L'Italia della Uno Bianca

24
UNO BIANCA L’ITALIADELLA UNA STORIA POLITICA E DI MAFIA ANCORA TUTTA DA RACCONTARE Giovanni Spinosa PREFAZIONE DI Marco Travaglio

description

Una storia politica e di mafia ancora tutta da raccontare

Transcript of L'Italia della Uno Bianca

Page 1: L'Italia della Uno Bianca

Una storia criminale. No. Politica. Che vale la pena diricostruire per capire cosa è successo nell’Italia della finedella Prima repubblica. Forse molti ricordano gli eccidi perpetrati dai criminaliin divisa della UNO BIANCA, i fratelli Savi, che si susse-guirono tra il 1987 e il 1994. Una lunga scia di sangue(82 delitti, 23 morti, centinaia di feriti) e un bottino diquasi due miliardi di lire, una tragedia che sembravadovesse rimanere avvolta nel mistero. Con questo libro,adesso, possiamo capirne le ragioni. A parlare e ricomporre tutta la vicenda, degna di un filmtrash (ma il dolore delle famiglie delle vittime è benreale), è il pm che ha iniziato le indagini sfociate neiprocessi che hanno visto condannare i colpevoli rinun-ciando però a chiarire i moventi dei fatti. Concatenatil’uno all’altro, essi portano a una sola verità: l’azionecriminale dei FRATELLI SAVI è stata eterodiretta, troppearmi, troppe munizioni, troppo sangue. A volte per unbottino di poche lire. Allora chi li proteggeva e perché?Spinosa documenta le voragini investigative, le bugie, idepistaggi operati dai Savi soprattutto in relazione airapporti che essi ebbero con la criminalità organizzata,cioè con la MAFIA catanese, con la CAMORRA cutoliana(che trattò con lo Stato per la liberazione di Ciro Cirillo)e casalese. E ricostruisce i numerosissimi interventi dellaFALANGE ARMATA, la misteriosa sigla che dal 1990 al1995 segna ogni strage mafiosa e molti episodi misteriosidi quegli anni. Alla fine i nodi -- che i processi non hannovoluto chiarire -- vengono al pettine: l’arresto dei Savi èl’atto conclusivo di una STRATEGIA STRAGISTA di desta-bilizzazione di Cosa nostra e dei suoi referenti che finoranessuno aveva fatto emergere. Ce n’è abbastanza perriaprire un caso chiuso troppo in fretta.

Giovanni Spinosa è presidente del Tribunale di Teramo. Inmagistratura dall’81, ha diretto le indagini sui sequestridi persona a opera dell’Anonima sarda avvenuti in Emilia-Romagna nella seconda metà degli anni Ottanta. Incollaborazione con il Tribunale di Palermo, ha svoltole prime indagini sulle associazioni mafiose legate aicorleonesi insediatesi a Bologna e in Romagna a partiredal 1984. Si è inoltre occupato di diverse inchieste sulla’ndrangheta, sulla stidda, sul doping nel ciclismo e sullarevoca della scorta a Marco Biagi. È stato titolaredell’indagine sui crimini della Uno bianca.

I S B N 978-88-6190-259-6

9 7 8 8 8 6 1 9 0 2 5 9 6

www.chiarelettere.it

16,60Progetto grafico: David Pearsonwww.davidpearsondesign.com

UNO BIANCAL’ITALIA DELLA

“I DELITTI DELLA UNO BIANCA SONOUNO DEI PRIMI ATTI DELLA STRATEGIATERRORISTICA E DESTABILIZZANTE CHELA MAFIA SCATENA CONTRO LO STATO... CHI SI INOLTRA NELLA LETTURA DIQUESTO LIBRO DEVE SAPERE CHE NON

RIUSCIRÀ PIÙ A SMETTERE.”

Marco Travaglio

UNA STORIA POLITICAE DI MAFIA ANCORATUTTA DA RACCONTAREGiovanniSpinosa

L’ITALIADELLAUNOBIANCA

Giovanni SpinosaPREFAZIONE DIMarco Travaglio

Page 2: L'Italia della Uno Bianca
Page 3: L'Italia della Uno Bianca

© 2012 Chiarelettere editore srl

principio attivo Inchieste e reportage

Page 4: L'Italia della Uno Bianca

© 2012 Chiarelettere editore srl

Michele Ainis, Tina Anselmi, Claudio Antonelli, Franco Arminio, Avventura Urbana Torino, Andrea Bajani, Bandanas, Gianni Barbacetto, Stefano Bartezzaghi, Oliviero Beha, Marco Belpoliti, Daniele Biacchessi, David Bidussa, Paolo Biondani, Nicola Biondo, Tito Boeri, Caterina Bonvicini, Beatrice Borromeo, Alessandra Bortolami, Giovanna Boursier, Dario Bressanini, Carla Buzza, Andrea Camilleri, Olindo Canali, Davide Carlucci, Luigi Carrozzo, Gianroberto Casaleggio, Andrea Casalegno, Antonio Castaldo, Carla Castellacci, Mario José Cereghino, Massimo Cirri, Marco Cobianchi, Fernando Coratelli, Carlo Cornaglia, Roberto Corradi, Pino Corrias, Andrea Cortellessa, Riccardo Cremona, Gabriele D’Autilia, Vincenzo de Cecco, Luigi de Magistris, Andrea Di Caro, Franz Di Cioccio, Gianni Dragoni, Giovanni Fasanella, Davide Ferrario, Massimo Fini, Fondazione Fabrizio De André, Fondazione Giorgio Gaber, Goffredo Fofi, Giorgio Fornoni, Nadia Francalacci, Massimo Fubini, Milena Gabanelli, Vania Lucia Gaito, Giacomo Galeazzi, don Andrea Gallo, Bruno Gambarotta, Andrea Garibaldi, Pietro Garibaldi, Claudio Gatti, Mario Gerevini, Gianluigi Gherzi, Salvatore Giannella, Francesco Giavazzi, Stefano Giovanardi, Franco Giustolisi, Didi Gnocchi, Peter Gomez, Beppe Grillo, Luigi Grimaldi, Dalbert Hallenstein, Guido Harari, Riccardo Iacona, Ferdinando Imposimato, Karenfilm, Giorgio Lauro, Alessandro Leogrande, Marco Lillo, Felice Lima, Stefania Limiti, Giuseppe Lo Bianco, Saverio Lodato, Carmelo Lopapa, Vittorio Malagutti, Ignazio Marino, Antonella Mascali, Antonio Massari, Giorgio Meletti, Luca Mercalli, Lucia Millazzotto, Davide Milosa, Alain Minc, Angelo Miotto, Letizia Moizzi, Giorgio Morbello, Loretta Napoleoni, Natangelo, Alberto Nerazzini, Gianluigi Nuzzi, Raffaele Oriani, Sandro Orlando, Max Otte, Massimo Ottolenghi, Antonio Padellaro, Pietro Palladino, Gianfranco Pannone, Walter Passerini, David Pearson (graphic design), Maria Perosino, Simone Perotti, Roberto Petrini, Renato Pezzini, Telmo Pievani, Ferruccio Pinotti, Paola Porciello, Mario Portanova, Marco Preve, Rosario Priore, Emanuela Provera, Sandro Provvisionato, Sigfrido Ranucci, Luca Rastello, Marco Revelli, Piero Ricca, Gianluigi Ricuperati, Sandra Rizza, Vasco Rossi, Marco Rovelli, Claudio Sabelli Fioretti, Andrea Salerno, Giuseppe Salvaggiulo, Laura Salvai, Ferruccio Sansa, Evelina Santangelo, Michele Santoro, Roberto Saviano, Luciano Scalettari, Matteo Scanni, Roberto Scarpinato, Gene Sharp, Filippo Solibello, Giovanni Spinosa, Riccardo Staglianò, Franco Stefanoni, Luca Steffenoni, theHand, Bruno Tinti, Gianandrea Tintori, Marco Travaglio, Gianfrancesco Turano, Elena Valdini, Vauro, Concetto Vecchio, Giovanni Viafora, Anna Vinci, Carlo Zanda, Carlotta Zavattiero.

Autori e amici dichiarelettere

Page 5: L'Italia della Uno Bianca

III

“ Chissà che questo libro, oltre a sbugiardare le comode ‘verità’ della Uno bianca, non convinca qualcuno che sa a parlare.” Marco Travaglio.

pretesto 1 f pagina XX

© 2012 Chiarelettere editore srl

Page 6: L'Italia della Uno Bianca

pretesto 2 f pagine 380, 408

“La Uno bianca era un timbro.”

Alberto Savi.

“I dieci anni di ‘furia omicida’ di Cosa nostra (dal Natale 1984 all’aprile del 1994) si sovrappongono quasi integralmente ai sette anni di furore omicida della Uno bianca.”

© 2012 Chiarelettere editore srl

Page 7: L'Italia della Uno Bianca

pretesto 3 f pagine 115, 303-304

“Sa fet, delinquent!(Cosa fate, delinquenti!).”Le ultime parole di Adolfino Alessandri, colpito a morte senza un perché.

“– Fai quello che devi fare.– Ti devo sparare.”Roberto e Fabio Savi.

© 2012 Chiarelettere editore srl

Page 8: L'Italia della Uno Bianca

pretesto 4 f pagine 318, 330

“Roberto Savi non sa nemmeno a chi ha sparato; non gli interessa. È una verifica che devono fare i periti.”

“La storia dei fratelli Savi è la storia di un grande depistaggio… con i delitti finalizzati a inserire in un contesto di serialità altri delitti più gravi.”

© 2012 Chiarelettere editore srl

Page 9: L'Italia della Uno Bianca

pretesto 5 f pagine 9, 359

“Se fossimo stati arrestati qualcuno ci avrebbe tirato fuori.”Roberto Savi rassicura il fratello, 21 novembre 1994.

“Il vero business dei Savi era il traffico di armi intessuto con elementi della criminalità catanese e campana.”

© 2012 Chiarelettere editore srl

Page 10: L'Italia della Uno Bianca

© 2012 Chiarelettere editore srl

© Chiarelettere editore srlSoci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol S.p.A.Lorenzo Fazio (direttore editoriale)Sandro ParenzoGuido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.)Sede: via Melzi d’Eril, 44 - Milano

isbn 978-88-6190-259-6

Prima edizione: marzo 2012

www.chiarelettere.itblog / interviste / libri in uscita

Page 11: L'Italia della Uno Bianca

© 2012 Chiarelettere editore srl

Giovanni Spinosa

L’Italia della Uno bianca Prefazione di Marco Travaglio

chiarelettere

Page 12: L'Italia della Uno Bianca

© 2012 Chiarelettere editore srl

Giovanni Spinosa ha all’attivo vent’anni di servizio negli uffici giudiziari bolognesi, diciassette dei quali da pm, e un incarico come presidente della sezione penale del Tribunale di Paola (Cosenza), dove ha firmato la prima sentenza con cui una cosca di mafia (clan Muto) è stata condannata al risarcimento del danno in favore dello Stato per la lesione della sovranità statale sul territorio oggetto dell’occupazione mafiosa. Attualmente ricopre l’incarico di presidente del Tribunale di Teramo. In magistratura dall’81, da giudice istruttore prima e da pm dopo, ha diretto le indagi-ni sui sequestri di persona a opera dell’Anonima sarda avvenuti in Emilia Romagna nella seconda metà degli anni Ottanta. Nelle stesse vesti e in stretta collaborazione con lo storico ufficio istruzione del Tribunale di Palermo, ha svolto le prime indagi-ni sulle associazioni mafiose legate ai Corleonesi insediatesi a Bologna e in Romagna a partire dal 1984 (indagine su Salvatore Rizzuto, uomo d’onore legato a Pippo Calò), passando per il clan Rubino (1987-1988), fino all’inchiesta sulle bische che ha coinvolto Giacomo Riina (zio del più noto Totò) e Livio Collina (1990-1994). Si è inoltre occupato di diverse inchieste sulla ’ndrangheta, sulla stidda, sul doping nel ciclismo e sulla revoca della scorta a Marco Biagi, assassinato nel 2002 dalle Brigate rosse. È stato titolare dell’indagine sui crimini della Uno bianca, consumati in Emilia Romagna tra il 1987 e il 1994.

Page 13: L'Italia della Uno Bianca

© 2012 Chiarelettere editore srl

Sommario

Prefazione di Marco Travaglio XIII

L’ITALIA DELLA UNO BIANCA

Prima parte. Il senso di una storia senza senso 3

L’arresto «strabiliante» dei Savi 5

Processi e teoremi 17

Seconda parte. Una lunga scia di sangue 51

Dalle rapine ai caselli agli assalti alle Coop (1987-1989) 53

Furore omicida. Dalla «prova del fuoco» ai delitti senza maschera 157

L’eccidio del Pilastro. Una sistematica e consapevole organizzazione del caos (4 gennaio 1991) 195

Omicidi senza un apparente perché (9 gennaio - 28 agosto 1991) 265

La stagione delle rapine in banca(novembre 1991 - novembre 1994) 299

Page 14: L'Italia della Uno Bianca

L’Italia della Uno bianca XII

© 2012 Chiarelettere editore srl

Terza parte. L’Italia della Uno bianca 315

Perché i Savi non parlano 317

Gli scenari criminali e il ruolo della Falange armata 355

L’ultima vittima 399

Postfazione 423

Appendice 429

Ringraziamenti 443

Page 15: L'Italia della Uno Bianca

© 2012 Chiarelettere editore srl

Prefazione di Marco Travaglio

Chi si inoltra nella lettura di questo libro deve sapere che non riuscirà più a smettere. E forse passerà qualche notte in bianco per vedere subito come va a finire. Questo almeno è quel che è accaduto a me, dal giorno in cui il giudice Giovanni Spinosa mi consegnò la prima stesura de L’Italia della Uno bianca. Che non è, purtroppo, un romanzo.

È un processo ai processi che, in seguito a una colossale e raffinatissima operazione di depistaggio, hanno liquidato i de-litti della Uno bianca (82 «colpi» in Emilia Romagna, 23 mor-ti, decine di feriti, otto anni di sangue dal 1987 al 1994) come opera esclusiva di un’«impresa criminale a natura familiare». Una banda messa in piedi, chissà perché, dai tre famigerati fratelli Savi da Forlì: il capo, Roberto il «ragioniere», capopat-tuglia del 113 della Questura di Bologna; il gregario, Fabio il «fantasista», camionista a Rimini; e più defilato Alberto, il «rintronato», poliziotto del commissariato di Rimini. Aiutati da un pugno di complici, poliziotti anche loro: Marino Occhi-pinti e Pietro Gugliotta, in servizio a Bologna, e Luca Vallicelli della Polstrada di Cesena, già in servizio presso la Questura di Bologna.

Che titolo ha il giudice Spinosa, presidente del Tribunale di Teramo, di riscrivere i processi sui delitti della Uno bianca? A cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta, quando l’Emilia Roma-gna era percorsa da quell’interminabile scia di sangue, era pub-blico ministero alla Procura di Bologna e fu incaricato per pri-

Page 16: L'Italia della Uno Bianca

L’Italia della Uno bianca XIV

© 2012 Chiarelettere editore srl

mo di seguire le indagini. Poi però, dopo l’arresto dei Savi nel 1994, le piste che stava battendo non collimavano con quelle della polizia, attestata sulla linea minimalista della banda fami-gliare che rapinava, sparava, ammazzava per esclusivi scopi di lucro. Così fu di fatto allontanato dalle indagini e queste, da allora, collimarono perfettamente con l’impostazione della po-lizia, che a sua volta combaciava mirabilmente con il racconto dei Savi, che a sua volta fu consacrato, anzi imbalsamato per sempre da una raffica di sentenze definitive.

I tre fratelli infatti si erano lasciati disciplinatamente catturare, pur potendo fuggire all’estero con il loro bottino miliardario (in lire, peraltro mai del tutto rinvenuto). Avevano fatto ritrovare l’arsenale delle armi usate nei loro colpi. E avevano fatto di tutto per accreditare la versione della banda solitaria, priva di agganci, complici e mandanti esterni, mossa da un unico movente: «fare soldi» (e allora perché mai sparavano all’impazzata in un campo nomadi o ferivano a sangue freddo due lavavetri tunisini in un parcheggio o smitragliavano contro un’auto dei carabinieri senza guadagnarci una lira, e in alcune rapine dimenticavano persino il bottino sul posto?).

Fu così che i Savi riuscirono a far assolvere un bel po’ di per-sonaggi legati alla mafia e alla camorra, in due processi aperti prima della loro cattura e giunti alle soglie della Cassazione, prendendosi la colpa al posto loro appena in tempo.

E poco importa se alcuni degli imputati scagionati dai Savi avevano addirittura confessato (forse erano innocenti e non lo sapevano). E pazienza se un’imputata era già stata condannata definitivamente con rito abbreviato per due delitti poi confes-sati dai Savi: nessuno, nemmeno i suoi difensori, s’è mai atti-vato per la revisione del suo processo, né, causa prescrizione, lei stessa è mai stata conseguentemente processata per calunnia ai danni dei presunti complici.

Dopodiché, una volta condannati all’ergastolo e fatti assol-vere gli «altri», i Savi cominciarono a seminare dubbi con mez-ze ritrattazioni, contraddizioni, strani avvertimenti dal carcere che però non smossero la granitica, tetragona convinzione dei

Page 17: L'Italia della Uno Bianca

XVPrefazione

© 2012 Chiarelettere editore srl

giudici, che nei vari gradi certificarono ostinatamente fino in Cassazione la «verità» più comoda.

Come la pensi Spinosa, lo si intuisce chiaramente nel libro: i delitti della Uno bianca sono uno dei primi atti della strategia terroristica e destabilizzante che la mafia scatena contro lo Stato, da cui dopo decenni di pacifica convivenza si sente tradita a cau-sa del maxiprocesso a Cosa nostra, quello istruito a Palermo dal 1984 dal pool di Falcone e Borsellino, iniziato in aula bunker il 10 febbraio 1986 e concluso in primo grado il 16 dicembre 1987 sulla scorta delle rivelazioni dei primi pentiti: Tommaso Buscetta, Totuccio Contorno e Antonino Calderone. La prima volta che Cosa nostra tracima dai confini siciliani per colpire in territorio continentale è il 23 dicembre 1984 (pochi mesi dopo l’inizio della collaborazione di Buscetta con Falcone), con la strage del Rapido 904, nella galleria sotto l’Appennino tosco-emiliano. Poi – lascia intendere Spinosa – i sette anni della Uno bianca, dal 1987 al 1994. Intanto, dopo le stragi «palermitane» di Capaci e via D’Amelio nel 1992, Cosa nostra torna a colpire nel conti-nente nel maggio-luglio 1993 (Roma, via Fauro; Firenze, via dei Georgofili; Milano, via Palestro; Roma, basiliche del Laterano e del Velabro), per chiudere definitivamente il decennio stragista con i falliti attentati allo stadio Olimpico di Roma (novembre 1993-gennaio 1994) e a Totuccio Contorno a Formello (14 apri-le 1994), che segnano la fine della guerra della mafia allo Stato e l’inizio della lunga «pax mafiosa» che dura tutt’oggi. Pochi mesi dopo, il 21 novembre 1994, finisce guarda caso anche la lunga corsa della Uno bianca, in seguito a quella che i giudici defini-ranno una «strabiliante» «concomitanza di circostanze del tutto fortuite e sicuramente irripetibili». Invece basta alzare lo sguardo, collegare i fili, contestualizzare quel che accade in Emilia Roma-gna e nel resto d’Italia, esaminare i rapporti dei Savi con la cri-minalità organizzata, esaminare la consecutio temporum che vede i Savi muoversi quando inizia la strategia terroristica di Cosa no-stra e fermarsi quando questa si esaurisce, per iniziare a dubitare seriamente della vulgata non solo giornalistica e cinematografica, ma anche giudiziaria della Uno bianca.

Page 18: L'Italia della Uno Bianca

L’Italia della Uno bianca XVI

© 2012 Chiarelettere editore srl

Secondo Spinosa, in questo vastissimo progetto eversivo, il ruolo dei fratelli Savi è al massimo quello di trafficanti-fornito-ri di armi e di esecutori materiali di rapine anche sanguinose. Ma sempre sotto una regia esterna e superiore, di cui essi stessi ignorano le facce e i disegni. Quel che è certo è che coprono diversi complici e mandanti rimasti senza nome e volto (del re-sto fare i nomi degli «altri» non avrebbe risparmiato loro l’erga-stolo, meritato con una serie di omicidi sicuramente commessi da loro; anzi, avrebbe potuto pregiudicare il loro trattamento carcerario, che non ha mai neppure sfiorato il 41 bis proprio perché nessuna sentenza fa riferimento alla criminalità orga-nizzata e dunque a loro legami con l’esterno). Altrettanto certo è che si addossano decine di rapine e di delitti che non hanno mai commesso. La banda Savi sarebbe soltanto una fra le tante attive nella zona in quegli anni, al fianco della «banda delle Coop» (entrata in azione prima dei Savi, anche se poi questi vi si sono identificati) e di quella dei «pilastrini» (che infestava il quartiere bolognese del Pilastro e di cui pure i Savi si sono presi tutte le colpe). Insomma la banda Savi e la banda della Uno bianca (mai esistita, per come la conosciamo dalla fiction televisiva) non sono la stessa cosa: ma due entità ora sovrappo-nibili, ora parallele.

A questo punto qualcuno dirà: ecco l’ennesimo libro «com-plottista». Nulla di più sbagliato. Ne L’Italia della Uno bianca non troverete una sola elucubrazione, una sola teoria o «teo-rema», una sola opinione personale dell’autore. Ogni dubbio, contraddizione, contestazione alla verità ufficiale emerge dal confronto dei documenti (alcuni inediti, mai esaminati dagli inquirenti e dai giudici), dalle testimonianze, dalle deposizioni, dalle perizie, dai dati obiettivi raccolti nei vari processi celebra-ti «a spezzatino» fra le Corti d’Assise di Bologna, di Pesaro e di Rimini senza mai offrire una visione d’insieme a quei sette anni di sangue.

Spinosa dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che i Savi, pur sentendosi braccati, anziché fuggire, si fanno arrestare con tutte le loro armi e le loro auto (e fors’anche con quelle altrui),

Page 19: L'Italia della Uno Bianca

XVIIPrefazione

© 2012 Chiarelettere editore srl

dopo aver disseminato per anni i luoghi dei delitti di prove contro se stessi (la «strabiliante concomitanza di circostanze del tutto fortuite e sicuramente irripetibili»). E, prima di far-si catturare, Fabio e Roberto concordano per filo e per segno (anche col terzo fratello Alberto e coinvolgendo anche le ri-spettive fidanzate) il racconto dei vari delitti da consegnare poi agli inquirenti: un copione da recitare all’unisono, coordinato da sapienti suggeritori, in cui Spinosa ha scoperto decine fra bugie, amnesie, contraddizioni, inverosimiglianze, lapsus, de-pistaggi e autodepistaggi. Ciascuna di queste menzogne viene ripetuta tale e quale da entrambi i fratelli (e spesso anche dai complici), interrogati separatamente senza essersi più incon-trati dal giorno dell’arresto. Insomma, Fabio e Roberto «ri-cordano, dimenticano, dubitano e sbagliano sempre assieme»: la prova che si erano messi d’accordo prima. Questa congerie di balle convergenti e preconfezionate supera spesso i confini dell’evidenza e del ridicolo: eppure inquirenti e giudici fingono di non notare nulla e prendono tutto per buono. Al punto di aggiustare progressivamente i fatti, i dati oggettivi, le perizie, le testimonianze oculari al racconto dei Savi, pur di salvare a ogni costo la loro attendibilità. Gli imputati hanno sempre ragio-ne, mentre decine di testimoni, se provano a smentirli, hanno sempre torto. Perché basta contraddirli una sola volta per far crollare tutto il castello di carte.

Una volta la vittima di un agguato confessato dai fratelli Savi riesce a strappare i capelli a uno degli assassini: il perito stabili-sce con l’esame del Dna che la ciocca non appartiene a nessuno dei Savi, allora i giudici, per non smentire i Savi, smentiscono il perito, anzi il Dna. Un’altra volta vengono feriti due magre-bini da un killer descritto dai testimoni oculari con i capelli biondi: purtroppo nessuno dei Savi è biondo, allora la Corte si affretta a stabilire che uno dei Savi doveva indossare per forza una parrucca bionda, e solo quella volta, anche se i fratelli si sono scordati di raccontare un particolare così singolare.

Spesso i Savi confessano delitti senza spiegarne il movente. Altre volte non ricordano nulla, se non che sono stati loro.

Page 20: L'Italia della Uno Bianca

L’Italia della Uno bianca XVIII

© 2012 Chiarelettere editore srl

Talora rievocano con grande precisione fatti mai accaduti. Oppure rivendicano delitti impossibili, ma anche in quel caso vengono ciecamente creduti. Come quando convincono i giu-dici di aver assaltato soltanto in due ben cinque guardie giurate addestrate e armate fino ai denti, con tanto di proiettili che compiono inversioni «a U» (i Savi sparano a una guardia giu-rata nascosta dietro una colonna di fronte a loro e riescono a colpirla alla schiena).

Se non ci fossero tanti morti e tanti feriti, ci sarebbe da scompisciarsi dal ridere dinanzi a certe verità ufficiali consacra-te dalle sentenze: centinaia di armi da guerra acquistate (anche dall’Est Europa) e misteriosamente mai usate; proiettili e tar-ghe d’auto che compaiono e scompaiono; bossoli che escono da armi totalmente incompatibili; complici che evaporano dal-le scene dei delitti, o vengono spacciati dai Savi per «un finto ubriaco» o un «vecchio maiale» che fa il guardone nei cessi pubblici; auto rubate che cambiano colore o si guidano da sole per 1500 chilometri in giro per l’Italia.

L’apoteosi del tragicomico è la strage del Pilastro (tre carabi-nieri morti ammazzati nel gennaio del 1991) dove, a dar retta alla versione dei Savi, succede di tutto: vigili urbani che diven-tano di botto ciechi, sordi e invisibili; motori che si spengono strada facendo; auto che diventano trasparenti e si smaterializ-zano, giusto in tempo per essere trapassate da raffiche di mitra senza riportare un graffio sulla carrozzeria; due testimoni che si rendono invulnerabili alle pistolettate; un revolver da sei colpi che riesce a spararne sette. Insomma un centinaio di testimoni – un intero quartiere, quello del Pilastro – smentiscono i Savi, ma per i giudici mentono tutti: gli unici che non mentono mai, anzi non possono mentire mai, sono i Savi.

In vista del colpo di scena finale, l’autore delinea le tappe della progressiva evoluzione delle imprese criminali delle varie «bande della Uno bianca» in quei sette anni cruciali (dalle ra-pine ai caselli autostradali e ai distributori di benzina al terrore fine a se stesso), dipinte invece dalle sentenze come un quadro piatto e bidimensionale, un blocco statico e monolitico. Spie-

Page 21: L'Italia della Uno Bianca

XIXPrefazione

© 2012 Chiarelettere editore srl

ga perché i Savi e gli altri che i Savi coprono sono eterodiretti dall’alto: da uno o più «padroni», da uno o più «registi» che indicano gli obiettivi da colpire, le modalità di esecuzione, le tracce da lasciare o da rimuovere, le auto da usare (contraddi-stinte, in una certa fase, dalla targa anteriore rimossa). E spesso li aiutano a far sparire le macchine o a darsi alla fuga.

Spesso nemmeno i Savi (o chi per essi) conoscono il perché delle proprie azioni. In una rapina in banca, per esempio, i te-stimoni sentono il rapinatore che aspetta fuori dire via ricetra-smittente al collega che sta dentro: «Fai quello che devi fare». E l’altro, poco dopo, quasi a scusarsi con lo sventurato cassiere: «Ti devo sparare». Altro che scopo di lucro, altro che fare soldi: obiettivi, modalità, tempistica ed evoluzione dei delitti indica-no una precisa strategia della tensione, che pare fatta apposta per sfidare lo Stato, aggredirlo, destabilizzarlo, screditarlo, ridi-colizzarlo seminando il panico fra i cittadini.

Il finale dei gialli non si anticipa mai, ma qui è tutto vero. Alla fine Spinosa documenta le voragini investigative e le amne-sie processuali sui rapporti dei Savi con esponenti della crimi-nalità organizzata, cioè con la mafia catanese e con la camorra cutoliana (quella che trattò con lo Stato per la liberazione di Ciro Cirillo) e casalese. Poi ricostruisce minuziosamente i nu-merosissimi interventi della Falange armata, la misteriosa sigla a metà fra crimine organizzato e apparati deviati dello Stato che dal 1990 al 1995 accompagna ogni strage mafiosa e ogni snodo misterioso o luttuoso di quegli anni (su 500 telefonate della Falange armata ai giornali e alle agenzie di stampa in cin-que anni, pare che 221 riguardassero i delitti della Uno bian-ca). E infine dimostra come ben cinque delle sei auto usate da Cosa nostra per le stragi del ’93 fossero Fiat Uno. Ce n’è abba-stanza, insomma, per riaprire un caso troppo frettolosamente e semplicisticamente chiuso.

Essendo un giudice, Giovanni Spinosa non dice mai una parola contro i colleghi che hanno firmato indagini e senten-ze così lacunose e diciamo pure depistanti. Anzi, afferma di rispettarli con un’insistenza persino eccessiva e una fiducia esa-

Page 22: L'Italia della Uno Bianca

L’Italia della Uno bianca XX

© 2012 Chiarelettere editore srl

gerata nella buona fede di quanti, in tutti questi anni, hanno voluto pervicacemente negare o occultare l’evidenza dei fatti. Però non rinuncia a sottoporre quelle indagini e quelle senten-ze a un serrato esame critico, che alla fine non lascia margine al dubbio: la storia dei delitti della Uno bianca non è quella scrit-ta nelle sentenze. È ancora tutta da scrivere e Spinosa comincia a scriverla in questo libro. Nella speranza che, a tanti anni di distanza e dopo tanti anni di carcere, qualcuno dei protagonisti o dei comprimari (per esempio Occhipinti, appena uscito di prigione) si decida finalmente a squarciare il velo dell’omertà.

In fondo è quel che è appena accaduto grazie al pentito Gaspare Spatuzza, che ha smascherato e demolito la versione «minimalista» sulla strage di via D’Amelio, ormai cristallizzata fino al verdetto di Cassazione: anche lì un depistaggio istitu-zionale – non si sa se con la polizia nel ruolo di mandante o di vittima – aveva indirizzato indagini, processi e sentenze su una banda di «scassapagghiari» (Scarantino, Candura e Andriotta) per tenere fuori i fratelli Graviano e soprattutto i loro poten-ti amici politico-istituzionali. Chissà che questo libro, oltre a sbugiardare le comode «verità» della Uno bianca, non convinca qualcuno che sa a parlare. Qualcuno fra i tanti, troppi.

Page 23: L'Italia della Uno Bianca
Page 24: L'Italia della Uno Bianca

Una storia criminale. No. Politica. Che vale la pena diricostruire per capire cosa è successo nell’Italia della finedella Prima repubblica. Forse molti ricordano gli eccidi perpetrati dai criminaliin divisa della UNO BIANCA, i fratelli Savi, che si susse-guirono tra il 1987 e il 1994. Una lunga scia di sangue(82 delitti, 23 morti, centinaia di feriti) e un bottino diquasi due miliardi di lire, una tragedia che sembravadovesse rimanere avvolta nel mistero. Con questo libro,adesso, possiamo capirne le ragioni. A parlare e ricomporre tutta la vicenda, degna di un filmtrash (ma il dolore delle famiglie delle vittime è benreale), è il pm che ha iniziato le indagini sfociate neiprocessi che hanno visto condannare i colpevoli rinun-ciando però a chiarire i moventi dei fatti. Concatenatil’uno all’altro, essi portano a una sola verità: l’azionecriminale dei FRATELLI SAVI è stata eterodiretta, troppearmi, troppe munizioni, troppo sangue. A volte per unbottino di poche lire. Allora chi li proteggeva e perché?Spinosa documenta le voragini investigative, le bugie, idepistaggi operati dai Savi soprattutto in relazione airapporti che essi ebbero con la criminalità organizzata,cioè con la MAFIA catanese, con la CAMORRA cutoliana(che trattò con lo Stato per la liberazione di Ciro Cirillo)e casalese. E ricostruisce i numerosissimi interventi dellaFALANGE ARMATA, la misteriosa sigla che dal 1990 al1995 segna ogni strage mafiosa e molti episodi misteriosidi quegli anni. Alla fine i nodi -- che i processi non hannovoluto chiarire -- vengono al pettine: l’arresto dei Savi èl’atto conclusivo di una STRATEGIA STRAGISTA di desta-bilizzazione di Cosa nostra e dei suoi referenti che finoranessuno aveva fatto emergere. Ce n’è abbastanza perriaprire un caso chiuso troppo in fretta.

Giovanni Spinosa è presidente del Tribunale di Teramo. Inmagistratura dall’81, ha diretto le indagini sui sequestridi persona a opera dell’Anonima sarda avvenuti in Emilia-Romagna nella seconda metà degli anni Ottanta. Incollaborazione con il Tribunale di Palermo, ha svoltole prime indagini sulle associazioni mafiose legate aicorleonesi insediatesi a Bologna e in Romagna a partiredal 1984. Si è inoltre occupato di diverse inchieste sulla’ndrangheta, sulla stidda, sul doping nel ciclismo e sullarevoca della scorta a Marco Biagi. È stato titolaredell’indagine sui crimini della Uno bianca.

I S B N 978-88-6190-259-6

9 7 8 8 8 6 1 9 0 2 5 9 6

www.chiarelettere.it

16,60Progetto grafico: David Pearsonwww.davidpearsondesign.com

UNO BIANCAL’ITALIA DELLA

“I DELITTI DELLA UNO BIANCA SONOUNO DEI PRIMI ATTI DELLA STRATEGIATERRORISTICA E DESTABILIZZANTE CHELA MAFIA SCATENA CONTRO LO STATO... CHI SI INOLTRA NELLA LETTURA DIQUESTO LIBRO DEVE SAPERE CHE NON

RIUSCIRÀ PIÙ A SMETTERE.”

Marco Travaglio

UNA STORIA POLITICAE DI MAFIA ANCORATUTTA DA RACCONTARE

GiovanniSpinosaL’ITALIADELLAUNO

BIANCA

Giovanni SpinosaPREFAZIONE DIMarco Travaglio