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Linguaggi urbani Segnaletica e pubblicità sulle strade cittadine Percorso didattico realizzato da: Carla Cantatore Maria Pia Ercolini Lorenzo Gasparrini Patrizia Menanno Mauro Zennaro Formia Liceo classico Vitruvio Pollione Giovedì 27 febbraio 2014

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Linguaggi urbani

Segnaletica e pubblicitàsulle strade cittadine

Percorso didattico realizzato da:Carla CantatoreMaria Pia ErcoliniLorenzo GasparriniPatrizia MenannoMauro Zennaro

FormiaLiceo classico Vitruvio Pollione

Giovedì 27 febbraio 2014

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Lorenzo Gasparrinidoppi sensi in città.giochi linguistici non sessisti

La cartellonistica stradale ha un enorme im-patto pubblicitario, è uno degli strumenti pub-blicitari col miglior rendimento in termini di costo per pubblico raggiunto. Non a caso nelle grandi città i luoghi più remunerativi (zone trafficate, spazi ampi, incroci inevitabili) sono molto ambiti dalle agenzie; spesso si sviluppa-no veri e propri cartelli monopolistici, racket, o affissioni abusive (nel senso: spuntano car-telloni da un giorno all’altro dove non sono autorizzati); attività illegali di cui sovente leg-giamo le cronache sui giornali. Questo per dire dell’importanza dello strumento “cartellone” per i pubblicitari stessi.

☛ I messaggi dei cartelloni devono essere di grande impatto visivo e con degli slogan rapidi da leggere, perché devono colpire un pubblico per definizione in movimento e che non deve distrarsi. Il compito dei pubblicitari è quindi particolarmente difficile, anche se le condizio-ni del traffico nelle grandi città ha portato in alcuni casi noti – luoghi di grande scorrimento ma lento – i pubblicitari a non tenere conto della lettura veloce del pubblico come elemen-to di cui tenere conto.

☛ Il linguaggio sessista, accompagnato da im-magini alludenti al sesso e/o al corpo femmini-le esposto, scoperto o comunque rappresentato secondo i canoni di una sessualità aggressiva, espressa direttamente, si presta molto bene a questo uso per diversi motivi. Prima di tutto fa leva su pregiudizi e luoghi comuni molto noti al pubblico, quindi può essere facilmen-te inteso da un lettore comune; per questi motivi è facilmente codificabile, senza che ci sia bisogno di apparati iconografici o testuali a supporto del messaggio; suscita interesse a prescindere, proprio perché l’argomento “sesso” è ancora considerato, nella nostra cul-tura occidentale (e in particolare italiana) un argomento piccante, intrigante, interessante, scandaloso.

☛ La tecnica linguistica più semplice ed effica-

ce per ottenere quei risultati desiderati da pub-blicitari e clienti è il “doppio senso”, cioè una espressione che si presta a una interpretazione duplice, realizzando nello stesso messaggio due obiettivi: indicare il prodotto e far memo-rizzare il messaggio. Se il prodotto è sempli-cemente presente nel cartellone e quindi non è difficile coglierlo, il secondo significato del messaggio testuale serve a memorizzarlo per-ché una battuta sul sesso fa ridere e si fa ricor-dare – unendosi a un sentimento piacevole – e poi è spendibile in altri contesti, cioè il lettore la riusa facilmente altrove.

☛ Vedete in queste pagine alcuni esempi. Va ricordato che se delle grandi campagne nazio-nali si ha una immediata percezione grazie alla diffusione congiunta su vari media (cartelloni, giornali, riviste, tv) dello stesso messaggio pubblicitario, nel caso della pubblicità “locale” fatta da piccoli imprenditori e realtà territo-riali, spesso i casi di sessismo sono molto più volgari e violenti proprio perché sono prodotti da realtà pubblicitarie meno attente a una re-ale risposta positiva dei clienti. Spesso cioè è il

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pubblicitario locale a scegliere campagne delle quali “male, purché se ne parli”, come dice un luogo comune sulla pubblicità.

☛ Come abbiamo visto nel caso della cartello-nistica, il linguaggio sessista basa gran parte della sua efficacia su tecniche e figure retoriche molto note, appositamente usate per veicolare discriminazione di genere. Il riconoscimento di questi dispositivi retorici è il primo passo per poter accorgersi e criticare un uso sessista del linguaggio.

☛ Il lavoro sul linguaggio va opportunamente calibrato sugli interlocutori (la loro età, il loro interesse all’argomento, la loro sensibilità), ma è possibile fare qualcosa con bambini/e, ragazzi/e, uomini e donne di ogni età. Fonda-mentale, in tutti i casi, è presentare il lavoro sul linguaggio sessista non come una “mate-ria” scolastica, un argomento specialistico, oppure di nicchia, ma come un’abitudine da imparare per usarla quotidianamente. Stiamo pur sempre parlando di una forma di razzi-smo: come abbiamo imparato – non tutti, a

fatica – a fare a meno di pregiudizi sul colore della pelle e sulla provenienza etnica, dobbia-mo imparare a fare a meno dei pregiudizi di genere. Semplicemente, come diceva qualcu-no, per “restare umani”.

☛ Le attività che si possono svolgere sono, es-senzialmente, giochi linguistici, ovvero eserci-zi specifici per determinati usi del linguaggio.

☛ Prima di tutto, e per utenti non ancora pa-droni del linguaggio, si possono svolgere dei giochi di base, senza coinvolgere direttamente la questione sessismo ma affrontando alcuni meccanismi del linguaggio pubblicitario: gio-chi sul significato non ostensivo delle parole (per esempio sulla scelta o sul significato delle metafore); oppure giochi sul condizionamento dei ruoli e dei linguaggi (per esempio lo scam-bio di ruoli col partner, o far immaginare a un bambino di essere la mamma e a una bambina di essere il papà).

☛ Si può passare poi a giochi più evoluti, con introduzione di temi sessisti, quali per esem-pio esercizi sulla distinzione, tramite lettura

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e produzione di testi, dei metalogismi: ironia, sarcasmo, satira, ipocrisia, evidenziando le differenze tra questi tipi di linguaggi; oppure giochi di “riconoscimento” dei messaggi al-lusivi, imbarazzanti, o di rifiuto, come nella dichiarazione d’amore, i discorsi sulla salute, la gestione del proprio corpo, che sono in ge-nere forme piuttosto stereotipate di argomen-tazione che contengono molti sessismi più o meno esplicitiIn ultimo possiamo immaginare giochi linguistici esplicitamente antisessisti, anche come forme di resistenza creativa alla pubblicità sessista: trovare alternative non ses-siste agli insulti; scoprire nella cronaca/nella pubblicità linguaggi sessisti e creare testi alter-nativi; giocare con i luoghi comuni/i pregiudizi per decostruirli (sui gay, sul “machismo” e così via).

☛ Per ulteriori spunti, indicazioni e materiali mi permetto di rinviare a: lafilosofiamaschia.wordpress.com

un sito dove ci sono sezioni specifiche con ma-teriali e testimonianze per possibili insegna-menti e pratiche non sessiste, a scuola e fuori.

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Carla Cantatorestereotipa.segnaletica e pubblicità sulle strade cittadine

I messaggi pubblicitari che offendono le donne dalla cartellonistica stradale e che sono quelli più visibili e ingovernabili (non si può applicare nessuna sorta di oscuramento o di parental control come per altre forme pubblici-tarie) iniziano il loro cammino da lontano. La stereotipizzazione di genere si insinua già nei messaggi rivolti all’infanzia. Abbiamo detto Stereotipa per sottolineare come lo svantaggio sia principalmente al femminile, ad esempio, una bambina che faccia “giochi da maschiet-to” viene considerata come più sveglia delle altre (maschile, forte con accezione positiva) mentre un bambino che giochi con le bambole viene visto come effeminato (il femminile considerato come comportamento debole).Di questo tiene conto il messaggio della pubblicità, il cui scopo è “creare un bisogno per vendere un prodotto” e anche la persona bambino è potenziale soggetto di consumo; in questa logica non c’è spazio per l’etica e questo consente che già nell’infanzia si inizi un percorso di induzione all’accettazione e “digestione” di stereotipi discriminanti.Non dovremmo mai dimenticare che per i bambini un messaggio proveniente dal mondo adulto è recepito come autorevole e può costituire esempio ed essere percepito come “normale”. Dallo stereotipo (che potrebbe essere innocuo) non è difficile arrivare al pregiudizio e da que-sto alla discriminazione il passo è breve con conseguenze, spesso tragiche, che vediamo troppo spesso.Inconsciamente tutti recepiamo come i mo-delli proposti dai manifesti siano “mendaci”, ma li subiamo passivamente. Essi, ad esempio, propongono solo donne giovanissime, belle e troppo magre, producendo nelle donne norma-li un senso di inadeguatezza (che spesso molte tentano di colmare con qualsiasi mezzo) e in-sinuando anche nelle bambine e nei bambini il desiderio di modelli impossibili da imitare. Abbiamo uno strumento importante, l’appli-cazione della risoluzione n.2038 approvata in data 3 settembre 2008 dal Parlamento Europeo

relativa all’impatto del marketing e della pub-blicità sulla parità tra donne e uomini, la quale indica come inammissibili modelli pubblicitari lesivi e discriminanti del genere femminile e dal 2009 ne abbiamo proposta l’applicazione a vari livelli di Istituzioni locali. Più recente la risoluzione del 12 marzo 2013 sull’eliminazione degli stereotipi di genere nell’Unione europea (2012/2116-Ini).Abbiamo anche la possibilità di ricorso presso l’Iap per sanzionare e rimuovere le pubblicità che non corrispondano al codice di autodisci-plina, potremmo dire per chiudere almeno la stalla dopo che i buoi sono scappati. Infatti il messaggio può essere sanzionato e rimosso, ma solo dopo che ha già “fatto il suo lavo-ro”, ovvero indurre, non importa come, un bisogno.Per cambiare la tendenza abbiamo lanciato, dal 2009, presso i Comuni italiani: Città libere dalla pubblicità lesiva della dignità delle donne.Chiedendo ai Comuni di deliberare, con un gesto che vada oltre la burocrazia e chieda il rispetto delle regole, un gesto di responsabilità civile collettiva e di sensibilità verso tutta la cittadinanza. Non censura, ma regole.C’è differenza tra censura e regole. La prima appartiene a un comune senso del pudore che cambia, storicamente, con la mo-rale di una società e spesso è solo limitazione della libertà di qualcuno a favore del potere di qualcun altro.Le regole, invece, nascono sempre da un patto sociale, collettivo, che le usa per rappresentare il proprio senso di buona convivenza. Le regole mirano alla qualità e non all’interes-se. Progettano, non privano.Già in precedenza, tramite le nostre sedi in Italia avevamo ottenuto la rimozione e il ritiro di manifesti come quelli di Radio Kiss-Kiss, di Dona Loka, di TT Lines e altri, o il ritiro del famigerato calendario “vera pelle conciata al naturale” e questo è stato l’esito naturale per dare respiro nazionale alle singole iniziative. Potremmo dire un respiro internazionale in quanto si riferisce anche alla relazione del Cedaw (Convention on the Elimination of Discrimination Against Women) n. A6-0199/2008 che ha evidenziato come in molti

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casi “la pubblicità alimenta e consolida gli stereotipi di genere determinando un impatto negativo sulla parità”. Oggi possiamo contare sull’impegno di 130 comuni in Italia.Oggi, rispetto al 2009, c’è molta sensibilità nel denunciare la pubblicità che offende la dignità di una donna.

☛ L’esito naturale di questo lavoro è il Premio Immagini Amiche per una creatività socialmen-te responsabile che è giunto alla sua quarta edizione che quest’anno si terrà a Venezia. Per il Premio è possibile segnalare le pubblicità nelle varie applicazioni oppure una scuola, un comune che abbiano prodotto comportamenti virtuosi.

☛ Lo stereotipo purtroppo rimane come “modello forte” nel meccanismo mentale e comunicativo (typos, segno, impronta, sigillo), e (stereòs, duro, rigido, ma anche saldo, forte) e radicato nell’immaginario.Una forma predefinita, dunque fissa e rigida, che viene impressa nella memoria, nella cultu-ra, nelle relazioni, qualche volta persino nelle leggi. Una forma semplificata, un po’ rozza con la quale si descrive una realtà più complessa, quella della realtà umana, del maschile e del femminile, con modelli rigidi che si traman-dano mantenendo concetti a volte superati già dalle leggi e dalla cultura.Riconoscere e destrutturare gli stereotipi è ne-cessario perché essi non si limitano a offendere il corpo, possono ammalare la mente.

stereotipa.donne ieri e oggiuna presenza fondamentale oltre gli stereotipi

DestinazioneClassi 4a e 5a, scuola primaria , scuola media di primo e secondo gradoProponenteUdi – Unione Donne in Italia – MonteverdeAssociazione di promozione sociale senza scopo di lucro

Premessa☛ La nostra associazione intende collaborare gratuitamente con il corpo docente, nella edu-cazione per una reciproca rispettosa conviven-za tra i generi.Nelle scuole possiamo offrire la nostra esperienza specifica per approfondire i temi proposti e portare all’attenzione dei ragazzi e dei bambini un argomento spesso sottovaluta-to. Riconoscere gli stereotipi di genere, da dove nascono i pregiudizi e le matrici della violenza, riconoscere la connessione tra rappresentanza paritaria e rappresentazione, dovrebbe esten-dersi a tutti gli ambiti del sapere. Nei libri di testo spesso, purtroppo, non troveranno la cor-rispondenza con queste conoscenze acquisite. Un esempio: siamo coscienti, data la nostra lunga esperienza, di come anche molti adulti non abbiano chiaro il semplice concetto di “genere” e di come i generi siano solo due, maschile e femminile. ☛ Spesso essi vengono confusi con la defi-nizione di categorie, il che può costituire un primo passo verso le discriminazioni. Basti pensare alla definizione che ancora troppo spesso viene data di “categorie deboli” (donne, anziani, bambini, handicappati, etc.) come se non si trattasse semplicemente di donne e uomini, seppure con diverse esigenze, che riguardano infine ogni cittadina/o della Repub-blica. Riteniamo utile, ove possibile, un incon-tro promosso dai docenti con i genitori degli allievi finalizzato a far conoscere – almeno per grandi linee – quanto verrà sviluppato.

Finalità e obiettivi☛ Riconoscimento del contributo femminile

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verificare e concordare come introdurre l’argo-mento, valutare la ricaduta sull’interesse degli alunni e su come preparare il lavoro prope-deutico finalizzato alla possibile produzione di un’opera collettiva (video, mostra fotografica, narrativa-poesia). Chi siamoLe nostre azioni costanti sono:☛ per i diritti, per la prevenzione delle imma-gini streotipate (progetto Stereotipa), per la valorizzazione dei saperi, per la pari rappre-sentanza (50E50 – ovunque si decide).☛ Dal 2000, e con atti formali dal 2009, l’associazione stimola le amministrazioni locali a produrre azioni per liberare le città dalle pubblicità lesive della dignità femmini-le richiedendo la applicazione della relativa risoluzione europea (2008/2038 Ini) “sull’im-patto di marketing e pubblicità nella parità tra donne e uomini”.☛ L’iniziativa contro la normalizzazione della violenza (Stop femminicidio) vede una nostra forte partecipazione anche con una staffetta durata un anno, contro la violenza sulle donne che attraversò tutta l’Italia, partendo il 25 novembre 2008 da Niscemi fino a giungere a Brescia il 25 novembre 2009. Oggi a Roma, partecipiamo e siamo sempre presenti nella difesa dei diritti acquisiti. ☛ Presso la nostra sede nazionale, in Roma, è conservato uno dei più importanti, consultati e riconosciuti archivi storici di genere ☛ L’archivio Centrale è consultabile su appun-tamento.

nella cultura e nella storia;☛ sensibilizzazione al concetto di parità tra uomini e donne;☛ prevenzione del consolidamento di stereoti-pi e pregiudizi, prevenzione alla “normalizza-zione” della violenza di genere.

Metodologia e strumenti☛ Supportando l’attività con la presentazione di immagini, fotografie e giochi si promuove la trasmissione interattiva di conoscenze che permettano di condividere le risposte finali insieme con gli allievi che avranno seguito il percorso educativo e che potrebbero così iniziare un percorso di conoscenza e sensibiliz-zazione ai temi proposti.

Primo incontro☛ Spiegazione degli articoli 3, 37, 48, 51,della costituzione;☛ “incontro” con Le Madri costituenti (21 su 556) avendo come supporto un tabellone di sintesi biografica con foto e nomi;☛ percorso sintetico delle tappe principali delle conquiste (voto attivo e passivo, nuovo diritto di famiglia) e Leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia.☛ Per le scuole medie superiori proiezione del filmato in dvd dell’Udi Viaggio nel ‘900 delle donne (Udi - La Goccia)

Secondo incontro☛ Figure femminili (con una carrellata stori-ca) trascurate dalla storia (supporto: schede di sintesi biografica) in relazione alla parità di diritti e di rappresentanza

Terzo incontro☛ Stereotipi di genere (riconoscerli e de-strutturarli attraverso schede predisposte da utilizzare per esemplificare che cosa siano e come nascano concezioni e quindi immagini stereotipate

☛ Gli eventuali incontri, qui presentati, come esempio, in numero di tre saranno ovviamente concordati con il corpo docente che, facendo-sene carico, ne deciderà i tempi, il numero e le modalità. Per noi sarà sufficiente istruire un incontro con la Scuola (corpo docente) per

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Maria Pia Ercoliniche genere di città?

Quattro distinti percorsi didattici per sviluppa-re la consapevolezza di genere e far emergere stereotipi e discriminazioni.☛ Da casa a scuola, tra segni e disegni di invisibi-lità femminile (indicato per tutte le scuole di ogni ordine e grado).☛ Toponomastica. Osservazione e ricerca della memoria cittadina (indicato per tutte le scuole di ogni ordine e grado).☛ Parole e immagini pubblicitarie tra muri, cartelloni e vetrine (indicato per secondarie superiori).☛ Costruzione di percorsi di genere femminile sul proprio territorio (indicato per tutte le scuole di ogni ordine e grado).

1. Da casa a scuola, tra segni e disegni di invi-sibilità femminile.L’analisi della segnaletica stradale, tramite os-servazione e deduzione del rapporto tra genere e spazio cittadino, ricerca di rete e confronto, consente di riflettere sull’assenza della simbo-logia femminile e di mettere in gioco il proprio immaginario. ☛ L’attività didattica, interna ed esterna all’aula, è indirizzata a scuole dell’infanzia, primarie e secondarie.Figure 1 e 2

Figura 1. Segnaletica nazionale

Figura 2. Segnaletica europea

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L’indicazione segnaletica relativa all’edificio scolastico offre due elementi di riflessione e discussione su stereotipi sessisti:☛ il bambino, più grande e avanti, trascina la bambina, che a sua volta di lascia condurre.☛ il bambino porta con sé una cartella piena di saperi, la bambina ha in mano una borsetta, che suggerisce contenuti frivoli.Figura 3

☛ Ci sono altri modi per indicare la presenza di una scuola?☛ Quali segnali si trovano in Europa (ricerca guidata di rete)?Figura 4

☛ Come vorresti segnalare la tua scuola (atti-vità laboratoriale)?☛ Osservare/fotografare/disegnare/descrivere la segnaletica che accompagna ogni percorso individuale casa-scuola e ripensarla, dopo un confronto con altri e con il supporto di esempi internazionali reperibili in rete, consente di far cogliere e sensibilizzare al tema, non solo allieve e allievi, ma anche le famiglie che quo-tidianamente le/li accompagnano.☛ L’attività può essere inoltre praticata durante uscite didattiche e viaggi d’istruzione o assegnata come esercizio autonomo di cono-scenza del proprio territorio.

2. Toponomastica. Osservazione e ricerca della memoria cittadina. ☛ Le intitolazioni pubbliche ci riconducono a un patrimonio culturale comune, fatto di arti-sti, letterati, santi, politici, scienziati, in cui le figure femminili non trovano spazio. L’odonomastica rende invisibile l’operato delle

Figura 4. Alternative europee

Figura 3. Quale identità?

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donne, ma le disparità non si limitano a stra-de, piazze, vicoli e larghi. Le scuole, condotte da collegi prevalentemente femminili, portano nomi solitamente maschili, lasciando supporre che le stesse insegnanti stentino a riconoscere il valore del proprio genere.Le donne della nostra storia non riescono a divenire simboli della cultura e della civiltà in cui viviamo. ☛ Oggetto di analisi possono essere aree di circolazione, giardini, biblioteche, edifici pubblici e scuole. ☛ Un’estensione dell’esercizio può includere targhe alla memoria, lapidi e statue.☛ Attività consigliate: consultazione in aula di mappe e stradari, ricerche bibliografiche, d’archivio e di rete (www.toponomastica-femminile.it), stesura di biografie, uscite sul campo, elaborazioni grafiche, fotografiche e statistiche.Il rapporto con gli uffici comunali riduce le distanze tra giovani e istituzioni e favorisce comportamenti consoni a una cittadinanza attiva.

☛ Il caso di studio relativo alla città di Roma, dove emerge la scarsa presenza femminile nella toponomastica dei nuovi quartieri, dimostra che i riconoscimenti cittadini continuano ancora oggi a esprimere il

carattere androcentrico della società.Figura 5

Targhe stradali e professionali, insegne e citofoni forniscono l’occasione per discutere di sessismo linguistico e per affrontare la que-stione del cognome patrilineare, che si presta a favorire il confronto tra vecchio e nuovo diritto di famiglia e ad analizzare articoli specifici della Costituzione). ☛ Partendo dall’osservazione di una targa femminile con agentivo al maschile, o di un’a-nomala concordanza, si analizzano abitudini linguistiche viziate da pregiudizi, che induco-no ad asimmetrie grammaticali e semantiche, ambiguità ed errori formali. ☛ Spunti letterari, ludici e paradossali, reperiti con ricerche di rete, permettono di ap-profondire l’argomento adattandolo alla fascia d’età richiesta.Figure 6, 7

3. Parole e immagini pubblicitarie tra muri, cartelloni e vetrine.Bambine e ragazze, nel loro andirivieni quoti-diano, incontrano soltanto modelle e mani-chini con cui identificarsi. Il valore delle menti femminili e del loro operato viene sopraffatto dalla continua percezione di corpi in vendita.Figura 8

Figura 5. Roma: un caso di studio

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☛ Riferimenti sessuali e stereotipi sessisti, da fotografare, condividere e commentare in classe, stimolano sguardi critici verso l’utilizzo pubblicitario di corpi femminili, ridotti a parti erogene capaci di far vendere qualsiasi prodotto. Corpi esposti a uso e consumo del piacere altrui forgiano un im-

Figura 6. La lingua veicola il pensiero

Figura 7. Targhe

maginario maschile e femminile che resta intrappolato dall’insistente moltiplicarsi del modello.☛ Finalità primaria dell’unità didattica è l’educazione al consumo critico: riconosce-re e segnalare stereotipi sessisti, discuterne con altri, individuare e boicottare le azien-

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Figura 8. Immaginari

Figura 9. Stereotipi pubblicitari

de che utilizzano impropriamente l’imma-gine della donna.Figura 9

4. Costruzione di itinerari di genere femmi-nile sul proprio territorio. ☛ L’attività didattica consiste nell’analizzare percorsi di genere esistenti in Italia e all’estero e costruire itinerari autonomi in grado di far

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☛ Esempi nazionali: Roma (Iacobelli editore e Universitalia), Versilia (Iacobelli editore), Palermo (Navarra), Venezia (Marsilio), Napoli (Calice Editori). Figura 10

emergere dal proprio territorio presenze fem-minili significative e spesso insabbiate.☛ Il modulo potrà essere condotto attraverso ricerche storiche e analisi geografico-urbanisti-che, cooperative learning e metodo biografico.

Figura 10. Percorsi nazionali

Figura 11. Percorsi internazionali

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☛ Esempi internazionali: sepolcri parigini, blues plaque inglesi, Boston women’s trails.Figura 11

☛ Il lavoro, individuale o di gruppo, potrà essere finalizzato anche alla preparazione del viaggio d’istruzione. ☛ La ricerca individuale si presta all’elabora-zione di un eventuale percorso d’esame.

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Patrizia Menannopiccole donne formiane crescono

Mi sono trasferita con la mia famiglia a Formia nel 1969 all'età di sei anni e amo la mia città come nessun'altra. Ma non mi ero resa conto di quanto Formia fosse una città maschilista e androcentrica sino a quando, in campagna elettorale, su indicazione dell'allora candidato oggi Sindaco della Città, dr. Sandro Bartolomeo, non ho effettuato uno studio mirato sulle politiche di genere da applicarsi in caso di elezione. Orbene, mi sono resa conto solo allora che la cultura, la vita, il lavoro, il divertimento, tutto a Formia è impostato sui bisogni maschili e le donne sono invisibili.☛ Ciò ovviamente è uno specchio dell'Italia stessa che, nonostante il nome femminile, è un Paese in cui regna un'insensibilità verso il genere femminile che è linguistica, geneaolo-gica, simbolica e addirittura toponomastica.☛ Linguistica, perchè i vocaboli sono spesso sessisti: il termine uomo include anche la donna e, addirittura molte volte alcuni termini al femminile diventano meno nobili o offensivi (governante, massaggiatore).☛ Geneaologica, data dal cognome coatto, re-taggio di una potestà maritale superata anche dal diritto di famiglia che viola il principio di uguaglianza tra uomo e donna.☛ Simbolica, basta guardare i segnali stradali omologati dal nostro Codice della Strada che in alcuni Paesi d'Europa sono già mutati e vengono rappresentati insieme bambini e bambine, uomini e donne.☛ Toponomastica, o meglio odonomastica perchè i nomi della vie, delle piazze e degli edifici o spazi pubblici sono intestati preva-lentemente a uomini o personaggi famosi: dapprima, infatti, spopolavano i nomi di santi e dei mestieri, successivamente, le strade sono state dedicate agli uomini del Risorgimento e poi, ancora, della Resistenza e, di fatto, nell'immaginario collettivo le figure illustri sono sempre e solo prevalentemente maschili. E ciò chiaramente perchè la storia dell'umani-tà è sempre stata scritta da uomini.☛ A tal proposito, ho dovuto prendere amara-mente atto che a Formia su 331 vie, 108 sono

intestate ad uomini, 12 a donne di cui 4 a Ma-donne (di Ponza, della Palomba, delle Grazie, S. Maria) e 7 a Sante (Anna, Caterina, Maria dei Cerqueti, Maria dei Guglielmi, Maria La Noce, Teresa). L'unica via intestata a una don-na è dedicata a Tullia, la figlia di Cicerone.☛ Non una strada intitolata a letterate, umaniste, scienziate, donne dello spettacolo, del cinema, artiste, figure storiche e pittoriche, lavoratrici, imprenditrici, figure mitologiche o leggendarie, atlete o sportive.☛ A fronte di tale lacuna abbondano nomi di fiori, piante, città, oppure dalle caratteristiche orografice e architettoniche dei luoghi.☛ Mi è stato subito chiaro che inconsapevol-mente anche la sottoscritta è cresciuta in una città in cui i personaggi degni di memoria sono esclusivamente maschili e mi sono chiesta quanto ciò avesse inciso sulle donne della mia generazione e di quelle precedenti e quanto incida ancora sulle nostre piccole donne.☛ Il sindaco, una volta eletto, mostrando davvero grande lungimiranza e sensibilità, ha voluto dare immediatamente un segnale forte di rottura con il passato ed ha nominato una delle giunte più rosa d'Italia, affidando dei sei assessorati ben quattro a donne e su cinque deleghe, tre ad altrettante donne. Di queste tre deleghe, per la prima volta ne compare una alle Pari Opportunità.☛ Ma l'impegno per la nostra città, in un'ot-tica di genere, è proseguito immediatamente con l'adozione di una delibera di Giunta comunale in cui sono state fissate le linee di indirizzo in tema di pubblicità discriminatoria e lesiva della dignità della donna. In base al deliberato non sono ritenuti compatibili con l'immagine che il Comune intende promuove-re i messaggi pubblicitari che utilizzino o dif-fondano: «rappresentazioni di incitamento al sessismo o alla violenza fisica o morale; imma-gini indecenti, volgari, ripugnanti e comunque lesive della sensibilità dei cittadini; messaggi discriminatori o degradanti che, attraverso l'uso di stereotipi, pongano le donne in ruoli subalterni ed impari; raffigurazioni della mercificazione del corpo della donna quale oggetto di possesso o sopraffazione sessuale; pregiudizi e stereotipi discriminanti in base al genere, all'appartenenza etnica, all'orienta-

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mento sessuale, all'abilità fisica e psichica». Con una seconda delibera la giunta ha poi de-ciso di aderire alla Giornata Mondiale contro il femminicidio in programma il prossimo 25 novembre e all'iniziativa promossa dall'Asso-ciazione Aice Turismo Creativo, presieduta da Davide Rossillo che ha proposto di valorizzare la struttura in Largo Paone facendone un mo-numento di sensibilizzazione sulla tematica femminile, ridipinto con le opere di street art dell'artista argentina Hyuro. Il sindaco di For-mia Sandro Bartolomeo ha inoltre aderito alla campagna di sensibilizzazione NoiNo – uomini contro la violenza sulle donne promossa dalla Regione Lazio e dal Comune di Roma, cui han-no già aderito politici (Marino e Zingaretti), attori (Gassman, Bisio), musicisti (Silvestri, Capossela, Cristicchi), calciatori, giornalisti, scrittori e tanti altri personaggi del mondo della cultura. «Alla campagna – commentava il sindaco Bartolomeo – ho aderito come uomo prima che come sindaco, perché credo ferma-mente che la violenza contro le donne riguardi innanzitutto gli uomini. Per lo stesso motivo ho accolto e votato con tutta la Giunta le linee di indirizzo fondamentali in tema di pubblici-tà discriminatoria e lesiva della dignità delle donne proposte dalla Delegata alle Pari Oppor-tunità Patrizia Menanno. Disciplinando quali debbano essere le immagini e i messaggi che negli spazi comunali possono trovar ingresso, si è inteso fornire una tutela anche ai minori perché proteggerli, ad esempio, da modelli ideali corporei che sviliscano l’autostima signi-fica anche ridurre il rischio di disturbi psichici quali ad esempio la bulimia o l'anoressia». «Non è un caso – sostiene la Delegata Patrizia Menanno – che il primo dei provvedimenti adottati in tema di Pari Opportunità sia relati-vo alla disciplina dei messaggi discriminatori e alle rappresentazioni violente o degradanti. Riteniamo, infatti, che le politiche per la parità di genere debbano essere anche finalizzate ad evitare che la collettività subisca l'esposizione a messaggi stereotipati, violenti o degradanti che a livello inconscio e subliminale vengono recepite e interiorizzate, costruendo così un'i-dentità basata su una tipologia di valori che tali non sono».☛ Di tale delibera, dell'adesione alla campa-

gna Città libere promossa dall’Udi, l'Ammini-strazione ha redatto uno stendardo affisso al palazzo comunale in cui si sintetizzano i punti della delibera su un'immagine il cui utilizzo è stato concesso dalla stessa Udi contro le pubblicità lesive.☛ Recependo, poi, le linee guida dell'Accade-mia della Crusca e dell’Ittig che suggeriscono un modo di comunicazione istituzionale rispettoso del genere, il Consiglio Comunale all’unanimità ha successivamente deliberato di utilizzare in tutti gli atti ufficiali della Città di Formia la lingua italiana in maniera parita-ria tra i generi, prevedendo una riformulazione di atti, decreti, regolamenti, circolari e moduli prestampati, oltre che l’utilizzo al femminile delle denominazioni degli incarichi e funzioni ricoperte dalle donne (la vicesindaca, l'assesso-ra, la consigliera, ecc.).☛ Ancora: sempre nell'ambito di una promo-zione delle politiche di genere, l'Amministra-zione Comunale ha invitato le Scuole a parte-cipare al progetto Sulle vie della parità, i cui esiti saranno a breve comunicati per l'intitolazione di tre strade a tre donne di cui una locale, una nazionale ed una internazionale.☛ Infine, l'Amministrazione ha partecipato a un bando regionale e confinanziato il progetto che ci occupa: Linguaggi di genere. L'apparente neutralità del comunicare, proprio al fine di sensibilizzare le docenze a soffermarsi sull'im-portanza di rendere giustizia alle donne anche attraverso un linguaggio discriminatorio anche se involontariamente e spesso sessista.☛ Riteniamo che in otto mesi di governo molto sia stato fatto per nostra città, soprattutto affrontando a livello istituzionale tematiche prima sconosciute o misconosciute e comunque sottovalutate. Oggi a Formia, i molti che all'ini-zio si mostravano refrattari, riluttanti, sarcastici utilizzano con naturalezza e semplicità il termi-ne “assessora” o “vicesindaca”. È questo il segno di una piccola rivoluzione culturale appena iniziata. È ovvio che in subiecta materia le cose da fare sono ancora numerose, ma aver dato l'avvio ad una impostazione che comporta un graduale cambio di mentalità è il segno di un progresso che non potrà che giovare all'intera comunità maschile e femminile e alla costruzio-ne di identità sane e rispettose delle differenze.

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Mauro Zennarosulla grafica a scuola

Il termine “grafica” è diventato di uso comune, ma il suo significato è ambiguo: è grafica il li-bro, il giornale, l’aspetto di un prodotto o della sua confezione, la decorazione, le interfacce, gli schemi statistici, i siti internet, i trucchi cinematografici e perfino la moderna sceno-grafia televisiva. Grafici e grafiche progettano di tutto e si ha sempre più l’idea che anche la realtà che ci circonda sia “grafica”, ovvero de-finita da procedure informatiche estetizzanti, gradevoli e colorate, come la pubblicità.Pochi anni fa questa parola definiva la parte della comunicazione visiva che presiedeva al progetto e alla realizzazione di uno stampato e alla stampa era indissolubilmente legata, ma definiva anche tecniche artistiche o realizza-zione di manufatti editoriali. Con l’evoluzione dei media, la grafica è entrata in ambiti ancora in via di definizione, ma tutti connessi con il digitale. ☛ Anni fa i mestieri della grafica erano inse-gnati negli Istituti professionali, che sforna-vano maestranze abbastanza competenti nel campo della stampa e della progettazione. Se molte erano le diverse figure professionali legate alla produzione grafica, oggi una sola persona e un computer svolgono lo stesso la-voro in un tempo minore, sostituendo tutte le altre. Ciò produce un effetto sulla quantità del lavoro ma anche sulla qualità, dal momento che a un solo operatore vengono richieste varie competenze e che il lavoro veloce e solitario non stimola certo la riflessione, la discussione e il confronto.☛ Le commissioni di orientamento di tali scuole, che visitano le scuole medie per illustrare le meraviglie offerte onde reclutare nuove/i studenti, presentano spesso la grafica come una materia che non richiede studio e che permette di fare bei disegnini colorati. Il mito del computer ha trovato nella scuola un terreno fertilissimo, ma macchine e program-mi professionali sono costosi e quindi scarsi, e più studenti si affollano inutilmente davanti allo stesso monitor; talvolta i programmi spe-cifici per la grafica mancano a causa del loro altro costo, per cui ci si accontenta di software

inutile. E che la macchina calcoli (un’imma-gine digitale è la rappresentazione grafica di equazioni) spesso non viene neppure sospet-tato. La tecnologia è vissuta irrazionalmente, come una magia.☛ L’insegnamento della grafica è compre-so nella classe di concorso 7/A, “Arte della fotografia e della grafica pubblicitaria”, ed è stato recentemente incluso nella “superclas-se” A-11, comprendente anche la 12/D e la 13/D, precedentemente di natura tecnica e insegna-ta da docenti non laureati/e, il che significa che molta gente, con varie formazioni, può insegnare un sacco di cose, dalla fotografia alla pianificazione pubblicitaria. Ma quando mai ha le ha studiate tutte? Qual è l’università che sforna una classe docente tanto onnisciente? E soprattutto: perché mai oggi la grafica è limita-ta a una classe di concorso?Questa domanda può sembrare banale. Ma oggi la comunicazione visiva permea tutti gli insegnamenti, così come l’uso di computer, lavagne multimediali, tablet e perfino social network, per non parlare delle ormai “vecchie” fotocopiatrici, cambiano le modalità di inse-gnamento. Un tempo il trasferimento della conoscenza avveniva per via orale, attraverso la spiegazione dell’insegnante, e scritta, con appunti e libri di testo; ora anche gli elaborati richiesti per la dimostrazione e la valutazione di ciò che si è appreso possono assumere forme diverse, talvolta mutuate dal mondo del lavo-ro, come le presentazioni multimediali.Questo stato di cose non sembra reversibile; occorre dunque riflettere sulle modalità, sugli strumenti, sulle valutazioni, sui controlli e soprattutto sulle capacità del corpo docente di essere all’altezza delle nuove metodologie che, per la prima volta, sembrano essere maneggia-te con più confidenza dagli/lle studenti.☛ La definizione di “grafica pubblicitaria” della classe 7A è quantomeno sospetta: la pubblicità non è che uno dei tanti campi in cui la grafica è presente, e nemmeno quello più importante per profondità didattico-culturale. Ma il luogo comune vuole che la grafica non possa essere che pubblicitaria, il che è quanto meno impreciso. Un progetto grafico serio è sempre di pubblica utilità, ma la pubblicità no: essa non ha come fine la comprensione

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ma la persuasione, e anzi la sua presenza nella scuola pubblica è di per sé sconcertante. Come si legge in un diffuso libro di testo di Tecnica pubblicitaria per la terza classe dell’Istituto professionale, essa «si distingue (...) dall’infor-mazione perché non mira all’obiettività, non vuole solo trasmettere fatti, ma influenzare atteggiamenti e comportamenti»1. Secondo il modo di vedere espresso dai libri di testo, la pubblicità esiste, “fa tendenza”, si giudica solo in base all’efficacia e dunque va insegnata a scuola con tutto il cinismo possibile.☛ Spesso le competenze operative non ven-gono date agli/lle studenti per mancanza di tempo, di mezzi e soprattutto di formazione spesso inadeguata degli/lle insegnanti. E, dato che immagini e testi oggi li può fare chiunque, sarebbe necessario che in classe si affrontasse-ro problematiche più complesse. ☛ Non può stupire che le materie inerenti al progetto siano trattate in maniera ambigua e che, trovandosi nell’indeterminatezza causata da formazioni dei/lle docenti tanto diverse (architettonica, artistica, pubblicitaria), il messaggio didattico che ne risulta sia basato proprio su un concetto ambiguo e indefinibile: la cosiddetta “creatività”. Secondo un libro di testo, «Creatività è il valore aggiunto dato a determinati contenuti della forma, verbale e visuale. E “valore aggiunto” è la capacità di un messaggio di convincere su questi contenuti, sia attraverso la dimostrazione sia attraverso la persuasione»2. Il che non definisce nulla, tranne il fatto che la pubblicità buona è crea-tiva, e quella creativa è buona. L’invocazione di tanti/e docenti alla creatività è una patetica dichiarazione di impotenza e la rinuncia al ruolo di insegnante.☛ Oggi chiunque scriva una lettera con Word fa grafica, perché sceglie formati, ca-ratteri, dimensioni e formattazione del testo. Sia l’hardware che i programmi di disegno e fotoritocco permettono elaborazioni estreme, e la condivisione sui social network è così

1 Franco Tizian, Comunicare. Elementi di tecnica di comunicazione d’impresa, Zanichelli, Bo-logna 1999, (prima edizione: Milano, Edi.Ermes, 1996).2 Ibidem.

diffusa che letteralmente ogni studente fa tutti i mestieri della grafica di un tempo e pubblica prodotti appiattiti sulle modalità di comu-nicazione diffuse dai media. Ciò provoca un abbassamento di qualità e il crollo della profes-sione: il mestiere della grafica appare scontato, quindi di poco valore. ☛ Occorrerà ricominciare da zero. Se la grafica è ovunque, bisogna partire dalla scuola ma-terna per dare indicazioni e cultura rigorose, corrette, etiche, libere dall’approssimazione tecnologica, dalle strategie di marketing, dal glamour, dall’ambigua indeterminatezza dell’arte, dal feticcio dell’apparenza e dall’o-scurantismo trendy delle agenzie pubblicitarie. E bisogna imparare a fare grafica per poter usare tutte le potenzialità offerte da una nuova didattica: presentazioni multimediali, micro-editoria, autopubblicazione, partecipazione e gestione di social network. Non è troppo complicato né costoso. Tutte le operazioni necessarie possono essere svolte con l’ausilio di programmi scaricabili gratuitamente, che emulano benissimo quelli più noti e costosi. Anche le informazioni per l’uso sono sempre reperibili in rete. L’autoinformazione, così dif-fusa nelle giovani generazioni, può diventare una capacità anche di chi insegna.

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Determinazione n. G05009 del 16.12.2013 Regione LazioAvviso pubblico concessione di contributi eco-nomici a sostegno di progetti da attuare nelle Scuole del LazioProgetto n. 184 “Linguaggi di Genere”CUP H82D14000000002

Progetto grafico e impaginazione

Mauro Zennaro