione per la condivisione: incubatori e piattaforme

Alla ricerca del vantaggio competitivo digitale: intervista di Andrea Pagliai ad Alceo Rapagna

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Si ringraziano per la collaborazione: Emanuela Truglia, Guia Berni, Valentina Pedrazzi, Domizia Scalisi, Federica Agostini, Federico Aondio, Fabio Caccia e Sandro Salvoni.

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La connessione tra capacità di innovazione e performance economica di imprese e di sistemi Paese è un dato di realtà che è stato studiato e dimostrato in ogni possibile modo e, in linea di principio, non dovrebbe occorrere ribadirne la centralità. In pratica, però, la decisione di percorrere in modo consapevole e sistematico la strada dell’innovazione è meno scontata: per un Paese come l’Italia, nel quale la crisi economico-finanziaria degli ultimi 5-6 anni si è sovrapposta a una progressiva perdita di competitività e produttività, intraprendere e/o raf-forzare una strategia di innovazione equivale ad affrontare una serie di tematiche complesse che richiedono la capacità di prendere numerose decisioni coinvolgendo una molteplicità di stakeholder. Per questo motivo affrontare il tema dell’innovazione è oggi più attuale che mai: ne dipendono sia la crescita personale e professionale degli individui, sia la loro employa-bility; ne dipende la capacità delle imprese di sopravvivere alla crisi, ma anche e soprattutto di risultare concorrenziali in contesti globali che pongono l’innovazione come primo fattore di vantaggio competitivo; ne dipende inoltre la possibilità di contribuire a portare il Paese stesso fuori dalla stagnazione economica, rilanciando la capacità competitiva e di crescita. L’innovazione nelle imprese discende da una presa di decisione che non si esaurisce nell’in-vestimento, ma coinvolge in primo luogo la possibilità e la capacità di attrarre e gestire al meglio risorse umane e competenze. L’investimento guarda non solo al potenziale di mercato delle ricadute produttive, ma anche ai programmi di sviluppo del Paese, alle prio-rità, agli eventuali stimoli predisposti dai policy maker, allo sviluppo delle competenze che rendano possibile l’attuazione dei progetti. È una catena complessa dove tutti gli anelli sono importanti e dove la mancanza di uno o alcuni può compromettere definitivamente le possibilità di successo.L’innovazione ha, come ben si sa, gradi diversi di complessità, tra sé ben collegati e con-nessi ma concettualmente e praticamente distinti, che vanno dalla semplice innovazione

Cavalcare le onde dell’innovazione

di Alberto Antonietti e Gionata Tedeschi

Introduzione

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incrementale a quella dirompente capace di cambiare i mercati. E oggi le caratteristiche dell’innovazione suggeriscono, e spesso impongono, di scegliere strade di forte apertura al mondo esterno (open source, crowdsourcing) e di marcata flessibilità imprenditoriale. La pesantezza e la rigidità non pagano più e l’impresa che punta a innovare, con gradi diversi di impegno tecnologico, deve adottare la logica e la pratica dell’agilità strategica e operativa.Un altro elemento dello scenario competitivo in continua mutazione è dato dal profondo cambiamento del rapporto tra azienda e mercato, ovvero tra azienda e consumatori. La rivoluzione digitale ha dato nuovi strumenti di comprensione e connessione ai consumatori, strumenti di grande potenza impensabili anche nel più recente passato, che hanno modi-ficato il rapporto tra produzione e consumo, con un crescente spostamento del baricentro verso il secondo termine. Ne nascono enormi opportunità e possibilità, ma anche una nuova categoria di problematiche di relazione che le aziende devono apprendere e gestire a bene-ficio dell’intera schiera degli stakeholder, e non solo dei propri azionisti.È a questo mutato quadro che circonda l’attività dell’innovazione che è dedicato questo nuovo studio di Accenture della serie Looking Forward, giunta ormai al suo settimo ap-puntamento. I saggi che lo compongono – raggruppati, con una terminologia che è anche evocativa, in tre grandi “onde” di propagazione dell’innovazione - affrontano gli elementi centrali di questa sfida. Nella prima “onda”, l’articolo di apertura (di Stefano Trombetta, Filippo Galli e Federica Dellasanta) parte dal presupposto che un’innovazione sostenibile si può effettivamente tradurre in crescita (dell’azienda, del sistema produttivo e del Sistema Paese) a condizione che esista la capacità del mercato del lavoro di predisporre le compe-tenze collegate alle nuove professioni e mestieri che, nella società della conoscenza, sono creati dall’innovazione stessa. Questo richiede di affrontare le sfide che rendono i processi formativi molto più complessi, e profondamente differenti, da quanto era pratica comune fino a pochi anni fa. Un dato di particolare rilevanza, ricordato dagli autori, è che l’accelerazione dei mutamenti di competenze è tale che negli ultimi 5 anni il 66% dei lavoratori hanno dovuto apprendere nuove competenze per svolgere il proprio lavoro: il corollario è che occorre che i sistemi formativi si adeguino a queste esigenze e le precedano consapevolmente, per non essere vittime dell’obsolescenza che tende a ampliare i gap fra domanda e offerta di lavoro e tra teoria e pratica.Non è certo da oggi che si batte sul tasto della necessità di un rafforzamento dell’attività formativa sia per i giovani sia per chi è già parte del mondo del lavoro; né si tratta di una novità rivoluzionaria invocare il principio della formazione continua, in linea di principio estesa su tutto l’arco della vita lavorativa. Ma nella fase attuale, con una disoccupazione che in Italia supera ormai il 20% e quella giovanile il 40%, una formazione rafforzata, estesa e soprattutto continua è condizione essenziale di sopravvivenza, prima ancora che base di un vantaggio competitivo. Il saggio analizza le strade da intraprendere a livello italiano ed eu-ropeo, così come gli strumenti disponibili e quelli da attivare creando o rinforzando i legami fra mondo dell’istruzione e della formazione e mondo delle imprese. Alla base, si pongono gli strumenti e le piattaforme sempre più potenti messi a disposizione dalla rivoluzione di-gitale, che consente di ampliare le logiche tradizionali del learning by doing a nuove pratiche di learning by searching, di esperienze cooperative e di conoscenze condivise.Il secondo saggio (di Stefano Trombetta, Rosario Russo e Cristiano Chiadò) vuole attirare l’attenzione proprio sull’aspetto da un lato delle enormi opportunità oggi offerte dalle piat-taforme digitali, e da un altro lato su nuove modalità dell’apprendimento continuo impron-tate alla costruzione di una “conoscenza collettiva”. Le piattaforme collaborative digitali sono infatti definite come ambienti in cui persone e organizzazioni coinvolte in percorsi di

CAVALCARE LE ONDE DELL’INNOVAZIONE

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apprendimento possono stringere relazioni, confrontarsi sull’esperienza di apprendimento in corso, scambiarsi informazioni e aiutarsi a risolvere i problemi allo scopo di accrescere le proprie competenze e fare innovazione. La formula proposta ha quattro dimensioni definite come connecting (connettersi), teaming (fare gruppo o squadra), networking (fare rete) e sharing (condividere e collaborare).Quello proposto è un nuovo paradigma educativo che ha valore generale in quanto sempre più guidato non dall’offerta formativa ma dalla domanda di apprendimento, sia dell’azienda sia (soprattutto) del singolo (non si possono non ricordare le dinamiche che dovrebbero sempre più sottostare alle cosiddette “politiche attive del lavoro” tese a consentire non la protezione del posto di lavoro, ma l’impiegabilità del lavoratore); il nuovo paradigma è caratterizzato non più dalla trasmissione gerarchica delle conoscenze nel tipico processo frontale e top down, ma dalla condivisione tra pari (peer to peer); infine è connotato dalla misurazione della generazione di conoscenze innovative e di relazioni negli ambienti di collaborazione.Questo paradigma richiama e punta ad accogliere le persone, le imprese, le università (e più in generale gli erogatori di formazione) e lo Stato/Pubblica amministrazione con le sue istituzioni e strutture. La promessa è quella di una formazione lunga quanto la vita professionale a costi più bassi, con produttività maggiore e aumentata soddisfazione del lavoratore. Ma oltre alla promessa esiste anche una premessa cui fare attenzione: per en-trare nel mondo e nella prospettiva della formazione continua vita natural (o professional) durante occorre fare un salto nel mondo degli ecosistemi per l’innovazione, dove ciò che conta è in primo luogo coltivare un ambiente che permetta certamente di fare formazione, ma che consenta effettivamente l’apprendimento continuo e di eccellenza, la circolazione rapida di idee e conoscenze e l’innovazione nel suo significato più ampio. Si tratta di un mondo ormai in pieno rigoglio e nel quale la parola chiave è “social” nelle sue numerose e diversificate declinazioni.La seconda “onda” affronta il tema della specifica capacità dell’impresa di generare inno-vazione e delle caratteristiche che occorre sviluppare – o rafforzare – a questo scopo. Gli autori (un nutrito gruppo composto da Marco Salera, Goffredo Amodio, Andrea Petrini, Ni-cola Guazzolini, Alessandra Mammoliti, Massimiliano Belloni e Giulia Ghiselli) richiamano innanzitutto la centralità del paradigma dell’innovazione come condizione per la crescita, dalla “distruzione creativa” di Schumpeter agli studi più recenti di Porter sulle dinamiche dei mercati globali. La singola impresa, e soprattutto il singolo imprenditore, hanno un compito complesso e certamente esaltante, ma a ben poco possono se attorno ad essi non sussiste un contesto di innovazione cui concorrono tutti gli attori sulla scena del Sistema Paese, con le proprie peculiarità e responsabilità. In primo luogo, dunque, le imprese stesse e gli individui, ma anche il sistema degli intermediari finanziari, il mondo dell’istruzione, le piattaforme innovative, le Pubbliche Amministrazioni.L’Italia, viene ampiamente ricordato e documentato, si trova oggi in forte ritardo in termini di innovazione, ingessata in una situazione a più sfaccettature che risale a ormai ben più che due decenni. Il saggio ci ricorda le componenti del gap di innovazione di cui oggi soffre il Paese: un modello industriale sbilanciato, una frammentazione del sistema produttivo, un basso livello di internazionalizzazione, un’eccessiva distanza fra università e imprese, una bassa propensione a investire in asset intangibili, una pratica episodica dell’innovazione. Ovviamente, questo quadro fedelmente impietoso resta tale anche se al suo interno esistono esempi formidabili di aziende italiane, di dimensione grande, media e piccola, che fanno eccezione, e gli esempi citati sono numerosi. Occorre comunque identificare gli elementi che possono concorrere a supportare grandi aziende e PMI nel loro sforzo di innovazione e

Alberto Antonietti.Managing Director – IGEM Strategy Lead

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competizione, e il saggio le enumera con estrema precisione, insistendo innanzitutto sull’e-sortazione a un maggiore spirito imprenditoriale, sull’investimento nelle persone, sulla strutturazione dei processi di innovazione e, specie nel caso delle imprese minori, sull’at-tivazione di network con altre imprese. Le ricette sono però molto ben dettagliate e speci-ficate per la grande impresa da un lato e per le PMI dall’altro, e il lettore potrà scoprire le direzioni applicabili.Si è già sottolineato che un paradigma innovativo efficace può e deve contemplare un’effi-cace azione della Pubblica Amministrazione, il cui ruolo di indirizzo e di governance strate-gici non può essere sottovalutato anche nel più liberistico dei modelli economico-sociali (si vedano, in particolare, le efficaci considerazioni in questo senso del già ministro dell’Istru-zione Francesco Profumo nella prefazione a questo studio). E non si tratta solo di un ruolo, ma di una precisa responsabilità, poiché le imprese che hanno il compito di agire investendo e innovando hanno l’esigenza di muoversi all’interno di un quadro di priorità e certezze che va definito e implementato dalle istituzioni del Paese. Quando tale quadro esiste l’efficacia è formidabile e dimostrata, basti guardare alle classifiche mondiali su innovazione e com-petitività; quando è assente, o insufficiente come nel caso italiano, non solo i ritardi sono incomprimibili, ma tendono ad allargarsi.In questo senso, rilevano gli autori del secondo saggio nella seconda “onda” di questo stu-dio (Roberto Giordano, Lucia De Luca e Aldo Pozzoli) il settore pubblico svolge il ruolo di abilitatore dell’innovazione, sempre che sia in grado di mobilitare gli strumenti idonei attraverso una serie di iniziative che sono essenzialmente: lo stimolo della domanda verso processi e prodotti innovativi a livello centrale e periferico; la protezione della proprietà intellettuale; il finanziamento della ricerca di base che non trovi copertura da parte privata; la programmazione formativa per soddisfare i bisogni dell’apparato produttivo del Paese; degli incentivi all’innovazione mirati a compensare i cosiddetti “fallimenti del mercato”; la definizione di politiche e di standard volti alla creazione di nuovi mercati. In particolare nel nostro Paese, si pongono due precondizioni, che sono a loro volta strumenti per l’in-novazione, costituiti da una semplificazione amministrativa e dalla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.Vanno, in questo quadro, ricordati i risultati di una recente ricerca Accenture presso i giovani imprenditori, che ha puntato a evidenziare il ruolo fondamentale che i Governi possono svolgere nella promozione dell’innovazione imprenditoriale giovanile. Le risposte indicano innanzitutto un forte scontento per la latitanza e l’inconsistenza delle politiche pubbliche a favore dell’innovazione imprenditoriale e dell’iniziativa giovanile. Ma offrono soprattutto una serie di suggerimenti che la PA dovrebbe prendere in seria considerazione, se desidera costituire realmente uno strumento abilitatore di processi d’innovazione, in particolare tec-nologica: lo sviluppo di infrastrutture digitali; la promozione del cloud; lo sviluppo di open data comuni; l’incoraggiamento del crowdfunding anche a livello internazionale. Come si vede, non si tratta di richieste di agevolazioni o finanziamenti a pioggia di chi si propone di sfruttare beni pubblici a fini privati, ma di richieste responsabili, oltre che giustificate, consapevoli e precise.Ancora una volta, emerge l’indicazione strategica fondamentale che definisce quello dell’in-novazione come un processo collaborativo che coinvolge molteplici stakeholder ma che va guidato e coordinato a livello centrale da una Pubblica Amministrazione che sia capace di governare un ecosistema complesso. Non è questo oggi, con grande evidenza, il caso in cui ci troviamo, da cui l’invito rivolto dagli autori al Governo italiano perché si concentri su alcune ben definite linee prioritarie di sostegno all’innovazione capaci di garantire un’ac-celerazione del processo di ammodernamento della PA, finora più volte annunciato, ma

CAVALCARE LE ONDE DELL’INNOVAZIONE

Gionata Tedeschi, Managing Director Innovation & Digital Transformation

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troppo poco realizzato.L’esigenza di una presenza forte e consapevole del sistema pubblico nell’ambito della ri-voluzione digitale è rafforzata da un altro aspetto della trasformazione in atto del sistema economico, in Italia come altrove: il cambiamento di paradigma nel rapporto fra aziende e consumatori fortemente basato sull’evoluzione delle già ampiamente citate piattaforme digitali, oggetto del saggio di Andrea Pagliai, Alberta Zamolo, Francesco Scaccheri e Luca Pettinari. Questo cambiamento si esprime in nuovi rapporti tra azienda e azienda e tra aziende e consumatori basati su social network, crowdsourcing, crowd-manufacturing e altro ancora. Nonostante i ritardi dell’Italia in questo campo, emergono con forza le nuove potenzialità e i nuovi impatti sulle logiche di creazione e condivisione del valore tra imprese, cittadini e Pubblica Amministrazione. Questo perché il consumatore (che si avvale ormai di potentissimi dispositivi mobili) è sempre più alla ricerca di una risposta ai suoi bisogni globali (definiti nel saggio life events) di istruzione, salute, abitazioni ed entertainment che non trovano risposta nella tradizionale logica settoriale di tipo produttivo e commerciale. E i relativi comportamenti poggiano in misura crescente sulle interazioni online nel senso più ampio, ma anche più specifico, possibile.Va anche considerato che questi sviluppi da un lato si pongono in contraddizione e dall’altro si offrono come opportunità al modo di operare delle imprese minori. Chiaramente, le com-plessità di cui si parla inducono a rivedere le logiche di un’imprenditorialità ardita e solitaria che ha prevalso in passato, per indicare invece la strada di nuove forme di collaborazione tra imprese, consumatori e PA. Un ostacolo, dunque, strettamente connesso però alla sua soluzione, grazie alla possibilità di fare ricorso a infrastrutture evolute e condivise a costi ripartiti. Ed è, nello stesso tempo, evidente l’opportunità che può sorgere dalla diffusione di ecosistemi digitali integrati capaci di indurre esternalità pubbliche positive in termini di in-frastrutture, maggiore produttività e competitività delle aziende e migliori livelli di servizio, anche nel sistema pubblico (salute, istruzione etc.).Gli ecosistemi integrati digitali sono quindi una realtà in grado di svolgere un ruolo di trasformazione del Sistema Paese in termini economici e sociali, consentendo per la prima volta di porre il cittadino-consumatore al centro dell’azione economica, politica e sociale. E promettono di costituire – insieme ai nuovi modelli di formazione continuativa e all’ap-plicazione di piattaforme collaborative - un necessario motore per dare vigore alla tanto attesa ripresa economica italiana in quella che può a buona ragione venire definita come una opportunità “one in a generation”.

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L’innovazione è una necessità strategica per tornare a crescere, puntando sulla qualità e sulla specializzazione. La strada da seguire è quella di accorciare la catena tra formazione, ricerca, in-novazione e sviluppo per determinare un sistema di innovazione strutturale.E’ sempre più evidente l’esigenza di utilizzare le competenze e le esperienze maturate dalle persone e incentivarle verso nuove iniziative imprenditoriali, facendo confluire in modo efficiente e merito-cratico i fondi necessari a sostenere le attività di ricerca e innovazione ai vari stadi.In questo quadro l’esigenza del nostro Paese è quella di elaborare una strategia nazionale e una governance dell’innovazione per aggregare tutta la filiera (università, aziende, centri di ricerca pub-blici e privati) intorno a grandi cluster nazionali. La specializzazione intelligente è fondamentale per la programmazione dei fondi strutturali per i prossimi sette anni: un cluster forte e capace di valorizzare le risorse e le peculiarità del territorio potrà essere un interlocutore privilegiato in sede di Unione Europea. Nel concetto di innovazione strutturale risiede la visione di un “sistema di sistemi”, un luogo in cui si intersecano ciò che chiamiamo globale e ciò che percepiamo come locale e che si definisce grazie alle forme di specializzazione e di interconnessione che riesce a promuovere e incoraggiare. Va quindi costruito e incoraggiato un legame sinergico tra le istituzioni, le realtà industriali, piccole e grandi, gli attori accademici, il mondo della ricerca e dell’innovazione.Il vantaggio competitivo non deriva più dal solo investimento in ricerca e sviluppo, ma dalla ca-pacità di rendere costanti ed efficaci le connessioni tra diversi attori in grado di garantire apporti coerenti: investimenti, conoscenze e competenze, regole, analisi di bisogni esistenti ed emergenti.La necessità di interconnessione richiede la volontà di promuovere innovazione attraverso l’intro-duzione di componenti capaci di far interagire il mondo virtuale i dati con le infrastrutture fisiche, le reti e i servizi. Un’interazione capace di offrire ai cittadini la possibilità di trasformarsi da fruitori ad attori e al territorio la possibilità di costruire occasioni di crescita, anche in termini occupazio-

L’urgenza di una governance per l’innovazionedi Francesco Profumo

Prefazione

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nali, aumentando la capacità di analizzare e prevedere fenomeni complessi.Un importante passo da compiere è sbloccare il sistema formativo dall’immobilismo che lo ha ca-ratterizzato negli ultimi decenni, creando un enorme ritardo culturale. Sicuramente i presupposti ci sono. L’università italiana è in grado di formare ricercatori di ottima qualità, ma è necessario cambiare radicalmente mentalità: il mercato del lavoro non è più nazionale, ma almeno europeo, se non globale. Questo vale a maggior ragione per chi fa ricerca. L’esperienza internazionale è ormai essenziale in ogni campo e i ricercatori devono abituarsi a una maggiore mobilità rispetto al passato. Occorre quindi modernizzare i percorsi formativi e introdurre un sistema di valutazione trasparente e omogeneo con quello degli altri Stati: solo in questo modo è possibile rendere la ricerca un ambiente più meritocratico e avere più chance di ottenere finanziamenti. Avere più ri-sorse significa poi poter assumere nuovi ricercatori giovani, capaci, con esperienze internazionali. Significa avviare, finalmente, un circolo virtuoso. Per le imprese si delinea un nuovo ruolo: ottimizzare, investendo, la propria capacità innovativa e le relazioni con le altre componenti del sistema. Le data-driven companies sono imprese le cui scelte sono guidate da un’attenta analisi dei dati che esse stesse producono in maniera capillare e che raccolgono, in una continua interazione, dai propri interlocutori, interni ed esterni. Dati che accrescono la trasparenza, la consapevolezza e la responsabilità aziendale, così come quella individuale e collettiva.In questa logica il principale orientamento è alle esigenze del cliente: prodotti e servizi user-centered designed permettono di favorire la crescita non solo dei consumers ma anche dei prosumers, in grado di contribuire alla sostenibilità, allo sviluppo e agli obiettivi dell’Europa 2020.Lo scambio e l’analisi dei dati, nell’intreccio azienda-cliente-territorio, permette di costruire mo-delli previsionali, di sviluppare sistemi adattativi, di promuovere processi di decision-making com-plessi, di progettare una comunicazione chiara e trasparente verso i cittadini.Il cittadino-cliente diventa fonte di nuove e innovative strategie di business, nella progettazione di prodotti e servizi che lo conducano sempre più a diventare soggetto consapevole dei propri bisogni presenti e futuri e delle proprie azioni di consumo. Nuove strategie di business di cui il cittadino-cliente diventa co-progettista e in cui il rapporto con il mondo della ricerca può trovare il suo efficace punto d’incontro, facendo muovere di pari passo la produzione di conoscenza e la valorizzazione economica dell’innovazione.Per le istituzioni è fondamentale giocare attivamente il ruolo di regolatori del sistema. E’ prioritario che le istituzioni assumano la responsabilità di collegare le politiche della ricerca, del lavoro, della formazione e dello sviluppo industriale, semplificando gli strumenti pubblici.Insieme a norme, indirizzi e politiche, le istituzioni devono essere in grado di mettere a disposi-zione gli strumenti per agevolare le azioni degli altri attori dell’innovazione. Possono assumere sempre più una moderna connotazione se orientano il Paese nella co-progettazione di Paese intel-ligente, definendo un piano di sviluppo, le priorità di intervento, l’integrazione e il coordinamento delle tecnologie, la costruzione del sistema di scambi e interazioni di dati, il tutto per continuare ad adeguare i prodotti e i servizi alle esigenze dei cittadini e delle imprese. In questo orientamento le reti e le infrastrutture possono essere costruire e gestite per essere anche “sensori” dei bisogni del territorio e delle comunità e, attraverso le tecnologie ICT, diventare strumenti abilitanti per definire piani di sviluppo e priorità di intervento.Accorciare la catena dell’innovazione e creare un sistema di innovazione strutturale significa anche creare un ambiente appetibile per il mercato finanziario, e quindi in grado di attrarre risorse di investimento, così come significa individuare un numero limitato e chiaro di strumenti per razio-nalizzare il sistema degli incentivi pubblici. Definire una strategia di governance dell’innovazione è la sfida del nostro futuro perché un sistema strutturale di innovazione è molto di più della somma delle sue parti.

L’URGENZA DI UNA GOVERNANCE PER L’INNOVAZIONE

* Francesco Profumo è Presi-dente di IREN da giugno 2013. È stato Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca dal novembre 2011 all’aprile 2013 e Presidente del Consi-glio Nazionale delle Ricerche (CNR), dall’agosto 2011 al gen-naio 2012. E’ stato insignito del Lion d’Oro a Torino nel 2008, del Premio Valdo Fusi nel 2011, del Premio Guido Carli nel 2011 e del Premio Pericle 2013.

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HBRITALIA.IT

ONDA I: LIFE-TIME EDUCATION1. Formazione continua e innovazionedi Stefano Trombetta, Filippo Galli e Federica Dellasanta

2. Piattaforme collaborative come leva di crescitadi Stefano Trombetta, Rosario Russo e Cristiano Chiadò

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La capacità di innovazione di uno Stato o di un’a-zienda è fortemente collegata al livello degli inve-stimenti nelle competenze e nelle capacità delle risorse che vi operano, questo perché le competenze sono elemento chiave sia della capacità di generare innovazione, sia della capacità di applicare concre-tamente l’innovazione all’interno del sistema pro-duttivo (vero fattore di crescita dell’economia).Affinché l’innovazione si traduca in crescita, infatti, non è sufficiente che sia costantemente generata ma occorre garantire che possa essere adottata in ma-niera sostenibile dal sistema produttivo, che esista, in altri termini, la capacità del mercato del lavoro di predisporre le competenze collegate alle nuove professioni e mestieri creati dall’innovazione.Per raggiungere tali obiettivi è necessario affron-tare alcune sfide che rendono i processi formativi sottostanti sempre più complessi e profondamente differenti rispetto a quanto accadeva anche solo pochi anni fa :

le competenze sono soggette a una obsolescenza sempre più rapida, per l’accelerazione del pro-

gresso tecnologico, dei modelli di business, delle abitudini dei consumatori (secondo una ricerca Accenture nel 2012, il 66% dei lavoratori hanno dovuto apprendere nuove competenze negli ul-timi cinque anni per svolgere il proprio lavoro1); nascono nuove professioni per le quali non esistono curricula formativi consolidati (negli USA il 65% dei ragazzi che frequentano oggi le scuole troverà un lavoro che non è ancora stato inventato2);le professioni richiedono competenze sempre più complesse, caratterizzate da una forte spe-cializzazione unita alla capacità di un’ampia vi-sione di insieme;il gap tra teoria e pratica è sempre più accen-tuato e spesso le nozioni imparate all’università si rivelano solo parzialmente utili nello sviluppo della propria vita professionale;la logica formativa “push” che prevedeva un preliminare periodo di studio ed una successiva applicazione delle competenze apprese non è oggi più attuabile, essendo, invece, sempre più necessario adottare un approccio formativo

ONDA I: LIFE-TIME EDUCATION

16 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

1. Formazione continua e innovazionedi Stefano Trombetta, Filippo Galli e Federica Dellasanta

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l’8,9% di media nell’Europa a 27 con punte di oltre il 25% per Svezia e Danimarca.

Al di là dell’ammontare degli investimenti, la for-mazione continua in Italia presenta alcuni limiti rispetto alle esigenze di crescita, innovazione e svi-luppo delle skill, come per esempio:

è guidata dall’offerta di formazione (cosa può essere erogato dagli enti accreditati) più che dalla domanda di apprendimento delle persone e delle imprese4 (cosa i lavoratori e le imprese hanno bisogno di apprendere);è orientata al controllo (misurazione della for-mazione erogata e certificazione, libretto unico del lavoratore, formazione obbligatoria per le professioni, accentramento dei dati sulle certi-ficazioni) più che all’autonomia e all’iniziativa delle imprese e delle persone, con un impegno amministrativo richiesto alle imprese così ele-vato da disincentivare molte di queste all’accesso ai finanziamenti;è focalizzata in parte significativa sulle imprese e i lavoratori in difficoltà (circa 400 milioni di euro del fondo FSE prevalentemente a lavora-tori in cassa integrazione o mobilità) con poche risorse residue per interventi sull’innovazione e sull’eccellenza; non è aperta all’apprendimento collaborativo (di solito non considerato tra le categorie di forma-zione finanziabile dai fondi interprofessionali) e alla tecnologia (progetti di e-learning pari al 3% dei progetti totali per il 10% dei lavoratori coin-volti); non stimola progetti formativi con integrazioni verticali e orizzontali sulla catena del valore di business e al di là dell’appartenenza geografica delle imprese coinvolte.

Analoghi limiti, sia pure con gradazioni diverse, possono ravvisarsi anche nelle modalità con cui le grandi aziende erogano la formazione:

offerta formativa non strettamente legata ai bi-sogni del business;pianificazione ed erogazione prevalentemente in aula, su percorsi standard e non personalizzati; misurazione dei risultati nei soli termini di par-tecipazione, gradimento e, talvolta, apprendi-mento, senza valutazione delle effettive ricadute sul business (Return on Learning);scarsa innovazione negli strumenti di appren-

“pull” per effetto del quale la ricerca del sapere è stimolata da specifiche problematiche (che di volta in volta devono essere affrontate) e suppor-tata delle nuove tecnologie digitali;la pratica del learning by doing oggi non è più sufficiente e deve essere affiancata dal learning by searching basato sulla consultazione di com-munity, forum, blog.

Per far fronte alle suddette sfide, la risposta è du-plice: da un lato, l’avvio da parte delle imprese di iniziative di formazione continua per la concreta applicazione dell’innovazione, dall’altro, la neces-sità di incrementare gli investimenti in piattaforme collaborative e quindi favorire l’utilizzo della tec-nologia nella diffusione delle competenze (per ap-profondimenti su tale tema rimandiamo all’articolo

“Piattaforme collaborative come leva di crescita”).

1.1 Formazione continua di nuove competenze come elemento chiave dell’innovazione

L’apprendimento degli adulti in Italia, come in tutti i Paesi avanzati, si sviluppa attraverso un’articolata serie di strumenti, tra cui possiamo citare i Master universitari di primo e secondo livello, la forma-zione all’interno delle imprese, lo stesso apprendi-mento on the job, la formazione continua finanziata.In particolare, le istituzioni pubbliche hanno ormai ampiamente riconosciuto la formazione continua come strumento chiave per sostenere lo sviluppo delle imprese e dei lavoratori (Agenda europea per l’apprendimento degli adulti, Riforma del Lavoro del 2012), anche a fronte dei casi di successo di Pa-esi che, come la Finlandia, sono diventanti leader nell’innovazione attraverso investimenti nella for-mazione avviati proprio in periodo di recessione.Oggi in Italia l’investimento pubblico e il suo im-patto sul mondo del lavoro sono significativi, sep-pur il numero di lavoratori coinvolti in attività di formazione sia al di sotto del benchmark europeo e in contrazione3:

circa 900 milioni di euro annui di finanziamenti per formazione continua;746 mila imprese aderenti ai Fondi di finanzia-mento per 8,4 milioni di lavoratori;8,2% dei lavoratori coinvolti in media almeno una volta al mese in attività formative, contro

SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 17

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18 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA I: LIFE!TIME EDUCATION

per soddisfare la domanda collegata ai “mestieri del futuro”. Naturalmente sono diverse le iniziative istituzionali a livello italiano ed europeo che hanno cercato di dare una risposta a questa esigenza, ma due ci sembrano particolarmente di rilievo:

a livello italiano l’evoluzione del sistema infor-mativo Excelsior di Unioncamere, che è in conti-nuo arricchimento e ha ormai superato i 15 anni di vita;a livello europeo i forecast prodotti dallo Euro-pean Centre for the Development of Vocational Training (CEDEFOP).

Il sistema informativo Excelsior è basato su un’in-dagine campionaria che coinvolge oltre 94.000 imprese italiane di cui raccoglie le previsioni di assunzione, in particolare quelle che il campione considera di difficile reperibilità. Questo approccio, per quanto ormai consolidato e di sicura utilità per altri versi, ai nostri fini denuncia alcuni limiti rile-vanti quali:

la focalizzazione sulle previsioni a breve termine (es. il “Rapporto sui programmi occupazionali delle imprese dell’industria e dei servizi nel 2013” è stato pubblicato il 23 luglio 2013);l’approccio enciclopedico alla classificazione delle professioni, che se da un lato ha l’indubbio vantaggio della coerenza informativa con altre fonti, come ISTAT e ISFOL, dall’altro limita la possibilità di far emergere nuove figure profes-sionali e competenze collegate in un’ottica di maggior respiro.

A livello europeo, d’altra parte, Cedefop produce una volta l’anno un report previsionale sull’apertura di nuove posizioni per settore economico e catego-ria occupazionale, con un orizzonte decisamente più lungo (ad oggi sono disponibili i dati di proie-zione fino al 2020).Tuttavia la granularità della previsione (solo 27 ma-cro-categorie professionali poi associate ai diversi settori) e l’applicazione di metodi principalmente basati su modelli econometrici impedisce a nostro avviso di cogliere le punte avanzate delle tendenze emergenti.Cedefop cerca inoltre di complementare queste analisi regolari con studi specifici su settori partico-larmente rilevanti. Ad esempio, ha di recente pubbli-cato un research paper molto focalizzato dal titolo

“Skills for a low carbon Europe”, ma non offre al momento una copertura organica delle future ten-denze. Occorrerebbe quindi arricchire queste espe-rienze già significative con approcci diversi:

dimento (social learning, gaming), e adozione dell’e-learning spesso limitata alla sola forma-zione obbligatoria.

La Lifetime Education in Italia sconta inoltre un ritardo sull’aspetto chiave del coinvolgimento dei diversi attori all’interno di ecosistemi virtuosi per l’apprendimento e per l’innovazione. Il 64% dei decision maker europei ritiene che lo svi-luppo delle competenze potrebbe essere realizzato in modo più efficace facendo leva su partnership tra università e imprese e tra imprese e Pubblica Amministrazione (in questo caso la percentuale scende al 53%). Inoltre la stessa Riforma del Lavoro del 2012, in li-nea con le indicazioni dell’Unione Europea, prevede la realizzazione di reti territoriali formate da sog-getti pubblici e privati (quali Regioni, associazioni/albi di lavoratori autonomi, fondi interprofessionali, reti di imprese e altri organismi come, ad esempio, le camere di commercio) per offrire servizi integrati di istruzione, formazione e lavoro.

1.2 Osservare, capire, anticipare: analisi e comprensione del contesto per identificare le competenze necessarie

Abbiamo quindi fino a questo punto analizzato le caratteristiche e i limiti della Lifetime Education così come si è consolidata negli ultimi due decenni quale pilastro delle politiche comunitarie e italiane per la crescita. Di seguito vogliamo invece proporre alcuni spunti per incrementarne l’efficacia in riferimento alla necessità specifica di sostenere il processo di messa a terra dell’innovazione.La nostra tesi è che sia necessario innanzitutto monitorare l’andamento del Sistema Paese per in-dividuare prontamente le nuove competenze neces-sarie su cui focalizzare gli investimenti. In secondo luogo occorre essere in grado di valutare il gap fra le skill richieste e quelle disponibili sul mercato e di identificare le popolazioni a “minor gap” sulle quali investire. Infine è chiave la capacità di strutturare interventi che siano in grado di dare una risposta efficace alla necessità di sviluppo delle competenze richieste, superando le criticità evidenziate in prece-denza rispetto alle tradizionali iniziative di forma-zione finanziata o singole iniziative aziendali.Il punto di partenza è dunque costituito dall’analisi delle tendenze di medio periodo del mercato del la-voro e quindi del profilo di competenze necessario

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SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 19

Nella ricerca Solving the Skills Paradox, realiz-zata da Accenture attraverso il coinvolgimento di lavoratori, business leaders e istituzioni, si è evidenziato come questi schemi si basino in par-ticolare su due convinzioni:

l’idea che occorra sempre cercare competenze specifiche e già formate;l’idea che i talent pool in cui cercare debbano appartenere alla propria geografia e settore industriale.

Spesso le aziende ricercano profili sul mercato guardando al possesso di conoscenze tecniche molto specifiche, quando questo è fondamentale in realtà soltanto per alcune posizioni. Come dimostrano gli studi di psicologia del lavoro, il possesso di competenze specialistiche è infatti un fattore predittivo di future performance la-vorative molto più debole di altre capacità più generali, quali ad esempio la learning agility.Tra l’altro anche nella considerazione delle ri-sorse che già hanno al proprio interno, le aziende continuano a valutare le competenze disponibili in base a fattori quali il ruolo ricoperto e l’ap-prendimento formale, e spesso trascurano quindi talenti e capacità posseduti dalle persone. I lavora-tori coinvolti nella ricerca hanno confermato questo stato di cose: soltanto il 31% ritiene che l’azienda per cui lavora valuti il proprio profilo professionale sulla base di questi più ampi criteri.Ma anche una volta identificato un bacino di prove-nienza su cui investire, occorre essere certi che nelle

da un lato suggeriamo percorsi di visioning tra-mite il contributo di opinion leader di diversi settori e rappresentativi del mondo delle imprese e delle istituzioni universitarie (ad esempio con applicazione del metodo Delphi);dall’altro con un approccio Big Data si potreb-bero indagare le potenzialità delle informazioni disponibili in rete (es. Linkedin e altri siti di job market) per analizzare tramite motori semantici (cosiddetti job-crawler) le tendenze in crescita su mercati ad alto tasso di innovazione.

1.3 Individuare le competenze “primordiali”: identificazione e attivazione del bacino di prossimità per avviare la generazione delle nuove competenze

Una volta identificati i mestieri del futuro e le relative competenze mancanti, come è possibile individuare una soluzione per superare il gap? Riteniamo occorra sviluppare una capacità di vi-sione che permetta di identificare dei cosiddetti

“bacini di prossimità” delle competenze, ossia cluster di lavoratori o studenti che possiedano quelle competenze prossime che permettano una riconversione rapida sulle nuove professioni.Questo esercizio tuttavia si scontra oggi con alcuni problemi connessi soprattutto alla diffi-coltà per le imprese e le istituzioni di liberarsi da schemi non più applicabili nel contesto attuale.

!. FORMAZIONE CONTINUA E INNOVAZIONE

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20 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA I: LIFE!TIME EDUCATION

aiutare a investire nella costruzione di competenze con l’obiettivo di incrementare i tassi di employability, inclu-sione economica e resilienza di comunità e individui. Un’analisi5 di questo genere, condotta in partnerhsip con la National Skill Development Corporation in India, ha evidenziato come all’interno della catena del valore della formazione professionale sia spesso ciò che viene prima dell’intervento formativo che può fare la differenza in termini di successo dell’iniziativa.In particolare un ruolo fondamentale ha la fase di pre-joining counseling che spesso viene curata solo parzial-mente (nella ricerca condotta in India solo il 53% del campione dei partecipanti dichiarava di aver ricevuto del counseling), con il rischio di generare un forte di-sallineamento in termini di comprensione delle moti-vazioni ed aspettative dei partecipanti alle iniziative.Alcune delle best practice raccomandate in quest’am-bito riguardano:

la raccolta di un ampio set di informazioni sui par-tecipanti alle iniziative, con particolare riferimento alle loro motivazioni;l’attivazione di una helpline che fornisca un counseling mirato sulle competenze in collabora-zione con esperti di settore coinvolti nell’iniziativa;l’utilizzo di canali e tecnologie di comunica-zione innovativi per lavorare sulla motivazione dei partecipanti.

Per quanto riguarda invece interventi mirati su popolazioni già in possesso di un’occupazione è chiaro che uno stakeholder chiave diventa il datore di lavoro che deve prendere coscienza dell’opportu-nità di una riqualificazione professionale dei propri dipendenti. Infatti le aziende faticano a cogliere la direzione in cui focalizzare gli sforzi di riqualifica-zione e a mettere in priorità interventi comunque onerosi, questo sia per vincoli di natura culturale, sia a causa delle risorse rese ancor più limitate dalla crisi e delle difficoltà di accesso ai finanziamenti pubblici.Per accrescere il livello di consapevolezza e superare i vincoli di natura economica, tre sono le direttrici individuate dalle nostre più recenti analisi a livello europeo:

creare un legame sempre più diffuso fra le imprese e il mondo dell’istruzione;creare iniziative B2B all’interno dello stesso settore economico o, in maniera ancora più feconda, fra settori diversi;creare iniziative che consentano lo sviluppo di net-work di imprese di dimensioni differenti lungo la supply chain.

persone esista la consapevolezza dell’opportunità che viene loro offerta, ossia occorre accertare e, nel caso, sostenere la domanda di accesso all’acquisizione di nuove competenze.Questo elemento si pone naturalmente in termini molto diversi nel caso in cui il bacino identificato riguardi:

non occupati in genere o giovani in particolare;lavoratori professionalizzati e al momento occupati.

Un buon esempio di cosa significhi esaminare la pro-blematica relativa alla prima popolazione è costituita dalle analisi di impatto che Accenture conduce perio-dicamente in diversi Paesi sul proprio programma di Corporate Citizenship Skills to Succeed. Si tratta di un programma che attiva iniziative su base locale per

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SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 21

!. FORMAZIONE CONTINUA E INNOVAZIONE

venga, in maniera significativa, al di fuori delle strutture formative tradizionali. Fino agli anni 2000 soprattutto in ambiti lavorativi fles-sibili e dinamici, vigeva il concetto del learning by doing: lo sviluppo delle conoscenze è contemporaneo rispetto al day by day lavorativo e basato su un processo scienti-fico di azione per tentativi. Oggi a tale concetto si affianca il learning by searching che affonda le radici nella consultazione di community, forum, blog e la rete in generale per acquisire potenziali soluzioni a problemi. Lo sviluppo dei social network dà la possibilità a cia-scuno di essere docente e al tempo stesso allievo, e rivoluziona il modello tradizionale di apprendimento, rendendolo assai vicino ai concetti di cooperation e di sharing of experience. Pensando quindi a come indirizzare la creazione delle nuove competenze il primo passo diventa riuscire ad individuare un gruppo iniziale di esperti, certificatori di quanto richiesto dal mercato del lavoro. L’attivazione di tali esperti diventa il secondo passo da compiere: è pri-

1.4 Sviluppare interventi e!caci di formazione continua

Viene infine la questione di come sia possibile creare delle iniziative formative efficaci che permettano di chiudere il gap fra le competenze disponibili nei bacini di prossimità identificati e quelle richieste per cogliere l’onda dell’innovazione e tradurla in crescita del sistema.Per affrontare il tema occorre partire dal dato di fatto che stiamo vivendo il passaggio da una logica forma-tiva push in cui si studia e in seguito si applica ciò che si è imparato, ad una logica formativa pull in cui non appena emerge un problema, autonomamente si cerca di capire come risolverlo, avvalendosi soprattutto delle nuove tecnologie digitali, costruendo quindi le cono-scenze e le competenze necessarie alla risoluzione del problema stesso.Esiste infatti un’enorme quantità di informazioni di-sponibili e raggiungibili anche al di fuori delle strutture scolastiche ed accademiche tradizionali e questo fa sì che l’apprendimento di conoscenze e di competenze av-

Figura 3Collaborazione cross-settore negli investimenti formativi

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22 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA I: LIFE!TIME EDUCATION

Lo sviluppo di nuove competenze è ormai fondamentale per promuovere l’innovazio-ne da parte delle aziende. Dall’osservatorio privilegiato di Assolombarda qual è il livel-lo di consapevolezza delle imprese italiane rispetto a questa necessità? Il commitment formativo delle imprese si è mol-to accresciuto nel corso degli ultimi anni. La ra-gione di questa nuova “sensibilità” aziendale per i temi della formazione continua è duplice. Da un lato, i rapidi mutamenti tecnologici e organizzativi delle imprese e dei mercati modi-ficano il modo di lavorare in azienda, richieden-do un aggiornamento profondo e continuativo delle competenze professionali di chi vi lavora.Dall’altro lato, l’introduzione dei Fondi inter-professionali per la formazione continua - e in particolare Fondimpresa e Fondirigenti, i due fondi di matrice confindustriale - ha avvicina-to le imprese al mondo della formazione, ren-dendo più agevole l’accesso alle risorse e più e!ciente l’investimento formativo. In questo senso, il successo dei Fondi è rinvenibile nei più recenti dati di utilizzo: basti pensare che dal 2009 al 2013 le risorse dei Fondi hanno re-gistrato un incremento del 43%, per un totale di 138 milioni di euro che le imprese di Asso-lombarda hanno utilizzato per attività forma-tive nello stesso periodo. Quali sono i principali vincoli per le impre-se nel garantire gli investimenti in forma-zione di nuove competenze (es. di!coltà legate alla crisi, mancanza di visione stra-tegica rispetto al futuro)?I vincoli, naturalmente, esistono, ma non cre-do che il clima di crisi sia il principale. Anzi, secondo la mia esperienza posso dire che molti investimenti formativi delle imprese sul capitale umano vengono pianificati proprio in chiave anti-ciclica, come strategia di rispo-sta alla congiuntura sfavorevole. I vincoli più evidenti sono, semmai, di altro tipo: da quelli organizzativi (legati, per esempio, alla dimen-sione aziendale, alla sede dei corsi o alla loro compatibilità con lo svolgimento delle man-sioni professionali) a quelli di ordine più “cul-turale”, connessi alla di!coltà di individuare le aree di criticità e il target di lavoratori su cui concentrare gli interventi. Assolombarda è al fianco delle imprese per abbattere questi vincoli. Alcuni esempi di so-luzioni individuate: cataloghi corsi costruiti sulla base di accurate rilevazioni dei fabbi-

sogni formativi delle imprese appartenenti a settori specifici; corsi interaziendali a caratte-re modulare e flessibile pensati per le esigen-ze delle piccole e medie imprese; counseling per la stesura dei piani formativi; attenzione alle formazione delle competenze strategiche trasversali, anche in chiave di employability del lavoratore. Sulla base dell’esperienza di Assolombarda, quali sono i principali trend di mercato che guidano l’emergere di nuove competenze? (Es. nuove tecnologie, social enterprise).L’evoluzione tecnologica e la velocità crescen-te con cui saperi e conoscenze professionali invecchiano sono, senza dubbio, tra i fattori più importanti. Ma non sono certo gli unici. Anche la fisonomia dei nuovi mercati - sempre più globali e mutevoli - così come l’evoluzio-ne dei paradigmi organizzativi delle imprese - sempre più orientati al networking, all’auto-nomia individuale e alla de-verticalizzazione gerarchica - finiscono per impattare profon-

damente sul profilo di competenza di tutte le persone che operano in azienda, dall’operaio al quadro fino al manager.Un altro fattore che oggi genera il bisogno di nuove competenze professionali e socio-relazionali è sicuramente quello connesso alle dinamiche demografiche. Mi riferisco, in particolare, al fenomeno dell’invecchiamen-to della popolazione attiva che le riforme del sistema previdenziale hanno reso di grande attualità e che sta portando alla convivenza in azienda di persone appartenenti a fasce di età sempre più distanti (generation mix) e con background culturali, valori e aspettative molto diversi tra loro. Senza contare le nuove competenze necessa-rie per a"rontare l’evolversi in chiave multicul-turale della società contemporanea, dove au-menta il numero dei cittadini stranieri e, con essi, delle diversità – etniche, linguistiche, culturali, religiose – che questa componente della popolazione incarna.

Assolombarda è impegnata in iniziative per la promozione della formazione conti-nuativa di nuove competenze? Può citare quali sono i progetti più significativi?Sono molteplici le iniziative che vedono impe-gnata l’Assolombarda sul tema delle compe-tenze: dai progetti di formazione continua al partenariato con le scuole e le università per l’innovazione della didattica fino alle iniziative di orientamento al lavoro per gli studenti. In particolare vorrei segnalare i percorsi di alto apprendistato per il conseguimento di master altamente qualificati o del dottorato di ricerca, progettati con la premessa della pari dignità formativa del lavoro in azienda alter-nato a momenti più strutturati d’aula.E anche la partnership per l’avvio della “Pa-lestra delle Professioni Digitali”, un’iniziativa che mira ad arricchire in chiave tecnologica il bagaglio formativo dei laureati in area uma-nistica, con un “occhio” specifico alle nuove professioni emergenti nel campo delle appli-cazioni aziendali dei social media, con lo sco-po di facilitarne l’inserimento al lavoro. Senza dimenticare le ricadute in termine di innova-zione che l’inserimento di questi giovani potrà apportare alle imprese, soprattutto a quelle di minori dimensioni. Il progetto Palestra delle Professioni Digitali è un esempio di sviluppo di nuove competen-ze per giovani talenti. Può spiegarci come il coinvolgimento di diversi partner ha contri-buito a garantire il successo dell’iniziativa?Il successo di questa iniziativa è dato prima di tutto dai suoi contenuti fortemente innovativi, di sicuro interesse per i giovani, naturalmen-te predisposti alla dimensione tecnologica e all’utilizzo dei social network. Contenuti che è stato possibile sviluppare grazie alla messa in comune del know-how dei diversi partner (Prospera, Accenture, Federturismo, Proget-to Expo Generation e ACTL) con il risultato di un’azione formativa strutturata e organica, an-che sotto il profilo del supporto al placement delle figure formate. Ma il valore distintivo di questo progetto risiede nel prezioso apporto delle imprese le quali, attraverso i loro rap-presentati coinvolti nelle attività didattiche, o"rono ai giovani un punto di vista per loro inedito e pragmatico delle professioni su cui andranno a formarsi e sulle competenze che le aziende reputano necessario possedere per esercitarle con successo.

Come promuovere la formazione continuativa di nuove competenze Intervista a Laura Mengoni, Responsabile Area Formazione, Scuola, Università e Ricerca di Assolombarda.

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SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 23

proposta di variazione / integrazione da parte degli esperti stessi e della platea allargata di valutatori;pubblicazione di materiali e percorsi aperti da in-dirizzare liberamente alla platea individuata all’in-terno o all’esterno delle imprese.

Il sostegno naturale per l’industrializzazione di que-sto processo diventano quindi iniziative di coopera-zione che mettano in contatto imprese dello stesso settore o di settori diversi, soggetti istituzionali e sin-goli individui interessati, con la finalità di riunire le proprie risorse e conoscenze di base attraverso pro-grammi ed investimenti comuni. Iniziative di questo genere sono però ancora relativamente poco diffuse con ampi spazi di miglioramento soprattutto per le iniziative cross settore.

oritario riuscire a creare una rete che li metta in con-tatto tra loro e che consenta la generazione di nuove idee e la diffusione delle conoscenze in ottica sempre più aperta e collaborativa.In effetti, si tratta di applicare alla creazione di per-corsi didattici la stessa logica del software libero svi-luppando il concetto di open source delle competenze che si articola in quattro fasi:

messa a disposizione da parte degli esperti ini-zialmente individuati di una proposta iniziale del materiale;selezione da parte di una più ampia platea di ul-teriori stakeholder (operatori professionali della formazione, utenti finali, altri utenti) dei materiali considerati più significativi;

La Palestra delle Professioni Digitali è un’iniziativa avviata congiuntamente da diversi partner a partire da Prospera-Progetto Speranza (associazione senza fini di lu-cro) in qualità di capofila, la Corporate Citizenship di Accenture, ACTL Sportello Stage, Assolombarda, Expo Generation - Progetto Speciale Confindustria per Expo 2015, Federturismo e la Fondazione Collegio delle Università Milanesi.Il progetto si propone di migliorare l’occupabilità e l’occupazione giovanile, con particolare attenzione allo sviluppo di competenze distintive per indirizzare 25 giovani talenti provenienti da lauree umanistiche (considerate lauree critiche dal punto di vista occupazionale), verso le professionalità digitali, che risultano

essere un ambito con elevate possibilità di sbocco professionale nei prossimi anni.Il percorso di formazione, durante la prima fase pilota, è articolato in una fase d’aula della durata di sei settimane e in una successiva fase di formazione on the job. Oggetto della formazione sono le professioni digitali, in particolare il Digital Marketing, il Web Reputation Manage-ment e il Web Revenue Management, quest’ultima professione specifica del settore turistico.Il corso d’aula ha l’obiettivo di sviluppare le competenze base per l’avvio alle nuove professioni digitali e stimolare il con-fronto tra partecipanti, docenti, esperti di settore e professionisti d’impresa che intervengono durante le lezioni.

Al termine del periodo di formazione in aula, prende avvio una fase di formazione on the job tramite o!erte di stage della durata variabile di 4/6 mesi presso le aziende che hanno aderito all’iniziativa, con l’obiettivo di concretizzare la fase di “pura formazione” con l’esercizio pratico delle competenze professionali acquisite.Dopo la prima esperienza-pilota conclusa a febbraio 2013, è stata attivata una se-conda fase del progetto caratterizzata da un estensione del bacino di partecipanti a circa 100 giovani talenti, con modalità didattiche che prevederanno un equo bi-lanciamento di lezioni frontali in aula e di giornate di formazione a distanza tramite l’utilizzo delle tecnologie 2.0 di Learning & Collaboration.

Il progetto Palestra delle Professioni Digitali

!. FORMAZIONE CONTINUA E INNOVAZIONE

1. Indagine “Solving the Skills Paradox” condotta da Ac-centure nel 2012 negli Stati Uniti2. U.S Department of Labor: Futurework - Trends and Challenges for Work in the 21st Century3. ISFOL, XIII Rapporto sulla Formazione continua, 2012.

4. ISFOL, XIII Rapporto sulla Formazione continua, 2012.5. Overcoming India’s skills challenge Accenture –NSDC Research, 2013.6. Turning the Tide How Europe can Rebuild Skills and Generate Growth, 2012.

NOTE.

Gli autori

Da sinistra:Stefano Trombetta, Managing Director, Talent & Organization Filippo Galli, Senior Manager, Talent & OrganizationFederica Dellasanta, Consultant, Talent & Organization

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24 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA I: LIFE!TIME EDUCATION

apprendimento di persone e imprese, che all’interno di piattaforme collaborative pos-sono esprimere le loro esigenze e trovare le risposte, secondo logiche pull (il partecipante attira a sé la formazione) e con i tempi acce-lerati della condivisione on line;

dal controllo del processo da parte dell’a-zienda all’autonomia e l’iniziativa del sin-golo, che diventa responsabile del proprio percorso di apprendimento e di sviluppo pro-fessionale;

dalla trasmissione top down alla condivi-sione peer to peer, abilitando la costruzione di una “conoscenza collettiva” che diventa somma delle conoscenze individuali;

dalla misurazione dei risultati formativi alla misurazione della generazione di relazioni, di conoscenza e di innovazione all’interno degli ambienti di collaborazione.

2.1 Le piattaforme collaborative per un nuovo paradigma dell’apprendimento

La costituzione di piattaforme collaborative da porre al centro del nuovo modello di apprendi-mento consentirebbe un ulteriore elemento di successo per la Lifetime Education. Intendiamo per piattaforme collaborative ambienti digitali in cui persone e organizzazioni coinvolte in percorsi di apprendimento possano stringere relazioni, confrontarsi sull’apprendimento in corso, scam-biarsi informazioni e sapere, aiutarsi nella riso-luzione di problemi e infine accrescere le proprie competenze e fare innovazione, secondo le di-mensioni del Connecting, Teaming, Networking e Sharing (Figura 1). L’adozione delle piattaforme collaborative può contribuire a far emergere un nuovo paradigma dell’apprendimento continuo, spostando il focus della Lifetime Education1:

dall’offerta di formazione alla domanda di

ONDA I: LIFE-TIME EDUCATION

2. Piattaforme collaborativecome leva di crescitadi Stefano Trombetta, Rosario Russo e Cristiano Chiadò

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SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 25

!. PIATTAFORME COLLABORATIVE COME LEVA DI CRESCITA

Figura 1Le dimensioni delle Piattaforme Collaborative

nell’accesso alle informazioni e nel time to market, fino al 25%;riduzione dei costi di trasferte, formazione e attività di supporto, fino al 20%;aumento della soddisfazione dei dipendenti (fino al 20%) e della sostenibilità del business.

Innumerevoli sono le applicazioni del Colla-boration nelle imprese, nelle tabelle di seguito abbiamo riportato alcuni casi italiani e globali, selezionati a partire dal nostro punto di osserva-zione per il loro carattere innovativo.

2.2 La trasformazione è a portata di mano

Con l’esplosione del fenomeno dei social media le persone, in modo sempre più trasversale ri-spetto alle variabili socio-demografiche, stanno sviluppando nuove pratiche per informarsi, ac-cedere al sapere, condividere idee e conoscenze in Rete, e appaiono ormai pronte per adottare tali pratiche nell’apprendimento professionale.Anche le università sono impegnate già da al-cuni anni in sperimentazioni concrete dell’ap-prendimento collaborativo. L’esperienza che suscita più interesse è quella dei Massive On-line Open Courses (MOOCS ), corsi di formazione universitari on-line gratuiti, le cui caratteristiche di gratuità, elevata qualità e accessibilità hanno attirato l’attenzione di Università, Venture Capi-talist e ovviamente di migliaia di e-learner.Le imprese, in particolare quelle di grandi di-mensioni, da alcuni anni realizzano iniziative di Collaboration per migliorare la comunica-zione interna, la condivisione di informazioni, la formazione e l’innovazione. Le imprese ri-conoscono nell’adozione del Collaboration l’opportunità di cogliere risultati rilevanti e mi-surabili2 in termini di:

miglioramento della produttività delle per-sone, in particolare in risparmio di tempo

!" edX, Coursera, Udacity, Khan Aca-demy e Udemy sono le principali start up che o!rono servizi nell’am-bito dei MOOCS, strettamente correlate alle migliori università U.S. ( M.I.T., Harvard, Stanford e Berkely )

!" OpenUniversity con Futurelearn in UK ha reso disponibili gratuitamen-te on line alcuni corsi delle migliori Università UK

!" iTunes U mette a disposizione un catalogo on-line di contenuti didattici gratuiti curati dai migliori istituti universitari

Numeri chiave !" Previsione mercato MOOCs nel

2015: 107 miliardi di dollari3

!" Utenti del corso MOOCS di In-telligenza artificiale di Stanford: 160.000 studenti da 190 paesi

Il mondo dei MOOCS (Massive On-line Open Courses)

(continua a pag.28)

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26 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA I: LIFE!TIME EDUCATION

IL VALORE DI UN ONE GLOBAL NETWORKIn Accenture la collaborazione è una parte essenziale del modo di fare le cose. Uno dei sei core value aziendali è One Global Network, che si traduce nella capacità di fare leva a livello globale su informazioni, relazio-ni, collaborazione e formazione per erogare il meglio di Accenture ai clienti, sempre e ovunque. Formazione e collaborazione sono strettamente collegati nel processo di Social Learning: le persone sviluppano il proprio percorso di apprendimento e massimizzano le loro performance attraverso i corsi di for-mazione in aula, i corsi on line, la partecipa-

zione alle piattaforme collaborative. Queste ultime mettono a disposizione funzionalità e iniziative integrate tra le quali gli strumenti di videoconferenza, il social networking, le community di interesse, i blog degli esperti, i team site di progetto, il repository globale della documentazione aziendale, lo stream per integrare tutto il flusso di comunicazione in tempo reale. Alle persone è richiesto di agire con sempre maggiore impegno i com-portamenti chiave del Social Learning, per alimentare il circuito virtuoso di collaborazio-ne, apprendimento e innovazione: Connec-ting per mettersi in contatto con i colleghi in

modo indipendente dalle appartenenze ge-ografiche ed organizzative, Contributing per arricchire la conoscenza di tutti con le cono-scenze sviluppate da ciascuno, Championing per riconoscere e incoraggiare i colleghi che lavorano in modo collaborativo.

Numeri chiave:!" Oltre 250.000 dipendenti in 120 Paesi.!" Più di 120 milioni di minuti di video/au-

dio conference durante settembre 2013 (circa 8 ore a testa, con un incremento della videoconference di oltre il 100% da settembre 2012 a settembre 2013 ).

Il Social Learning in Accenture

CROWDSOURCING PER L’INNOVAZIONE E L’APPRENDIMENTOLa strategia di Procter and Gamble “Con-nect + Develop” consente di dare vita alle innovazioni in modo più veloce, maggior-mente economico e più sostenibile. Si tratta di una piattaforma collaborativa per condividere i principali focus del reparto Ricerca e Sviluppo dell’azienda e connettere tutti gli innovatori che possono contribuire a risolvere problemi e portare innovazione: dipendenti, clienti, partner come università

e fornitori, singoli innovatori e start up. Chiunque può fornire soluzioni innovative per risolvere i problemi e lanciare idee per nuovi prodotti o servizi, estendendo di fatto la forza lavoro dell’azienda oltre il perimetro tradizionale e con essa le opportunità di innovazione e apprendimento.In particolare attraverso l’iniziativa Co-Creation, all’interno di Connect+Develop, P&G lancia concorsi in crowdsourcing aperti agli innovatori di tutto il mondo, che possono sottoporre la loro idea rispetto a

una richiesta specifica e, in caso di vittoria, ricevere un premio in denaro ed eventual-mente avviare una partnership con P&G.

Numeri chiave!" Oltre 125.000 dipendenti.!" Più di 2.000 accordi con partner

per l’innovazione attraverso Connect+Develop.

!" Oltre 3 miliardi di dollari l’anno dal 2015 investiti in programmi di colla-borazione con l’esterno.

Connect + Develop in Procter&Gamble

IL PERCORSO DI UNICREDIT NEL SOCIAL NETWORKING PER I DIPENDENTIIl Social Networking in UniCredit prende avvio nel 2008, per contribuire al consoli-damento della cultura aziendale a seguito delle fusioni e acquisizioni che hanno portato alla costituzione di uno dei maggiori gruppi bancari europei. La sfida era creare valore mettendo a fattore comune le capacità innovative delle persone, capitalizzando le conoscenze e le competenze di ognuno per trasformarle in un vantaggio competitivo. Da qui nasce OneNet, la piattaforma collaborativa interna del Gruppo UniCredit, adottata da UniCredit Business Integrated Solution e disponibile per tutti i dipendenti.OneNet è una piattaforma flessibile che,

nel tempo, ha permesso di sviluppare con diverse finalità workspace virtuali in cui condividere file, lavorare insieme alla realizzazione di documenti e comunicare in tempo reale; blog pubblici accessibili a tutti i membri del social network in cui a!rontare temi di ampio respiro; community in cui gli iscritti possono sviluppare temi di interesse comune, apprendere e fare innovazione in crowdsourcing indipendentemente dall’a-rea di appartenenza all’interno dell’azienda. Per incentivare il dialogo su diversi livelli è nato infine “Ask the Manager”. L’inizia-tiva ha coinvolto in meno di un anno otto membri del top management, ciascuno dei quali si è reso disponibile a una video intervista e a circa due ore di conversa-zione on line in tempo reale (senza filtri)

con i dipendenti, sia su temi soft (leader-ship, motivazione, coinvolgimento) sia su tematiche strategiche e operative legate al business.OneNet è un supporto consolidato per l’in-novazione e l’apprendimento in UniCredit. La sfida, già intrapresa con l’integrazione di OneNet con l’Intranet aziendale, è oggi portare il social nei processi operativi quoti-diani e nel mindset delle persone.

Numeri chiave!" UniCredit è presente in 20 Paesi con circa

150.000 dipendenti.!" UniCredit Business Integrated Solutions

è presente in 11 Paesi con circa 11.000 dipendenti.

!" OneNet ha un redemption rate del 54%.

One Net in UniCredit

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SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 27

Cominciamo con un po’ di numeri, quali sono i risultati raggiunti da ideaTRE60 in questi anni?La piattaforma ideaTRE60 è nata a marzo 2010 dalla volontà della Fondazione di cambiare il proprio approccio. Nel corso degli anni, su im-pulso del suo Comitato degli Esperti, la Fonda-zione Italiana Accenture ha realizzato diverse iniziative di successo, tuttavia, volevamo fare di più. Volevamo rendere protagonista la col-lettività già nell’identificazione dei progetti di cui sarebbe poi stata destinataria, cambiando la prospettiva e accelerando l’ondata di cam-biamento attraverso l’utilizzo di strumenti tec-nologici web 2.0. Per questo abbiamo deciso di realizzare la piattaforma.Nel corso dei suoi 3 anni di vita ideaTRE60 è cresciuta molto, arrivando a contare oggi una community di quasi 20.000 talenti: circa 10.000 sono gli utenti iscritti alla piattaforma e più di 10.000 coloro che ci seguono da vici-no sui social network.Sono 11 i concorsi per idee attivati dalla Fon-dazione stessa, in partnership con aziende, organizzazioni ed altre realtà del Terzo Setto-re, o da terze parti in autonomia: ideaTRE60 infatti intende essere un luogo aperto a tutte le realtà alla ricerca di progettualità innova-tiva per le loro politiche di responsabilità so-ciale d’impresa e che desiderano “attingere” all’intelligenza collettiva per individuare i migliori progetti in grado di generare un im-patto positivo per il nostro Paese. Attorno ad ideaTRE60 si è creata un’importante rete di relazioni: professionisti e organizzazioni che necessitano di risorse per attuare i propri progetti hanno un luogo dove proporre le loro idee, incontrare imprese, fondazioni ed enti interessati a svilupparle; mentre istituzioni, organizzazioni e grandi aziende su ideaTRE60 possono confrontarsi con la progettualità in-novativa della community.Quasi 3.000 persone si sono mobilitate per partecipare ai concorsi e le idee raccolte ad oggi sono state più di 1.400 : è un risultato significativo per noi se teniamo conto delle tematiche verticali e molto specifiche delle nostre call, oltre che delle competenze che

richiediamo nella formulazione delle idee progettuali. Le proposte, infatti, devono ri-spondere a criteri di utilità sociale, realizza-bilità, scalabilità, replicabilità, innovazione tecnologica, potenziale occupazionale e pre-sentare un business plan che preveda l’auto-sostenibilità economica a regime e l’impegno a reinvestire nell’attività gli eventuali utili.Chi sono gli innovatori che partecipano ad ideaTRE60?La community di ideaTRE60 è molto diversifi-cata: giovani innovatori e sperimentatori, stu-denti universitari, ricercatori, professionisti, uomini d’azienda e operatori del Terzo Setto-re, tutti accomunati dalla volontà di realizzare le proprie idee innovative per portare benefici all’intera collettività e individuare una strada per costruire il proprio futuro. Se dovessi individuare due aggettivi per de-scrivere i membri della nostra community, sceglierei: appassionati e competenti. Sono molto eterogenei dal punto di vista geografi-co ed anagrafico, ma condividono un elevato mix di competenza e passione sull’innovazio-ne sociale.

Qual è il valore generato da ideaTRE60, per i partecipanti e soprattutto per il Sistema Paese?Il valore generato è un patrimonio di conte-nuti, che sebbene preesistessero, attraverso ideaTRE60 diventano e!ettivamente fruibili perché inseriti “in circolo”, messi in rete per diventare elementi costruttivi di una realtà composita che li comprende e li supera allo stesso tempo. Si evita così il rischio che una buona idea rimanga fine a se stessa a causa dell’isolamento o della mancanza di un ter-

reno fertile che ne consenta lo sviluppo, oltre che per la mancanza di specifiche compe-tenze gestionali e manageriali che possono potenziarne lo sviluppo e rendere più e"caci i risultati una volta arrivate alla fase realizzati-va. I concorsi prevedono infatti che il vincitore e i migliori progetti selezionati, ricevano un supporto nella fase di sviluppo del business completo, così da poter garantire la massima qualità in termini di innovazione tecnologica, approccio manageriale e sostenibilità.I partecipanti possono vedere la propria idea crescere fino ad avere la certezza di un con-tributo concreto alla questione dello sviluppo sociale, acquisire competenze e skill utili ed entrare a far parte di un network che gli per-mette di mettere a sistema il proprio talento e la propria creatività. Il Sistema Paese si giova di tutti questi contributi e ne raccoglie i frutti più selezionati e della migliore qualità nell’ot-tica di un vivere comune che parte dall’indi-viduo e finisce nel beneficio della collettività.Ci sono delle lezioni apprese che possono essere trasferite al sistema di apprendi-mento e di innovazione del Paese?L’intelligenza collettiva ha un potenziale ele-vato e, nello specifico, sono convinto che lo abbia il tessuto sociale del nostro Paese, per-ciò individuare una modalità e uno strumento che permetta a questo serbatoio di talenti di esprimersi ha sicuramente un e!etto positivo sul Sistema Paese. Una lezione che abbiamo certamente imparato da questa esperienza è che questo potenziale, se correttamente in-canalato, ra!orzato e valorizzato, può portare alla realizzazione di iniziative concrete con be-nefici reali per l’intera comunità. Inoltre, credo che in alcuni casi la soluzione a un problema è già pronta e a disposizione, basta avere un approccio innovativo che ci consenta di guardare la realtà con occhi nuovi e di valorizzare in modi finora inediti i contri-buti esterni. E’ una questione di educazione all’“ascolto”: una vera novità in alcuni ambiti troppo spesso caratterizzati da un metodo di lavoro unilaterale ed esclusivo, che molte volte sconfina nell’autoreferenzialità di certi meccanismi decisionali e politici.

ideaTRE60 e ARS Intervista a Diego Visconti, Presidente, Fondazione Italiana Accenture

ideaTRE60 è la piattaforma tecnologica creata dalla Fondazione Italiana Accenture per promuovere e sviluppare iniziative di innovazione sociale attraverso la condivisione di idee e la realizzazione delle migliori. “ARS. Arte che realizza occupazione sociale” è il concorso attualmente in fase di svolgimento per l’ideazione, la realizzazione e la gestione di servizi e prodotti che valorizzino il patrimonio artistico del nostro Paese e siano in grado di generare nuovi posti di lavoro sociali e sostenibili. Il concorso ha raccolto oltre 500 idee e movimentato più di 1.200 partecipanti.

!. PIATTAFORME COLLABORATIVE COME LEVA DI CRESCITA

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28 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA I: LIFE!TIME EDUCATION

Target

& Comportamenti

Comportamenti di collaboration

e segmentazionedell’utente finale

Modello operativo

Governance, processi e ruoli

Contenuti

Acquisizione e diffusione di contenuti di business

Tecnologia

Infrastruttura, applicazioni

e device

Adozione

Trasformazione culturale, sistema

incentivante e sistema

di monitoraggio

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Definizione Obiettivi Return on Investiment

Figura 2. Le Capabilities da attivare per una iniziativa di Collaboration di successo

2.3 Dai percorsi blended agli ecosistemi per l’apprendimento e l’innovazione

Le piattaforme collaborative possono essere adot-tate nella Lifetime Education a diversi livelli di pervasività e di conseguenza con diversi livelli di capacità trasformativa. Possono essere utilizzate all’interno di percorsi formativi blended, in cui si massimizza l’efficacia didattica utilizzando al me-glio le diverse modalità di erogazione. Possono essere protagoniste di iniziative di costruzione e animazione di community on line per l’apprendi-mento e innovazione, per permettere alle persone di estendere la propria rete di relazioni, di aggior-narsi e trovare informazioni utili in modo rapido, di sviluppare innovazione. Inoltre rispetto alle iniziative di formazione tradizionale permettono una significativa riduzione dei costi al crescere del numero di utenti coinvolti, grazie all’assenza dei costi di erogazione in aula.Per cogliere appieno il potenziale trasformativo delle piattaforme collaborative a supporto della Lifetime Education, occorre però fare un salto nel mondo degli ecosistemi per l’innovazione, dove ciò che conta non è fare formazione alle persone,

ma coltivare un ambiente che permetta l’appren-dimento continuo e di eccellenza, la circolazione rapida di idee e conoscenza, l’innovazione. Incu-batori, parchi tecnologici, distretti dell’innova-zione sono vie per favorire la crescita delle start up e per dare competitività alle imprese innovative. In queste realtà l’adozione pervasiva di piattaforme collaborative è una scelta naturale per fornire gli ecosistemi di un supporto digitale per il networ-king, la condivisione di conoscenza, la circola-zione di idee fino alla vendita di servizi all’interno dell’ecosistema.

2.4 Come fare: alcuni spunti operativi L’esperienza evidenzia che le iniziative per favorire la condivisone della conoscenza con strumenti di-gitali possono generare risultati operativi inferiori alle attese. Senza entrare nel dettaglio della realiz-zazione di piattaforme collaborative, segnaliamo come sia importante investire su una serie di capa-bility integrate per affrontare i fattori di rischio e favorire il successo dell’iniziativa:

strategia e business case - l’iniziativa va col-legata alla strategia di business attraverso una value proposition specifica e un business case per il calcolo del ROI;

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SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 29

!. PIATTAFORME COLLABORATIVE COME LEVA DI CRESCITA

le piattaforme collaborative delle Global Inter-net Company (es. Facebook, Google+, Twitter, LinkedIn, YouTube), dove sono già presenti gli utenti e strumenti di collaborazione, sono un’opportunità su cui fare leva e che comunque non può essere ignorata;il collegamento con network esteri e globali è un fattore abilitante l’innovazione;occorre non sottovalutare la gestione delle piattaforme, predisponendo invece servizi end-to-end per progettare e amministrare le piatta-forme con continuità ed efficacia.

Bibliografia e Sitografia

Accenture: “Skill Gap survey”, 2012Accenture: “High Performance Workforce Study”, 2011Accenture: European Business Summit, 2012Accenture: “Lavorare a lungo, lavorare meglio”, 2012McKinsey Global Institute: “The rise of the networked enterprise: Web 2.0 finds its payday”, 2011 Avanade: “Ricerca globale: Cresce la domanda di soluzioni di Social Collaboration a livello Enterprise”, 2013eMarketer: “Worldwide Social Network Users: 2013 Fore-cast and Comparative Estimates”, 2013ISFOL: “XIII Rapporto sulla Formazione Continua”, 2012Li Yuan, Stephen Powell: “MOOCs and Open Education: Implications for higher education”, 2013U.S Department of Labor: “Futurework - Trends and Chal-lenges for Work in the 21st Century”, 2011http://www.pgconnectdevelop.com/.

target e comportamenti - i target dell’inizia-tiva vanno identificati e segmentati per attivare specifiche iniziative di promozione; i comporta-menti attesi vanno definiti e incentivati;modello operativo - occorre definire processi e ruoli di dettaglio per guidare la gestione quoti-diana della piattaforma;contenuti - ‘‘Il contenuto è il re’’, va acquisito, organizzato e diffuso con processi e canali ade-guati;adozione - è necessario un impegno continuo nella animare, misurare e premiare la parteci-pazione degli utenti target.

Il tempo appare ormai maturo per adottare un ap-proccio sistemico per un’adozione pervasiva delle piattaforme collaborative, con l’impegno di attori istituzionali, il lancio di iniziative estese, il coin-volgimento di partner in grado di gestire operati-vamente le iniziative:

le associazioni di categoria (es. Confindustria), incubatori e centri di ricerca delle università e delle grandi imprese sono naturali driver e ani-matori delle piattaforme collaborative;le iniziative devono avere un respiro ampio in quanto il valore generato dalle piattaforme cre-sce al crescere del numero di persone e attori coinvolti, mentre sperimentazioni e soprattutto iniziative che perseguono l’effetto annuncio sono destinati al fallimento;

1. Tale tendenza è in linea con il dibattito scientifico sull’ap-prendimento, e in particolare sull’apprendimento nelle organizzazioni, dove si è andato via via a!ermando un para-digma fondato sulla cooperazione e la costruzione condivisa della conoscenza tra le persone all’interno di reti di relazioni e comunità di pratica (Apprendimento Sociale di Bandura, Apprendimento Cooperativo di Johnson, Apprendimento Si-tuato e Comunità di Pratica di Lave e Wenger), accanto al più

tradizionale approccio di stampo cognitivista fondato sulla trasmissione di nozioni per la risoluzione di problemi.2. Fonti: Analisi Accenture; McKinsey Global Institute, The rise of the networked enterprise: Web 2.0 finds its payday; Cisco Telepresence Calculator. Stime calcolate per Global Company fully networked3. MOOCs and Open Education: Implications for higher edu-cation, Li Yuan, Stephen Powell, 2013

NOTE.

Gli autoriDa sinistra:Stefano Trombetta, Managing Director, Talent & Organization Rosario Russo, Senior Manager, Talent & OrganizationCristiano Chiadò, Manager, Talent & Organization

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HBRITALIA.IT

ONDA II: FAST MOVE AND AGILE COMPANY1. Favorire l’innovazione: imprenditorialità nella grande azienda e accesso alle risorse per le PMIdi Marco Salera, Go!redo Amodio, Andrea Petrini, Nicola Guazzolini, Alessandra Mammoliti, Massimiliano Belloni e Giulia Ghiselli

2. Gli abilitatori di sistema che rendono possibile l’innovazionedi Roberto Giordano, Lucia De Luca e Aldo Pozzoli

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1.1 L’innovazione: un paradigma di sistema

L’innovazione, vista come il processo attraverso cui un’idea viene industrializzata e commercia-lizzata, è centrale per la crescita del Sistema Paese e per la creazione di posti di lavoro, spe-cialmente nelle economie sviluppate e mature. È uno dei fattori che contribuisce maggiormente alla crescita economica, culturale e sociale di ogni Paese. Innovare permette di accrescere la produttività delle imprese, di dare vita a nuovi modelli organizzativi e manageriali che gene-rano efficienza nel sistema, di diffondere le tec-nologie nei diversi settori dell’economia al fine di generare crescita sostenibile. Negli anni Quaranta Schumpeter introduceva il concetto secondo cui l’economia si regge sul continuo squilibrio, ovvero sul dinamismo creato dall’imprenditore e dall’impresa alla costante ricerca del vantaggio competitivo1.Cin-quanta anni dopo, Porter affermava che “Nes-suna economia avanzata è in grado di mantenere un elevato livello di benessere in un mercato globale, continuando a produrre i medesimi

prodotti e a utilizzare gli stessi metodi”2. L’in-novazione come realizzazione di nuove idee, co-stituisce infatti la scintilla in grado di innescare il virtuoso circolo della produttività: essa, attra-verso la soddisfazione di nuovi bisogni e l’intro-duzione di nuovi consumi, è in grado di generare profitto e sostenere la creazione di nuovi posti di lavoro contestualmente ad un aumento dei salari, supportando così la crescita del Sistema Paese. Ne dà evidenza uno studio di Accenture3 (Figura 1) che dimostra come le start up, espressione della spinta imprenditoriale e per propria natura innovative, volte a colmare vuoti di mercato o a crearne talvolta di nuovi attraverso discontinuità vere e proprie, abbiano rappresentato negli ul-timi 40 anni la principale e maggiormente stabile fonte di impiego.L’ipotesi secondo cui l’innovazione rappresenta una leva per la crescita, trova conferma nei dati del Global Innovation Index 20134 (Figura 2), che raccoglie ogni anno la classifica dei Paesi più innovativi; si evidenzia come le prime 10 na-zioni considerate, pur vantando economie svi-

32 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA II: FAST MOVE AND AGILE COMPANY

1. Favorire l’innovazione: imprenditorialità nella grande azienda e accesso alle risorse per le PMI di Marco Salera, Go!redo Amodio, Andrea Petrini, Nicola Guazzolini, Alessandra Mammoliti, Massimiliano Belloni e Giulia Ghiselli

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Gli individui rappresentano gli attori chiave in grado di apportare competenze specifiche che sono alla base dell’innovazione ; sono le “unità elementari”, i portatori all’interno dell’impresa di quelle competenze e capacità che combinate in una visione più ampia pos-sono generare innovazione e applicarla con-cretamente nel sistema produttivo. Gli intermediari creditizi e finanziari rappresen-

luppate e mature, mostrino al tempo stesso una previsione di crescita del PIL pro-capite positiva per i prossimi 5 anni5: la capacità innovativa, per cui oggi sono premiate, le aiuterà a mantenere e migliorare la loro competitività nel medio-lungo termine.Dall’osservazione più approfondita del Global Innovation Index emerge come il paradigma dell’innovazione, benché fortemente incentrato sull’impresa, si estenda in realtà ben oltre i con-fini aziendali, per coinvolgere l’intero spettro di attori caratterizzanti il Sistema Paese (Figura 3):

Le imprese, vedono nell’innovazione un’op-portunità per difendere il proprio vantaggio competitivo e impiegano le competenze degli individui per la creazione di nuovi prodotti, servizi o processi. In particolare, le imprese si caratterizzano per la capacità di strutturare e impiegare suddette competenze individuali in modelli operativi e gestionali che le tra-sformano in fattori produttivi primari, abili-tando quel processo di conversione dell’idea creativa in un risultato utilizzabile e dunque suscettibile di profitto, che rappresenta la de-finizione stessa di innovazione. Proprio tale specificità contribuisce a identificare nelle imprese i principali facilitatori del processo di innovazione, nonché i maggiori propulsori della stessa, attraverso forme organizzative che consentono di capitalizzare sulle tecnolo-gie tra i diversi settori dell’economia, per una crescita trasversale e sostenibile.

SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 33

WWW.HBRITALIA.IT

Figura 1Start up e creazione di posti di lavoro negli USA 1977-2010

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Figura 2Global Innovation Index 2013 Previsioni di crescita del PIL dei primi 10 Paesi

FONTE Elaborazioni Accenture su dati IHS Global Insight 2013; “The Global Innovation Index 2013” Cornell, INSEAD, WIPO, 2013.

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34 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA II: FAST MOVE AND AGILE COMPANY

trano, ad esempio, la regolazione delle procedure amministrative e i costi o i vantaggi fiscali che possono incentivare o ostacolare l’innovazione.

Ne emerge quindi che l’imperativo strategico per le imprese è sempre più la ricerca delle fonti del pro-prio vantaggio competitivo nell’ambiente econo-mico di riferimento, ancor prima che nelle risorse interne. Al tempo stesso, la collaborazione siste-mica risulta alla base della creazione di innovazione e dello sviluppo del Sistema Paese.Ad esempio la Svizzera, prima nazione classificata del Global Innovation Index 2013, secondo i dati del World Economic Forum vantava nel 2011 la mag-giore densità di prestigiose università pro-capite, attraendo numerosi studenti stranieri e generando un significativo brain gain o “guadagno di compe-tenze” a livello Paese. Le numerose aziende interna-zionali qui insediate, attratte anche dal vantaggioso sistema fiscale, hanno ulteriormente incrementato questo fenomeno, generando un significativo net-work internazionale che è positivamente correlato all’incremento dell’innovazione6. A dimostrazione di questo fenomeno, si pensi come Nestlè (che, solamente in Svizzera, conta 10.000 dipendenti di oltre 80 nazionalità, con il 26% di tali risorse de-dicato alla ricerca e sviluppo) sia stata capace con Nespresso di diventare leader mondiale nel settore del caffè in capsule, imponendo il marchio come uno degli esempi più riusciti di innovazione del gruppo svizzero. Allo stesso modo, non sorprende

tano i principali fornitori di risorse finanziarie: da un lato contribuiscono al finanziamento della at-tività ordinaria di produzione, dall’altro sono fon-damentali per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo alla base di ogni processo di innovazione. In questo senso e in particolare per le PMI non si limitano a banche e istituti di credito, ma includono fondi di Private Equity e Venture Capital.L’istruzione contribuisce alla formazione e allo sviluppo di competenze tecniche e specialistiche, nonché alla loro distribuzione in forma organiz-zata: le università in particolare, elaborano e dif-fondono i risultati della ricerca rappresentando un fondamentale abilitatore per lo sviluppo di idee creative. La formazione continua inoltre rappresenta uno strumento chiave per sostenere lo sviluppo di imprese e lavoratoriLe piattaforme innovative, rappresentate per lo più da portali tecnologici, consentono l’incon-tro fra domanda e offerta per l’innovazione; si tratta di portali per la raccolta di risorse finan-ziarie, oppure semplicemente di spunti creativi che favoriscono una dimensione “sociale” all’in-novazione, caratteristica sempre più importante poiché permette di fare sistema e ampliare il ba-cino di competenze ed esperienze.La Pubblica Amministrazione, costituita da governo ed enti regolatori, orchestra il contesto legislativo e amministrativo in cui l’innovazione nasce e si sviluppa; tra le sue responsabilità rien-

Figura 3Gli attori dell’innovazione

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FONTE Elaborazioni Accenture 2013

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SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 35

Turchia (Toksoz), Loro Piana in Francia (LVMH), Ducati in Germania (Volkswagen) sono solo al-cuni nomi di una lunga lista di eccellenze passate in mani straniere.Anche in termini di impegno per l’innovazione resta la distanza dalla media europea; l’Ita-lia passando da un 1,1% del 2004 di rapporto spesa R&S / PIL ad un 1,3% nel 2010, si con-ferma con tale valore uno dei Paesi in fondo alla graduatoria rispetto alla strategia Europa 2020, secondo la quale l’obiettivo comune è fis-sato al 3% (Figura 4). Tale arretramento è da ricercarsi nella recente storia economico-industriale del nostro Paese, dove a un primo periodo favorevole all’innova-zione si è susseguita una fase depressiva del pro-cesso innovativo che continua tuttora.E’ negli anni ‘70/’80, che il nostro Paese co-nobbe un periodo di eccellenza innovativa grazie allo sviluppo dei distretti industriali e del Made in Italy. I primi si affermavano quali raggruppa-menti di piccole e medie imprese capaci di otte-nere vantaggi molteplici (dalla specializzazione nella manodopera/produzione, alla semplifica-zione degli aspetti logistici, all’intensificazione della diffusione della conoscenza tra aziende) con conseguenti migliori condizioni per lo svi-luppo dell’innovazione. Al tempo stesso il Made

che aziende svizzere come ABB e Novartis presie-dano la classifica delle 50 aziende innovatrici più dirompenti del 2013 redatta dal MIT7.Un contesto analogo è quello che caratterizza i Pa-esi nordici che dominano il Global Innovation In-dex 2013, dove il vantaggioso regime fiscale e una politica a favore dell’innovazione, sostengono la crescita di aziende come Electrolux, H&M o Ikea in Svezia8, Kone in Finlandia o Coloplast, Carlsberg e Novo Nordisk in Danimarca9. Anche nel Regno Unito, aziende come GlaxosmithKline e AstraZe-neca, risultano tra le prime 20 al mondo per spesa in ricerca e sviluppo nel 201210. Gli Stati Uniti forniscono un ulteriore esempio di come lo Stato può favorire lo sviluppo di innovazione; una recente normativa ha regolarizzato l’utilizzo di piattaforme di “crowdfunding” per il sostegno di pro-getti imprenditoriali da parte di privati.Kickstarter, ad esempio, come descritto nel caso, è una di queste piattaforme: gli imprenditori definiscono un obiettivo di finanziamento e una scadenza entro la quale attendono che i contributi risultino sufficienti a dare vita al loro progetto e i privati possono finanziarie l’idea o la società attraverso una donazione anche di una piccola parte dell’investimento necessario. Infine, sempre gli Stati Uniti osservano la crescita inarrestabile di aziende come Apple, Google, Micro-soft, Amazon – innovatori dirompenti per definizione secondo la classifica del MIT – che perseguono il loro sviluppo a stretto contatto con i migliori centri di ricerca e i più talentuosi partner di filiera.

1.2 Lo stato di forma dell’innovazione nel Sistema Italia

Quando si parla di Italia e di innovazione, il pen-siero comune è quello di un divario significativo rispetto ai partner europei e non. Le differenze hanno luogo fin dalla misurazione del PIL pro capite: nell’ultimo decennio in Italia, con una cre-scita economica tra le più basse di tutta Europa, si è passati da un PIL pro-capite del 18% più alto rispetto alla media dei Paesi UE27, ad un valore appena superiore dello 0,4%. Con un -20% dal 2007, la produttività italiana nel 2013 è stata su-perata persino dalla Grecia e dalla Spagna messe in ginocchio dalla crisi. Di pari passo, il tasso di disoccupazione, che dal 2007 (6,1%) al 2013 (12% a luglio), non arresta la sua crescita. Oltre ai giovani in cerca di occupazione, emigrano anche i grandi marchi del Made in Italy: Pernigotti in

!. FAVORIRE L’INNOVAZIONE

Piattaforma Kickstarter: prodotti di successo

DAL SUO LANCIO, nel 2009, ad oggi Kickstarter ha dato vita a quasi 69.000 iniziative, pari circa al 44% dei progetti pubblicati sulla propria piattaforma: è il caso di Pebble, un orologio e-paper oggi commercializzato tramite un proprio sito internet1, che vanta anche una apposita pagina di offerte di lavoro, consultabili anche via Linkedin. Altro prodotto di successo di Kickstarter è Oculus Rift, una maschera creata per garantire ai suoi consumatori l’esperienza della realtà virtuale. Supportata nel suo sviluppo dalla collaborazione con le principali aziende produttrici di videogames,

quali Valve, Epic Games e Unity, la maschera è già in vendita seppur come “developer kit” in attesa del prodotto finale. L’idea inoltre è quella che gli utenti siano in grado non solo di fruire dell’esperienza virtuale, ma anche di sviluppare i propri contenuti, massimizzando il potenziale di contribuzione degli stessi alla generazione di nuove idee e prototipi. Infine, negli Stati Uniti il prodotto ha già dato origine ad un significativo indotto di progetti correlati, proprio su Kickstarter, come ad esempio un tappeto elettrico per la simulazione della camminata.

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36 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA II: FAST MOVE AND AGILE COMPANY

suto imprenditoriale con forte incidenza di imprese medio-piccole meno orientate all’export, e da una distribuzione geografica dell’export prevalentemente concentrata su geografie tradizionali (Europa);la difficoltà di accesso al credito: oltre agli scarsi interventi pubblici mirati a stimolare l’investimento in R&S (solo il 30% delle im-prese innovatrici dichiara di aver ricevuto un sostegno pubblico per l’innovazione), lo stesso settore del venture capital, capace di aiutare le start up innovative con capitali di rischio e consulenza, è ancora oggi poco svi-luppato nel nostro Paese (l’Italia investe 4 euro di venture capital per 100mila euro di PIL, la Germania 27, la Svezia 64);la distanza persistente tra università e impresa: poche sono le eccellenze, come il CEFRIEL del Politecnico di Milano, che sviluppano pro-getti di ricerca in partnership con le imprese;la complessità normativa, la burocrazia ammi-nistrativa e gli elevati livelli di tassazione: fat-tori che scoraggiano la creazione di impresa e spesso ne minacciano la sopravvivenza stessa;la bassa attitudine a investire in asset intan-gibili, quali ad esempio il capitale umano e la formazione: una bassa percezione dell’ef-fettivo valore aggiunto sulla competitività dell’impresa nonché una limitata flessibilità dei rapporti di lavoro, hanno disincentivato e disincentivano tuttora l’acquisizione di ca-pitale umano dal mercato esterno e l’investi-mento in formazione dell’organico aziendale;

in Italy si costituiva quale simbolo della produ-zione artigianale e industriale italiana di quei tempi, produzione capace di contraddistinguersi per l’eccellenza della qualità. E però a partire dagli anni 90 che l’Italia comin-cia ad accumulare un ritardo in termini di inno-vazione. Tra gli elementi che hanno contribuito e contribuiscono tuttora ad aumentare il gap innovativo italiano emergono:

in primo luogo un modello industriale forte-mente sbilanciato verso produzioni tradizio-nali, quali l’industria manifatturiera, con un conseguente processo di innovazione di portata inferiore rispetto ai Paesi che hanno scelto di concentrare il loro sviluppo su set-tori a più alto contenuto tecnologico;la frammentazione del sistema produttivo in piccole imprese e la loro scarsa attitudine a collaborare e fare networking: ancora oggi oltre il 90% delle aziende italiane è costituito da meno di 20 dipendenti (solo il 13% delle imprese ha stipulato accordi di cooperazione per l’innovazione e di queste principalmente con fornitori e società di consulenza nazio-nali), così come una parte minima di queste è stata in grado di collaborare/sfruttare le com-plementarietà con altre imprese, facilitando così il processo di innovazione e limitandone al tempo stesso i costi correlati;un basso livello di internazionalizzazione delle imprese, con un gap di export rispetto alla Germania di circa 280 miliardi di euro l’anno11, principalmente causato da un tes-

Figura 4L’Italia è lontana dall’obiettivo di Europa 2020

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FONTE Istat.

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SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 37

!. FAVORIRE L’INNOVAZIONE

spesso limitata in termini di portata;“Process Driven Innovation” (innovazione guidata dal processo), in cui l’innovazione è frutto di un processo strutturato e dell’allocazione di unità or-ganizzative e risorse dedicate;

“Capability Based Innovation” (innovazione ba-sata sulle competenze), in cui l’innovazione per-vade la cultura aziendale e ne guida le strategie.

Alcune aziende italiane hanno puntato sull’innova-zione come elemento chiave del proprio vantaggio competitivo, mostrando un elevato livello di matu-rità aziendale nella gestione dell’innovazione: ne è un esempio Technogym.Questi esempi di eccellenza dimostrano come oggi il successo non sia più legato solamente a un processo di innovazione strutturato, bensì a un concetto di innovazione al centro della cul-tura aziendale e della strategia dell’impresa.Ma l’innovazione non cresce e si sviluppa solo nelle grandi aziende; occorre ricordare come il Sistema Italia riceva un sostanziale contributo di innovatività anche dalle PMI, che costitu-iscono le fondamenta del tessuto economico

un concetto di innovazione “una tantum” an-ziché continua: l’innovazione non è gestita infatti in modo sistematico ed è spesso con-siderata più come un elemento spot e di limi-tato valore che come un’esigenza effettiva per sostenere la competitività dell’impresa.

Tali fattori, in particolar modo la diminuzione del peso del settore manifatturiero e l’aumento di quello dei servizi, un modello basato preva-lentemente sulle PMI (con una minore capacità di assorbimento di nuove tecnologie e di pene-trazione sui mercati internazionali) e una minore qualificazione del capitale umano, oltre ad im-pattare negativamente sull’innovazione, alimen-tano anche la perdita della produttività italiana. A fronte di questi elementi di difficoltà alcune aziende sono riuscite comunque a innovare in maniera vincente; Accenture identifica tre di-versi livelli di maturità aziendale nella gestione dell’innovazione (Figura 5), associati a gradi progressivi di sofisticazione e valore aggiunto:

“Random Innovation” (innovazione casuale), in cui l’innovazione nasce in maniera casuale e

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Figura 5. Tre diversi livelli di maturità aziendale nella gestione dell’innovazione

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38 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA II: FAST MOVE AND AGILE COMPANY

Economico in Calabria, Campania e Sicilia;- frutto della collaborazione tra università private

e aziende, come il Luiss Enlabs, incubatore nato dalla partnership tra la Luiss e Enlabs;

- Incubatori evolutivisi nella direzione di venture capitalist, come nel caso di H-Farm, venture incubator che opera a livello internazionale in ambito web, digital e new media, per lo sviluppo di start up basate su nuovi modelli di business;

Fondazioni focalizzate su determinati ambiti di sviluppo, come ad esempio Fondazione Fi-larete e I3P (per start up innovative nell’ambito delle scienze) o M31 (per imprese hight-tech);Business Angels, ovvero “uomini di impresa” che investono in maniera “informale” in start up, e network di Business Angel, come l’Ita-lian Business Angel Network, che coordina le attività di investimento verso le piccole im-prese da parte di tali investitori;Organizzazioni del Private Equity e Venture Capitalists, specializzati nelle attività di in-vestimento del capitale di rischio, che, con 161 nuove operazioni e 1,4 miliardi di euro nel 2013 hanno registrato un incremento de-gli investimenti del 61% rispetto allo stesso primo semestre del 2012 (Fonte Aifi);Spazi organizzati e servizi di co-working, dove gli imprenditori possono trovare servizi e spazi fisici che favoriscono lo sviluppo delle relazioni e la creazione di idee innovative (come ad esempio il Talent Garden di Padova, l’Impact Hub di Milano o il Vega di Venezia).

Tra le piccole medie imprese che si sono avvantag-giate del supporto di tali operatori, Dowsee e Re-sponsa sono alcuni esempi che ancor più enfatizzano l’importanza di porsi all’interno di un “sistema” di riferimento per garantirsi l’accesso ad una gamma di risorse assai più ampia rispetto a quella disponibile all’interno del proprio perimetro imprenditoriale.

nazionale. A tal proposito, è utile evidenziare come, secondo uno studio del Prof. Henry Cher-sbrough, la forte componente degli investimenti in R&S erogata dalle piccole e medie imprese sia quasi raddoppiata dal 1981 al 2007. A differenza delle grandi aziende, capaci di tro-vare al loro interno le energie necessarie per strutturare il processo innovativo, le piccole me-die imprese italiane possono far leva su una serie di “agenti facilitatori dell’innovazione”, già ora presenti nel contesto italiano seppur in fase em-brionale e testimoni del “potenziale latente” del Sistema Paese. E’ il caso degli acceleratori dello sviluppo e della crescita delle idee / start up, ca-paci di supportarle nella definizione ed imple-mentazione del loro percorso evolutivo, tra cui:

Incubatori - frutto della promozione da parte di università

pubbliche, come ad esempio i Contamination Lab lanciati dal Ministero dello Sviluppo

L’azienda romagnola si è a!ermata negli anni quale leader mondiale tra le aziende produttrici di attrezzi per il fitness, forni-tore u"ciale delle attrezzature in tutte le edizioni delle Olimpiadi dal 2000 ad oggi. Il successo passa di certo anche attraverso il motto “un prodotto, quando funziona, è già obsoleto” che ha fatto dell’innovazione il motore delle crescita di Technogym. Anche qui la costituzione di team dedicati ha rappresentato un punto di svolta impor-tante nello sfruttamento dell’innovazione come leva per il vantaggio competitivo

!" Team di Innovazione Medico-Scien-tifica: team dedicato alla ridefinizione degli standard di riferimento del mer-cato in termini di biomeccanica.

!" Team di Innovazione Prodotto: team focalizzato sulla ricerca di soluzioni innovative in termini di ergonomia e design (130 ingegneri e progettisti, oltre 150.000 ore/anno di attività di sviluppo), così come sull’ideazione di nuovi prodotti e soluzioni in grado di aiutare le persone a raggiungere un benessere psicofisico ottimale.

Dall’azione congiunta dei 2 team ne sono derivati una serie di risultati concreti:!" 142 brevetti internazionali prodotti tra

cui mywellness cloud (per mettere in comunicazione utenti e operatori, ovunque si trovino), mywellness key (per valutare l’attività fisica, all’ester-no e all’interno), my Wellness TV ed Excite line (la linea prodotti in grado di combinare interattività alla gamma dei prodotti cardio più completa nel mondo).

!" 93 marchi registrati.

Dowsee, una start up innovativa nell’ambito delle tecnologie Green, è la prova di come per un idea sia pos-sibile#nascere e crescere all’interno dell’università#ricevendo sostegno dal punto di vista amministrativo e organizzativo,#finanziarsi con il supporto di iniziative#di Fondazioni (concorso eCapital 2011), Grandi Aziende (Telecom Italia - Working Capital 2011) e cofinanziamenti per Assegni di Ricerca e Dottorati.Nel caso di Dowsee, l’Universi-

tà Politecnica delle Marche ha supportato a tutto tondo le fasi di! ricerca e lo sviluppo#dell’idea, grazie agli spazi di lavoro, alle facilitazioni burocratiche e alle competenze repe-ribili all’interno dell’università.Per lo sviluppo delle relazioni, oltre che sulle rapporti dei soci e dell’u-niversità, si è fatto leva su iniziative come ItaliaCamp che li ha aiutati a creare collaborazioni importanti per lo sviluppo dell’idea (es. contatti con Utilities…).

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SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 39

1.3 Le 10 azioni per ridisegnare l’agenda dell’innovazione

Diverse sono le potenziali azioni che grandi aziende e PMI possono intraprendere per favo-rire, rispettivamente, imprenditorialità e accesso alle risorse. Con riferimento al modello di matu-rità dell’innovazione visto in precedenza (Figura 5), è possibile identificare un ampio set di azioni che possono supportare grandi aziende e PMI nel percorso evolutivo dell’innovazione (Figura 6). Tra queste, alcune più di altre sono capaci di apportare un beneficio elevato pur rimanendo facilmente ed economicamente implementabili. E’ sulla base di queste 10 Quick Win che ogni impresa dovrebbe ridisegnare la propria Innovation Agenda.

Le 5 Quick Win per favorire l’imprenditorialità nelle grandi aziende1. Sviluppare l’“intraprenditorialità” attraverso

programmi di reward e di partnership per le idee sviluppate , stimolando il comporta-mento da imprenditore e la generazione di idee innovative da parte di ogni singola ri-sorsa dell’impresa.

2. Investire nel capitale umano attraverso percorsi di inserimento e formazione di risorse capaci di generare nell’impresa la classe manageriale del domani e colmare i gap generazionali.

3. Istituzionalizzare il processo di innovazione all’in-terno della cultura aziendale mediante la crea-zione sia di unità organizzative dedicate (es. Chief Innovation Officer) sia di momenti per il brainstorming, la condivisione e la discussione di idee innovative a 360°.

4. Avviare e sostenere progettualità con soggetti esterni (quali università, centri di ricerca, so-

!. FAVORIRE L’INNOVAZIONE

cietà di consulenza, …) volti ad un trasferi-mento della conoscenza verso l’impresa e a stimolare il processo di innovazione.

5. Attivare un canale diretto con la propria clien-tela, attraverso strumenti quali social network/analytics/customer service/sezioni dedicate sul sito web dell’impresa, per la raccolta di feedback e opinioni volti al miglioramento dei propri prodotti e servizi.

Le 5 Quick Win per garantire accesso alle risorse alle PMI1. Investire in capitale umano qualificato, attraverso

l’inserimento di profili manageriali e creativi maturati in grandi aziende, e, come tali, capaci di attrarre in modo più efficace e strutturato fi-nanziatori, partner e venture capitalist.

2. Attingere conoscenze/competenze da università e centri di ricerca, attraverso collaborazioni e partnership, in grado di favorire l’innovazione dei propri prodotti e processi.

3. Favorire la creazione di un network locale e multi-settoriale con altre imprese, attraverso la con-divisione di esperienze e casi di successo, per favorire la diffusione di idee innovative poten-zialmente adattabili/riutilizzabili per innovare nel proprio contesto.

4. Investire nella tecnologia “minima” necessaria per automatizzare le operazioni a basso valore aggiunto e “liberare” tempo delle risorse in-terne da destinare ad attività a più alto valore aggiunto.

5. Stimolare il supporto da parte delle associazioni di categoria per facilitare l’accesso e l’approccio strutturato agli “intermediari dell’innovazione” (incubator e venture incubator, business angels, consorzi, parchi scientifici, …).

Responsa, una start-up che fonda la sua mission dall’idea semplice ma geniale di sostituire le classiche e statiche FAQ con una knowledge base interattiva. “I fattori di successo di Responsa – racconta Gabriele Antoniazzi, CEO di Responsa – sono l’interazione diretta dell’utente con l’azienda e il fatto che la modalità self-service consente di capitalizzare, a costo inferiore, tutte le informazioni che normalmente passano attraverso i classici canali di interazione”. Responsa nasce all’interno dell’incubatore H-Farm, il primo venture incubator privato italiano. “H-Farm

– racconta Antoniazzi – è stato il principa-le finanziatore di Responsa. Il contributo più prezioso però è indubbiamente quello ricevuto in termini di mentoring da parte di figure esperte e competenti provenienti dal mondo delle grandi aziende e la possibilità di usufruire di servizi amministrativi, finanziari, logistici e commerciali”. Oggi Responsa, a poco più di un anno dalla nascita, può vantare clienti dai nomi impor-tanti sia privati che della Pubblica Ammini-strazione. Per il futuro, Responsa punta al consolidamento dell’asset sul mercato italiano, all’interno del quale la start up

gode del privilegio di non avere competitor e, nel lungo periodo, all’internazionalizza-zione della propria o!erta. Per Responsa l’innovazione è insita nel modus operandi quotidiano di tutto il team. Anche se sono istituiti dei momenti settimanali di confron-to, sia all’interno della start up, sia con le altre realtà del “vivaio” di H-Farm, l’innova-zione è un approccio continuo al miglio-ramento al quale dedicarsi tutti i giorni. I clienti stessi giocano un ruolo importante nella crescita di Responsa, essendo i primi interlocutori a fornire feedback importanti e idee per l’evoluzione del prodotto.

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40 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

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Figura 6Azioni che possono supportare Grandi Aziende e PMI

Gli autori

Prima riga da sinistra:Marco Salera, Managing Director, StrategyGo!redo Amodio, Senior Manager, StrategyAndrea Petrini, Senior Manager, StrategyNicola Guazzolini, Manager, StrategySeconda riga da sinistra:Alessandra Mammoliti, Manager, StrategyMassimiliano Belloni, Consultant, StrategyGiulia Ghiselli, Consultant, Strategy

1. “The Theory of Economic Development: An inquiry into profits, capital, credit, interest and the business cycle”, 1934, J.A. Schumpeter.2. “The New Challenge to America’s Prosperity: Findings from the Innovation Index”, 1999, Professor Michael E. Porter, Harvard Business School, Professor Scott Stern, MIT Sloan School & NBER, Council on Competitiveness, Washington, D.C.3. “Entrepreneurial Innovation: how to unleash a key source of growth and jobs in the G20 countries”, 2013 Accenture, Young Entrepreneurs’ Alliance Summit. Le evidenze dello studio si basano su interviste a 1.000 imprenditori con età media 40 anni, provenienti dai Paesi del G20.4. “Global Innovation Index 2013”, 2013, VI edizione, Cornell University, INSEAD,

World Intellectual Property Organization.5. Global Insight’s Comparative World Overview, 15 July 2013.6. “Seven principles of success: The story behind Swiss innovation”, 2012, Bauer P.7. “Top 50 Disruptive Companies 2013”, 2013, MIT Technology Review.8. “10 Swedish companies shaping the world”, Sweden.se.9. “ The World’s Most Innovative Companies”, August 2013, Forbes.10. “The 2012 Top 20 R&D Spenders”, 2012, Bloomberg data.11. Fonte: Supportare l’internazionalizzazione delle aziende italiane, Report 2012 ABI, Ania, Confindustria, Alleanza delle Cooperative Italiane.

NOTE.

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acquisisce un valore di primaria importanza. Sostenere l’innovazione, non solo tecnologica ma anche di processo, richiede l’istituzione di un modello di governance strategica a livello di governo centrale. Tale modello dovrà essere in grado di indirizzare e ottimizzare gli inve-stimenti verso i progetti a più alto potenziale di crescita, che abbiano carattere di continuità e stabilità così da generare effetti duraturi sul sistema, e di governare ma soprattutto facilitare le interazioni e le relazioni tra gli attori coinvolti nei processi innovativi (imprese, università, co-municazione e media, intermediari finanziari, fondazioni, terzo settore, etc.).L’innovazione infatti è una leva fondamentale da azionare per recuperare il terreno perso sia in termini di competitività che di capacità di rige-nerazione delle fonti di vantaggio competitivo. In questa trasformazione il settore pubblico può giocare un ruolo cruciale quale abilitatore dell’innovazione a patto che sappia incentivarla con gli strumenti più idonei e sia determinato a sua volta a rigenerarsi, attraverso le iniziative qui descritte:

Stimolo della domanda verso processi e prodotti innovativi a livello centrale, regionale e locale. Creazione del contesto adatto, fornendo gli

Il periodo di contrazione economica che stanno attraversando i Paesi dell’UE, aggravato da un elevato tasso di disoccupazione giovanile (23,4% a livello europeo e 39,7% in Italia1) e da una ri-levante esposizione di debito pubblico (85,4% è la percentuale del debito pubblico rispetto al PIL europeo nel 2012, 127% è il dato italiano2), ha distolto l’attenzione dai problemi strutturali legati alla competitività. I Paesi del Sud Europa, secondo il consueto rap-porto del World Economic Forum (WEF)3 in me-rito alla competitività delle economie nazionali, si collocano in posizioni inferiori rispetto agli anni scorsi; in particolare l’Italia arretra di sette posizioni raggiungendo la 49°, la Spagna scende in classifica di una posizione attestandosi alla 35°, in discesa anche il Portogallo alla 51° posi-zione e la Grecia alla 91°. Come osservato dagli analisti del WEF, questi Paesi dovranno rime-diare alla mancanza di efficacia e flessibilità dei loro mercati promuovendo l’innovazione e mi-gliorando l’accesso al finanziamento, al fine di incrementare la competitività nell’intera regione.Proprio in tale contesto di crisi economica il ruolo dell’innovazione, da tempo ritenuto cru-ciale4 nello stimolare la crescita economica, la rigenerazione dell’economia e la produttività,

ONDA II: FAST MOVE AND AGILE COMPANY

2. Gli abilitatori di sistema che rendono possibile l’innovazionedi Roberto Giordano, Lucia De Luca e Aldo Pozzoli

L’Innovazione per AccentureInnovation is interpreted by Accenture as “a new way of doing things that adds value”

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42 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA II: FAST MOVE AND AGILE COMPANY

Government), condicio sine qua non perché gli investimenti esteri o le iniziative di innovazione, in particolar modo provenienti dalle PMI, ven-gano indirizzate verso un determinato Paese.In questo quadro si colloca la capacità della Pubblica Amministrazione di stimolare la fles-sibilità e la facilità di accesso al sistema degli appalti pubblici: l’aggiornamento della norma-tiva generale sugli appalti pubblici consente di incentivare la liberalizzazione delle risorse come mossa strategica finalizzata a produrre crescita. Ulteriori elementi necessari affinchè le politiche di innovazione ottengano il massimo potenziale sono la presenza di una PA Lean & Smooth, ca-ratterizzata da una riduzione degli oneri am-ministrativi, dei costi di compliance e dei rischi di conflitto e l’adozione dell’Open Government quale nuovo approccio al fine di garantire la tra-sparenza del proprio operato verso i cittadini.

2.1 La ricerca Accenture: i giovani imprenditori chiedono al Governo un supporto attivo per sostenere la loro leadership nel campo dell’innovazione tecnologica

Nei primi mesi del 2013 Accenture ha elaborato una ricerca dal titolo “Entrepreneurial Inno-vation how to unleash a key source for growth and jobs in the G20 countries”, evidenziando il ruolo fondamentale che i Governi possono svol-

strumenti che supportino l’innovazione (ad esempio gli incentivi per l’efficientamento energetico delle abitazioni oppure la “Dote Scuola” erogata dalla Regione Lombardia).Protezione della proprietà intellettuale con bre-vetti, marchi e sistemi di copyright. Garanzie di tutela agli innovatori introducendo nuove so-luzioni quali il “Peer-to-patent” e assicurando il rispetto dei brevetti nei Paesi con carenza di legislazione o enforcement in materia di pro-prietà intellettuale.Finanziamenti alla ricerca di base che spesso non trova una copertura con investimenti privati. Rilancio della ricerca di base in linea con le più recenti tendenze focalizzate sui sistemi tecnologici, energetici e della sostenibilità ambientale, coerentemente con il piano Ho-rizon 2020.Programmazione formativa nazionale e regionale al fine di soddisfare i bisogni di formazione spe-cializzata richiesti dai processi di innovazione. Creazione di una forza lavoro istruita quale precursore fondamentale per incentivare l’inno-vazione; le università rivestono un ruolo centrale nella formazione di giovani innovatori, spesso resa possibile da finanziamenti governativi.Incentivi all’innovazione in presenza di falli-menti di mercato. Superamento di barriere legate alla mancanza di capitali e di informa-zioni che impediscono lo sviluppo di alcuni settori quali ad esempio le tecnologie per il risparmio energetico.Definizione di policy e standard volti alla crea-zione di nuovi mercati. Introduzione di norme che consentono alle nuove tecnologie di ope-rare all’interno di sistemi più grandi, come ad esempio la promozione dell’accesso a banda larga avvenuto in Finlandia per supportare il posizionamento strategico delle proprie aziende nel più vasto mercato globale.

La capacità innovativa dei Governi può rag-giungere il suo massimo potenziale se anche la propria macchina amministrativa è moderna, efficiente e in grado di farsi parte attiva nella produzione del valore. È quindi cruciale inter-venire tempestivamente sul contesto normativo per affiancare le politiche di innovazione a una semplificazione amministrativa, caratteriz-zata da regolamentazione omogenea, coerente e che sappia guardare al medio termine, e ad una digitalizzazione di processo e prodotto (e-

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Figura 1. Innovazione imprenditoriale. Come liberare la risorsa chiave per crescita e occupazione nei Paesi G20

FONTE “Entrepreneurial Innovation: how to unleash a key source for growth and jobs in the G20 countries”.Young Entrepreneurs’ Alliance Summit 2013 – Accenture.

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SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 43

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Incentivi fiscaliSviluppo di istruzione e training tecnologico“Small Business act” Sviluppo di una banca pubblica per il finanziamento di imprenditori e PMIAmbiente di supporto per nicchie di mercato e capitali di investimentoRiduzione di burocrazia e regolamenti per gli imprenditoriApertura del Procurement pubblico per l’innovazione nelle PMIInvestimenti pubblici in ricerca e sviluppo e infrastrutture tecnologicheSviluppo di cluster tecnologici localiMiglioramento del sistema dei diritti di proprietà intellettualeApertura a politiche di immigrazione per l’attrazione di lavoratori qualificatiPromozione dell’open data

Gli imprenditori si aspettano una serie di azioni di supporto dal governo (%)

“Per quanto riguarda il supporto del vostro business nell’agenda tecnologica, quali azioni prioritarie ti aspetti dal governo in cui opera la tua azienda?”

Figura 2. Le azioni che i giovani imprenditori richiedono ai governi del G20 per stimolare l’innovazione.

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Incentivi fiscaliSviluppo di istruzione e training tecnologico“Small Business act” Sviluppo di una banca pubblica per il finanziamento di imprenditori e PMIAmbiente di supporto per nicchie di mercato e capitali di investimentoRiduzione di burocrazia e regolamenti per gli imprenditoriApertura del Procurement pubblico per l’innovazione nelle PMIInvestimenti pubblici in ricerca e sviluppo e infrastrutture tecnologicheSviluppo di cluster tecnologici localiMiglioramento del sistema dei diritti di proprietà intellettualeApertura a politiche di immigrazione per l’attrazione di lavoratori qualificatiPromozione dell’open data

Gli imprenditori si aspettano una serie di azioni di supporto dal governo (%)

“Per quanto riguarda il supporto del vostro business nell’agenda tecnologica, quali azioni prioritarie ti aspetti dal governo in cui opera la tua azienda?”

FONTE Entrepreneurial Innovation: how to unleash a key source for growth and jobs in the G20 countries” Young Entrepreneurs’ Alliance Summit 2013 – Accenture.

gere nella promozione dell’innovazione impren-ditoriale giovanile. La ricerca si è basata sulla somministrazione di 1.002 questionari online a giovani imprenditori provenienti dai Paesi del G20 nel periodo febbraio – aprile 2013.Secondo il 67% degli intervistati (Figura 1), i Governi non stanno facendo passi in avanti: il 18% ha dichiarato che il Governo del proprio Paese non ha messo in atto alcuna azione reale per sostenere l’innovazione tecnologica impren-ditoriale e un ulteriore 49% ha affermato che le

azioni intraprese non si sono rivelate né perti-nenti né efficaci. Gli imprenditori intervistati (Figura 2) hanno indicato una vasta gamma di azioni. Le più ci-tate riguardano gli incentivi fiscali, lo sviluppo dell’istruzione e della formazione tecnologica, un miglior accesso ai finanziamenti e una ridu-zione della burocrazia.Quanto all’innovazione tecnologica, gli imprendi-tori hanno suggerito diversi interventi tra i quali:

Sostenere lo sviluppo di infrastrutture digi-

!. GLI ABILITATORI DI SISTEMA

Strategia delle

politiche pubbliche

Stimolo alla

domanda

Supporto agli

imprenditori

Ambiente di

business

Spesa Pubblica

Acquisti pubblici e R&D

Fornitura di servizi pubblici

Accesso ai mercati internazionali

Politiche fiscali

Politiche finanziarie

Istruzione/formazione

Ecosistemi favorevoli

Processi amministrativi semplici

Tolleranza per il fallimento

Trasferimento dati e privacy

Business Internazionali

Infrastrutture digitali

SBA/SBIR (Small Business Admin. / Innovation)

Politiche sull’open data

Programmi di esportazione

Crediti d’imposta

Vc, banche, mercati di capitali, crowdfunding

Laureati STEM (Science, Techn., Engee., Maths)

Assistenza, incubatori, clusters

Portale online integrato

Maggiore tolleranza per il fallimento ( bancarotta)

Cloud standard / certificazione

Creazione di business in diversi paesi

Leve politiche Esempio

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Figura 3. Le leve a disposizione del Governo per sostenere l’innovazione tecnologica generata dagli imprenditori

FONTE Entrepreneurial Innovation: how to unleash a key source for growth and jobs in the G20 countries” Young Entrepreneurs’ Alliance Summit 2013 – Accenture.

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44 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA II: FAST MOVE AND AGILE COMPANY

king, minimizzando le possibilità di corruzione, incentivando la creazione di un processo più in-clusivo attraverso azioni di open government.

A tal proposito, può essere menzionato il trasferi-mento di tecnologia tra gli istituti di ricerca e l’in-dustria, ambito in cui organismi come l’Istitution of Engineering and Technology (IET) e l’Enter-prise Europe Network possono svolgere un ruolo di rilievo. Allo stesso tempo anche i singoli Pa-esi membri dovranno incentivare i trasferimenti di tecnologia rafforzando i rapporti tra le PMI e gli istituti di ricerca. Per stimolare l’innovazione a livello regionale e globale le PMI dovranno disporre di un maggiore accesso alle tecnologie sviluppate in Europa, grazie anche alla promozione di cluster d’innovazione e networking. Questi sono gli elementi principali di un’ampia strategia europea per l’innovazione e dello “Small business act”. Tali interventi si porrebbero anche in coerenza con le politiche per l’innovazione all’interno degli obiettivi di Europa 2020 “Be Smart, Be Sustainable, Be Inclusive”.L’Unione Europea ha anche definito un framework per la ricerca denominato Horizon 2020 al fine di superare le criticità relative al posizionamento del si-stema europeo in ricerca ed innovazione. In tal senso sta tentando di responsabilizzare gli Stati membri at-traverso strumenti cui Horizon 2020 attribuisce ruoli di rilievo, come la Programmazione Congiunta della Ricerca sui grandi temi di rilevanza globale, la cre-azione di nuove Infrastrutture di Ricerca d’interesse europeo (o l’upgrade di quelle esistenti), la sperimen-tazione di soluzioni innovative di finanziamento (risk sharing e pre-commercial procurement).

2.3 Lo stato dell’arte della Pubblica Amministrazione in Italia e il livello di innovazione

Negli ultimi anni i Governi Italiani hanno avviato una rilevante azione di ammodernamento a supporto di un più ampio quadro strategico che attribuisce alla Pub-blica Amministrazione un ruolo di indirizzo, regia e coordinamento dei processi di innovazione, al fine di in-centivare la crescita e la competitività del Sistema Paese.Nonostante ciò la complessità del quadro normativo italiano e la burocrazia amministrativa risultano es-sere fattori di rilievo nello scoraggiare l’imprendito-rialità. La stessa Confindustria ha manifestato verso il Governo la necessità di introdurre misure volte alla semplificazione amministrativa e normativa al fine di rimuovere gli ostacoli alla crescita e agli investimenti

tali per supportare la trasformazione delle industrie, specialmente attraverso tecnologie comuni di social networking che svolgono un ruolo cruciale nel promuovere lo sviluppo delle relazioni online con gli stakeholder.Promuovere lo sviluppo del “cloud” in base a norme standard per consentire agli impren-ditori di usufruire della flessibilità e reatti-vità di questo strumento.Sviluppare open data comuni al fine di creare, testare e sviluppare nuovi modelli di business;Incoraggiare lo sviluppo del “crowdfunding” a livello internazionale, soprattutto per fi-nanziare le start up.

A l ivel lo nazionale, gl i intervistati hanno espresso una grande varietà di interventi e do-dici sono le leve politiche principalmente men-zionate, come si vede nella Figura 3.

2.2 L’importanza dell’ecosistema e degli attori coinvolti nel processo di innovazione

Nello scenario attuale l’innovazione non è un feno-meno isolato, bensì un processo di collaborazione all’interno di una rete crescente ed eterogenea di sta-keholder, istituzioni e utenti. Tale processo di innova-zione in senso allargato (imprese, università, media, credito, etc.) prevede un ruolo di coordinamento a livello centrale da parte della PA con l’obiettivo di go-vernare l’intero ecosistema degli attori coinvolti senza soffocarne i processi innovativi, ma anzi facilitando la coerenza e la comunicazione tra loro e sapendo cogliere le tendenze in atto. La Pubblica Amministra-zione pertanto dovrà anche garantire:

Coerenza delle policy nazionali con quelle euro-pee, assicurando l’integrazione tra i framework adottati a livello nazionale, regionale e locale con le indicazioni provenienti dal contesto europeo (Europa 2020).Dialogo strutturato, organico e formalizzato con il sistema delle imprese (non solo di grande di-mensione ma anche PMI innovative e settore no profit) per comprendere tendenze e bisogni emergenti.Capacità di far dialogare il Governo con il sistema dei media e dell’informazione, con il sistema dell’università e della ricerca, anche industriale, con il sistema finanziario e del credito.Garanzia della parità di condizioni per tutti gli stakeholder nell’accesso ai processi di policy ma-

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SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 45

!. GLI ABILITATORI DI SISTEMA

L’Italia perde terreno nelle classifiche internazionali legate alla competitività del Sistema Paese nonostante i numerosi sforzi per innovare. Significa che la nostra innovazione è di portata limitata oppure è il contesto che ne so!oca i risultati? Sicuramente la perdita di competitività del Sistema Paese è un fenomeno acquisito, anche se è opportuno analizzare nel detta-glio le classifiche dei diversi osservatori in-ternazionali (ad es. l’indice di competitività IMD: www.imd.ch). Ci sono due aspetti su cui occorre riflettere: innanzitutto il posi-zionamento di un Sistema Paese nei ranking internazionali è il risultato di singole ma-crovariabili o fattori abilitanti (i dodici pila-stri del WEF tra cui i fattori per l’e!cienza, o per l’innovazione e la sofisticazione). Oc-corre quindi concentrare l’attenzione sulle tendenze in atto registrate negli ultimi anni in alcune di queste macrovariabili: il nostro Paese è al 50° posto per i requisiti base ed al 30° per innovazione e sofisticazione. Inol-tre la valutazione sui ranking internazionali va a!ancata ad altri segnali importanti; ad esempio ragionare sui fattori di innovazione richiede che si valutino contemporanea-mente le performance del sistema univer-sitario, della ricerca (CNR, IRCSS) e delle Regioni della conoscenza a livello europeo (http://ec.europa.eu/research/regions/in-dex_en.cfm).Altro importante fattore è costituito dal po-sizionamento delle imprese e dei sistemi di imprese italiane nei settori ad elevata in-novazione. Si pensi alla capacità e"ettiva di dare vita a cluster di aziende nel settore, nel-le nanotecnologie (keen regions) o in quello emergente delle cleantech, su cui manca completamente una partnership strategica tra sistema di imprese ICT e sistema delle imprese di servizi pubblici locali.Le aziende investono per innovare, ma anche in presenza di buone idee non sem-pre i progetti giungono a realizzazione. Crede sia dovuto ad una incapacità di go-vernare l’innovazione in ambito aziendale oppure le imprese sono in grado di gestire l’innovazione, ma la condizione di conte-sto esterno ne limita la realizzazione? Innanzitutto occorre capire quanto e"ettiva-mente le imprese investono per innovare. E’ necessario conoscere quali imprese investo-

no (PMI, a rete, grandi aziende, cluster), in quali settori, in quali ambiti (skills e compe-tenze, operations management e logistica, tecnologia, risorse immateriali) e in quale fase del processo di introduzione dell’inno-vazione sono collocate. Inoltre, credo sia im-portante comprendere quali siano le condi-zioni di contesto per le di"erenti tipologie di aziende e per i diversi settori, e soprattutto aprire una riflessione sul rapporto tra inno-vazione sociale ed innovazione di impresa o di sistema di imprese e sul possibile ruolo di supporto che possono giocare investimenti mirati da parte del terziario pubblico. Infine non vanno trascurati ulteriori aspetti legati al rapporto tra family business, indebolimento delle capacità imprenditoriali e innovazione.Quale ritiene sia il primo passo da com-piere per migliorare le condizioni in cui opera chi è impegnato ad innovare? A mio avviso occorre riprendere la visione sistemica che era molto accreditata alla fine degli anni ‘70 (system thinking e analisi dinamica dei sistemi) e che ha ripreso sicu-ramente vigore nell’era della sostenibilità in cui siamo inseriti a partire da Rio 1990, dalla di"usione del Global Compact delle Nazio-ni Unite, al design thinking utilizzato nelle esperienze di hub ed iniziative a supporto della creazione di impresa, fino al concetto

di creazione di valore condiviso. Partirei proprio da quest’ultimo punto per a"ermare l’esigenza di attivare sistemi integrati di cre-azione e stimolo dell’innovazione.Questi sistemi possono attivare e mobilitare contemporaneamente risorse presenti nelle organizzazioni, amministrazioni ed imprese che si occupano dell’o"erta di servizi alle persone (istruzione, servizi agli anziani, sa-nità) e in quelle che intervengono sui servizi a rete (ricordo ancora le cleantech in ambi-ti quali energia, rifiuti, tecnologie urbane,

mobilità). Risorse, capacità e competenze, queste, presenti nelle imprese in una logi-ca di co-progettazione e co-finanziamento dell’innovazione che vede coinvolti attori e forze sociali presenti sul territorio e nella comunità. Occorre probabilmente muovere da modelli di partenariato pubblico-privato verso logiche di partenariato pubblico–so-cietà civile ed imprese, a supporto della open innovation.Lo Stato è formalmente impegnato nel contribuire all’innovazione attraverso numerosi strumenti ed organismi. Ritiene che il ruolo dello Stato debba espandersi, ridursi o cambiare forma? Credo che sia opportuno mettere in discus-sione l’approccio dello Stato all’innovazione. Innanzitutto in Italia esiste un sistema di PA centrali, regionali e locali, di agenzie ed istituzioni pubbliche che si sono mosse e si muovono spesso in modo non coordinato tra loro e non sono sempre riuscite a fare massa critica a livello europeo ed internazionale. La risposta negli anni è stata la creazione di nuove agenzie ed unità di missione, con costi aggiuntivi e performance discutibili. Una semplificazione decisa (e drastica) del sistema istituzionale è necessaria, prima di intervenire su leggi, programmi finalizzati e policy: le politiche per l’innovazione dovreb-bero ruotare attorno ad un sistema di centri ridotto ed e!cace, che a sua volta mobili-ti l’intero sistema universitario e di ricerca. Cito solo a livello europeo il ruolo dei Poli-tecnici federali in Svizzera, delle TU (univer-sità tecniche) in Germania e delle filiere per l’innovazione in Francia. Ritengo, in conclusione, che l’aspetto più rilevante al di là dell’intensità o delle forme dell’impegno dello Stato sia rappresentato dalla necessità di raccordare diversi stru-menti; non si può pensare ad interventi sull’innovazione, mantenendo inalterate la normativa fiscale, la normativa sulle impre-se e i sistemi di regolamentazione. Occorre chiedersi cosa ne sia stato di 10 anni di in-terventi su regolazione (e riregolazione), tra-sparenza e semplificazione.

* Marco Meneguzzo, Professore Ordinario in Economia delle Aziende ed Amministrazioni Pubbliche, Università degli Studi di Roma Tor Vergata.

Come recuperare il ritardo italianoIntervista a Marco Meneguzzo*

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46 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA II: FAST MOVE AND AGILE COMPANY

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Questo risultato insoddisfacente dipende da molte-plici fattori che possono influenzare la capacità inno-vativa di un Sistema Paese; in particolare per l’Italia assumono rilievo i seguenti:

la mancanza di un programma nazionale di poli-tica economica, con interventi strutturali e risorse adeguate e certe;la frammentazione del sistema pubblico di fi-nanziamento con misure riconducibili ad am-ministrazioni centrali e periferiche prive di un coordinamento nazionale;l’assenza di una governance che sappia mettere a sistema gli strumenti pubblici e privati di finanzia-mento della ricerca e innovazione in un contesto pro-duttivo costituito prevalentemente da PMI, meno propense ad investire, e poche grandi imprese;la scarsa propensione a creare dei modelli a rete e/o

delle aziende. A questo impegno dovrà aggiungersi il tema dell’innovazione digitale, realizzando gli indi-rizzi dell’Agenda Digitale Italiana. Parimenti, data la difficoltà di stimare la probabilità di successo di start up con potenziale di innovazione, i costi rilevanti legati ad una eventuale chiusura possono avere un effetto deterrente sulla imprenditorialità. Inol-tre molte delle nuove imprese italiane che sopravvivono non crescono a sufficienza per raggiungere un livello di sostenibilità economica ed efficienza ottimale.Il Sistema Italia non riesce pertanto a emergere nel contesto europeo (Figura 4) in termini di innovazione: il nostro Paese si colloca al quindicesimo posto della classifica basata sull’Innovation Union Scorecard (IUS) tra gli Stati “moderate innovators”, ovvero i Pa-esi che registrano una prestazione complessiva al di sotto della media UE27.

NOTE L’indicatore si basa sulla percezione di corruzione rilevata con un sondaggio di opinione sulla frequenza di pagamenti non tracciati o su tangenti nei seguenti ambiti di attività delle imprese: (a) import/export; (b) public utilities; (c) pagamento delle tasse; (d) aggiudicazione di contratti e licenze; (e) ottenimento di sentenze favorevoli. Possibili risposte: da 1 (molto frequente) a 7 (mai riscontrato). FONTE World Economic Forum, Global Competitiveness Report (2011-2012; 2012-2013)

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Figura 4La performance nell’innovazione degli Stati membri UE

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!. GLI ABILITATORI DI SISTEMA

Diffusione del networking e introduzione di mo-delli a rete tra aziende pubbliche e private nella logica del partenariato.Sostegno a politiche di diffusione di cluster tecnologici per sfruttare aree di eccellenza nazionali (poli inno-vativi, distretti).

2.4 Una Best Practice alla quale ispirarsi

Nel gennaio 2012, il Dipartimento di Business, Innova-tion and Skills del Regno Unito ha lanciato il programma “Business Coaching for Growth”, che mira ad aiutare fino a 10.000 piccole e medie imprese ad alto potenziale. Il programma affianca degli esperti alle PMI con l’o-biettivo di incrementare del 20% la crescita annua; si basa sul coaching di team di senior manager per sviluppare e implementare strategie di crescita e capa-cità di leadership. Include anche un supporto ed una assistenza specializzata nella definizione di scelte di investimento, oltre all’accesso a servizi di alta qualità attraverso la partnership con i principali incubatori, parchi scientifici e centri d’innovazione tecnologica. Il Dipartimento fornisce anche consulenza e sup-porto nella protezione della proprietà intellettuale e nello sfruttamento commerciale dell’innovazione rea-lizzata. Grazie a tali competenze gestionali, al know-how finanziario e ai network aziendali, il programma offre alle nuove start up il potenziale per poter rag-giungere un fatturato di 1 milione di sterline entro tre anni di avviamento, o di almeno 10 addetti in tre anni.

far leva sul networking tra il sistema pubblico di ri-cerca e il sistema delle imprese.

A questi fattori ostacolanti per l’innovazione si aggiun-gono ulteriori elementi di criticità. Un rilevante livello di corruzione nel sistema come mostrato dal posizio-namento nei ranking internazionali sul tema (Figura 5); una rigidità e obsolescenza del codice degli appalti pubblici, ostacolo alla liberalizzazione delle risorse; l’impoverimento del capitale umano dovuto alla diffu-sione di fenomeni di overeducation (in Italia il 49,2% degli occupati con almeno una laurea svolge lavori per i quali sarebbe richiesto un livello di istruzione infe-riore a quello posseduto5).Il governo italiano potrebbe sostenere l’innovazione concentrandosi su alcune priorità tra cui:

Incentivi all’innovazione più selettivi e indirizzati verso progetti a più alto potenziale di crescita, so-stenibili nel tempo e caratterizzati da una migliore efficienza di gestione.Misure di intervento pubblico durature e stabili, prive di soluzioni di continuità, al fine di garantire effetti sull’innovazione.Accelerazione del processo di modernizzazione del set-tore pubblico quale forza motrice per l’innovazione del Sistema Paese e catalizzatore degli investimenti in Ricerca e Sviluppo. In linea con questa priorità si posiziona l’operato dell’Agenzia per l’Italia Digitale.Promozione di investimenti in formazione altamente qualificata e specializzata al fine di supportare i pro-cessi di innovazione.

12. Dati riferiti a Luglio 2013; Fonte: Eurostat, Settembre 2013,13. Statistiche di finanza pubblica nei Paesi dell’Unione europea, Banca d’Italia, Luglio 201314. The Global Competitiveness Report 2013–2014, World Economic Forum, Settembre 201315. “No advanced economy can maintain high wages and living standards, and hold its own in global markets, by producing standard products using standard methods. In a rapidly integrating world economy where lower wage developing countries are quickly improving their skills and can access

today’s technology, U.S. prosperity depends on whether we can remain a moving target. We must continually improve our ability to identify and com-mercialize new products, services, and processes. Those must be high-value (even unique) to yield the productivity growth needed to generate profits and support high-wage jobs”. The New Challenge to America’s Prosperity: Findings from the Innovation Index, 1999, Professor Michael E. Porter, Harvard Business School, Professor Scott Stern, MIT Sloan School & NBER, Council on Competitiveness, Washington, D.C.16. Le competenze per l’occupazione e la crescita, Rapporto ISFOL 2012

NOTE.

Da sinistra:Roberto Giordano, Managing Director, Strategy Lucia De Luca, Consultant, H&PSAldo Pozzoli, Consultant, Strategy & Sustainability

Gli autori

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HBRITALIA.IT

ONDA III: GET CONNECTEDModelli di collaborazione estesa e nuovi ecosistemi digitalidi Andrea Pagliai, Alberta Zamolo, Francesco Scaccheri e Luca Pettinari

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1. Il nuovo paradigma digitale tra aziende e consumatoriE’ in atto una trasformazione nel sistema econo-mico italiano non tanto a causa della persistente (e per certi versi strutturale) crisi macroecono-mica di consumi, salari e investimenti, quanto a causa di un vero e proprio cambio di paradigma nelle interazioni tra aziende e consumatori, gui-dato da alcuni trend evolutivi che cominciano ad affiorare in questo difficile contesto indotti principalmente dall’incidenza che l’evoluzione delle piattaforme digitali sta avendo su tutti i settori industriali.Tale cambiamento traspare sia dagli elevati tassi di sviluppo di alcuni mercati digitali sia dalla crescente propensione alla condivisione e alla collaborazione che si è instaurata tra aziende e aziende, e tra aziende e consumatori. Cambia-menti in atto sia nelle fasi di ideazione di nuovi prodotti e servizi sia di gestione del loro stesso ciclo di vita, per esempio tramite il supporto di social network, piattaforme di crowdsourcing, crowd-manufacturing etc.Nonostante la penetrazione del mercato digitale tra le imprese italiane (in particolare le PMI) sia ancora contenuta in termini di numerosità (6% di aziende che vendono online rispetto al 15% della media EU al 20121) e volumi (fatturato

online pari al 5% rispetto al 15% della media EU al 2012), anche in Italia si sta diffondendo la consapevolezza delle potenzialità offerte dalle nuove piattaforme digitali, spinta dal successo dei digital champion globali e dalle aspettative generate dalle start up. Il digitale oggi non è più semplicemente un nuovo canale distributivo, nasconde potenzialità molto più profonde e radicali, con forti impatti sulle logiche di creazione e condivisione del va-lore tra imprese, cittadini e Pubblica Ammini-strazione.Questo perché da un lato il nuovo consumatore è attratto dalla convenienza e comodità del di-gitale, ed è sempre più alla ricerca di una rispo-sta integrata ai “life events” (istruzione, salute, abitazioni …) che una logica tradizionale di risposta produttiva/commerciale settoriale non è in grado di fornire, in quanto poco si adatta all’elevata condivisione di asset e competenze richiesta per rispondere ad esigenze sempre più complesse e mutevoli.Nei principali Paesi europei nel 2013 la popola-zione con dispositivi mobili avanzati (come gli smartphone) è ormai tra il 50% ed il 65% del totale). Nasce così il segmento dei Digital Savvy, distribuito ormai quasi omogeneamente tra le diverse fasce di età, composto da persone che

50 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA III: GET CONNECTED

Modelli di collaborazione estesa e nuovi ecosistemi digitalidi Andrea Pagliai, Alberta Zamolo, Francesco Scaccheri e Luca Pettinari

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gle Wallet, Isis), e i servizi di mWallet sono ormai caratterizzati da un buon livello di competitività e di differenziazione dei servizi offerti (si vedano per esempio Pingit di Barclays e le app PI e Ka-ching! di CBA).Particolarmente interessante è il caso della joint venture BNPP Paribas/Fortis, che ha lanciato un’iniziativa di mCommerce aperta a tutti i re-tailer e tutte le banche. I clienti sono in grado di accedere a molteplici servizi, acquistare biglietti e paperless voucher, effettuare pagamenti e accu-mulare punti loyalty attraverso un’unica app, e questo consente ai retailer che partecipano all’e-cosistema, di aumentare le vendite e di ridurre i costi grazie ai pagamenti contactless.Un caso interessante è costituito dagli ecosi-stemi integrati che si stanno creando per con-sentire alle piccole e medie imprese di gestire in modo più profittevole e commercialmente efficace i dati relativi ai loro clienti attuali e po-tenziali. Quella che prima era una realtà chiusa e verticale, legata al settore merceologico in cui lavora ogni singola azienda, ora si apre con l’inserimento di attori al tempo lontani, oggi in grado di condividere costi e benefici di un’in-frastruttura che viene resa comune a più attori, che fornisce servizi avanzati di analisi, pianifica-zione e gestione di campagne di comunicazione e commerciali attraverso tutti i canali sia digitali che fisici.La gestione end-to-end di queste soluzioni semplifica l’operatività di una piccola e media azienda limitandone fortemente l’esigenza di im-pegnare risorse in infrastrutture e skill specifiche su aspetti non sempre associati al proprio core business, ad esempio, per la gestione del digi-tal storefront/marketplace, della piattaforma IT e relativi website, dei servizi amministrativi etc. Ciò consente una riduzione dei costi associati alle attività date in outsourcing agli altri com-ponenti dell’ecosistema fino al 35-40% rispetto alla soluzione stand alone (per i settori con pos-sibilità di rivalsa ai fini IVA; fino al 15% in caso contrario).Le piccole e medie imprese hanno così il vantag-gio di far leva su un’infrastruttura evoluta senza la necessità di forti investimenti iniziali, men-tre ad esempio una banca o una Telco possono

utilizzano le tecnologie digitali costantemente durante la giornata.Attraverso i loro smartphone (o tablet) sono sempre connessi alla rete, sempre attivi per cer-care informazioni, trovare ed acquistare prodotti e servizi afferenti a qualsiasi settore. E si aspet-tano di essere guidati in queste interazioni in base al luogo dove essi si trovano e al momento specifico della giornata in cui interagiscono con la rete. I loro principali comportamenti di acqui-sto prevedono una interazione on line. Predili-gono contattare le aziende on line per chiedere assistenza. Usano gli strumenti digitali nei loro momenti di svago: per vedere video, fare foto, essere costantemente connessi con il loro social circle professionale e personale.Il secondo aspetto da considerare è legato al concetto stesso di stand-alone industry, che ha trainato il successo dell’imprenditoria italiana della seconda metà del Novecento, che è oggi messo radicalmente in discussione a favore di nuove forme di collaborazione tra imprese, con-sumatori e Pubblica Amministrazione.Nascono infatti gli ecosistemi2 integrati, gui-dati dalla innovazione disruptive del digitale, che concentrano competenze e risorse per la so-luzione di problemi specifici secondo approcci di “open economy”; consentono a un ampio numero di partecipanti di accedere a tecnolo-gie innovative, sono scalabili e modulabili per tipologia di prodotto/servizio e garantiscono ritorni sostenibili nel lungo periodo per tutti i player coinvolti, incluse le comunità di rife-rimento, e abilitano modelli di collaborazione inter-settoriale.Un esempio di ecosistema costituito frequen-temente è un’alleanza per sviluppare il digi-tal wallet, in quanto la diffusione di tablet e smartphone crea una crescente domanda da parte dei cittadini nei confronti di servizi mo-bili in modalità one stop shop, e questo richiede competenze bancarie, di monetica, di telecomu-nicazione ed esperienza nel settore retail che è complesso e costoso sviluppare da parte di un solo player. Tale caso di ecosistema si distingue da altri, ancora in fase di studio o di primi test, in quanto diverse aziende hanno già creato alle-anze per cogliere la nuova opportunità (es. Goo-

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WWW.HBRITALIA.IT

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52 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA III: GET CONNECTED

anche informazioni “complementari” tra i vari attori di un ecosistema integrato allora si avrà la possibilità per tutti di realizzare proposizioni commerciali nuove e indirizzate verso il “life style” del consumatore finale (è il caso dei ser-vizi di Data Monetization di Telefonica, AT&T, Verizon). La diffusione di tali ecosistemi integrati può in-durre anche esternalità pubbliche positive in ter-mini di sviluppo di infrastrutture, miglioramento della produttività e competitività delle aziende, e miglioramento dei livelli di servizio.

sfruttare i propri centri di costo come nuova fonte di ricavi, fidelizzando allo stesso tempo i propri clienti (è questo il caso di BBVA Solucio-nes). Si stima che un gruppo bancario europeo di grandi dimensioni (oltre 20 milioni di clienti) che assuma il ruolo di “catalizzatore” di un eco-sistema digitale integrato si possa attendere un aumento dell’EBITDA minimo del 5% dai nuovi servizi offerti, oltre a un miglioramento della produttività e quindi della redditività della sua base clienti business.Se oltre alle infrastrutture vengono condivise

Cosa vuol dire per una grande azien-da!acquisire la capacità di innovare cosi drasticamente in un contesto di compe-tizione non più locale ma globale?!!E quali sono i fattori di successo di una così ra-pida trasformazione?Innovare vuol dire innanzitutto non perde-re il focus sugli!asset!distintivi che possono sopravvivere a qualsiasi innovazione tecno-logica, e mi riferisco in particolare alla!qua-lità!del prodotto - nel nostro caso i conte-nuti, dei quali si alimentano le piattaforme distributive globali - e alla forza dei brand, nel lungo periodo il driver di scelta dei con-sumatori in ogni settore e anche nell’edito-ria: basti pensare all’inarrestabile crescita delle audience digitali dei grandi brand me-dia, dai 30 milioni di utenti unici al mese del New York Times e ovviamente agli 8 milioni di Corriere.it.!Fatta questa premessa, riten-go che il successo dell’innovazione passi attraverso due elementi chiave, peraltro mutuando alcune delle lezioni alla base proprio del successo delle piattaforme di-gitali globali:

- non illudersi che l’innovazione riguardi aspetti solo tecnologici, ma trarne le im-plicazioni per un radicale programma di trasformazione che parta dalla straordina-ria ricchezza di informazioni oggi disponi-bili sui nostri clienti (come si comportano, cosa desiderano e a cosa attribuiscono un valore emotivo ed!economico) e!tocchi tutti gli elementi sia hard (prodotto, processi) sia soprattutto soft (organizzazione,! min-dset), su quest’ultimo punto coltivando e proteggendo la cultura del cambiamento e l’ormai arcinoto coraggio di sperimenta-re rapidamente (act!fast) e anche sbagliare (fail!fast);- aprirsi alle fonti di innovazione esterna, con un modello di portafoglio che spazi dalla ricerca, al!seed!di idee imprenditoriali e start up fino a un selezionato ricorso ad acquisizioni che acceleri il processo - ine-vitabilmente lungo - di costruzione delle nuove competenze cruciali per il futuro.!Ed è proprio in questo contesto che si inse-risce il lavoro! di innovation! scouting! che stiamo facendo, anche grazie al! network

internazionale di Accenture, e! che ci sta consentendo!di!incontrare e!valutare centi-naia di!iniziative imprenditoriali nel mondo. Esempio di come,!attraverso la costruzione di!modelli! nuovi!di collaborazione,! si pos-sa!acquisire! rapidamente una “capacità di innovare” su scala globale.Axel! Springer,! Burda,! Schibsted! hanno da tempo iniziato! in Europa! un! percorso che li ha portati!ad avere!oggi!più del 40% del loro fatturato proveniente dal business del “digitale”. Iniziative di crescita organi-ca e inorganica hanno loro consentito di espandere e consolidare le loro posizioni in Europa, per esempio!nei mercati dell’onli-ne! classified, del business/performance marketing e dei!content!portals. Per esegui-re questa loro strategia hanno per esempio creato degli acceleratori di start up! e ne hanno! supportato la crescita.! Pensiamo a quanto fatto da!Axel!Springer! in Germania e! in Europa nei contesti!media, Internet e mobile,!e!quanto!questo ha!apportato all’e-cosistema delle!start up!presente a!Berlino!e alla!crescita del!PIL della!stessa!regione.Quanto! e come! una grande azienda, ri-pensando il proprio modello di innova-zione, può!ancora oggi!determinare!non solo!il proprio successo,!ma!anche!facili-tare la crescita dell’ecosistema locale!in una scala di competizione globale? !Questa combinazione di innovazione azien-dale e di innovazione territoriale!è!non solo

Alla ricerca del vantaggio competitivo digitaleIntervista di Andrea Pagliai ad Alceo Rapagna, Chief Digital O"cer di RCS Mediagroup

Tempo fa vi!era una grande barriera economica alla produzione e distribuzio-ne di contenuti. Oggi ci troviamo in un mondo in cui una molteplicità di pro-duttori di contenuti collabora con un sistema di piattaforme globali che as-sicurano degli impareggiabili vantaggi di costo sia in termini di distribuzione che di raccolta pubblicitaria. Per!crescere!ora è, quindi, necessario!allargare la propria audience!e!ampliare il proprio portafoglio di servizi acquisendo!ca-pabilities!fino ad ora non disponibili in questo settore industriale.

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SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 53

tra medico e paziente, l’assistenza e il monito-raggio e domicilio dei lungodegenti, l’accesso 24h a dati e tool di supporto medici. Casi reali sono ad esempio Osakidetza - l’organizzazione che gestisce il servizio sanitario pubblico dei Pa-esi Baschi che ha creato un nuovo modello di offerta in cui è presente un centro servizi multi-canale che consente l’accesso alle cure sanitarie attraverso i diversi canali di comunicazione e un sistema di monitoraggio remoto dei pazienti anziani.Anche nell’ambito dell’istruzione si vede la

Anche il settore pubblico avrebbe quindi l’op-portunità di partecipare direttamente alla cre-azione di questo tipo di ecosistemi, rendendo disponibili (open data) una molteplicità di in-formazioni utili alla vita quotidiana del cittadino e sfruttando la collaborazione con società di te-lecomunicazione, banche e altri player Over The Top per migliorare l’efficienza delle PA e l’eroga-zione dei principali servizi pubblici .Esempi concreti si trovano nella costruzione di un offerta integrata, per esempio di servizi di mHealth, che consentono l’interazione virtuale

MODELLI DI COLLABORAZIONE ESTESA E NUOVI ECOSISTEMI DIGITALI

possibile, ma anche necessaria. Possibile perché anche l’ecosistema digitale globale necessita di localizzazioni che lo arricchi-scano: pensiamo non solo alle diverse!co-munità! linguistiche europee, ma anche alla! necessità! di alimentare le reti globali con informazioni e servizi locali.Necessaria perché ormai tutti gli studi di settore indicano come il digitale rappresenti per ogni Paese il principale driver di svilup-po economico e occupazionale - e,!ahimè, per l’Italia forse uno dei pochi rimasti.Ed! è! proprio il ruolo delle grandi aziende, quasi!più!che quello dello Stato, che!può!fare da volano al nostro ecosistema digitale, af-fiancando competenze e capitali a quelli ancora oggi troppo limitati degli attori tipici della filiera dell’innovazione: imprenditori, business angels, acceleratori e fondi di ven-ture capital.Nascono in questo spirito, quindi, le nostre partnership con soggetti leader nella pro-mozione dell’innovazione digitale italiana come H-Farm! e Digital! Magics,! la recente costituzione del nostro corporate incubator RCS!Nest!e!le!iniziative!realizzate in collabo-razione con Accenture!come!“City1Tap”,!una innovativa! guida della città basata su una complessa tecnologia che integra su smartphone decine di servizi informativi e transazionali locali, vincitrice dello SMAU Mob App Award 2013, nella categoria Con-sumer, Viaggi e Turismo.

Elevate concentrazioni di! competenze! e di!attività!sono elementi distintivi delle!eco-nomie! di scopo su cui spesso si basano i nuovi ecosistemi integrati.! Player! di scala globale! come Google! o Amazon! contribui-scono!alla crescita di alcune!specifiche!real-tà!concentrandovi attività in base ad aspetti peculiari che contraddistinguono le! locali-tà!stesse, come Google che ha scelto la!Con-

tea di Douglas, in Georgia,! dove concen-trare!propri data center o Amazon che ha posizionato in Lussemburgo la!propria sede amministrativa!europea, la direzione opera-tiva!europea!e!la direzione europea di Ama-zon Services.! Si consolida quindi sempre di più un modello di competizione globale tra!contesti!“locali”, !che drena!dai contesti meno fortunati competenze,!skills!e risorse economiche.Da un punto di vista di Sistema Paese quali dovrebbero essere le azioni da por-re!in essere a breve per rendere alcuni!dei nostri!ambiti!locali!più!“convenienti/inte-

ressanti” per generare innovazione?E’ necessario porre in essere tutte quelle azioni che consentano di integrare sistemi!di innovazione! che oggi sono ancora! troppo separati. Costruire le condizioni favorevoli a"nché università, venture! capital, incu-batori, aziende e soggetti pubblici nazionali e locali possano contribuire! attraverso un proficuo!gioco di squadra.Un valido esempio è dato! dal programma per lo sviluppo economico e digitale della città di New York promosso dall’ammini-strazione Bloomberg aggregando molteplici soggetti accademici, industriali e finanziari e che ha in pochi anni!portato la città a di-ventare uno dei protagonisti del panorama hi-tech americano! in competizione! diret-ta!con la!Silicon!Valley.Proprio ispirandoci a questo progetto abbia-mo recentemente promosso - assieme ad alcuni partner tra cui Accenture - la prima edizione di!“App4Mi”,! il progetto di valoriz-zazione degli open data del!Comune di Mila-no!che ha visto centinaia di giovani, studenti e micro imprese formarsi sulle competenze digitali e sviluppare più di 70 applicazioni utili per fruire dei servizi della città.Proseguendo su questa strada si potranno realizzare appieno le potenzialità di innova-zione dei territori - ad esempio a Milano le eccellenze nella cultura, nella moda e nei media -e!assicurare! la nostra! rilevanza nel contesto competitivo digitale.

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54 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA III: GET CONNECTED

2. Modelli di attivazione per la condi-visione: incubatori e piattaforme Cosa devono fare le imprese italiane e il settore pubblico per intercettare questi nuovi cambia-menti, considerando che ormai sono state abbat-tute tutte (o quasi) le barriere alla competizione sia a livello geografico che di singola industry grazie all’avvento degli ecosistemi integrati?Uno degli elementi chiave per la realizzazione di un ecosistema integrato di successo è dato dalla capacità che ha un player di giocare il ruolo prima citato di “pivot”. Ruolo di colui il quale è in grado di cogliere l’innovazione tecnologica di prodotto e/o di servizio necessaria, attraverso i propri sviluppi interni o acquisendo l’abilità di raccoglierli da altri player a livello globale, ed integrarla attraverso una piattaforma di collabo-razione con i molteplici attori che saranno a loro volta coinvolti nell’esercizio del servizio. Questo richiede che “vecchi attori” cambino il loro modo di fare innovazione e impresa. Serve un DNA nuovo, un agilità non sempre nota alle aziende che dovranno, per alcune delle loro at-tività pensare ed agire come delle start up per cogliere i benefici di questi nuovi mercati.L’enfasi va posta sui termini “velocità” e “agi-lità”. Lanciare un primo prodotto, anche se in-completo, e iniziare un processo di evoluzione a step, passando da un Minimum Viable Product a un altro raccogliendo continuamente i feedback dei propri clienti. Integrando di volta in volta l’ecosistema con le necessarie partnership per completarne la Value Proposition.Questo può esser fatto, considerando le com-plessità insite in un azienda permeata dai vec-chi paradigmi di “perfect business planning” nel lancio di nuovi prodotti e servizi:

creando al proprio interno una struttura in grado di diventare la fucina indipendente di innovazione che abbia il proprio obiet-tivo sulla profittabilità della propria linea di prodotti&servizi, come se fosse una azienda separata in grado di investire (anche attra-verso la leva delle alleanze, delle acquisizioni e delle partnership) e sviluppare tutte le ne-cessarie capabilties per il loro relativo lancio e sviluppo.collaborando con un partner che abbia com-petenze sia tecnologiche che di business che sia in grado di fare scouting di innovazione a livello globale (per esempio sulle start up)

portata innovativa degli ecosistemi digitali at-traverso il ridisegno della modalità di accesso, fruizione e generazione dei contenuti con im-patti potenzialmente radicali in termini di svi-luppo e incentivo alla ricerca scientifica (es. crowdfunding, coinvolgimento mirato dei nodi dell’ecosistema, knowledge sharing) e di crescita dei livelli occupazionali con modalità integrate di rapporto tra istruzione e lavoro abilitate da-gli ecosistemi con il coinvolgimento integrato di tutti gli attori.Ne è un esempio la New York University che, at-traverso il proprio incubatore, favorisce modelli di collaborazione aperti tra start up, studenti e professional con effetti positivi sul tessuto economico nel suo complesso in termini di ric-chezza prodotta (si stimano circa 200 milioni di euro dal 2009) e posti di lavoro (più di mille dal 2009 e si stima di generarne ulteriori millecin-quecento nei successivi 2 anni).Gli ecosistemi integrati digitali sono quindi una realtà in grado di svolgere un ruolo di trasforma-zione del Sistema Paese in termini economici e sociali, consentono per la prima volta di mettere il cittadino, oltre che il consumatore, veramente al centro dell’azione politica e sociale e rappre-sentano anche un possibile “motore di avvia-mento” della ripresa economica italiana. Assistiamo oggi ad uno snodo per certi versi epocale legato alla capacità che avrà il nostro tessuto imprenditoriale pubblico e privato di cogliere a pieno l’opportunità che la “digital revolution” ha creato abilitando la genera-zione di questi nuovi ecosistemi, che si può accostare per rilevanza e singolarità alla cre-scita della grande distribuzione organizzata (GDO) nel secondo dopoguerra. Mentre la rapida diffusione della GDO è stata all’epoca principalmente abilitata dalle trasformazioni infrastrutturali (reti elettriche, autostradali, ferroviarie, …) e manifatturiere, la rivoluzione in atto è trainata da elementi infrastrutturali (piattaforme digital e social) che hanno già portato a un “new customer”, sempre connesso, alla ricerca di soluzioni semplici ed integrate per “life events” complessi e, necessariamente, personalizzate.Si tratta di una opportunità “one-in-a-gene-ration” per cogliere un sentiero di crescita del Prodotto Interno Lordo di medio-lungo termine.

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SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 55

MODELLI DI COLLABORAZIONE ESTESA E NUOVI ECOSISTEMI DIGITALI

Figura 1Le diverse modalità di collaborazione

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in modo “indipendente”, ossia non viziato da obblighi di remunerazione di investimento di un portafoglio, ma in grado di mettere a disposizione anche piattaforme tecnologiche che facilitino l’integrazione delle varie com-ponenti di servizio del sottostante ecosistema integrato.

Per le grandi aziende avere a disposizione en-trambe le tipologie di interlocutori è uno stru-mento fondamentale poiché in base agli obiettivi strategici prefissati (che possono andare dalla diversificazione del core business attraverso lo scouting di servizi ancillari, ad attività di R&S congiunto con start up fino a obiettivi di carattere istituzionale come benefici sulla corporate social responsibility) consente di indirizzare la scelta verso modelli di collaborazione di entrambi i sog-getti anche nella condivisione del rischio impren-ditoriale. A testimonianza ci sono numerosi casi internazionali di successo anche al di fuori del settore ICT (es: Axel Springer, Volkswagen, Ro-che, ecc.). Anche in Italia si evidenziano alcune esperienze portate avanti da UniCredit, Enel, Eni, RCS solo per citarne alcune. In base alla nostra esperienza diretta possiamo dire che per le aziende italiane è cruciale aumen-tare la propria capacità di selezione, collabora-zione e sviluppo con le start up sia in Italia che nel mondo. In funzione dell’industry di apparte-nenza e degli obiettivi strategici lo step prelimi-

nare da finalizzare in questo caso è relativo alla capacità di definizione del target ossia:

In base alla specializzazione funzionale/di settore industriale richiesta individuare le start up da coinvolgere. Tanto più la specia-lizzazione/settore è verticale, quanto più sono richieste competenze specifiche di industry anche per dialogare e costruire una propo-sizione win–win per tutti gli attori coinvolti (venture capitalist compresi); identificare l’efficace numero di start up tar-get da valutare. Tanto più è alto il numero quanto più è necessario dotarsi di veicoli ad hoc (come ad esempio business unit dedicate per la gestione di un numero elevato di part-nership/collaborazioni);selezionare l’ambito geografico in cui insi-stono le start up da coinvolgere: funzione sia dei costi connessi allo scouting (tale costo è tanto più alto tanto più l’azienda ha un forte posizionamento locale) sia alla tipologia di ecosistema integrato digitale da realizzare

In funzione del risultato ottenuto dalla fase di targeting verranno valutate le diverse modalità di collaborazione da attuare (Figura 1).Le opzioni tipicamente sono:

Avviare una competizione di start up è un op-zione operativa che può essere un primo step per creare connessioni con un numero elevato di start up a livello locale e valutare quindi

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56 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ONDA III: GET CONNECTED

verticali soluzioni di prodotto e servizio. Tale approccio permette alle grande aziende di ridurre l’effort speso da risorse interne spe-cializzate (poiché l’hub può fornire anche la piattaforma di supporto sia in termini di risorse con know how specifico sia di cono-scenza del business sia per gli sviluppi tecno-logici) e implementativo/di integrazione verso le start up. È una soluzione adatta a grandi aziende che hanno bisogno di innovare in tempi rapidi con uno sforzo minimo in inve-stimenti in capabilities/know how.Infine un’ultima opzione può prevedere la fondazione di un proprio acceleratore. Tale op-zione può rendersi necessaria per uno scou-ting mirato a livello funzionale o di settore. Questa strategia conferisce all’incumbent il più alto grado di controllo su tutte le fasi del ciclo di vita del programma (dallo scouting al supporto all’incubazione). Ad esempio Enel ha fondato il proprio programma “Enel Lab” orientato a start up in ambito Cleantech del comparto energetico coerenti fina dall’inizio al modello operativo di Enel.

Le grandi aziende seguendo questi percorsi, non mutualmente esclusivi, nella realizzazione dei propri ecosistemi integrati possono creare un circolo virtuoso in grado sia di innovare i propri modelli di business sia allo stesso tempo gene-rare benefici per il tessuto economico locale. Inoltre l’interesse di grandi aziende verso le start up alimenta l’interesse di investitori i quali iniet-tano maggior dosi di capitale di investimenti, ove un’exit strategy appare più percorribile, ge-nerando quindi un maggiore sviluppo di giovani realtà imprenditoriali. In base ad una recente ri-cerca Accenture3, su 1.000 giovani imprenditori a livello mondiale è emerso che il 41% degli in-tervistati ha confidato di aspettarsi una crescita del proprio business maggiore dell’8% entro un anno (decisamente superiore rispetto a una previsione di crescita economica mondiale del 3-3.5%). Secondo tale ricerca, stimolare, inno-vare e facilitare il lavoro di imprese innovative genera un effetto moltiplicativo positivo sull’e-conomia di un territorio. In particolare innesca un duplice vantaggio: oltre ai posti generati dalle start up tecnologiche, in media vengono creati dai 4,3 ai 4,9 posti di lavori per servizi lo-cali legati al territorio (e quindi non tradable). Per comprendere ancora meglio quale potrebbe

il potenziale innovativo di un tessuto econo-mico. E’ un’iniziativa spesso caratterizzata da elevato impatto mediatico che può gene-rare impatti positivi in termini di corporate social responsibility. I rischi associati con questa opzione sono ridotti poiché prevede limitate implicazioni di carattere finanziario in termini di acquisizioni/partecipazioni e operativo (non è richiesto ad esempio una re-visione del modello processivo/organizzativo dell’azienda e non sono previsti integrazioni tecnologiche con start up). In Italia Unicre-dit ha realizzato il programma “Il Talento delle Idee”, una competizione con l’obiettivo di selezionare tre vincitori per i quali sono stati previsti finanziamenti personalizzati ed un programma di training dedicato. In Middle East alcune grandi media company hanno fatto accordi con il mondo delle start up locali rendendo loro disponibili per circa un anno le proprie proprieties digitali (previa valutazione di coerenza della proposizione commerciale). Alla fine di tale periodo si va-luta il successo per entrambi dell’iniziativa e si definisce il successivo modello operativo di collaborazione o la fine del rapporto. Cre-ando cosi un volano anche e soprattutto per l’ecosistema imprenditoriale locale. Creare una alleanza strategica con uno o più acceleratori permette alla grande azienda di entrare in contatto con start up specializzate verticalmente su temi funzionali/di settore a livello locale. In alcuni casi richiede inve-stimenti finanziari nei confronti di una o più start up al fine di accelerare il percorso di innovazione della start up coerentemente con i propri bisogni e uno sforzo operativo in termini di risorse con competenze specifi-che da dedicare al programma. Un esempio è il “Partnership Fund for New York City” (a cui ha partecipato anche Accenture, insieme a istituzioni finanziarie statunitensi) finaliz-zato al supporto di start up che hanno svi-luppato tecnologie innovative per il settore Financial Services (Banking, Insurance e Ca-pital Markets).Creare una partnership con un ”business & technology hub” è una modalità di collabo-razione che permette a una grande azienda di accedere a un numero elevato di start up a livello globale relativamente a specifiche e

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SPECIALE ACCENTURE | 12.2013 57

MODELLI DI COLLABORAZIONE ESTESA E NUOVI ECOSISTEMI DIGITALI

vedono l’effetto della distruzione creativa deter-minato dall’innovazione digitale, oltre a valoriz-zare al meglio le sinergie tra grandi aziende/start up e sviluppare le potenzialità determinate dalla presenza dei Digital Savvy nei rispettivi settori industriali, la possibilità di sfruttare gli ecosi-stemi digitali integrati come volano della ripresa dell’Italia non è un opzione ma una scelta ob-bligata.E la sua realizzazione passa anche attraverso azioni strutturali di supporto all’innovazione (incubatori/acceleratori, penetrazione digitale) e attraverso la capacità di sfruttare fino in fondo il potenziale di opportunità, come Expo 2015, che hanno la forza di mettere il “sistema italia” al centro della scena globale.Il tutto per non essere destinati a mantenere un trend di declino svolgendo un ruolo di compri-mari nel mondo ormai integrato degli ecosistemi digitali.

essere il compito di un soggetto pubblico nel facilitare l’incontro e lo sviluppo di questi due mondi (grandi aziende e start up) basta vedere il risultato ottenuto in Europa, per non scomo-dare realtà ben più consolidate come la Silicon Valley, il distretto di NewYork e la stessa Israele, da città come Berlino negli ultimi anni.In Europa, la Germania dal 1995 al 2010 ha creato 13.000 aziende start up con forza lavoro che è cresciuta di almeno il 20% in tre anni con la relativa creazione di 1,35 milioni di posti di lavoro4. In questo contesto nella sola Berlino nel 2012 sono state create circa 45.000 nuove start up, circa il 45% create da imprenditori non tedeschi. Circa 125/128 start up ogni 10.000 abitanti5. Se le performance dei primi tre mesi del 2013 di Roma e Milano fossero replicate per ogni trimestre successivo6 ci troveremo a sole 0,53 start up ogni 10.000 abitanti. In un contesto in cui tutti i settori industriali

1. Fonte: Istat (“Tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle im-prese”) e Eurostat (“E-Commerce by enterprises: summary of EU aggregates”).2. Per ecosistema (concetto introdotto da Moore nel 1993) si intende un si-stema collaborativo dedicato alla creazione congiunta di o!erte di!erenzianti che non potrebbero essere proposte separatamente dai singoli partner. Moore,

“Predators and Prey: a New Ecology of Competition” (Harvard Business Review, May-June 1993).3. Entrepreneurial Innovation: how to unleash a key source of growth and jobs in the G20 countries - Young Entrepreneurs’ Alliance Summit 2013.

4. http://www.bloomberg.com/news/2012-09-18/germany-says-13-000-start ups-create-1-35-million-jobs-from-1995.html.5. http://venturevillage.eu/infographic-berlin-start up.6. http://friuli-america-udine.blogautore.repubblica.it/2013/04/03/una-re-gione-di-start uppers/.

NOTE.

Gli autori

Da sinistra:Andrea Pagliai, Senior Manager, Strategy Alberta Zamolo, Senior Manager, StrategyFrancesco Scaccheri, Manager, StrategyLuca Pettinari, Manager, Strategy

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Volume quartoSTRATEGIE PER VINCERE LA SFIDA DELLA CRESCITALuglio 2011

Volume quinto DALLE INCERTEZZE DEI MERCATI ALLE OPPORTUNITÀ DI CRESCITAMaggio 2012

Volume sestoL’AGILITÀ CHE PORTA AL SUCCESSOGennaio 2013HBRITALIA.IT