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Anno XXIII - Mensile Gennaio-Febbraio 2014 (1/2) APPUNTI DI VIAGGIO 130 Sped. abb. post. D.L. 353/03 [conv. in L. 27/02/04 n. 46] art. 1 c. 1 - DCB - Roma Note di ricerca spirituale La Via della presenza di spirito LO ZEN SOTO E I KOAN di Dario Girolami Edizioni La parola La mappa Shalom Dio celebra il Natale Il paradosso del ritorno VEDERE CON CUORE: Mechthild di Magdeburg; Icona di Mechthild di Magdeburg La contemplazione, pratica e vita/2 Dal “piccolo amore” all’Amore Asana lo spazio aperto, che lascia affiorare la vita NOVITÀ IN LIBRERIA: LO ZEN SOTO E I KOAN La Via della pre- senza di spirito, di Dario Girolami. Edizioni La parola. Introduzione e cap. 5: Qual è la vera Seijo? Il Catalogo Corsi di meditazione e di preghiera

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Anno XXIII - Mensile Gennaio-Febbraio 2014 (1/2)

APPUNTI DIVIAGGIO 130

Sped. abb. post. D.L. 353/03 [conv. in L. 27/02/04 n. 46] art. 1 c. 1 - DCB - Roma

Note diricerca spirituale

La Via della presenza di spirito

LO ZEN SOTO E I KOAN

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La mappa – Shalom – Dio celebra il Natale – Ilparadosso del ritorno – VEDERE CON CUORE:Mechthild di Magdeburg; Icona di Mechthild diMagdeburg –La contemplazione, pratica e vita/2 –Dal “piccolo amore” all’Amore – Asana lo spazioaperto, che lascia affiorare la vita – NOVITÀ INLIBRERIA: LO ZEN SOTO E I KOAN La Via della pre-senza di spirito, di Dario Girolami. Edizioni Laparola. Introduzione e cap. 5: Qual è la vera Seijo?– Il Catalogo – Corsi di meditazione e di preghiera

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La mappa

ShalomPasquale Chiaro

Dio celebra il NataleJohn Martin Kuvarapu

Il paradosso del ritornoNorman Fischer

VEDERE CON CUORE: Mechthild di Magdeburg, di Silvana Panciera;Icona di Mechthild di Magdeburg [p. 34], di Martina Bugada

La contemplazione, pratica e vita/2Marco Ragghianti

Dal “piccolo amore” all’AmoreRoberto Boldrini

Asana lo spazio aperto, che lascia affiorare la vitaGioia Lussana

NOVITÀ IN LIBRERIA: LO ZEN SOTO E I KOAN La Via della presenza dispirito, di Dario Girolami. Edizioni La parola.Introduzione e cap. 5: Qual è la vera Seijo?

Il Catalogo

Corsi di meditazione e di preghiera

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Sommario

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La mappa MECHTHILD

DI MAGDEBURGDIO CELEBRA IL NATALE

Uno dei grandi temi sia delle storie dimare sia delle storie umane è quello del viag-gio di ritorno. Un tema che si trova anche inogni tradizione religiosa. Ho menzionatol’idea ebraica di teshuvah, il tornare alla no-stra casa originale in Dio. Nei quadri dellacaccia al bue, il viandante torna nel mercatocon “le mani piene di doni”. Gesù lascia ilmondo e ritorna con la resurrezione. NelBuddhismo Mahayana prendere rifugio nelBuddha, nel Dharma e nel Sangha vuol direritornare alla propria natura originale. [18]

Il vero Sé che si svela non può essere de-finito. Appartiene al regno dello spirito,quel regno che nelle parole di Gesù non èdi questo mondo. In quanto tale, non hasenso definire il vero Sé, poiché è innanzi-tutto spontaneità e libertà, dunque asso-lutamente svincolato da qualunquedefinizione del mondo duale. [36]

Un giorno Diochiamò l’angelo Ga-briele e gli disse: “Ga-briele, voglio affidartiuna missione impor-tante. Ma prima voglioche tu vada nel Mare delNord e veda cosa sta ac-cadendo lì”. Mentrel’angelo Gabriele guar-dava, dal mare uscì unatartaruga, scavò nellasabbia, depose le uova,le mise sotto la sabbia epoi tornò nel mare. Poivide in un altro postoun nido di tartarughe.Esse stavano proprio al-lora emergendo dallasabbia e cominciando acorrere verso il mare.Improvvisamente ap-parvero dei serpenti erapirono i cuccioli delletartarughe. Nessuna diloro raggiunse il mare.L’arcangelo Gabrieleinorridì. [7]

LA CONTEMPLAZIONE,PRATICA E VITA/2

IL PARADOSSO DEL RITORNO

Mechthild nasce inuna famiglia aristocra-tica di cavalieri dellaSassonia, nella diocesidi Magdeburg intornoal 1208. L’origine pa-trizia si deduce daquanto ella scrive aproposito dell’educa-zione ricevuta dal fra-tello Balduin (IV,26).Già all’età di dodicianni vive la sua primaesperienza mistica(IV,2) Questo fatto laincita a lasciare la casapaterna ancora moltogiovane. Al monasteroper ragazze di altorango sociale, preferi-sce una comunità dibeghine di Magde-burg, all’interno dellaquale conduce unavita dedita alla pre-ghiera, alla penitenzae ai suoi straordinariincontri con Dio. [26]

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Tutto è corpo d’amoreè il titolo di una poesiadi un mio conterraneo,Franco Scataglini:Tutto è corpo d’amorela terra il cielo e il panegli uccelli di cittàspennati senza onoregatti, cessi, alberelli …Tutto è corpo d’amoremischiato al bene e al maletutto è il fenomenaleesserci: serpe o fiore …[42]

DAL “PICCOLO AMORE”ALL’AMORE

Asana è sedersi inuno spazio vuoto, non èabitare una forma cono-sciuta o prestabilita, maentrare consapevol-mente in uno spaziovivo, un luogo da esplo-rare senza preconcetti ocertezze, prendere unaforma che liberamentesi allarga nel senzaforma. È chiudere ilcorpo in una forma,‘senza serrare niente’come insegna sapiente-mente Eric Baret. [48]

ASANA LO SPAZIO APERTO,CHE LASCIA AFFIORARE LA VITA

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Carissimi amici e fratelli, sorelle,madri padri e figli, il nostro viaggiocontinua. Non ci sono pause, perchésiamo spinti dallo Spirito. Andiamoverso nuovi cieli e una nuova terra. Inrealtà siamo immersi nel Mistero, unMistero di difficile lettura.

Questo cammino comporta un’e-voluzione e un cambiamento conti-nui, che spesso sembrano accelerati.Ma c’è un prezzo di sofferenza da pa-gare affinché si realizzino questa evo-luzione e questo cambiamento, sia inambito personale e familiare che a li-vello sociale e comunitario. Lo vedia-mo ad esempio nel processo di globa-lizzazione, che comporta lo sposta-mento di produzioni e di ricchezza travarie zone del mondo, per cui in alcunistati diminuiscono i posti di lavoro ela ricchezza, che vengono invece ac-quisiti da altri stati. Certamente, dovecalano produzione e ricchezza, si ali-menta la sofferenza personale e fami-liare. Alla fine di questo processo, chedurerà a lungo, ci sarà una certa redi-stribuzione delle risorse tra le diverseparti del mondo, che avrà però anchegenerato una buona dose di sofferen-za, soprattutto nelle persone che han-

no perso il posto di lavoro, negli statiche si saranno impoveriti. La stessacosa possiamo rilevare nell’evoluzionetecnologica che ci cambia la vita ognigiorno. Le innovazioni che ci arricchi-scono ogni giorno di nuove possibili-tà, e in qualche modo ci rendono sem-pre più potenti, hanno anche un costoche qualcuno paga: sempre. È succes-so con l’invenzione della televisione,che ha mandato in crisi i cinema e iteatri. Succede con internet, che stacreando non pochi problemi all’indu-stria discografica, e sta mandando incrisi anche il mondo del libro, con lachiusura di tante librerie e la crisi de-gli editori. E la stessa cosa accade inmolti altri settori. Quindi, è chiaro cheevoluzione e cambiamento comporta-no comunque sofferenza. La sofferen-za però, è tanto più grande quantomeno la si accetta. Certo, una personache ha assaporato un certo livello dibenessere, solo a prezzo di grande sa-crificio riuscirà ad adattarsi ad un li-vello di ricchezza più basso. In questopassaggio c’è però un segreto: più lacosa la si accetta volentieri, e menosofferenza produce, meno fa male.Mettiamo che riusciamo a compren-

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Shalom

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dere che è lo Spirito [di cui parlavamoprima] che ci ha messo nella nuova si-tuazione, oppure, per dirla con altreparole, che è la Divina Provvidenzache opera questi [misteriosi] cambia-menti e riusciamo ad accogliere conamore questa sua volontà, a sintoniz-zarci con essa, vedremo allora chequesta realtà ci peserà di meno, la sof-ferenza sarà minore. In definitiva pos-siamo affermare che, più riusciamo amantenere un distacco dal nostro li-vello di benessere e dalle cose che pos-sediamo e meno soffriremo se ci ver-ranno tolte.

Anche a livello carnale, mentale espirituale il cambiamento comportasofferenza. Quindi anche un cammi-no di conversione e di purificazionecosta sacrifici e sofferenza. Ricordocome fosse ieri le innumerevoli volteche ho dovuto provare a “smettere” difumare prima di riuscirci trenta annifa. E la stessa cosa accade se voglioeliminare un difetto o una cattiva abi-tudine: mi costa sempre grande faticae sacrificio. E così se voglio provare adigiunare. Quindi, nel cammino spiri-tuale, è essenziale praticare il “non-attaccamento”, alle cose, alle abitudi-ni, allo stesso ego. Credo che questapratica sia molto importante anche inchiave di eternità. Mi spiego meglio.Io non so esattamente cosa siano ilParadiso e l’Inferno. La Chiesa ne par-la utilizzando parole cariche di simbo-li, che io non sono certo di aver capi-to. Credo però che questi luoghi corri-spondano a stati di coscienza, che hotradotto in modo più semplice, e cheora vi espongo.

“Il paradiso è la piena comunione,la perfetta unità con Dio, mentre l’in-ferno, all’opposto, è la separazione, ildistacco, la totale mancanza di comu-nione con Dio.

Quindi, tutto quello che favoriscela comunione, l’unità con Dio, ci spin-ge verso il paradiso, mentre ciò che ge-nera separazione e distacco da Dio cispinge verso l’inferno. Per questo mo-tivo, l’inferno e il paradiso iniziano amanifestarsi già mentre viviamo la no-stra dimensione terrena e troverannola loro piena manifestazione al mo-mento della morte, perpetuando lostato mentale, emotivo e spirituale nelquale la persona è immersa al momen-to della morte, lo stato di grazia o dipeccato in cui saremo immersi. Il fattodi coltivare pensieri sentimenti emo-zioni desideri, di compiere azioni di uncerto tipo, buone o cattive che siano,costituisce un legame che cresce neglianni, e diventa sempre più forte, unaservitù che si rafforza sempre più, nelsenso che le azioni compiute acquista-no un potere su di noi. Per questo mo-tivo, chi compie spesso azioni cattive èquasi obbligato a continuare a compie-re azioni cattive, chi compie azionibuone trova normale continuare acompiere azioni buone: è ciò che gli in-diani chiamano karma. A questo credoche si riferisse Gesù con le parole:chiunque commette il peccato è schia-vo del peccato (Gv 8,34).

Naturalmente, il meccanismo dicui parlo non esclude l’intervento diDio e della sua infinita misericordia,anche in punto di morte, ma spessocapita che l’intervento divino non

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porti frutto perché siamo noi che nonlo desideriamo, non lo accettiamo,non siamo più capaci di accoglierlo innoi, di accogliere la sua grazia, perchéper noi diventa molto difficile modifi-care o rinunciare a un atteggiamentopraticato per tutta una vita. Credo siaquesto il motivo per il quale tante ani-me si perdono.

Un piccolo esempio ci aiuterà a ca-pire. Se io ho passato la vita ad accu-mulare beni e ricchezze, e ho orientatotutta la mia esistenza in questa dire-zione, sarà molto difficile che riesca arinunciarci, seppure in punto di mor-te, e questo anche se il Signore interve-nisse direttamente per illuminare ilmio cuore e mi facesse intendere cheuna rinuncia ai miei attaccamenti miaprirebbe le porte del Regno. È illumi-nante, in proposito, il brano del giova-ne ricco.”

[Da “IL CAMMINO DELLA SANTAPRESENZA. Gesù come via”, pp. 35-37.Ed. La parola]

Riguardo a questo numero della ri-vista volevo segnalarvi in particolarel’articolo di J. M. Kuvarapu, Dio celebrail Natale, che è una lettura molto spe-ciale del Natale: quasi una fiaba.

C’è un’antica poesia cristiana, digrande bellezza, scritta in siriano anti-co: L’inno della perla [chiamato ancheL’inno dell’anima]. In questa poesia ilcammino spirituale viene paragonatoa un viaggio, un viaggio di ritorno ver-so le nostre origini, verso la nostravera casa da cui siamo andati via perincarnarci in un corpo. Ecco, su questo

numero della rivista volevo segnalarvianche il ricchissimo testo di NormanFischer, Il paradosso del ritorno che, apartire dall’Odissea, affronta questostesso tema da una prospettiva laica,zen, ebraica.

In questo numero trovate anche lapresentazione di una novità delleEdizioni La parola: Lo Zen Soto e i koan,di Dario Doshin Girolami. Questo te-sto ha una sua particolarità, in quantoè il primo libro pubblicato in italianosull’utilizzo dei koan nello Zen Soto.Ordinariamente si sa che i koan sonolo strumento utilizzato nello ZenRinzai, mentre la pratica dello ZenSoto è centrata solo sull’attenzione alrespiro assumendo la giusta posizioneseduta: lo zazen. In realtà anche loZen Soto fa uso dei koan ma li utilizza,per dirla con Girolami, per individuarele domande che bisogna porsi per investi-gare nella giusta direzione.

Ricordo, a chi non lo avesse ancorafatto, che questo è il terzo numerodell’anno e che va rinnovato al piùpresto l’abbonamento: abbiamo biso-gno di ciascuno di voi per continuare ilViaggio. Per noi siete tutti importanti.Grazie.

Mi sembra di aver detto tutto ciòche desideravo dirvi. Vi auguro quindiuna buona lettura e vi abbraccio tutti.Vi saluto con affetto,

Pasquale Chiaro

Roma, 30 gennaio 2014

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Introduzione

Questo è un libro didomande, non di risposte. Imaestri zen, infatti, non tendo-no a fornire le risposte giusteperché nelle risposte c’è pocaenergia. Pongono invece ledomande giuste, perché sono ledomande a essere piene di vita,piene di possibilità.

Nella tradizione Zen Sotosi utilizzano i koan, antiche sto-rie di illuminazione, per indivi-duare le domande che bisognaporsi per investigare nella giu-sta direzione. Ecco perché inquesto libro troverete – a com-mento dei koan, e secondo lostile Zen Soto – tante domandee non certo le soluzioni ai koan.

Venti storie zen, venti sto-rie di illuminazione, senzatempo. Anche se i protagonistisono vissuti nell’India dell’epo-ca del Buddha, nell’antica Cina onel Giappone medievale, ciò chehanno realizzato travalica i con-fini di spazio e tempo. Era vali-do allora in Oriente ed è validooggi in Occidente. Era vero pergli eremiti ed è vero per le madridi famiglia.

I koan sono dei paradigmieterni che parlano direttamenteallo spirito e alla psiche umana.Chi li studia e li fa propri ha lapossibilità di maturare la stessarealizzazione dei discepoli delBuddha. Si tratta solo di varcarela soglia. La porta è aperta.Anzi. Non c’è nessuna porta.

I koan che compaiono nellapresente opera – da me tradottidalle versioni in inglese – pro-

EDIZIONI LA PAROLA

LO ZEN SOTO E I KOANLa Via della presenza di spirito

di Dario Doshin Girolami

formato 12x19, pagg. 240, € 20

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vengono da diverse raccolte ehanno perciò diversi formati.Alcuni, oltre al caso, presentanoun commento e dei versi, altrino.

I testi scelti provengonoda: La raccolta della roccia blu, Laporta senza porta, Il libro dellaserenità, Il flauto di ferro, La tra-smissione della luce, Shobogenzo,Mana Shobogenzo. Nello studia-re i koan è tradizione nello ZenSoto non rifarsi a una singolaraccolta di koan e non seguirenecessariamente la progressio-ne numerica dei casi all’internodi una singola opera. Nel Soto ilmaestro sceglie il koan in basealle esigenze del momento edegli allievi e non in base a unordine prestabilito come accadein altre tradizioni zen.

La progressione dei koan diquesto libro segue dunque quel-la che è stata la crescita del san-gha – la comunità dei praticanti– del Centro Zen L’Arco diRoma, cioè di un gruppo di laiciche ogni giorno si sforza di por-tare la saggezza del Buddhanella vita quotidiana, fatta dilavoro, di affetti, di gioie e didrammi.

L’augurio è che i koan sele-zionati, in questa particolareprogressione, possano allo stes-so modo rispondere alle esigen-ze di chi, senza abbandonarefamiglia e lavoro, sta cercandose stesso in questo infinitoUniverso.

Ma c’è di più. Il libro nonpresenta solamente un com-mento ai koan ma anche unaguida alla pratica meditativazen nello spirito di SuzukiRoshi, fondatore del SanFrancisco Zen Center, il primomonastero di addestramentozen fuori dall’Asia.

Molte delle persone che, inOccidente, arrivano allo Zensono spinte dalla sensazioneche manchi qualcosa nella lorovita. Sembrano quasi spintedalla fame, una fame “spiritua-le”. La meditazione zen raccon-tata in questo libro è come uncibo, cibo per il cuore, che con-sente di ritrovare la pienezzadell’esistenza. Lo Zen è infatti lavita, la nostra vita.

Dario Doshin Girolami

Centro Zen L’Arco - Roma

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QUELLO CHE SEGUE È

UN CAPITOLO DEL LIBRO

5Qual è la vera Seijo?

Il casoGoso (Wuzu) chiese a un

monaco: “La ragazza Seijo e lasua anima erano separate. Qual èla vera Seijo?”.

Commento di MumonSe comprendi qual è la vera

Seijo, allora saprai che uscire dauna buccia ed entrare in un’altra,è come un viaggiatore che entraed esce dagli alberghi.

Se non ti è ancora chiaro,non ti agitare avventatamente;ma quando all’improvviso tiseparerai nei quattro elementi,terra, acqua, fuoco e aria, saraiproprio come un granchio getta-to nell’acqua bollente che sidimena con le sue sette mani eotto zampe. Non dire che non tiavevo avvisato.

Versi di MumonLe nuvole e la luna sono lastessa cosa;le montagne e le valli sono dif-ferenti.

Tutto è benedetto, tutto èbenedetto.È uno, o due?

Per comprendere il caso 35della Porta senza porta bisognaconoscere la storia di Seijo, unafavola popolare molto nota inCina e in Giappone.

C’era una volta Seijo (oCh’ien in cinese), una bambinache viveva con il padre Chokan(Chang-Kien in cinese). Seijo gio-cava sempre con il cugino Ochu(Wang Chau in cinese), e spesso idue facevano finta di sposarsi.Crescendo, piano piano, il giocosi trasformò in realtà e i dueragazzi si innamorarono.

Ma il padre organizzò unmatrimonio di convenienza perSeijo. Ochu, non sopportando ildolore di vedere la sua amatapromessa in sposa a un’altra per-sona, decise di scappare. Andò alporto e, quando la barca era sulpunto di salpare, Seijo lo rag-giunse e gli disse: “Non ce la fac-cio a sposare l’uomo che miopadre ha scelto, quindi ho decisodi scappare con te”.

I due scapparono in un altropaese, si sposarono, ebbero duefigli, condussero una vita felice.A tutti e due, però, rimase la sen-

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sazione che nelle loro vite cifosse qualcosa di irrisolto.Divenuti entrambi genitori capi-vano cosa poteva aver patito ilvecchio Chokan. Erano scappatisenza nemmeno salutarlo.Sentendo il bisogno di ritornaree di fare pace con Chokan, decise-ro di rientrare al loro paese diorigine per risolvere la questio-ne. Arrivati al porto Ochu disse aSeijo: “Tu aspetta qui, io vado alpalazzo da tuo padre, mi scusoper averti rapito e per esserescappato, e quando abbiamofatto pace, vieni anche tu”.

Quindi Ochu si avviò e, consua grande sorpresa, lo zio loaccolse a braccia aperte, moltofelice di rivederlo. Allora Ochuesclamò: “Zio, ti ringrazio diaccogliermi in questo modo.Vorrei scusarmi con te per avertiportato via tua figlia”. Al che lozio disse: “Ti sbagli. Mia figliaSeijo è qui e non è mai andatavia”. “No, ti sbagli tu” affermòOchu, “Seijo è venuta via con me,ci siamo sposati, abbiamo avutodue figli, e ora è al porto che tiaspetta per chiederti perdono”.“No” reiterò Chokan, “Seijo non èmai partita, il giorno in cui seipartito si è ammalata, si è messaa letto, è entrata in uno stato di

semicoma e non si è più alzata.Vieni che te la mostro”.

I due andarono nella stanzadi Seijo e, con grande sorpresa,Ochu vide Seijo sdraiata a letto,immobile, pallida, in coma. “Noncapisco” esclamò Ochu, “Seijo èpartita con me, è in salute, e oraè al porto che ti aspetta. Vieni,zio, che te la mostro”.

I due andarono quindi alporto, dove effettivamente c’eraSeijo che aspettava il marito e ilpadre. In quel momento la Seijoche era a letto si alzò e andòanch’essa al porto, e le due Seijosi avvicinarono, si avvicinarono esi avvicinarono fino a diventareuna cosa sola.

Questa è la storia. Torniamoora alla domanda di Goso: qual èla vera Seijo? Quella che scappa oquella che rimane a casa? Quellache si ammala o quella in salute?

A prima vista sembra unastoria strana. Innanzitutto dob-biamo tenere presente che nellaCina medievale era normale chedue cugini si sposassero, come,d’altra parte, era normale anchein Italia in tempi passati.

Sebbene sembri una storiache parla di fantasmi, in realtàparla di noi. Non vi è mai capita-

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to di sentirvi spaccati in due, divoler essere una cosa e il suoopposto, di voler essere in unluogo e anche da un’altra parte,di essere all’interno di una rela-zione e volerne un’altra, di fareun lavoro e volerne fare unaltro? Non vi è mai capitato disentirvi così? Di dover essere ciòche dice la società, la famiglia, oquello che la situazione richiede,e allo stesso tempo voler essere efare altro?

In una delle sue poesie piùbelle, Gianni Del Bufalo – amico,professore e autore – ha scritto:

Quando sono albero vorreiessere ventoquando sono vento vorreiessere albero.

Quando siamo stabili, consalde radici, vorremmo essereliberi e leggiadri; quando siamoliberi come il vento, vorremmoessere stabili come un albero.

La domanda che accompa-gna questo koan è: come si farealizzare una vita senza cesure?In tutte le nostre esistenze cisono cesure tra il dover essere, lapassione e i sogni giovanili, gliimpegni quotidiani, l’amore, le

relazioni. Come si fa a realizzareuna vita senza spaccature? Comesi fa a vivere bene, come si fa avivere con pienezza la nostra esi-stenza nel momento presente?

La nostra pratica sta nell’es-sere qui e ora, essere totalmentenel momento presente, comple-tamente calati nella realtà dell’i-stante. Se siamo qui ma vogliamoessere da qualche altra parte, sesiamo Tizio ma vogliamo essereCaio, non siamo completamentequi e ora e non siamo in pace. Lapratica zen ha a che fare con l’es-sere assolutamente, completa-mente qui e ora, totalmente inpace con la realtà del momentopresente.

Seijo è ognuno di noi, in unmodo e nell’altro. Lo Zen, pervoce di Goso, ci invita a smetteredi scappare e a fare pace con larealtà della nostra esistenza cosìcome è; a capire quello chevogliamo veramente.

La tradizione magica diceche con la bacchetta è possibileesaudire i desideri, ma se laconfondiamo, la bacchettamagica non funziona, in quanto,se desideriamo una cosa e il suoesatto opposto, come fa talebacchetta a esaudire i nostridesideri?

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Mia mamma e le sue sorellesono nate in Africa, durante laseconda guerra mondiale, e i lorogiocattoli erano gli animali, tra iquali un camaleonte. Il loro giocopreferito era spostare il cama-leonte su superfici di diversocolore per vederlo cambiareaspetto: lo mettevano su uncuscino giallo e il camaleontediventava giallo, sul pavimentomarrone il camaleonte diventavamarrone, e così via. Un giornohanno pensato bene di metterlosu una coperta scozzese speran-do che diventasse a quadretti.Per fortuna mia nonna se ne èaccorta e ha salvato il povero ani-male che stava impazzendo, nonsapendo più di che colore diven-tare. Ecco, noi facciamo la stessacosa con la nostra vita: vogliamouna cosa e anche il suo opposto,vogliamo che il camaleontediventi a quadretti.

Riusciamo a riunificare lenostre anime, a essere completa-mente uno, a essere chiari su chisiamo, e su quello che vogliamofare? Quando siamo in medita-zione seduta, il pensiero costanteè: “Quando finisce? Voglio faremeditazione camminata”, mapoi, quando stiamo facendomeditazione camminata il pen-

siero è: “Quando facciamo medi-tazione seduta?”.

Questo koan ci invita a farepace con la nostra vita, tranquil-lizzandoci pazientemente istanteper istante a partire dalla praticaseduta.

Il koan parla anche del con-flitto tra passione e dovere: comesi fa a non rinunciare ai sogni digioventù e a essere completa-mente adulti? Ci hanno insegna-to che essere adulti ha a chevedere con il rinunciare ai sogni.È possibile invece unificare ledue anime ed essere totalmenteadulti – dunque assumerci com-pletamente le nostre responsabi-lità – e attualizzare i nostrisogni? Riusciamo a fare coincide-re queste due cose?

Occorre però fare chiarezza:di che sogni si tratta? Se, infatti,sono sogni di fuga, per quantobelli, hanno di nuovo a che vede-re con il non essere qui, con ilnon essere pienamente a contat-to con la nostra esistenza, con ilnon essere pienamente a contat-to con la nostra più vera natura,la Natura di Buddha. Se invece sitratta di un sogno che riguarda ilati nascosti di noi, non ancorapienamente sviluppati, ecco che

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diventa possibile far coinciderela maturazione di un sogno conla maturazione emotiva.

Un altro elemento del koanè legato ai personaggi. In questastoria abbiamo le due Seijo,Ochu, Chokan e poi, sebbene sene parli poco, ci sono i due figli diSeijo e Ochu.

Freud insegna che nei nostrisogni siamo tutti i personaggi.Allo stesso modo, nei koan siamotutti i personaggi. Se state pen-sando: “Io sono solo la Seijo chescappa”, vi siete persi qualcosa;se pensate: “Io sono come la Seijoche rimane e che si assume le sueresponsabilità”, ancora nonavete visto qualcosa; se statepensando: “Io mi sento vicino alpadre che ha organizzato unbuon matrimonio e ha pensato alfuturo e al benessere della figlia”,avete una visione parziale; sestate pensando: “Mi sento ribellecome il ragazzo che scappa”,ancora mancano dei pezzi.

In realtà siamo il padre chepensa al bene della figlia, siamo laragazza che scappa per amore,siamo la ragazza che accetta lasua responsabilità, siamo il ragaz-zo che non tollera la pena d’amo-re e fugge, siamo il ragazzo che si

crea una nuova vita con Seijo,siamo i bambini felici conmamma e papà, … e siamo il mae-stro zen che domanda al monacochi è la vera Seijo, e siamo ilmonaco che deve rispondere!

Nella vita quotidiana, siamotante persone: nella relazioneaffettiva siamo in un modo, congli amici siamo in un altro, con ifigli siamo un’altra personaancora, al lavoro siamo ulterior-mente diversi, e in un centro diDharma siamo ancora più diver-si. Questo non vuol certo direche siamo schizofrenici. Vuoldire che la nostra personalità hatante sfaccettature: siamo tanti,eppure siamo uno. Lo stesso sipuò dire delle nostre emozioni:essere umani vuol dire saperesprimere una infinita gamma diemozioni. Per esempio, nonsiamo sempre e solo arrabbiati,la rabbia è una delle nostrenumerose emozioni. Allo stessomodo non siamo sempre e solofelici, sempre e solo tranquilli:nell’arco di una stessa giornataabbiamo momenti in cui siamofelici, altri in cui siamo rabbiosi,altri momenti in cui siamo rilas-sati. Questo vuol dire esprimerela gamma delle emozioni umane.Ma chi siamo veramente noi?

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Page 14: LO ZEN SOTO E I KOAN · tartaruga, scavò nella sabbia, depose le uova, ... esperienza mistica (IV,2) Questo fatto la incita a lasciare la casa paterna ancora molto giovane. Al monastero

Siamo veramente noi stessi soloquando stiamo con la personache amiamo? Siamo veramentenoi stessi solo quando siamo allavoro? Siamo noi stessi quandosediamo in meditazione? Siamotanti personaggi, ma siamo puresempre la stessa persona. Cioèchi? Ci riconosciamo come unapersona in particolare?Riusciamo a fare pace veramentecon tutte le nostre parti e tutte lenostre emozioni? Siamo inprofondo contatto con la nostrarealtà?

Torniamo ai versi diMumon:

Le nuvole e la luna sono lastessa cosa;le montagne e le valli sono dif-ferenti.Tutto è benedetto, tutto èbenedetto.È uno, o due?

La luna e le nuvole sono lastessa cosa? Le montagne e levalli sono diverse? Sono uno osono due?

Sekito Kisen, celebre mae-stro zen dell’VIII secolo, autoredel Sandokai, risponderebbe:“Armonia di differenza e ugua-glianza”. La pratica zen ha a che

fare con il cogliere l’istantaneacompresenza di differenza euguaglianza, di unità e molte-plicità.

Questo koan – come tutti ikoan – si comprende quando rea-lizziamo la simultaneità e la com-presenza di molteplicità e unitàe, in questo caso, quando com-prendiamo tutte le persone checi compongono e la nostra irripe-tibile unicità.

Nagarjuna, il grande mae-stro del Buddhismo Mahayana,ha insegnato la dottrina delle“due verità”: la verità relativa e laverità assoluta. Dal punto divista assoluto siamo tutti uguali,siamo tutti uno, siamo tuttiNatura di Buddha. Dal punto divista della verità relativa, ognu-no di noi è unico e irripetibile. Lamaturazione nella pratica consi-ste nel realizzare entrambe lecose, nel riconoscersi pienamen-te uno con la totalità, ma anchenel realizzarsi totalmente nellapropria specificità e nell’accettar-si completamente. Ed è proprioportando a piena maturazione lanostra specificità che abbiamo lapossibilità di riconoscerci total-mente Uno con la realtà. Questaè la nostra Via.

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