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L'ombra delle origini in C. G. Jung Aldo Carotenuto, Roma Se è vero che ogni grande costruzione teorica — esat- tamente come un'opera d'arte — ci dice molte cose sulle vicissitudini « private » del suo autore, ne porta l'impronta, ne è come modellata, non è meno vero che la conoscenza di quelle vicende può gettare a sua volta fasci di luce e aiutare a mettere a fuoco la struttura interna e la genesi di questa teoria. Ecco perché non è un « indiscreto » lo studioso che fruga nei cassetti e mette il naso nelle lettere, nei documenti, nei diari dei grandi costruttori di modelli teorici (nel nostro caso di metapsicologie), ne uno scopofilo se spia, tra le fessure di quegli scritti, tristi amori, violenze e seduzioni. Se le cose non stessero così, io dovrei considerarmi indiscreto e voyeur, confesso, infatti, che la mia attuale visione della psicoanalisi e della psicologia analitica si è nutrita abbondantemente di questo tipo di investigazioni. Tutto comincia nel 1974 quando vengono finalmente pubblicati per la prima volta gli scambi epistolari tra Freud e Jung (1). Queste lettere sono importantissime perché fanno capire a chi ancora non l'avesse compreso. i veri motivi della tragedia che li colpì per quanto (1) W. McGuire (a cura di), Lettere tra Freud e Jung (1906-1913), Torino. Boringhieri, 1974.

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L'ombra delle origini in C.G. Jung

Aldo Carotenuto, Roma

Se è vero che ogni grande costruzione teorica — esat-tamente come un'opera d'arte — ci dice molte cose sullevicissitudini « private » del suo autore, ne porta l'impronta,ne è come modellata, non è meno vero che la conoscenzadi quelle vicende può gettare a sua volta fasci di luce eaiutare a mettere a fuoco la struttura interna e la genesi diquesta teoria.Ecco perché non è un « indiscreto » lo studioso che fruganei cassetti e mette il naso nelle lettere, nei documenti, neidiari dei grandi costruttori di modelli teorici (nel nostro casodi metapsicologie), ne uno scopofilo se spia, tra le fessuredi quegli scritti, tristi amori, violenze e seduzioni.Se le cose non stessero così, io dovrei considerarmiindiscreto e voyeur, confesso, infatti, che la mia attualevisione della psicoanalisi e della psicologia analitica si ènutrita abbondantemente di questo tipo di investigazioni.Tutto comincia nel 1974 quando vengono finalmentepubblicati per la prima volta gli scambi epistolari tra Freude Jung (1). Queste lettere sono importantissime perchéfanno capire a chi ancora non l'avesse compreso. i verimotivi della tragedia che li colpì per quanto

(1) W. McGuire (a cura di),Lettere tra Freud e Jung(1906-1913), Torino.Boringhieri, 1974.

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(2) A. Carotenuto. Diario diuna segreta simmetria, Roma,Astrolabio, 1980.

riguarda la loro amicizia e la loro successiva divergenza.Ci sono circa cinquecento lettere che si estendono dal1906 al 1914. Un'attenta lettura ci fa capire come dietro laspiegazione superficiale della loro rottura basata su unadivergenza teorica ci sia invece una dimensione emotivamolto intensa, che può spiegare quello che successe fraloro. Nel libro Diario di una segreta simmetria (2) hoesposto dettagliatamente questi problemi.Nella lettura dell'epistolario mi interessarono in modoparticolare alcuni riferimenti a un caso clinico che Jungandava portando avanti e che contemporaneamenteriferiva a Freud, proprio come se quest'ultimo fosse il suosupervisore. È come se Freud svolgesse la funzione dianalista di controllo rispetto a una situazione in cui Jung siera trovato.Se si ha un minimo di sensibilità e una certa capacitàintuitiva, le modalità con le quali Jung riferiva a Freud diquesto caso particolare — fin dalle prime lettere — cifanno capire che si andava preparando qualcosa di nonmolto chiaro. Jung informa Freud di essersi incontrato conuna situazione spinosa relativa a una paziente, chesapremo poi trattarsi di Sabina Spielrein, che presentavadei sintomi molto fastidiosi. In seguito sottopose al pareredi Freud le sue ipotesi psicologiche e cliniche: in questoscambio si prospetta, secondo me, il primo caso di analisididattica intesa come supervisione del proprio lavoroclinico.Il rapporto analitico con la Spielrein risulta, dalle lettere traFreud e Jung, in maniera strana; mentre in un primotempo Jung gli dedica uno spazio particolare, via via neparla sempre meno fino a un totale silenzio. Quando in unrapporto una persona che precedentemente era semprestata chiara comincia a diventare oscura, dobbiamopensare che questa si trovi comunque in una situazione didisagio, in quanto, per una qualche ragione, non puòcomunicare quello che gli sta succedendo.L'atteggiamento di Freud in questa situazione è statolungimirante, almeno nella prima fase, nel senso cherispondeva a tono e non incalzava mai il collega più

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giovane perché riferisse sul caso. Freud si limitava acommentare ciò che gli veniva detto.Dalle lettere sembra che Sabina Spielrein sia stata laprima paziente psicotica che Jung abbia trattato inmaniera analitica. Questa ragazza pare apparentementeguarire, si iscrive al corso di laurea in medicina e si laureacon una tesi sull'interpretazione psicologica dei fenomenipsicotici. La tesi di laurea ha a che fare in fondo con deiproblemi personali, e questo in realtà è un fenomeno moltodiffuso.Successivamente, da queste lettere deduciamo cheSabina Spielrein trovandosi in difficoltà con Jung senzadire niente a quest'ultimo scrive a Freud chiedendogli uncolloquio. È un momento interessante: Sabina che eraun'allieva di Jung, ad un certo punto sente il bisogno didistaccarsi da lui e di prendere contatto con Freud.Freud riceverà in seguito la ragazza, che lo mette alcorrente di una situazione « scabrosa » vissuta con Jung;le lettere non indicano niente di più, solo che vi erano statidegli episodi « scabrosi ».Successivamente, sempre dal carteggio, veniamo asapere che Sabina Spielrein si trasferisce a Vienna ediventa allieva di Freud.Un aspetto importante emerge grazie al ritrovamento dìsette lettere che la moglie di Jung scrisse a Freud perchiedergli dei consigli, senza che Jung ne fosse aconoscenza. Ritengo che Jung si sia trovato di fronte adue tradimenti: Sabina Spielrein, sua allieva, va da Freud;la moglie, che era stata da lui analizzata, scrive a Freudchiedendogli pareri su come si dovesse comportare nellasituazione creatasi con il marito.Un doppio tradimento, dunque, perché entrambe le donneerano state analizzate da Jung e si sono rivoltesuccessivamente a Freud.Nel 1974, quando fu pubblicato il testo inglese dell'epi-stolario Freud/Jung, feci la recensione (3) del libro eavanzai una congettura: il « doppio tradimento » dovevaessere stato un nodo talmente cruciale nella vicendaprivata di Jung tanto da incidere profondamente nonsoltanto nella storia dei rapporti con Freud ma

(3) A. Carotenuto, Recen-sione a « The Freud/JungLetters », Rivista di Psico-logia Analitica, n. 2, 1974.

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(4) A. Carotenuto, Senso econtenuto della psicologiaanalitica, Torino, Bo-ringhieri,1977.

anche, e soprattutto, nello sviluppo delle sue concezioniteoriche, e forse anche di quelle dello stesso Freud. E dueanni dopo, nel 1976, in Senso e contenuto dellaPsicologia Analitica (4), riprendevo questa « avventata »congettura e, pur non avendo trovato nel frattempo alcuna« pezza d'appoggio » alle mie affermazioni, ribadivo ilconcetto che questa misteriosa paziente doveva averlasciato il segno non solo nella vita di Jung ma nella storiadella psicologia analitica. Ora, nel lessico dellamatematica ' congettura ' è « una proposizionepresumibilmente vera ma non dimostrata »; ma nel campodella ricerca storica — nella nostra come in qualsiasi altradisciplina — il fatto che un'affermazione non sia statadimostrata vera comporta il rischio che venga dimostratafalsa. Sicché in questo campo azzardare una ' congettura 'è un'azione di cui ci si potrebbe in seguito pentiròamaramente... Ma, come dice il proverbio, « la fortunaaiuta gli audaci » — consentitemi questa espressione unpo' ... audace; si tratta di un'audacia un po' particolare:non si rischia certo la vita, però credibilità e prestigio sì.Allora: « la fortuna aiuta gli audaci ». I proverbi, più che lasaggezza, sono la pigrizia dei popoli; ma in questo c'è unaprofonda verità psicologica: se abbiamo il coraggio di fareil primo passo, di arrischiarci, è probabile che il reale civenga incontro, accorciando ulteriormente le distanze. Ècome se la realtà avesse bisogno di essere « stuzzicata »per accorgersi di noi, prenderci in considerazione e, almomento giusto, premiarci.Tutti hanno sentito parlare della tomba di Tutankhamon: loscopritore, Carter, ebbe la precisa intuizione che quellatomba si trovasse in un certo punto preciso, dove scavòper oltre dieci anni con la sicurezza di trovarla, comeaccadde effettivamente nel momento in cui gli furono toltetutte le sovvenzioni. Sempre nel campo dell'archeologia,un esempio ancora più vicino a noi è dato da Matthiae, Ioscopritore di Ebla, una città sepolta del medio oriente,famoso non solo per questa scoperta, ma anche perché ful'unico a sostenere che si doveva scavare in quel punto.

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Tutto questo serve a dire che dobbiamo essere sempre «audaci » e non farci imbrogliare dal timore di fallire,perché se provochiamo la realtà con le nostre ipotesi,questa ci ripagherà.Per una serie di circostanze fortuite il mio libro arriva inSvizzera e viene letto da un professore di circa 80 anni ilquale, vedendo il nome di Sabina Spielrein, si ricorda diaver notato in qualche posto di un istituto di Ginevra dellecarte in cui compariva quel nome. Nel sotterraneodell'Istituto, tra materiale destinato ad essere gettato, ilprofessore ritrova quelle carte e le spedisce in Italia. Sitrattava di documenti preziosissimi: lettere autografe diFreud e di Jung e lettere e diario autografi di SabinaSpielrein.Arrivano questi documenti, scritti ovviamente in tedesco,ma, come sensazione profonda, capisco di avere in manola chiave risolutiva del problema. Mi misi in contatto conuna traduttrice che traduceva giorno per giorno quelmateriale e ogni sera ne potevo leggere alcune pagine.Per me è stata un'esperienza entusiasmante, perché eroil primo al mondo a mettere gli occhi e le mani su dei fattiche nessun altro conosceva.Quindi, avevo fatto una congettura mettendo insiemepochi dati, traendo da essi delle conclusioni che anda-vano oltre, ma ora la realtà confermava le mie ipotesi. Èinutile che dica quanto fui soddisfatto quando il mio sforzodi immaginazione fu dimostrato valido dal ritrovamentodei documenti. Una volta tradotti interamente, mi trovai difronte ad una grande tragedia, ma avevo anche il graveproblema di cosa fare di questi inediti: bruciarli, pubblicarlio mandarli indietro.Bisogna sempre rispettare la vita dei privati cittadini, dellepersone assolutamente anonime che non incidono sullanostra esistenza e per i quali deve valere la massimariservatezza; quando però si hanno delle informazionifondamentali che ci permettono conoscenze nuoveriguardo a personaggi che hanno inciso sulla nostra vita,il discorso della riservatezza è completamente diverso.Chi si da in pasto all'opinione altrui con la suaintelligenza, sfidando le convenzioni,

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perde il diritto alla riservatezza perché la sua vita illuminail suo pensiero e ci offre delle informazioni per capiremeglio quello che abbiamo imparato. Non si trattavadunque di rivelare la corrispondenza privata di unanonimo, ma di evidenziare l'importanza che Freud, Junge Sabina Spielrein hanno avuto nella disciplina di cui cioccupiamo.Entrai allora in corrispondenza con Anna Freud e nonebbi nessuna difficoltà a ottenere il permesso per lapubblicazione. Esiste a Londra una società che si occupadi ricavare denaro dai documenti di Freud. Mi chiesero400 sterline per il permesso di pubblicare le sue lettere.Per avere questi copyright occorre arrivare fino allaquarta generazione. Per Jung feci la stessa richiesta aglieredi, ma questi credettero opportuno esercitare il dirittodi veto, non so se scambiando per pettegolezzo la ricercastorica — in ossequio al precetto « i panni sporchi silavano in famiglia fino alla quarta generazione » — operché convinti che la fama del loro illustre avo fosseaffidata, più che alle sue straordinarie scoperte distudioso, a una vita « specchiata » e immacolata, forse invista di un eventuale processo di beatificazione.Fatto sta che gli eredi di Jung negarono il permesso dipubblicarne le lettere. Il permesso è arrivato dopo lalettura di questa relazione. (Si veda ora la traduzionetedesca del libro di Aldo Carotenuto, Tagebuch einerbeimi ichen Symmetrie, Werlag Traute Hensch, Frei-burg,1986). C'era anche il problema di avere il permesso dallafamiglia di Sabina Spielrein. Ella, partita originariamentedalla Russia, era tornata nell'Unione Sovietica, ed è lì cheindirizzai le mie ricerche; ma scoprii che era praticamenteimpossibile avere certe informazioni. Misi anche degliannunci su un giornale di Vienna e su un giornaleamericano ma inutilmente. Solo dopo la pubblicazione dellibro, e il clamore che ne seguì, uno studioso svedese, M.Ljunggren, fece ricerche più fortunate delle mie, e potèprovare che Sabina Spielrein era stata uccisa nel 1941, inquanto ebrea, dai tedeschi che avevano occupatoRostov, mentre il marito era morto qualche anno prima.

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Fu così che decisi di scrivere il mio libro su questavicenda anche senza il ' placet ' degli eventuali eredi dellaSpielrein, e cioè proprio quello tra i personaggi che piùdegli altri ne aveva fatto le spese, uscendone « con leossa rotte » (non a caso, infatti, il primo titolo che mi eravenuto in mente era una frase idiomatica italiana, unametafora popolare: « Un vaso di coccio tra due vasi diferro »).A pensarci bene, se dovessimo sul serio privilegiare uncriterio « agiografico », dovremmo dire che in realtà il «vaso di coccio », Sabina Spielrein, esce da questavicenda non solo molto meglio dei due « vasi di ferro » trai quali è stata se non proprio schiacciata almeno «incrinata » a vita. ma addirittura con l'aureola del martirio.Ma anche se ci atteniamo, correttamente, a un criterio piùsostanziale, e cioè quello del debito che la psicoanalisi ela psicologia analitica hanno nei confronti di chi hacontribuito alla loro crescita, dobbiamo dire che laconoscenza di questa vicenda da finalmente alla figura diSabina Spielrein il rilievo che merita nella storia dellapsicologia dinamica.Il mio libro conteneva un'esposizione e un commentodettagliato dell'intera vicenda, e, come materiale do-cumentario, il diario di Sabina Spielrein, le sue lettere aJung e a Freud, e le lettere di Freud a Jung e a Sabina.Quanto alle lettere di Jung, visto che il ' veto ' degli eredimi impediva di pubblicarle per intero, ero costretto alimitarmi a piccoli cenni sul loro contenuto.Ho affermato in precedenza che una visione corretta deiproblemi connessi alla ricerca storica nell'ambito dellanostra disciplina, come di qualsiasi altra, non giustifica inalcun modo l'atteggiamento di « chiusura » degli eredi diJung. Ma non ho difficoltà a riconoscere che se non sitiene conto dei diritti della ricerca, quell'atteggiamentonon appare del tutto inspiegabile; non per il contenutodelle lettere d'amore di Jung a Sabina, perché amare noncostituisce mai reato, ma per le idee espresse in quellescritte e spedite quando in Jung quell'amore non c'erapiù, o

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(5) J. Cremerius, Prefazione aA. Carotenuto, Tagebucheiner heimlichen Symmetrie,Freiburg, Verlag TrauteHensch, 1986, pp. 9-10.

(6) V. McGuire (a cura di),Lettere tra Freud e Jung, op.cit., p. 258.

(7) J. Cremerius, Prefazionea Tagebuch einer heimlichenSymmetrie, op. cit., p. 11.

comunque egli aveva bisogno di scrollarselo di dosso inun modo o nell'altro.Ed è doveroso aggiungere che in questa fase dellavicenda anche il comportamento di Freud non appareentusiasmante. Come sottolinea Cremerius nella pre-fazione all'edizione tedesca del mio libro, emerge unacomplicità tra i due uomini — Jung e Freud — « neiconfronti della donna che si è abbandonata alla seduzionedi un uomo », « nello stile della duplicità della moralevittoriana: nel momento in cui Jung vuole troncare ilrapporto perché minacciato da uno scandalo (la madre diSabina, informata anonimamente dalla signora Jung sututto l'affare, ha intenzione di andare a trovare il superioredi Jung, il professor Eugen Bleuler), e volendo salvare lacarriera e il matrimonio, tutti e due, Jung e Freud,condannano Sabina perché non vuole rinunciare a Jung,cioè non vuole capire che deve tirarsi indietro di fronte allacarriera e al matrimonio ». Cremerius rincara la dose eprecisa l'accusa quando aggiunge che « la lettera cheFreud scrive a Sabina l'8 giugno 1909, dopo che lei stessal'aveva informato del fatto, ha un unico scopo quello diproteggere Jung: egli dice che non considera Jung capacedi un'azione superficiale e disonesta. Egli la invita a fareun esame di coscienza, a reprimere i suoi sentimenti perJung, e soprattutto a ' non compiere alcuna azione esternae a non coinvolgere terze persone '... » (5).E infatti Jung, in una lettera del 10 luglio del 1909, rin-grazia Freud « di cuore per il Suo amichevole aiuto nellafaccenda Spielrein, che si è risolta ora in modo positivo »(6). La positività della conclusione consiste, per Jung eFreud nel non aver ricevuto danni dalla vicenda. Comesottolinea Cremerius: « Di fronte allo scandalo entrambihanno paura: Jung ha paura per la sua carriera e il suomatrimonio, Freud teme per il futuro del movimentopsicoanalitico. Freud aveva immaginato Jung come suodiretto successore, parlava di lui come dell" uomo delfuturo', il suo erede al trono » (7).Non c'è dubbio, non ci dovrebbero essere dubbi, che

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sia questo il momento o l'aspetto più « aberrante »dell'intera vicenda — tanto che Cremerius giustamenteconclude definendo Sabina Spielrein « una vittimasull'altare della scienza e della politica di potere ». Eppureho dovuto constatare, anche personalmente, che a farscalpore e a colpire la fantasia di chi viene a conoscenzadi questa storia è un altro elemento: quando nel 1982 feciuna conferenza su questo argomento a New York pressola Società psicoanalitica americana avevo da parte degliuditori una sola domanda: se tra Jung e Sabina ci fossestata una carnai knowledge, una conoscenza sessuale.Sembrava che questo fosse l'unico e vero problema cheangustiava i nostri colleghi americani. E continua a esserela domanda principale che tutti mi pongono, e quindisembra essere per gli altri il problema più importante.Parlerò in seguito, in termini più generali, del problemarelativo a ciò che può realmente accadere all'interno di unsetting analitico.Se proprio vogliamo dar peso a questo aspetto del ' casoSpielrein ', direi che è bene separare le ' notizie ' dalle 'congetture '. Le ' notizie ', nel nostro caso, sono le parolescritte dai protagonisti, che essendo talvolta sincere etalvolta reticenti, ma mai esplicite, non offrono immagini «ad alta definizione ». Quanto alle congetture, rimando a uncommento di un autore americano. Bruno Bettelheim (8),che mi ha dedicato ben otto pagine sul New York Reviewof Books nel 1983 per dimostrare che il mio libro, contro lemie intenzioni, rivela inequivocabilmente che tra Jung eSabina ci fu un rapporto sessuale.Anche se Bettelheim afferma che io « mi affanno aproteggere Jung », aggiungerò un argomento a favoredella sua ' congettura ': nel Diario, Sabina, quando parladei suoi incontri con Jung, usa spesso il termine « poesie »seguito da puntini di sospensione. Si sa che nellaRecherche di Proust ricorre un'espressione, « fare cattleya», che indica in maniera cifrata il rapporto sessuale; eJoyce e Lawrence adottarono ' cifre ' analoghe.La letteratura abbonda di esempi del genere, soprat-

(8) B. Bettelheim, « Scandaloin famiglia », Rivista diPsicologia Analitica, n. 28,1983.

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(9) H. Ellenberger, Lascoperta dell'inconscio,Torino, Boringhieri, 1972, p.1037.

tutto negli epistolari. Ma non solo la letteratura: quasi ognicoppia adotta, nel parlare di ' quel ' fatto, nell'evocarlo orievocarlo, una definizione convenzionale che ha corsolegale solo per quelle due persone; e non tanto, come traagenti segreti, per fuorviare eventuali terzi (risultatopiuttosto improbabile data l'eloquenza dei contesti): quelloche questo ricorso alla ' cifra ' rivela è semmai la caricaemozionale e drammatica che l'uno o l'altro o ambedue icomponenti la coppia annettono al fatto cui alludono. Eallora chi ad ogni costo vuoi dire pane al pane, e nonputacaso ai biscotti da tè, ha il diritto di supporre che peruna ragazza come Sabina Spielrein i « fatti » più dramma-tici da non poter essere neppure nominati, fosseroappunto gli « atti innominabili ». Al di là degli aspetti «umani » della vicenda Jung-SpieIrein, vediamo che cosaessa può avere significato nella storia della psicoterapiaanalitica.È un fatto che le prime grandi scoperte teoriche di questadisciplina sono nate dall'incontro di un analista di sessomaschile con una paziente (9). Niente di strano, del resto,visto che le probabilità statistiche andavano fatalmente inquella direzione: gli psicoterapeuti erano tutti uomini, e trai pazienti le donne erano una rilevante maggioranza.Sicché non c'è troppo da meravigliarsi che due * casi ' diquesto tipo rappresentino delle autentiche pietre miliari nelcammino della terapia analitica: il « caso Anna O. » perFreud e il « caso Sabina Spielrein » per Jung; sonosorprendenti, semmai, certe analogie tra questi due casi.Sabina fu la prima paziente « analitica » per Jung, e AnnaO. fu la prima paziente su cui Breuer aveva sperimentatoper la prima volta la cosiddetta « terapia catartica ».L'una e l'altra si innamorarono del rispettivo terapeuta, el'una e l'altra furono, più o meno drammaticamente,ricambiate. Entrambe rischiarono di mettere in crisil'assetto matrimoniale del terapeuta, ed entrambe furonosconfitte; e di quella sconfitta portarono a lungo la ferita. Èvero che Breuer fuggì letteralmente dalla

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sua paziente quando si rese conto che il rapportosomigliava in maniera inquietante a una relazioneamorosa, mentre Jung accettò il coinvolgimento; ma allafine anche Jung voltò le spalle all'amore e alla paziente,cedendo a un'ulteriore analogia: una sorta di aut-aut daparte della moglie — esplicito nel caso di Breuer eimplicito in quello di Jung.Ultima somiglianza, la più importante: inconsapevolmenteo meno, sia Anna O. che Sabina Spielrein diedero ungrande contributo alla crescita della terapia analistica. IIprimo effetto positivo dell'amore di Anna O. per il suoterapeuta fu che, grazie alle sue ' avances ', Breuercedette precipitosamente il posto a Freud, con il beneficorisultato che, dove Breuer — tutto preso come era dallacertosina, maniacale ricerca del « trauma originario » —aveva visto un solo malaugurato incidente di percorso, unbastone tra le ruote dell'analisi, Freud vide la conferma diuna sua precedente, straordinaria intuizione: che i risultatidella terapia ipnotica fossero dovuti, più che alla sapienteapplicazione di « tecniche suggestive », a un campo rela-zionale che si instaurava tra paziente e terapeuta (10). Maanche a Breuer, Anna O. aveva insegnato qualcosa:gli aveva rivelato, per dirla ancora con le parole diCremerius, « il valore del parlare liberamente, senzafinalità, e aveva coniato per esso il termine ' talking cure ' el'altro ' chimney sweeping ' » (11).E passiamo a Sabina Spielrein. Vedremo più avanti cheanche Freud trasse grandi ammaestramenti e dalla suadrammatica vicenda con Jung e, direttamente, da alcuneintuizioni di lei. Ma evidenziamo anzitutto che cosa Sabinaè riuscita ad insegnare a Jung; se è vero, come è vero,che sbagliando si impara, vediamo in quali errori, salutariai fini della conoscenza, l'amore di e per Sabina ha indottoJung.Dalle lettere che Jung scrive a Sabina e dal diario dellaSpielrein noi ricaviamo un aspetto particolarissimo di Jungche non sarebbe mai emerso se non si fosse trovato inquella situazione.Il rapporto con questa paziente è riuscito a far emergereuna dimensione che ha sorpreso lo stesso Jung,

(10) A. Carotenuto, La co-lomba dì Kant, Milano,Bompiani, 1986, p. 85.

(11) J. Cremerius, Prefa-zione a A. Carotenuto,Tagebuch einerhelmllchen Symmetrie,op. eli, p. 28.

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tant'è vero che, in una lettera a Sabina, Jung afferma chea volte bisogna essere indegni per poter sopravvivere.Ciò significa che egli si è trovato in estrema difficoltàperché ha dovuto lottare tra due doveri fondamentali,quello del professionista che si impegna a salvare unapersona obiettivamente più debole sul piano psicologico,e il dovere di un uomo che si innamora di una donna. Ionon sarei tanto tranquillo nella valutazionedell'importanza rispettiva di questi due doveri. Jung èstato preso in trappola da questa doppia situazione. Chesi fa in questi frangenti? In genere le persone tendono amantenere un compromesso. ma i compromessi nonsono mai adeguati: nel tentativo di salvarsi, Jung, più chepensare alla dimensione psichica della propria paziente,pensa alla propria, lo credo che in quel momento luiabbia percepito veramente che cosa significhi « Ombra »psicologica, la nostra immagine è sempre « pulita » senon ci troviamo in certe situazioni particolari e se nonveniamo messi alla prova. In un simile caso è molto facileche gli elementi che abbiamo sempre tenuto distanti,perché riprovevoli, emergano: sono momenti necessariperché si esteriorizzi il nostro diavolo —termine che Jung,tra l'altro, usa spesso nelle lettere alla Spielrein. In questafase in cui Jung è costretto a difendersi di fronte agliattacchi, assolutamente giustificati, della paziente a suavolta innamorata, lui attiva una serie di comportamentiche potremmo definire, secondo una morale comune,riprovevoli.Sembra che Jung, messo in difficoltà dalle pretese diSabina, scrive una lettera alla madre della giovane, ri-portata nel carteggio che la Spielrein tenne con Freud. Inessa si legge: « (...) Potevo abbandonare facilmente ilruolo di medico perché non mi sentivo impegnato cometale, non avendo mai preteso un onorario. È quest'ultimoche segna chiaramente i limiti ai quali è sottoposto ilmedico. Lei capirà che è impossibile per un uomo e unaragazza avere alla lunga soltanto rapporti d'amicizia,senza che a un certo punto subentri qualche altra cosa(...) per rimanere nella posizione di medico, come Leidesidera, Le propongo di

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fissare un adeguato onorario per le mie prestazioni. Inquesto modo Lei sarà assolutamente sicura che iorispetterò in ogni circostanza il mio dovere di medico (...) ilmio onorario è di Fr. 10 per consultazione » (12). Il nostrocompito è quello di comprendere quanto è accaduto,escludendo le formulazioni di giudizio, perché levalutazioni morali non ci insegnano nulla. Vorrei chiarireche non ho nessuna intenzione, ne mai l'ho avuta, didifendere Jung: quello che è importante è proprio lo sforzodi capire psicologicamente che cosa stesse accadendo. Sipuò immaginare la mia sorpresa di fronte a unatestimonianza del genere.Possiamo avanzare un'ipotesi esplicativa: il fatto dichiamare in causa l'elemento denaro può essere intesacome la possibilità di far intervenire un nuovo elementoall'interno del rapporto: ossia trovare un gancio a cuipotersi aggrappare. Il denaro diventa un terzo elementonella relazione, come se potesse garantire a Jung lapossibilità di mettersi in relazione con Sabina entro i limitidella correttezza professionale. In un certo senso questodiscorso non è neanche del tutto sbagliato, perché ilrapporto analitico è particolare in quanto si basa suisentimenti più segreti e più vergognosi, che nonesporremmo mai a nessuno, e non avrebbe senso se nonfosse così. Allora, l'esposizione di sentimenti molto delicatie privati può creare un coinvolgimento pericoloso perchénon c'è nessuna situazione dove si sta così a nudo comenell'analisi. Il passaggio del denaro può essere undeterrente e in genere funziona; questa dimensione «terza » può diventare un freno alla tentazione di lasciarsiandare a una situazione « seduttiva » per definizione. Unfreno perché rammenta, cita, richiama il contratto, e conesso la strumentalità di ciò che sta accadendo, il fineterapeutico e non « gratificatorio ». Il denaro fa da 'momento ': ricordati, psicoterapeuta, che stai dando unaprestazione professionale — che certamente non è quelladel taxi-boy — e che la paziente, dal momento che ti pagaun onorario, ha il diritto di pensare in fondo a se stessache almeno tu non perderai la testa, anche se poi farà ditutto per fartela

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(12) C.G. Jung, in A. Ca-rotenuto. Diario dì una segretasimmetria, op. cit. p. 151-152.

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perdere. Lei per prima cercherà di dimenticare quelcontratto, ma in fondo a lei resterà la certezza rassicu-rante che tu non Io dimenticherai. È un po' come lospettatore del film dell'orrore, per il quale dimenticare ditrovarsi dinnanzi a una finzione è la conditio sine qua nonper « godere » lo spettacolo, ma la consapevolezza solo« accantonata » che si tratti appunto di una finzione èfondamentale per prestarsi a una esperienza cosìinquietante.Possiamo anche dire che in queste situazioni la pazientevuole dall'analista l'impossibile — visto che gli chiede coneguale forza di lasciarsi andare e di non lasciarsi andare.È necessario, però, aggiungere che il ' contratto ' imponedi trovare una soluzione a questo paradosso; nonpossiamo negare entrambe le richieste. Dobbiamolasciarci coinvolgere, « starci dentro fino al collo » eanche più, senza ' annegare '. C'è una metafora che siusa spesso, per la quale l'analista deve « tenere la testaalmeno fuori dall'acqua ». Secondo me non è del tuttoesatta; visto che parliamo di nuoto io direi che l'analista,se vuole nuotare bene e spedito, deve fare come ilnuotatore di ' crawl ': la sua testa sarà quasicompletamente sommersa, la sua bocca a pelo d'acquasarà sempre lì lì per « mandar giù », per « bere » anziché« respirare '»... So di molti colleghi che si ostinano anuotare con la testa ben alta, sì da non bagnarsinemmeno la chioma, ma nuotano male, e non respiranomeglio.

Abbiamo evidenziato che anche Freud trasse alcuniammaestramenti dalla vicenda di Jung e Sabina Spiel-rein (oltre che da certe intuizioni di Sabina).È ormai chiaro che 'Freud capì profondamente i problemidel transfert e del controtransfert anche attraverso il casodi Jung e Sabina, perché incominciò a parlare di 'controtransfert ' proprio sulla scorta di questa esperienzadi Jung. Come scrive Cremerius: « Sembrerebbe che ilrapporto medico-paziente di cui riferisce Carotenutoabbia aperto gli occhi a Freud. Se si seguono le tappedella tragedia Spielrein, si nota

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che le date in cui Freud ha appreso di più su di essa sisovrappongono con le date in cui egli ha scoperto aspettinuovi della dinamica del transfert e del controtransfert. Sefinora aveva ritenuto che il transfert fosse in opera soltantonel rapporto tra il paziente ed il suo analista, egli scopre,dalle lettere di Jung del 7 marzo 1909 (in cui Jung parla diuna paziente, riconoscibile poi in Sabina, che minaccia unoscandalo perché lui non vuole un figlio da lei) e del 9marzo (13), che anche gli analisti possono rimanere «scottati dall'amore con cui operiamo, sono questi i pericolidel nostro lavoro » (14).Dopo che Jung il 4 giugno Io aveva informato super-ficialmente sul rapporto, la risposta di Freud, tre giornidopo, dimostra quanto il problema lo faccia riflettereriguardo alla teoria: « Esperienze del genere, sebbenedolorose, sono necessarie e difficilmente ci si può sottrarread esse. Solo dopo averle vissute si conoscono la vita eciò con cui si ha a che fare. Quanto a me, non ci sonocascato del tutto, ma alcune volte mi ci sono trovato assaivicino e ho avuto a narrow escape (...) Ma non fa nulla. Cisi fa in tal modo la necessaria pelle dura, si domina lacontrotraslazione in cui ci si viene a trovare ogni volta, es'impara a spostare i propri affetti e a piazzarli in modoopportuno. È a blessing in disguise » (15).Questa è la prima volta che l'espressione « controtransfert», che successivamente diventerà un termine scientifico,appare nella letteratura psicoanalitica. Freud riconoscesubito la grande importanza del fenomeno e nel marzodell'anno successivo, nel corso di una conferenza intitolataLe prospettive future della terapia psicoanalitica che eglitiene al II Congresso Internazionale di Psicoanalisi diNorimberga (conferenza che verrà pubblicata Io stessoanno nel Zentralblatt fur Psychoanalyse) egli così siesprime: « Altre innovazioni della tecnica riguardano lapersona del medico stesso. Abbiamo acquisito laconsapevolezza del " controtransfert " che insorge nelmedico per influsso del paziente sui suoi sentimentiinconsci, e non siamo lungi dal pretendere che il medicodebba

(13) W. McGuire (a cura di), Letteretra Freud e Jung, op. cit., pp. 223 e227.

(14) J. Cremerius, Prefazionea A. Carotenuto, Ta-gebucheiner heimllchen Symmetrie,op. cit.. p. 21.

(15) Ibidem, p. 248.

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(16) S. Freud, « Le pro-spettive future della terapiapsicoanalitica » (1910), Opere1909-1912, Torino,Boringhieri, 1974, pp. 200-201.

(17) Ibidem.

riconoscere in sé questo controtransfert e padroneg-giarlo... abbiamo notato che ogni psicoanalista procedeesattamente fin dove glielo consentono i suoi complessi ele sue resistenze interne »{16). E adesso egli fa unaproposta, da cui riconosciamo il grado della suapreoccupazione, per diminuire questo pericolo:« Noi pretendiamo quindi che egli inizi la sua attività conun'autoanalisi e la approfondisca continuamente mentrecompie le sue esperienze sui malati. Chi non riesca aconcludere nulla in siffatta autoanalisi, può senz'altroabbandonare l'idea di essere capace di intraprendere untrattamento sui malati » (17).Freud arriva a dire che il medico deve stare molto attentoa riconoscere i sentimenti che nascono all'interno dellarelazione con la sua realtà di « uomo », perché ognivissuto va letto nella specificità della situazionepsicologica. Bisogna stare sempre attenti a non credereche certe dimensioni derivino dalla realtà personaledell'analista. Questi viene visto come un « dio protettore »,ma non deve identificarsi con tale immagine. Per evitareciò occorre avere un'elevata consapevolezza di sé, perchéla proiezione ricevuta di contenuti tanto potenti e seduttiviagisce con molta forza. I capipopolo vanno sempre a finirmale perché diventano gli idoli di una situazione di massa,non ascoltano più nessuno, si identificano con l'immagineche la massa adora, e poiché in realtà non sono nientecadono alla prima occasione.Jung era molto giovane e non era stato analizzato, almenonel modo in cui noi intendiamo il procedimento analitico, equindi era facile che una paziente sofferente di gravidisturbi psicotici, avesse una maggiore capacità, rispetto aipazienti nevrotici, di snidare dall'interno quelle dimensionipsicologiche che Jung aveva tenuto nascoste fino adallora.Nel chiederci quali potessero essere gli aspetti celati,dobbiamo considerare che la vita privata, ma soprattuttoquella relativa ai sentimenti, gioca un ruoloimportantissimo nel rapporto analitico. Jung, infatti, propriosotto l'influenza di Sabina scopre la sua natura « poligamar, nel senso che capisce come sia

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necessario per lui mantenere attivo il mondo emotivoattraverso una pluralità di interessi. È come se una solaesperienza, nell'ottica di Jung, non fosse per lui sufficientea placare quella fame emotiva che deriva dal desiderio diavere un rapporto con un'altra anima. Nel momento in cuiscopre questo, chiarisce a se stesso che, fino a quelmomento, la monogamia era stata soltanto una copertura,tenuta in piedi a caro prezzo, a forza di elementi educativirepressivi.Quando Jung, che è già sposato, incontra Sabina e siaccorge che i suoi sentimenti si attivano — « solo a mepoteva capitare una cosa del genere e maledico il giorno incui l'ho conosciuta », dice in una lettera a Sabina — mettea fuoco finalmente un suo nuovo aspetto psicologico, per ilquale la sua fedeltà, a cui credeva, va in frantumi. In quelmomento Jung scopre un lato della vita che per lui èfaticoso e problematico, vuole da Sabina un amore «diverso », libero, affrancato dai vincoli della rispettabilitàborghese. Ma, poiché non intende rinunciare a ciò — inconcreto al suo matrimonio — individua in sé quella che hodefinito « la sua dimensione poligama ». Per scaricarealmeno in parte i sensi di colpa per aver abbracciatoun'etica così criticabile, non esita a ricorrere a unachiamata di correo: « In tutta questa faconda ho tenutoconto un po' troppo delle idee di Otto Cross », scriverà aFreud il 4 giugno del 1909; « Gross e la Spielrein sonoamare esperienze. Non ho dato tanta amicizia a nessunodei miei pazienti, e con nessuno ho mietuto tanto dolore »(18). (In una precedente lettera a Freud, Jung avevaspiegato quali fossero le idee di Otto Cross: « II dottor OttoGross mi ha detto che, poiché egli trasforma le persone inimmorali sessuali, ha eliminato subito la traslazione sulmedico. La trasla-zione sul medico e la fissazioneperdurante che essa comporta non è altro, dice, che unsimbolo monogamico, e quindi come simbolo di rimozionefa sintomo. Lo stato veramente sano per il nevrotico è,sempre a suo parere, l'immoralità sessuale » (19). Nellastessa lettera Jung confessava a Freud di invidiare Cross

(18) W. McGuire (a cura di), Letteretra Freud e Jung, op. alt., p. 246.

(19) Ibidem, pp. 96-97.

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(20) Ibidem, p. 99.

(21) S. Spieirein cit. in A.Carotenuto, Diario di unasegreta simmetria, op. cit. p.151.

per il fatto che « riesce a sfogare senza limiti i suoi istintipoligami »(20).La stessa Sabina, anche lei scrivendo a Freud, con-fermerà icasticamente: « Egli predicava la poligamia, esua moglie avrebbe dovuto essere d'accordo » (21). AFreud, come collega più anziano e più esperto, Jung sirivolse subito, appena il ' caso Spielrein ' si mostrò ancheil suo « caso ». Possiamo ipotizzare addirittura che lacorrispondenza tra i due sia iniziata proprio per lamotivazione e il desiderio di Jung di discutere con Freuddella particolare esperienza. Infatti, già nella secondalettera a Freud, Jung parla di questo ' caso ', pur senzacitare il nome della paziente, e in maniera così ellittica edenigmatica — probabilmente perché vissuto con sensi dicolpa — che Freud farà una gran fatica a mettere a fuocoil problema. Un altro motivo emerge da questo rapporto. Ètipica della psicologia junghiana la formulazione di unaspetto psichico « altro » contrapposto alla identità ses-suale cosciente. Nel momento in cui un uomo sente uninteresse verso una donna, la psicologia analitica affermache tale interesse è mediato dalla dimensione animica,femminile, interna, e nel caso di una donna, dalladimensione anima maschile. La possibilità di dialogo conl'altro sesso, teorizza Jung, non è tanto connessa allarealtà della persona che abbiamo di fronte, quanto allatraduzione dell'immagine interna femminile o maschile. Èipotizzabile che tale enunciazione derivi propriodall'incontro con Sabina Spielrein. Jung scriverà nei suoiRicordi, che in preda a delle allucinazioni, parlava convoci femminili; è così che si rese conto dell'esistenza diuna parte controsessuale psichica: scopre che gli aspettiche lo interessavano all'esterno erano in realtà laproiezione dei suoi desideri interni: Io sguardo che ciaffascina e ci irretisce non ha a che fare con la realtàoggettiva dell'altra persona, ma con la personale realtàpsichica. Tutte le volte, dunque, che mi trovo in situazioniemotive difficili nella relazione con l'altro sesso, più cheindagare sull'altro debbo indagare su me stesso. Se ho unsovrano disprezzo per il femminile, sarò gui-

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dato nelle mie scelte inconsce verso donne che giusti-fichino il mio disprezzo. Se ho un'immagine femminileinferiore negativa, temibile — e questa immagine ha a chefare probabilmente con le esperienze primitive di rapportocon il femminile — sarà orientato inconsapevolmente,nelle mie scelte, verso donne effettivamente capaci dimettere in crisi la mia serenità interiore. Si tratta dei bennoti concetti junghiani di Anima e Animus, che, comedicevo, a mio parere sono stati suggeriti a Jung dalla suaesperienza con Sabina Spielrein. A questo proposito, sevolessimo tentare di tracciare un « identikit » della figurafemminile inferiore di Jung, della sua Anima, dovremmotener conto — oltre che delle sue personali confessioni —sia degli indizi e delle testimonianze che ci offre la suabiografia di uomo e di studioso, sia dei topo/' culturalidell'epoca e della società in cui visse e operò. Sul pianoteorico, per quanto riguarda quindi il suo itinerario distudioso, sappiamo che Jung ebbe sempre una forteavversione per la concezione freudiana di una matricesessuale dei comportamenti umani. Questa resistenza,questo rifiuto di riconoscere un peso determinante alladimensione sessuale nella vita umana, trova un singolare 'controcanto ' sul piano pratico, biografico, ancheaneddotico: Jung si trovò sempre male nei rapporti in cuifaceva capolino o era di scena il sesso. È lecito sospettareche il ' no ' teorico di Jung al pansessualismo freudianofosse un ritrarsi d'innanzi a un problema scottante, unprendere le distanze da un tematica che lo toccava troppoda vicino. Possiamo arguire, con una buona dose dicertezza, che la figura femminile era vissuta da Jungquanto meno come inquietante, qualcosa che attrae espaventa al tempo stesso, come l'ignoto o l'abisso.Ma se vogliamo mettere maggiormente a fuoco la ' figuraanimica ' interiore di Jung, dobbiamo anche verificarequale fosse l'immagine femminile « corrente » nell'epoca enella società in cui fu educato, nell'aria che respirava —per non rischiare di scambiare per tratto individuale epeculiare quello che era un topoi comune a un interoambiente culturale.

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(22) J. Cremerius, Prefazionea A. Carotenuto, Ta-gebucheiner heimlichen Simmetrìe,op. cit., p. 24.

Nella prefazione al mio libro sulla vicenda Jung-Sabina-Freud, Cremerius scrive che Freud, dinnanzi all'inquietanteproblema del transfert, « fece ricorso alle fantasie maschilie ai fantasmi tipici della sua epoca per interpretare ilfenomeno, fantasie che vengono rappresentate daMaupassant (l'autore preferito di Freud), da Schnitzier,Strindberg, Wedekind, eccetera. La femmina come ‘ Lulu ',come pericoloso animale pulsionale che distrugge il mondomaschile di ordine e di spirito » (22). Poiché subito dopoCremerius cita una frase di Jung scritta a Freud — « Lei(Sabina) aveva programmato di sedurmi » — e unasuccessiva di Freud — « l'analista deve indurre la femminainnamorata a rinunciare al suo desiderio ... superando laparte animalesca del suo lo », — questa sintonia tra Freude Jung potrebbe rafforzare il dubbio che esponevo poco fa:più che della figura animica di Jung si sta parlandodell'immagine femminile comune a un determinato mavastissimo mondo culturale di un'epoca che va dall'ultimoquarto di secolo dell'Ottocento fino alla Repubblica diWeimar e magari oltre. Come si può considerare peculiaredi Jung qualcosa che appartiene anche Freud e aMaupassant, a Schnitzier a Strindberg a Wedekind, eancora a HoffmanstahI e Flaubert, Huysmans e Musil, pernon parlare di pittori come Klimt e Schiele, a tutti coloroquindi che hanno espresso lo « spirito dell'epoca »?Sarebbe già qualcosa se potessimo differenziare la ' figuraanimica ' di Jung da quella, per esempio, di Freud, nonarrendendoci a una sommaria ' sintonia ' che rischia diomologare due personalità che sappiamo così diverse.Personalmente ho fatto notare, in un altro mio testo, che lo' stile ' di Jung è lontanissimo da quello di Freud, e non c'èbisogno di ricordare che « lo stile è l'uomo », e che a undifferente modo di organizzare il proprio pensiero non puònon corrispondere un pensare diverso.Un mio ex paziente, scrittore per molto tempo recalcitrantedinanzi alla pagina bianca, sosteneva che Nietzsche erastato « il primo filosofo liberty ». Prendo a prestito questadefinizione e provo ad applicarla

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a Jung: « II primo psicoterapeuta liberty, o jugendstil, osecessione, o art nouveau ». Se Freud era, più che un 'classico ', un figlio dell'Illuminismo, o meglio un figlio diquel figliastro dell'illuminismo che fu il Positivismo, Jungfu, più che un * romantico ', un figlio di quel figliastro delRomanticismo che fu il Liberty, o Modern Style, oFloreale, o Style Nouveau. Come in Nietzsche è « liberty» l'incontro tra un cupo ascetismo di fondo e il primato el'avvento di Dioniso, la leggerezza tormentata dell'ulivoche si contorce tra terra e cielo, l'esaltazione della vitalitàcreatrice e la circolarità del tempo, e sul piano dello «stile » — che non è solo forma o vestito o ' eccipiente ' —la vocazione per le illuminazioni folgoranti, l'aforisma el'allegoria; così in Jung potremmo chiamare « liberty »l'incontro tra un austero misticismo di fondo e un vitalismoindomabile, e il biomorfismo, anzi il « fitomorfismo » dellasua visione del mondo dello spirito — uno sterminatouliveto sospeso tra cielo e terra, gli archetipi come radicisotterranee e l'individuo come lussureggiante proliferaredi rami, fronde e gemme. È il fitomorfismo degli artisti 'liberty ', per i quali ogni essere è una creatura vegetale,che si nutre di umori della terra e di luce, di linfa e difotosintesi, per espandersi rigogliosa in un mondo in cuil'unica legge è la trasformazione, la metamorfosi el'ibridazione.C'è anche in Jung, come negli artisti liberty, l'esotismo, la« cotta » per l'Oriente; e ancestrali reminiscenze gotiche;e, dulcis in fundo, la vocazione per l'allegoria — perchéquesta è la definizione giusta per distinguere i simbolijunghiani, smisuratamente amplificati, dal simbolofreudiano, che è cifra o crittogramma, un semplicespostamento di campo semantico. A questo punto non èforse solo un calembour dire che non c'è troppo dameravigliarsi che Jung, avendo sposato la ' linea curva 'proprio come i pittori ' liberty ', non abbia adottato inamore comportamenti rettilinei. Comunque provando aconcludere, possiamo vedere la figura animicaaccampata in fondo a Jung in qualche modo somigliantealle figure muliebri di Klimt. Sinuosa come un cigno ocome una pantera,

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screziata e iridescente come un serpente o l'arcobaleno;alba e crepuscolo, riposo e sepoltura del guerriero, Eva eLilith, Susanna e Salomè; cedevole come un giunco eieratica come una regina bizantina;Bosch e Arcimboldo: evanescente come un sogno o unincubo, e materiale di frutti succosi; proprio come ungrande albero da frutto, ti accoglie nella sua grandeombra e ti nutre, ma può anche avvinghiartisi come unrampicante e rischiare di soffocarti.Abbiamo detto che la presenza di Sabina Spieirein nellavita di Jung e di Freud ha permesso sia al primo che alsecondo di elaborare delle sensazioni nuove einsospettate, inerenti al rapporto analitico. Per quantoriguarda Freud, abbiamo affermato che molto proba-bilmente alcune definizioni importanti relative al transferte al controtransfert nascono proprio dall'esperienza cheegli veniva facendo attraverso l'analisi «e di controllo »sull'episodio Jung/SpieIrein.Ricordiamo che Sabina, quando si allontana da Jungperché gli eventi stanno prendendo una ' piega ' tuttaparticolare, si avvicina a Freud raccontandogli la storia diintenso amore e di coinvolgimento emotivo che la legavaal suo medico, al suo amico, ad una persona che ad uncerto punto della sua esistenza da terapeuta si trasformain innamorato. È interessante notare come in un primotempo Freud cerchi di affrontare il problema in manieradel tutto endopsichica, vale a dire che tutta l'attenzione èrivolta a Sabina, considerata come unica responsabile diquanto accade. In altre parole, questi momenti di intensocoinvolgimento emotivo tra paziente e analista eranoconsiderati come dei fatti che non avevano a che fare conla realtà, ma solo con la dimensione emotiva delfemminile.Non c'è da stupirsi: abbiamo visto come ai tempi di Freudl'immagine corrente della donna fosse la femminadivoratrice e distruttrice, o quanto meno sedut-trice.Quella stessa cultura ebraico-islamico-cristiana che inpieno Medioevo aveva creato uno dei più memorabili eroieponimi, Don Giovanni, ribalta i ruoli e istituzionalizza laGrande Seduttrice. Il secolo dei lumi è propriotramontato: romantici e positivisti,

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ebrei e gentili, cattolici e calvinisti, tornano, almeno inquesta materia, al Medioevo: non quello della donnaangelicata, ma quello della donna demonizzata. Tutti idiavoli dell'inferno indossano, come armatura per le lorogiostre, un corpo (e un'anima) di donna, come in certiromanzi di fantascienza in cui gli ' alieni ' entrano,letteralmente, nei corpi degli ' umani '.E allora, se in un rapporto tra analista e paziente si profilala seduzione, cherchez la femme! E a quei tempi lafemme era sempre la paziente e mai l'analista, anzi,grazie alla morale vittoriana, che pur prendendo il nomeda una donna era perfettamente a misura d'uomo eperciò frustrava molto più le donne che i maschi, gli studidegli psicoterapeuti erano frequentati quasiesclusivamente da fanciulle e gentili signore (A onor delvero, una volta individuato il responsabile del delitto diseduzione nella paziente, il sesso del colpevole diventa,da quel momento secondario: se al posto di una gentilesignora c'è un gentile signore, per esempio un Otto Crosscon tanto di baffoni a manubrio e cravattino, medicoanche lui ma in questo particolare frangente relegato nelruolo di paziente, lo psicoterapeuta Jung supera ladiscriminazione di sesso e si considera ' sedotto ' ancheda lui — come abbiamo visto nella famosa lettera a Freuddel 4 giugno 1909, in cui accomuna nella stessarampogna Otto Cross e Sabina Spielrein).Coerentemente con questa visione del problema, Freudin un primo tempo prese le difese di Jung, e interpellatoda Sabina le fornì un'interpretazione esclusivamente 'endopsichica ' della vicenda: sia la donnée che il plot deldramma appartenevano solo a lei, erano « tutta farina delsuo sacco »; la situazione esterna e la figura dell'analistanon avevano rilevanza alcuna. In un secondo momento,forse anche perché nel frattempo il rapporto con Jung siera andato deteriorando, Freud ebbe minori difficoltà adammettere una corresponsabilità del terapeuta. Erapossibile, anzi estremamente probabile, che la tempestaemotiva dalla quale Sabina Spielrein era stata travoltanon derivasse soltanto da sue istanze interne ma fossediret-

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tamente legata anche ad alcune pulsioni esterne cheoriginavano dal suo analista. Il controtransfert o « transfertdell'analista » viene considerato in un secondo momentocome corresponsabile di quello che succede nel settinganalitico; bisogna infatti arrivare ai nostri tempi perché ilcontrotransfert diventi il nucleo essenziale dell'analisi.La visione di Freud si modifica tra il 1905 e il 1910, maegli parla malvolentieri, poco e di rado, del controtransfert;ne parla un'ultima volta nel 1914; da allora in tutta la suaelaborazione teorica non affronta più questo tema.Focalizzare il controtransfert, introdu-cendo nel campoanalitico la responsabilità dell'analista, significa dare alterapeuta un carico di responsabilità che non tutti sonodisposti ad accettare, rendendo anche più difficile il gioco.Nell'analisi didattica, il lavoro che facciamo su noi stessiaiuta, in parte, a superare tale difficoltà. Teniamo presenteperò che ne Freud, ne Jung erano mai stati analizzati, equindi con ogni probabilità le loro difficoltà erano maggioridelle nostre. Ancora una volta è necessario affermare cheil modo di porci di fronte a queste vicende non deveessere valutativo, espressione di un giudizio morale, madobbiamo cercare la comprensione analitica, quindi capireperché questi fatti si verificano.

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(23) S. Freud, « Al di là delprincipio di piacere » InOpere 1917-1923, Torino,Boringhieri, 1977, pp. 193-249.(24) S. Spieirein. « La di-

Abbiamo affermato che Freud deve a Sabina le scopertesul transfert e controtransfert — scoperte che gli venneroofferte su un « piatto d'argento » perché coinvolto comeosservatore e arbitro nella vicenda tra Jung e la giovane— ma è anche debitore di una teorizzazione, desunta purcon ritardo, da un saggio della stessa Spielrein. Miriferisco alla pulsione di morte contrapposta alla pulsionedi vita, che diventano il fondamento, ma anche lamitologia, della psicologia freudiana. Questo teoria cheviene proposta da Freud nel 1920 in Al di là del principio dipiacere (23), era stata formulata dieci anni prima daSabina Spielrein nel saggio La distruzione come causadella nascita (24). In esso si configura un messaggioimportante: l'uomo

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all'interno della morte conquista e si confronta non solocon la distruzione ma anche con la rinascita. Il lavoro,centrale nel pensiero di Sabina Spielrein, fu dedicato alsuo analista Jung, e considerato come un figlio spirituale, ilprodotto del loro amore; quel Sigfrido, nato però da unincesto, di cui parla più volte nel diario. Sabina ha potutoelaborare la sua visione in quanto è stata curata e guaritada Jung, che le fece peraltro delle concessioni e propriodalla « concessione incestuosa » nacque una produzioneintellettuale. Nel diario è molto toccante e commoventecapire come Sabina Spielrein avesse intuito che se il suolavoro fosse stato accettato e quindi pubblicato, il suorapporto d'amore poteva concludersi: si profilava lapossibilità di morire l'uno per l'altro, proprio perché dallaloro morte si generava una nascita. La nascita o il divenire,nell'ottica sentimentale ed emotiva di Sabina Spielrein,avrebbe assunto l'aspetto di una produzione sull'istinto dimorte.Freud, in un primo momento, fu colpito da questastraordinaria concezione di Sabina (la vita pulsionalecostituita da due pulsioni contrastanti: quelle di vita e dimorte), ma non ne rimase persuaso tanto che, venticinqueanni dopo, scrisse a proposito di questo rifiuto: « Ricordocome io stesso rifuggii all'idea d'una pulsione distruttivaquando emerse per la prima volta nella letteraturapsicoanalitica... » (Naturalmente Sabina Spielrein nonviene nominata, come non lo era stata nel saggio del 1920Al di là del principio di piacere] « e quanto tempo mi civolle prima che io fossi disponibile ad ammetterla... » (25).Se a Freud il concetto di « pulsione di morte » servì a farquadrare il teorema delle pulsioni — ed è probabile chesolo per questo finì col vincere un'istintiva riluttanza adaccoglierlo — per Sabina Spielrein era parte integrante diuna ' Weltanschauung ' che potremmo definire, comequella di Jung, « liberty »: una visione del mondo in cui 'morte ' è sinonimo di ' trasformazione '.La nostra esistenza tende alla trasformazione e la morte èun elemento trasformativo, se ho dunque un

struzione come causa dellanascita », in Comprensionedella schizofrenla e altriscritti. Roma, LIguori, 1986.

(25) S. Freud. « II disagiodella civiltà », in Opere 1924-1929, Torino. Borin-ghieri,1979, p. 607.

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Veniamo adesso al significato intrinseco del rapportoJung/Sabina. L'analista in tempi lontani compiva degli «esperimenti »; allora — ma non solo allora — in

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(26) S. Spielrein, cit. in A.Carotenuto, Diario di unasegreta simmetria. Roma,Astrolabio, 1980, p. 170.

rapporto, questo può anche morire purché dia vita aqualcosa di nuovo. Noi sappiamo che certe formulazioniteoriche attingono direttamente alla nostra esperienza;Sabina aveva forse capito che il suo rapporto con Jungnon poteva andare avanti, doveva morire; per potersuperare la dimensione di lutto era necessario per leicreare una teoria attraverso la quale la morte dava vita alnuovo.Coerentemente con questa ' Weltanschauung ', Sabinaebbe sempre il desiderio di riunire Freud e Jung, e nellesue lettere a ciascuno dei due parlava sempre benedell'altro. Anche quando nel 1914 il dissidio teorico traFreud e Jung era diventato una « guerra di religione i», elei fu costretta a una dolorosa ‘ scelta di campo ' — per laSocietà Freudiana — a Freud che le scriveva « se leirimane con noi, allora deve vedere lì il suo nemico »,Sabina rispondeva: «e Voglio bene a Jung nonostantetutta la sua confusione, e vorrei che tornasse a far partedei nostri. Lei, professore, e Jung, non sapete che sietemolto più profondamente legati di quanto non si possacredere. Questo mio pio desiderio non è un tradimentoalla nostra società: tutti sanno che io mi dichiaroappartenente alla società freudiana, e Jung questo nonme lo può perdonare » (26). Secondo Sabina, i «e disastri» che erano accaduti derivavano soprattutto daun'incomprensione emotiva, non da contrasti sul pianorazionale.Anche per loro si trattava di una dissoluzione, dellanecessità di dissolvere il pensiero dell'altro per poter darvita a una nuova dimensione psicologica. Ma è propriol'elemento femminile che in quel momento emerge comefatto di costruzione, di riconciliazione e di spinta in avanti.Non a caso è solo la donna che ha l'esperienza dellamaternità. Poter avere questa esperienza, poter seguireall'interno di se stessa la formazione di una nuova vita, daalla donna una dimensione psicologica che nessun uomopuò avere.

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ogni esperienza analitica si trattava di capire quello chestava succedendo. In alcune lettere, Sabina si lamentadel fatto che Jung avesse potuto « fare degli esperimenti» su di lei: in realtà non riusciva a comprendere che Jung,come ogni analista quando incomincia a lavorare, eracostretto a sperimentare perché ogni situazione analiticaè unica. Per quanti riferimenti teorici e culturali si possonoavere, questi non servono per il singolo caso. Nel 1909Sabina scrive: « Per tre mesi ho analizzato tutto [...] el'idea [...] che lui abbia potuto fare degli esperimenti conme mi distrugge e mi dissolve » (27). La solidità deisentimenti non è un ' dono naturale '. ma va sempreconquistata; se mi trovo all'inizio della praticaprofessionale, non mi è data in sorte quella solidità disentimenti che mi permetterebbe di lavorare bene. Nellavoro analitico, infatti, possiamo offrire certe prestazionisolo se abbiamo sentimenti « solidi », e questo significache riusciamo a capire esattamente cosa accadeall'interno dell'anima, all'interno della simpatia edell'attrazione, fisica e psichica, dell'altro. Non lavoriamobene perché conosciamo a memoria l’Interpretazione deisogni di Freud o i testi di Jung, ma solo se riusciamo acapire continuamente la modulazione interna delle nostreesigenze e delle nostre aspettative sentimentali.All'inizio del lavoro non può mai essere così, se inoltreabbiamo una personalità ferita, che nessuna analisi hapotuto curare e guarire, si può capire come il pericolo dicoinvolgimenti profondi sia più che certo. Se pensiamoche il disturbo psicologico, nevrotico e psicotico, non siaqualcosa di qualitativamente diverso dalla ' sanità ', unasemplice differenza di grado, possiamo pensare cheSabina Spielrein fosse psicotica, nel senso che il suodisturbo era molto profondo e aveva minato la strutturastessa dell'Io, che è quello che ci permette di rapportarcicon gli altri. Simili persone hanno una particolarità: hannola capacità di ' entrare nell'altro ', di scardinarlo e dicomprendere benissimo i suoi moti psicologici, talecapacità è posseduta in minor grado dal nevrotico e nonesiste affatto nella persona normale. II lavoro con uno psi-

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(27) Ibidem, p. 150.

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colico è difficile proprio perché di fronte a lui non si èprotetti, in quanto ha la capacità di comprenderci epercepirci con precisione.Per un'anima sofferente — riferendoci a Jung pensiamoche aveva circa trent'anni e un matrimonio che non losoddisfaceva — l'esperienza di essere compreso da unaragazza giovanissima, poco più che quindicenne,intelligente, appassionata, innamorata e per di più capacedi leggergli nel fondo dell'anima, lo rendevacompletamente disarmato. A questo punto Jung è come ilFranz de L'insostenibile leggerezza dell'essere (unpersonaggio, tra l'altro, per il quale « l'amore è il poloopposto della vita pubblica »), che strappa a Kunderaquesto commento: « Chi si da all'altro come un soldato sida prigioniero deve prima consegnare tutte le armi. E cosìprivato di ogni difesa, non può fare a meno di chiedersiquando arriverà il colpo »(28).È così disarmato, Jung, che nel diario di Sabina troviamoscritto che lui, l'analista, proponeva alla paziente la letturadel proprio personale diario! Se si arriva a questicomportamenti significa che si è stati completamentecatturati, Jung però aveva una parte sana, forse la menosimpatica, che entrava in quello che abbiamo chiamato unconflitto di doveri. Da una parte Jung capiva che avrebbedovuto mantenere fermo il suo atteggiamento di medico;dall'altra la dimensione amorosa lo catturava e lodistruggeva. Nelle prime lettere si nota questaambivalenza: egli si esprime in termini di ammirazione, enello stesso tempo ha movimenti di fuga. Questo suo darsie ritrarsi, essere presente e non esserlo deve aver fattomolto male a una persona come Sabina Spielrein, che inquel momento stava attraversando una crisi psicotica; intale condizione si perde il senso della realtà, e l'am-bivalenza del medico accresce la confusione nellapaziente e nel rapporto stesso. Esiste una tecnicainconscia per imbrigliare l'altro nei rapporti d'amore: quelladi non darsi mai. Chi si da completamente è perduto.Naturalmente questo non viene deciso co-

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(28) M. Kundera, L'inso-stenibile leggerezza del-l'essere, Milano, Adelphi,1985, p. 89.

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scientemente, agisce dall'interno in alcune persone, chesono tra l'altro le più ricercate.L'atteggiamento ambiguo di Jung era alla base delrapporto d'amore con Sabina, che perciò presentava ancheun carattere distruttivo. In una lettera Jung le scrive (29): «Quanto sarei felice di trovare in lei uno spirito forte che nonsi lascia insabbiare dal sentimentalismo, la cui vera intimacondizione di vita è la propria libertà e indipendenza ».Cerchiamo di capire che cosa viene detto a questaragazza. « lo vorrei che tu fossi sempre indipendente »,cioè le dice di essere forte in quanto la sua indipendenzagli garantisce la possibilità di stare con lei. Jung può darsi alei nella misura in cui l'indipendenza di Sabina fa sì che leinon abbia bisogna di lui. Ma alla persona che si ama e perla quale sentiamo amore, non possiamo dire « siiindipendente ». Queste frasi si possono dire soltantoquando si è sicuri che l'altro non potrà mai fare a meno dinoi.Jung inoltre parla di se stesso e, parlando di se stesso sigiudica una persona ' buona ', però non sa che in realtàdicendo tali parole alla propria paziente sta abusando delproprio potere. In una situazione analitica il paziente, — eSabina era una paziente, anche se innamorata, — non puòrischiare di perdere il proprio analista. Cioè quando si èinseriti in un rapporto analitico, si passa attraverso una 'analista-dipendenza ' che somiglia alla dipendenza dalladroga. Allora, discorsi come quello di Jung — desidero chetu sia indipendente — sono inconsciamente in mala fede,perché un paziente non può rischiare di perdere il proprioterapeuta.Il problema dell'abuso di potere è quello che contrad-distingue la vita di ogni analista, non c'è situazione comequesta in cui il potere possa essere usato con modalitàaltrettanto subdole e nascoste.II potere delle armi non è nascosto e ci si può difendere. Ilvero potere è quello nascosto; tant'è vero che anche alivello sociale non è mai esplicito, ma ci manovra dinascosto, senza che ce ne accorgiamo. Nell'ambitodell'analisi questo potere esiste ed è sub-

(29) A. Carotenuto, Tage-buch einer heimlichenSymmetrie, op. cit.. p. 190.

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(30) Morris West, Unmondo di vetro, Milano,Mondadori, 1984.

dolo, perché l'analista appare solo come una personaconciliante e sorridente, che in genere dice le cose che ilpaziente vuole sentirsi dire.In realtà da questa persona emana un grande potere, peril solo fatto che fa quel tipo di professione.Il problema del potere e del suo abuso sugli altri è untema ricorrente nella vita di Jung; anche nelle lettere conFreud emerge continuamente e possiamo riferirlo aepisodi reali della sua vita, per esempio il fatto che dabambino attraversò un'esperienza drammatica, poi ripresain un libro intitolato Un mondo di vetro di Morris West (30).Jung subì una violenza sessuale da parte di una personache faceva le veci del padre, un uomo di cui lui si fidava.Questa esperienza, accennata anche nel carteggio conFreud, fu per Jung fondamentale, perché minò isentimenti di fiducia verso gli altri. Un individuo che recatale stato d'animo teme di poter far subire ad altri ciò chelui stesso ha subito. Queste sono esperienzedrammatiche, con cui Jung dovette fare i conti, del restoanche con Freud egli visse il medesimo problema: glimosse l'accusa di trattare i suoi allievi come un analistafarebbe col proprio paziente; si evidenzia nuovamente intale dinamica il problema del potere.Nelle lettere a Sabina si nota un elemento quasi incre-dibile: Jung si sforza di insegnare alla giovane il modo incui ella avrebbe dovuto amarlo. Non lascia che ilsentimento nasca e si manifesti nella peculiarità dell'altrapersona, ma pretende che l'amore verso di lui sia vissutocon certe modalità. È come dire:non ti amo per quello che sei, ma per quello che io voglioche tu sia, un tranello dunque in cui tutti possiamo cadere.Siamo giunti al punto in cui è necessario far riferimentoalla lettera più importante inviata a Sabina, datata 1908 —quella che credo abbia indotto gli eredi di Jung a negare ilpermesso di pubblicazione, — è il momento in cui Jungcomprende di essere lui stesso caduto in trappola. Sonoparole accorate; di fronte alla sua paziente Jung riconoscedi star male e

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le chiede apertamente di aiutarlo in un momento disofferenza, così come quando Sabina stava male, luiaveva dato tutta la sua energia e le sue possibilitàterapeutiche. Potremmo dire che si tratti in questo caso diuna sorta di * ricatto morale '; però è anche vero che difronte alla sofferenza non è facile resistere. Vieneaddirittura in mente Woody AIIen che dice a DianaKeaton « Non so cosa pensare di uno psicoanalista che titelefona nel cuore della notte minacciando il suicidio ». Èl'ultima lettera che Jung scrive a Sabina prima che iniziun'altra forma di corrispondenza, ove sembra che latempesta si sia dissolta. Penso che il momentotempestoso sia stato superato perché, per motivi che nonsono dimostrabili, Jung aveva incontrato un'altraesperienza affettiva con la quale dare forma ai suoisentimenti. È una vecchia modalità con la quale cisalviamo da amori che ci tormentano, ma funziona quasisempre; Jung infatti fa amicizia con un'allieva pazienteche descrive come sensibile, intelligente, studiosa difilosofia e di storia delle religioni, che sarà poi la suacompagna per circa quarant'anni. È possibile ipotizzareche Jung abbia sempre avuto bisogno di un particolarerapporto con l'immagine femminile, rapporto nel quale lasua presenza quale analista fosse una costante; la dipen-denza della donna veniva quindi suscitata e mantenutaper mezzo dell'esperienza analitica.Certo, anche in queste condizioni si può amare, e direiche questi aspetti rappresentano proprio l'Ombra di Jung,però. la grandezza di un uomo, intensità della sua luce,esistono proprio per la grandezza e l'intensità della suaOmbra.

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