Lo Zen e l'isola dei Koan

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Lo Zen e l'isola dei Koan Il Naufragio L'acqua non era poi tanto fredda, fosse stata un'altra circostanza ci sarei rimasto volentieri. Ma in questo caso avrei voluto uscirne immediatamente: la stessa acqua, che nella vita m’era stata tanto amica, sembrava ora che la vita volesse strapparmela. Intorno a me grida e corpi che, ormai privi di vita, galleggiavano inerti. Avevo la sensazione che avrei fatto la loro stessa fine. Non c'era spazio per atti di eroismo, in quel momento ognuno pensava per sé ed era già una fatica mantenersi a galla. Pensai che la mia amata acquaticità sarebbe stata sufficiente a mantenere a galla soltanto me, e mi vergognai della paura che mi attanagliava e mi faceva mancare il fiato necessario alla sopravvivenza, non concedendomi neanche il solo pensiero di poter aiutare qualcuno. Mi dissi, per scusarmi con me stesso, che il mio fisico di sessantacinquenne non m’avrebbe permesso di strafare e che se avessi avuto ancora vent'anni, forse... chissà! Smisi dunque di pensarci e cercai solo di fare del mio meglio per sopravvivere. Nuotavo, nuotavo e nuotavo, cercando di dosare le mie forze. Ogni tanto facevo il morto, galleggiando senza nuotare per cercare di recuperare le forze. Non sentivo più le grida, e non capivo se gli altri fossero morti o se mi ero allontanato da loro talmente tanto da non sentirli più. Ad un tratto, mentre cercavo di riprendermi, sentii la testa urtare contro qualcosa. Era notte, e la luna non faceva luce a sufficienza per poter vedere bene. Nonostante questo mi 1

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Lo Zen e l'isola dei Koan

Il Naufragio

L'acqua non era poi tanto fredda, fosse stata un'altra circostanza ci sarei rimasto volentieri. Ma in questo caso avrei voluto uscirne immediatamente: la stessa acqua, che nella vita m’era stata tanto amica, sembrava ora che la vita volesse strapparmela. Intorno a me grida e corpi che, ormai privi di vita, galleggiavano inerti. Avevo la sensazione che avrei fatto la loro stessa fine. Non c'era spazio per atti di eroismo, in quel momento ognuno pensava per sé ed era già una fatica mantenersi a galla. Pensai che la mia amata acquaticità sarebbe stata sufficiente a mantenere a galla soltanto me, e mi vergognai della paura che mi attanagliava e mi faceva mancare il fiato necessario alla sopravvivenza, non concedendomi neanche il solo pensiero di poter aiutare qualcuno. Mi dissi, per scusarmi con me stesso, che il mio fisico di sessantacinquenne non m’avrebbe permesso di strafare e che se avessi avuto ancora vent'anni, forse... chissà! Smisi dunque di pensarci e cercai solo di fare del mio meglio per sopravvivere.Nuotavo, nuotavo e nuotavo, cercando di dosare le mie forze. Ogni tanto facevo il morto, galleggiando senza nuotare per cercare di recuperare le forze. Non sentivo più le grida, e non capivo se gli altri fossero morti o se mi ero allontanato da loro talmente tanto da non sentirli più. Ad un tratto, mentre cercavo di riprendermi, sentii la testa urtare contro qualcosa. Era notte, e la luna non faceva luce a sufficienza per poter vedere bene. Nonostante questo mi accorsi che si trattava di una scialuppa di salvataggio capovolta, così mi ci arrampicai sopra e mi sdraiai sulla sua chiglia. Potevo finalmente riposarmi, così, stremato dalla fatica, mi addormentai.Mi svegliai che il sole era già alto. Accorgendomi che la schiena bruciava terribilmente, mi pentii d’essermi disfatto della camicia, che mi avrebbe protetto almeno un poco, e mi girai supino per ripararmi, guardandomi attorno per vedere se ci fosse qualcun altro sopravvissuto o se si vedesse terra: nessuno in vista, nemmeno un misero lembo di terra all'orizzonte. Ero terrorizzato, pensavo che Dio

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non poteva volermi regalare una morte così orribile come quella che mi si prospettava. Mi venne in mente che ero un uomo Zen e che non dovevo abbattermi: se dovevo morire, lo avrei fatto da uomo Zen, non da uomo qualunque. Così mi misi a meditare, cercando la parte migliore di me, il mio “Io” reale. Mi dissi: “Finisca come finisca, non morirò lamentandomi o perdendo di vista chi sono veramente. Io sono un maestro. Non ho studiato e meditato tutta la vita per abbandonarmi adesso alla disperazione, come se non avessi risorse spirituali. Devo farmi forza, lottare e, se dovesse accadere, morire con dignità!”Ma in quel momento così tragico, non riuscivo a vuotare la mente come ero solito fare. I pensieri andavano alla nave e all'incendio improvviso che si era sviluppato dopo un tremendo boato, che chissà come e perché era avvenuto. Ricordavo le grida: “Abbandonate la nave! Gettatevi in acqua! Fra poco esplode tutto!”Come tanti altri mi ero gettato in mare da un'altezza considerevole e temevo che sarei morto impattando con l'acqua. Eppure in quel momento c'era poco da scegliere: saltare o morire. Per fortuna il salto andò meglio del previsto e, a parte il dolore alla zona dei testicoli, non potevo lamentarmi di altro.

Mi misi poi a ricordare il motivo per il quale ero partito per quella crociera, finita così malamente. Da trentasei anni pensavo tutti i giorni ad un mio vecchio amore e non riuscivo né volevo riuscire a togliermelo dalla mente. L'avevo cercata tutti i giorni a Milano, ovunque andassi: se prendevo il metrò o entravo in un bar, guardavo tra la gente se c'era lei; se entravo in un supermercato, invece di guardare i prodotti che compravo e i loro relativi prezzi, mi guardavo attorno per vedere se lei fosse lì. Avevo provato a cercarla dove sapevo che aveva abitato, ma nel frattempo aveva cambiato casa... d’altronde una voce amica, tempo addietro, mi aveva detto che era andata a vivere in un'altra regione. Avendo comprato un computer, un giorno mi venne in mente di cercarla sul sito degli elenchi telefonici e, meravigliosa scoperta, scovai una persona col suo nome e cognome, che abitava nella città di Alessandria.Provai a telefonarle per constatare se fossi in grado di riconoscerla, ma la voce che sentii non mi ricordava quasi niente. Dissi alla signora che aveva risposto: “Scusi, è casa Ferrari?” – cognome inventato al momento. “No, si sbaglia”, rispose la donna. E la cosa fini in questo modo...Dopo un mese di titubanza mi feci coraggio e le telefonai ancora, stavolta dicendo: “Mi scusi, ma io cerco una persona...” – fornendole in seguito un’accurata descrizione della donna che cercavo. Quando sentii rispondermi che era proprio lei, aggiunsi: “Ti cerco da 36 anni e tutti i giorni ho pensato a te. Finalmente ti ho trovata. Volevo sapere come stai, senza però sconvolgerti la vita. Hai un compagno, un marito

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o qualcuno con cui condividi la vita?”“No, sono vedova”“Anch'io lo sono, perché non ci vediamo qualche giorno, tanto per ricordare i bei tempi passati?”Dato che era Agosto, mi disse che sarebbe partita l'indomani per una vacanza di 15 giorni in Sardegna, e che quando sarebbe tornata ci saremmo rivisti. Da quel momento ci telefonammo diverse volte al giorno e, anche per telefono, facevamo già l'amore. Arrivato il giorno tanto atteso, andai a prenderla alla stazione ferroviaria di Milano Centrale. Quando ci vedemmo, la prima a riconoscermi fu lei. “Andiamo!” – disse prendendomi sotto braccio.Da giovani avevamo io 27 anni e lei 16, e allora la differenza d’età per lei non costituiva un problema. Ma ora io ne avevo 63 e lei 52, e stavolta lei avvertiva questa disparità. Mi disse quindi: “Guarda che non ne facciamo niente”.“Va bene, ti capisco. Ma almeno vieni da me per i tre giorni che avevamo preventivato: sono un gentiluomo e non mi permetterei di chiederti altro che la tua amicizia”.Al che acconsentì, e salì in macchina con me. Andammo nella casa in montagna vicino al lago Maggiore, dove mi ero trasferito dopo la morte di mia moglie. Appena entrammo, finimmo subito a fare l'amore. Forse lei durante il viaggio si era di nuovo invaghita di me.In breve tempo ci fidanzammo, ma ci vedevamo solo il fine settimana. A volte andavo da lei ad Alessandria, altre volte veniva lei a Casalzuigno, il paese dove abitavo. Spesso, quando veniva da me, andavamo Sul lago Maggiore, lei si metteva a prendere il sole e io nuotavo. Ero talmente innamorato di lei, che sentivo una forza quasi sovrumana impossessarsi del mio corpo, ancora un po' e mi sarebbe sembrato di volare, mi spingevo tanto al largo che non credevo a me stesso, la mia unica paura era che qualche motoscafo non mi vedesse, perché non poteva immaginare che qualche nuotatore si fosse spinto tanto al largo. Non avevo allenamento ma mi piaceva farmi vedere spericolato da lei, e pensavo che se non c'era lei, col cavolo che mi sarei spinto tanto al largo. Mi sentivo leggero e pieno di energie, potenza dell'amore! Ancora oggi quando ci penso, mi do del matto!Dopo un anno e mezzo di liete gite, visite a musei e concerti di musica classica e rock che, intervallavano i nostri momenti d'amore, mi chiese di passare il Natale a casa sua e accettai ben volentieri. Alla fine passammo il Natale, il Capodanno e l’Epifania assieme. La mattina del 7 Gennaio, quando mi trovavo sulla porta per tornare a casa, mi sentii dire: “Mi dai le chiavi?”. Gliele diedi e chiesi: “Perché, è finita?”.“Sì, ma non te ne eri accorto?”"No, pensavo solo che avessi una delle tue solite crisi, che poi ti passano”

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Finì così quel grande amore. Nonostante il mio essere uomo Zen, non l'avevo presa del tutto bene. Anche se l'amore era finito dall'istante che avevo sentito le parole “mi dai le chiavi?”, avrei voluto che avessimo continuato ad essere amici, ma lei si comportava come chi non voleva saperne di continuare a relazionarsi, in qualunque modo.Questo mio dispiacere era stato il motivo per il quale avevo deciso di fare la maledetta crociera!Mentre pensavo a queste cose, le nuvole avevano coperto il cielo, e il mare si stava agitando. “Ecco” - pensai – “adesso è proprio finita. Se il mare s’ingrossa come farò a restare aggrappato alla chiglia di questa scialuppa? Le onde mi sbalzeranno fuori in men che non si dica e addio Sonny, addio Zen, addio musica!”Sentii di avere le labbra gonfie per la sete e pur essendo riuscito a non bere acqua di mare durante la nuotata pareva che la mia saliva sapesse di sale. Avrei dato non so cosa per poter bere un po’ d’acqua dolce e per potermi togliere tutto quel sale di dosso. Percepii un brivido di freddo e mi ricordai spaventato di quella volta che andai al mare a pescare: avevo preso un'insolazione stando addossato a delle rocce che riflettevano il sole, indossando solo il costume da bagno; in seguito dovetti guidare da Savona a Milano con la febbre a quaranta!“Ci manca solo la febbre e sono apposto!” – mi dissi continuando a tenermi stretto alla chiglia della scialuppa.Intanto s’avvicinava la sera, e pensai che oltretutto non ci sarebbe stata nemmeno la luna a rischiarare il mio supplizio: sarei stato immerso dal buio più totale.“Altro che morire in meditazione da uomo Zen, qui la situazione non mi concede di meditare!” – pensavo – “Morirò disperato come un uomo comune, altro che maestro Zen!”Le lacrime scesero sul mio viso senza che me ne accorgessi, e quando me ne avvidi lo sconforto mi prese con una violenza che non avrei mai immaginato.“Sta per morire un povero cretino – pensavo – “che credeva di essere un maestro Zen. L'istinto di sopravvivenza è più forte di tutte le mie meditazioni, cosa faccio adesso?”Intanto era calata la sera, e la visibilità cominciava a scarseggiare. Il mare s’ingrossava sempre più e pensavo ad ogni ondata che sarebbe stata l'ultima, che m'avrebbe sbalzato via costringendomi a nuotare fino alla fine delle mie forze. Così avvenne: un nuovo flutto, più forte degli altri, mi sollevò e mi scaraventò in mare aperto, lasciandomi senza alcun appiglio a cui sorreggermi. Mi misi a nuotare per mantenermi a galla e respirare; di certo non lo feci per dirigermi in qualche posto: dove sarei potuto andare, senza sapere dove mi trovavo e dove fosse la terra più vicina?Nuotavo disperatamente per continuare a mantenermi a galla. A causa

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delle onde, che continuavano a sbalzarmi ovunque, non riuscivo più a riposarmi facendo il morto: ogni volta che riprovavo una nuova ondata mi sommergeva. Le forze mi vennero meno, fino a che mi lasciai andare mollando ogni speranza, e persi conoscenza...

L'isola

“È ancora vivo” – sentii pronunciare da una voce maschile. Subito dopo ancora il silenzio.“Si sta svegliando” - stavolta invece la voce era quella di una donna, e mi sembrò la più bella che avessi mai udito.Mi chiesi stupito se fosse possibile che io fossi ancora vivo. Cercai titubante di aprire gli occhi, con la paura di ciò che avrei potuto vedere, chiedendomi se stessi sognando e se fossi ancora abbarbicato alla chiglia della scialuppa capovolta. Di fronte a me vidi una bellissima bionda di circa trent'anni. Non credendo ai miei occhi dissi: “Sei un angelo, vero? Sono senz'altro in Paradiso, non potrebbe essere altrimenti!”“No, stai tranquillo. Non sei in Paradiso, anche se c'è mancato poco. Sei rimasto senza coscienza per tre giorni, pensavamo proprio che tu non ce la facessi!”“Ma chi siete? E dove siamo?”“Io mi chiamo Venus. Siamo su un'isola ma non sappiamo che isola sia. Quanto a noi, siamo naufraghi come te, solo che siamo stati più fortunati di altri e ci siamo salvati con una delle poche scialuppe che i marinai della nave son riusciti a calare. Non sappiamo che fine abbiano fatto quelli delle altre scialuppe: noi siamo arrivati su quest'isola per caso, e speriamo che anche gli altri si siano salvati”D’improvviso un’altra voce: “Ehi ti sei svigliato? Benvinuto tra di noi! Ciao, io mi chiamo Ahmed. Ci hai fatto paura, cridivemo che tu non più ti svegli!”“Ma come caspita parla questo qua?” – mi chiesi. Forse lasciai intravedere il mio confuso stupore al suono di quelle parole, giacché egli continuò dicendo: “Sono egiziano” – e aggiunse poi: “Mia casa è tua casa, ma qui casa non ci ho: quando faccio capanna, mia capanna è tua capanna!”“Andiamo bene!” – pensai prima di chiedere: “Sì... ma quanti siete?” – parafrasando il film “Non ci resta che piangere” di Roberto Benigni e Massimo Troisi. Questa volta rispose Venus: “Siamo circa una trentina. Gli altri sono andati chi a caccia, chi a pesca, chi a cercare frutta e verdura commestibile. Presto torneranno e te li presenterò”“Beh, io mi chiamo Sonny. Questo nome me lo diede una mia fidanzata di trentotto anni fa, perché non le piaceva il mio vero nome, Salvatore.

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Da allora l'ho mantenuto per gli amici”“Benvenuto su quest'isola che speriamo di poter lasciare presto” – mi disse con un dolce sorriso.“Ehi, guardate cosa ho preso!” – urlò una voce trafelata.“È Valerio!” – disse Venus – “Oh, guarda! Ha preso un coniglio selvatico, poverino!”“Sì, poverino!” – rispose Ahmed – “Ma almino si mangia!”Valerio entrò dentro la capanna ove ci trovavamo e, vedendomi sveglio, si avvicinò a quella specie di lettino che i naufraghi avevano costruito per me. Mi abbracciò come se fossi suo fratello, e la cosa mi emozionò non poco. Vedendo questo anche Ahmed mi abbracciò forte e aggiunse: “Tu nostro fratello, noi ti vogliamo beni!”“Smettetela” – soggiunse Venus – “o mi farete piangere”S’avvicinò e mi carezzò il viso.“Stasera faremo festa!” – disse Valerio – “Dobbiamo festeggiare il redivivo!”“Te la senti di alzarti?” – chiese Venus.“Non ne vedo l'ora”Ma quando feci per sollevarmi mi mancarono subito le forze e si annebbiò la vista. Ricadendo sul letto balbettai: “No, non ce la faccio!”“Beh, allora tu riposi ancora un po’ ” – disse Ahmed.Così mi addormentai di nuovo.

Mi svegliai il mattino dopo che non c'era nessuno vicino a me. Mi sentivo di nuovo in forze e volli provare ad alzarmi di nuovo. Mi riuscì benissimo, nonostante un leggero giramento di testa. Vicino al letto vi era un paio di sandali di paglia che qualcuno aveva confezionato per me, e su un tronchetto, usato come fosse una sedia, erano stati posti dei vestiti: un paio di calzoncini corti e una maglietta. Li indossai e mi affacciai, ancora un po’ intontito, fuori dalla capanna. Non vidi nessuno, finché non apparve improvvisamente un giovane uomo, che evidentemente si trovava sul retro dell’entrata alla capanna.“Ehi là Sonny, come stai?” – mi chiese con tono amichevole.“Bene, ma tu chi sei?”“Sono Lorenzo La Valle, ma tu puoi chiamarmi Akrazier, come fanno tutti gli altri su quest’isola” – e mi porse la mano stringendo poi la mia vigorosamente – “Gli altri come sempre sono tutti in giro ad occuparsi di caccia, pesca e raccolta di frutti. Visto che dobbiamo pur riempirci il pancino, sono le attività principali in questo posto. A proposito: benvenuto sull’isola!” “Ma siete sicuri che sia un'isola?”“Mah... Noi pensiamo di sì. Pure se non l'abbiamo ancora esplorata per intero, tutto lascia credere che lo sia. Andiamo, ti porto nella mia capanna e ti faccio vedere come mi son sistemato”Mentre camminavamo mi disse: “Sai, io mi diletto di erboristeria ma

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qui ci sono piante ed erbe che non ho mai visto, e per capire quali sono commestibili mi baso su quelle che vedo mangiare dagli uccelli, perché delle altre non mi fido temendo possano essere velenose. Di funghi poi non se ne parla proprio, perché essendo di scarso valore nutritivo non vale la pena di rischiare e poi, questa è una mia attività secondaria, preferisco andare a caccia”.Arrivati davanti alla sua capanna non potei fare a meno di notare: “Caspita, in quattro giorni, ne avete già fatte, di cose” “Certo, non ci facciamo crescere l'erba sotto i piedi: qui se non ci rimbocchiamo le maniche soccombiamo tutti. Abbiamo cercato di dare un certo ordine alle cose da fare, senza voler imporci l'uno all'altro per avere un minimo di speranza di sopravvivenza. Abbiamo costruito capanne per gruppi di tre o quattro persone, non potevamo certo farne una adatta per contenerci tutti: costruire capanne piccole è più facile che costruirne una grande... così stiamo facendo una specie di villaggio”Entrammo nella capanna e notai subito come fosse tutto in ordine. Pensai a quanto invece sono disordinato io, che pur non volendo nessuna donna accanto per non farmi dire come devo vivere, ne avrei un bisogno estremo.“Bella! Ma credo di dovermi costruire una capanna per stare da solo, non voglio imporre il mio disordine ad altri e so per certo che non riuscirei a vivere nell'ordine: se non ho le cose che mi servono a portata di mano, non riesco a combinare niente!”“Mi sa che qui non avrai tante cose da tenere sottomano, perciò essere ordinato, ti sarà più facile”“Sarà... ma conoscendomi non ci giurerei”“Andiamo, voglio farti conoscere Pleiadiana. È una donna di cui non so definire l'età. Lei non la dice e posso solo dirti che è una donna “stellare”, nel senso che è patita di astronomia e astrologia e dice di esser figlia delle stelle. Afferma anche di esser stata una fata in un'altra vita, perciò non meravigliarti troppo di quello che dirà”Percorremmo una cinquantina di metri passando accanto ad altre capanne vuote e, arrivati di fronte ad una di esse, non diversa dalle altre, Akrazier chiamò Pleiadiana, che subito apparve sulla soglia.“Oh” – esclamò meravigliata – “mi hai portato Sonny!” “Esatto” – rispose Akrazier – “visto com’è bello pimpante?”“Ciao Sonny” – disse Pleiadiana – “Come ti senti?”“Bene, finalmente. E tu?”“Benissimo... per quanto bene si possa stare da poveri naufraghi. Di che segno zodiacale sei?”“Ariete, ma non credo negli oroscopi e cose simili”“Fai male, ma penserò io a farti cambiare idea. Dirò cose di te che non penseresti mai, e tutto grazie alla mia conoscenza dell'influenza delle stelle sul nostro destino. Penserai che sia una strega!”

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“Va bene, non voglio contraddirti né discutere di cose che non conosco e delle quali ritieni di essere così ferrata” Ah, dimenticavo di dirti che l'amore della mia vita, ora mia ex, era una astrologa di professione. “Ah si, -disse lei,- e non è riuscita a farti credere nell'astrologia?” “Conoscendo il mio scetticismo, devo dire che non ha tentato più di tanto, forse perché capiva che insistendo, avrebbe poi dovuto per compensare, sorbirsi il mio Zen, e su questo, era meno disposta lei a parlare di Zen, che io a parlare di Astrologia!” “Ma come... ti interessi di Zen?” E io: “Si, da tutta la vita, ma come tanti potenziali maestri di Zen, non ho mai voluto avere allievi da istruire.” “Caspita,disse lei, io invece sono molto interessata allo Zen, e visto che forse dovremo stare su questa isola per un po, mi farai il piacere di parlarmi del tuo Zen, tanto di tempo qui, ne avremo a iosa e almeno sapremo come passarlo piacevolmente.” Akrazier aggiunse: Ehi, non lasciatemi fuori, anch'io ho una certa curiosità di capire questo Zen del quale ho sentito tanto parlare. Okay, dissi io, “visto che siamo in questo frangente e che dovremo cercare in un modo o nell'altro, di passare il tempo, vi accontenterò, quando sarà il momento giusto!” Molto bene disse Akrazier, questa sera, quando ci raduneremo tutti intorno al fuoco, ti presenterò a tutti, e poi nelle altre serate, potresti parlarci del tuo Zen. “Bene, disse Pleiadiana, a stasera, allora!”Ci salutammo e tornammo alla capanna in cui avevo trascorso le mie giornate in stato d'incoscienza. Nel frattempo era tornata Venus con Valerio e Ahmed, i quali vedendomi completamente rimesso, si entusiasmarono e mi abbracciarono nuovamente. Come mi manca un buon caffè, dissi io, e per non parlare di fumare una sigaretta! Bene, disse Venus, così ne approfitti per smettere, il fumo fa male! Va beh' dissi, non morirò per questo. Piuttosto ditemi, e per mangiare?Adesso lo faccio, disse Venus e si mise a trafficare con aggeggi vari per cucinare. Era il tramonto, Valerio mi disse: Questa sera dopo mangiato ci raduneremo come sempre intorno al fuoco e ti presenteremo agli altri.

Attorno al fuoco !

La sera andammo alla spiaggia, dove c'era già acceso il fuoco e tutt'intorno al fuoco erano seduti quasi tutti i naufraghi. Mentre arrivavamo Valerio disse: ehi! Ragazzi, questo è Sonny, quello che secondo alcuni di voi, non ce l'avrebbe fatta! Ciao a tutti, dissi io tra gli applausi, e poi: guardate che non ho ancora cantato, ma vi ringrazio lo stesso, per i vostri applausi. Perché, sei un cantante? Disse uno di quelli che erano seduti, e io: Si, ma senza la mia chitarra non canto.

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Akrazier si alzò e disse: Bene, quando saremo al completo Sonny si presenterà a tutti!Dopo circa un quarto d'ora eravamo al completo, Akrazier, che era seduto alla mia sinistra, si alzò e disse: In queste prime serate, qui attorno al fuoco, ci siamo già presentati tutti, e così per gioco ci siamo dati dei soprannomi, adesso che è arrivato Sonny, e naturalmente non ci conosce, propongo che lui si presenti a tutti noi, non parliamo per favore delle nostre preoccupazioni per i nostri cari, lasciati in Italia, perché queste preoccupazioni le abbiamo tutti, altrimenti questa serata diventerà un piagnisteo unico, cerchiamo invece di trascorrerla il più allegramente possibile.” Bene, dissi io, allora mi presento:Mi chiamo Sonny, sono un appassionato di Zen e potrei benissimo fare il maestro, ma non ho mai voluto farlo, per non interferire con lo sviluppo spirituale del mio prossimo,L'ultima cosa che vorrei, è di essere preso per chi vuole inculcare le sue idee agli altri, sono abbastanza schivo su questo punto, però a domande, rispondo volentieri, e visto che qui di tempo ne avremo, sarò felice di farvi conoscere un po' del mio Zen.Vi preannuncio però che il mio Zen, è particolare, perché ho trasceso tutte le cose per me inutili o non essenziali per raggiungere l'illuminazione. Ad esempio, “Zen” significa “meditazione” ma per me la meditazione, non è solamente quella seduta in una delle particolari posizioni, la meditazione che intendo io, è essere presenti in tutto quello che facciamo, sia che sediamo, sia che stiamo in piedi o che camminiamo. Ogni azione della vita, per me è meditazione, è Zen. La mia seconda passione è la chitarra e il canto, avevo un gruppo rock e mi piaceva molto andare in giro a fare concerti. Qui sull'isola, visto che non ho la chitarra, vi farò compagnia col mio Zen. Ah, per il soprannome; sulla nave avevo fatto amicizia con un gruppo di persone, e dato che parlavo continuamente di Zen, mi avevano soprannominato: “Il Folle dello Zen”. Adesso queste persone, molto probabilmente non si saranno salvate, ed io, in loro memoria, vorrei continuare ad essere chiamato: “Il folle dello Zen”, per brevità, potete chiamarmi anche solo “Folle”,e “dello Zen”, sarà sempre sottinteso. Non abbiate remore a chiamarmi “folle”, perché per me ha il significato di “saggezza al di là della logica”. Grazie di avermi ascoltato, ho finito! Bene, risposero diversi partecipanti, vogliamo saperne di più, su questo Zen.( Applausi...)Ok, disse Valerio, adesso Chara ci delizierà col suo violino, che fortunatamente è riuscita a portare con sé. Oh sì, disse Chara, pensate che per salire sulla scialuppa ho dovuto fingere di essere incinta,

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perché l'avevo nascosto sotto l'abito, non si sono accorti della forma strana, altrimenti non mi avrebbero fatto salire, ma io non avrei mai abbandonato il mio violino, altrimenti tanto valeva, per me, morire!

Chara cominciò a suonare col suo violino e ci deliziò con dei capricci di Paganini, che suonava deliziosamente bene! A quel punto, mi sarebbe piaciuto avere la mia chitarra per accompagnarla, ma purtroppo dovevo farne a meno.“Perché, tra una suonata e un'altra, non ci dai qualche piccolo assaggio di Zen? “ disse una ragazza. Ed io: “Okay, vi racconterò come introduzione la storiella più famosa sullo Zen, qualcuno di voi forse la conoscerà, ma molti di voi no, e allora ve la racconto:“Un uomo nel folto della giungla, si accorse che una tigre lo seguiva, allora allungò il passo,ma si accorse che anche la tigre lo seguiva più in fretta, allora si mise a correre, anche la tigre si mise a correre dietro di lui. L'uomo guardandosi indietro la sentì più vicina e avanti a lui vide un precipizio. L'uomo in fretta e furia vista una liana che scendeva nel precipizio vi si calò, sperando così di raggiungerne il fondo, evitando così il pericolo. Scendendo con la liana, guardò in giù e si avvide che sul fondo c'era un'altra tigre che lo stava aspettando. Guardò di nuovo in su e vide che due topolini, uno bianco e uno nero stavano rosicchiando la liana su cui era appeso. Impietritosi dal terrore guardò sulla sua sinistra e vide una fragola selvatica, mantenendosi sulla liana con un solo braccio, allungò l'altro e afferrò la fragola, se la mise in bocca e la mangiò. Com'era dolce il sapore di quel frutto!” Cosa vi suggerisce, questo racconto?Io sono Anna, ma per l'isola ho scelto di chiamarmi “Saturno”, so che è un nome maschile, ma non me ne importa, a me piace e basta. Per rispondere alla tua domanda, quello che mi suggerisce questa storiella, e che: se noi riuscissimo a fare ogni cosa come se fosse l'ultima azione della nostra vita, tutto acquisterebbe un sapore diverso.Concordo con Saturno, disse Venus, ma per curiosità: perché i due topolini sono uno bianco ed uno nero? Brava Venus, dissi io, il bianco ed il nero,sono per la simbologia cinese, lo Yin e lo Yang, e rappresentano la discriminazione tra bianco o nero, bello o brutto, giusto o sbagliato, vita o morte ecc. ecc. ed è appunto vedendo quelli, che l'uomo Zen, si ricordò di non discriminare ed accettare tutto quello che la vita gli poteva dare momento per momento, senza esprimere nessun giudizio col pensiero. Ehi folle, ma lo sai, che questo Zen comincia proprio a piacermi? Disse Valerio.Bene dissi io, adesso Chara ci suonerà un'altro pezzo, vero? Certo, disse Chara e ricominciò a suonare. Questa volta suonò il“Concerto in sol minore” di Giuseppe Tartini, chi l'avrebbe mai detto che le cose

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sull'isola sarebbero state così particolarmente disponibili a creare questa atmosfera così spirituale e magica? Chara finì di suonare il suo pezzo e gli applausi dei naufraghi, non si fecero certo desiderare. Adesso il folle, ci racconterà un'altra storiella Zen, disse Akrazier. Va bene , dissi io, ve ne racconterò una di due monaci che percorrevano una strada fangosa:Due monaci percorrevano insieme una strada fangosa. Pioveva a dirotto. Giunti ad un incrocio, incontrarono una bella ragazza che, indossando un chimono di seta e una sciarpa , non poteva attraversarlo. “Vieni ragazza,” disse il primo monaco, la prese tra le braccia e la portò al di là del fango. Il secondo monaco non aprì bocca finché, la sera, non giunsero in un tempio dove pernottare. Allora non poté più trattenersi e disse: “Noi monaci non avviciniamo le femmine, è disdicevole. Perché lo hai fatto?” “Io ho lasciato quella ragazza laggiù,” rispose il primo monaco: “Tu te la stai ancora portando dietro?”Chi vuole commentare questa storiella?Io mi chiamo “Suorina bella”, è inutile che ti dica il mio vero nome, tanto qui sull'isola, abbiamo deciso, così per scaramanzia, di non usare i nostri veri nomi.Questa storiella mi suggerisce le parole di S. Paolo (Tito 1,15) "Omnia Munda Mundis" cioè "Tutto è puro per i puri". Quello che conta non è l'azione che fai, ma quello che hai dentro il cuore mentre la fai. Il monaco generoso ha fatto del bene e subito se l'è lasciato alle spalle, il monaco malizioso ha trovato una buona scusa per non fare del bene e nel cuore ha solo malizia e la presunzione di giudicare.E' molto significativo questo raccontino. Grazie. - Grazie a te, bella risposta! Ciao, io sono “Raggio di sole x 3,14”, se la sera ancora ci pensava doveva essere proprio bona la ragazza. Certamente, dissi io.Io sono “Zanzar”, Forse la vera vicinanza non è fisica, ma mentale. Il primo monaco ha avvicinato la ragazza solo fisicamente, in quanto persona bisognosa di aiuto. Il secondo monaco ha continuato a pensarla, risultandole paradossalmente più vicino pur non avendola neanche sfiorata. - È vero, il peccato è nella mente discriminante.Io mi chiamo “Dony”, Il primo monaco aveva fatto un semplice gesto di carità fine a se stesso, il cui pensiero era ormai alle spalle.Il secondo monaco, invece, aveva avuto il pensiero della ragazza per tutto il giorno nella mente, quindi ne era rimasto schiavo. Ciò vuol dire

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che i nostri pensieri possono condizionare la nostra mente e quindi i nostri sensi! -Ok, Dony,Buona risposta. Valerio disse:Il valore dell'azione dipende dall'intenzioneIl valore del non agire dipende dalla non intenzione. - Evidentemente, il secondo monaco, non aveva raggiunto il grado di preparazione spirituale del primo, dissi io.Sono “Desideria”, cosa dire... le azioni buone o "disdicevoli" che siano, quando sono compiute sono già fatte, guardare avanti e non pensare troppo al passato, il futuro è davanti, non pensare troppo al già fatto!Scusami l'italiano ma è un pensiero un po' contorto quello che ho in testa... Si, cara Desideria, però lo Zen va oltre, e dice di guardare soprattutto il presente, comunque è vero, il passato è passato, però il futuro deve ancora venire, e non sapremo mai con certezza quando e se avverrà, dunque anche il futuro è una nostra costruzione mentale. Mi chiamo “Riflessivo” mi ricorda chi non fa niente per aiutare il prossimo.. poi dopo cerca qualcosa per criticare chi fa del bene! mi ricorda che bisogna fare del bene.. anche se gli altri criticano.. mi ricorda che bisogna aiutare in modo innocente le persone in difficoltà.. senza secondi fini.. mi ricorda che i maliziosi sono quelli che criticano... e pensano male.. perché loro sono i primi a fare del male.. mi ricorda la purezza rara delle persone rispetto alla malvagità di moltissime altre persone.. ecc... Giusto, Riflessivo, è proprio quello che succede in generale proprio tutti i giorni.Mi chiamo “Giesse”, me la ricordavo un po' diversa questa storiella mi ricordo che c'era un fiume e non pioveva... Giesse, ti confondi, quella del fiume la racconto un'altra volta. Hai fatto bene a ricordarmela! Grazie! Ora tocca a te,Chara, ma lo sai, che facciamo un bel duo? Anzi, ti dico che potresti suonare e fare da sottofondo alle mie storielle, mentre le racconto, naturalmente con musiche che si adattano a sottofondo.È vero, disse Chara, sta venendo fuori qualcosa di magnifico! Se mai dovessimo salvarci, potrebbe essere un'idea, fare un duo di musica e Zen per fare dei concerti.Ragazzi, disse Pleiadiana, mi dispiace rovinare una così bella atmosfera, ma devo darvi una cattiva notizia! Stanotte ho fatto una divinazione interrogando le stelle, e purtroppo che ci crediate o no, non saremo mai ritrovati perché ci hanno dato tutti per morti e sono sicuri che non c'è alcun sopravvissuto, hanno già abbandonato le ricerche.Ma non è possibile, disse Akrazier, cercheranno in qualche isola vicina, per vedere se qualcuno si è salvato!

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Mi dispiace, Akrazier, la risposta delle stelle è che quest'isola per qualche motivo sconosciuto, non risulta nemmeno sulle carte!Se permetti, io non ci credo, disse Giesse. Puoi anche non crederci, disse Pleiadiana, ma prima ci rassegnamo, e meglio sarà, credetemi! (Mormorio tra i naufraghi).Okay, disse Valerio, Chara, suona qualcosa di allegro, che è meglio.Chara suonò Oh Susanna, per cercare di risollevare gli animi, che si erano ormai rattristati, ognuno a questo punto, pensava ai propri cari in Italia e al destino tragico che ci aveva accomunati senza speranze su quest'isola.Cantiamo tutti insieme, ragazzi, forza!!!“OH SUSANNA NON PIANGERE PER ME xxx HO LASCIATO L'ALABAMA PER VENIRE QUI DA TE !” xxx ecc... ecc...Chara suonò il motivo fino a quando fu sicura che tutti fossero avviati bene e sicuri di quanto cantavamo, poi, contando sul fatto che noi ormai non avremmo perso il filo, improvvisamente si mise a fare arpeggi e contro canti sul motivo deliziando quanti tra noi avevano il palato fino e capivano quanto stava facendo!Dopo un po' eravamo ancora tutti allegri, c'eravamo alzati e giravamo ballando come indiani, intorno al fuoco. Così questa serata, finì in allegria, tutti fingevamo di non renderci conto della situazione disperata in cui ci trovavamo.Qui si conclude la prima serata attorno al fuoco, e l'unica cosa che avrebbe potuto migliorarla, sarebbe stata quella di avere un po' di birra e qualche sigaretta, almeno per quanto mi riguardava. Ce ne andammo tutti a dormire, ed io pensavo che l'indomani avrei dovuto cominciare a costruirmi una capanna e a dir la verità, la mia pigrizia mi faceva vedere la cosa non molto attraente, avrei preferito mettermi a pescare tutto il giorno, perché la mia prima passione nella mia vita era stata proprio la pesca, pensavo alla fauna ittica che avrei potuto trovare e la cosa mi incuriosiva ed attraeva non poco. Lo dissi a Valerio e mi disse: Voglio farti un regalo, caro folle, domani mattina, vai pure a pescare, ci penseremo io, Akrazier ed Ahmed a costruirti la capanna per te, vai tranquillo, sono sicuro che accetteranno volentieri di aiutarmi a farti questo regalo di benvenuto, dopotutto, tu ci offri il tuo Zen, e chissà quante serate come questa intorno al fuoco, dovremo fare, perciò, ognuno da quello in cui è più portato e preparato, tu sei il nostro Folle dello Zen e siamo molto contenti che ci sei e ci aiuti a sopportare facendoci pure guadagnare qualcosa di spirituale da questa avventura nella quale, senza volerlo ci ritroviamo.Rinfrancato da quelle parole, dormii tranquillo fino all'alba, quando mi svegliò Venus dicendo, Ehi, Folle, chi dorme non piglia pesci! E io: “ Cosa darei per un caffè!” Venus rispose: Meglio che non ci sia, per te, altrimenti ti verrebbe più voglia di fumare! Come hai ragione, risposi io, alla sigaretta dopo il caffè, non ho mai rinunciato! Però in compenso, io la mattina non faccio mai colazione e fatico anche a mangiare a mezzogiorno, perciò non aspettatemi a mezzogiorno, perché quando pesco, non vorrei mai smettere. Mi diede la lenza e gli ami che erano in dotazione nella scialuppa e mi incamminai verso la spiaggia.

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Finalmente a pesca!

Arrivato alla spiaggia, cominciai a cercare delle conchiglie vive, il cui contenuto avrei usato come esca. Ne trovai parecchie, c'erano anche dei cannolicchi che come esca erano l'ideale, e allora mi misi a preparare la lenza. Misi un piombo di circa 100 grammi all'inizio della lenza, poi ad una distanza di 30 cm. l'uno dall'altro misi tre braccioli con tre ami, li innescai e roteando la lenza stando attento a che non mi impigliassi in qualche amo, lanciai più lontano possibile, la lenza era lunga cento metri circa e sarebbe bastata sicuramente, avevo legato alla fine della lenza un galleggiante, perché se per caso, avessi lanciato ancora più lontano, avrei potuto recuperarla attraverso il galleggiante. Ma la lenza bastò, perché me ne era avanzata circa metà, però affondando, dovetti lasciarne andare ancora una ventina di metri, fino a che non ne richiedeva più perché aveva toccato il fondo. Allora presi un bastoncino alto una cinquantina di centimetri, lo conficcai nella sabbia e gli praticai un'incisione sulla sommità facendo passare attraverso questa incisione, il filo, feci fare qualche giro di lenza intorno al bastoncino e la bloccai ripassandola nella fessura.Questa era la pesca che piaceva a me, perché nell'attesa, mi consentiva di meditare e godere della natura. Passarono circa dieci minuti, e d'un tratto, il bastoncino cominciò a vibrare, poi divelto dalla sabbia, partì come un razzo, ma io avevo il galleggiante in mano e non mi poteva scappare. Cominciai a tirare la lenza e ci misi poco a rendermi conto che doveva essere grosso. Il pesce di mare ha una forza incredibile e quando pescavo con la canna, mi ricordavo che anche un pesciolino di 10, 15 cm. Era in grado di piegare la canna facilmente. Il problema era adesso di non farsi tagliare la mano dalla lenza, perché dato la grossezza del pesce, per evitarlo avrei dovuto per forza mollare la lenza. Mi venne in mente che avevo un fazzoletto in tasca e mollando un po' di lenza, riuscii a prenderlo e avvolgere la mano che teneva la lenza. Caspita, come tira, mi dissi, e la curiosità di vedere che pesce era, mi dava l'entusiasmo per sopportare quella fatica, che stavo per fare.Speriamo di riuscire a prenderlo e che non mi spacchi la lenza, o che non si slami, pensavo. Tiravo quando il pesce smetteva di tirare e lasciavo andare un po' di lenza quando dava quelle puntate verso il fondo o verso il largo che mi facevano temere la rottura della lenza, cercando così di stancarlo, quando sarebbe stato stanco, si sarebbe lasciato trarre a riva, più docilmente. Andai avanti con questo tira e molla per almeno un quarto d'ora, venti minuti, poi il pesce cominciò a dare i primi segni di stanchezza e cominciai a guadagnare lenza metri su metri. Evviva, cominciavo a vederne la sagoma e... mamma mia, quant'è grosso, pensai al culmine della gioia, il pesce, vedendo l'approssimarsi della riva, diede uno strattone alla lenza, e fui costretto di nuovo a lasciarla scorrere attraverso il fazzoletto, e benedii il fatto di averlo con me. Finito l'ultimo tentativo di fuga da parte del pesce, recuperai lenza e lo avvicinai di nuovo a me, fortunatamente la sabbia declinava dolcemente verso il mare, perciò non avevo bisogno di tirarlo su di peso, tirai costantemente e lo feci scivolare sulla sabbia indietreggiando per un bel pezzo.

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Quando fui sicuro che da lì non avrebbe potuto più scappare, mollai la lenza e mi precipitai su di lui per catturarlo con le mani. Mamma mia, come era grosso, era nientedimeno che, una ricciola. Non avevo mai preso una ricciola in vita mia e potete immaginare la gioia che provavo per aver fatto una cattura così importante e con l'ausilio di una sola lenza a mano, senza tutte quelle diavolerie moderne che ero abituato ad usare per pescare quando ero in Italia. Calcolai che doveva essere almeno di quattro o cinque chili, niente, pensando che quel tipo di pesce poteva arrivare a pesare, se non ricordo male, anche trenta o quaranta chili.Lo presi e mi incamminai verso la vegetazione dell'isola, in cerca di grosse foglie per tenere al fresco il pesce. Le trovai, ne presi parecchie e tornai alla spiaggia, scavai una buca abbastanza grande e profonda nella sabbia, fino a che trovai l'acqua, feci allagare la buca scavando ancora più a fondo, ci misi dentro il pesce e la ricoprii con le grandi foglie che avevo preso poc'anzi. Lì, il pesce sarebbe stato al fresco senz'altro. Mi misi a controllare la lenza, e cambiai le esche, anche quelle che non erano state toccate, perché ricordavo che la freschezza delle esche è importantissima. Rimessa a posto la lenza, lanciai di nuovo, sempre stando attento a non farmi prendere dagli ami, perché era un pericolo da tener sempre presente e non sottovalutare. Conficcai di nuovo il bastoncino nella sabbia, bloccai sullo stesso la lenza, come avevo fatto prima e mi misi di nuovo ad aspettare rilassandomi completamente soddisfatto. Mi venne voglia di fumare, ma mi dissi che è una questione psicologica e che dovevo resistere, mi ricordai che la mia ex non sopportava più il fumo anche se da ragazza fumava, a quei tempi, fumavamo e bevevamo a tutto spiano senza tanti problemi, io quando andavo a casa sua o se veniva lei da me, compravo una bottiglia di Grand Marnier, che aveva un sapore di arancio, ed era dolce, a noi piaceva tanto e quando facevamo l'amore, tra un amplesso e l'altro fumavamo e bevevamo il Grand Marnier. Adesso che lei non beveva più e non sopportava il fumo, io ero talmente innamorato che mi bastava stare vicino a lei per non sentire il desiderio di fumare, poi con l'andare del tempo, andavo a fumare in balcone e mi ricordavo che quando vedevo altri mariti andare a fumare in balcone, io pensavo sempre: Poveretti, come si sono ridotti per non contrariare la moglie. Adesso ero io in quelle condizioni e pensavo che se volevano bene alla propria donna quanto ne volevo io alla mia, non era poi un così grosso sacrificio. Pensavo anche che se lei me lo avesse chiesto, avrei smesso anche di fumare del tutto per amore suo, ma lei non me lo avrebbe mai chiesto perché non reputava giusto farlo. Passò così una mezz'oretta senza vedere nessuna nuova abboccata, il bastoncino si muoveva su e giù, ma non perché fosse qualche abboccata, ma per via delle onde del mare che con l'onda allentavano la lenza, e con la risacca, la tiravano. L'abboccata si riconosce perché il movimento è vibratorio, e non ondulante, e in caso di abboccata decisa, sarebbe partito il bastoncino, come aveva fatto prima. Infatti, tutto in un colpo, il bastoncino partì, e io mi affrettai a prendere la lenza e cominciai a tirare. Questa volta, non era molto grosso, però nemmeno tanto piccolo. Tirai e il pesce veniva abbastanza bene verso di me. Ogni tanto dava qualche strattone, ma niente di che preoccuparsi, lo tirai a riva abbastanza facilmente, se rapportato a quello precedente. Era un pesce di circa mezzo chilo, lo guardai mentre lo slamavo, era un bel sarago, splendente nella sua livrea argentata e la caratteristica riga nera verso la coda. Lo misi nella buca insieme all'altro, e intanto diedi un'occhiata alla ricciola, che dopo tanto

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dibattersi, adesso era tranquilla e stava riposando. Ricoprii con le foglie la buca e tornai al posto di combattimento. Dopo aver ricambiato le esche, lanciai di nuovo e mi rimisi ad aspettare. Non feci in tempo nemmeno a rendermi conto, mentre mi sedevo, che il bastoncino era di nuovo partito, lo cercavo e non lo vedevo, guardai nell'acqua ed eccolo sfrecciare verso il largo. Subito la mia mano afferrò il galleggiante, appena in tempo, perché stava partendo anche lui. Cominciai a tirare, ma questa doveva essere una ricciola ancora più grossa della prima. Tiravo e lasciavo andare, tiravo e mollavo, ma questa volta, dubitavo proprio di riuscire a prenderla, era di una forza spaventosa e mi sentivo stritolare la mano dalla lenza, fortunatamente questa era di uno spessore che se inizialmente mi sembrava esagerato, ma adesso ringraziavo il cielo che fosse così robusta. I braccioli che portavano l'amo, erano dell'ottanta, mentre il corpo lenza era del cento, perciò, se proprio si doveva spaccare, si sarebbe portato via solo un bracciolo con l'amo, e la lenza avrei potuto recuperarla tranquillamente, perché guai perdere la lenza, non sapevo, se ce n'erano altre o se questa era l'unica che avevamo. Comunque, adesso l'avevo in tiro, e avrei lottato con la mia Moby Dick con tutte le mie forze e tutta la mia astuzia, a costo di rovinarmi le mani, dovevo tirare su il bestione. Mi venne in mente di prendere un pezzo di legno visto che sulla spiaggia ce n'erano diversi, ne presi uno, lasciando un po' di lenza, e l'avvolsi su di esso. Avrei fatto gioco di gambe, avanti e indietro sulla spiaggia e man mano avrei arrotolato la lenza sul pezzo di legno, così feci. Un'ora e mezza di avanti e indietro sulla spiaggia, e la bestia non si dava per vinta. Nel frattempo pensavo che forse avevo imbroccato la giornata giusta e che forse in altre giornate non sarei stato così fortunato, dovevo approfittare di quell'occasione, e pensavo a che feste mi avrebbero fatto i miei amici naufraghi, tornando con quel bottino! Il pesce non mollava, io non mollavo, e se non avessi avuto l'idea di prendere quel pezzo di legno ed avvolgervi la lenza, a quest'ora avrei dovuto mollare e il pesce si sarebbe portato via tutta la lenza. Non ce la facevo più, erano passate quattro ore, da quando il pesce aveva abboccato e stava vincendo lui, non dava segni di stanchezza, io invece sì, e molta. Ma non avrei mollato per tutto l'oro del mondo, e quando più, mi sarebbe capitata un'occasione del genere?Si stava avvicinando il tramonto, ed io ero stremato, ma anche il pesce, dava segni di cedimento, ed io ero convinto a questo punto di farcela, adesso il pesce era ad una trentina di metri da me e man mano guadagnavo sempre più lenza, dovevo risolvere prima che facesse buio, altrimenti, come avrei fatto a tirarlo fuori dall'acqua?Il pesce precedente era sui cinque chili e ce l'avevo fatta a fatica, questo invece, era molto più grosso e avrei dovuto entrare in acqua e prenderlo per le branchie, per poterlo tirare fuori. Venti metri... il sole cominciava a tramontare, dieci metri e cominciava ad ombreggiare, finalmente riuscivo a vederlo, mamma mia, era enorme, ce l'avrei fatta? Man mano che lo facevo avvicinare, temevo che quando mi avrebbe visto, avrebbe dato un colpo di coda e sarebbe partito come una fucilata, spaccandomi tutto. Entrai in acqua fino a mezza gamba, lui mi vide e tentò di fuggire, ma io questa volta a costo di farmi spaccare la lenza, non mollai la presa, e gli detti solo mezzo metro di spazio facendo gioco di gambe. Dopo questo, ormai resosi conto che non c'era niente da fare, il pescione si lasciò portare proprio sotto di me ed io passando il legno in cui era avvolta la lenza nella mano sinistra, con la destra lo presi per una branchia e quando fui sicuro della presa,

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lasciai la lenza e con la mano sinistra lo presi per l'altra branchia e camminando all'indietro lo trascinai a riva. Camminai all'indietro fino a quando fui sicuro che non avrebbe più potuto con quattro salti tornare in acqua e alla fine lo lasciai e caddi esausto sulla spiaggia. Il pesce saltava e si dibatteva sulla sabbia, ed io con un occhio lo guardavo stando attento che non si avvicinasse troppo al mare, poi come ripresi fiato, mi alzai, presi il pesce per la coda e lo portai alla buca dove c'erano gli altri due pesci, anche questa era una ricciola. Mi dissi che purtroppo per loro, per abbreviare le loro sofferenze, dovevo ucciderli, mi dispiaceva, ma qui non si trattava di pesca sportiva No Killing, nella quale ero abituato a rilasciarli andare, qui si trattava di cibo per i naufraghi e non potevo permettermi sentimentalismi fuori luogo. Tornai verso la vegetazione e trovai un grosso bastone tipo clava, che faceva al caso mio, andai alla buca e con una stretta al cuore, mi misi a bastonare i pesci fino a quando non si muovevano più. Tornai verso le capanne, che era quasi buio, ai pesci, avevo fatto passare dalle branchie alla bocca un bastone che terminava a forcella in modo che venissero fermati dalla forcella in fondo al bastone. Così camminando a fatica, perché l'ultimo pesce che avevo pescato pesava all'incirca una quindicina di chili, giunsi in vista della capanna dove avevo dormito finora. Venus fu la prima a vedermi e lanciò un grido, poi gridò ancora a squarciagola: EHI VENITE A VEDERE COS'HA PRESO IL FOLLE!!! In breve uscirono quasi tutti dalle capanne e mi attorniarono festanti. Ma come hai fatto, gridavano, ma chi sei? Sei un fenomeno, come sei riuscito a prenderli? Ed io: tutta fortuna, si vede che qualcuno da lassù, ci ama e ha fatto in modo che accadesse, domani pesce per tutti, chi è bravo a cucinare, si darà da fare, a me il pesce piace tantissimo e speriamo che capiti ancora una giornata così fortunata. Bene, disse Akrazier, adesso andiamo tutti a mangiare e poi tutti come ieri, sulla spiaggia a fare musica e Zen!Rientrarono tutti nelle loro capanne e anche noi ci mettemmo a mangiare visto che era già pronto.

Attorno al fuoco 2

Che bello, il fuoco scoppiettante, pensavo mentre mi avvicinavo al falò che avevano già preparato e attizzato i naufraghi, sicuramente qualcuno di loro aveva il compito di pensare a questo, meno male che l'organizzazione era una delle cose che ai naufraghi non mancava.Appena fummo tutti intorno al fuoco Valerio disse: Questa sera, cominciamo subito con la musica, pregherei Chara di suonarci un pezzo come introduzione.Certamente, disse Chara, e imbracciò il violino deliziandoci con un pezzo che non avevo mai sentito, ma bellissimo. Finito il pezzo, dopo i meritati applausi a Chara, Akrazier disse: Folle, tocca a te, raccontaci quella che diceva Giesse, quella del fiume.Bene, dissi io, vediamo se è quella che che conoscevi tu!Due monaci stavano viaggiando a piedi, e incrociarono un

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fiume che dovevano attraversare. Uno dei due monaci lo attraversò camminando sull'acqua come se fosse ancora sul sentiero, giunto sull'altra riva si rivolse all'altro monaco dicendo: “Vieni, fai come me, non aver paura.” Questi gli rispose:“Tu, che hai ottenuto questi poteri, non ti vergogni a mostrarli così? Il vero miracolo non è volare per aria o camminare sulle acque, il vero miracolo è invece camminare sulla terra! Se avessi saputo chi eri, ti avrei bastonato ben bene.”È quella che conoscevi tu? Dissi io rivolgendomi a Giesse.Sì, disse lui, è proprio quella, quella di ieri non la conoscevo! Prima di chiedere i vostri commenti, permettetemi di aggiungere una piccola spiegazione alla storiella: Le manifestazioni straordinarie a cui si aggrappano di solito le varie religioni, i miracoli ecc. ecc. sono brutalmente spazzate via dai saggi dello Zen, ostinatamente essi ci riportano con i piedi per terra e ci mettono di fronte alla realtà di tutti i giorni.Ad un allievo superstizioso che si aspettava di vedere un qualche miracolo, un maestro Zen rispose in un modo apparentemente banale; l'allievo chiese: “Ho sentito dire che quando il Buddha cominciò a predicare, dalla terra scaturirono fiori di loto color dell'oro, ora , potrebbe darci, un segno che ci faccia capire che vostra reverenza sia veramente un'illuminato? Certamente, rispose l'anziano maestro, eccola: “Ho appena spalato la neve davanti al portone”. Non riesco a capire, disse Pleiadiana, io ti posso assicurare che le manifestazioni paranormali, esistono, lo so per mia personale esperienza! Lo so, Pleiadiana, esistono in questa dimensione, ma lo Zen parla da una dimensione superiore, nella quale tutto è illusione; la realtà come la vediamo, e anche i fenomeni paranormali ai quali ti riferisci. Ma aspetta a giudicare, andando avanti con le nostre serate, vedrai che ti ritroverai ad essere d'accordo con quanto ho detto finora.Senti, Folle, Io mi chiamo Ipo e sono un tipo molto pragmatico, difficilmente credo in qualcosa che non posso vedere o toccare, ma a volte mi sento rapito dalla bellezza di un'opera d'arte o un paesaggio. Anch'io non credo nelle percezioni extrasensoriali, ma adesso tu vuoi farci credere che esiste una dimensione ancora superiore perfino a quella paranormale. Non voglio con questo mettere in dubbio le cose che dici, ma mi aspetto che tu ce le chiarisca quanto prima.Certamente, dissi io, vi chiedo solo di non avere fretta ed accettare quello che dico, con riserva, salvo poi accettarle, se e quando sarà il caso, nel prosieguo delle nostre serate.

Si alzò una ragazza e disse: Mi chiamo Quantistic Mind, ho 18 anni, sono una ragazza introspettica, altruista, autocritica, creativa, un po' stravagante, con varie passioni e con un carattere apparentemente molto contrastante che varia enormemente secondo la situazione in cui mi trovo. Penso di essere d'accordo su quanto hai detto finora, anche perché ho studiato diverse filosofie e religioni, lo Zen, mi ha sempre affascinato, con le sue apparenti contraddizioni e astrusità dense di saggezza, ne noto a volte e devo dire con piacere, un sottile umorismo mai fine a se stesso! È un piacere, per me, starti a

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sentire.Grazie, ne sono contento! Chara, suonaci un pezzo, per favore!Okay, disse Chara, vi suonerò un pezzo molto difficile, ne approfitterò, per tenermi in allenamento, spero di non fare troppi errori, o almeno di non farveli notare. Il pezzo si intitola: “Il trillo del diavolo” ed è stato composto da Giuseppe Tartini, musicista morto 12 anni prima che nascesse Nicolò Paganini.Chara, era proprio una virtuosa del violino e suonava in modo impeccabile i difficili passaggi di questo pezzo che onorava davvero il suo titolo!Iniziò col tempo di “Larghetto affettuoso”, poi arrivò all' “Allegro presto energico”e il pezzo cominciò ad assumere quel carattere di forza, che lo contraddistingueva. Arrivò al punto in 4/4 “Grave” e dopo poche battute tornò al tempo 2/4 questa volta con velocità “Allegro assai” . Verso il finale il tempo diventò di “Cadenza” e finì poi con un bel “Largo”. Eh, pensai, Tartini è sempre Tartini! E Chara è stata proprio all'altezza della situazione! Gli applausi, non finivano mai, e i naufraghi erano proprio entusiasti!Sono contenta che vi sia piaciuto, disse Chara, adesso tocca al folle!Ok, dissi io, però tu, questa volta, intanto che io racconto, fa' una musichetta di sottofondo lenta però, mi raccomando. Va bene, disse lei, improvviserò a seconda delle emozioni che mi trasmetti sentendo quello che dici tu.Bene, vi racconterò un aneddoto del maestro Ryutan:Un monaco erudito che sapeva a memoria tutti gli scritti sacri sullo Zen, andò a trovare il maestro Ryutan e vi si trattenne fino a notte. Discuterono a lungo e il monaco faceva sfoggio della sua memoria nel discutere sugli scritti sacri. Ad un certo punto Ryutan disse: "Si è fatto tardi, faresti meglio ad andare".Alla fine il monaco erudito, che, discutendo col maestro si era accorto dell'inutilità della sua erudizione, fece per andarsene, ma quando notò che fuori era buio tornò sui suoi passi e chiese al maestro una candela con la quale illuminare il suo cammino. A questo punto apro una parentesi e vi dico che il significato profondo di questa richiesta della candela era: "Ora che ho perso tutte le mie convinzioni, e non possiedo più nulla su cui appoggiarmi, vedo tutto buio e non so più come orizzontarmi nella vita. Vi prego maestro, datemi un insegnamento che possa illuminare il mio cammino per uscire dal buio in cui adesso mi ritrovo"Chiusa parentesi.Allora Ryutan accese una candela e gliela porse. Quando il monaco la prese, nello stesso momento in cui la candela passò di mano, il maestro la spense con un soffio! In quel preciso momento il monaco fu illuminato!Subito dopo disse: Appena a casa, darò i miei libri alle fiamme e non dubiterò più del fatto che le parole scritte non servono a comprendere pienamente lo Zen!Ora ditemi voi, cosa capì il monaco in quel momento? Che insight ha avuto?Come ha potuto il semplice gesto di spegnere la candela stravolgere la vita e le convinzioni del monaco?Ciao, io mi chiamo Lupo, Forse si accorse di quanto fosse fragile ed effimera la conoscenza che ti dà un'altra persona e non nasce da te stesso. Così è, dissi io.

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Il mio nome sull'isola, è Human Nature, nella mia umile ignoranza provo a interpretare cosi: Conoscere i testi, che il monaco aveva tanto studiato, era un mezzo per raggiungere l'illuminazione e non l'illuminazione stessa, come la candela era una strumento per avere la luce e non la luce stessa.Che bella interpretazione, dissi io.Mi chiamo Shaolin, dal mio nome, capirai che lo Zen non mi è nuovo, e io questa storia la interpreto così: Solo noi possiamo decidere di svegliarci e finché non siamo noi ad accendere dentro noi stessi quella lucina, nessun altro può farlo al posto nostro, nemmeno il migliore Maestro. E significa che per capire, dobbiamo liberarci delle cose,disimparare, non imparare. Ecco il perché del rogo dei libri. Brava Shaolin, stai facendo onore al nome del monastero Zen al quale ti sei ispirata!Io sono Ipo, mi sono già presentato poc'anzi e allora....ci provo....Il monaco comprese che azzerare tutto ciò che aveva saputo, compreso ed avuto fino ad allora, era il primo vero passo per l'illuminazione. Forse è ciò che dovrei fare anche io... Ipo, una risposta sensata, tanto quello che sai non te lo può portare via nessuno, l'importante è usare il sapere senza esserne condizionati e mantenere sempre il dubbio che potrebbe non essere una verità inconfutabile da te stesso! Il sottofondo musicale del violino di Chara, era una cosa stupenda, e pensavo di non poterne fare più a meno, visto che portava l'atmosfera a dei livelli spiritualmente più alti del solito.Mi chiamo Abracadabra, la mia interpretazione è che: l'Illuminazione non può dartela nessuno, nemmeno un monaco, figurarsi i libri (tuttalpiù potranno dare conoscenza, erudizione appunto).Infatti il monaco spegne la candela, perché l'accenda il monaco erudito (gli ha dato lo strumento, gli ha indicato la via, il resto lo dovrà fare da sé).Brava Abracadabra, è proprio così.Si alzò Venus e disse: La strada della conoscenza deve trovarla dentro se stesso. È vero, che sapore può avere la conoscenza di un altro?Sarebbe come vedere mangiare un pasticcino di quelli buoni ad un altro, possiamo immaginarne il sapore, ma non sarà mai lo stesso che mangiarlo noi! Il mio nome è “I am one”, l'erudito ha capito che le parole di un altro non avrebbero potuto dargli l'illuminazione. Né le parole scritte nei suoi testi, né i consigli del maestro Ryutan. Almeno questo è quello che penso io. È così, dissi io, mi avete dato tante bellissime risposte, vi ringrazio tutti, siete forti! Chara, la parola al tuo violino! Chara si mise a suonare “La campanella” di Paganini e mi pare che questo pezzo abbia avuto qualcosa a che fare anche il compositore Liszt.Caspita, stava scegliendo proprio tutti i pezzi più difficili da eseguire, doveva per forza essere una concertista di prim'ordine, quando era in Italia, che fortuna averla con noi col suo violino qui sull'isola!Ora toccava di nuovo a me, devo scegliere qualcosa di non molto difficile, i Koan li farò in seguito, quando reputerò che sono abbastanza avanzati per poterci avere a che fare.Ora ve ne racconto una, che è un po' più difficile da interpretare, rispetto alle altre che ho raccontato, ma non dispero della vostra comprensione, avete già dimostrato di non essere persone comuni, e che avete un'intelligenza pronta e abbastanza libera da

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preconcetti.

Un giorno il sesto ed ultimo Patriarca dello Zen "Hui Neng", pronunciò queste parole:

“Dotto pubblico, tutti noi abbiamo dichiarato che facciamo voto di liberare tutti gli esseri senzienti; ma cosa significa?Non significa che io, Hui Neng, li libererò, chi sono gli esseri senzienti della nostra mente?Sono la mente illusoria, la mente ingannevole, la mente malvagia, e tutte le menti simili: tutte sono esseri senzienti. Ognuna di esse deve liberarsi per mezzo della propria essenza della mente. Allora la liberazione sara’ autentica.” Ogni nostro pensiero, è un essere senziente, ogni discriminazione è un essere senziente, perciò nel buddhismo si fa voto di liberare tutti gli esseri senzienti ovvero il dualismo!A qualcuno, queste parole dicono qualcosa?Saturno disse: Fare nella propria mente Tabula Rasa !Ma dopo devo andare a vivere in un posto isolato, altrimenti i" lupi" mi mangiano! Saturno, non devi fare nella mente "tabula rasa", devi andare oltre!Come potresti vivere senza mente?Solo con la Mente, puoi andare oltre la mente! Ciao, mi chiamo Angelo, mhm , è vero , bisogna liberarsi di false illusioni , di falsi sentimenti , di falsi pensieri che portano alla malvagità mi piace questo pensiero filosofico del patriarca , mi ha fatto riflettere Angelo, sono contento che questo pensiero ti abbia fatto riflettere, a volte basta una scintilla e un nuovo mondo appare! Mi chiamo Delphindaco, “I liberatori sono convinti che se la gente trattasse gli animali come membri amati di una famiglia (…) focalizzerebbe le loro attività sulla liberazione degli animali oggi, piuttosto che cercare di convincere la gente a liberarli domani”.*“E’ più importante non permettere che una bestia soffra, piuttosto che restare seduti a contemplare i mali dell’Universo pregando in compagnia di sacerdoti”.Significa che non c'è da indugiare o da filosofeggiare tanto. se hai a cuore davvero la vera libertà (tua e degli altri)... agisci! Chiunque siano i senzienti a cui ti riferisci...solo cosi si esce dalla dualità Io/Altri Delphindaco, da come l'hai detto, deve essere una cosa bella, ma sinceramente non ci ho capito niente! Comunque io sto parlando di esseri umani, e solo gli esseri umani hanno la possibilità di ottenere l'illuminazione. Gli animali, pur avendo la natura di Buddha, non hanno la possibilità di illuminarsi e secondo le credenze antiche buddhiste e induiste, dovranno aspettare di reincarnarsi nella condizione esseri umani, per poterlo fare.È la scala dell'evoluzione e siamo sottoposti ad essa, se c'è involuzione, dobbiamo aspettarci di essere reincarnati in animali, se invece c'è evoluzione, (sempre intesa come spirituale e non tecnologica) possiamo ascendere alla condizione di illuminati.Pleiadiana si alzò e disse: L'Essere senziente e' l'Uomo. Liberarlo e' inteso come libertà dalla mente, dalle catene della mente per ritrovare il Sé. Giusto, Pleiadiana, è così.Mi chiamo Claudio, In parole povere vorrebbe liberarci della mente che mente.

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Se noi siamo ciò che pensiamo, allora i pensieri ci seguono come un'ombra o uno sciame di vespe pronte a pungerci, dipende.A seconda di quali emozioni e sentimenti li accompagnano.Ogni modo di pensare e di agire porta a delle conseguenze: noi "siamo" in un certo modo e questo nostro modo di essere ci espone positivamente o negativamente nei confronti del mondo.L'unico modo di essere che non "sbaglia mai" è la purezza e la sincerità: una mente pura è una "non mente", un modo di pensare che non si identifica, non crea nulla di suo, ma semplicemente si fonde in ciò che esiste già, diventando un solo essere.Grazie amico Zen, detto da te mi fa molto piacere, perché non sono solo parole.....ma condivisione di sentimenti .... alla faccia di chi pensa che non sia possibile.Comunque anch'io mi sono ispirato alla spiritualità orientale per darti la mia risposta, anche se, diversamente da te, non credo che farò una scelta in questo senso. Pardòn. Ammappela Claudio, che risposta affascinante!!! Io parlo solo di quello in cui sono più ferrato, quanto alla scelta, scegliere sottende esclusione di altro, io non escludo niente e sono libero da attaccamento ad una religione o ad una entità spirituale, sono semplicemente me stesso! Io lo Zen lo uso ma non ne vengo usato! L'avevo detto all'inizio, che il mio è uno Zen particolare, scevro da ogni attaccamento ad una divinità, maestro, religione o quant'altro. Io punto direttamente all'essenziale, e se avessi reverenza per una qualche usanza religiosa, l'avrei solamente riconoscendola nel contesto nel quale è venuta alla luce. L'apprezzerei solamente se questa restasse legata alla sua epoca e non sconfinasse nella nostra! È lo stesso principio per il quale oggi ammiriamo le piramidi, ma non ci mettiamo per questo a costruirne una, perché nel nostro mondo odierno, non avrebbe alcun senso!Chara riprese a suonare con vigore, avendo capito che il mio intervento era giunto a termine. Terminato il suo pezzo, le dissi: La conosci “l'uva fogarina”? Se la conosci ci mettiamo tutti a cantare come ieri sera. Certo che la conosco, disse lei, e attaccò le prime note, seguendo le quali cominciammo subito tutti a cantare.Oh come è bella, l'uva fogarina eee Oh come è bella, vederla vendemmiar eeeA far l'amor con la mia bella eee A far l'amore in riva al mar. eeeDiridindindin, diridindindin, xxx Diridindindin din din din din xxxDiridindindin, diridindindin, xxx Diridindindin din din din din xxxE così, cantando allegramente canzoni paesane che conoscevamo tutti e danzando attorno al fuoco, finì la seconda serata attorno al fuoco!Tornando alla capanna, Valerio mi disse: La tua capanna non è ancora terminata, e perciò dormirai ancora con noi, però, devo chiederti un favore: domani dovresti portarmi con te a pescare, ed insegnarmi come fai a prendere sti pesci incredibili!Ok, dissi io, però devo avvertirti che può essere stato un caso e che può succedere di restare tutto il giorno in attesa senza prendere niente!

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Ok, disse lui, sono pronto a rischiare, non sarà ugualmente una giornata buttata via, perché al massimo ci si rilassa! D'accordo, dissi io, domattina ci sveglieremo presto e andremo a pescare. Non ne vedo l'ora, disse Valerio ed entrammo nella capanna a riposarci. A proposito, dissi io, ce l'hai un'altra lenza? Si, ce ne erano diverse, nella scialuppa, sono stati proprio previdenti, gli organizzatori della crociera, meno male!

Ehi Sonny, svegliati! Era la voce di Valerio, chissà perché quando devo andare a pescare non mi dispiace mai svegliarmi, sarà perché mi piace troppo!Preparammo in silenzio le lenze per non svegliare Venus e poi ci avviammo alla spiaggia.Stava albeggiando e le capanne che si intravedevano appena, mi facevano un certo effetto, e mi facevano pensare che non eravamo lì per divertirci, ma eravamo solo dei poveri naufraghi!

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