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LO SCREENING E IL TRATTAMENTO DEL CARCINOMA DEL COLON-RETTO A FERRARA DIFFERENZE DI GENERE A CURA DELLA COMMISSIONE DONNE MEDICO OMCeO FERRARA EDIZIONE SPECIALE Luglio 2014 - Anno XXXI BOLLETTINO Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Ferrara Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Ferrara FNOMCeO Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri

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LO SCREENING E IL TRATTAMENTO DEL CARCINOMA DEL COLON-RETTO

A FERRARA

DIFFERENZE DI GENERE

A CURA DELLA COMMISSIONE DONNE MEDICOOMCeO FERRARA

EDIZIONE SPECIALELuglio 2014 - Anno XXXI

BOLLETTINOOrdine dei Medici Chirurghie degli Odontoiatridella Provincia di Ferrara

Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri

della Provincia di Ferrara

FNOMCeOFederazione Nazionale degli Ordini

dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri

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Anno XXXI - EDIZIONE SPECIALE

DIREZIONE REDAZIONE:c/c Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Ferrara - Piazza Sacrati 11Tel. 0532/202247 - Fax 0532/247134Sito Internet: www.ordinemedicife.ite-mail: [email protected] [email protected]

DIRETTORE RESPONSABILEDott. Massimo Masotti

AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE DI FERRARAdecreto 17/04/1982 n. 299

Spedizione in Abb. Postale - II trimestre 2014

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art.1, comma 2, CN Ferrara

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INDICE

INTRODUZIONE

Dott.ssa Debora Romano ..................................................................pag. 4

La diagnosi e il trattamento del cancro colo-rettale.

Dott. Carlo Feo, Dott. Mattia Portinari, Dott.ssa Simona Ascanelli, Dott. Alessandro De Troia, Dott. Gian Carlo Matarese .....................pag. 5

Le differenze di genere nel carcinoma del colon-retto: il ruolo controverso degli estrogeni

Dott.ssa Cristina Tarabbia ..................................................................pag. 23

Il programma di screening di popolazione per il carcinoma del colon-retto in Provincia di Ferrara

Dott. Aldo De Togni ............................................................................pag. 42

Differenze di genere nel carcinoma del colon-retto a Ferrara: risultati di 8 anni di screening (studio preliminare).

Dott.ssa M.Cristina Carpanelli, Dott.ssa Caterina Palmonari, Dott. Aldo De Togni ............................................................................pag. 60

Nutrigenomica e Cancro del colon-retto.

Dott.ssa Viola Zulian ..........................................................................pag. 65

Conclusioni ...........................................................................................pag. 74

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Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Ferrara

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INTRODUZIONEDott.ssa Debora Romano

Coordinatrice della Commissione Donne Medico, OMCeO di Ferrara

La Medicina Sesso/Genere, intesa come approccio trasversale alla fisiopatologia ma-schile e femminile, sia nella componente sessuale, che per l’influenza del genere, è ormai un argomento molto attuale. E’ entrata, infatti, nei programmi sanitari delle Regioni (Piemonte, Emilia Romagna, ecc) dei comuni e nelle linee guida della ricerca farmaco-logica del ISS.E’ ancora importante sottolineare che la Medicina Sesso/ Genere non è la medicina delle donne , ma la medicina degli uomini e delle donne: il sottolineare le differenze tra uomini e donne, garantendo l’uguaglianza dei diritti, assicura l’equità delle cure.Trascurare le differenze fondamentali dei singoli individui di sesso diverso porta all’ingiu-stizia nei progetti di studio e nella cura, in quanto viene svantaggiato il soggetto meno studiato.La Commissione Donne Medico dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri di Ferrara ( CDM) ha cercato di perseguire tali scopi dal 2010, affrontando nei bollettini speciali gli aspetti trascurati della patologia cardiovascolare femminile e dell’osteoporosi e dei disturbi ali-mentari nell’uomo, interrogandosi sull’opportunità di modificare percorsi diagnostici e trattamenti.Il Carcinoma del Colon-Retto (CRC) non è una tipica neoplasia ormono-sensibile, come il carcinoma della mammella e della prostata, ma gli studi epidemiologici hanno evi-denziato differenze di genere in diversi aspetti: nell’incidenza, nella mortalità, nei tipi anatomo-patologici,nella diversa adesione allo screening, nella risposta ai trattamenti, alle terapie, ai nutriceutici.Gli steroidi sessuali hanno un ruolo importante nello sviluppo e nella progressione della malattia, a seconda del genere e delle fasi ormonali della vita.Ciò suggerisce il loro possibile impiego in chemio-prevenzione ed in trattamento.Nella Provincia di Ferrara è attivo un efficace programma di screening e un ben struttu-rato percorso diagnostico-terapeutico per il CRC, con una casistica ben documentata.Si è pertanto pensato di coinvolgere i colleghi, tutti appartenenti al nostro Ordine, in uno scambio interdisciplinare di competenze specialistiche, per fare il punto sullo stato dell’arte e ri-osservarlo nell’ottica di genere, al fine di valutare nuove prospettive sia nell’eventuale rivisitazione dello screening, che nella diagnosi e il trattamento.Un sentito ringraziamento va a tutte le colleghe e i colleghi che hanno lavorato con gran-dissimo impegno e professionalità alla realizzazione di questo Bollettino.

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La diagnosi e il trattamento del cancro colo-rettale.Prof. Carlo Feo1, Dott. Mattia Portinari1, Dott.ssa Simona Ascanelli1,

Dott. Alessandro De Troia1, Dott. Gian Carlo Matarese2.

1Clinica Chirurgica, Università di Ferrara e Azienda Ospedaliero-Universitaria Arcispedale S. Anna, Ferrara2 U.O. di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, Azienda Ospedaliero-Universitaria Arcispedale S. Anna, Ferrara

Introduzione

In Italia, fra la popolazione osservata dall’Associazione Italiana dei Registri Tumori (AI-RTUM) nel periodo 2003-2005, il cancro del colon aveva una incidenza di 62,3 casi ogni 100’000 uomini e 51,3 ogni 100’000 donne. A quel tempo, il cancro del colon rappre-sentava il 9,1% delle diagnosi tumorali negli uomini (9,7% nelle donne), escludendo i carcinomi cutanei, e il 7,9% di tutti i decessi per cancro (9% nelle donne). L’incidenza mostrava un declino fra gli uomini e stabilità fra le donne, mentre la mortalità maschile era invariata e quella femminile era in lieve calo; nel 2006, comunque, il cancro del colon-retto ha causato in Italia rispettivamente 9’752 e 8’315 decessi tra gli uomini e le donne [1].

Presentazione Clinica

I sintomi del cancro colo-rettale sono tipicamente dovuti alla crescita nel lume o al coin-volgimento delle strutture adiacenti da parte del tumore e sono spesso, pertanto, la ma-nifestazione di una malattia relativamente avanzata. I pazienti che presentano un can-cro del colon-retto sintomatico hanno più comunemente ematochezia o melena (40%), dolore addominale (44%), anemia da carenza di ferro non altrimenti spiegata (11%) e/o variazione delle abitudini intestinali (43%) [2,3]. L’astenia e il calo ponderale sono ge-neralmente presenti in paziente con malattia avanzata. Tuttavia, la sensibilità dei singoli sintomi per la diagnosi del cancro colo-rettale è bassa (5-64%), sebbene la specificità di alcune manifestazioni di allarme (sanguinamento rettale scuro e massa addominale) sia superiore al 95% [4]. Non sorprende, quindi, che i pazienti sintomatici alla diagnosi abbiano tipicamente una prognosi peggiore rispetto a quelli asintomatici, con riscontro incidentale della malattia [5,6], o che quelli diagnosticati con lo screening lo siano ad uno stadio patologico più favorevole [7].

Il dolore addominale può essere causato da una parziale ostruzione intestinale da parte della neoplasia, carcinosi peritoneale o peritonite generalizzata da perforazione del tumore.

L’alterazione dell’alvo, invece, è un sintomo di esordio che si riscontra più frequente-mente nei tumori del colon sinistro rispetto a quelli della porzione destra, avendo questa un lume intestinale più ampio e contenuto liquido, caratteristiche che rendono meno probabile l’insorgenza di sintomi ostruttivi. I tumori possono svilupparsi come lesioni a placca oppure estendersi lungo tutta la cir-

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conferenza del lume intestinale creando il caratteristico aspetto a “torsolo di mela” della diagnostica per immagini tradizionale.

L’ematochezia è un sintomo associato più frequentemente ai tumori del retto rispetto a quelli del colon, dove prevale invece l’anemia sideropenica secondaria a sanguina-mento occulto, più comunemente nei tumori del colon destro e spesso causa di ritardo diagnostico [8]. I tumori del cieco e colon ascendente, infatti, hanno una perdita media giornaliera di sangue (approssimativamente 9 ml/giorno) quattro volte superiore rispetto ai tumori delle altre porzioni del colon [9]. Il sanguinamento occulto non sembra dipen-dere invece dallo stadio della neoplasia [9,10].

Il calo ponderale è una indicazione comune alla colonscopia, ma raramente è l’unico sintomo in caso di carcinoma del colon-retto. La sua presenza aumenta però la proba-bilità di riscontrare un tumore del colon in un dato paziente [4,11]. Meno comunemente la distensione addominale, la nausea e il vomito sono i sintomi di presentazione di un tumore del colon-retto e possono indicare un quadro di ostruzione. Negli Stati Uniti, il 20% circa dei pazienti affetti da carcinoma del colon-retto ha metastasi a distanza al momento della diagnosi [12]. Queste ultime si diffondono per via linfatica, ematica, per contiguità o per via transperitoneale. Le sedi più frequenti di metastatizzazione sono i linfonodi regionali, il fegato, i polmoni o il peritoneo, ed i pazienti possono anche giun-gere alla prima osservazione clinica per sintomi o segni di tali localizzazioni secondarie della malattia. La comparsa di dolore al quadrante superiore destro, la distensione ad-dominale, il senso di sazietà precoce, linfoadenomegalie sovraclaveari o il riscontro di noduli periombelicali sono, generalmente, segni di malattia avanzata, spesso metastati-ca. Poiché il drenaggio venoso dell’intestino passa attraverso il sistema portale, il primo sito di disseminazione per via ematica è spesso il fegato, seguito dai polmoni, le ossa e diverse altre sedi incluso il cervello. Tuttavia, i tumori che insorgono nel retto distale possono inizialmente metastatizzare ai polmoni perché la vena emorroidaria inferiore drena nella vena cava inferiore anziché nel sistema venoso portale. Talvolta il cancro colo-rettale può presentarsi con infiltrazione o perforazione tamponata che fistolizza ne-gli organi adiacenti quali la vescica o il l’intestino tenue. Questo è più comune nei tumori del cieco e del sigma, che possono quindi mimare una diverticolite. Per questo motivo, tutti i pazienti con un primo attacco di diverticolite acuta che non abbiano uno studio re-cente del colon-retto devono eseguire una pancoloscopia da sei a otto settimane dopo la dimissione dall’ospedale [13].

L’ostruzione e la perforazione peggiorano la prognosi indipendentemente dallo stadio della malattia [2, 14-17], così come la sede del tumore primitivo. A parità di stadio, infatti, i tumori del giunto retto-sigma e del retto presentano tassi di sopravvivenza a 5 anni peggiori rispetto ai tumori più prossimali [15,18]. Inoltre, i tumori del retto che insorgono nella porzione distale hanno prognosi peggiore rispetto a quelli più prossimali.

Nel corso degli ultimi 50 anni si è poi evidenziato un graduale aumento dell’incidenza dei

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tumori del colon destro, soprattutto della regione ciecale [19-25].

Nel 3-5% dei pazienti con carcinoma del colon si hanno lesioni sincrone, cioè due o più tumori primitivi distinti separati da tessuto normale e non dovuti alla estensione diretta della malattia o a metastasi [26,27]. L’incidenza è leggermente inferiore (circa il 2.5%) se si escludono i pazienti con tumore ereditario del colon retto non associato a poliposi [28] e la loro prognosi in stadio avanzato è la stessa dei tumori solitari [27]. I carcinoma colo-rettali metacroni, infine, sono nuovi tumori colici che si sviluppano in sede diversa da quella anastomotica del pregresso intervento di asportazione del primo tumore e ad almeno sei mesi da quest’ultimo. Si riscontrano nel 1.5-3% dei pazienti nei primi cinque anni dalla resezione del primo tumore del colon-retto per aumentare fino al 9% in coloro che sopravvivono per diverse decadi.

Diagnosi e Stadiazione

Il carcinoma colo-rettale può essere diagnosticato sulla base di uno o più dei sintomi e segni sopra descritti o, nel caso in cui sia asintomatico, può essere riscontrato in corso di indagini di screening o sorveglianza in pazienti rispettivamente a medio e alto rischio. La maggior parte dei tumori del colon e del retto sono adenocarcinomi endoluminali che originano dalla mucosa. La colonscopia è il test diagnostico più accurato nei pazienti sintomatici poiché permette di localizzare e di eseguire biopsie delle lesioni che cresco-no all’interno del lume, individuare neoplasie sincrone e rimuovere i polipi (Figura 1 e 2). Sebbene la maggior parte dei tumori del colon-retto siano masse protrudenti nel lume, alcune sono relativamente piatte o depresse. È infatti noto che i carcinomi possono derivare da adenomi non polipoidi (piatti), che possono essere difficili da identificare endoscopicamente [29].

In circa il 5% dei pazienti in cui la colonscopia non è in grado di raggiungere il tumore per motivi tecnici (ad esempio, il cancro ostruisce parzialmente il lume, colon tortuoso, scarsa preparazione intestinale), la colonscopia-tomografica computerizzata (TC) virtuale o colongrafia TC [30-32] può fornire una diagnosi radiografica, senza però per-mettere di eseguire biopsie o di rimuovere polipi. È possibile che un ruolo diagnostico possa averlo in un prossimo futuro la videocapsula, tecnologia emergente anche per lo studio del colon.

Il riscontro di un tumore del colon-retto impone lo studio di tutto il grosso intestino per verificare l’eventuale presenza di lesioni sincrone. Se il tumore diagnosticato determi-na una ostruzione del lume intestinale tale da impedire una colonscopia preoperatoria completa, il colon residuo deve essere esaminato entro tre-sei mesi dalla resezione [33]. Poiché molte condizioni sia benigne (emorroidi, diverticolite acuta, infezioni intestinali, malattie infiammatorie croniche) che maligne possono provocare segni o sintomi simili a quelli del carcinoma del colon-retto, è sempre opportuna una valutazione diretta della mucosa colica per escludere con certezza la presenza del cancro.

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Una volta stabilita la diagnosi di neoplasia è necessario determinarne lo stato di diffusio-ne locale e a distanza (stadiazione preoperatoria), per definire la terapia più adatta e la prognosi. Una attenta valutazione del campione bioptico è di fondamentale importanza per programmare l’iter diagnostico-terapeutico più opportuno, soprattutto nel caso di un polipo cancerizzato. Quest’ultimo è, per definizione, una lesione con un’area di neopla-sia invasiva, cioè che invade la sottomucosa, il cui riscontro è in notevole aumento per conseguenza dello screening. I polipi cancerizzati completamente rimossi per via endo-scopica e privi di caratteristiche istologiche sfavorevoli (margine di resezione positivo, scarsa differenziazione, invasione linfovascolare) hanno un basso rischio di metastasi a distanza e linfatiche per cui, in tali pazienti, la sola polipectomia può rappresentare una trattamento appropriato. La stadiazione preoperatoria prevede l’esame obiettivo (con particolare attenzione alla presenza di ascite, epatomegalia e linfoadenopatie), la TC addomino-pelvica e la radiografia del torace. In caso di metastasi epatiche di piccole dimensioni spesso il dosaggio degli enzimi epatici può essere normale, pertanto non possono essere considerati un indicatore affidabile di un eventuale coinvolgimento del fegato. Il test più frequentemente associato alla presenza di metastasi epatiche è l’ele-vazione dei livelli sierici di fosfatasi alcalina [34].

La TC addomino-pelvica preoperatoria può definire il grado di estensione locale del tumore e la presenza di eventuali metastasi linfonodali loco-regionali o a distanza e può identificare, inoltre, complicanze legate alla neoplasia (occlusione, perforazione, formazione di fistole) [35,36]. La sensibilità della TC è maggiore (75-87%) nel rilevare le metastasi a distanza rispetto a quelle linfonodali (45-73%) o alla definizione della profondità di invasione transmurale (circa il 50%) [35,37-41]. Tuttavia, la sensibilità della TC nell’identificazione di linfonodi metastatici è migliore per il cancro del retto rispetto a quello del colon; qualsiasi adenopatia perirettale va interpretata come maligna poiché non vi sono in genere adenopatie benigne in questa sede [42]. La TC non è un test diagnostico affidabile per riconoscere piccoli noduli tumorali peritoneali (carcinosi) [43], capacità strettamente dipendente dalla loro sede e dimensione. Anche se comunemente eseguita, la necessità di una TC addomino-pelvica pre-operatoria in tutti i pazienti con carcinoma colo-rettale è dibattuta poiché il riscontro di metastasi epatiche con l’ecografia intra-operatoria e la palpazione manuale del fegato può fornire una diagnosi più precisa rispetto alla TC preoperatoria, in particolare per i pazienti che presentano un tumore con coinvolgimento transmurale (T3/T4) [44-46]. Tuttavia, la crescente applicazione della chirurgia laparoscopica per le resezioni coliche ostacola la palpazione manuale, e nel caso di resezioni “a cielo aperto” la palpazione del fegato può essere impedita dal tipo di incisione chirurgica o dall’estesa sindrome aderenziale secondaria ad un pregresso intervento chirurgico. È controversa anche la necessità di eseguire una TC del torace preoperatoria. Il problema principale è il frequente riscontro di lesioni dubbie (20-30%) che raramente sono maligne (7-20%) [47-51]. L’imaging del torace potrebbe essere più utile nei pazienti affetti da cancro del retto inferiore, per via del drenaggio diretto, senza passare attraverso il fegato, dalla vena emorroidaria inferiore alla vena cava.

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Nei tumori del retto, infine, sono necessarie un’accurata definizione della sede ed estensione loco-regionale della neoplasia al fine di selezionare l’approccio chirurgico appropriato e per identificare i pazienti candidati al trattamento radioterapico o che-mio-radioterapico preoperatorio. L’esplorazione rettale, la rettoscopia, l’eco-endoscopia trans-rettale e la risonanza magnetica concorrono a stabilire l’intervento più appropriato (escissione locale della lesione versus resezione radicale) e se è indicata una terapia preoperatoria.

Fra i numerosi marcatori sierici studiati, due in particolare sono stati associati al carcino-ma colo-rettale, l’antigene carcino-embrionale (CEA) e l’antigene carboidratico (CA) 19-9. Questi ultimi sono però di scarso ausilio diagnostico nel carcinoma colo-rettale a causa della loro elevazione in corso di malattie benigne (gastrite, ulcera peptica, diver-ticolite, malattie epatiche, patologie ostruttive croniche polmonari, diabete e qualsiasi stato infiammatorio acuto o cronico) e alla bassa sensibilità per la malattia in stadio precoce [52-55]. Pertanto il CEA e il CA 19-9 non devono essere utilizzati come test di screening per il cancro del colon-retto [55,56]. Tuttavia, i livelli sierici di CEA hanno valore prognostico nei pazienti con nuova diagnosi di carcinoma colo-rettale poiché se >5 ng/ml si correlano, a parità di stadio della malattia, a una prognosi peggiore. Inoltre, livelli preoperatori elevati di CEA che non si normalizzino dopo la resezione chirurgica, denotano la presenza di malattia residua e quindi la necessità di ulteriori valutazioni. Il dosaggio del CEA deve essere pertanto eseguito prima dell’intervento chirurgico nei pazienti affetti da cancro colo-rettale, sia come parametro di confronto nel follow-up sia per la valutazione prognostica [55].

Principi Chirurgici Oncologici

La resezione chirurgica è la principale scelta terapeutica per il cancro colo-rettale lo-calizzato e rappresenta una potenziale opzione curativa per pazienti selezionati con malattia metastatica limitata al fegato o ai polmoni. Inoltre, anche i pazienti con malattia avanzata non più curabili con una resezione del colon-retto possono beneficiare di una palliazione chirurgica per sub-occlusione o sanguinamento.

L’obiettivo delle resezioni chirurgiche oncologiche del colon è duplice: 1) rimuovere com-pletamente la neoplasia e 2) asportare il peduncolo vascolare con il bacino linfonodale del segmento colico interessato dal tumore (linfoadenectomia regionale). Sebbene la semplice resezione segmentaria possa bastare per rimuovere la lesione tumorale primi-tiva, è tuttavia richiesta la legatura dei vasi all’origine per assicurare una linfoadenecto-mia adeguata e ciò comporta una resezione più ampia. Alla resezione del colon segue il confezionamento di un’anastomosi per ristabilire la continuità intestinale. I margini di resezione (prossimale e distale) devono comunque essere ad almeno 5 cm dal tumore nel colon e retto superiore e ad 1-2 cm quello distale nel retto medio-inferiore (sottope-ritoneale) [57].

La linfoadenectomia regionale deve essere accurata perché il numero di linfonodi aspor-

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tati è correlato con la sopravvivenza. Infatti, l’asportazione dei linfonodi è di per sé tera-peutica e consente, inoltre, una corretta stadiazione che guida poi il trattamento adiu-vante [58]. Il riconoscimento postoperatorio di metastasi linfonodali è influenzato sia dalla tecnica chirurgica sia dall’esame del pezzo operatorio da parte del patologo. Per esempio, l’escissione completa del mesocolon e la legatura prossimale delle vene con-sente di asportare un quantitativo maggiore di tessuto circostante e quindi di reperire più linfonodi [59]. D’altro canto, la diligenza nella ricerca dei linfonodi e l’uso di tecniche specifiche per aumentarne l’identificazione macroscopica sono le principali variabili da cui dipende la valutazione del patologo.

Autorevoli linee guida raccomandano per una stadiazione adeguata del carcinoma colo-rettale la valutazione di almeno 12 linfonodi [57,60-62]. Si suggerisce, inoltre, l’uso della chemioterapia postoperatoria nei pazienti senza metastasi linfonodali che presentino meno di 12 linfonodi nel pezzo operatorio [63]. Per definizione, i linfonodi regionali com-prendono quelli lungo il corso dei vasi principali, lungo le arcate delle arterie marginali e lungo il margine mesenterico del segmento colico sede della neoplasia. Quindi, se per esempio la sede del tumore fosse il colon ascendente, si dovrebbe resecare il colon de-stro con l’ultima ansa ileale e parte del colon trasverso, legando all’origine l’arteria ileo-colica, l’eventuale arteria colica destra e i rami destri di quella colica media. La continuità intestinale sarà poi ristabilita con un’anastomosi ileo-trasversocolica. Eventuali linfonodi al di fuori del bacino linfonodale del colon che siano sede di malattia sono invece consi-derati metastasi distanza.

Chirurgia laparoscopicaLa colectomia laparoscopica è stata descritta inizialmente nel 1991 [64]. Tuttavia, per questioni legate all’adeguatezza oncologica della procedura non è stata accettata fino a quando evidenze solide ne hanno dimostrato la sicurezza e, soprattutto, la radicalità oncologica rispetto alla chirurgia a cielo aperto tradizionale (laparotomica). La colecto-mia laparoscopia è tecnicamente più complessa rispetto ad altri interventi laparoscopici sia per la necessità di dover operare in più regioni anatomiche e su molti vasi sia per il confezionamento delle anastomosi. Rispetto alla chirurgia laparotomica, l’approccio laparoscopico riduce le perdite ematiche, il dolore e l’ileo postoperatorio, la morbilità, la degenza ospedaliera e migliora, infine, la funzionalità polmonare postoperatoria a fronte di tempi operatori lievemente più lunghi [65]. Una meta-analisi dei migliori studi multicen-trici randomizzati e controllati ha poi dimostrato che la sopravvivenza, sia complessiva sia libera da malattia, a tre anni dall’intervento è del tutto sovrapponibile, a parità di sta-dio della malattia, per pazienti sottoposti a colectomia per cancro laparoscopica rispetto a laparotomica [66]. Questi dati di sopravvivenza sono stati recentemente confermati dal follow-up a 5 anni degli 872 pazienti arruolati in Nord America dal miglior studio mul-ticentrico randomizzato e controllato che abbia confrontato colectomia laparoscopica e laparotomica per cancro, il Clinical Outcomes of Surgical Therapy Study Group (COST) [67]. A fronte di questi vantaggi a breve termine e della non inferiorità oncologica, la colectomia laparoscopica è oggi preferibile a quella laparotomica in assenza di compli-canze quali perforazione od ostruzione e di malattia localmente avanzata (T4).

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Polipi cancerizzatiLa maggior parte dei tumori del colon-retto origina da polipi (adenomi). Il potenziale ma-ligno di un adenoma dipende dalla sua dimensione, istologia e grado di displasia [68]. Si ritiene che la trasformazione della mucosa normale in adenoma, displasia, carcinoma in situ (non invasivo) e quindi in cancro invasivo richieda molti anni. Come anticipato pre-cedentemente, il carcinoma colo-rettale è definito invasivo quando supera la muscolaris mucosae invadendo la sottomucosa e acquisendo potenziale metastatico sia ai linfonodi sia a distanza. Gli adenomi benigni, dalla displasia lieve al carcinoma in situ (intramuco-so), possono essere trattati con la sola polipectomia endoscopica se i margini risultano liberi da malattia. L’esame endoscopico dovrebbe però essere ripetuto da tre a sei mesi dopo, al fine di valutare la completezza dell’escissione [69]. Il trattamento dei polipi cancerizzati dipende dalle caratteristiche clinico-patologiche della lesione. Il rischio di metastasi linfonodale, infatti, è inferiore al 2% se l’area d’invasione tumorale è limitata alla testa del polipo, se i margini della polipectomia sono liberi da malattia e se non vi sono caratteristiche istologiche sfavorevoli (invasione linfovascolare, basso grado di differenziazione, margini di resezione positivi) [70,71]. La profondità dell’invasione della sottomucosa è direttamente correlata all’incidenza di metastasi linfonodali: nei pazienti con polipi sessili T1 (invasione limitata alla mucosa-sottomucosa) l’incidenza è del 3, 8 e 23% se le lesioni invadono, rispettivamente, il terzo superiore, medio ed inferiore della sottomucosa [72]. Per la maggior parte dei casi, la polipectomia endoscopica è quindi un trattamento adeguato di tali lesioni, come discusso precedentemente; tuttavia, alcuni fattori influenzano la scelta di un trattamento chirurgico radicale, come l’accettazione da parte del paziente di un possibile (anche se piccolo) rischio di malattia residua. I rischi e i benefici del trattamento endoscopico devono quindi essere chiaramente discussi con ogni singolo paziente. Se un polipo rimosso endoscopicamente presenta le carat-teristiche cliniche che possano richiedere una resezione chirurgica o una sorveglianza endoscopica, l’endoscopista tatua l’area iniettando inchiostro di china. Così facendo, il sito può essere facilmente localizzato in caso di colonscopia per follow-up o al momento dell’esplorazione chirurgica.

Chirurgia Colo-Rettale Fast-Track

La gestione postoperatoria del paziente sottoposto a resezione del colon-retto era, tra-dizionalmente, largamente basata su pratiche tramandate dai maestri agli allievi i cui principi non erano per lo più mai stati sottoposti ad una verifica scientifica. Recentemen-te, invece, è stata posta grande attenzione da parte dei chirurghi allo studio di strategie perioperatorie che consentano di migliorare l’outcome dei pazienti sottoposti ad inter-venti chirurgici.

Il programmi per migliorare la riabilitazione postoperatoria (Enhanced Recovery After Surgery - ERAS), detti anche gestione peri-operatoria fast-track, sono protocolli basati sull’evidenza progettati per standardizzare l’assistenza medica, migliorare i risultati e ri-durre i costi delle cure sanitarie. In particolare, i protocolli fast-track per pazienti sottopo-

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sti a resezione del colon-retto sono stati sviluppati per attenuare lo stress conseguente all’intervento, diminuendo al minimo il dolore, le complicanze, la durata della degenza ospedaliera e per migliorare i risultati accelerando il recupero dopo procedure chirurgi-che elettive [73].

I protocolli fast-track prevedono la combinazione di strategie preoperatorie, intraopera-torie e postoperatorie che formano congiuntamente un percorso multimodale. Se ap-plicati singolarmente, gli elementi delle tre strategie comportano miglioramenti modesti, ma se usate in modo complementare possono diminuire le risposte allo stress chirurgi-co, riducendo in tal modo la durata dell’ileo post-operatorio, le complicanze chirurgiche, il dolore in sede di incisione e accorciare i tempi di recupero e durata della degenza ospedaliera [73,74]. L’applicazione dei diversi elementi integrati nel programma di ge-stione perioperatoria fast-track richiede un approccio multidisciplinare che coinvolge pazienti, chirurghi, anestesisti, specialisti del dolore, infermieri fisioterapisti e assistenti sociali [75,76].

Strategie preoperatorie

Le strategie preoperatorie comprendono: 1) valutazione medica del rischio, 2) educa-zione del paziente, 3) eliminazione della preparazione intestinale, e 4) rivisitazione delle pratiche di digiuno.

1) I programmi fast-track richiedono l’ottimizzazione delle comorbilità mediche, tra cui malattie cardiovascolari, respiratorie e/o renali. Eventuali fattori comportamentali avversi, come ad esempio il fumo di sigaretta o la sedentarietà, dovrebbero essere modificati.

2) Una educazione del paziente che includa anche dettagli sulla routine delle cure postoperatorie, sugli obiettivi predeterminati e l’identificazione di segni e sintomi che meritano una valutazione chirurgica dopo la dimissione, aiutano i pazienti ad aderire ad un programma fast-track [77].

3) Tradizionalmente, la preparazione all’intervento chirurgico prevedeva il digiuno e la pulizia intestinale. La maggior parte dei programmi fast-track hanno omesso la preparazione dell’intestino, prediligendo un clistere preoperatorio in caso di resezioni coliche sinistre, per la dimostrata assenza dei presupposti vantaggi di tale pratica [78].

4) Linee guida della Società Americana di Anestesia (ASA) raccomandano il digiuno per 8 ore o più dopo l’assunzione di cibi fritti, grassi o carne e per almeno 6 ore dopo un pasto leggero (ad esempio, pane tostato e tè) o latte [79]. Dopo assunzione di liquidi chiari, compresi i farmaci, l’ASA raccomanda il digiuno da almeno due ore [79-81]. I liquidi chiari comprendono le bevande analcoliche senza latte e succhi di frutta senza polpa. Questo approccio al digiuno aiuta ad evitare i sintomi di disidratazione, ipoglicemia, e astinenza da caffeina. Molti protocolli fast-track prevedono l’assunzione da parte del paziente di bevande ricche di carboidrati due ore prima dell’intervento

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chirurgico. Questa pratica è stata suggerita come metodo per convertire il paziente dallo stato di “digiuno” a quello di “sazietà”, riducendo così la resistenza all’insulina e la perdita di peso postoperatoria [82]. Le evidenze a sostegno dell’uso di bevande ricche di carboidrati in chirurgia elettiva del colon sono ancora limitate [83].

Strategie intra-operatorie

Le strategie peri-operatorie includono: 1) scelta degli anestetici, 2) gestione ottimale dei liquidi infusi, 3) regolazione della temperatura corporea, 4) gestione del sondino naso-gastrico, 5) valutazione del miglior approccio chirurgico e 6) uso dei drenaggi addomi-nali.

1) La deafferentazione neuronale, ottenuta mediante blocco anestetico locale, è una tecnica ormai ben consolidata che riduce la risposta endocrina catabolica diminuendo quindi la perdita proteica postoperatoria. E’ stato dimostrato che, negli interventi di chirurgia addominale maggiore, l’analgesia epidurale toracica continua con anestetico locale facilita la ripresa dell’alimentazione, riduce l’ileo postoperatorio e per conseguenza è considerata un elemento importante nella strategia multimodale di guarigione dopo procedure maggiori di chirurgia intestinale [84-86].

2) La gestione dei liquidi peri-operatoria deve essere bilanciata per evitare da una parte l’ipovolemia e dall’altra la somministrazione eccessiva, condizione che può comportare un sovraccarico polmonare e favorire l’ileo postoperatorio [87,88].

3) La prevenzione dell’ipotermia intraoperatoria è fondamentale in quanto cambiamenti nella temperatura corporea, che si verificano con l’esposizione durante la procedura chirurgica e a causa delle alterazioni nella termoregolazione secondarie all’uso degli anestetici, possono portare a coagulopatie, eventi cardiaci avversi e a una maggiore suscettibilità alle infezioni della ferita chirurgica [89].

4) Il mantenimento del sondino naso-gastrico nel periodo postoperatorio, una volta considerato indispensabile nella chirurgia del colon-retto, non apporta alcun beneficio, è fonte di disagio e ritarda la alimentazione per os del paziente. Pertanto, non è previsto nei protocolli fast-track per la maggior parte dei pazienti operati [90-93].

5) Le tecniche di chirurgia mini-invasiva sono al centro dei protocolli fast-track poiché riducono i mediatori dell’infiammazione, migliorano la funzionalità polmonare, consentono una ripresa più rapido delle funzioni intestinali e una riduzione delle degenza ospedaliera.[94-100]

6) L’uso dei drenaggi addominali non è incluso nei protocolli fast-track. Difatti, per la chirurgia elettiva i drenaggi non riducono la morbilità post-operatoria, la mortalità, e non migliorano le complicanze legate alla deiscenza anastomotica [101].

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Strategie postoperatorie

Gli obiettivi principali da perseguire nel postoperatorio sono: 1) la prevenzione e il sol-lievo del dolore, nausea e vomito e 2) la nutrizione e mobilizzazione precoce [102-105].

1) Ottimizzare il controllo del dolore postoperatorio permette una precoce mobilizzazione ed è quindi un pre-requisito per accelerare il recupero superando l’allettamento. L’analgesia epidurale evita gli oppioidi e questo, assieme all’associazione di diversi farmaci (anti-infiammatori non steroidei, inibitori COX-2, chetamina, gabapentin, tecniche di anestesia locale) è efficace nel ridurre nausea, vomito, ileo postoperatorio e la sedazione [106]. Nella chirurgia colo-rettale aperta, l’analgesia epidurale toracica, seguita da un’analgesia multimodale che eviti gli oppioidi, è il metodo basato sulle evidenze più efficace nel ridurre il dolore postoperatorio [107].

2) I programmi fast-track prevedono entro poche ore dall’intervento chirurgico la ripresa di una dieta liquida comprendente bevande ad alto contenuto calorico per minimizzare il bilancio proteico negativo del postoperatorio. Ciò è in contrasto con l’approccio tradizionale, in cui l’alimentazione orale viene sospesa fino alla ripresa dell’attività intestinale. La mobilizzazione precoce è l’altro elemento chiave dei protocolli fast-track di chirurgia del colon-retto [108] ed è fondamentale per ridurre il rischio di polmonite postoperatoria [109,110] e trombo-embolia polmonare. Per favorire la mobilizzazione precoce, il catetere vescicale deve essere rimosso il più presto possibile, pratica che riduce l’incidenza di infezioni urinarie postoperatorie [77,111].

L’obiettivo dei programmi di riabilitazione fast-track è far recuperare più rapidamente il paziente dopo l’intervento chirurgico e restituirlo alle normali attività. La durata della degenza ospedaliera (tipicamente ≤5 giorni per tali programmi contro 6-11 giorni per la gestione tradizionale) è spesso utilizzata come indicatore surrogato del recupero fun-zionale, ma non è certamente l’obiettivo primario [112]. Dati provenienti da studi osser-vazionali e randomizzati indicano concordemente che i protocolli fast-track per pazienti sottoposti a chirurgia del colon-retto sono caratterizzati da durata della degenza ospe-daliera ridotta (circa 3-5 giorni) [113-120], rapida ripresa della funzionalità intestinale e precoce deambulazione [120-126]. Diversi studi hanno dimostrato, inoltre, una riduzione della morbilità postoperatoria con i programmi di riabilitazione fast-track [120,126], pos-sibile conseguenza della mobilizzazione precoce e della minor degenza ospedaliera.

Inizialmente, alcuni autori avevano suggerito un aumento del tasso di riammissione ospedaliera rispetto alla metodologia di cura postoperatoria tradizionale [122,123], ma una revisione sistematica di studi più recenti non ha dimostrato differenze statisticamen-te significative [126].

Sorprendentemente, i protocolli fast-track per resezioni colo-rettali in elezione possono offrire benefici anche per i pazienti anziani oltre che per quelli più giovani [112,127].

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Altri risultati postoperatori favorevoli attribuiti ai protocolli fast-track sono: una durata in-feriore dell’ileo paralitico [128], la conservazione della massa magra e una performance fisica superiore [129], maggiore forza di presa che suggerisce un miglioramento globale della funzione muscolare [115], ripresa più precoce delle normali attività, minor necessi-tà di riposo durante il giorno e, di gran importanza, senza aumenti dell’uso dei servizi di assistenza primaria [130].Secondo le migliori evidenze disponibili la riabilitazione postoperatoria fast-track, combi-nata ad un approccio laparoscopico, quando possibile, rappresenta oggigiorno la miglio-re strategia peri-operatoria per i pazienti sottoposti a resezione del colon-retto. Presso la Clinica Chirurgica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara (Direttore: Prof. Al-berto Liboni) abbiamo da tempo adottato un approccio laparoscopico alle resezioni colo-rettali e stiamo introducendo questa nuova metodologia di riabilitazione postoperatoria.Nel gennaio 2013, infatti, a seguito di un importante finanziamento ottenuto dal Ministero dell’Università e Ricerca (MIUR), abbiamo iniziato l’applicazione di un programma fast-track per migliorare il recupero postoperatorio di pazienti sottoposti a colectomia. Dal gennaio 2013, sono stati operati 27 pazienti con questa metodologia, 22 con approccio laparoscopico e 5 con quello laparotomico tradizionale. I risultati sono stati eccellenti con la ripresa dell’assunzione di una dieta liquida per bocca in prima giornata postoper-toria [mediana 1 giorno dall’intervento (intervallo, 1-5)] e di cibi solidi in terza giornata [mediana 3 giorni (intervallo, 2-8)]. L’attività intestinale è ripresa in seconda giornata po-stoperatoria [mediana 2 giorni dall’intervento (intervallo, 1-5)] con defecazione in quarta [mediana 4 giorni (intervallo, 1-8)]. In terza giornata postoperatoria è stata raggiunta la piena capacità di movimento e autonomia [mediana 3 giorni (intervallo, 2-6)] e la di-missione è avvenuta in quinta giornata postoperatoria [mediana 5 giorni dall’intervento (intervallo, 4-11)]. Da segnalare che vi è stata una sola complicanza chirurgica (infe-zione di ferita nel paziente dimesso in undicesima giornata postoperatoria), nessuna complicanza medica e nessun nuovo ricovero dopo la dimissione. Questi dati preliminari confermano la capacità dei programmi fast-track di abbattere la morbilità e accelerare il recupero dopo interventi chirurgici maggiori, con ricoveri che durano la metà rispetto a quelli dei pazienti operati senza questa metodologia ancorché per via laparoscopica.

Fig. 1 - Adenocarcinoma stenosante del colon Fig 2 - Adenocarcinoma protrudente nel lume colico

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DIFFERENZE DI GENERE NEL CARCINOMA DEL COLON-RETTO.Il ruolo controverso degli estrogeni

Dott.ssa Cristina Tarabbia

Professore a contratto nel Corso di Laurea Magistrale in SCIENZE BIOMOLECOLARI E CELLULARI - Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie - Università degli Studi di Ferrara

Il carcinoma colon-rettale è una patologia polifattoriale, in cui fattori genetici, epige-netici ed ambientali si combinano in modo variabile ed agiscono sulle cellule staminali delle cripte (circa 200 milioni), secondo pathways molecolari differenti, conducendole a differenziamento atipico, con progressione da “mucosa a rischio” a carcinoma. La patologia si manifesta in forme differenti, la cui categorizzazione è stata oggetto nel corso degli anni di numerosi studi e descrizioni, a seconda del tipo di analisi condotta dagli autori (Tab.1).

Tab.1: C.Tarabbia: Forme descritte di carcinoma colon-rettale in base al tipo di analisi condotta

Nel 5% dei casi la malattia è familiare, in cui specifiche mutazioni genetiche della linea germinale ereditate con trasmissione autosomica dominante o recessiva sono re-sponsabili di sindromi familiari che, se non trattate precocemente, sviluppano nel 100% dei casi un adenocarcinoma. Sono state descritte almeno tre distinte forme ereditarie di carcinoma colon-rettale: la Poliposi Adenomatosa Familiare classica (FAP classica, 70% dei casi), la Poliposi Ade-nomatosa Familiare non classica (FAP non classica, 15% dei casi) e la rara Sindrome

Analisi epidemiologica - forme eredo-familiariI

- forme sporadiche

Analisi per sede- Right colon cancer

- Left colon cancer

Analisi biologico-molecolare - forme C1, C2, C3, C4, C5,C6

Analisi per sequenze carcinogeniche- forme con via APC/Beta-catenina

- forme con via dell’instabilità dei microsatelliti

- forme con via dell’instabilità delle basi

- forme con via della metilazione CgG

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Non Poliposica Ereditaria (HNCCP, o sindrome di Linch). In base alla propria architettura istologica, la lesione tumorale comune nella FAP clas-sica è rappresentata da un adenocarcinoma tubulo-villoso tipico, mentre nelle rimanenti forme si sviluppa principalmente un adenocarcinoma mucinoso

Il 95% dei casi di carcinoma colon-rettale è invece sporadica: i fattori di rischio ambientali agiscono per via epigenetica su uno specifico habitus genetico individuale (mutazioni puntiformi somatiche) promuovendo un fenotipo cellulare patologico. Le forme neoplastiche sporadiche sono rappresentate principalmente da adenocarci-nomi tubulo-villosi (80% dei casi), seguiti dagli adenocarcinomi mucinosi (15% dei casi) e dai rari adenocarcinomi mucinosi con infiltrati linfocitari.1 Dall’inizio degli anni’80 il cancro colon-rettale era stato classificato in due distinte forme sulla base della sua insorgenza a monte o a valle della flessura splenica: right colon cancer (cieco, ascendente e trasverso) e left colon cancer (discendente, sigma e retto)2

La localizzazione prossimale o distale della patologia non rappresenta una mera que-stione di sede: nel 1990 J.C. Bufill3 descrisse differenze embriologiche, strutturali, va-scolari, funzionali e biosintetiche tra colon destro e sinistro, che suffragano molte dicoto-mie riscontrate nelle due corrispondenti forme tumorali.4 (Tab.2) Tali differenze non sono nette ed assolute: sono state descritte variazioni “regionali” nei singoli segmenti intestinali riguardo soprattutto l’espressione e/o la distribuzione di enzimi e di proteine coinvolte nei sistemi scambiatori di membrana.

DERIVAZIONE EMBRIOLOGICA

PERFUSIONE

RETE CAPILLARE

PROFONDITA’ DELLE CRIPTE

ESPRESSIONE Ag A, B, H, Le

ESPRESSIONE MUCINA

ESPRESSIONE Bak (pro-apoptotico)

SINTESI AC.GRASSI a corta catena

SINTESI METIL-DEOSSIGUANOSINA

COLON PROSSIMALE Dx

Intestino medio

Mesenterica superiore

Multi-stratificata

Maggiore

Alta

Mucina neutra

Bassa

Alta

Bassa

COLON DISTALE Sn

Intestino posteriore

Mesenterica inferiore

Mono-stratificata

Minore

Assente

Mucina acida (retto)

Alta

Bassa

Alta

Ulteriori approfondimenti in merito hanno riscontrato che le lesioni neoplastiche spes-so differiscono tra loro per alcune peculiarità funzionali degli enterociti, soprattutto per quanto concerne la comunicazione intercellulare, la proliferazione, la morte, la risposta immunitaria, la motilità, i meccanismi replicativi e riparativi, la trasduzione dei segnali, l’angiogenesi ed il metabolismo. Pertanto, in base al comportamento biologico sono state classificate almeno cinque

Tab.2: C.Tarabbia Differenze biologiche tra colon destro e colon sinistro

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forme molecolari di carcinoma colon-rettale: carcinoma C1, C2, C3, C4, C5, con diver-so significato prognostico.5

La frequente associazione del carcinoma con patologie infiammatorie croniche intesti-nali ha suggerito che il meccanismo oncogenetico sia “sequenziale” da forme adeno-matose benigne ad adenocarcinomi maligni.6 Si riconoscono almeno tre sequenze carcinogenetiche: la via APC/Beta-catenina, la via degli appaiamenti erronei nel DNA (instabilità dei microsatelliti oppure instabilità delle basi) e la via metilativa CgG

- La Via APC/β-catenina rappresenta la sequenza carcinogenica seguita nello sviluppo della FAP classica eredo-familiare e nelle forme sporadiche di adenocarcinoma tubulo-villoso.

APC è un gene oncosoppressore, la cui espressione si traduce nell’inibizione della cre-scita cellulare attraverso la fosforilazione e la degradazione intra-citoplasmatica della β-catenina, nota proteina di segnalazione per i fattori trascrizionali nucleari. Mutazioni genetiche ed epigenetiche di entrambi gli alleli di APC lo disattivano fun-zionalmente, per cui la β-catenina non fosforilata è libera di traslocare al nucleo e di promuovere la trascrizione di specifici fattori di crescita, con “iniziazione” tumorale. (Fig.1)

Fig.1 - Controllo della beta-catenina da parte della proteina APC

Tuttavia, la mutazione isolata di APC non è sufficiente all’oncogenesi colon-rettale. Nei foci displastici, la progressione della sequenza carcinogenica è un processo multistep promosso da ulteriori mutazioni a carico di geni che regolano sia la crescita cellulare, sia l’apoptosi, sia la sovra espressione di COX2.6

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Inoltre, ciascun passaggio molecolare è regolato da un determinato “profilo di mi-croRNA”, la cui up/down regulation favorisce la replicazione autonoma incontrollata, la sopravvivenza della cellula tumorale, la neoangiogenesi e la metastatizzazione.7 (Tab.3)

Principali microRNA coinvolti nella carcinogenesi colica

- sopravvivenza cellulare miR15 miR16 miR21 miR34 miR221 miR222

- replicazione autonoma incontrollata miR21 Let7 miR17-92

- potenziale re plicativo illimitato miR24 miR34 miR373

- neoangiogenesi miR17-92 miR107 miR126 miR424

- metastatizazione miR9 miR10b miR31 miR103-107 miR200

Tab. 3 - Cristina Tarabbia

- Via dell’instabilità dei microsatelliti, tipicamente coinvolta nella sindrome non polipo-sica ereditaria familiare di Linch e nelle forme di adenocarcinoma mucinoso sporadico. I microsatelliti sono brevi ripetizioni di nucleotidi inseriti accidentalmente dalla DNA po-limerasi sul filamento in crescita durante la replicazione cellulare: l’errore di inserzione dei micro satelliti attiva un sistema enzimatico di riparazione che taglia il segmento di DNA appaiato irregolarmente e sigilla il neo-filamento. (Fig.2)

Mutazioni genetiche ed epigenetiche dei geni MSH2 ed MLH1, che codifica-no per gli enzimi riparativi, comportano l’incapacità di escindere gli appaia-menti errati, pertanto i microsatelliti si accumulano, rendendo il DNA instabi-le. Se i microsatelliti sono localizzati nei promotori di geni coinvolti nell’inibi-zione della crescita cellulare e/o nella promozione dell’apoptosi, ne conse-guono una spinta proliferativa ed una aumentata sopravvivenza delle cellule atipiche. Il rischio di carcinoma aumen-ta per la presenza concomitante di ul-teriori mutazioni, soprattutto del proto-oncogene BRAF.8

Fig.2 Meccanismo di Nucleotide Mismatch Repair

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– Via dell’instabilità delle basi. Anche la FAP “non classica” è correlata ad un’incapaci-tà di correggere gli errori durante la replicazione del DNA, ma il meccanismo riparativo danneggiato riguarda l’escissione di “singole basi”, che si sono appaiate in modo scor-retto qualora, per un danno mitocondriale, venissero ossidate, metilate o deaminate.La presenza delle basi danneggiate e disappaiate sottopone il filamento di DNA a ri-schio di mutazione. Il prodotto più mutageno è rappresentato dalla guanina ossidata, che si appaia erronea-mente con l’adenosina e viene rimossa mediante meccanismo ripartivo ad opera di un complesso di enzimi, tra cui principalmente Mutyh. (Fig3)Mutazioni di entrambi gli alleli del gene MUTYH riducono o azzerano la sintesi dell’en-zima, che non rimuove l’appaiamento anomalo nel DNA dell’enterocita: l’instabilità pro-duce mutazioni somatiche multiple, con crescita cellulare incontrollata, ed avvio del processo carcinogenico, secondo meccanismi non ancora ben chiariti del tutto.9

Fig.3 - MECCANISMO BIOMOLECOLARE “BASE EXCISION REPAIR” (da Robertson A.B. et al, Cell.Mol.life.Sci 66, 2009)

- Via della metilazione CpG. Le forme sporadiche di adenocarcinoma mucinoso con infiltrati linfocitari sono state messe in relazione a meccanismi che coinvolgono la meti-lazione delle isole CpG. Le isole CpG sono regioni genomiche molto ricche (>55%) di dinucleotidi Citosina-Guanina, localizzate all’estremità 5’ dei promotori o dei siti di inizio trascrizionale di circa

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il 70% dei geni umani, di cui controllano l’espressione.Uno dei meccanismi di regolazione dell’espressione genica è la metilazione. Nelle cel-lule eucariotiche, la metilazione avviene solo nelle citosine seguite dalla guanina e la presenza di 5metil-citosina nel sito di inizio trascrizionale di un gene provoca il silenzia-mento del gene stesso. I geni contenenti un eccesso di isole CpG hanno una maggiore probabilità di essere metilati, con conseguente blocco della loro espressione.La 5-metil-citosina è un composto instabile che tende a deaminarsi spontaneamente in timina, la quale si appaia erroneamente con la guanina del filamento complementare, innescandone la rimozione da parte del sistema enzimatico riparativo.Il proto-oncogene Kras contiene molte isole CpG: la loro metilazione, associata ad una difettosa rimozione degli appaiamenti erronei TpG, produce mutazioni somatiche pun-tiformi in alcuni dei suoi esoni, principalmente nell’esone1. Kras mutato perde la sua capacità di regolare la trasduzione dei segnali mitogeni al nucleo, cui conseguono sia la progressione anarchica del ciclo cellulare, sia il blocco dell’apoptosi. Poiché l’oncogenesi colon-rettale è un processo multistep, si realizza laddove la meti-lazione CpG coinvolge in concomitanza geni oncosoppressori, silenziandone la trascri-zione e l’effetto “protettivo”.10

In conclusione, ciascuna forma di carcinoma colon-rettale, familiare o sporadica, riconosce la prevalenza di una peculiare mutazione genetica, di una specifica sequen-za carcinogenetica e di un assetto biologico molecolare che ne promuovono la pro-gressione verso un preciso istotipo benigno ed un corrispettivo istotipo maligno, che pùò avere localizzazione preferenzialmente in una certa porzione del grosso intestino.Svariate molecole endogene (es:ormoni) o esogene (es:alimenti) possono influenzare tale processo. Lo studio dei fattori biologici, genetici, epigenetici, ormonali, molecolari ed ambientali coinvolti nella carcinogenesi colica risulta importante al fine di identificare nuovi fattori prognostici e nuovi biomarkers da utilizzare come bersagli molecolari per la chemio-prevenzione o la terapia.

LE DIFFERENZE DI GENERE NEL CARCINOMA COLON-RETTALE

Gli studi effettuati su coorti di pazienti affetti da carcinoma colon-rettale hanno rilevato alcune evidenze epidemiologiche e cliniche di genere11-12-13

¾ L’incidenza è prevalente nell’uomo per ogni fascia di età (con scarto che si riduce negli anni)

¾ La mortalità è maggiore nell’uomo nelle varie fasce di età TRANNE in quelle avan-zate (maggiore mortalità nella donna anziana)

¾ L’età media della diagnosi è più precoce nell’uomo rispetto alla donna

¾ L’obesità (elevato BMI) e la vita sedentaria sono fattori di rischio prevalentemente nell’uomo

¾ L’obesità è correlata a tumori in stadio più avanzato in entrambi i generi, ma gli

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uomini obesi manifestano forme M0-M1 ed N2, mentre le donne obese sviluppano forme avanzate senza diffusione linfonodale o metastatica

¾ Una dieta ricca di acidi grassi saturi è un fattore di rischio soprattutto nella donna.

¾ Nella donna, il rischio di sviluppare la neoplasia è inversamente proporzionale all’e-tà di insorgenza della menopausa fisiologica, mentre tale rischio aumenta in caso di menopausa chirurgica o iatrogena.

¾ La donna aderisce di meno allo screening e la diagnosi iniziale rileva stadi patologici più tardivi (stadi II/III)

¾ La localizzazione prossimale dx di CRC è più frequente nella donna rispetto all’uo-mo, ed il divario di sede tra i generi aumenta con l’età. Viceversa il retto è maggior-mente colpito nell’uomo.

¾ L’adenocarcinoma mucinoso da instabilità dei microsatelliti si sviluppa più frequen-temente nella donna

¾ La sopravvivenza nelle forme avanzate con diffusione metastatica varia nei generi con l’età: nelle donne <45aa è migliore rispetto agli uomini di pari età, mentre nelle donne >55aa è peggiore rispetto ai coetanei

¾ La sopravvivenza dopo resezione radicale è inferiore negli uomini

¾ Nei primi tre mesi dopo resezione chirurgica di ca rettale, nelle donne sono molto più gravi il dolore addominale e la disabilità fisica rispetto all’uomo, mentre nell’uomo è compromessa la percezione del piacere sessuale.

¾ In fascia di età avanzata, le donne sono meno trattate rispetto agli uomini, ed i trat-tamenti sono meno intensivi.

¾ Il trattamento con oxaliplatino, bevacizumab e cetuximab è maggiormente efficace nelle donne giovani rispetto agli uomini

¾ La tossicità del trattamento chemioterapico ( 5FU, leucovorina, oxaliplatino) è mag-giore nelle donne (specie se >65aa), che necessitano una dose inferiore

¾ I contraccettivi nella donna sana in pre-menopausa riducono l’insorgenza di carco-noma colon-rettale

¾ La TOS nella donna sana in post-menopausa ha effetto protettivo

Tali evidenze epidemiologiche di genere supportano l’ipotesi di un ruolo “PRO-TETTIVO” degli estrogeni sull’epitelio del grosso intestino. Sebbene il carcinoma del colon-retto non sia ritenuto una classica neoplasia ma-ligna ormono-dipendente, il ruolo dell’esposizione estrogenica nell’insorgenza e nella progressione della malattia è stato ampiamente studiato, in vitro e in vivo, a seguito delle prime osservazioni nel 196914. Il riscontro di una minore incidenza della neoplasia nella donna sottoposta a trattamenti ormonali (contraccettivi o terapia sostitutiva) ha confermato la relazione in-versamente proporzionale tra assunzione/durata della terapia e “rischio di malattia”,

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suggellando il ruolo “protettivo” degli estrogeni sulla mucosa colon-rettale.15

I meccanismi biologico-molecolari attraverso cui gli estrogeni esplicano tale ef-fetto sono complessi ed ancora in parte sconosciuti. In letteratura sono descritte almeno due azioni principali : (1) interferenza con il metabolismo degli acidi biliari e (2) regolazione locale (ERβ2-mediata) dell’omeostasi dell’enterocita, dell’architettura mucosa delle cripte e della metilazione delle isole CpG Attualmente è oggetto di studi l’interferenza degli estrogeni nelle vie molecola-ri carcinogeniche innescate da Insulina, leptina ed adiponectina, peptidi che hanno un ruolo attivo non solo nei meccanismi di mantenimento dell’omeostasi energetica e nell’assorbimento dei nutrienti dell’enterocita, ma anche nei processi mitotici ed anti-apoptotici.

Interferenza col metabolismo degli acidi biliari

Il ruolo carcinogenetico della bile sulla mucosa gastrointestinale fu proposto nel 1939, ma solo dall’inizio degli anni ’80 l’effetto “tossico” di alcuni acidi biliari sull’epitelio colico, soprattutto l’acido desossicolico (DCA) e litocolico (LCA), è stato preso in seria considerazione.Innanzitutto, gli acidi biliari inducono la formazione di specie ossigeno-reattive (ROS) e di specie nitro-reattive (RNS) che producono un danno diretto al DNA (aneuploidia, instabilità genomica e mutagenesi). Inoltre, ROS e RNS interferiscono con i mecca-nismi morte programmata e stabilizzano una condizione di “resistenza” all’apoptosi, attivando meccanismi di sopravvivenza ed espansione dei cloni cellulari danneggiati. Ulteriori mutazioni geniche concomitanti, specialmente a carico dei geni che codificano per le proteine riparative dei danni ossidativi (MSH1, MSH2, MUTYH), incrementano il rischio di carcinogenesi colon-rettale. (Fig.4)

Fig.4 Bernstein et al. World J Gastroent 2009-15(27)L’effetto tossico degli acidi biliari è passibile di autoregolazione. Essi interagiscono fi-

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siologicamente con recettori nucleari, tra cui il recettore VDR per la vitamina D: l’effet-to è una down-regolazione della propria biosintesi , con effetto protettivo sulla mucosa

colon-rettale. Gli estrogeni interagiscono con il recettore SXR (steroid-xenobiotic-receptor), omologo di VDR ed influenzano positivamente il metabolismo biliare dal punto di vista quali-quantitativo: non solo mantengono nel lume intestinale un adeguato livello di acidi biliari secondari, ma ne modulano positivamente la composizione, promuovendo sostanzialmente la detossificazione dell’acido litocolico.16

Effetti regolatori ERβ2-mediati

Nelle cellule umane, i recettori per gli estrogeni sono presenti in diverse isofor-me, con una specifica distribuzione qualitativa e quantitativa tessuto-specifica.Nell’intestino, i recettori estrogenici prevalenti sono quelli di tipo ERbeta, docu-mentati in 4 diverse isoforme, di cui la prevalente è ERβ2. I recettori ERα risultano invece rari, oppure presenti in ERα-splice-variants (ERα46 ed ERα36), piccoli protidi in grado di innescare risposte biologiche diverse da quelle dei recettori ERα.

L’attivazione del segnale ERβ2 nella mucosa normale favorisce, con meccanismi genomici e non genomici, alcune importanti attività biologico-molecolari: inibizione della crescita cellulare, promozione della morte cellulare programmata, mantenimento dell’ architettura delle cripte e protezione dalla metilazione delle isole CpG sia dello stesso gene per il recettore ERbeta, sia di altri geni che intervengono nei processi proliferativi e differenziativi, tra cui, in primis, il gene per il recettore della Vitamina D. L’effetto finale dell’attivazione ERbeta sulla mucosa colon-rettale risulta essere antiproliferativo e pro-apoptotico17. (Tab.4) Tab.4 C.Tarabbia: EFFETTI ERβ2- MEDIATI NELL’ENTEROCITA

Inibizione della crescita cellulare: effetto antiproliferativo promozione di slow-cell-cycle - riduzione della ciclinaE e della ciclinaD1 (arresto in G1-S) - attivazione dei geni oncosoppressori p53, p21CIP1, p27KIP1 inibizione degli oncogeni down-regolazione di PCNA (proliferation cell nuclear antigen) Innesco della morte cellulare programmata: effetto pro-apoptotico up regolazione del gene BAX-alfa shift BAX-alfa / Bcl2 up regolazione delle caspasi 8-9 attivazione della caspasi 3 down regolazione dell’oncogene anti-apoptosico p63 clivaggio della citokeratina 18 Mantenimento della normale architettura delle cripte

Prevenzione della metilazione delle isole CpG del DNA (<silenzia mento genico) down-regulation della DNA-metil-transferasi

Tab.4 C.Tarabbia: EFFETTI ERβ2- MEDIATI NELL’ENTEROCITA

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Interferenza nei meccanismi: obesità → cancro

E’ noto, in letteratura, l’aumento del rischio di carcinoma colon-rettale nei sogget-ti obesi, specie maschi, che si associa frequentemente ad uno stato di iperinsulinemia, di resistenza insulinica e di iperleptinemia.

L’insulina possiede una riconosciuta attività pro-mitotica ed anti-apoptotica e la sua interazione con il proprio recettore IR sembra promuovere lo sviluppo di foci aber-ranti nelle cripte coliche, ritenute precursori dell’adenocarcinoma. L’effetto mutagenico sul DNA è riconducibile in parte ai radicali liberi (ROS) le-gati allo stato iperglicemico, ma soprattutto all’attivazione del segnale mitogenico MAP-Kinasi da parte dell’insulina.18 Nei soggetti obesi si riscontrano elevati livelli circolanti di estrogeni, per aroma-tizzazione degli androgeni nel tessuto adiposo periferico. E’ noto che gli steroidi attivano il metabolismo glicidico e up-regolano la biosin-tesi di insulina, tuttavia è controverso se le due vie carcinogeniche mediate dagli estro-geni e dall’insulina si mantengano separate, con effetto puramente cumulativo, oppure se gli estrogeni modulino direttamente il processo di mutagenesi innescato dall’insulina. Studi in vitro hanno dimostrato che la leptina promuove la crescita e la migra-zione cellulare, riduce l’apoptosi, induce l’angiogenesi, e coopera con alcuni fattori di crescita. L’azione mitogenica si realizza mediante l’attivazione recettore-mediata di sva-riate vie di trasduzione del segnale, che conducono all’espressione di molti oncogeni.In vivo, il contributo della leptina alla carcinogenesi colon-rettale è più complesso e fortemente connotato dal profilo recettoriale espresso sull’enterocita19. La cellula colica normale e neoplastica esprime i recettori di membrana OB-Rb per la leptina: l’interazione attiva l’oncogene NFkB (nuclear factor-B), che induce iperproliferazione cellulare e up-regola anche la sintesi di citochine pro-infiammatorie (soprattutto IL-8) e chemochine. La sovra-espressione di OB-Rb peggiora dunque la prognosi della malattia. Tuttavia, nelle forme sporadiche di carcinoma del colon con infiltrazione linfoci-taria la sovra-espressione di OB-Rb si associa paradossalmente a migliore sopravvi-venza. Poichè anche i linfociti T-citotossici ed i polimorfonucleati esprimono i recettori OB-Rb, l’infiltrazione linfocitaria nel microambiente neoplastico è in grado di esercitare un’azione anti-tumorigena su base immunitaria, che contrasta la mutagenesi innescata nell’enterocita dalla leptina20. Esiste una relazione reciproca tra leptina ed estrogeni in condizioni fisiologiche. Gli estrogeni promuovono la sintesi ed il rilascio di leptina mediante meccanismo trascrizionale genico e regolano l’espressione del recettore OB-Rb nei tessuti ERα positivi. La leptina, a sua volta, modula la biosintesi degli estrogeni, l’attività di ERα, in-duce l’espressione del gene per l’aromatasi e ne modula l’attività.

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E’ oggetto di studio la cooperazione diretta dei due sistemi biologici nella carci-nogenesi colica.

Estrogeni e carcinogenesi colon-rettale I dati della letteratura indicano che gli estrogeni esercitano sulla mucosa colon-rettale un ruolo fisiologico omeostatico e “protettivo” nei confronti del rischio di insor-genza di adenocarcinoma. Tuttavia, alcuni autori hanno osservato che la storia ormonale della donna (età del menarca, della prima gravidanza, della menopausa spontanea o iatrogena, parità) risulta “ininfluente” sull’incidenza futura della neoplasia. Altri studi giungono addirittura a conclusioni opposte: pare che più a lungo la donna sia stata esposta agli estrogeni in età fertile (menarca precoce, menopausa tar-diva, nulliparità) e “maggiore” sia il rischio di malattia in post-menopausa. Inoltre, livelli elevati di estrogeni endogeni in climaterio sembrano associati ad un aumento del rischio di sviluppare una neoplasia colon-rettale maligna e la terapia ormonale sostitutiva po-tenzi la proliferazione cellulare incontrollata nei foci displastici.21

L’apparente contraddizione dei dati dimostra quanto i meccanismi con cui gli estrogeni si inseriscono nell’omeostasi cellulare o nel processo oncogenetico siano in realtà molto più complessi, tuttora controversi ed in parte sconosciuti. E’ indispensabile rivalutare criticamente il ruolo ormonale alla luce di alcune considerazioni preliminari. Innanzitutto, quando si parla di estrogeni circolanti occorre distinguere gli or-moni “endogeni”, prodotti dall’attività gonadica nelle diverse fasi della vita, dagli or-moni “esogeni” assunti attraverso terapia orale: il “primo filtro epatico”, coinvolto dopo l’assorbimento intestinale, comporta l’attivazione di sistemi metabolici che alterano la biosintesi di svariate proteine, le quali modificano gli effetti estrogenici in periferia. Inoltre, la concentrazione “circolante” in toto dell’ormone differisce dalla sua reale concentrazione “intra-tissutale”. Gli estrogeni ematici diffondono nel citoplasma dell’enterocita ma, in sede intra-cellulare, vengono prontamente attivati/inattivati a seconda dell’espressione “locale” degli enzimi coinvolti nel metabolismo steroideo. Per-tanto, il profilo ormonale quali-quantitativo della cellula colica può non rispecchiare la situazione ematica generale. Infine, l’espressione dei recettori per gli estrogeni è differente nei due sessi e si modifica ulteriormente con l’età, con le fasi ormonali e con varie condizioni fisiologiche e patologiche. Non è, dunque, possibile attribuire agli estrogeni un ruolo “a prescindere” nella carcinogenesi colon-rettale : lo switch-point nella protezione/suscettibilità della muco-sa risiede nel profilo dinamico di espressione metabolico-ormonale e recettoriale dell’enterocita.22

Inoltre, la modulazione estrogenica andrebbe valutata all’interno di una più complessa stimolazione steroidea sull’enterocita: sebbene i recettori del progesterone (PR) e degli androgeni (AR) siano ben rappresentati nel colon-retto, il ruolo degli andro-geni e del progesterone è tuttora oggetto di indagine. Dati preliminari sembrano dimostrare un effetto “protettivo”di entrambi gli steroi-

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di. Pazienti maschi orchiectomizzati oppure trattati con prolungate terapie anti-an-drogeniche (>2aa) per carcinoma prostatico hanno un rischio superiore ai controlli di sviluppare un carcinoma del colon-retto. L’azione anti-proliferativa degli androgeni si esplica attraverso meccanismi ancora poco chiariti: pare che il testosterone sopprima la trascrizione della β-catenina , cui consegue la down-regulation di molti oncogeni e della ciclina D1. Inoltre, il livello di testosterone circolante è inversamente proporzionale all’in-sulino-resistenza, noto fattore mitogenico e pro-apoptotico: la riduzione androgenica associata all’obesità giustifica il forte aumento del rischio di carcinoma colon-rettale nei maschi. Riguardo al progesterone, gli studi riguardanti un migliore effetto protettivo della terapia ormonale sostitutiva combinata, rispetto al trattamento con soli estrogeni, danno risultati molto contrastanti e spesso riportano differenze non statisticamente significati-ve23. Per comprendere come gli estrogeni siano in grado di modulare l’iniziazione e la progressione del carcinoma colon-rettale, laddove siano presenti fattori di rischio gene-tici ed ambientali, si rende dunque necessario focalizzare l’attenzione sui meccanismi intracrini che regolano sia l’esposizione estrogenica dell’enterocita, sia la sua capacità recettoriale di captare lo stimolo steroideo.

Profilo metabolico estrogenico dell’enterocita normale

Gli estrogeni biologicamente attivi sono rappresentati dall’ Estrone (E1) e dal 17β-Estradiolo (E2), che nei tessuti periferici vengono sintetizzati o per via aromatasica (da Androstenedione e Testosterone) o per via solfatasica (dall’estrone-solfato, tramite steroido-solfatasi STS). E1 ed E2 vengono reciprocamente convertiti l’uno nell’altro grazie all’attività del-la 17-beta-idrossisteroido-deidrogenasi (17β-HSD1 e 17β-HSD2). L’estrone viene re-convertito in estrone-solfato dalla estrone solfo-transferasi (EST) Fig. 5

ANDROSTENEDIONE TESTOSTERONE

ESTRONE (E1) 17β-ESTRADIOLO (E2)

ESTRONE SOLFATO (E1S)

AROMATASI AROMATASI

17β-HSD1

17β-HSD2

EST(estrone- sulfotransferasi)

STS(steroido-solfatasi)

Fig.5: C.Tarabbia: Metabolismo estrogenico nei tessuti periferici

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Nella donna in età fertile, prevalgono in circolo gli estrogeni non coniugati (E2>>>E1), che diffondono nel citoplasma dell’enterocita e vi inducono una down-regulation del metabolismo estrogenico. Le aromatasi e le solfatasi sono poco espresse, con diminuzione della sintesi intra-cellulare di E1 ed E2, mentre viene attivata la via Estrone-sulfo-transferasica, che porta alla formazione di E1S, biologicamente inattivo. Riguardo alle deidrogenasi, ri-sulta privilegiata la via ossidativa, con sovra-espressione dell’isoforma 17β-HSD-2 che catalizza la conversione di E2 in E1. (Fig.6).

Fig.6: C.Tarabbia: Metabolismo estrogenico nell’enterocita della donna in PERIODO FERTILE

ANDROSTENEDIONE TESTOSTERONE

17 beta-HSD-2

ESTRONE (E1) 17β-ESTRADIOLO (E2)

EST

ESTRONE SOLFATO (E1S)

Fig.6: C.Tarabbia: Metabolismo estrogenico nell’enterocita della donna in PERIODO FERTILE

L’inattivazione metabolica degli estrogeni endogeni conduce alla presenza intra-cellula-re di bassi livelli di E1 e soprattutto di E2, con riduzione del rapporto E2/E1, il cui effetto biologico finale è correlato al ruolo dell’estrone, alla sua affinità di legame ai recettori ERα ed ERβ, ed al tipo di meccanismo genomico o non genomico che innesca. Pare che E1 abbia, paradossalmente, un ruolo maggiormente protettivo sulla mucosa colica rispetto ad E2. Nella donna in post-menopausa, viceversa, si rileva una cospicua quota circo-lante di estrogeni coniugati legati all’Albumina (E1S), che fungono da reservoir ormona-le, ed una minore presenza di forme non coniugate attive, con prevalenza di E1 su E2 (circa 7:1) Raggiunto il citoplasma dell’enterocita, E1S > E1 > E2 inducono una up-regula-tion del metabolismo ormonale: vengono favorite sia le aromatasi, sia via sulfatasica, con conversione di E1S in E1, sia la via riduttiva catalizzata da 17β-HSD-1 , con conver-sione di E1 in E2. L’enterocita normale acquisisce dunque in post-menopausa un’attivazione meta-bolica degli estrogeni, con alti livelli ormonali intracellulari, soprattutto di E2, ed aumento del rapporto E2/E1 (Fig.7)

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Fig.7: C.Tarabbia: Metabolismo estrogenico nell’enterocita della donna in POST-MENOPAUSA

ANDROSTENEDIONE TESTOSTERONE

17 beta-HSD-1

ESTRONE (E1) 17β-ESTRADIOLO (E2)

STS

ESTRONE SOLFATO (E1S)

Fig.7: C.Tarabbia: Metabolismo estrogenico nell’enterocita della donna in POST-MENOPAUSA

Profilo recettoriale estrogenico dell’enterocita normale

L’espressione dei recettori ERβ varia nel tempo: nella cellula normale di una donna in fase fertile, l’espressione genica di tali recettori risulta up-regolata, vicever-sa nella donna in post-menopausa si verifica una desensibilizzazione recettoriale per down-regolazione dell’espressione genica. Nessuna variazione significativa riguardo la presenza nel colon dei recettori ERα nelle varie fasi della vita riproduttiva: in epoca fertile la modesta espressione di ERα sembra legata alla proliferazione cellulare durante il fisiologico ricambio rigenerativo dell’epitelio, e tale quota resta pressoché inalterata in climaterio. Le varianti-splice ERα46 ed ERα36 risultano invece sotto-espressi in post-menopausa. Pertanto, nell’enterocita femminile il rapporto ERα/ERβ aumenta progressiva-mente alla cessazione dell’attività gonadica: in post-menopausa si verifica uno “shift” da un genotipo recettoriale ERβ-dominante (tipico dell’età riproduttiva) ad un genotipo ERα-dominante, la cui interazione con gli estrogeni derivanti dal metabolismo intra-tissutale determina effetti biologici completamente diversi dalla fisiologica rigenerazione epiteliale. Inoltre, i recettori estrogenici hanno una localizzazione sia citoplasmatica, sia nucleare: in fase fertile prevale la componente nucleare, mentre in post-menopausa i recettori ed i co-regolatori sono soprattutto citoplasmatici. Si verifica dunque in post-menopausa un ulteriore “shift” dall’innesco prevalente di effetti genomici alla promozio-ne di meccanismi non-genomici, con ulteriore complessità delle risposte biologiche. Infine, pare che la distribuzione dei recettori estrogenici ERβ nell’epitelio colon-rettale non sia omogenea: alcuni studi indicano un grading di espressione che aumenta da destra a sinistra4, anche se i dati della letteratura sono contrastanti in proposito. (Tab.5.)

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ENTEROCITA

Estrogeni circolanti

Metabolismo estrogenico intra-tissutale

Estrogeni intra-tissutali

Genotipo recettoriale

Localizzazione ER

Effetti biologici ER-mediati

FASE FERTILE

E2 > E1 > E1S

Down-regolato(enzimi up: 17β-HSD2, EST)

E1S > E1 > E2

ERβ-dominante

Prevalente Nucleare

Genomici > Non genomici

FASE POST-MENOPAUSALE

E1S > E1 > E2

Up-regolato(enzimi up: STS, 17β-HSD1)

E2 > E1 > E1S

ERα-dominante

Prevalente citoplasmatica

Non genomici > genomici

Tab.5 C.Tarabbia: Profilo dei recettori ER nell’enterocita normale, nelle fasi della vita della donna

Profilo metabolico-recettoriale della cellula neoplastica

Il metabolismo estrogenico intra-tissutale e l’espressione dei recettori ERβ dif-ferisce nella cellula cancerosa colica rispetto a quella normale. Gli studi hanno evidenziato che le cellule neoplastiche in entrambi i generi hanno un profilo ormonale e recettoriale simile a quello della cellula della donna in post-meno-pausa.

L’enterocita in trasformazione attiva un’up-regolazione del metabolismo estro-genico per prevalente via riduttiva: la diminuzione dell’attività 17β-HSD-2 e l’aumento dell’attività della steroido-solfatasi (STS) conducono alla mobilizzazione di E1S, che vie-ne convertito in E1 ed E2, il cui aumento intra-citoplasmatico è considerevole. Ne risulta una maggiore esposizione estrogenica della cellula cancerosa rispetto alla mucosa co-lica normale, con aumento del rapporto E2/E1 . Nella cellula neoplastica la variazione di espressione di 17β-HSD-1/ 17β-HSD-2 e STS/EST ha significato prognostico: la sopravvivenza dei pazienti migliora all’aumen-tare dei rapporti, in quanto la concentrazione intratumorale di E1 ed E2 che ne deriva risulta inferiore. L’attività aromatasica pare non subisca modificazioni durante la mutagenesi. Per quanto riguarda il profilo recettoriale, nelle neoplasie benigne e maligne del colon gli studi biologico-molecolari hanno evidenziato che 24:

nella poliposi familiare e nell’adenocarcinoma si osserva una significativa dimi-nuzione “selettiva” dell’espressione dei recettori beta (>> nelle F) e non dei recettori alfa.

nella poliposi familiare la diminuzione dell’espressione dei recettori ER-beta è proporzionale al grado di displasia

nelle linee cellulari coliche tumorali e nell’adenocarcinoma la diminuzione dell’e-

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spressione dei recettori ER-beta è proporzionale all’aumento del grading ed allo staging

nell’adenocarcinoma la diminuzione dell’espressione dei recettori beta è pro-porzionale allo sdifferenziamento dell’architettura mucosa, con scissione delle cripte, ad alterata produzione di mucina, a rottura delle giunzioni epiteliali ed a riduzione dei desmosomi

la diminuzione dell’espressione recettoriale è inversamente correlata alla pro-gnosi favorevole ed alla sopravvivenza (OS, DSS, DFS)

Non sono noti i meccanismi molecolari che portano alla diminuzione selettiva dei recettori ERβ nella cellula neoplastica. Negli adenocarcinomi è stata osservata una sovra-espressione del gene DNA-metil-transferasi, cui consegue ipermetilazione delle isole CpG nel gene per il recettore stesso e silenziamento trascrizionale. Il rapporto ERα/ERβ esprime direttamente la suscettibilità alla carcinogenesi dei tessuti estrogeno-dipendenti: la diminuzione di ERβ porta ad uno shift genotipico recet-toriale ERβ-dominante → ERα-dominante nell’enterocita e ad un’analoga e conforme dis-regolazione dell’espressione dei rispettivi cofattori trascrizionali. A ciò si associa un alterato dialogo (cross-talk) tra le vie di segnalazione nucle-are e quelle intra-citoplasmatiche ER mediate, con prevalenza di queste ultime. L’ eccesso di signalling non-genomico conseguente all’attivazione estrogenica ERα-dominante ed alla trans-attivazione ERβ per mezzo di fattori di crescita implicano l’innesco di cascate fosforilative che portano all’attivazione di oncogeni Pertanto, gli elevati livelli intra-cellulari di E1 ed E2, cui la cellula neoplastica è esposta, scatenano un effetto mitogenico ed anti-apoptotico. Tuttavia, nella cellula tumorale permane una blanda attività nucleare residua ERβ, soprattutto ligando-indipendente, in grado di contrastare parzialmente l’azione positiva ERα-mediata sulla crescita cellulare, giocando un ruolo diretto anti-proliferativo e pro-apoptotico nei foci neoplastici, con miglioramento della prognosi e ella sopravvi-venza libera da malattia. Analogamente, si osserva una diminuzione delle forme splice-varianti ERα46 ed ERα36, con rinforzo dell’effetto anti-proliferativo e pro-apoptotico. (Fig.8)

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Fig.8 Foster P.J. Int J Col Dis (2013) Gli shifts ormonali, recettoriali e delle vie di segnalazione non sono stati osser-vati solamente nelle cellule epiteliali coliche superficiali e all’interno delle cripte, bensì anche nelle cellule stromali (miofibroblasti, cellule della muscolatura liscia vascolare): la transizione epitelio-mesenchimale che si può verificare nel processo neoplastico non modifica la risposta tissutale agli estrogeni. Sembra dunque che nelle cellule in trasformazione le complesse dis-regolazioni geniche si traducano nella riduzione o nella perdita del ruolo “protettivo” degli estrogeni, che addirittura innescano meccanismi proliferativi ed anti-apoptotici. Laddove esistano condizioni genetiche ed ambientali favorevoli, l’esposizione agli estrogeni incrementa il rischio di malattia. Inoltre, polimorfismi genici o modificazioni epigenetiche dei geni preposti alla sintesi degli enzimi che partecipano al metabolismo estrogenico oppure alla produzione dei recettori possono modulare il rischio di malattia. Non è noto tuttavia quale dei due estrogeni metabolicamente attivi (E1 ed E2) abbia un ruolo preminente nella carcinogenesi colica. Lo studio epidemiologico delle differenze di genere nel carcinoma colon-rettale può fornire preziose informazioni per valutare eventuali miglioramenti dei programmi di screening e dei protocolli diagnostico-terapeutici. Ulteriori ricerche sono necessarie per chiarire il ruolo attivo degli estrogeni, dei recettori ER e dei co-regolatori nella cellula normale, adenomatosa e cancerosa, per affinare le conoscenze volte al possibile corretto impiego, in chemio-prevenzione e in terapia, degli ormoni sessuali, di agonisti selettivi ERβ, di antagonisti selettivi ERα, di nutraceutici, oppure di modulatori dell’espressione genica degli enzimi preposti al metabolismo estrogenico.

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Il programma di screening di popolazione per il carcinoma del colon-retto in Provincia di Ferrara

Dott. Aldo De TogniResponsabile del Modulo organizzativo “Epidemiologia, screening oncologici e programmi di promozione della salute – Azienda USL di Ferrara

1. Cenni sull’epidemiologia del carcinoma del colon-retto1

Il carcinoma del colon-retto (CCR) è un problema di sanità pubblica in quanto coinvolge un elevato numero di persone; è infatti una delle neoplasie più frequenti per incidenza e mortalità nei Paesi industrializzati.

In Italia sono 54.000 i nuovi casi diagnosticati ogni anno per questa neoplasia (il tumore di più frequente diagnosi, se non si tiene conto dei carcinomi della cute, con il 14% di tutti i tumori) e 19.000 i morti (11% di tutti i tumori)2; è il secondo tumore più diagnosti-cato nelle donne (14%, dopo la mammella) e il terzo negli uomini (14%, dopo prostata e polmone).In termini proporzionali, la mortalità dei tumori del colon-retto si colloca al secondo posto sia fra i maschi (dopo quelli del polmone) che fra le femmine (dopo quelli della mammel-la).

1 Il termine “tumori del colon-retto” comprende le neoplasie del colon e quelli del retto, della giunzione retto-sigmoidea e dell’ano.2 AIOM, CCM, AIRTUM, I numeri del cancro in Italia 2013 (www.aiom.it)

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Lo screening e il trattamento del carcinoma del colon-retto a Ferrara - differenze di genere

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Il tumore del colon-retto è un problema di salute pubblica che coinvolge un elevato numero di persone (≈50.000 diagnosi/anno)

III° II°

Soggetti da seguire per trovare un caso di tumore (pool AIRTUM 2005-2007) fonte: AIOM-AIRTUM. I numeri del cancro in Italia 2011

Fonte: Ministero della salute. Documento tecnico di indirizzo per ridurre...

Secondo i dati dell’Atlante di Mortalità in Emilia-Romagna per gli anni 2008-20093 i morti per questa causa di tumore sono stati circa 1550 all’anno (35 morti ogni 100.000 abitanti fra i maschi e 33 morti ogni 100.000 fra le femmine). All’interno della regione Emilia-Romagna, il quadro della mortalità presenta una discreta variabilità, dal 25 per 100.000 osservato a Reggio Emilia al 46 per 100.000 di Ferrara.

Tabella – morti per tumore del colon-retto nelle aziende USL della regione Emilia-Romagna nel 2008

La frequenza dei tumori si può esprimere anche come probabilità teorica individuale di avere una diagnosi oncologica nel corso della vita. Questa misura si chiama “rischio cumulativo” e, in genere, viene troncata all’età di 84 anni. È una misura ipotetica che

3 Barbieri G. e al. Atlante della Mortalità in Emilia-Romagna 2008-9 dossier n. 214/2011

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esprime il numero di persone che è necessario seguire nel corso della loro vita perché una di queste abbia la probabilità di avere una diagnosi di tumore. Sulla base dell’esperienza attuale, in Italia un uomo ogni 10 e una donna ogni 17 svilup-perà un tumore del colon-retto.L’andamento locale dell’incidenza di tumore del colon-retto, desunto dal Registro Tumori della provincia di Ferrara, mostra una lieve crescita di casi in entrambi i sessi tra il 2003 e il 2007, con un aumento percentuale dell’incidenza pari al 4% nei maschi e al 2,4% nelle femmine. Nelle aree coperte da registri Tumori nel Mezzogiorno d’Italia l’incidenza tra il 2003 e il 2007 si presenta in diminuzione tra i maschi (-0,5%) e in crescita tra le femmine (+0,7%).

+4%

+2,4%

-0,7%

-3,9%

250

200

100

75FERRARA

Associazione Italiana dei Registri TUMori (http://www.registri-tumori.it/itacan).

diagnosi morti

Trend (EAPC)

Trend 2003-7 (EAPC)

L’andamento dell’incidenza del CCR rispetto all’età segue la curva tipica della maggio-ranza delle neoplasie, con un incremento crescente all’aumentare dell’età. Il 90% dei casi diagnosticati su base clinica riguarda individui sopra i 55 anni, nei quali la malattia è localizzata soprattutto nel sigma e nel retto. La sopravvivenza a 5 anni dipende dallo stadio alla diagnosi; infatti è del 90% quando la malattia è limitata alla parete intestinale, scende al 35-60% in caso di coinvolgimento dei linfonodi regionali ed è meno del 10% in soggetti con malattia metastatica. I dati italiani di sopravvivenza a cinque anni si pongono nella media di quelli europei, che variano dai valori più elevati osservati nei paesi nordici, Danimarca esclusa, ai più bassi osservati in Danimarca, UK e nei paesi dell’Europa dell’Est.

2. Prevenzione primaria

La prevenzione primaria mantiene un ruolo fondamentale: la riduzione dell’incidenza dei tumori si può ottenere in primo luogo con l’attuazione di interventi di prevenzione universale o primaria efficaci contro i determinanti e i fattori di rischio (le “cause”). La

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Lo screening e il trattamento del carcinoma del colon-retto a Ferrara - differenze di genere

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disponibilità di misure di screening efficaci non esime dall’adozione di tutte le possibili e utili misure di prevenzione primaria.Impedire l’insorgenza di nuovi casi di malattia agendo per limitare o impedire le cause note è innanzitutto un imperativo etico. Tralasciando in questa sede l’indicazione di possibili strategie e obiettivi a livello di po-polazione, si richiameranno brevemente alcuni interventi a livello degli individui, rivolti a modificare la suscettibilità individuale definita principalmente sulla base dei comporta-menti. Complessivamente, le condizioni note che conferiscono o si pensa possano conferi-re un alto rischio di sviluppare CCR (sindromi ereditarie, spiccata familiarità per CCR, pregressi adenomi o CCR, malattie infiammatorie intestinali) consentono di individuare circa il 15-20% di tutti i casi incidenti di cancro. Secondo le acquisizioni fornite dagli studi epidemiologici, l’adozione di stili di vita salu-tari può contribuire a ridurre in misura sensibile il rischio di sviluppare il carcinoma del colon-retto. Infatti studi epidemiologici e sperimentali hanno dimostrato che alcuni fattori ambientali - come lo stile di vita o l’alimentazione - sono associati ad un aumento del rischio.Ad esempio, una dieta ipercalorica con eccessiva assunzione di grassi animali, carni rosse, zuccheri può accrescere il rischio, mentre un’alimentazione ricca di vegetali, fibre e cereali sembra al contrario associarsi ad un minore rischio di cancro colon-rettale. Anche l’attività fisica, indipendentemente dal peso corporeo, riduce la possibilità di am-malarsi4. La tabella, tratta dalla rassegna indicata in nota 4, riassume le prove epidemio-logiche disponibili.In sostanza, valgono le indicazioni utili anche alla riduzione del rischio cardio-vascolare: dieta ipocalorica, ricca di vegetali e fibre e una regolare attività fisica.

Evidenze DIMINUZIONE DEL RISCHIO

RR[n.]

Aumento del rischio RR[n. studi]

Convincenti Attività fisica di qualunque tipo [colon]Alimenti contenenti fibre vegetali (non frutta)

0,97 [3]

0,90 [15]

Carni rosse domesticheCarni conservateAlcol (maschi > 30g/dì; dati insufficienti per le donne)IMC elevato [colon]Alta statura (marker di un mix di fattori agenti fin dallo sviluppo intrauterino e fino al termine della crescita)

1,17 [8]1,24 [9]1,10 [8]

1,02 [9EU]1,05 [8]

Probabili AglioLatte vaccino (forse per il calcio)

Calcio (1200 mg/dì)

0,85 [9]

Alcol (donne)

(WORLD CANCER RESEARCH FUND, 2011)

Fattori protettivi e fattori di rischio associati a tumore del colon retto

4 World Cancer Research Fund / American Institute for Cancer Research. Food, Nutrition, Physical Activity, and the Prevention of Cancer: a Global Perspective. Washington, DC: AICR, 2007

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3. Prevenzione secondaria: i test disponibili per una diagnosi precoce

Si ritiene oggi che la maggior parte (probabilmente l’80%) dei carcinomi colon-rettali si sviluppi a partire da polipi adenomatosi, attraverso un processo “multistep” che coinvol-ge fattori genetici e ambientali. Il tempo di trasformazione in cancro è stimato nell’ordine di 10-15 anni.

Figura: storia naturale della sequenza adenoma-carcinoma

È in questa finestra temporale che è possibile fare una diagnosi precoce ed eliminare i polipi prima che abbiano acquisito caratteristiche invasive. I test per la diagnosi pre-coce dei carcinomi colon-rettali mirano infatti non solo a identificare precocemente le forme tumorali in stadio iniziale, ma anche a individuare e rimuovere possibili precursori; obiettivi resi possibili da due proprietà dei polipi: tendono a sanguinare e sporgono dalla mucosa per cui sono visibili sulla sua superficie.Gli studi mostrano che una lesione maligna, se individuata in uno stadio precoce, può essere trattata in modo radicale con l’intervento chirurgico, con un’elevata sopravviven-za: la sopravvivenza a 5 anni è infatti strettamente correlata allo stadio: il 90% allo stadio A di Dukes, il 50-60% allo stadio B, circa il 35% allo stadio C1 e meno del 10-15% allo stadio C2.

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tratto da: N. Segnan et al. European guidelines for quality assurance in colorectal cancer screening and diagnosis. IARC, 2010

I test attualmente disponibili per una diagnosi precoce sono tre: la ricerca del sangue occulto nelle feci, la sigmoidoscopia, la colonscopia.1. ricerca del sangue occulto fecaleLe lesioni tumorali e, seppure in misura minore i polipi adenomatosi, per le loro caratte-ristiche strutturali, possono sanguinare fin dai primissimi stadi di sviluppo. Questo sinto-mo può rimanere inavvertito per lungo tempo, in quanto la quantità di sangue emessa è estremamente piccola e quindi impercettibile all’occhio umano. Durante questo tempo, tuttavia, le lesioni possono continuare a svilupparsi lentamente. Il sanguinamento è da attribuire a lesioni pre-tumorali (adenomi) o tumorali (seppure in gran parte ai primi stadi di sviluppo) nel 30-40% dei casi; nella restante parte può essere attribuito ad altre al-terazioni intestinali di scarso rilievo dal punto di vista oncologico, come le emorroidi, le ragadi, le fistole, i diverticoli, i polipi iperplastici. Questo sanguinamento non visibile ad occhio nudo e pertanto “occulto” oggi può es-sere rilevato da un esame molto sensibile e specifico: il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci - che consente di identificare lesioni pre-tumorali o tumorali e permette di avviare accertamenti più approfonditi (principalmente la colonscopia), per verificarne l’origine.Gli adenomi e i tumori in fase precoce non sanguinano in modo continuativo, ma saltua-rio, per questo è possibile che ad un primo test, pur in presenza di una lesione, il sangui-namento occulto non sia presente. E’ quindi necessario, per aumentare la probabilità di identificare un sanguinamento, ripetere periodicamente il test. La periodicità ritenuta ottimale, anche in relazione al lento sviluppo dei tumori, è ogni

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due anni.Negli anni ‘90 utilizzando i dati provenienti da quattro studi randomizzati controllati é stata effettuata una metanalisi, pubblicata dalla Cochrane Library, che ha dimostrato una riduzione significativa del 16% della mortalità per CCR con lo screening mediante test per la ricerca del sangue occulto fecale (RR=0.84 LC95%=0.77-0.93). Ancor più rilevante in questi studi é stata inoltre notata una modificazione favorevole dello stadio della neoplasia, che determina esiti migliori: nello studio Nottingham il 90% dei soggetti del gruppo diagnosticato mediante la ricerca del sangue occulto presentava tumori in stadio Dukes A e B rispetto al 40% del gruppo di controllo.In letteratura vengono riportati numerosi studi sull’impiego di test per la ricerca del san-gue occulto fecale, che hanno evidenziato riduzioni di mortalità variabili tra 16 e 23%.

Figura – metanalisi degli studi sperimentali (RCT) che hanno utilizzato il FOBT (Hemoccult) come test di screening

figura - Curva ROC del test immunochimico per la ricerca del sangue occulto nelle feci

Con il test immunochimico, la moltiplicazione dei campioni per la ricerca di sangue oc-culto non aumenta la precisione diagnostica. L’area sotto la curva (AUC) non è statisti-camente diversa se il paziente ripete fino a 3 volte il campione.

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Lo screening e il trattamento del carcinoma del colon-retto a Ferrara - differenze di genere

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2. sigmoidoscopiaLa letteratura scientifica ha dimostrato che anche la sigmoidoscopia è efficace nella diagnosi precoce.

“From 1993 through 2001, we randomly assigned 154,900 men and women 55 to 74 years of age either to screening with flexible sigmoidoscopy, with a repeat screening at 3 or 5 years, or to usual care. Cases of colorectal cancer and deaths from the disease were ascertained.”

-21%-29%

Secondo lo studio italiano SCORE5 la rettosigmoidoscopia diminuisce la mortalità per tumore del colon retto di circa il 38%. In una recente metanalisi6 che ha esaminato tutti gli studi randomizzati è stato rilevato come entrambi i metodi riducano la mortalità in trial randomizzati: il FOBT del 16% e la sigmoidoscopia del 28%. La sigmoidoscopia ha dimostrato di ridurre anche l’incidenza del CCR (-18%) mentre gli studi presi in considerazione non hanno dimostrato un effetto simile per il FOBT.

Figura – riduzione del rischio relative e del rischio assoluto di incidenza e di mortalità per CCR in studi randomizzati di

screening mediante FOBT oppure sigmoidoscopia (FS).(fonte: Garborg, 2013 - nota 5)

5 Nereo Segnan,and the SCORE Working Group Once-Only Sigmoidoscopy in Colorectal Cancer Screening: Follow-up Findings of the Italian Randomized Controlled Trial—SCORE. J Natl Cancer Inst 2011;103:1–136 K. Garborg et al. Current status of screening for colorectal cancer Annals of Oncology 2013; 24: 1963–1972

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3. Colonscopia come test di screening

Mancano studi randomizzati sulla colonscopia come test di screening. Studi clinici osservazionali, quali The national polyp study7, hanno rilevato l’efficacia del-la colonscopia nella riduzione dell’incidenza di tumori del colon-retto e, dopo un congruo periodo di osservazione, confermato il beneficio in termini di riduzione della mortalità.

Cumulative Incidence of Colorectal Cancer in the National

Polyp Study Cohort. The observed incidence is compared

with the expected incidence based on data from the three

reference groups: the Mayo Clinic cohort (United States),

the St. Mark’s cohort (United Kingdom), and the SEER

Program (United States)

Cumulative Mortality from Colorectal Cancer in the Gene-

ral Population, as Compared with the Adenoma and No-

nadenoma Cohorts.

Figura - risultati su incidenza (parte sinistra) e su mortalità (parte destra) dello screening con colonscopia, nello studio “The National Polyp Study”

La colonscopia in Italia non è consigliata come test di screening; è consigliata soltanto in una seconda fase, se la ricerca del sangue occulto nelle feci ha dato esito positivo.Nemmeno per la cosiddetta colonscopia virtuale (TAC del colon) sono disponibili attual-mente prove che sia superiore ai test attualmente in uso per i programmi di screening.

7 Risultati su Incidenza: Sidney J. Winawer and the National Polyp Study Workgroup. Prevention of Colorectal Cancer by Colonoscopic Polypectomy N Engl J Med 1993; 329:1977-1981. Risultati su Mortalità: Ann G. Zauber, et al. Colono-scopic Polypectomy and Long-Term Prevention of Colorectal-Cancer Deaths N Engl J Med 2012; 366:687-696

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4. Prevenzione secondaria.Il programma organizzato di screening per la prevenzione dei tumori del colon-retto. “La linea giusta è prevenire.”

Il razionale di uno screening oncologico è basato su due presupposti e richiede la pre-senza contemporanea di almeno sei condizioni.I due presupposti sono così riassumibili:1) esistono lesioni pre-cancerose e/o stadi precoci nel corso dello sviluppo della malattia che non solo è possibile ma è utile diagnosticare precocemente: la malattia deve pre-sentare un intervallo abbastanza lungo tra inizio della malattia e fase invasiva;2) il trattamento terapeutico effettuato durante lo stadio precoce della malattia comporta vantaggi (diminuzione della mortalità e/o dell’incidenza e riduzione dei costi) rispetto al trattamento in uno stadio più tardivo.Si noti che questi presupposti sono documentati solo per i tre screening oncologici rea-lizzati; mentre non sono documentati né per il tumore del polmone8 né per il tumore della prostata9.Le sei condizioni indispensabili per un test di screening sono:1) la malattia che si vuole identificare è un problema di salute pubblica che coinvolge un elevato numero di persone; 2) il test di screening riconosce lesioni pre-neoplastiche o iniziali;3) il test da utilizzare è accettabile dalla popolazione, facile da eseguire, ripetibile; 4) il test da utilizzare è innocuo ed efficace (sa distinguere tra chi è veramente malato e chi è veramente sano);5) Il test di screening è economico; 6) esistono strutture sanitarie qualificate in grado di effettuare la diagnosi e la terapia, in percorsi integrati nel programma di screening. Lo screening del carcinoma colo-rettale risponde a tutti i criteri elencati.Un programma organizzato di screening di popolazione è un programma di sanità pub-blica che si rivolge ad una ben definita popolazione, considerata a particolare rischio per età o per altre caratteristiche, alla quale è attivamente offerto un test di screening di facile esecuzione, innocuo, ripetibile, facilmente accettabile, al fine di selezionare un sottogruppo di popolazione positivo al test da invitare a ulteriori e più sofisticate indagini diagnostiche.Con queste indagini di secondo livello si vuole identificare una malattia in fase precoce perché, quanto più è precoce la diagnosi, tanto più è probabile riuscire a modificare la storia naturale della malattia attraverso un trattamento efficace. Un intervento precoce sarà limitato e conservativo, consentirà la risoluzione della patologia e aumenterà le probabilità di guarigione completa.Un programma di screening dovrà prevedere, coordinare e mettere a disposizione della

8 Ministero della Salute - Dipartimento di Sanità Pubblica e dellʼInnovazione - Direzione Generale della Prevenzione. Piano nazionale della prevenzione 2010-2012 Azione centrale prioritaria concernente la definizione di documenti tecnici di sintesi delle evidenze scientifiche a supporto della programmazione, monitoraggio e valutazione egli interventi di prevenzione oncologica nella popolazione a rischio9 Osservatorio Nazionale Screening. Aggiornamento del documento di consenso sullo screening del cancro della pro-stata. Novembre 2010. www.osservatorionazionalescreening.it/node/60.

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popolazione le strutture deputate a coprire tutte le fasi del processo, sia la fase di ap-profondimento (colonscopia) che quelle incaricate di eseguire gli interventi terapeutici (chirurgie, radio, chemioterapie) oltre alle fasi di verifica e rielaborazione epidemiologica indispensabili per controllare la qualità dell’intero programma ed ottimizzare i rapporti costi beneficio del processo. Le raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea sullo screening dei tumori del 2 dicembre 2003 indica come test di screening per il cancro colon-rettale la ricerca del sangue occulto nelle feci in uomini e donne di età compresa tra 50 e i 74 anni.

Dal 2005 è stato avviato in Emilia-Romagna un programma organizzato di screening oncologico di popolazione chiamato “La linea giusta è prevenire”.Il programma è basato sull’invito attivo alla popolazione della fascia di età 50-69 anni a fare la determinazione biennale del sangue occulto e (nei casi positivi) successiva co-lonscopia. Il test di screening è il test immunochimico per la ricerca del sangue occulto fecale (SOF).Il test di screening è gratuito, così come lo sono tutti gli eventuali successivi interventi di diagnosi e cura previsti all’interno del programma.La mappa riporta in colore le aree nelle quali è stato attivato un programma di screening per il colon-retto. Nel corso del 2013 anche Bolzano ha avviato il programma di scree-ning.

Sulla mappa un colore più scuro contraddistingue il Piemonte (e l’ASL di VR), in quanto il Programma regionale piemontese prevede l’offerta di una sigmoidoscopia “una-tantum” a tutti gli assistiti di 58 anni di età10. Ai non-aderenti all’invito alla sigmoidoscopia viene proposto il test del sangue occulto fecale (FOBT) da ripetere con frequenza biennale fino ai 69 anni.

10 (Le “Raccomandazioni per la pianificazione e l’esecuzione degli screening di popolazione per la prevenzione del cancro della mammella, del cancro della cervice uterina e del cancro del colon retto”, emanate dal Ministero della Salute italiano nel novembre 2006 indicano la ricerca del sangue occulto fecale come test di screening, insieme alla rettosigmoidoscopia).

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Lo screening e il trattamento del carcinoma del colon-retto a Ferrara - differenze di genere

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Il termine “screening” viene talora inteso in modo errato: da un lato un test di screening non è un test diagnostico (può darsi che il medesimo test abbia entrambe le applicazioni, ma vanno tenute distinte) e uno screening non consiste solo in un test efficiente per fare diagnosi precoce. Un programma di screening è rivolto all’intera popolazione ed è speciale e particolar-mente efficace in quanto organizza tutto il sistema. Il programma di screening è orga-nizzato per profili di assistenza (percorsi organizzati che vengono offerti al cittadino, con l’obiettivo dell’efficacia nella pratica), basati su protocollo diagnostico-terapeutici di elevata qualità, unitari e multidisciplinari. I programmi di screening mettono dunque in atto dei processi che intervengono sulle capacità organizzative dei sistemi sanitari, la tecnologia e le conoscenze. Inoltre l’organizzazione del programma di screening e i suoi risultati sono sottoposti a controllo di qualità periodico sia del rispetto del protocollo diagnostico-terapeutico, sia dell’efficacia del programma rispetto all’obiettivo: questo costituisce uno dei punti di for-za che fanno la differenza con gli accertamenti preventivi fatti su iniziativa individuale. Un programma di screening oncologico è dunque un complesso (e costoso) investimen-to per la salute, che ha come obiettivo una riduzione della mortalità.Il programma di screening del CCR in atto a Ferrara coinvolge molti attori, dell’Azienda USL, dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria S.Anna e esterni, come i Farmacisti.

Il programma organizzato di screening è basato sulla collaborazione di molti attori

Azienda USLDipartimento Sanità Pubblica CENTRO SCREENINGDipartimento Cure PrimarieLaboratorio AnalisiCentri di EndoscopiaDiagnostica per ImmaginiChirurgia Azienda Ospedaliera Universitaria

Centro di EndoscopiaDiagnostica per Immagini

Anatomia PatologicaChirurgia

Oncologia – Radioterapia

collaborazione di tutte le farmacie della provinciadal 2009 l’offerta dello screening CCR è basata sulla

Farmacie

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Organizzazione dello screening del carcinoma del colon retto a Ferrara

1° livello: test di screening

2° livello: approfondimento (e terapia endoscopica)

Centroscreening

distribuzione materiale: 119 farmacie

raccolta provette: 23 punti

analisi FOBT: 1 laboratorio centralizzato

Centri Endoscopia: 4 punti

Specialisti colonscopia: 10 (+ 15)

popolazione

positivi

Invito/sollecito

Comunicazione esito + appuntamento colloquio

3° livello: Terapia chirurgica e oncologica

Il coinvolgimento di due Aziende sanitarie e di numerosi professionisti ha richiesto la messa a punto di un programma che ha definito le risorse professionali, strutturali ed economiche necessarie, le modalità di monitoraggio e valutazione, la definizione delle responsabilità e dei tempi; in accordo con il protocollo diagnostico terapeutico definito in ambito regionale.Anche i Medici di medicina generale sono stati coinvolti nel programma di screening. Il Medico di Medicina Generale rappresenta nell’ambito dei programmi di screening la domanda di salute dei propri assistiti, promuovendo e garantendo l’adesione e la par-tecipazione dei singoli. Sono state realizzate iniziative volte a migliorare l’intervento dei MMG nell’attività di informazione e sensibilizzazione della popolazione obiettivo al fine di incrementare la quota di adesione al programma; nel counselling ai propri assistiti che aderiscono al programma. Recentemente il protocollo diagnostico terapeutico regionale è stato aggiornato in vari punti. Si cita qui, per la sua importanza, l’adeguamento alle più recenti conoscenze in tema di rischio di evoluzione neoplastica per quanto riguarda i criteri di follow-up della colonscopia, in base al rischio di evoluzione neoplastica.

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Lo screening e il trattamento del carcinoma del colon-retto a Ferrara - differenze di genere

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5. Prevenzione secondaria. Risultati del programma organizzato di screening per la prevenzione dei tu-mori del colon-retto. La linea giusta è prevenire a Ferrara

I risultati conseguiti dal programma di screening dal 2005 ad oggi possono essere riepi-logati in alcuni quadri di sintesi.

Risultati del programma di screening per il tumore del colon retto nel 2010 e nel 2011

Invitati 2011: 46.504aderenti: 21.422

(47%)

test negativo:20.355(95%)

test positivo:1067(5%)

adesionicolonscopia:

885 (83%)

rifiuti +cartelle aperte:

182 (17%)

Nel 2010: adesione=55%

Nel 2010: positivi 4,7%

Primi esami: 6,1%

Esami successivi: 4,5%

Coorte delle persone che ha fatto il test nel 2011

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Tutta la popolazione bersaglio viene attivamente invitata, con frequenza biennale. L’a-desione è tuttavia mediamente limitata al 50% circa, con oscillazioni nei diversi anni tra il 47% e il 55%.Secondo il sistema PASSI, vari fattori sono associabili a una bassa adesione: sesso maschile, età inferiore a 60 anni, basso livello socio-economico, cittadinanza straniera.Il consiglio del medico si dimostra un importante elemento di promozione della parteci-pazione allo screening colon-rettale.

Fattori che influenzano l’adesione allo screening del tumore del colon-retto (informazioni dalla sorveglianza PASSI)

Adesione allo screening nel 2010

ER

Il consiglio del medico è importante

Mediamente il 5% circa delle persone che effettuano il test per sangue occulto viene in-vitata a sottoporsi a colonscopia, avendo il campione dato un risultato positivo. L’adesio-ne alla colonscopia è un parametro fondamentale per valutare l’impatto del programma e l’efficienza del programma nella riduzione della mortalità (l’elevato valore predittivo positivo del FOBT, pari al 25-30% - a seconda dei programmi-, impone un’ alta adesione alla colonscopia). Ferrara mostrava nella survey 2011 il 72% di adesione alla colonscopia. Però nella più recente valutazione l’adesione è salita all’83% e ultimamente all’86%. Una parte della mancata adesione è apparente, in quanto legata a mancata registrazione dell’esame nel sistema informativo dello screening (per esempio: persone che scelgono di non seguire il percorso proposto dal programma di screening).

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Lo screening e il trattamento del carcinoma del colon-retto a Ferrara - differenze di genere

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Risultati del programma di screening per il tumore del colon retto nel 2010- 2011

colonscopie complete (2011):766

Colonscopie negative:528 (65%)

Colonscopie con riscontro di lesioni:

285 (35%)

Adenomi iniziali: 105

Adenomi avanzati (displasia alto grado): 150

Cancri: 30

Nel 2010adenomi avanzati: 208

cancri: 37

pT1 pT2 pT3 pT4 ignoto0

40

Stadiazione dei cancri

(Ferrara: dati 2011; Emilia-Romagna: dati 2010)

Ferrara 2011 (%) Emilia-Romagna 2010 (%)

per 1

00

pT1 7pT2 4pT3 8pT4 1

10ignoto

DR AA 7‰

DR Ca 1,4‰

Detection Rate: rapporto fra il n° di persone con diagnosi di carcinoma o adenoma avanzato identificato allo screening e n° di persone sottoposte a screening.

In circa 1/3 delle persone sottoposte a colonscopia sono diagnosticate lesioni, ovvia-mente di varia natura. Ai fini dell’efficacia dello screening si considerano le diagnosi istologiche di adenoma avanzato (adenoma ≥10 mm o con componente villosa > 20% o con displasia di alto grado) o cancro.Con tasso di identificazione (o detection rate) si intende il rapporto fra il numero di per-sone con diagnosi di carcinoma o adenoma avanzato identificato allo screening e il numero dipersone sottoposte a screening. Per le persone con più lesioni si considera solo quella peggiore.Ogni 1000 persone partecipanti allo screening sono state poste 1,4 diagnosi di cancro, nel periodo considerato in tabella (2010-2011).Il numero complessivo di lesioni diagnosticate nei primi 7 anni di attività è riportato nel grafico successivo.

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Screening CCR: lesioni diagnosticate in 7 anni

screening CCR Ferrara - numero di lesioni diagnosticate, per coorte d'esame

0

100

200

300

400

500

600

2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

num

ero

di le

sion

i

Adenomi iniziali Adenomi avanzati carcinomi

Si coglie l’effetto “di prevalenza” nel momento di avvio dello screening, con l’individua-zione di molte lesioni presenti nella popolazione invitata, presumibilmente a diverso gra-do di evoluzione, al quale fa poi seguito una stabilizzazione dei volumi di diagnosi.

Screening CCR: lesioni diagnosticate in 7 anni

220141

992

540

275

277

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

1600

Adenocarcinomi AdenomiAvanzati

Adenomi BassoRischio

FemmineMaschi

Lesioni riscontrate nello screening Ferrara 2005-11

(totale coorti per data esame)

(criterio: lesione peggiore)

•persone con test: 157.500

• test positivi: 8516

• colonscopie: 5948

Una prima analisi condotta dal Registro Tumori di Ferrara (diretto dal dott. Stefano Fer-retti), ha rilevato l’aumento del numero di lesioni precoci con il progredire dei round di screening e una contemporanea riduzione delle lesioni più avanzate.

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Lo screening e il trattamento del carcinoma del colon-retto a Ferrara - differenze di genere

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fonte: Stefano Ferretti – Registro Tumori della provincia di Ferrara

Diagnosi di lesioni premaligne e maligne in rapporto allo

screening

il numero di adenomi ad alto rischio dovrebbe ridursi con i round che si succedono: i soggetti positivi sono curati e l’intervallo di tempo tra un

programma e l’altro dovrebbe garantire una diagnosi precoce

Con il progredire dei round aumenta il numero di lesioni precoci (pT1)

rispetto alle più avanzate

SD=screen detected

Nel 2011:pT3-4/pT1-2 = 0,8PT3-4/pT1=1,3

round

L’efficacia in termini di anticipazione della diagnosi ottenuta con il programma di scree-ning è descritta anche dal confronto di pochi semplici numeri.Nel periodo dal 2005 al 2011, ogni 100 ferraresi che hanno fatto il test di screening è sta-to diagnosticato 1 tumore maligno oppure 1 polipo che si stava trasformando in tumore maligno.Nel biennio 2011-13 nelle persone che hanno lo screening sono stati rilevati 89 lesioni tumorali (2 per 1000) e 389 polipi (8 per mille) che si stavano trasformando in tumore maligno. Quindi la stima complessiva è sempre di una lesione ogni 100 persone sottopo-ste a screening ma con una percentuale nettamente maggiore (4 polipi contro 1 tumore) di lesioni allo stadio iniziale.Gli screening organizzati sono interventi efficaci di sanità pubblica offerti alla popolazio-ne, con rigorosi controlli di qualità e in grado di incidere sulle diseguaglianze nella salute. Tre buone ragioni per sostenerli. Un programma di screening ben condotto è un intervento di elevata qualità sanitaria: per il cittadino partecipare allo screening significa esercitare il proprio diritto alla salute.

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Differenze di genere nel carcinoma del colon-retto: risultati di 8 anni di screening a Ferrara

Dott.ssa M.C.Carpanelli1, Dott.A.De Togni2, Dott.ssa C.Palmonari3

1 Responsabile Centro Screening – Dipartimento Sanità Pubblica – Azienda USL- Ferrara2 Responsabile del Modulo organizzativo “Epidemiologia, screening oncologici e programmi di promozione della salute – Azienda USL di Ferrara3 Centro Screening – Dipartimento Sanità Pubblica – Azienda USL- Ferrara

Ogni anno vengono diagnosticati a Ferrara circa 380 nuovi casi (210 fra i maschi e 170 fra le femmine) e sono circa 175 i decessi registrati.La sopravvivenza dei malati di carcinoma del colon-retto a 5 anni è fortemente asso-ciata allo stadio al momento della diagnosi: è pari al 90% quando la malattia è limitata alla parete intestinale e si riduce a circa il 50% in caso di interessamento linfonodale. In assenza di screening, più della metà dei soggetti sintomatici ha una neoplasia in stadio avanzato al momento della diagnosi.Il programma di screening di popolazione per questo carcinoma è stato attivato nel 2005 anche in Emilia-Romagna in quanto efficace nel ridurre la mortalità dovuta al carcinoma del colon-retto.In attesa di poter condurre una verifica della riduzione della mortalità specifica, che ha necessità di tempi lunghi, è stata condotta una prima analisi dei risultati dello screening dal punto di vista delle differenze di genere, con l’obiettivo di individuare la necessità di eventuali azioni di miglioramento dello screening.Obiettivo di questo studio descrittivo è il confronto per genere dell’incidenza e della mor-talità di CCR nella popolazione ferrarese aderente allo screening.Sono stati analizzati i dati relativi ai tumori diagnosticati nel percorso di screening com-presi in un arco di 9 anni: dal 21 marzo 2005 (data di avvio dello screening) al 21 marzo 2013.I dati sono stati estratti per coorte di esami. Il requisito primario per l’efficacia di uno screening è un’elevata adesione all’invito da parte della popolazione.L’adesione osservata a Ferrara ha mostrato valori attorno al 52% circa della popolazione invitata, con una maggior frequenza tra le donne. In questo scritto non si tratterà ulterior-mente il tema dell’adesione, se non per precisare che di questo dato si è tenuto conto nelle descrizioni che seguiranno e nei confronti per genere sono riportati anche risultati pesati per frequenza di aderenza allo screening. (Tab.1)

Femmine MaschiInvitati 203034 186226Sospesi dopo l’invito 4100 4320Aderenti 104557 (53%) 88833 (49%)Tabella 1- Adesione allo screening del carcinoma del colon-retto dal 21/03/2005 al 20/03/2013 (per coorte d’esami), per genere

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Lo screening e il trattamento del carcinoma del colon-retto a Ferrara - differenze di genere

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A Ferrara tra la popolazione aderente allo screening, 193.390 persone in 9 anni, sono stati diagnosticati 421 tumori, il 59% dei quali tra i maschi.Non si apprezzano marcate differenze di età nella data di insorgenza. (Tab.2)

Femmine MaschiEtà alla diagnosi Numero % numero %50-54 25 0,15 33 0,1355- 59 43 0,25 55 0,2260-64 46 0,27 63 0,2565-69 57 0,33 99 0,4050-69 171 1,00 250 1,00

Tabella 2 – tumori diagnosticati nello screening del carcinoma del colon-retto dal 21/03/2005 al 20/03/2013 (per coorte d’esami), per genere ed età alla dia gnosi

La sede dei tumori mostra una frequenza lievemente più alta nel colon destro tra le femmine e nel sigma per i maschi. (Tab.3)

Femmine MaschiSede del tumore numero % numero %COLON DX 37 0,22 48 0,19COLON SX 25 0,15 32 0,13TRASVERSO 9 0,05 8 0,03SIGMA 57 0,33 94 0,38SIGMA-RETTO 15 0,09 30 0,12RETTO 28 0,16 38 0,15Tutte le sedi 171 1,00 250 1,00

Tabella 3 – sede dei tumori diagnosticati nello screening del carcinoma del colon- retto dal 21/03/2005 al 20/03/2013 (per coorte d’esami), per genere

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Non si rilevano differenze apprezzabili nelle frequenze dei tipi istologici; questa osserva-zione è legata soprattutto al gran numero di lesioni classificate come adenocarcinoma NAS. (Tab.4)

Femmine MaschiTipo istologico numero % numero %Adenocarcinoma NAS 132 0,77 204 0,82Adenocarcinoma mucoide 17 0,10 23 0,09Adenocarcinoma mucoide<50% 20 0,12 22 0,09Carcinoma midollare 1 0,01 0 0,00Carcinoma squamoso (RETTO) 1 0,01 0 0,00Carcinoma a piccole cellule 0 0,00 1 0,00Tutti i tipi istologici 171 1,00 250 1,00

Tabella 4 – tipo istologico dei tumori diagnosticati nello screening del carcinoma del colon-retto dal 21/03/2005 al 20/03/2013 (per coorte d’esami), per genere

La stadiazione dei tumori mostra una estensione (T) sostanzialmente sovrapponibile nei due generi, (Tab.5) una presenza di replicazioni linfonodali più frequente nelle don-ne e una presenza di metastasi più accentuata nei maschi. (Tab.6,7,8)

Femmine MaschiStadio numero % numero %pT1 66 0,39 110 0,44pT2 28 0,16 39 0,16pT3 59 0,35 79 0,32pT4 12 0,07 15 0,06Ignoto 5 0,03 7 0,03Totale 170 1,00 250 1,00

Tabella 5 – stadiazione T dei tumori diagnosticati nello screening del carcinoma del colon-retto dal 21/03/2005 al 20/03/2013 (per coorte d’esami), per genere

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Lo screening e il trattamento del carcinoma del colon-retto a Ferrara - differenze di genere

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Femmine MaschiStadio numero % numero %pTN- 91 0,54 149 0,60pTN+ 57 0,34 53 0,21pTNx 21 0,12 37 0,15pTM+ 1 0,01 11 0,04Tot 170 * 1,00 250 1,00

* 1 tumore è carcinoma squamoso del retto

Tabella 6 – stadiazione TNM dei tumori diagnosticati nello scree ning del carcinoma del colon-retto dal 21/03/2005 al 20/03/2013 (per coorte d’esami), per genere

Femmine MaschiStadio pTN- numero % numero %pT1 38 0,42 66 0,44pT2 23 0,25 31 0,21pT3 26 0,29 43 0,29pT4 1 0,01 5 0,03Ignoto 3 0,03 4 0,03Tot 91 1,00 149 1,00

Tabella 7 – stadio TN- dei tumori diagnosticati nello screening del carci noma del colon-retto dal 21/03/2005 al 20/03/2013 (per coorte d’esami), per genere

Femmine MaschiStadio pTN+ numero % numero %pT1 10 0,18 9 0,17pT2 5 0,09 8 0,15pT3 31 0,54 28 0,53pT4 11 0,19 7 0,13Ignoto 0 0,00 1 0,02Tot 57 1,00 53 1,00

Tabella 8 – stadio TN+ dei tumori diagnosticati nello screening del carci noma del colon-retto dal 21/03/2005 al 20/03/2013 (per coorte d’esami), per genere

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La mortalità da carcinoma del colon-retto osservata all’interno dello screening è, al mo-mento, limitata (28 decessi pari al 6,6%) e lievemente più frequente nei maschi (Tab.9).

Femmine Maschi numero % numero % p

Decessi per tumore del colon-retto

10 5,8 18 7,2 > 0,05 (non significativa)

Decessi per altro motivo 3 1,8 10 4 > 0,05Tutti i tumori diagnosticati nel programma di screening

171 100 250 100

Tabella 9 – mortalità fra le persone che hanno ricevuto diagnosi di carcinoma del colon-retto all’interno del programma di screening dal 21/03/2005 al 20/03/2013 (per coorte d’esami), per genere

Si tratta di dati limitati: la mortalità non è riferita alla popolazione totale della provincia di Ferrara, né alla coorte costituita dalla popolazione che almeno una volta si è sottoposta a screening nei 9 anni, ma alla sotto-coorte costituita dai casi incidenti all’interno del programma di screening.Limitatamente ai dati raccolti, si può concludere che il numero di tumori diagnosticati e la mortalità sono più elevate negli uomini, ma conclusioni relative alla popolazione fer-rarese riguardo le differenze di genere necessitano di ulteriori studi ed approfondimenti epidemiologici.

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Lo screening e il trattamento del carcinoma del colon-retto a Ferrara - differenze di genere

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NUTRIGENOMICA E CARCINOMA DEL COLON-RETTODott.ssa Viola Zulian

Membro della Commissione Donne Medico - OMCeO Ferrara

Introduzione

Ippocrate scrisse “ Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”.

Il termine nutrigenetica fu introdotto nel 1975 da Brennar (Nutrigenetics: New concept for relieving hypoglycemia), ed è lo studio dei rapporti tra il patrimonio genetico, il geno-ma e la variabilità individuale ai cibi. La disciplina che studia le relazioni tra alimentazio-ne e conseguenti modifiche del DNA è la nutrigenomica1. (Fig. 1)

Fig. 1

Le sostanze chimiche che introduciamo attraverso l’alimentazione agiscono sul genoma umano in modo diretto o indiretto, alterando l’espressione o la struttura di un gene. Al-cuni geni possono svolgere un ruolo nella progressione e/o nell’aumento della gravità di alcune patologie croniche. Il modo con cui questa influenza viene esercitata dipende da una predisposizione genetica individuale. Lo sviluppo di una nutrizione personalizzata può, in base ai fabbisogni, allo stato nutrizionale e al genotipo, essere utilizzata per pre-venire, migliorare o curare malattie croniche.(Fig.2)

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Fig. 2

Nutrigenomica e cancro del colon-retto

La relazione tra regime alimentare e tumore del colon-retto (CRC) e’ stata supposta fin dal 1970. Il dato risulta particolarmente evidente se si analizza il rischio relativo delle popolazioni che migrano da una zona a basso rischio ad una zona ad alto rischio della quale ereditano, fin dalla prima generazione, la suscettibilità allo sviluppo tumorale2,3. I tumori acquisiti rappresentano circa l’85% delle neoplasie del colon-retto; ciò significa che nel processo di carcinogenesi, che dura alcune decadi, solo alcune cellule vulne-rabili evolveranno in senso neoplastico4. Questa sensibilità permette di intervenire a diversi livelli, regolando i fattori di rischio alimentari. Alcol e carne rossa, sono tra gli alimenti predisponenti lo sviluppo di CRC (RR 2,07 e 1,49 rispettivamente)5,6; d’altra parte fibre, calcio, vitamina D, acido folico, antiossidanti e fitoestrogeni, hanno tutti dimostrato il loro valore protettivo (RR 0,68;0.82;0,23;0,78;0,46;0,71)7,8,9,10,11. I fitoestrogeni svolgono il loro effetto protettivo con processi biochimici che interessano i recettori b degli estrogeni. Questo dato ha permesso di evidenziare alcune differenze di genere.

COMPONENTI BIOATTIVI DELLA SOIA

La soia è un legume a fioritura annuale di origine asiatica, largamente utilizzata presso queste popolazioni da oltre 5.000 anni come elemento basilare dello stile alimentazione. E’ una pianta nota soprattutto per l’elevato contenuto proteico ed i numerosi effetti be-nefici sulla salute. Il tofu consumato commercialmente viene prodotto dall’aggiunta di un

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prodotto coaugulante nel latte di soia; il latte si forma dall’immersione dei fagioli di soia in acqua. Il miso, consumato come salsa per zuppe e pasta viene realizzato lasciando in ammollo i fagioli di soia con riso o orzo ed attivando la trasformazione degli amidi attra-verso l’aspergillus. Cosi’, anche il tempeh viene formato dalla fermentazione dei fagioli di soia con riso o miglio. La recente diffusione della dieta vegetariana ha fatto sì che nuovi prodotti a base di soia raggiungessero le corsie dei supermercati permettendo agli alimenti comuni della dieta asiatica di entrare nelle nostre case (d’altra parte la dieta asiatica si sta sempre più “oc-cidentalizzando”).Gli alimenti a base di soia contengono un’ampia gamma di composti fitochimici che ne determinano i numerosi effetti benefici sulla salute: saponine, fitati, inibitori delle protea-si, acidi fenolici e lecitine posseggono tutti effetti anti-tumorali gia’ dimostrati; i fitosteroli, sono conosciuti per le proprieta’ ipocolesterolemizzanti; gli acidi omega-3 sono noti per gli effetti protettivi sul sistema cardiovascolare, ed infine i fitoestrogeni che detengono effetti benefici per la salute che comprendono tutti i precedenti.12

I FITOESTROGENI

I fitoestrogeni sono composti di derivazione vegetale con una struttura chimica simile al 17b-estradiolo: la loro azione può essere agonista estrogenica, parzialmente agonista o anche antagonista e sono in grado di interagire con le stesse strutture bersaglio cellu-lari degli estrogeni, coinvolgendo gli stessi meccanismi biochimici dipendentemente dal tessuto interessato.13

In natura esistono quattro famiglie principali di fitoestrogeni: isoflavoni, lignani, derivati coumarolici e lattoni. (Tab.1)Gli isoflavoni sono contenuti maggiormente nella soia e nei suoi derivati non fermentati (e.g. tofu); i semi di lino, semi di sesamo e le brassicacee contengono, invece, abbon-danti quantità di lignani; il coumestans è contenuto nei piselli e nei fagioli borlotti; infine, l’acido resorcilico lattato, è una micotossina prodotta da diversi funghi con un’intesa attività estrogenica.14

Fitoestrogeni (duplice azione agonista /antagonista) - lignani matairesinolo secoisolariciresinolo - cumestani cumestrolo - isoflavoni genisteina biocanina A daidzenina formononetina gliciteina - lattoni dell’acido resorcilico - altri flavonoidi flavoni luteolina, apigenina flavonoli quercetina, rutina, robinina flavanoni naringenina calconi floretina

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Il metabolismo di questi composti è complesso e variabile. Gli isoflavoni sono la maggior fonte di fitoestrogeni nella nostra alimentazione, in quanto presenti abbondantemente nella soia e nei suoi derivati. Essi sono una sottoclasse di composti fenolici di origine vegetale appartenenti alla classe piu’ ampia dei flavonoidi. La struttura chimica e’ basata su uno scheletro di 15 atomi di carbonio composto da 2 anelli aromatici ed uno eterociclico; differiscono quindi dagli estrogeni endogeni per la presenza di un gruppo fenolico. Nonostante ci sia una grande variabilità di isoflavoni, la maggior fonte alimentare di questi preziosi composti e’ costituita da un mix di 3 derivati aglicolici che portano il nome di ginistein, diadzin, glycetin.15 (Fig. 3)

Fig. 3

La loro sintesi è dovuta alla lavorazione industriale e casalinga dei fagioli di soia: l’idrolisi degli isoflavoni glucosidi li trasforma appunto in composti aglucosidi.In uno studio dell’Università di Washington, è stato stimato che la popolazione asiatica introduce circa 80 mg/die di isoflavoni, mentre la popolazione USA non vegetariana ne introduce mediamente 5 mg/die.12 L’interesse verso questi alimenti e’ nato dall’osserva-zione e dalla conferma scientifica che le donne delle popolazioni asiatiche soffrono in misura minore di disturbi del climaterio, hanno un minore rischio cardiovascolare in età post-menopausale ed una ridotta progressione dell’osteoporosi, con minori complicanze ad essa correlate. Più recentemente ne è stata esaltata l’azione di chemio-prevenzione nei confronti di tumori ormono-sensibili, come mammella e prostata, e nel carcinoma del colon.16

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METABOLISMO DEGLI ISOFLAVONI

L’attività biologica degli isoflavoni dipende dalla loro forma chimica: una volta ingeriti subiscono la rimozione di un gruppo glucidico da parte delle b-galattosidasi dei batteri intestinali, diventando agliconi e quindi idrosolubili. Una volta processati vengono meta-bolizzati e formano un metabolita estrogenico ed uno non-estrogenico.12(Fig. 4)

Fig. 4

L’equolo è il metabolita della daidezeina maggiormente prodotto e la sua formazione sembra essere strettamente correlata alle caratteristiche microbiche della flora batterica intestinale.15 Dopo l’assorbimento nell’enterocita, raggiungono il circolo epatico dove subiscono la glucuronazione e/o la solforizzazione ed entrano quindi nel circolo entero-epatico dove possono svolgere la loro azione metabolica o essere parzialmente riassor-biti a livello intestinale: da qui poi verranno eliminati attraverso l’emuntorio renale.15 Gli isoflavoni non riassorbiti vengono eliminati nella forma non coniugata attraverso le feci. E’ stato ipotizzato che la stessa varietà di flora batterica intestinale sia la responsabile della differente percentuale di assorbimento individuale.Va, inoltre, chiarito che le preziose proprietà legate a questi alimenti dipendono spesso dai processi di produzione a monte del loro consumo: in altre parole, la fermentazione naturale ed antica praticata nei paesi asiatici arricchirebbe ulteriormente questi alimenti ed esalterebbe l’azione biologica, grazie ad una maggiore percentuale di forme biochi-micamente attive.La forma glucoronidata, che rappresenta il 90% circa degli isoflavoni assorbiti, è quella biochimicamente inattiva, mentre le forme solfate o libere, sono quelle attive.15

ATTIVITA’ BIOCHIMICA DEGLI ISOFLAVONI

Gli isoflavoni possono legarsi ai recettori estrogenici ed indurre effetti simil-estrogenici sia in vivo che in vitro. La loro attività estrogenica può essere debole se confrontata a quella degli estrogeni animali ma, ciononostante, l’esposizione ad abbondanti quantità

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di fitoestrogeni può indurre risposte biologiche nelle specie animali.17

Gli effetti degli isoflavoni a livello cellulare non sono solo “effetti ormonali” mediati dal recettore per gli estrogeni. Gli isoflavoni, infatti, sono in grado di interagire direttamen-te con altre componenti cellulari con attività enzimatiche (adenosina trifosfatasi, DNA topoisomerasi), oppure possono esercitare effetti diretti antiossidanti sui lipidi, sulle li-poproteine e sul DNA. Inoltre, possono influenzare il trasporto del glucosio e di diversi sistemi di trasporto degli ioni e, infine, avere specifici effetti sulla sintesi delle proteine, sulla proliferazione cellulare, sull’angiogenesi, sui fattori di crescita, sulle fibrocellule muscolari lisce dei vasi, sulla differenziazione cellulare.18

ESTROGENI E COLON

Come già ampliamente discusso precedentemente, l’effetto protettivo degli estrogeni a livello colico, si esplica mediante l’interazione con i recettori ERb che rappresentano lisoforma prevalente nel colon-retto.19 Esperimenti eseguiti su topi bERKO (recettore b knock out), rivelano l’importanza di tali recettori nel mantenere la struttura architettonica delle cripte e dei villi delle cellule coliche. Inoltre, l’iper-espressione dei ERb nelle cel-lule tumorali coliche HCT8, inibisce la proliferazione cellulare ed incrementa ladesione cellulare in una proporzione ligando-dipendente. La somministrazione in vitro su cellule tumorali coliche MC38 di un agonista sintetico degli estrogeni come la diarylpropionitrile (DPN) induce un’inibizione della crescita cellulare del 50-94% rispetto al gruppo con-trollo, indicando una possibile via per il trattamento di farmaci estrogeno-agonisti per il trattamento del CRC. 20

Questi risultati suggeriscono che gli ERb-agonisti possono divenire un target prometten-te nel trattamento delle malattie infiammatorie croniche e del CRC. Tra i ligandi specifici per i ERb vi sono appunto i fitoestrogeni.

FITOESTROGENI E CARCINOMA COLON-RETTALE

In uno studio pubblicato su Carcinogenesis nel 2011 sono stati somministrati diversi agonisti specifici dei ER in topi femmine Wistar ovariectomizzate (OVX). Il primo gruppo e’ stato trattato con 17-b estradiolo (4 mg/kg peso/die) (E2), il secondo gruppo con un agonista ERa specifico (ALPHA) (10 mg/kg peso/die), il terzo gruppo con un agonista specifico ERb (BETA) (100 mg/kg peso/die) o genisteina (GEN) (10mg/kg peso/die) per 3 settimane. Gli animali trattati con GEN e BETA hanno evidenziato una diminuzione della proliferazione delle cellule epiteliali ileali e coliche, sia rispetto a E2 ed ALPHA, che rispetto al gruppo controllo trattato con BETA, associato ad una molecola anti-estroge-nica (Fulvestrant). Il tasso di apoptosi è risultato elevato in GEN e BETA ma non in E2: la PCR ha evidenziato infatti un aumento dell’attività della caspasi-3 a livello ileale ed un aumento dell’attività della citocheratina-18 a livello colico (entrambi conferma biomo-lecolare dell’avvenuta attivazione della via apoptotica). Analizzando i geni relazionati all’attivita’pro-apoptitica, si è visto che l’oncogene p63 era fortemente soppresso.21

In base a quanto evidenziato da questo studio, si può dunque asserire che, sia agonisti

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Lo screening e il trattamento del carcinoma del colon-retto a Ferrara - differenze di genere

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selettivi di ERb, sia i fitoestrogeni intervengono nella regolazione dell’omeostasi delle cellule epiteliali coliche, controllandone la differenziazione ed, eventualmente, inducen-done l’attività apoptotica chemio-preventiva.21

Recentemente, uno studio simile, pubblicato su International Journal of Oncology, ha valutato l’effetto inibitorio in vitro sulla crescita cellulare conferito da genisteina, daidzei-na e biocianina A di cellule di CRC, questa volta umane, HCT-116 e SW 480. L’effetto dei fitoestrogeni conferma ancora una volta la promozione dell’apoptosi. La genisteina ha dimostrato un’efficacia superiore agli altri due composti con un’azione tempo e dose dipendente. Essa determina l’arresto della cellula in fase G2/M accompa-gnato dall’attivazione della rete ATM p53-p21 inducendo, quindi, l’apoptosi.22

Ancora poco è stato scritto in letteratura sulla differenza di genere nell’utilizzo dei fitoe-strogeni come chemio-prevenzione, ma un recente studio apparso sul British Journal of Nutrition, promette importanti risultati.Il fine dello studio era quello di esplorare il ruolo degli isoflavoni, in particolare della genisteina, nella prevenzione delle lesioni coliche pre-cancerose. Topi maschi Sprague-Dawley sono stati suddivisi in 3 gruppi alimentari differenti a partire dalla gestazione fino a 13 settimane di vita: il primo gruppo e’ stato nutrito con proteine isolate di soia (SPI), il secondo gruppo con genisteina (GEN) ed il terzo gruppo con un’alimentazione controllo (CTL). A partire dalla 7° settimana a tutti gli animali e’ stato iniettato l’azoxyme-tano (AOM), un agente inducente neoplasie coliche. Dopo 6° settimane dall’iniezione di AOM gli animali sono stati sacrificati ed il colon e’ stato analizzato valutando il numero di foci aberranti nelle cripte (ACF), l’espressione genica e l’accumulo di proteine nucleari. L’iniezione AOM aveva indotto un accumulo di b-catenina nucleare nel gruppo CTL ,ma non in SPI e GEN. I gruppi SPI e GEN avevano un numero inferiore di ACF e tale nume-ro era direttamente correlato alla diminuzione del segnale WNT-b-catenina che risulta coinvolto nei processi di cancerogenesi inibendo lapoptosi. Testandolo come possibile biomarker della neoplasia colica, è stato dimostrato che il GEN sopprime il segnale carcinoma inducente WNT-b-catenina, prevenendo lo sviluppo precoce delle neoplasie coliche.23

Oltre a evidenziare i meccanismi biochimici sottostanti, lo studio rivela l’importanza e l’effetto di questo tipo di alimentazione anche sul genere maschile.Molto c’e’ ancora da indagare e da scrivere sulle differenze di genere e sullo sviluppo della chemio-prevenzione basata sulla somministrazione di fitoestrogeni ma questi com-posti naturali, utilizzando la via biochimica estrogeno-agonista, avranno ancora molto da rivelarci.

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CONCLUSIONI

(a cura della Commissione Donne Medico) La trattazione delle differenze di sesso-genere nel carcinoma colon-rettale non deve soddisfare semplicemente curiosità intellettuali o necessità di aggiornamento scientifico. Riconoscere le diversità biologiche e di genere nella malattia può contribuire ad una migliore definizione delle strategie preventive, diagnostiche e terapeutiche, per rispondere efficacemente alla domanda di appropriatezza ed equità delle cure da parte dei pazienti affetti. Il lavoro inter-settoriale svolto ha stimolato ipotesi, suggerito considerazioni ed aperto quesiti che necessitano di ulteriori studi e verifiche epidemiologiche.

Chemioprevenzione

→ Nella donna, l’effetto protettivo mediato dal segnale ERb nellenterocita sano sug-gerisce la potenziale utilità di agonisti selettivi dei recettori B2 in chemioprevenzione.

AGONISTI SELETTIVI DEI RECETTORI BETA-ESTROGENICI

1) Estrogeni steroidei (naturali, di sintesi, associazioni estroprogestiniche) 2) Estrogeno-mimetici - Tibolone - SERMs I generazione : tamoxifene, clomifene, clorotrianisede II generazione : raloxifene, levomeloxifene, droloxifen

3)Fitoestrogeni - lignani - cumestani - isoflavoni ed altri flavonoidi minori - lattoni dell’acido resorcilico C.Tarabbia

- Il ruolo dei contraccettivi e della terapia ormonale sostitutiva non è univoco, ma andreb-be rivisto alla luce del profilo metabolico e recettoriale dell’enterocita, che si modifica con l’età e con le fasi ormonali della vita (timing-hypothesis).

- Non ci sono sufficienti studi sull’impiego del tibolone.

- I SERM si legano ad entrambe le isoforme dei recettori per gli estrogeni , ma la loro azione differisce tra i composti di I o II generazione. Mentre il tamoxifene (I gen) agisce preferenzialmente sui geni la cui regolazione è ERα-mediata, il raloxifene regola i geni

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soprattutto attraverso il complesso con i recettori b e la sua azione può essere agonista o antagonista a seconda del profilo recettoriale del tessuto interessato.

Studi recenti in vitro hanno dimostrato che il trattamento di linee cellulari di CRC con complessi Adenovirus-ERb-raloxifene sortisca un effetto antitumorale per inibizione del-la proliferazione cellulare ed attivazione della via apoptotica.

- L’utilizzo dei fitoestrogeni deve tenere presente che le risposte biologiche ottenute pos-sono cambiare sia in relazione alla differente attività estrogenica ed antiossidante tra le diverse varie categorie dei composti, sia a seconda del metabolismo e dell’attivazione del tipo di microflora intestinale presente nel paziente. Inoltre, i fitoestrogeni competono per i recettori ERβ con pari affinità degli estrogeni endogeni, ma con capacità di attivazione 1000 volte inferiore: pertanto si comportano da agonisti o antagonisti a seconda del genere, dello stato ormonale e della rappresen-tazione recettoriale. Nella donna in fase fertile, i fitoestrogeni somministrati competono con gli estrogeni endogeni nel legame ad ERβ: l’effetto è antagonista, con riduzione della protezione. In transizione menopausale, invece, compensano la carenza estro-genica e, se pure con attivazione più blanda rispetto agli estrogeni endogeni, stimolano i recettori ERβ con effetto protettivo: l’effetto agonista può realizzarsi fintanto che i recet-tori beta sono espressi. Il dosaggio suggerito è di 60 mg/die

Chemioterapia

Il trattamento chirurgico rimane il gold-standard per il trattamento del CRC.Ciononostante, alla luce di quanto detto nei paragrafi precedenti, si sta pensando ad una modulazione del metabolismo steroideo e delle azioni recettore-mediate nella terapia citostatica post-operatoria, per decelerare la crescita tumorale.

→ la terapia ormonale sostitutiva in fase di malattia conclamata potrebbe risultare con-troindicata, per il fenotipo recettoriale ERα dominante della cellula neoplastica, che trasduce un segnale mitogenico.

→ I fitoestrogeni hanno un possibile ruolo di decelerare la crescita tumorale solamente nei casi a basso grading e staging, quando ancora è espressa una quota di recettori ERβ. Nelle forme più avanzate, l’esiguità dei recettori ne limita l’efficacia dell’impie-go.

→ l’utilizzo di antagonisti ERalfa, di inibitori della STS, di inibitori 17B-HSD-1 o di attivatori 17B-HSD-2 potrebbe trovare invece riscontro positivo nella decelerazione della crescita tumorale.

→ gli agonisti selettivi di ERb inducono inibizione della crescita neoplastica, ma la scar-sa rappresentazione di tali recettori in vivo potrebbe ridurne limpiego.

→ le terapie ormonali anti-estrogeniche che interferiscono coi meccanismi genomici

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degli ERb sui geni bersaglio (es: tamoxifene) sono ininfluenti sulla cellula neoplasti-ca, che ne è resistente.

→ Per quanto riguarda altri chemioterapici che non seguono la via recettoriale steroi-dea per la propria azione citostatica, possono essere fatte ugualmente alcune con-siderazioni di genere

Il 5-fluoro-uracile, in associazione con acido folinico ed oxaliplatino (FOLFOX), rappre-senta il trattamento chemioterapico adiuvante di elezione per ridurre il rischio di recidiva ed aumentare la sopravvivenza post-resezione nelle forme neoplastiche avanzate (sta-dio III) specie in quelle che riconoscono nella via dell’instabilità microsatellitare la pro-pria sequenza carcinogenica (adenocarcinoma mucinoso sporadico e la rara sindrome eredo-familiare di Linch). Poiché tale istotipo neoplastico si presenta più frequentemente nelle anse coliche di destra e nelle donne, occorre ridurre il dosaggio di 5-FU nelle pazienti, in quanto nella donna l’attività della diidropirimidina deidrogenasi è inferiore rispetto all’uomo, con con-seguente rallentamento della clearance del farmaco e maggiore comparsa di sintomi avversi, specie ematologici .

→ L’identificazione di fattori prognostici molecolari nei due generi è importante per permettere la corretta selezione dei soggetti che possano avvantaggiarsi di chemio-terapici adiuvanti.

La fenotipizzazione MSI (livello di instabilità dei microsatelliti) e l’espressione della ti-midilato-sintetasi (TS) risultano utili per valutare la responsività alla chemioterapia con 5-FU soprattutto nelle donne: pare che in presenza di un’alta frequenza di MSI associa-ta a sovra-espressione della TS il trattamento chemioterapico non apporti un vantaggio alla sopravvivenza.

Programmi di prevenzione

→ Screening di primo livelloL’insorgenza più tardiva del carcinoma colon-rettale nella donna osservato in molti studi epidemiologici potrebbe suggerire l’opportunità di “diversificare per genere” l’età di ini-zio dello screening, differendolo nella popolazione femminile, con risparmio della spesa sanitaria. Ulteriori studi sono necessari per la conferma di tale dato nella nostra Provin-cia e per la corretta valutazione del reale rischio costo/beneficio.

→ Stratificazione dei fattori di rischioLe differenze epidemiologiche di genere suggeriscono la.necessità di stratificare meglio i FR di carcinoma colon-rettale per l’uomo e per la donna. Il sesso maschile e l’abitudine tabagica hanno un maggior peso nello sviluppo della ma-lattia neoplastica rispetto ai fattori genetici.Inoltre, l’obesità rappresenta un fattore di rischio preponderante nell’uomo, rispetto alla donna, a parità di BMI. Se però si misura il giro-vita, espressione del grasso viscera-

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le, il rischio oncogenetico è uguale nei due sessi: nei soggetti obesi, dunque, occorre sempre specificare i parametri antropometrici utilizzati nella stadiazione dell’obesità, per stratificare correttamente il rischio.

→ Screening di secondo livello.Nelle donne, la prevalente localizzazione nelle anse prossimali di carcinoma colon-ret-tale, specie delle forme mucinose da instabilità dei microsatelliti, è preferibile effettuare lo screening di secondo livello mediante pancolonscopia e non con rettosigmoidoscopia, che esclude la corretta visualizzazione delle anse di destra. Nella provincia di Ferrara, tale esame è già standardizzato.In conclusione, riteniamo importante il futuro impegno dei Gruppi di studio, delle Società scientifiche e delle Istituzioni per incoraggiare, sostenere ed integrare il riconoscimento e la valorizzazione delle differenze, al fine di garantire a tutta la popolazione l’uguaglian-za del diritto alla salute

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Ringraziamenti

Ringrazio sentitamente le colleghe e amiche della Commissione Donne Medico, Isabel Carbonell Luna, Maria Gabriella Piccinini, Viola Zulian e, in particolare, Cristina Tarab-bia, per la collaborazione, il grande lavoro svolto e il notevole impegno profuso per la realizzazione di questo Bollettino Speciale

Il Presidente, Il caporedattore dott Massimo Masotti e il Consiglio dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri di Ferrara per il costante appoggio

Il personale della segreteria dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri di Ferrara (Barbara Busoli, Mery Altavilla, Irene Trombini, Andrea Cavicchi) per il supporto tecnico e morale.

Dott.ssa Debora Romano

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Piazza Sacrati, 11 - 44121 FerraraTel. 0532/202247 - Fax 0532/247134

e-mail: [email protected] www.ordinemedicife.it Luglio 2014 - Anno XXXI

Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, CN Ferrara