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ISTITUTO COUNSELING ARTEMISIA Corso Moncalieri 249\4 10133 Torino Mobile: 345 5740517 www.counseling-formazionepersona.it - [email protected] L’intervento di Counseling nelle situazioni di lutto Questo scritto è frutto di esperienze personali, professionali di Arianna Garrone integrate con letture varie e con l’aiuto di Maria Cravero. Le persone sono come le vetrate. Scintillano e brillano quando c'è il sole, ma quando cala l'oscurità rivelano la loro bellezza solo se c'è una luce dentroElisabeth Kübler Ross Come mai oggi abbiamo una maggiore difficoltà, rispetti ai tempi passati, ad elaborare il lutto. L’intervento di Counseling nelle situazioni di lutto Questo scritto è frutto di esperienze personali, professionali di Arianna Garrone integrate con letture varie.

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L’intervento di Counseling nelle situazioni di lutto

Questo scritto è frutto di esperienze personali, professionali di Arianna Garrone integrate

con letture varie e con l’aiuto di Maria Cravero.

“Le persone sono come le vetrate.

Scintillano e brillano quando c'è il sole,

ma quando cala l'oscurità

rivelano la loro bellezza

solo se c'è una luce dentro“

Elisabeth Kübler Ross

Come mai oggi abbiamo una maggiore difficoltà, rispetti ai tempi

passati, ad elaborare il lutto.

L’intervento di Counseling nelle situazioni di lutto

Questo scritto è frutto di esperienze personali, professionali di Arianna Garrone integrate con letture

varie.

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“Le persone sono come le vetrate.

Scintillano e brillano quando c'è il sole,

ma quando cala l'oscurità

rivelano la loro bellezza

solo se c'è una luce dentro“

Elisabeth Kübler Ross

Come mai oggi abbiamo una maggiore difficoltà, rispetti ai tempi passati, ad

elaborare il lutto.

Oggi la prospettiva di vita di una persona si è allungata notevolmente;

E' cambiato il contesto, l'ambiente in cui viviamo. Molti bisogni primari sono oggi sodisfatti ed esiste una

maggiore possibilità per la persona di vivere, di fermarsi con più intensità su un evento come il lutto,

spesso vissuto in modo più traumatico rispetto al passato.

Siamo tuttavia impreparati e la persona che vive un lutto è circondata spesso da silenzio, isolamento e

solitudine.

Il lutto ricorda la morte e le sue dolorose conseguenze.

Non familiarizziamo più con la morte. Oggi è una nuova forma di pudore, non si può parlarne.

Il lutto nell’epoca vittoriana della seconda metà dell' 800 comportava riti, credenze, modalità che

acquisivano un valore sociale anche notevole ( in particolare per le donne vedove), agli inizi del '900

importanti gesti rituali che coinvolgevano tutta la collettività si svolgevano intorno al morente: la paura della

morte veniva addomesticata

Nella società odierna ( Philippe Aries storico e filosofo francese, autore di Storia della Morte in Occidente -

1975) tutto si svolge come se nessuno più morisse , l'evento viene minimizzato, nascosto a volte

anche al morente, per evitare il disagio emotivo, il malessere che ne deriva.

Gli individui sono impreparati, non esistono più norme specifiche atte ad accompagnare la persona alla

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morte.

Manca una cultura di fine vita che tenga conto del travaglio psicologico, spirituale e relazionale del morente e

delle persone a lui vicine.

Ci occupiamo della morte solo quando l'evento ci riguarda, di fronte a malattie gravi o di fronte alla perdita

di una persona cara.

Non troviamo le parole per accompagnare i morenti, consolare i familiari, non troviamo lo spazio per vivere

il travaglio del lutto.

Un tempo si moriva prevalentemente in casa: l'avvicinarsi della morte era vissuto come un evento sociale,

sacro, trasformativo che obbligava a confrontarsi con morte e distacco.

Attraverso i riti comunitari della vestizione, della veglia funebre, del pianto rituale, del corteo, del

banchetto, le visite al cimitero, le messe di suffragio, l'abbigliamento specifico del periodo del lutto, le

persone acquisivano un patrimonio simbolico relazionale da trasmettere alle generazioni future. Si

rinsaldava quella catena che con la morte di una persona cara si era spezzata permettendo il passaggio del

testimone.

Oggi il 70% delle persone muore in ospedale e dopo il rito funebre, assolti gli aspetti formali si torna

velocemente alla vita abituale a scapito della comunicazione e dell’affettività.

Nella tradizione antropologica delle nostre culture il lutto stretto dura 7\40 giorni, il lutto sociale 6 mesi.

Non dimentichiamo che incontrare la morte di un’altra persona ci ricorda che anche noi moriremo e ciò

spaventa.

Dare valore agli aspetti relazionali, affettivi, psicologici e spirituali della nostra vita rappresenta infatti

la negazione sociale e culturale degli ultimi decenni

Cosa accade a chi è in lutto

La morte spezza il legame con una persona amata, la vita di chi resta cambia.

La domanda che emerge è “come farò a sopravvivere a tutto questo?”

Nelle prime settimane la persona in lutto deve far fronte a impegni di carattere pratico ed è circondato

dall’affetto di amici e familiari.

Ben presto arriva però un periodo molto più difficile, del dolore profondo per la separazione e della

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solitudine. La persona amata non c'è più, non la vediamo, non la sentiamo e proviamo un grande senso di

smarrimento.

La morte di una persona amata, di un congiunto può essere un’esperienza devastante che distrugge tutti i

punti di riferimento e rimette in questione ogni scelta fatta, il futuro ci impone di trovare un nuovo modo per

progettare la propria vita.

E’ proprio questo ciò che si definisce il “lavoro” del lutto: un periodo faticoso per ritrovare un nuovo

equilibrio per continuare a vivere.

Tale lavoro, o elaborazione, è impegnativo. Il cambiamento richiesto è radicale, esige una nuova

riorganizzazione .

L'elaborazione è inoltre spesso complicata dall'incredulità che si prova di fronte alla perdita (non è vero che

lui/lei non c’è più!), dall’ossessiva presenza del defunto nella vita dei superstiti (lo vedo dappertutto, gli

parlo continuamente, etc.), dal senso di colpa per non aver fatto tutto quanto si sarebbe potuto per attutire la

sofferenza del morente, dal continuo desiderio di piangere e dal pudore di farlo pubblicamente; dal fatto,

infine, che col passare del tempo, coloro che sono vicini ritengano che il dolente avrebbe già dovuto superare

il suo dolore lasciandolo così irrimediabilmente solo.

Nella persona in lutto avviene spesso un cambiamento d'indentità

- individuale e familiare

- esistenziale (morte)

- somatico (immagine corporea)

- emozionale (stabilità affettiva)

- temporale (prospettiva futura)

- identità sociale

Fasi Elaborazione del Lutto

Esperienza di Arianna Garrone

Sono fasi che si susseguono nell’elaborazione del lutto inteso come morte, come separazione, ma anche fasi

che si presentano durante un percorso di malattia grave.

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Le varie fasi possono anche non essere ben definite, non rigidamente separate, e alternarsi con passaggi da

una fase all'altra.

Fase della negazione, del rifiuto che chiamerei anche dell’incredulità:

“Non avrei mai immaginato che potesse capitare a me….”; “non è possibile, si sbaglia”; “non ci posso

credere”; “mi sembra di essere in un incubo”.

La persona è in uno stato di negazione, un meccanismo difensivo che la protegge dall'ansia per la propria

morte e dall’impazzire per il dolore. Questa prima fase è di disperazione acuta, caratterizzata da stordimento

e protesta.

La fase può durare alcuni momenti, a volte giorni e può tornare periodicamente durante tutto il processo di

elaborazione del lutto.

E’ dunque una difesa che il counselor deve rispettare. Potrà cominciare a lavorare affrontando con

delicatezza le ansie e le resistenze del cliente solo quando la persona inizierà ad entrare nella seconda fase.

Fase delle emozioni forti:

Dopo la negazione iniziano a manifestarsi emozioni forti quali grande dolore, rabbia, rabbia mista a paura

rivolta verso se stesso e verso altri.( familiari, figure sanitarie, Dio ecc.)

Rappresenta un momento critico in quanto può essere il momento di massima richiesta di aiuto, ma anche il

momento del rifiuto, della chiusura e del ritiro in sé.

L’angoscia per la perdita della persona cara viene sostenuta dalla paura di non riuscire a sopravvivere, a

superare il dolore.

La disperazione non è solo rivolta alla perdita della persona amata, ma è ulteriormente alimentata dal

pensiero che i sogni ed i progetti si sono infranti.

Il counselor sostiene il cliente nell'incontrare la propria onnipotenza , la rabbia impotente. Sono presenti in

questa fase sentimenti di confusione, smarrimento, vergogna, senso di colpa, momenti di depressione. Può

essere un’ottima occasione di crescita trasformare la rabbia vittimistica in coraggio e determinazione

nell'affrontare il lutto, la separazione, la malattia.

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Fase dell’accettazione

Quando la persona ha avuto modo di elaborare quanto è successo intorno a lui, arriva ad accettare

con consapevolezza la propria condizione

L'accettare la propria condizione è responsabilità personale.

Significa non essere più travolti dal destino “non ne uscirò mai”, ma scegliere di addomesticare il dolore

senza che esso sparisca.

Durante questa fase possono sempre e comunque essere presenti sentimenti di rabbia e depressione, ma di

intensità più moderata. In questa fase la persona tende a raccogliersi, a cercare con maggiore intensità la

vicinanza delle persone che lo circondano ed è riuscita a superare, almeno in parte, il senso di colpa di fronte

all’idea di essere ancora vivo e di gioire!

Nelle situazioni di grave malattia è il momento dei saluti e della restituzione a chi è stato vicino al paziente; è

il momento del “testamento” e della sistemazione di quanto può essere sistemato.

Il counselor in questa fase sostiene la persona che sta morendo nel fare un testamento olografico e a chiudere

i sospesi.

Fase della riorganizzazione:

durante la quale gli aspetti acuti del dolore cominciano a ridursi e la persona afflitta comincia ad

avvertire un ritorno alla vita.

La persona perduta viene ora ricordata con un senso di gioia, ma anche di tristezza, e la sua immagine viene

interiorizzata.

La persona comincia a riorganizzare la propria vita e ricomincia a vivere piuttosto che continuare a

sopravvivere.

Cosa significa elaborare il lutto

Con il lutto si spezza il legame con una persona amata, la vita cambia. La persona vive un

periodo di sofferenza e difficoltà.

Oggi, rispetto al passato , è cambiato l'atteggiamento delle persone di fronte al lutto. E' cambiato il

contesto, l'ambiente in cui viviamo.

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Se esiste una maggiore possibilità di vivere l'evento traumatico, di elaborarlo, non sempre e non

per tutti il dolore per il lutto può evolversi in senso trasformativo, positivo.

La persona in lutto ha diritto di stare male ed il dolore è necessario. Negare lo spazio ed il tempo

per il lutto significa morire ulteriorrmente.

Ma il dolore può anche autorinforzarsi, diventare dominante quando non viene risolto .

Può diventare difficile separarsene, lasciarlo andare, abbandonare i vantaggi secondari che lo

stare nel dolore può dare. Si può rimanere prigionieri del passato allontanandosi dal presente.

Se all'inizio del lutto la manipolazione è normale che avvenga, si può in seguito cercare l'alleanza

con il dolore e diventare vittime dello stesso.

Ci si costringe a pensare che non sia successo, si fanno cose per negare che la morte è successa.

Si manipola la realtà invece di cambiare, ci si mette d'accordo con il dolore e si sta un po' meno

male.

La persona ha paura di non sentire più il dolore, di dimenticare ed allora rinnova il dolore.

Il dolore può diventare persuasivo: è un diritto stare male ed il dolore è necessario. Si era

legati alla persona mancata, un legame si è spezzato. Ma il dolore diventa persuasivo quando ci

convinciamo che è giusto, quando proviamo senso di colpa se non soffriamo abbastanza,

quando il dolore si sostituisce alla persona defunta, prende il suo posto perchè non si può

accettare la sedia vuota.

Il dolore è seduttivo: si sta bene nella situazione e non si lascia andare il dolore, il dolore ci

accoglie, ci conduce a sé, ci consola. Si pensa che solo nel dolore si possa ormai stare bene .

Ma la seduzione genera dipendenza: ci si convince che senza il dolore non si possa più vivere.

Risolvere il lutto non significa perdere la memoria delle persone care, ma riuscire ad entrare in

contatto con il dolore quando lo decidiamo noi. Ho accesso al ricordo, ma non sto più male quando

ricordo perchè il dolore si è addomesticato

Per comprendere cosa significa elaborare il lutto proviamo ad immaginare che tutte le stanze della nostra vita

siano intrise di dolore.

Attraverso il lavoro di elaborazione del lutto noi abbiamo la possibilità di confinare il nostro dolore solo in

una stanza della nostra vita. Può accadere che ogni tanto la porta di quella stanza si apra da sola e allora il

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dolore ci avvolge, ma noi abbiamo già fatto l’esperienza dell’elaborazione e abbiamo gli strumenti a

disposizione per poter ricollocare il dolore solo in quella stanza….oppure a volte scegliamo noi di aprire

quella porta, di riattraversare quel dolore, quella stanza e poi, di richiudere la porta.

Il dolore ha cambiato dimensione, non è più il padrone di casa. La persona mancata non è più sempre

presente nei nostri pensieri, ma vive nel passato.

Il ricordo non è più ossessione, si ha cura del ricordo e la persona cara continua a vivere nella memoria.

Abbiamo il potere di scegliere, di addomesticare il dolore senza che esso sparisca

Fine del lutto significa smettere di manipolare la realtà, di lasciarsi sedurre dal dolore.

Il lutto finisce quando facciamo distinzione tra destino e sorte.

Il destino: tutto ciò che non possiamo cambiare, dove noi non possiamo fare la differenza

e sorte: tutto ciò che scegliamo in un intreccio tra la nostra parte cognitiva e quella emotiva, in

base alla nostra storia personale, delle nostre famiglie, della comunità in cui viviamo, del nostro

paese.

Nel lutto c'è un momento in cui siamo travolti dal destino. “ non ne uscirò mai”, accettiamo di

essere manipolati dal dolore, ci lasciamo invadere dal dolore...... o scegliamo la nostra sorte: in

quel momento il destino perde la sua forma e non ne siamo più trascinati

L'elaborazione avviene grazie all’impegno della persona e richiede fiducia in se stessi e nelle proprie

risorse di cambiamento, consapevolezza di sé, autoaccettazione.

Decidere in quale modo continuare ad essere vivi e uscire dal lutto è responsabilità

personale, è atto di coraggio.

Con il Counseling possiamo aiutare una persona a far emergere le sue risorse

interiori ed acquisire gli strumenti per compiere il difficile lavoro

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dell'elaborazione attraverso:

Counseling narrativo

Visualizzazione, rendere presente la persona cara

Autobiografia: scrivere la propria storia, capire i passaggi importanti della vita

La ricerca del senso che la vita può ancora avere, permettersi di stare male, ma anche creare e alimentare

la volontà per uscire

Aiutando la persona a chiudere i sospesi, trasformare i sensi di colpa, dare ascolto alla voce interiore,

(ricordarci delle espressioni, delle tonalità, delle modalità ) a conservare vivi i ricordi (cosa c’è stato

di bello) per mantenere viva la presenza della persona

Insegnare a dar valore a tutte le piccole cose quotidiane

Lasciarsi consolare, (cum sol \ consolare chi è solo) dalle persone che ci sono intorno

Credere nella continuità della coscienza, anima, ricerca di senso e di spiritualità

Fare un bilancio di cosa si è fatto insieme alla persona scomparsa

Insegnare l'arte della formica: l'elaborazione avviene un passo dopo l'altro ponendosi degli obiettivi piccoli

e realizzabili, mete rispettose delle reali capacità delle persone

Chiedere perdono e sapersi perdonare (scusa\ mi dispiace\ grazie \ ti amo),

Tecniche di ascolto

Non dimenticarsi l’Amore verso se stessi

Il Counselor deve imparare a muoversi in punta di piedi, con umanità e sensibilità per poter aiutare il cliente

in questo percorso.

Nelle situazioni in cui si accompagna la persona morente è importante tenerne

presenti le emozioni e gli stati d' animo :

la paura della solitudine, dell'ignoto,

la paura della perdita di controllo che spaventa e può fare impazzire,

la paura della morte mista a volte, nel credente, ad un senso di colpa.

La congiura del silenzio nei confronti del morente comporta una grande fatica e allo stesso modo dell'assalto

alla verità, impedisce di stabilire una comunicazione profonda tra le persone.

Aiutare la persona morente e i familiari a condividere, chiedere aiuto, riconoscere il valore di chi è accanto,.

Ma anche aiutare la persona a stare sola.

Rispettare come Counselor gli equilibri esistenti in quel momento, in quella famiglia, e le scelte che vengono

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fatte.

Aiutare a chiudere i sospesi per chi se ne va e per chi resta.

Sono importanti piccoli gesti, comunicazioni non verbali quali guardare negli occhi chi sta morendo per

farlo sentire meno solo e per fargli sentire che appartiene ancora al mondo dei vivi.

Strumenti di counseling per accompagnamento nel fine vita

Counseling narrativo

Autobiografia

Immaginario della morte

Passaggio del testimone

Testamento olografico

Ricercare il senso della vita

Chiudere i sospesi

Continuità della coscienza, anima

Bilancio

Meccanismi difensivi di fronte ad eventi che provocano dolore/disagio nelle

persona:

La PROIEZIONE è il trasferimento su altri di pensieri e di vissuti propri. E’ conosciuto come uno dei

principali meccanismi di difesa, anche mediante spostamento delle responsabilità sull’altro.

La NEGAZIONE è il processo di evitamento degli aspetti sgradevoli della realtà trattandoli come se non

esistessero, o la RIMOZIONE (eliminazione dalla coscienza di vissuti negativi), con le tipiche forme di

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chiusura in se stessi, rassegnazione eccessiva, fino al panico.

La SCISSIONE è definibile come una frattura tra sentimenti e comportamento. Ma anche come processo di

distanziamento da se stessi o di divergenza progressiva dei pensieri l’uno dall’altro. Per esempio guidare per

un certo tragitto e poi accorgersi di non ricordarne i particolari, perché eravamo assorti in pensieri,

nell'ascolto della radio o nella conversazione. La patologia interviene quando è l'identità stessa a essere

frammentata insieme alla memoria, ai processi di apprendimento o di motivazione. Nel caso di scissioni è

indispensabile contenere la confusione mentale mediante la rigenerazione del contatto con se stessi. “Lei è

una persona che… si ricorda quando…”. Questo modello comunicativo diventa riorganizzante per il sé. Le

storie sono anche un deposito di identità.

Alcune forme di lutto

A volte può diventare particolarmente difficile separarsi dal dolore, lasciarlo andare, abbandonare i vantaggi

secondari ( commiserazione e autocommiserazione) che lo stare nel dolore possono dare. Con il tempo

quando non viene risolto, il dolore può autorinforzarsi, diventare dominante nella vita di una persona.

Lutto complicato

Con la definizione generica di lutto complicato vengono indicate diverse condizioni, alcune relative a

cambiamenti dovuti al fisiologico processo del lutto e altre a complicanze psichiatriche e mediche,

conseguenti al decesso di una persona cara.

La forma più comune è rappresentata dal lutto non risolto, in cui si assiste all’arresto del naturale processo di

cordoglio e alla comparsa di quadri depressivi, disturbi somatici e fenomeni d’identificazione patologica.

Lutto cronico

Caratterizzato dal protrarsi indefinito della perdita e dall’idealizzazione del morto. Questa evoluzione è più

probabile se la relazione con il defunto era ambivalente, se il soggetto ha una personalità di tipo dipendente o

se mancano dimostrazioni di solidarietà da parte di familiari e amici o validi supporti sociali.

Lutto ipertrofico

Spesso avviene in seguito a una morte improvvisa o inaspettata, le reazioni dolorose sono particolarmente

intense, protratte e le abituali strategie di rassicurazione, come la vicinanza di persone amiche, risultano

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inefficaci.

Lutto ritardato

Si ipotizza sia sostenuto da meccanismi di negazione talvolta in associazione a sentimenti di rabbia o di

colpa, sono assenti o minimi i segni della fase acuta del cordoglio.

Al pari di altri eventi, la morte di una persona cara è in grado di scatenare un disturbo psichico o

l’aggravamento di una patologia preesistente, come disturbi dell’umore e d’ansia.

Lutto anticipatorio

Il familiare attuando una strategia difensiva parla del morente come se fosse già morto.

Caregiver

Chi è il caregiver?

In inglese caregiver significa “persona che presta le cure”.

E’ una persona responsabile che, in ambito domestico, si prende cura di un soggetto non autonomo o

disabile.

Talvolta il caregiver è estraneo al contesto familiare, più spesso si tratta di un parente o di una persona

amica.

Cosa fa il caregiver?

Risponde al bisogno di sicurezza della persona non autosufficiente.

Si prende cura della persona malata occupandosi dell’igiene, dell’alimentazione, della mobilizzazione, della

somministrazione dei farmaci ecc..

Si occupa dell’organizzazione dell’ambiente e delle risorse necessarie a garantire la migliore qualità di vita

del proprio assistito.

Consente alla persona malata di poter vivere nel proprio ambiente familiare.

Per poter svolgere al meglio il proprio compito il caregiver deve essere adeguatamente istruito e informato

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dal personale sanitario che ha in cura il paziente, in modo da poter affrontare l’assistenza quotidiana e

riconoscere la comparsa di eventuali complicanze.

Presenza di bambini nelle situazioni di lutto

Informare con parole adeguate i bambini su cosa accade perchè possano esprimersi, parlare. Non aver

paura di mettere i bambini a contatto con la morte Raccontare loro quanto sta accadendo e la nostra preoccupazione

Spesso i bambini hanno compreso, ma si pongono in un ruolo di protezione: io so, ma non dico nulla

altrimenti i grandi si “preoccupano”., anche i bambini debbono potersi esprimere.

Se non vengono adeguatamente informati si creano fantasie: è colpa mia, papà è cattivo perché non viene

più a prendermi…

Informare gli insegnanti della scuola di cosa sta accadendo

Portare i bambini nella camera ardente se lo vogliono, chiedere se sanno cosa sia un funerale e se vogliono

partecipare, rispettare la loro decisione . Il rito a volte avvia il percorso di elaborazione

I bambini devono essere coinvolti, non isolati, non riempiti di cose da fare

Se sono molto piccoli possono manifestare la sofferenza con irrequietezza, inappetenza, insonnia o disagio

scolastico.

Spiegare cosa significa esser morto (non dire che si è addormentato altrimenti si alimenta l’immaginario

del bambino che ha poi paura ad andare a dormire), ma spiegare che non mangia più non respira più

ecc.. fare un esempio come quando è morto il gatto Davanti alla loro richiesta di partecipare alla preparazione dei medicinali va bene farli partecipare ma

senza responsabilizzarli troppo per proteggerli da una possibile colpa che può scattare nel momento

della morte (non ho fatto abbastanza)

Anche per un bambino valgono le medesime fasi del lutto: la negazione, la rabbia, l'incredulità ecc.

Importanza di un percorso di elaborazione per la famiglia ed il bambino affinché il bambino non si senta

in colpa della morte del genitore o in caso di morte del genitore con un bimbo con meno di 9/10 anni

non sviluppi una mentalità da orfano (che non si sente amato e pensa di essere stato adottato).

ALCUNE TIPOLOGIE di MORTI dove l'elaborazione del dolore è diversa per chi rimane

Morti difficili (bambini, giovani )

Buona morte ( c'è accompagnamento, chiusura dei sospesi, è spesso la morte annunciata, per malattia e non

violenta)

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Cattiva morte (morte improvvisa, incidenti, catastrofi, omicidio, suicidio)

ALCUNI TERMINI

Mancanza del corpo morto (a volte è più difficile elaborare un lutto quando non si ha la possibilità di vedere

il corpo dell’amato)

Ambivalenza del corpo morto ( attrazione/repulsione verso il corpo)

Tanatogramma (registrazione elettrica protratta per 20’ dell’attività elettrica del cuore, a documentarne la

assenza)

SUICIDIO

Chi ne parla, lo fa o non lo fa?

Periodo di tragicità e poi serenità, come leggerlo?

E’ una scelta? Tentativi o definitivo?

Non è un gesto di non amore, ma è già oltre. E' espressione di una scelta di vita, non legato ad aspetti psico-

patologici della persona. Si sta così male che morire è unico modo per stare meglio e lo star male non è da

contrapporsi all’amore.

Come Counselor, nell'elaborazione del dolore per la perdita, è necessario aiutare le persone ad affrontare

anche i sentimenti di vergogna, i pregiudizi, i sensi di colpa, i luoghi comuni che spesso accompagnano i

familiari dei suicidi.

ABORTO

In caso di aborto volontario è importante sostenere la cliente affinché possa dare un senso al sacrificio che ha

compiuto, in funzione di qualcos’altro che ha ritenuto ancora più sacro per lei.

Se è possibile aiutarla a comprendere quale desiderio conscio e\o inconscio ha comportato questa gravidanza.

EUTANASIA:

aiutare in modo amorevole a porre fine ad una vita divenuta troppo sofferente.

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Riferimenti a pratiche di eutanasia esistono nella tradizione di diverse regioni.

L'«accabadora» in Sardegna è colei che finisce. Agli occhi della comunità, il suo non è il gesto di

un'assassina, ma quello benevolo e pietoso di chi aiuta il destino a compiersi.

QUALE FUNZIONE HANNO I RITI FUNEBRI

- Fornire uno spazio e un tempo in cui poter esprimere, in modo solenne, il cordoglio, il dolore, lo

sconvolgimento e l’impotenza di fronte all’evento della morte.

- Assistere e consolare i vivi nel delicato e doloroso momento della separazione fisica dal corpo del loro

caro.

- Ricostruire i legami spezzati dalla perdita di un membro del gruppo o della famiglia.

- Agevolare il lungo percorso di elaborazione del lutto.

- Onorare il morto e dirgli addio.

- Conferire una nuova identità a chi passa dalla dimensione di vivo al mondo dei morti (qualsiasi sia la forma

che a esso si vuole attribuire: mondo degli antenati, vita ultraterrena, altra vita o semplice dimensione del

ricordo).

Cremazione

Dispersione ceneri

Rito civile

Rito religioso

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Il lutto visto in altre culture

-Genesi 4.6 “Giuseppe metterà la mano sopra i tuoi occhi…”

Chiudere gli occhi al defunto così si chiude la sua visione su questo mondo (materiale) e può aprirsi la

visione su un altro mondo.(spirituale)

Cinesi

I cinesi che vivono in Italia e hanno 60 anni non son più del 0,74%.

A 50 anni tornano nel loro paese.

Non pronunciano mai la parola morte, per paura di attirare la sfortuna.

Buona morte se è accompagnato

Cattiva morte se è improvvisa e traumatica e la colpa può venir attribuita al morto oppure al clan famigliare

o al dispiacere degli antenati

Non guardano il momento della chiusura della bara perché potrebbe portare sfortuna.

Peruviani

Il morto viene vestito dai familiari mentre fumano perché il fumo protegge dal contatto con l’anima che può,

in alcuni casi, provocare danni.

La veglia dura ininterrottamente 2 giorni , anche se il defunto è deceduto in ospedale.

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Per qualche giorno l’anima del defunto visita i posti a lui più cari. I familiari si prendono cura del suo corpo

sia nel prepararlo per sistemarlo nella bara sia nel trasportare il feretro affinché l’anima del defunto possa

partire e non tornare a casa. Il quinto giorno lavano tutta la biancheria del defunto e poi cospargono di pasca,

( una pietra bianca e coca) la paglia del letto o ciò che deve esser eliminato bruciando tutto per evitare che il

morto torni casa e si porti via i suoi cari per averli ancora vicini.,

Quando per la veglia non è possibile avere il corpo del defunto in casa si utilizza una sua foto e la biancheria

che aveva addosso.

Filippini

La veglia funebre può anche durare un mese e si utilizzano conservanti con cui trattare il cadavere. Il feretro

è in vetro nella parte superiore per consentire ai parenti di vedere il volto. Seguono tutta una serie di feste per

la messa di trigesima, il compleanno del defunto, e altre date, ma tutte si concludono con un banchetto.

Spesso i Filippini in Italia scelgono per la sepoltura di esser riportati nel loro paese di origine.

Romeni Ortodossi

La veglia al corpo dura 3 giorni e 3 notti, il defunto non viene mai lasciato solo. Durante i 3 giorni in casa

nessuno deve pulire, ma si può solo cucinare perché l’attenzione è tutta rivolta alla preghiera perchè

avvenga il distacco dell’anima e la preparazione del defunto alla nuova situazione.

Il corpo viene preparato dai familiari più stretti e viene lavato perché l’acqua ha il ruolo di purificare per

permettere al defunto di liberarsi dagli ultimi legami familiari.

Dopo il funerale vengono donati i vestiti del defunto ai più bisognosi, insieme a cibo come simbolo di

reciprocità e solidarietà , così che la vita continui attraverso la morte.

Il 41esimo giorno vi è un rito che segna il passaggio definitivo dell’anima.

Il lutto è considerato concluso dopo 7 anni.

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Le diverse modalità di vivere il lutto secondo i copioni relazionali

Atteggiamento conservatore: tipico del sensibile, del tranquillizzante e dell’affettivo dovuto all’alto livello

di arousal che induce estremo bisogno di rimanere/ ritornare allo status quo negando i cambiamenti che il

lutto stesso ha generato o genererà.

Ad esempio: conserva gli oggetti che gli ricordano il defunto; mantiene vive le vecchie abitudini; si reca con

periodicità costante al cimitero; consolida i riti diventando talvolta ossessivo.

Per sostenerli nell’elaborazione del lutto è fondamentale portare la persona in contatto con la possibilità di

interrompere le abitudini, facendola rendere conto di quanto la fa soffrire il mantenere questo atteggiamento

e in che modo esclude la possibilità di ricominciare a vivere.

Atteggiamento di rimozione: tipico dell’organizzatore e dell’idealista, anche se con modalità diverse,

dovuto alla capacità di controllo sulle proprie emozioni a cui non rinuncia di fronte a ciò che è

incontrollabile come la morte.

I’organizzatore: si occupa della famiglia rimasta con presa in carico di responsabilità, mantiene gli impegni

presi senza modificarli; definisce la sua modalità di vivere come una sopravvivenza.

L’idealista: cerca scenari romantici\fantastici dove diluire la sua tristezza; tende a sublimare il vissuto del

lutto.

Entrambi palesano l’arroganza di poter tenere sotto controllo questo dolore infatti non si rivolgono quasi mai

a dei professionisti o se lo fanno lo fanno per ottimizzare le proprie prestazioni togliendo valore alla

sofferenza.

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Per sostenere l’organizzatore e l’idealista nell’elaborazione del lutto è fondamentale portare la persona in

contatto con i cambiamenti avvenuti con il decesso dell’amato e con la possibilità di accettare gli

insegnamenti che l’esperienza della morte porta con sé.

Atteggiamento di sovrapposizione/iperattivo: tipico del motivatore e del carismatico, dovuto all’alto

livello di attivazione, si getta con impeto nelle cosa da fare come tentativo estremo di sfidare la morte e di

sentirsi vivo.

Il motivatore: è mosso da una rabbia di fondo e sembra voler dire alla morte “anche se mi hai portato via la

persona amata io posso fare a meno della sua presenza fisica e lei rimarrà viva dentro di me per sempre e tu,

morte, non potrai portarmi via questo ricordo”.

Il carismatico: ricerca nel piacere la sostituzione di ciò che la morte gli ha sottratto. Cambia storie affettive e

sessuali continuamente, ricerca svaghi estremi con modalità talvolta compulsive, in sostanza cerca di

sostituire rapidamente la persona defunta.

Per sostenere il motivatore nell’elaborazione del lutto è fondamentale portare la persona in contatto con la

sua ferita e sostenerla nell’accettazione della scomparsa dell’amato.

Per sostenere il carismatico nell’elaborazione del lutto è fondamentale fargli riconoscere la ferita che la

morte gli ha provocato per elaborare delle azioni e non delle reazioni.

IL COUNSELOR DEVE SAPER FARSI BAGNARE DALLE

LACRIME DEGLI ALTRI

Arianna Garrone

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DOCUMENTO: TESTAMENTO BIOLOGICO ( qui di seguito)

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