LO SCAVO ARCHEOLOGICO archeologico2.pdf · decidere se tenere tutti i reperti che si trovano in uno...
-
Upload
nguyenliem -
Category
Documents
-
view
215 -
download
0
Transcript of LO SCAVO ARCHEOLOGICO archeologico2.pdf · decidere se tenere tutti i reperti che si trovano in uno...
1
LO SCAVO ARCHEOLOGICO
A. Caravale ([email protected])
Disegni di Valentina Ferrari
1. Gli operai nello scavo archeologico pag. 2
2. Chi lavora in un cantiere archeologico pag. 3
3. L’area di scavo pag. 5
4. Come si scava pag. 6
5. Cosa si trova negli scavi: i reperti antichi pag. 9
6. I vari tipi di reperti pag. 10
2
1. Gli operai nello scavo archeologico
Negli scavi archeologici lavorano generalmente ditte di operai. Il loro compito
è quello di svolgere attività di supporto agli archeologi impegnati nell’indagine.
Particolarmente importante è la loro presenza nelle grandi aree di scavo,
soprattutto quelle aperte in città, dove un numero considerevole di scavatori,
di varie estrazioni ed esperienze, è impegnato su una estesa superficie, che
può presentare situazioni di diversa complessità.
In questi grossi cantieri i compiti degli operai sono numerosi e impegnativi:
dall’allestimento dei ponteggi per permettere il passaggio degli archeologi e
della terra rimossa, al montaggio dei sostegni per sostenere strutture non
sicure, dal trasporto della terra allo scavo vero e proprio con i vari mezzi a
disposizione. Generalmente si prevede una proporzione di tre o quattro
archeologi a un operaio. Dato il lavoro che si svolge, tutti gli scavatori
dovrebbero essere vaccinati contro il tetano.
Negli scavi più piccoli l’operaio affronta invece situazioni più semplici, ma di
pari responsabilità.
In entrambi i casi è importante dunque che l’operaio conosca cosa sta
scavando e perché. Deve essere informato sull’organizzazione del cantiere
archeologico, sugli strumenti che si usano nell’indagine del terreno, sui reperti
che si trovano.
Di seguito si danno alcune informazioni di base su questi aspetti, che
possono costituire una primo aiuto a chi si trova ad affrontare un lavoro
all’interno di un cantiere archeologico.
3
2. Chi lavora in un cantiere archeologico
Lo scavo archeologico è condotto da figure con competenze e ruoli diversi.
Vi è innanzitutto il direttore dello scavo, responsabile dell’impostazione
generale della ricerca, della gestione economica, dei rapporti con le istituzioni,
con il pubblico, con i mass-media. A lui spetta naturalmente la supervisione di
tutte le fasi di lavoro (naturalmente anche il rispetto delle norme di sicurezza).
Nello svolgimento di queste mansioni, il direttore si fa affiancare da un gruppo
di ricerca che collabora con lui direttamente sul cantiere.
Chi scava è generalmente un archeologo con esperienza o uno studente
universitario che sta formando le proprie conoscenze.
Agli archeologi più esperti sono affidati compiti di maggiore responsabilità. Ci
sono i responsabili delle varie aree dello scavo, esperti dello scavo
stratigrafico (di cui si dirà più avanti), che coordinano le operazioni di scavo e
la documentazione.
Vi è solitamente poi un responsabile dei reperti rinvenuti scavando o
setacciando il terreno. Si tratta di una persona che conosce bene i materiali di
scavo, capace di organizzare i turni di lavaggio e siglatura dei reperti e di
sistemare in modo razionale le cassette che li contengono. Questa figura non
partecipa alle operazioni di scavo, ma è tenuta naturalmente a conoscere tutti
i suoi sviluppi.
Ci sono poi i responsabili dei sistemi di documentazione grafica (piante,
sezioni) e fotografica. E i responsabili del trattamento informatico dei dati
di scavo.
Il lavoro degli archeologi può essere affiancato da quello di altre figure di
specialisti. Come gli esperti di restauro, che possono svolgere un primo
intervento conservativo dei reperti. Gli specialisti in scienze della terra
(geologia, geomorfologia, sedimentologia, pedologia) che studiano la natura
del terreno che si sta scavando. Gli specialisti in scienze dell’ambiente
4
(paleoecologia, paleobotanica, paleozologia) che analizzano i resti vegetali e
animali trovati. Gli specialisti in scienze dell’uomo (antropologia,
paleopatologia) che studiano i resti umani rinvenuti, cercando di risalire
all’aspetto e alle abitudini degli uomini del passato.
I mesi in cui generalmente si scava sono quelli primaverili, estivi e del primo
autunno. L’orario di lavoro è generalmente 7.30-12; 13-16.
5
3. L’area di scavo
Negli scavi in città si usa generalmente una “strategia” di scavo detta “per
grandi aree”. Essa consiste nell’esporre per intero la zona oggetto di scavo,
con l’obiettivo di capire e documentare tutti gli strati e le strutture in vita nello
stesso momento. L’area viene generalmente divisa in settori, ognuno
individuato con lettere o numeri di riferimento. Ogni settore è affidato ad un
gruppo di archeologi, responsabile di tutte le fasi della ricerca.
Prima di iniziare le operazioni di scavo viene eseguita una pianta generale
dell’area; un pianta finale verrà eseguita al termine della campagna di ricerca.
Lo scavo vero e proprio può essere preceduto anche da uno studio
preliminare, condotto tramite trincee più o meno ampie o sondaggi, che
permettono una prima valutazione degli strati di terreno da indagare.
Esistono anche gli scavi preventivi, condotti ad esempio nei casi di grossi
interventi edilizi. In questo caso la forma dell’area di scavo è dettata da quella
della struttura edilizia da costruire e anche i tempi di intervento sono
condizionati da quelli del cantiere edile.
Ci sono poi gli scavi di emergenza, che avvengono quando si scoprono resti
archeologici, generalmente già intaccati da interventi edilizi condotti senza
analisi archeologiche preventive.
L’area di scavo viene generalmente recintata. Al suo interno sono presenti
prefabbricati per i servizi sanitari e per il magazzino per la conservazione
degli strumenti che si usano sullo scavo e dei reperti rinvenuti.
6
4. Come si scava
In passato lo scavo era considerato come uno sterro mirato a mettere
rapidamente in luce le strutture nascoste dalla terra che nel tempo le aveva
sepolte o ad individuare reperti preziosi.
Ora lo scavo è inteso diversamente. Esso è visto come un’operazione
scientifica delicata, che ha l’obiettivo di ricostruire tutte le attività che si sono
svolte nell’area che viene indagata. La terra non è più considerata come
l’elemento che copre tesori nascosti, ma come qualcosa che, insieme agli
oggetti che contiene, può risolvere molte delle domande che l’archeologo si
pone.
Il metodo che si usa nel rimuovere il terreno è quello detto stratigrafico. Esso
consiste nello smontare ordinatamente la terra strato per strato, secondo
l’ordine opposto a quello della loro deposizione originaria. Si smontano cioè
prima gli strati più recenti, che sono quelli più alti e che quindi si incontrano
prima, e poi via via scendendo quelli successivi e quindi più antichi nel tempo.
Nello scavo l’archeologo compie generalmente una serie di operazioni che
possono essere sintetizzate come segue:
1) L’archeologo individua lo strato, o unità stratigrafica, da scavare
come quello più recente. Lo strato di terreno oggetto di scavo deve cioè
coprire altri strati e non essere coperto da niente.
Per individuare lo strato da scavare occorre che l’area di scavo sia pulita. La
pulizia va eseguita con la trowel, una cazzuola di acciaio appuntita, con
spazzole, palette e anche, se necessario, con l’aiuto di un aspiratore.
2) L’archeologo definisce l’estensione dello strato da scavare e i suoi
rapporti con gli strati vicini.
3) L’archeologo documenta lo strato da scavare tramite una pianta e
una fotografia (a colori o in bianco e nero) e assegna allo strato un
numero di riferimento.
La pianta viene generalmente eseguita in scala 1:20.
7
La fotografia riporta sempre alcuni strumenti di riferimento: un metro, una
freccia che indica il Nord geografico, una piccola lavagna in cui sono scritti
l’anno dello scavo, il nome del settore in cui ci si trova e quello dell’unità
stratigrafica che si sta fotografando.
Sia le piante sia le fotografie vengono registrate in appositi registri presenti
sullo scavo.
4) L’archeologo procede nello scavo. In questa operazione può essere
aiutato dagli operai che lavorano sul cantiere. Scavando in profondità è
necessario proteggersi la testa con un casco.
Gli strumenti che l’archeologo impiega per rimuovere il terreno cambiano a
seconda delle caratteristiche della unità stratigrafica da asportare.
- La cazzuola inglese o trowel si usa per strati di terreno sottili e incoerenti: lo
strumento permette infatti di agire con precisione. In questo caso l’archeologo
lavora in ginocchio. Esistono trowel di varie misure, ma quella maggiormente
usata è quella lunga cm 10. La trowel si usa anche per pulire i muri.
- Il piccone e la pala servono per rimuovere strati di terreno di spessore
maggiore. Il piccone può essere usato anche per spiombare sezioni e per
rompere muri.
- Macchine più grosse come scavatrici meccaniche, pale meccaniche o il
martello pneumatico servono per rimuovere strati di terreno molto voluminosi
e di composizione omogenea.
La terra rimossa, da cui sono stati eliminati i reperti che l’archeologo ha
ritenuto opportuno conservare, viene messa in secchie o direttamente nelle
carriole. Viene quindi gettata in un mucchio, che alla fine della giornata di
lavoro verrà portato via, generalmente a cura della ditta di operai che lavora
sul cantiere.
Quando le pareti dello scavo raggiungono i 2 metri di altezza occorre
sbatacchiarle. Quando le strutture antiche che si mettono in luce sono
pericolanti è necessario puntellarle.
5) L’archeologo completa la documentazione, tenendo presente che lo
strato di terreno rimosso non lascia segni evidenti sul terreno e che
quindi la sua memoria resterà solo sulla base di ciò che è stato
documentato nel momento della sua asportazione.
8
Ogni unità stratigrafica viene descritta in una scheda cartacea, il cui tracciato
è stato elaborato alcuni anni fa dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la
Documentazione (ICCD). Nella scheda si raccolgono dati che descrivono lo
strato: le sue caratteristiche (colore della terra, materiali che lo compongono),
i rapporti con le unità stratigrafiche vicine, la sua interpretazione, la sua
datazione.
Ogni strato viene documentato anche tramite una pianta (di cui si è detto),
che ne restituisce l’aspetto in orizzontale, e tramite sezioni e prospetti, che ne
riportano l’aspetto in verticale.
Alla fine di tutte queste operazioni, viene effettuata una nuova pulizia dell’area
di scavo, in modo che sia possibile individuare la successiva unità
stratigrafica da rimuovere.
Quando si conclude una campagna di scavo occorre compiere alcune
operazioni, che consentono di trovare l’area “pronta” alla successiva
campagna di ricerca.
Le pareti dello scavo andrebbero protette; le creste dei muri e le strutture
pericolanti andrebbero consolidate; i pavimenti in mosaico, gli intonaci, gli
stucchi coperti e protetti.
9
5. Cosa si trova negli scavi: i reperti antichi
I reperti vengono raccolti in modo sistematico. E’ compito dell’archeologo
decidere se tenere tutti i reperti che si trovano in uno strato oppure se è
necessario operare una selezione, conservando solo quelli più significativi.
Se si scava usando la trowel sarà più facile assicurarsi una raccolta completa
dei reperti di dimensioni maggiori, mentre usando la pala e il piccone è più
facile perdere materiali.
Per ottenere la raccolta di reperti di dimensioni minute occorre setacciare la
terra ad acqua o a secco. Si usano setacci a mano o setacci sospesi.
Per individuare i resti di reperti animali o vegetali (ossa, spine di pesce, semi,
frutti, ecc.) si fa ricorso alla flottazione, una setacciatura in acqua, che si
esegue in un apposito bidone.
I materiali raccolti sono messi in una cassetta con un cartellino dove è
indicato il numero della unità stratigrafica di provenienza.
I materiali vengono poi lavati o puliti.
Si lavano in acqua senza acidi i materiali ceramici, i laterizi, le terrecotte
architettoniche, se non presentano tracce di pittura antica. I bronzi dovrebbero
essere sottoposti ad una prima pulizia e ad un primo trattamento che ne
garantisca la conservazione. Non si lavano le ossa e gli intonaci, che vanno
posti in cassette a parte.
Dopo la pulizia, i reperti vanno divisi per tipi e siglati con inchiostro. Nella sigla
si possono trovare indicati: il nome dell’area di scavo, l’anno, il settore, e
l’unità stratigrafica di rinvenimento.
Ad esempio, sui materiali trovati nell’area della Meta Sudans, nella piazza del
Colosseo a Roma, nello strato 2013, veniva posta la seguente dicitura: MS
(che sta per Meta Sudans) 86 (che indica il 1986, anno di scavo) II (che indica
una delle aree in cui era diviso lo scavo) 2013 (che indica il numero dello
strato).
10
6. I vari tipi di reperti
Il tipo di reperti che si trova negli scavi è naturalmente vario e dipende dal
contesto che si sta indagando.
I vasi di argilla sono i reperti più comuni. Si trovano generalmente in
frammenti, di varia forma e varia dimensione. I vasi avevano impieghi
molteplici nel mondo antico e la loro forma dipendeva dall’uso che se ne
faceva: vasi per contenere, per trasportare, per bere, per mangiare, per
cucinare, per illuminare. Il tipo di argilla che compone l’impasto cambia
naturalmente nel tempo e dipende dall’area di fabbricazione del vaso e dal
tipo di uso che del vaso doveva essere fatto.
Usati erano anche gli oggetti in metallo e in vetro (questo soprattutto presso i
ceti più elevati), che comunque erano meno diffusi della ceramica perché più
costosi. Inoltre erano utilizzati più a lungo, in quanto si prestavano molto bene
ad essere reimpiegati attraverso la rifusione.
Non è raro trovare monete o reperti che appartenevano al rivestimento
architettonico di un edificio: tegole, coppi, grondaie, lastre di rivestimento,
antefisse, ecc. che erano realizzate in argilla cotta, per lo più dipinta a colori
vivaci; intonaci dipinti che rivestivano le pareti; cornici di stucco che
chiudevano le decorazioni; mosaici in tessere che ornavano i pavimenti.
Oggetti in legno, in cuoio e in tessuto lasciano invece tracce limitate e
difficilmente riconoscibili. Tracce limitate lasciano anche gli oggetti di osso,
corno e avorio, il cui uso era riservato a manici, strumenti completi, armi e
ornamenti.
Questi reperti ci danno la possibilità di ricostruire alcuni aspetti della storia,
della cultura degli uomini che li hanno prodotti.
I resti animali e vegetali consentono invece di ricostruire le caratteristiche
principali dell’ambiente naturale che c’era nel momento della loro esistenza.
In particolare, i resti di ossa, denti, zoccoli, corna di animali ci fanno
conoscere la fauna che popolava l’ambiente in cui si trova lo scavo, quali
11
cambiamenti essa ha subito, quale uso facevano gli uomini degli animali, ecc.
I resti umani invece offrono informazioni importantissime sull’aspetto degli
uomini dell’antichità, ma anche sulle loro malattie, sulle loro abitudini
alimentari, ecc.
12
La pala inglese
Uso della pala inglese in tre movimenti
Uso della pala inglese per radunare la terra