L'insegnamento della matematica e OCSE PISA

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L’insegnamento della matematica e i risultati OCSE PISA Di Raimondo Bolletta Premessa Lettera Pristem ospitò nel numero … un mio intervento sui primi risultati dell’Indagine Ocse Pisa 2000 in cui, all’epoca, mi sforzavo di presentarne il significato e i limiti in un contesto in cui era diffusa una certa resistenza ad assumerli come validi e significativi per la realtà italiana. In effetti i risultati della somministrazione del 2000 pubblicati nel 2001 erano stati in qualche modo oscurati tanto che il rapporto italiano non era stato pubblicato ma era rimasto nei cassetti del ministero alle prese con le lungaggini di commissioni di revisioni che alla fine ne determinarono la non pubblicazione. Quel rapporto in italiano è ancora disponibile solo sul sito ufficiale dell’Ocse ma non, ad esempio, sul sito dell’Invalsi che ne curò la somministrazione italiana. La seconda somministrazione, quella del 2003 che aveva come disciplina principale la matematica, fu al centro di un’attenzione ben più marcata da parte dell’allora ministro Moratti che volle un evento nazionale per la presentazione ufficiale dei risultati ed avviò un piano nazionale di interventi formativi per i docenti delle tre aree saggiate dall’OCSE PISA e cioè la lingua madre, la matematica e le scienze. Tutto il sistema scolastico era allora mobilitato nella sfida lanciata dagli obiettivi di Lisbona che assumevano i rendimenti nell’indagine OCSE PISA come benchmark su cui misurarsi: non era più possibile non tener in debito conto i risultati dell’indagine. I risultati della somministrazione 2006 sono stati pubblicati sotto un altro ministro proprio mentre si realizzavano interventi volti a ristabilire la serietà degli studi attraverso una maggiore severità degli esami e degli scrutini e attraverso l’abolizione dei debiti scolastici. La riconferma di esiti negativi riemersa nella sessione 2006 , di cui qui parleremo, ha costituito quindi un indicatore indiscutibile, una conferma certa di visioni della scuola italiana pessimistiche ed allarmistiche. All’incredulità iniziale di otto anni fa è seguita quindi una diffusa preoccupazione circa lo stato delle competenze matematiche possedute dai giovani in Italia. Tale preoccupazione, radicata anche nell’opinione pubblica al di fuori della ristretta cerchia degli specialisti, trova in questi giorni un ulteriore riscontro nelle statistiche ministeriali: le insufficienze riscontrate alla fine del primo quadrimestre nelle scuola superiori italiane ammontano a più del 40% degli studenti nella sola matematica. Allarmano i dati sulle iscrizioni alle facoltà scientifiche e matematiche scese

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Articolo pubblicato su lettera Pristem sui risultati dell'Indagine OCSE PISA e delle comparazioni internazionali.

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L’insegnamento della matematica e i risultati OCSE PISA

Di Raimondo Bolletta

Premessa Lettera Pristem ospitò nel numero … un mio intervento sui primi risultati dell’Indagine Ocse Pisa 2000 in cui, all’epoca, mi sforzavo di presentarne il significato e i limiti in un contesto in cui era diffusa una certa resistenza ad assumerli come validi e significativi per la realtà italiana. In effetti i risultati della somministrazione del 2000 pubblicati nel 2001 erano stati in qualche modo oscurati tanto che il rapporto italiano non era stato pubblicato ma era rimasto nei cassetti del ministero alle prese con le lungaggini di commissioni di revisioni che alla fine ne determinarono la non pubblicazione. Quel rapporto in italiano è ancora disponibile solo sul sito ufficiale dell’Ocse ma non, ad esempio, sul sito dell’Invalsi che ne curò la somministrazione italiana. La seconda somministrazione, quella del 2003 che aveva come disciplina principale la matematica, fu al centro di un’attenzione ben più marcata da parte dell’allora ministro Moratti che volle un evento nazionale per la presentazione ufficiale dei risultati ed avviò un piano nazionale di interventi formativi per i docenti delle tre aree saggiate dall’OCSE PISA e cioè la lingua madre, la matematica e le scienze. Tutto il sistema scolastico era allora mobilitato nella sfida lanciata dagli obiettivi di Lisbona che assumevano i rendimenti nell’indagine OCSE PISA come benchmark su cui misurarsi: non era più possibile non tener in debito conto i risultati dell’indagine. I risultati della somministrazione 2006 sono stati pubblicati sotto un altro ministro proprio mentre si realizzavano interventi volti a ristabilire la serietà degli studi attraverso una maggiore severità degli esami e degli scrutini e attraverso l’abolizione dei debiti scolastici. La riconferma di esiti negativi riemersa nella sessione 2006 , di cui qui parleremo, ha costituito quindi un indicatore indiscutibile, una conferma certa di visioni della scuola italiana pessimistiche ed allarmistiche.

All’incredulità iniziale di otto anni fa è seguita quindi una diffusa preoccupazione circa lo stato delle competenze matematiche possedute dai giovani in Italia. Tale preoccupazione, radicata anche nell’opinione pubblica al di fuori della ristretta cerchia degli specialisti, trova in questi giorni un ulteriore riscontro nelle statistiche ministeriali: le insufficienze riscontrate alla fine del primo quadrimestre nelle scuola superiori italiane ammontano a più del 40% degli studenti nella sola matematica. Allarmano i dati sulle iscrizioni alle facoltà scientifiche e matematiche scese

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drasticamente negli ultimi anni e che si sono faticosamente e lentamente riprese dopo interventi mirati sui giovani che finiscono la scuola secondaria superiore. Come accade spesso in tutti gli allarmi sociali vi è però il rischio che i dati empirici alimentino pregiudizi controproducenti rispetto a possibili interventi migliorativi. L’articolo intende fornire spunti di riflessione per una lettura attenta ma prudente della situazione che va trattata con cautela senza provocare ulteriori disastri come temo stia accadendo ad esempio per i frettolosi interventi sull’eliminazione dei debiti formativi.

Qual è il ruolo dell’insegnamento della matematica? La prima e fondamentale questione che ci si pone quando si leggono dati empirici riferiti a una realtà complessa riguarda il grado di pertinenza e validità degli strumenti di indagine. Tale cautela scatta ancor più decisamente se le ‘notizie sono cattive’.

Il sistema formativo matematico italiano, almeno nel settore della scuola primaria e secondaria, sconta ancora un certa arretratezza rispetto agli altri paesi Ocse, con cui si effettua la comparazione Pisa, nell'uso di tecniche di accertamento oggettivo del profitto e nella gestione di ricerche empiriche sull’educazione. In . compenso, però, presenta una ricca varietà di iniziative innovative, ricerche, sperimentazioni ed elaborazioni di materiali didattici che dovrebbero costituire un presupposto per risultati positivi. Permane quindi una certa diffidenza o incredulità che è all’origine di una domanda ricorrente: ma come si spiega una situazione così negativa? Che cosa si può fare? Di chi è la responsabilità?

Rispetto a ciò possiamo tratteggiare il contesto di riferimento della nostra riflessione attraverso i seguenti punti:

• l'educazione matematica resta un obiettivo fondamentale per tutti gli ordini scolastici;

• molti casi di insuccesso scolastico sono legati alle difficoltà incontrate nell'apprendimento della matematica;

• sulla matematica vi è stato un notevole investimento di risorse in termini di proposte innovative, sperimentazioni e ricerche che hanno innescato molte attese, a volte deluse;

• non vi è accordo sulle modalità più attendibili per accertare il raggiungimento dei principali obiettivi formativi della matematica.

Nel merito possiamo dire, schematizzando moltissimo, che il dibattito sulle finalità e sul rinnovamento dell'insegnamento della matematica è stato segnato da oscillazioni tra le seguenti due polarità estreme:

• da un lato il perseguimento di obbiettivi minimi centrati sulla padronanza di repertori di procedure esecutive e automatiche

• dall’altro una educazione matematica ricca di significati, motivazioni, problemi stimolanti per lo sviluppo di una intelligenza creativa.

Ciascuno di noi, come docente di matematica, può sostenere di cercare di conciliare entrambi gli aspetti, da un lato le competenze ‘balistiche’, la padronanza degli automatismi e dall’altro la comprensione dei concetti e lo sviluppo di condotte intelligenti e curiose; ma, se analizzassimo più a fondo le nostre condotte didattiche, scopriremmo che nessuno di noi è realmente equidistante tra queste due polarità.

Coloro che preferiscono la seconda opzione didattica nutrono una chiara ostilità nei confronti delle prove oggettive (strumenti necessariamente usati nelle comparazioni internazionali e nelle valutazioni di sistema) e quindi ne discutono la significatività dei risultati, pur in presenza di un generale malcontento sui risultati dell’insegnamento della matematica realizzato nelle scuole.

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Le comparazioni internazionali Occorre ricordare che l’Italia ha aderito con molto ritardo alle indagini comparative sulla matematica promosse da IEA (International Association of Educational Achievement) per vari motivi, non ultimo per la diffidenza che tra i matematici si fondava su un famoso articolo1 che H. Freudenthal aveva dedicato ai primi studi IEA sulla matematica: in esso veniva criticata la scarsa attenzione posta nei primi studi IEA degli anni sessanta al curricolo reale e alla validità dei confronti tra paesi con culture e tradizioni didattiche diverse. Avvisaglie della situazione emersa con tutta evidenza nelle prove OCSE PISA erano già emerse in varie indagini italiane2 ma anche in indagini sulla matematica promosse dall’Associazione IEA

Nella somministrazione dello IEA TIMSS 1995 l’Italia partecipa ma vi sono problemi di rappresentatività del campione in vari paesi per cui la ricerca non ha un significativo impatto a livello internazionale. Tuttavia la tabella seguente3 evidenzia un andamento potenzialmente preoccupante per la popolazione 3 (al termine della scuola secondaria superiore frequentante corsi di matematica avanzati) se si considerano anche le colonne MTCI (stima della percentuale di studenti rispetto alla coorte di età che frequentano corsi ‘avanzati’) e l’età media della popolazione.

Nel rapporto dell’indagine IEA TIMSS 19994 una analoga tabella riporta un maggior numero di paesi per la popolazione 2 corrispondente alla nostra terza media. Anche in questo caso l’Italia si trova sotto la media generale e denota, rispetto al 1995, una diminuzione del punteggio medio.

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Nel 2000 l’attenzione internazionale si sposta decisamente sulla indagine PISA, promossa dall’OCSE. Come è noto la matematica è presente nella prima somministrazione come argomento secondario rispetto alla competenza linguistica nella lingua madre mentre compare con un test più esteso nella successiva somministrazione del 2003. L’indagine Pisa ha determinato un momento di radicale cambiamento rispetto al dibattito sulla valutazione degli apprendimenti in matematica. Essa abbandona l’ancoraggio ai curricoli formali, o reali che siano, tipica delle indagini IEA per fondare la propria validità su un comune framework teorico su cui i paesi partecipanti convengono di misurarsi. Tale framework teorico5 è stato formulato tenendo conto della transizione dalla scuola dell’obbligo, generalista e uguale per tutti, verso la vita lavorativa o verso la scuola superiore specialistica. L’indagine individua tale passaggio nei quindicenni che diventano, quindi, per convenzione dei paesi partecipanti, l’età target. Ciò determina una attenzione del framework molto centrata sulla vita reale, sui contesti delle applicazioni e della soluzione di problemi e determina una concezione della competenza matematica funzionale allo sviluppo di competenze per la vita.

Il rapporto del PISA 2000 denuncia una situazione difficile sia per la posizione molto bassa nella graduatoria generale sia per la variabilità interna tra strati territoriali.

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Livelli di apprendimento in matematica per paese

Giappone 557 (5,5) 87 (3,0)Repubblica di Corea 547 (2,8) 84 (1,6)Nuova Zelanda 537 (3,1) 99 (2,0)Finlandia 536 (2,2) 80 (2,6)Australia 533 (3,5) 90 (1,6)Canada 533 (1,4) 85 (1,1)Regno Unito 529 (2,5) 92 (1,5)Svizzera 529 (4,4) 100 (2,0)Belgio 520 (3,9) 106 (1,8)Francia 517 (2,7) 89 (1,7)Austria 515 (2,5) 92 (1,6)Islanda 514 (2,3) 85 (1,4)Danimarca 514 (2,4) 87 (1,8)Svezia 510 (2,5) 93 (1,2)Irlanda 503 (2,7) 84 (1,7)Norvegia 499 (2,8) 92 (1,7)Repubblica Ceca 498 (2,8) 96 (1,9)Stati Uniti 493 (7,6) 98 (2,7)Germania 490 (2,5) 103 (1,9)Ungheria 488 (4,0) 98 (2,1)Spagna 476 (3,1) 91 (1,2)Polonia 470 (5,5) 103 (3,1)Italia 457 (2,9) 90 (2,7)Portogallo 454 (4,1) 91 (1,8)Grecia 447 (5,6) 108 (2,7)Lussemburgo 446 (2,0) 93 (1,5)Messico 387 (3,4) 83 (2,1)Media Paesi OECD 500 (0,7) 100 (0,4)Liechtenstein 514 (7,0) 96 (3,9)Russia 478 (5,5) 104 (1,8)Brasile 334 (3,7) 97 (1,9)

Paesi OECD con punteggio significativamente maggiore della media dei paesi OECD

Paesi OECD con punteggio non significativamente differente della media dei paesi OECD

Paesi OECD con punteggio significativamente minore della media dei paesi OECD Paesi non OECD

• Si riporta in parentesi l'errore standard.

Paesi Deviazione standardPunteggio

320 380 440 500 560

Per capirne la portata pratica nel rapporto italiano del 20006 veniva sottolineato la comparazione della struttura della popolazione dei nostri giovani rispetto a quella degli altri paesi.

La comparazione solleva problemi non di poco conto: la differenza in media tra l’Italia e la media del paese migliore, il Giappone ammonta a 100 punti ovvero a un sigma della scala. Questo significa ad esempio che il nostro 5% migliore, che supera il punteggio 600, ha un risultato che è superato da quasi il 50% della popolazione giapponese, dal 25% dei finlandesi, dal 25% degli inglesi o degli svizzeri, mentre il 5% peggiore dei giapponesi raggiunge al massimo un punteggio di 402 punti quando il nostro 25% inferiore ha un punteggio inferiore a 398 punti. Prima di cercare le ragioni di tale differenze occorre sottolineare, in un’ottica ottimistica per il possibile futuro, che i risultati dei paesi migliori dimostrano empiricamente la possibilità di raggiungere su vaste porzioni della popolazione risultati che nel nostro attuale sistema dovremmo considerare di rara eccellenza e cioè raggiunti da uno sparuto 5%.

Ovviamente è opportuno delimitare la portata di tale risultato riflettendo sulla validità dei confronti e sui fattori che possono aver influito sulla sua negatività. E’ interessante analizzare la situazione confrontando i rendimenti sui singoli quesiti. Data la riservatezza dello strumento di rilevazione non è possibile far ciò nel

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dettaglio ma proveremo ugualmente a dare qualche elemento di riflessione. Vi è un solo quesito in cui l’Italia supera la media generale: nel quesito ‘Triangoli’ in cui si tratta di riconoscere una figura composta da vari triangoli attraverso una descrizione verbale contenente varie proprietà geometriche. In tale quesito l’Italia ha ottenuto il 61% dei successi contro il 58% generale.

In altri sei quesiti l’Italia ottiene lo stesso rendimento di tutta la popolazione: sono quesiti in cui il contenuto matematico è ben visibile e corrisponde ad attività di apprendimento codificate come ad esempio il calcolo di una superficie laterale di una piramide, la soluzione di una semplice equazione, la lettura di dati da un grafico, il confronto di segmenti rilevabili da un disegno. Tutti i quesiti citati hanno la caratteristica di richiedere conoscenze specifiche previste dai nostri programmi e normalmente esercitate e rinforzate. In tutte gli altri quesiti in cui il problema si presenta come inconsueto, e comunque non matematicamente formalizzato, i rendimenti sono peggiori. La perdita è più forte nei quesiti in cui sono più alte le omissioni. Come accade anche per le scienze, ci sono quesiti in cui le risposte mancanti sono molto frequenti. Nel quesito più disatteso, la stima dell’area di un continente da effettuare con la quadrettatura di una mappa, l’Italia arriva al 78% delle omissioni contro il 50% della popolazione totale, in un quesito in cui occorreva illustrare il modo in cui una informazione era stata tratta da un diagramma statistico, al 73% delle astensioni italiane corrisponde il 50% di tutta la popolazione. Dall’esame sistematico di tali casi emerge che i quesiti in cui si chiedeva di spiegare, di verbalizzare, di dimostrare o di giustificare sono stati spesso omessi. Gli studenti italiani sono quindi apparsi meno pronti nell’esprimere e nell’argomentare le proprie opinioni utilizzando concetti e processi matematici. Le omissioni più frequenti possono dipendere anche da una minore motivazione a fornire risposte corrette anche quelle più impegnative e faticose. Ma considerando che le procedure di somministrazione sono state rigorosamente uniformi nei vari paesi, la stessa motivazione a rispondere, la stessa voglia di accettare la sfida che proviene da un problema ‘difficile’, lo stesso impegno nel fornire una risposta ‘ricca’ ed argomentata sono un connotato importante del valore e della ‘produttività’ di competenze ben interiorizzate e proiettate verso la vita.

Nelle conclusioni di quel rapporto tra l’altro si sottolineava: L’interpretazione dei risultati in matematica che pongono l’Italia nella fascia bassa tra i paesi sviluppati,

• non mette in causa direttamente la qualità dell’attuazione dei programmi scolastici per come sono attualmente definiti poiché, in particolare per il biennio, questi sembrano più finalizzati all’apprendimento della matematica come disciplina formalizzata e allo sviluppo di una padronanza del calcolo letterale, piuttosto che al raggiungimento degli obiettivi valorizzati dalla prova Pisa

• pone piuttosto in causa l’impianto dei programmi stessi e la loro distribuzione nelle varie annualità. Nella somministrazione del 20037 un test più esteso ha consentito di declinare operativamente meglio la competenza matematica rilevata descrivendo sei livelli su una scala metrica che va dal non misurabile alle prestazioni più complesse ipotizzate dal framework teorico. Questa descrizione dei livelli8 costituisce un fatto nuovo ed importante nella pratica valutativa poiché consente di superare la tipica difficoltà di interpretazione di un freddo punteggio di un test se non si conosce minutamente la struttura e il contenuto del test o se non sono esplicitati dei criteri di sufficienza a priori da parte degli autori del test.

Riportiamo testualmente la descrizione dei primi due livelli, quelli più bassi poiché convenzionalmente l’OCSE ha fissato la soglia della sufficienza proprio al confine tra questi due livelli. Si ritiene infatti che i quindicenni che appartengono al livello 1 presenteranno probabilmente problemi in futuro sia per quanto riguarda il loro inserimento nel lavoro e/o nello studio successivo e soprattutto per quanto riguarda il loro inserimento sociale come cittadini partecipi ed autonomi.

2 Gli studenti di 2° livello sono in grado di interpretare e riconoscere situazioni in contesti che richiedano non più di un’inferenza diretta. Essi sono in grado, inoltre, di trarre informazioni pertinenti da un’unica fonte e di utilizzare un’unica modalità di rappresentazione. A questo livello, gli studenti sono anche capaci di servirsi di elementari algoritmi, formule, procedimenti o convenzioni. Essi sono capaci di ragionamenti diretti e di un’interpretazione letterale dei risultati.

1 Gli studenti di 1° livello sono in grado di rispondere a domande che riguardino contesti loro familiari, nelle quali siano fornite tutte le informazioni pertinenti e sia chiaramente definito il quesito. Essi sono in grado, inoltre, di individuare informazioni e di mettere in atto procedimenti di routine all’interno di situazioni esplicitamente definite e seguendo precise indicazioni. Questi studenti sono anche capaci di compiere azioni ovvie che procedano direttamente dallo stimolo fornito.

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Al di sotto del livello 1 vi è però una parte di quindicenni che hanno una competenza così bassa da non poter essere misurata affidabilmente dal test. Questa parte di popolazione costituisce il livello 0 di cui non viene ovviamente data una descrizione in termini di competenza poiché la prova non è in grado di misurarla.

Il primo e fondamentale problema per l’Italia è la consistenza numerica dei livelli 0 e 1 che costituiscono il gruppo che potremmo definire degli insufficienti.

Il grafico9 seguente rappresenta impietosamente la situazione poiché mostra la presenza di quasi un 30% di popolazione di quindicenni scolarizzati a rischio poiché sono al di sotto della soglia minima del livello 2.

Il grafico precedente consente di osservare che vi sono paesi che vantano una consistenza del livello 6, ovvero dell’eccellenza, che supera decisamente quel 5% medio caratteristico dell’intera popolazione degli studenti testati.

Ovviamente questa distribuzione si riflette sul valor medio nazionale del punteggio in cui la posizione nella graduatoria continua ad essere molto simile a quella emersa nelle indagini IEA e nella somministrazione del 2000.

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600

Media min i.c. max i.c.

Punteggio medio sulla scala complessiva di competenza matematica

I risultati del 2003, basandosi su un test abbastanza esteso e su una analitica descrizione della competenza matematica, hanno consentito di approfondire anche l’analisi delle differenze di rendimento all’interno del sistema. Infatti in un sistema scolastico centralizzato e tendenzialmente egualitario, le differenze tra individui e tra gruppi costituisce un problema importante. Due sono gli ambiti, quello territoriale e quello della struttura scolastica, che assumono forte rilevanza e che i due grafici seguenti illustrano efficacemente.

400

420

440

460

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Confronto tra le medie di strato e alcuni paesi di riferimento

4 5 9

22 2311 11

18

26 25

21 21

28

24 29

28 27

26

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21 22

14

75

11 10

4 2 13 4 001

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Nord est Nord ovest Centro Sud Sud Isole

Sotto il livello 1 Livello 1 Livello 2 Livello 3 Livello 4 Livello 5 Livello 6

Distribuzione dei livelli di competenza per macro area

510

2712

17

31

23

27

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13

19

14

49

511 03

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Licei Tecnici Professionali

Sotto il livello 1 Livello 1 Livello 2 Livello 3 Livello 4 Livello 5 Livello 6

Distribuzione dei livelli di competenza per tipi di scuola

Il rapporto italiano10 della somministrazione 2003 riportava le seguenti conclusioni per la parte riguardante il rendimento in matematica,

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L’educazione matematica a scuola ha in passato avuto fra i suoi obiettivi anche quello di individuare e formare una classe di tecnici o di laureati capaci di sostenere il progresso tecnologico e scientifico, sia quello di fornire a tutti un elementare livello di calcolo strumentale e di lettura di semplici informazioni quantitative. La complessità della vita moderna nelle società economicamente sviluppate ha progressivamente richiesto la diffusione di competenze matematiche, scientifiche e tecnologiche più avanzate ed impegnative in tutta la popolazione adulta. Purtroppo l’Italia difetta di fasce alte della competenza ed abbonda simmetricamente di livelli troppo bassi che potrebbero costituire la causa di future esclusioni di parti consistenti della popolazione dal tessuto della vita attiva corrente e dal mercato del lavoro.

In questo senso le differenze troppo forti riscontrate sia a livello territoriale sia tra tipi di scuola denunciano che una buona e produttiva competenza per tutti e una eccellente performance per una buona élite costituiscono un obiettivo non ancora raggiunto. (…) Come abbiamo più volte osservato, la prova di matematica PISA non va solo letta come una verifica diretta dello sviluppo dei curricoli scolastici esistenti ma piuttosto come una prospettiva di confronto tra politiche scolastiche che stanno innovando strutture, obiettivi e strumenti. Le comparazioni internazionali mostrano che quanto immaginato e richiesto nel quadro di riferimento concettuale e nella prova, trova pratica attuazione in altri sistemi sociali ed educativi, sistemi che presentano caratteristiche a volte molto diverse ma che condividono con il nostro la prospettiva di un mondo sempre più globalizzato.

I dati relativi alla somministrazione del 2006 sono stati diffusi solo alla fine dello scorso anno e nel sito dell’Invalsi compare una sintesi provvisoria11 mentre è ancora in corso il lavoro di analisi e resocontazione dei risultati dati regionali. Ricordiamo che la competenza principale saggiata nel 2006 è quella scientifica, che la matematica è presente con una versione ridotta del test e che pertanto le analisi e le interpretazioni possibili sono necessariamente meno ricche di quelle che si basavano sulla versione estesa del test.

Due sono gli aspetti sottolineati dal rapporto: la comparazione longitudinale e le differenze nelle distribuzioni territoriali.

Il punteggio medio degli studenti italiani nella scala complessiva di matematica è pari a 462 (DS 96), contro una media OCSE pari a 498 (DS 92). La differenza tra il punteggio degli studenti (470; ES 2,9) e il punteggio delle studentesse (453; ES 2,7) è statisticamente significativa a vantaggio degli studenti maschi.

o Dal confronto tra i risultati di PISA 2006 con quelli dei precedenti cicli di PISA emerge che mentre tra il 2000 e il 2006 il punteggio medio degli studenti italiani in lettura (scala complessiva) è diminuito in misura statisticamente significativa, passando da 487 (DS 91) a 469 (DS 109), contro una media OCSE pari a 500 (DS 100) nel 2000 e a 492 (DS 99) nel 2006...

o …tra il 2003 e il 2006 il punteggio medio degli studenti italiani in matematica (scala complessiva) non è cambiato in misura statisticamente significativa, passando da 466 (DS 96) a 462 (DS 96), contro una media OCSE pari a 500 (DS 100) nel 2003 e a 498 (DS 92) nel 2006.

Le tabelle seguenti, tratte dal citato rapporto, mostrano la stabilità anche della distribuzione dei livelli all’interno delle aree territoriali e tra tipi di scuole, una conferma dell’allarmante situazione emersa nel 2003.

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L’analisi che l’OCSE e la comunità di ricercatori internazionali stanno compiendo è finalizzata alla comprensione dei fattori12 che determinano le differenze riscontrate tra i vari paesi sia a livello di strutture specifiche del sistema scolastico sia a livello del contesto socio culturale che influenza gli atteggiamenti e le condotte dei giovani quindicenni coinvolti. La visione che si sta consolidando è via via sempre più complessa e serpeggia la sensazione che non esistano politiche di intervento così efficaci da determinare in tempi ridotti spostamenti verificabili degli indicatori principali del rendimento nei test.

Conclusioni Ho cercato di mostrare come alcuni aspetti della situazione presente siano strutturali, sostanzialmente stabili e comunque tali da porre seri problemi sulle prospettive del nostro sistema educativo. L’allarme non riguarda solo la matematica ma anche le altre competenze saggiate nelle tre repliche dell’indagine.

Benché l’indagine OCSE PISA costituisca in questo momento il paradigma fondamentale su cui molti ragionamenti sulla scuola si stanno basando, occorre sempre ricordare che si tratta solo di un punto di vista tra tanti possibili, che però ha il vantaggio di interrogare la scuola dall’esterno, dalla società e dal contesto internazionale.

L’insegnamento della matematica si deve confrontare con la valutazione di sistema; non è più una disciplina scolastica autoreferenziale ma è un contesto aperto che deve render conto della sua efficacia non solo in termini di rigore e coerenza rispetto ad una disciplina fortemente strutturata ma anche di adeguatezza educativa rispetto alle richieste delle società avanzate. Sin dagli anni ’90 molti sistemi scolastici e anche quello italiano sono stati interessati da due innovazioni concomitanti: il lancio dell’autonomia degli istituti scolastici e la necessità di un sistema di valutazione. Ma mentre sull’autonomia vi è un consenso generale e bypartisan, sulla valutazione il cammino è tortuoso e a volte contraddittorio. Nella legislatura appena chiusa vi è stato un vivace dibattito sulla modalità più opportuna per realizzazione la valutazione di sistema, attraverso rilevazioni censimentarie, analitiche e sistematiche o attraverso più agili ed economici studi campionari. L’insegnamento della matematica ed i suoi effetti, in tale quadro confuso, emerge come un problema complesso, grave e intrecciato con una pluralità di variabili indipendenti che non può essere risolto dall’alto o in modo centralizzato con semplici riscritture di programmi scolastici: occorre sviluppare strategie didattiche, strumenti per l’accertamento e la valutazione che consentano ai singoli docenti di monitorare tempestivamente l’efficacia della propria azione didattica in vista del miglioramento atteso e richiesto dalla società civile.

Se la scuola italiana vuole migliorare i propri punteggi nel test Pisa occorre che la matematica scolastica torni ad essere, o divenga maggiormente, un compito educativo adatto alla promozione

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culturale ed umana dei giovani, all’arricchimento delle loro potenzialità per l’inserimento nel lavoro e nel godimento della vita associata, occorre che si apra alla vita reale, alle altre discipline, alle possibili applicazioni, occorre che riduca la sua funzione selettiva dei più studiosi e volonterosi.

Riflettendo su questa parabola che parte dal 2000 e sulle reazioni che l’allarme lanciato dai risultati scadenti ha provocato, sono giunto ad una conclusione un po’ paradossale e che propongo come una provocazione di cui spero il lettore vorrà riconoscere la buona fede.

L’insegnamento della matematica nella scuola secondaria sta subendo uno stress, una attenzione concitata di tutti coloro che discettano sul declino della scuola e dei giovani quasi che la matematica dovesse essere la principale competenza chiave, dopo la lingua materna, irrinunciabile per tutti i cittadini. Ma mentre la tradizione dell’insegnamento primario e della scuola media ha configurato delle competenze di base realmente vitali per ogni cittadino, nella scuola secondaria superiore i programmi privilegiano per la matematica un approccio formalistico e procedurale che non riesce ad interessare e motivare lo studio di tutti gli studenti: ciò diventa un autentico disastro se si pretende, come le ultime disposizioni del Ministro Fioroni pretendono, di raggiungere in tempi certi, ogni anno scolastico la piena sufficienza in tutto. La competenza matematica misurata da Pisa è soprattutto legata alla soluzione di problemi realistici che richiedono strumenti matematici semplici ma approcci multipli e flessibili e poco automatismo: una matematica amata, curiosa, intelligente, elegante che non può essere sviluppata con l’ansia del risultato, con la paura dell’errore, con lo studio mnemonico.

Che cosa succederebbe se la matematica dopo i quindici anni di età diventasse opzionale? cosa succederebbe se i programmi di scuola media fossero estesi alla fine del primo biennio della secondaria? cosa succederebbe se buttassimo definitivamente a mare il calcolo letterale delle espressioni multipiano? Cosa succederebbe se ogni ragazzo o ragazza potesse individuare un percorso con moduli e materie da sviluppare in tempi diversi? Cosa succederebbe se le discipline studiate fossero di meno? Cosa succederebbe se le scuole non fossero delle caserme o dei mega uffici o degli opifici ma dei luoghi in cui dei giovani esprimono liberamente se stessi e i loro interessi per crescere in cultura e professionalità?

Forse siamo alle soglie di un passaggio molto radicale per il sistema scolastico delle società economicamente sviluppate.

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A. M. Caputo, B. Vertecchi La scuola in Italia . Anno scolastico 1998-1999. FrancoAngeli Milano 2000 3 La tabella è tratta dalla sintesi del rapporto presente in http://timss.bc.edu/timss1995i/TIMSSPDF/C_admath.pdf pag. 128. 4 Nella sintesi del rapporto disponibile in http://isc.bc.edu/timss1999i/pdf/T99i_Math_1.pdf pag. 36 5 OCSE PISA 2003 Assessment Framework: Mathematics, Reading, Science and Problem Solving Knowledge and Skills OCSE PISA (a cura di), Pisa 2003 - Valutazione dei quindicenni Armando editore - INValSI - Frascati 2004 6 http://www.oecd.org/dataoecd/31/25/33685164.pdf 7 Learning for Tomorrow’s World – First Results from PISA 2003 OECD 2004 8 Libro di Siniscalco 9 Learning for Tomorrow’s World – First Results from PISA 2003 OECD 2004 pag. 57 10 INVALSI Rapporto nazionale OCSE-PISA 2003. Il livello dei quindicenni italiani in matematica, lettura, scienze e problem solving. Armando Editore, Roma 2006 11 http://www.invalsi.it/download/pdf/pisa06_Primirisultati_PISA2006.pdf 12 S. Pozio - PISA 2003, matematica: quali gli errori degli studenti italiani – in http://www.treccani.it/site/Scuola/nellascuola/area_matematica/archivio/errare/pozio.htm

S. Pozio Le difficoltà linguistiche degli studenti italiani alle prove di matematica del PISA 2003- in Matematica e difficoltà, Atti del convegno nazionale n. 15 – Pitagora editrice Bologna (2007)-, pagg. 72-79