Linguaggi per una Coreografia Aumentata
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LINGUAGGI PER UNA
COREOGRAFIA
AUMENTATA
a cura di
Andrea Bene – Matr. 731338
Tesi di laurea in
Design dell‟Interazione
Corso di Laurea Magistrale in Teoria e Tecnologia della
Comunicazione
a.a. 2010/2011
RELATORE: Chiar.mo Prof. Giorgio De Michelis
CORELATORE: Chiar. mo Prof. Francesco Tisato
CORELATORE: Dott. D. Bernini
CONTRORELATORE: Chiar.mo Prof. N. Stucchi
A mio Padre, a mia Madre,
a mia sorella.
...A conclusione di questo lavoro, sento di dire grazie…
Al mio professore, Giorgio De Michelis, che ha sempre
saputo illuminare le strade giuste: la sua professionalità, la sua
passione, sono stati per me inesauribili fonti di energia e
ispirazione.
Ai miei genitori, lontani eppure sempre accanto; a mia
sorella, sempre capace di colmare ogni vuoto.
Al professore Francesco Tisato, che ha saputo
valorizzare e, al contempo temperare, il mio entusiasmo: la sua
risolutezza, il suo rigore di docente e di uomo, sono stati per me
precisi punti di riferimento.
A Diego Bernini, guida amica, competente e
professionale, sempre pronto a mettersi in gioco e a tendere la
mano.
Al coreografo Roberto Altamura, il mio primo punto di
riferimento nella danza: le sue doti artistiche e la sua
preparazione sono state le chiavi per aprire porte per un mondo
meraviglioso.
A Elisa Guzzo Vaccarino, persona di squisita finezza e
simpatia, la sua esperienza e il suo intuito hanno dato e spero
daranno ancora linfa al progetto.
A Daniela, “Milanello”, gli “zii” Fabio e Simona,
Marzia e le “Elene”, Deia, Massimiliano e Simona, Alessia,
Michele, Chiara: la mia famiglia fuori sede.
A Barbara, “Capocchia”, Clara, “Chicco”, “Duck”,
Jacopo, “Pizzi”, Rocco e a tutti gli amici di sempre.
A Benedetta, per questo bacio lungo un anno e per tutti
quelli che verranno.
A tutti voi grazie, da oggi e per sempre bagaglio prezioso della
mia vita.
UNIVERSITÀ DI MILANO - BICOCCA
Linguaggi per una Coreografia
Aumentata
a cura di Andrea Bene
RELATORE: Chiar.mo Prof. Giorgio De Michelis
CORRELATORE: Chiar.mo Prof. Francesco Tisato
CORRELATORE: Dott. Diego Bernini
CONTRORELATORE: Chiar.mo Prof. Natale Stucchi
con la collaborazione di
Elisa Guzzo Vaccarino – MAS Milano
Roberto Altamura – Milano City Ballet
i
“Le nostre braccia hanno origine dalla
schiena perché un tempo erano ali”
- Martha Graham -
ii
INDICE
INTRODUZIONE ................................................................................... V
CAPITOLO I: STATO DELL’ARTE ...................................................... 4
1.1 Sistemi di notazione............................................................ 5
Parole e Abbreviazioni ................................................ 6
Traccia ............................................................................ 12
Figure Stilizzate ........................................................... 15
Sistemi a Pentagramma Musicale .......................... 23
Simboli Astratti ........................................................... 27
Conclusioni ................................................................... 34
1.2 Tecnologie informatiche nella danza ........................... 37
1.3 Teorie sulla percezione dei movimenti, il caso
particolare della danza ............................................................ 44
1.4 Approcci alla rappresentazione digitale del
movimento biologico .............................................................. 49
Key Frames ................................................................... 49
iii
Velocità e Posizione in funzione del Tempo
(Funzioni Matematiche) ............................................ 50
Comportamento orientato all'Obiettivo
(Cinematica Inversa) .................................................. 51
Descrizione dei Vincoli (Forward Kinematics) .... 52
CAPITOLO II: AUGMENTED CHOREOGRAPHY .......................... 56
2.1 Definizioni ............................................................................ 59
2.1.1 OffLine (Statica) .............................................. 61
2.1.2 OnLine (Dinamica) ......................................... 61
2.2 Pratiche e linguaggi della Coreografia ........................ 64
2.2.1 Tempo ............................................................... 64
2.2.2 Tra ballerino e coreografo ........................... 67
2.2.3 Tra coreografo e coreologo ........................ 68
2.3 Attori e linguaggi e coinvolti.......................................... 71
2.4 Ipotesi di architettura ....................................................... 85
CAPITOLO III: IMPLEMENTAZIONE .............................................. 91
iv
3.1 Dance Forms 2.0 ................................................................. 93
DanceForms Workspace ........................................... 94
Finestra Studio............................................................. 95
Finestra Score .............................................................. 98
Finestra Stage .............................................................. 99
Rendering e Finestra Performance ...................... 101
Palettes ........................................................................ 103
Esportabilità ............................................................... 106
3.2 Dimostratore .................................................................... 110
Tecnologia Hardware .............................................. 111
Tecnologia Software ................................................ 112
Interattività ................................................................. 113
CAPITOLO IV: CONCLUSIONI ..................................................... 115
4.1 Problemi aperti e possibili sviluppi futuri ................ 115
4.2 Riflessioni finali ................................................................ 120
BIBLIOGRAFIA ................................................................................. 123
v
INDICE DELLE FIGURE.................................................................... 132
vi
INTRODUZIONE
Le mutazioni antropologiche e culturali che caratterizzano la
socialità dei nostri tempi, coincidono con l'esaltazione del
rapporto tra noi, i nostri corpi, e lo spazio. Sul palcoscenico
della storia quotidiana le Tecnologie Digitali sublimano in un
nuovo modo di fare Comunicazione. Le Parole, capaci di
raggiungerci in ogni luogo in un battito di ciglia, si
arricchiscono di esperienze multimediali convergendo verso un
linguaggio globale. Siamo onnipresenti, potenzialmente
onniscienti, a patto di servirci di protesi software e hardware
come social network, email, personal computer, smart phone,
ubiquitous computing. Esse estendono le nostre capacità
aumentando le possibilità di interazione con la realtà,
rendendola una Realtà Aumentata. Questa quarta dimensione
del mondo, sorta sulla striscia di confine tra naturale e virtuale,
assume le caratteristiche delle azioni fisiche e dei dispositivi
tecnologici che utilizziamo.
In questo clima di sfrenata espansione delle performance
tecnologiche, ricorriamo alla sperimentazione artistica
ricordandoci come l'origine dell'arte stessa sia legata al concetto
di téchne:
"Gli artisti sono anche tecnici e i tecnici sono anche artisti,
perché il loro fare, in entrambi i casi, comporta un saper fare o un metodo." (Platone)
vii
In particolare l'arte della Danza è una potente metafora del
nostro modo di vivere lo spazio, di muoverci all'interno di esso.
Essa rappresenta una tecnologia cognitiva capace di mettere in
relazione, attraverso il movimento, il mondo fisico con quello
immaginario. Raccontando un diverso modo di percepire la
realtà, la Danza può donarci una nuova possibilità di studio
dell'interazione tra i corpi e i sistemi digitali, regalandoci delle
nuove chiavi di lettura per il progresso tecnologico. Attraverso
la musica, il movimento e la tecnologia si può "portare fuori"
ciò che alberga nella mente dell'artista coreografo, includendo
sentimenti e stati d'animo. Si prefigura lo schema di costruzione
di una Coreografia Aumentata che permetta, da un lato di
mantenere la fisicità autentica del mondo reale e, dall'altro, di
saggiare nuove esperienze fruibili attraverso l'interazione tra
corpi e spazio-tempo digitale.
Il nostro studio si pone l'ambizioso intento di dotare tecnologi e
coreografi degli strumenti necessari per unire doti e competenze
a servizio della sperimentazione artistica e scientifica. Un ponte
fatto di linguaggi e grammatiche da scoprire e completare.
3
4
C a p i t o l o I
STATO DELL’ARTE
Il progetto nasce dall‟idea di creare una nuova tipologia di
performance artistica mettendo a servizio della danza le più
innovative soluzioni informatiche. Molti, sia del mondo della
danza che della tecnologia, prima di noi e insieme a noi hanno
avuto idee simili con risultati e risonanza diversi. Sicuramente
tra i coreografi pionieri in questo campo possiamo citare Merce
Cunningham, che in collaborazione con l‟Open Ended Group
del MIT di Boston, ha realizzato una serie di esperimenti di
successo come “Biped” (Open Ended Group, 1999) che
integrano performance artistica e tecnologia, oppure come
William Forsythe che ha messo a disposizione il suo dance
ensemble “One Flat Things” per la rielaborazione di sequenze
di danza per ricavare dati dai quali vengono ottenuti veri e
propri oggetti in movimento (Forsythe, 2009). Altre ricerche
sono state dirette invece a sviluppare dei sistemi che potremmo
definire ausiliari, con i quali è possibile ad esempio generare
nuovi movimenti (Carlson, 2011), o nella creazione di nuove
forme di espressione linguistica per modellare
l‟improvvisazione nella danza (Downie, Eshkar, & Kaiser,
2009) (Vidach, 2011) (McGregor, 2008). Vi sono poi tutta una
serie di tool informatici che ripropongono in chiave digitale i
5
diversi sistemi di notazione esistenti per la danza, con soluzioni
a volte molto efficaci dal punto di vista informatico ma spesso
di dubbia utilità per i coreografi moderni. Nel prosieguo di
questo capitolo vedremo alcune di queste tecnologie, ma prima
affronteremo una analisi storica (Hutchinson Guest, Choreo-
graphics. A Comparison of Dance Notation Systems From the
Fifteenth Century to the Present, 1989) e tecnica (Tagliasco,
1990) dei sistemi di notazione di danza dal XV sec. ad oggi.
Infine affronteremo i temi della percezione dei movimenti della
danza esaminando teorie ed esperimenti in proposito e
proporremo una panoramica sugli approcci alla
rappresentazione digitale del movimento biologico.
1.1 - I Sistemi di Notazione
I sistemi di notazione del mondo della coreografia di tradizione
occidentale hanno chiaramente subito le influenze legate al tipo
di danza più in voga in quel determinato periodo permettendo,
attraverso essi, di risalire alla storia della danza in generale. Sta
di fatto che dal XV sec. ad oggi abbiamo avuto un proliferare di
notazioni grazie alle quali siamo in grado di capire e riproporre
perfettamente danze e balletti appartenenti ad epoche anche
molto lontane. Certamente, differenti sistemi di notazione
rappresentano differenti obbiettivi: se alcuni presentano una
particolare precisione nel riportare i passi ed i movimenti, altri
6
prediligono la facilità e la velocità di lettura; se alcuni sono stati
creati come aiuto per la memorizzazione dei passi, altri sono
stati immaginati per essere usati durante la creazione di nuove
coreografie. Per meglio districarci tra le diverse soluzioni
proponiamo qui una suddivisione di scuola londinese in cinque
macro categorie di rappresentazione: parole e abbreviazioni;
traccia, figure stilizzate, sistemi a pentagramma musicale,
simboli astratti.
Parole e Abbreviazioni
Uno dei sistemi più intuitivi utilizzati per trascrivere una
qualsiasi azione in movimento è sicuramente quello di sfruttare
le parole e la grammatica del linguaggio naturale. I sistemi di
questa categoria utilizzano soluzioni anche molto diverse tra
loro ma che possono essere accomunate dal fatto che i
movimenti vengono descritti in maniera molto semplice ed
intuitiva. Il primo in ordine cronologico è il Cervera, un
manoscritto comparso in Spagna intorno alla metà del „400
contenente una serie di simboli astratti ma corrispondenti a delle
parole ben precise come “reverencia”, “continencia”, “doble”
o “represa”. Della fine del „500 è invece l‟Orchesographie di
Thoinot Arbeau il quale anziché fornire un sistema di notazione
vero e proprio, si concentra nel descrivere accuratamente i
movimenti di dame e cavalieri rispetto al pavimento scrivendo
queste annotazioni accanto al pentagramma musicale, in modo
7
da rendere agevole la sincronizzazione con la musica. Lo stesso
stratagemma usato per facilitare lettura e sincronizzazione viene
utilizzato da John Playford nel suo The English Dancing
Masters degli inizi „700 e nel molto più recente lavoro di
Antonine Meunier nel libro La Danse classique. Come
possiamo vedere in Figura 1 il sistema utilizzato dalla Meunier
consiste nell‟apporre sul pentagramma musicale delle
abbreviazioni di parole contenuti in dei rettangoli, accompagnati
da altri simboli che indicano verso e direzione. Il più recente di
questa prima categoria è il Saunders System realizzato nel 1946
dallo statunitense Drake Saunders, il quale ha pensato di
facilitare la trscrizione utilizzando delle schede prestampate
contenenti delle parole chiave che l‟annotatore cerchia e collega
(Figura 2).
8
Figura 1 - Estratto dal libro La Danse Classique di Antonine Meunier (Meunier, 1931)
9
Figura 2 - Un esempio del Danscore di Saunders (Saunders, 1946).
Sebbene molto pratico, questo sistema non è certamente adatto
ad una trascrizione dettagliata di una coreografia in quanto
richiederebbe un enorme numero di fogli per poter essere
accuratamente descritta. In definitiva il vantaggio principale di
utilizzare le parole come strumento di notazione rende la
codifica molto intuitiva e veloce permettendo così un ottimo
ausilio alla memoria. Tuttavia rimane una soluzione
10
approssimativa dal momento che per descrivere con precisione
anche un semplice movimento c‟è bisogno di un numero elevato
di parole.
D‟altro canto l'immediato vantaggio di utilizzare delle parole
appare abbastanza evidente. L'uso di parole e di abbreviazioni
per trascrivere velocemente dei nomi è sicuramente un metodo
molto ovvio e intuitivo di annotare e scrivere dei promemoria.
Si può facilmente osservare un coreografo, in fase creativa,
intento ad abbozzare su carta dei riferimenti come "gl as pdb en
4'" intendendo"glissade, assemblé, pas de bourée, entrchat
quatre". Risulta però evidente che queste informazioni sono
mascherate per qualsiasi altro lettore, anche se preparato sulla
danza. Informazioni come il tempo, la direzione e il verso, il
piede di partenza, rimangono nascosti e sottointesi. Per avere un
sistema in grado di tenere traccia di tutte le caratteristiche dei
movimenti descritti, e quindi per poter essere letto da altri oltre
l'autore, sono necessarie molte più parole e abbreviazioni
organizzate in maniera coerente. Nel metodo Meunier possiamo
vedere una prima forma di organizzazione delle parole, ma
molte informazioni vengono ancora tralasciate. Il Saunder
invece è completo, ma molto dispendioso in termini di tempo e
spazio occupato. Prendendo in considerazione i manoscritti
storici, dove i passi e le sequenze di danza sono espressi
utilizzando le parole, ci si rende facilmente conto che i
trascrittori scrivevano per i loro contemporanei, dando per
11
scontati una serie di dati propri dei tipi di danza di quel periodo.
Questo ci fa capire che oltre ad un problema di incompletezza
delle informazioni, vi è anche un serio limite imposto dal
linguaggio di riferimento del periodo in questione, contribuendo
a creare ulteriori ambiguità. Possiamo concludere la trattazione
sull'uso di parole e abbreviazioni affermando che sebbene
possano rappresentare, e di fatto rappresentano, un ottimo
ausilio per la memoria di breve termine dei coreografi in fase
creativa, non si prestano affatto come strumento rigoroso e
disambiguo di trascrizione dei passi di danza di una coreografia.
12
Traccia
La nascita della tecnica della “Traccia” (dall‟inglese track
drawing), ossia riportare i movimenti dei ballerini come se
fossero della tracce lasciate sul pavimento visto dall‟alto, va
ricondotta alla peculiarità dei balletti delle corti di Francia e
Italia del XVII sec. che si sviluppavano tutti entro uno spazio
ben preciso, i saloni da ballo, e consistevano in dei percorsi
molto rigorosi che i ballerini dovevano compiere. Il più
importante di questi sistemi è sicuramente il Feuillet di Raoul
Feuillet, allievo di Pierre Beauchamp al quale molti
riconducono l‟originale invenzione del metodo. Questo utilizza
un sistema di segni molto articolato comprendente la
descrizione del percorso, della posizione di piedi e braccia, salti
e andature, ma soprattutto fa risaltare immediatamente gli
spostamenti nello spazio bidimensionale (Figura 3). Altri
sistemi di questo genere, coevi di Feuillet ma sicuramente meno
diffusi, sono il Lorin di André Lorin e il Landrin che tra l‟altro
utilizza un sistema ibrido di traccia e abbreviazione di parole.
Sebbene questi sistemi abbiano una comunicatività molto forte,
i veri e propri movimenti dei ballerini sono quasi
incomprensibili se non si conosce esattamente la grammatica
utilizzata; inoltre alcune parti del corpo come piedi e gambe
sono descritte da un unico simbolo presupponendo che il lettore
abbia una conoscenza della danza molto accurata. Bisogna
sottolineare però una caratteristica fondamentale e non
13
trascurabile di questi strumenti di trascrizione, che è la
chiarezza e l'immediatezza nella descrizione dei movimenti di
gruppo. Soluzioni del genere verranno riprese dalla computer
grafica per la gestione degli spostamenti di più oggetti
contemporaneamente (si veda il paragrafo 1.4) in uno spazio
bidimensionale. È ormai uno standard in tutti i software di
animazione predisporre uno strumento di controllo dei
movimenti nello spazio che utilizzi la tecnica del track-
Drawings.
14
Figura 3 - Un esempio in notazione Feuillet (Feuillet, 1700).
15
Figure stilizzate
Una delle soluzioni più usate nei diversi periodi storici è quella
di abbozzare dei modellini stilizzati con i quali descrivere i
diversi passi e le variazioni di posizione. I più recenti arrivano a
delle rappresentazioni visuali molto accurate e ricche di dettagli.
Non è un caso se di questa categoria faccia parte uno dei più
diffusi e accreditati sistemi di notazione, utilizzato ancora dalla
Royal Academy of Dance per la catalogazione e lo studio di
coreografie di artisti del calibro di Ashton, Balanchine,
MacMillan, Preljocaj, Neumeier e MacGregor (Royal Academy
of Dance, 1997). Storicamente il primo sistema di questo genere
è lo Sténochorégraphie di Arthur Saint-Léon pubblicato a Parigi
nel 1852, con il quale ha trascritto, tra gli altri, il Pas de Six da
La Vivandière (Figura 4). Questo sistema utilizza due
pentagrammi musicali per la trascrizione dei passi dove nel
primo rigo viene trascritta la coreografia e nel secondo il tema
musicale. Questa soluzione, che troveremo anche in altri sistemi
di notazione, è un espediente molto semplice per fare in modo
che danza e musica siano facilmente sincronizzabili. Molto
simile è lo strumento realizzato dal tedesco Friedrich Albert
Zorn nel suo libro Gramatik der Tanzkunst (Grammatica
dell‟Arte della Danza) che ripropone uno studio dei passi della
danza con alcuni esempi di danze sociali (Figura 5). Come già
anticipato tra i sistemi di notazione di questa categoria spicca il
più accreditato ossia il Benesh Movement Notation pubblicato
16
per la prima volta dai coniugi Benesh nel 1956 con il libro An
Introduction to Benesh Dance Notation. Questo metodo, che
nasce per la danza, può essere utilizzato per rappresentare
qualsiasi sequenza di movimento, e questo gli ha permesso
rimanere attuale nonostante i grandi cambiamenti nello stile
coreografico che si sono verificati negli ultimi tempi . Il sistema
utilizza il pentagramma musicale dove ogni riga corrisponde ad
una sezione del corpo. La prima corrisponde all‟apice della
testa, la seconda alle spalle, la terza alla vita, la quarta alle
ginocchia mentre la quinta rappresenta il terreno.
Figura 4 - Solo del Cavaliere nal Pas de Six da La Vivandière (Saint-Léon, 1852).
17
Figura 5 - Notazione Zorn: estratto dal balletto sociale Cachucha (Zorn, 1887).
Sono utilizzati tre segni distinti per disegnare nelle tre
dimensioni la posizione delle parti anatomiche. Con un
semplice sistema di simboli si ottiene un vocabolario di circa
355 opzioni descrittive e la trascrizione risulta molto semplice e
intuitiva (Figura 6).
Figura 6 - Trascrizione di una posizione in Benesh Dance Notation (Ryman, 2008)
18
Da quando il sistema Benesh è stato adottato dalla Royal Ballet,
i coreologi di tutti i tempi, cioè gli esperti di sistemi di
notazione (di cui parleremo meglio nel secondo paragrafo del
capitolo 2 dedicato alle “Pratiche e i Linguaggi della
Coreografia”), lo hanno impiegato per diffondere le tecniche
delle varie compagnie di danza del mondo. Nel 1962 nasce a
Londra il Benesh Institute of Choreology che organizza corsi
per l‟apprendimento del sistema e pubblica manuali di danza,
ma anche di fisioterapia, difatti questo sistema viene ormai
utilizzato anche dalla medicina riabilitativa per descrivere gli
esatti movimenti da compiere durante una seduta fisioterapica.
Il più recente sistema di notazione, rimanendo nell'ambito dei
più diffusi, è il Sutton System, nato da un‟idea della coreografa
Valerie Sutton nel 1973, recentemente utilizzato anche per la
descrizione di alcune lingue dei segni per sordi.
19
Figura 7 - Illustrazione di un pentagramma Benesh estratto dalla coreografia del Voluntaries© di Glen Tetley del 1975.
Il vantaggio dato dall'immediata significatività delle figure
stilizzate è abbastanza ovvio. Oltre a costituire uno dei pilastri
20
dei sistemi di notazione della danza, risulta anche un ottimo
ausilio per la memoria per chiunque voglia appuntare alcuni
movimenti. Il lettore capisce subito ciò che vuole intendere chi
ha abbozzato le figure stilizzate, che possono essere arricchite
attraverso l'uso di frecce e punti per segnalare posizione e
direzione. Certamente la facilità di lettura dipende dal livello di
astrattezza delle figure disegnate. Più una figura è precisa e
dettagliata e più è facile capire cosa indica; più la figura è
astratta e maggiore è lo studio necessario per intenderla
correttamente. Zorn è semplice da leggere e utilizza pochi segni
addizionali. Il Saint-Léon usa una stilizzazione particolare per la
descrizione dei movimenti delle gambe. Il metodo Sutton
utilizza dei disegni molto stilizzati e anche la prospettiva
rispetto alle rotazioni viene rispettata. Se il performer deve
cambiare direzione viene espresso attraverso una rotazione
dell'immagine. Utilizzare un sistema di annotazione visuale
sembra essere un'ottima soluzione per rappresentare le posizioni
ma dimostrano diverse carenze per quanto riguarda i
movimenti. Ad esempio nella trascrizione su carta viene a
perdersi la terza dimensione. Esistono alcuni sistemi, non trattati
in questa sede, come il Jay (U.S.A., 1957) e l'Arndt (Germania,
1951), dove la figura viene tracciata anche di profilo e una nota
suggerisce che tipo di rotazione deve essere eseguita. Nei
metodi Benesh e Sutton, per indicare la terza dimensione,
vengono invece utilizzati dei simboli più piccoli vicino alla
figura principale. Tuttavia la maggior parte di questi sistemi di
21
trascrizione adottano il punto di vista del pubblico per
descrivere il movimento. Molto probabilmente questa scelta
dipende dal fatto di voler disambiguare la destra e la sinistra,
soprattutto quando sono i ballerini stessi a leggere lo spartito.
Uno dei limiti principali della trascrizione in simboli visuali è
che, mentre per la danza classica esiste un vocabolario di
movimenti molto ben definito e decodificato, lo stesso non si
può dire per la danza moderna, dove invece viene lasciata ampia
libertà di personalizzazione. Trascrivere un balletto Hip-Hop o
Jazz con il sistema Zorn risulterebbe pressoché impossibile, e
andrebbe tutto a scapito dell'espressività della coreografia.
Dal Momento che è stato appurato che tra tutti i sistemi visuali,
il Benesh è certamente il più diffuso e ancora oggi utilizzato
dalla Royal Academy of Dance, dobbiamo brevemente
soffermarci ad analizzarne vantaggi e svantaggi. Il livello di
astrazione con il quale sono stati concepiti i disegni permette di
descrivere numerosi movimenti evitando ridondanze, che
affaticherebbero sia il lettore, sia il trascrittore. Questo impone
che vi sia una certa preparazione da parte di chi legge, che però
riguarda più il mondo della danza in generale che quello del
sistema in particolare il quale mantiene sempre una sua
intrinseca trasparenza. Questa notazione inoltre, oltre
all'accuratezza dei dettagli, permette diverse forme di
personalizzazione da parte del coreografo che la utilizza,
attraverso l'aggiunta di ulteriori simboli. Proprio grazie a questo
22
grado di libertà che il sistema spontaneamente offre a chi lo
utilizza, si è venuto a costituire negli anni un graduale
arricchimento del lessico che ha permesso al sistema di adattarsi
alle numerose evoluzioni della danza moderna. Sta di fatto che,
per garantire un uso corretto e inequivocabile del sistema di
notazione, sia stato necessario istituire una figura professionale
specializzata nella trascrizione, il Coreologo (in inglese
Notator). Difatti oggi, l'uso maggiore che si fa di questi sistemi
di notazione è soprattutto rivolto alla tutela dei diritti d'autore
sulle diverse coreografie portate in scena. Appare evidente
l'imminenza di un certo tipo di rigore. Analizzando ora alcune
limitazioni del sistema in questione, possiamo subito dire che,
dato lo spiccato carattere ballet-oriented del Benesh, per
rappresentare le forme di danza contemporanea, e per avere una
descrizione dei movimenti più accurata anche al di là del
contesto coreografico, sarebbe opportuno aggiungere al
pentagramma musicale altre due linee, ad esempio per
descrivere il bacino. Questo garantirebbe una descrizione più
completa ed accurata dell'anatomia umana, fino ad arrivare ad
una perfezione scientifica ed ergonomica, permettendo anche un
uso decontestualizzato del sistema.
23
Sistemi a pentagramma musicale
Nella danza come nella musica il tempo svolge un ruolo
fondamentale. Tempo, ritmo, battute sono tutti elementi che
caratterizzano entrambe le arti. Molto spesso i coreografi
conoscono il solfeggio e alcuni di essi sono anche degli ottimi
musicisti. Tra questi si distingue il francese Pierre Conté,
meritevole di aver creato il più noto sistema di scrittura per la
danza mutuato dal sistema musicale. Nel suo libro Ecriture,
pubblicato per la prima volta nel 1931 presenta una serie di
varianti del suo metodo che può essere così adattato a diverse
tipologie di danza. In questo campo è poi molto significativo il
contributo del russo Vladimir Stepanov che analizza i
movimenti del corpo suddividendoli in giunture e articolazioni
legate tra loro da gradi di dipendenza, associando ad ognuna di
esse caratteristiche quali direzione, flessione, estensione,
rotazione, abduzione e adduzione, anch‟esse espresse in gradi. Il
compito di trascrivere il metodo Stepanov è stato svolto dal suo
collega Alexander Gorsky, autore del Table of Signs in Stepanof
Notation. Il sistema prevede diversi righi con diverse linee che
stanno ad indicare parti del corpo differenti, ma la cosa più
significativa è che ogni movimento può essere rappresentato
usando la stessa simbologia della musica (Figura 8 e 9).
L‟ultimo sistema di questa categoria, ad opera di Alwin
Nikolais, è il Choroscript comparso per la prima volta su una
rivista specializzata intorno alla metà del „900.
24
Figura 8 - Simboli che rappresentano quale lato e quale particolare parte muovere.
25
Figura 9 - Estratto dal repertorio di Maryinsky annotato in Stepanov tratto dalla variazione del Prince de The Sleeping Beauty, Atto III (Gorsky, 1978).
26
Questo ultimo metodo va letto in verticale dal basso verso l‟alto
in quanto parte da uno studio della Labanotation di Rudolph
Von Laban, del quale parleremo nel prossimo paragrafo, ma
l‟autore ha ritenuto di sostituire il sistema a blocchi proprio di
Laban con delle note musicali di modo che il tempo fosse più
facilmente leggibile.
Per chiunque abbia un minimo di dimestichezza con il
pentagramma musicale, utilizzare la stessa simbologia per
rappresentare il tempo nei movimenti manifesta certamente una
certa intuitività:
"Learning one set of sign would seem to be killing two birds
with one stone." (Hutchinson Guest, 1989)
D'altro canto però, sono in molti a pensare che, utilizzare lo
stesso sistema di notazione della musica, crei solo più
confusione. Nell'utilizzo pratico è stato notata una certa
difficoltà nell'individuare la durata, perché il ballerino è
costretto a conteggiare ogni singolo movimento. Non c'è una
chiara indicazione rispetto all'inizio e alla fine di un passo e
spesso si riscontrano delle ambiguità tra le note legate e le note
spezzate.
27
Simboli astratti
Intorno al XX sec. si è assistito ad uno sviluppo di nuove
tecniche di trascrizione dei movimenti basate su delle soluzioni
del tutto innovative, fatte di simboli completamente astratti. Tra
queste meritano di essere annoverate il Théleur System basato
su simboli astratti annotati al di sopra ed al di sotto del
pentagramma (Théleur, 1831); il Morris System particolarmente
significativo per la danza free style (Morris, 1928) la quale
creatrice, Margaret Morris, ne è una nota esponente; il
Kineseography di Eugene Loring e D. J. Canna del 1955, creato
dagli autori per meglio rappresentare l‟essenza della danza
moderna di scuola americana (Loring & Canna, 1955). Il
metodo che però ha avuto in assoluto più fortuna di tutti è il così
detto Labanotation, presentato per la prima volta a Vienna
(Laban, 1956) dal suo autore Rudolph Von Laban. Questo
sistema nasce dalla volontà di creare un metodo che potesse
rappresentare i movimenti in diversi campi e si basa
sull‟intuizione di derivare la strutturazione dello spazio di
riferimento dalla cristallografia (Hutchinson Guest,
Labanotation, 1970). E‟ celebre la tecnica basata su una gabbia
icosaedrica che Laban utilizzava per spiegare delle sequenze
particolarmente complesse ai suoi allievi (Figura 10). Nella
Figura 11 possiamo osservare come vengono individuate le
diverse parti del corpo rispetto al rigo e in Figura 12 abbiamo un
estratto da un manoscritto. Come vedremo nel paragrafo
28
dedicato alla tecnologia, la notazione Laban si presta molto
bene ad una digitalizzazione in quanto è costituita da elementi
facilmente maneggiabili su uno schermo. Un altro sistema che
si presta benissimo ad una elaborazione digitale è l‟Eshkol-
Wachmann frutto delle menti di una coppia composta da una
coreografa e da un architetto. Questo metodo si basa su un
sistema di riferimento sferico generale per rappresentare il
corpo e un sistema di riferimento per ogni articolazione. In
questo modo ogni movimento può essere individuato da una
serie di coordinate nello spazio ed essere riassumibili come
delle semplici espressioni matematiche.
Figura 10 - - Lezione tenuta da Laban durante l qual illustra un passo servendosi della gabbia icosaedrica.
29
Figura 11 - Suddivisione delle parti del corpo rispetto al rigo della Labanotation (Hutchinson Guest, Labanotation, 1970).
30
Figura 12 - Estratto in Labanotation del Dance of the Little Swans di Balanchine.
Il risultato finale di questo tipo di rappresentazione è una
matrice di numeri e simboli che esprimono direzione e
particolare espressività, mentre le righe corrispondono alle
diverse parti del corpo coinvolte nel movimento. Il tempo viene
individuato da una suddivisione in battute delle colonne della
31
matrice (Figura 13). Sebbene sia uno strumento estremamente
rigoroso e computabile, rimane una soluzione molto
dispendiosa in termini di tempo, infatti anche il minimo
movimento richiede un elevato numero di annotazioni.
Figura 13 - Manoscritto estratto dalla suite Diminishing Series di Noa Eshkol.
Il principio alla base dei sistemi che utilizzano simboli astratti è
quello di esplicitare pattern complessi di movimenti attraverso
segni rappresentanti un vero e proprio lessico rispetto a: parti
del corpo, direzione, flessione, estensione, rotazione, uso del
tempo, energia, ecc. Ogni movimento quindi è dato
dall'organizzazione di questi simboli attraverso una particolare
32
grammatica. Mentre tutti gli altri strumenti di notazione
nascono da un'idea generale, come quella di utilizzare le note
musicali piuttosto che le immagini visuali, e poi arricchiti e
personalizzati per soddisfare le caratteristiche del movimento
nella danza, questi strumenti basati sui simboli astratti, nascono
con l'intenzione di catalogare e descrivere i movimenti in
generale, adattandosi poi al caso particolare della coreografia.
Questo significa che il movimento viene subito affrontato nella
sua interezza cinetica. In questa sede ci occuperemo in maniera
particolare della Labanotation in quanto sembra essere il più
adatto alla descrizione del movimento umano in maniera
digitale. Lo dimostra il fatto che esiste una ricca letteratura su
diversi esperimenti di animazione grafica basati sull'uso di
questo strumento (v. paragrafo 1.2). In particolare, il sistema di
Laban contiene molti più elementi intuitivi di quanto se ne
possano notare ad un primo sguardo. Il posizionamento
verticale dello spartito ad esempio è già di per se una
rappresentazione del corpo umano nella sua simmetria. Questa
strategia permette inoltre una facile lettura da parte del
performer, perché permette di generare la coreografia come un
flusso, senza interruzioni. Anche i riferimenti temporali hanno
una rappresentazione visuale in quanto la durata di un simbolo
rappresenta la durata del movimento. La variabilità nella
lunghezza fornisce un metodo intuitivo e flessibile di
rappresentare il tempo per le diverse parti del corpo, ed è
semplice sovrapporre durate diverse riferite a parti del corpo
33
differenti. La direzione è espressa in maniera altrettanto
intuitiva, e movimenti, associati dal fatto di essere fatti nello
stesso verso, formano dei cluster che facilitano ulteriormente la
lettura. Il sistema "a blocchi clusterizzati" permette di
individuare immediatamente le componenti fondamentali del
movimento, che viene perfezionato dall'aggiunta di puntini,
cerchietti e altri simboli minori. Un'altro elemento che gioca a
favore di questo strumento è l'estrema economicità della tecnica
di trascrizione: ogni simbolo sullo spartito rappresenta la parte
del corpo che si deve muovere, la direzione e il livello, il
momento esatto in cui il movimento inizia e l'esatta durata.
Tutto ciò parrebbe fare della Labanotation la soluzione ideale
intorno alla quale costruire il nostro sistema per la realizzazione
delle coreografie aumentate.
34
Conclusioni
Abbiamo visto come il problema della registrazione del
movimento abbia subìto, nella sua storia, diverse influenze
relative sia al tipo di danza più in voga nel periodo stesso, sia al
grado di accuratezza e di dettaglio. Nei periodi più recenti
inoltre si è venuta a manifestare l'esigenza di tutelare legalmente
le coreografie, e questo ha richiesto un'ulteriore salto di qualità
nella descrizione, generando una serie di numerose varianti e
interpretazioni di sistemi già esistenti. Nel XX sec. si assiste ad
un proliferare di strumenti di notazione che utilizzano soluzioni
sempre più specifiche rispetto ai diversi stili di danza, finché,
intorno alla metà degli anno '70, si è avuto un totale crollo sia
nella nascita che nell'uso (Figura 14). La spiegazione va
ricercata nello sviluppo delle tecnologie audio-visive che ha
investito quegli anni e tutti gli altri a venire. La domanda che
tutti i coreografi si fanno oggi quando vengono messi di fronte
ad un sistema di notazione, anche se il più completo ed
efficiente, è: perché perdere tempo ad imparare a leggere una
partitura di una coreografia, quando posso utilizzare le
numerose riprese video, facilmente disponibili? Cosa c'è di più
esplicito e dettagliato di una registrazione video? L'ineluttabile
semplicità delle risposte ci ha fatto capire che avevamo sì
trovato nella Labanotation il sistema di notazione che meglio si
presta per degli usi digitali, ma di sicuro questo non può essere
utilizzato come linguaggio finale per una coreografia aumentata.
35
Figura 14
36
37
1.2 – Tecnologie informatiche nella danza
Come recita una ormai celebre legge di uno dei fondatori della
Intel®, nonché inventore del microprocessore Gordon Moore, le
prestazioni dei processori raddoppiano ogni diciotto mesi a
parità di costo. Questo vuol dire che ciò che vent‟anni fa
sembrava solo auspicabile (Tagliasco, 1990) oggi potrebbe
essere già stato realizzato. Per quanto riguarda le tecnologie
informatiche a servizio della danza e in particolare dei sistemi di
notazione possiamo notare come vi sia stato dalla fine degli anni
‟90 ad oggi un proliferare di tool che permettono di riprodurre
graficamente una coreografia trascritta in Labanotation
piuttosto che in Benesh Movement Notation. Tra i vari sistemi
analizzati dobbiamo distinguere quelli che permettono di
annotare da quelli che invece permettono di avere anche il
render delle rappresentazioni più o meno fedeli della
performance. Vi sono poi tutta una serie di tecnologie di motion
capturing che però non tratteremo in questa sede. Per quanto
riguarda i tool che utilizzano la notazione Eshkol-Wachmann,
che sappiamo essere una delle più adatte alla computazione,
esiste l‟EW Notator©, realizzato nel 2008 da Enner Drewes in
collaborazione con la Universitat Salzburg (Universitat
Salzburg, 2006).
38
Figura 15 - Interfaccia grafica della versione in Free download del EW Notator.
A questo software si aggiunge poi il Movement-Oriented
Animation Engine che consiste in un motore grafico che
dovrebbe riuscire a renderizzare i file realizzati dal EW
Notator© (Drewes, 2008), ma le ultime pubblicazioni sul
progetto risalgono al 2008. Data la spiccata natura matematica
del metodo Eshkol-Wachmann, le applicazioni dell‟EW
Notators abbracciano diversi campi, difatti sono molti gli
esperimenti sia in fisioterapia (Gharbawie, Whishaw, &
Whishaw, 2004) (Teitelbaum, Benton, Shah, Prince, Kelly, &
Teitelbaum, 2004) che nello studio dei movimenti in malattie
come la sindrome di Asperger (Teitelbaum P. , 2003) e
nell‟analisi del movimento animale (Iwaniuk & Whishaw,
1999). Per quanto riguarda invece l‟uso di sistemi di notazione
più strettamente legati al mondo della danza abbiamo il Benesh
39
Notation Editor, un programma per Windows PC che permette
di trascrivere delle coreografie utilizzando il metodo Benesh e
che ha avuto particolare successo presso la Royal Academy of
Dance di Londra che, come abbiamo già avuto modo di dire,
utilizza tutt‟ora questo metodo (Royal Academy of Dance
Enterprises Limited, 2011).
Figura 16 - Un estratto dell'assolo per ballerino da "La Bella Addormentata nel Bosco" compilato con il Benesh Movement Editor ed esportato in formato .pdf.
40
Inoltre vi è la possibilità di riprodurre graficamente i file di
questo software, esportabili in formato pdf, attraverso l‟uso di
un secondo software di animazione specifico per la danza, il
Dance Forms 1.0 (Dance Write, 2011). In Figura 15 possiamo
vedere un estratto di un assolo maschile da “La Bella
Addormentata nel Bosco” di Petipa su musica di Tchaikowsky,
trascritto in Benesh Notation attraverso il Benesh Notation
Editor e si può vedere la versione animata in DanceForms
collegandosi al sito web www.dancewrite.com1. Vi è poi una
ricca letteratura sui diversi tentativi di trasformare digitalmente
dei movimenti espressi in Labanotation prima in figure umane
stampate su carta (Wolofsky, 1974) e poi in animazioni
grafiche. Una prima applicazione è stata sviluppata dalla Ohio
State University che ha creato un pacchetto software per
Machintosh costituito da un LabanWriter (Ohio State
University, 2000), che permette di trascrivere e compilare i
movimenti in Labanotation, e un visualizzatore,
originariamente pensato come plug-in per il Dance Forms 2.0
poi diventato una applicazione stand alone, chiamato
LabanDancer.
1 http://www.dancewrite.com/OpenBenesh/Classical.html
41
Figura 17 - Interfaccia del LabanDancer con sulla sinistra lo spartito espresso in Labanotation e sulla destra la visualizzazione in Interactive Rendering.
Esistono poi numerosi altri esperimenti che permettono di
creare delle trascrizioni digitali in Labanotation (Brown &
Smoliar, 1976) (Fox, 2000) e di generare con queste della
animazioni verosimili (Griesbeck, 1996) (Calvert, 2007) (Hatol,
2006) (Wilke, Calvert, Ryman, & Fox, 2005) (M. &
Hachimura, 2002). Per quanto riguarda le sperimentazioni nel
campo della Human-Computer Interaction (HCI), ci sono degli
interessanti studi che hanno realizzato un‟installazione museale
pensata come un gioco di ruolo entro il quale i movimenti dei
visitatori rilevati in Labanotation, vengono utilizzati come Input
per l‟interazione (Loke, Robertson, & Mansfield, 2005). Altri
studi invece hanno cercato di creare un interprete della
terminologia del balletto classico (Hall-Marriott & Herbison-
42
Evans, 2007). Vi è poi un software di animazione dedicato alla
danza, il Dance Forms 2.0©, che utilizza un sistema totalmente
nuovo per trascrivere le coreografie, basato su delle palette di
posizioni proprie della danza (Credo Interactive, 2006), che
permette anche di renderizzare file ottenuti attraverso tecniche
di motion capturing nei formati BioVision, Acclaim e HTR. Di
questo software ci occuperemo in dettaglio nel capitolo relativo
all‟implementazione in quanto riteniamo che le soluzioni
relative alla grafica e all‟usabilità siano un ottimo punto di
partenza per il controllo di una Coreografia Aumentata.
43
44
1.3 – Teorie sulla percezione dei movimenti, il caso
particolare della danza
Studiare i movimenti umani è da sempre un argomento di
grande interesse, sia nel mondo psicologico che in quello della
computer graphic. I primi tentativi di catturare e scoprire le
particolarità degli esseri viventi in movimento risalgono al
1870, quando il fotografo Edward Muybridge, primo
sperimentatore della tecnica dello stop motion, collezionò una
serie di scatti, per conto del governo americano, grazie ai quali
fu possibile smentire delle credenze totalmente errate che
riguardavano questo campo. Fu proprio il lavoro di Muybridge
a rivelare ad esempio che nel trotto del cavallo vi era un
momento in cui nessuna delle quattro zampe toccava terra.
Figura 18 - Uno degli studi di Muybridge sulla monta del cavallo (Muybridge, 1899).
Una delle prime importanti distinzioni che si possono tracciare
all‟interno delle componenti dell‟attività motoria riguarda
45
azione e movimento. Per azione si intende il risultato della
somma di più movimenti coordinati tra loro, mentre ogni
singolo movimento è visto come una componente elementare
dell‟azione. Si può quindi affermare che occuparsi delle azioni
significa prendere in considerazione il cosa si fa, mentre
studiare i movimenti significa analizzare il come lo si fa. Gran
parte delle ricerche sul movimento umano, soprattutto nella
prima metà del secolo, hanno indagato gli aspetti più periferici e
meccanici dell‟attività motoria, concentrando l‟attenzione sulla
misurazione dei tempi di risposta motoria, sulle condizioni per
ottenere tale risposta o sulle ripetizioni (Nicoletti, 1992),
(Rosembaum, 1991). Riguardo agli studi sul movimento,
storicamente si sono delineate due posizioni opposte: la prima,
di impronta comportamentista, considera la generazione dei
movimenti come il risultato della concatenazione di processi
funzionali semplici. Non sono teorizzati principi autonomi di
organizzazione superiore e non è prevista una pianificazione a
priori del movimento. La seconda, di impronta cognitivista,
ipotizza invece che tali piani generali esistano e che una
spiegazione del movimento in termini esclusivamente di archi
riflessi sia inaccettabile. Uno dei concetti che in questa
trattazione può risultare di fondamentale importanza è quello di
gradi di libertà elaborato per la prima volta da Bernstein attorno
agli anni ‟40. Egli parte dalla semplice osservazione che, anche
considerando i limiti biomeccanici degli arti umani, le
possibilità a nostra disposizione per eseguire una certa azione,
46
come afferrare un bicchiere, sono praticamente infinite. Se
analizziamo per esempio la struttura di un braccio, osserviamo
che esso è composto da più segmenti interdipendenti. Essendo
le diverse parti interdipendenti, i gradi di libertà di ogni
segmento, ossia i piani che il segmento può intersecare, vanno
moltiplicati per i gradi di libertà del segmento precedente. Si
arriva ben presto all‟ipotesi (Bernstein, 1967) della presenza di
una struttura di coordinamento mediante la quale i vari muscoli
che intervengono nel movimento di una articolazione e le varie
articolazioni che intervengono nel movimento complesso,
sarebbero trattati come singole unità. Il concetto di unità
motoria riteniamo sia di fondamentale importanza ai fini della
presente trattazione, in quanto non si può prescindere da
un‟analisi di questo genere se si vuole ottenere un modello di
interazione realistico ad esempio tra un performer reale e un
performer umanoide virtuale, che come vedremo sarà una delle
possibilità messe a disposizione del coreografo per la
costruzione di coreografie aumentate (si veda il capitolo 2). Per
completezza va detto che queste unità fanno parte poi di un
programma motorio centrale; movimenti simili farebbero capo
allo stesso programma motorio. L‟organizzazione del
movimento all‟interno del programma motorio sarebbe di tipo
gerarchico, dove le parti più generali dell‟azione sono
rappresentate ai livelli più alti, mentre gli aspetti più specifici e
dettagliati vengono inseriti ai livelli gerarchici più bassi. Vi
sono poi studi sul movimento nella danza basati sull‟ipotesi di
47
voler segmentare il movimento dei danzatori (Viaviani &
Terzuolo, 1980) i quali rivelano che tali movimenti potrebbero
essere rappresentati a livello centrale da unità di azione distinte,
concatenate poi in piani motori complessi. Il meccanismo che
specifica la cinematica del movimento sembra associare ad ogni
unità un valore specifico di guadagno dalle velocità, che è
relazionato con la lunghezza del segmento di traiettoria
corrispondente. L‟insieme di tutti i fattori di guadagno sembra
tale che il tempo di esecuzione della configurazione motoria
prescelta sia approssimativamente invariante per cambiamenti
di grandezza del movimento. Altri studi interessanti hanno
invece cercato di dimostrare come, nel movimento di una
danzatrice, si possano identificare unità semplici di movimento
dotate di significato (Paglionico, a.a. 1997/1998).
48
49
1.4 – Approcci alla rappresentazione digitale del
movimento biologico
Esistono diversi approcci al problema di come rappresentare, in
un sistema digitale, le informazioni riguardanti il movimento di
un corpo umano. Le animazioni grafiche tradizionali si basano
solitamente su tecniche bidimensionali come il key-frames e
l‟interpolazione (“in-betweening”), mentre la Computer
Animation sfrutta le variazioni di posizione e velocità in
funzione del tempo. In questa sezione ci occuperemo di passare
in rassegna quattro approcci interdipendenti alla
rappresentazione del movimento: key-frames; velocità e
posizione in funzione del tempo; goal specification; constraint
simulation. Ciascuno di questi sistemi si adatta a differenti
applicazioni che richiedono la rappresentazione del movimento.
Key-frames
Key-frames è lo strumento più tradizionale nel campo
dell‟animazione. Esso consiste nel rilevare quei fotogrammi che
hanno una significatività particolare rispetto al movimento in
questione. Negli studi di animazione i key-frames erano
disegnati dagli illustratori più esperti, mentre i così detti frames
“in-between” erano realizzati dagli allievi pagati a giornata.
L‟approccio digitale consiste nel assumere il computer come un
allievo mentre il tecnico esperto di grafica è il disegnatore
50
professionista. Inoltre è stato visto che, per migliorare la resa
dell‟animazione e per eliminare dei problemi di deformazione
riscontrati con i primi software di animazione, è preferibile
utilizzare un sistema di rappresentazione scheletrica del corpo
umano (Burtnyk & Wein, 1976).
Velocità e posizione in funzione del tempo (Funzioni
Matematiche)
Ci sono due approcci generali per definire il movimento in
funzione del tempo. Il primo consiste nella descrizione del path
(dall‟inglese “percorso”) di un oggetto nel tempo. Questo
rappresenta la base della tecnica utilizzata da Baecker (Baecker,
1969) per le due dimensioni, estesa per la prima volta alle tre
dimensioni da Csuri (Csuri, 1975). Il secondo approccio è
basato su delle trasformazioni geometriche come traslazioni,
rotazioni e dilatazioni, con possibili variazioni della velocità in
funzione del tempo per modificare movimenti altrimenti lineari.
Le rappresentazioni viste nel sottoparagrafo 1.1.1 relative ai
sistemi di notazione basati sulla Traccia (Track drawing)
rappresentano una primitiva versione di queste tecniche. Il
limite principale di queste tecniche di rilevamento del
movimento consiste nella difficoltà di descrivere i movimenti di
singole parti del corpo, che richiederebbero la rappresentazione
di numerose altre coordinate. L‟approccio rigoroso delle
trasformazioni geometriche è invece quello utilizzato ad
51
esempio dal metodo Eshkol-Wachmann. Come abbiamo già
avuto modo di notare, il problema principale di questo tipo di
strategia è l‟assoluta non intuitività: risulta molto difficoltoso
per un lettore umano trasformare in movimento delle
espressioni relative alla rotazione delle articolazioni, e
viceversa.
Comportamento orientato all’obiettivo (Cinematica
Inversa)
Il paradigma del comportamento orientato all'obiettivo (trad.
dall'Inglese Goal-Oriented Behavior) vede il suo maggior
utilizzo nel controllo di sistemi per il controllo di bracci
meccanici e nella computer-animation. Strettamente legato al
principio di cinematica inversa, il concetto si basa sul calcolo
dei movimenti necessari per il raggiungimento di uno scopo o
una posizione finale piuttosto che in termini di struttura del
meccanismo. Nelle animazioni 3D una figura articolata, come
ad esempio un corpo umano, è composta da un insieme di
segmenti rigidi connessi da delle articolazioni (Joint). Le
variazioni di angolazione delle varie articolazioni permette un
numero molto elevato di configurazioni, ma non infinito. Vi
sono infatti dei vincoli strutturali e biologici che impediscono
delle particolari torsioni o piegamenti. Questi limiti vengono
gestiti in maniera automatica da dei particolari algoritmi che,
computando in automatico l'insieme di angolazioni e
52
piegamenti, permettono di raggiungere il risultato desiderato
(Tolani, Goswami, & Norman, 2000). Questo approccio è molto
indicato per il controllo dei movimenti umani, perché offre agli
animatori la libertà di non considerare specifici dettagli su come
un movimento deve essere composto, mantenendo fluidità e
naturalezza. Queste tecniche vengono inoltre ampiamente
utilizzate nelle applicazioni di motion-capturing, dove la
posizione e l'orientamento di sensori, su un soggetto vivente,
sono sfruttati per controllare i movimenti di un modello
computerizzato. In questo caso la cinematica inversa viene
sfruttata per testare le angolazioni delle traiettorie rilevate dai
sensori e correggere eventuali errori di interpolazione. Infine, la
cinematica inversa, può anche essere utilizzata durante le
simulazioni di vita reale per valutare le performance di un
soggetto umano, come ad esempio nei test dei cockpit delle
cabine di pilotaggio degli aeroplani.
Descrizione dei vincoli (Forward Kinematics)
Vi è un altro tipo di descrizione dei movimenti, correlato al
precedente e basato sulla soddisfazione di particolari vincoli.
Per il movimento umano questi vincoli sono solitamente
rappresentati dalle relazioni tra gli oggetti: contatti, guide,
supporti, ambiente circostante. In questo senso i vincoli sono
espressi in termini di traiettoria del movimento. Ci sono poi
tutta una serie di limiti fisici legati al movimento di particolari
53
articolazioni. La tecnica, definita in robotica Forward
kinematics, consiste nel calcolare l'effetto finale del movimento
di un oggetto come una funzione matematica dei vincoli delle
angolazioni delle articolazioni. Nelle animazioni 3D, il
movimento di particolari parti del corpo di un modello, in un
tempo dato, vengono calcolate rispetto alla posizione e
l'orientamento dell'oggetto stesso nella sua posizione iniziale,
più tutte le informazioni relative alle singole articolazioni.
L'elemento caratteristico di questo approccio è che il
movimento del modello viene definito direttamente
dall'animatore, senza tenere in considerazione nessuna
particolare legge fisica o vincolo strutturale dato, come ad
esempio la forza di gravità o le collisioni con altri oggetti nello
spazio.
Come vedremo nel capitolo dedicato alle proposte di
implementazione, queste tecniche fanno ormai tutte parte della
costruzione di animazioni in 3D. Se la tecnica dei key-frames
permette di velocizzare la composizione di movimenti lungo
l'asse temporale, la rappresentazione del path permette di
manipolare facilmente l'oggetto su una superficie
bidimensionale come il palcoscenico. Inoltre, data l'elevata
complessità della gestione del movimento umano, sarà
imprescindibile l'uso di tecniche di inverse kinematics, mentre
per ottenere un soddisfacente livello di personalizzazione dei
54
passi, bisognerà dotare il sistema anche con tecniche di gestione
del movimento basate sulla forward kinematics.
55
56
C a p i t o l o I I
AUGMENTED CHOREOGRAPHY
Prima di addentrarci nella presentazione del progetto
“Coreografia Aumentata”, è necessario chiarire che lo scopo
iniziale del presente lavoro di tesi è quello di svolgere un
esercizio pratico su dei nuovi approcci alla progettazione di
artefatti tecnologici, basati su una nuova concezione
dell‟artefatto stesso. Uno dei pionieri in questo campo è
sicuramente Marc Weiser, che per primo ha introdotto i concetti
di Ubiquitous Computing e Calm Technology (Weiser, 1991),
con i quali ha spianato la strada a visioni più aperte che
integrano scienze sociali e umane con la computer engineering
e che si soffermano sull‟importanza della definizione di
“contesto” e di sistemi context-aware (Dey, 2001) (Dourish,
2004), fino ad arrivare ad una concezione più sociale ed intima
del design dell‟artefatto tecnologico definita situated design (Le
Dantec, 2009) (Binder, De Michelis, Ehn, Jacucci, Linde, &
Wagner, 2011). Il metodo suggerito da queste correnti, e quindi
il nostro, consiste nello stabilire un rapporto diretto con l‟utente
finale dell‟artefatto stesso, che nel nostro caso è il coreografo,
ma anche con le “persone” che fanno parte del dominio
dell‟utente (ballerini e giornalisti specializzati). Concetti quali
people-centered design, user-centered-design, user experience e
non per ultimo interaction design, sono stati le linee guida per il
57
nostro metodo di progettazione e ideazione dei linguaggi. In
particolare il situated design arriva a fondere una riconversione
del significato di sistema cognitivo umano, nei suoi aspetti
sociali, culturali e psicologici, con i nuovi precetti degli studi
sul design. Fondamentale qui è il processo di negoziazione
sociale durante tutta la fase di designing, che prende forma nei
processi di progettazione collaborativa da un “punto di vista
ambientale”.
"In both domains, the shift from notions of cognition and
design as internal properties or expressions of a person to an
acceptance of these as social or cultural phenomena has
largely gone on independently. In cognitive science, this shift
toward considering cognition that is distributed through the
environment, enculturated in practice, and situated in a
particular social context has been collectively referred to as an
“environmental perspective”." (Nersessian, 2006)
La collaborazione al centro dunque di tutta la fase di
progettazione, totalmente immersa nel contesto informatico
della Software Architecture2 (SAL) e della progettazione di
Sistemi Interattivi3 (ITIS), ed in quello della danza e della
2 Il Software Architecture Laboratory è diretto dal professore Francesco
Tisato, ordinario presso l'università Bicocca di Milano, e si occupa di ricerche applicate e di base nel campo dell'architettura software. http://www.sal.disco.unimib.it/
3 Il laboratorio di Innovative Tecnologies for Interaction and Services si occupa di ricerca, di base e applicata, e formazione nel campo del design e lo sviluppo di soluzioni innovative per l'e-governement, web services, multi-channel collaboration platforms, sistemi interattivi per l'integrazione di tecnologie eterogenee in ambienti condivisi. http://siti-server01.siti.disco.unimib.it/itislab/
58
coreografia (Elisa Guzzo4; MILANO CITY BALLET
5). Nel
concreto siamo partiti da una disamina della letteratura sul
dominio della danza, soffermandoci in particolare sui sistemi di
notazione e sulle tecnologie informatiche già sviluppate basate
su di essi. Questa fase preliminare ha permesso di formulare
alcune ipotesi e congetture di architettura di sistema riassunte
nell‟articolo “Towards Augmented Choreography”, che
contiene anche le linee di un primo esperimento implementativo
volto alla costruzione di uno spettacolo di puppetry aumentato
(Bernini, De Michelis, Plumari, Tisato, & Cremaschi, 2011). A
questo punto è partita la fase che potremmo definire di studio e
verifica sul campo con la quale ci siamo addentrati realmente
nel mondo della danza attraverso interviste e colloqui con
coreografi e ballerini, partecipazioni a lezioni di danza, brevi
sessioni di test con le quali abbiamo sottoposto alcune
tecnologie al coreografo. Lungo questo tempo, circa un mese,
abbiamo potuto appurare che molte delle nostre supposizioni,
come quelle ad esempio relative all‟uso dei sistemi di notazione
da parte dei coreografi, erano a volte semplicistiche se non del
tutto errate. D‟altro canto ci è stato possibile riassettare l‟intero
progetto rispettando delle specifiche che potevamo raccogliere
solo attraverso un rapporto diretto con il mondo della danza. 4 Elisa Guzzo Vaccarino, nota critica e storica della danza, è dal 2007
direttrice artistica della scuola per danzatori contemporanei MAS PM Dance Lab di Milano.
5 La Milano City Ballet è una giovane scuola di danza con sede in viale Sarca, Milano. In particolare la nostra collaborazione ha coinvolto il direttore artistico, insegnante di danza moderna e contemporanea, Roberto Altamura. http://www.milanocityballet.com/Home.html
59
Parleremo meglio di questo nei paragrafi 2.2 e 2.3 sui linguaggi
e le ipotesi di architettura, trattando ora la definizione di
Corografia Aumentata.
2.1 – Definizioni
Nel definire l‟idea di Coreografia Aumentata, non possiamo
esimerci dal delimitare i margini entro cui si muovono i concetti
di Realtà Aumentata e di Coreografia. Per il primo prenderemo
spunto dal libro “Aperto, Molteplice e Continuo” di Giorgio De
Michelis dove il concetto viene definito come arricchimento
dello spazio fisico da parte degli apparati elettronico digitali,
da contrapporre a quello di realtà virtuale dove lo spazio, e il
corpo della persona/utente, sono rappresentati da una
simulazione simbolica. Questa idea permette di concepire un
ambiente ricco di nuove qualità ma che mantiene tutte le
caratteristiche dello spazio reale (De Michelis, 1998). Per
quanto riguarda invece la definizione di coreografia ci
serviremo, per completezza, sia di approcci legati al mondo
della danza come arte e quindi più filosofici, sia di concezioni
più legate all‟idea del movimento umano. Partiamo dalla
definizione dell‟enciclopedia Treccani.it:
coreografìa Arte di comporre i balletti, disegnandone, sulla
trama di un libretto, le successive figurazioni dei solisti e dei
gruppi, armonizzate con la musica e con varî elementi dello
spettacolo, anche – ma occasionalmente – con la recitazione;
60
l’attività stessa di ideazione e direzione di un balletto, e,
talora, la sua esecuzione. Per estens. il termine si usa anche in
relazione ad altri generi di spettacolo come il cinema, la
rivista, la televisione, e, con tono spreg. o scherz., per indicare
cerimonie e cerimoniali sfarzosi, ma complicati, vuoti, formali.
(Treccani, 2011)
L‟attività creativa è il cuore della coreografia, ma c‟è anche un
accurato studio dei movimenti e dell‟anatomia umana che i
coreografi devono affrontare quotidianamente. Dagli addetti ai
lavori la coreografia viene concepita come elemento principe
della danza e di essa ne rappresenta la forma e la struttura,
entrambe basate sul movimento (Millos, 2002). I passi sono
dettati da chiare motivazioni e sono definiti entro uno spazio
circoscritto, che non per forza corrisponde al palcoscenico
(Acquarone, 1991). Nella coreografia vi è poi un
imprescindibile studio dell‟interazione dei performers con il
pubblico:
“The choreographer realizes that the magic interaction
between performer and audience, the subtle play between
dancer and spectator, is an absolutely vital part of the
performing art.” (Anne Blom & Tarin, 1982)
Uno degli scopi del nostro lavoro consiste nel riuscire a
costruire e validare una definizione di coreografia aumentata
partendo da una visione globale dell'arte del movimento. Per
fare questo ci siamo avvalsi di diversi manuali di insegnamento
della danza ma anche e soprattutto della collaborazione del
coreografo Roberto Altamura, direttore della Milano City
Ballet, e della storica e critica della danza, direttrice artistica
61
della sezione danza contemporanea del MAS di Milano, Elisa
Guzzo Vaccarino. Siamo giunti così a definire la coreografia
aumentata come: l‟attività che comprende ideazione e direzione
di una performance di danza, che si realizza con lo svolgersi di
passi e movimenti dettati da chiare motivazioni e definiti in uno
spazio circoscritto; il coreografo determina così le coordinate
entro le quali avviene l‟interazione tra audience, ballerini e
performers virtuali. Nella gestione della performance aumentata
il coreografo può intervenire in diversi modi e con tempi
differenti; questa distinzione sarà oggetto dei seguenti sotto-
paragrafi.
Coreografia Aumentata Statica (OffLine)
Come abbiamo già detto il ruolo del coreografo non consiste
solo nella ideazione della coreografia in termini di passi e
movimenti, ma riguarda anche la gestione del flusso
comunicativo che dai performers si canalizza verso il pubblico.
Una prima versione di coreografia aumentata, che chiameremo
Statica, si caratterizza per un coinvolgimento del coreografo a
monte e non prevede che esso intervenga durante la
performance. Ballerini reali e performers virtuali faranno ciò
che il coreografo ha deciso in sala prove.
62
Coreografia Aumentata Dinamica (OnLine)
In questa versione di coreografia aumentata il coreografo invece
avrà la possibilità di intervenire proattivamente durante la
performance attraverso dei dispositivi che regoleranno, in real
time, alcuni comportamenti degli attori virtuali innescando così
un sistema di influenzamento reciproco tra i tutti i performers in
scena. Inoltre questa versione aggiunge un particolare elemento
di imprevedibilità, rendendo assolutamente unico lo spettacolo
finale.
63
64
2.2 - Pratiche e linguaggi della Coreografia
Avendo l'intento di costruire dei linguaggi che permettano, da
un lato ai coreografi di creare delle coreografie aumentate, e
dall'altro ai progettisti di predisporre un sistema informatico in
grado di realizzarle, ci siamo dovuti ampiamente soffermare
sulle pratiche e sui linguaggi della coreografia contemporanea.
Inoltre è stato predisposto, in collaborazione con il presente, un
progetto di tesi presso la facoltà di Teoria e Tecnologia della
Comunicazione dell'Università Bicocca di Milano, curato da
Angela Nuzzi6, volto a studiare proprio i linguaggi della
coreografia e tutti gli aspetti del rapporto tra coreografo e
ballerini. In questa sede ci limiteremo ad occuparci di uno degli
aspetti più critici rispetto alla strutturazione di un sistema
informatico per la creazione di coreografie aumentate, ossia le
gestione del tempo, con tutti i problemi correlati di
sincronizzazione tra musica, ballerini reali e performers virtuali.
Vedremo poi alcuni degli aspetti fondamentali del rapporto tra
coreografo e ballerini e tra coreografo e coreologo, i quali ci
saranno molto utili per capire alcune scelte che verranno
presentate nei prossimi capitoli.
Il Tempo
Come per la musica, il tempo nella danza viene suddiviso in
battute e il conteggio di queste può determinare ogni particolare
65
variazione di movimento. Va specificato che in Italiano la
parola Tempo si riferisce indistintamente al tempo della musica,
inteso come velocità della battuta, sia al riferimento più astratto
di flusso cronologico di eventi. In Inglese invece questa
ambiguità non esiste dal momento che la distinzione tra i due
significati viene rispettata anche nei significanti. Nel mondo
della danza il concetto di Time rappresenta un concetto astratto
che potrebbe essere espresso in termini di flusso e di ordine.
Esso include i concetti di Tempo, Rhythms e Beats. Il Tempo è
la velocità della battuta. Esso può determinare o essere
determinata dalle reazioni e dalle attitudini del ballerino (Anne
Blom & Tarin, 1982). Un tempo può essere veloce, lento o
molto lento, ecc., e questo nella danza rappresenta una chiara
metafora degli stati d'animo che il coreografo vuole trasmettere.
Le accelerazioni di tempo (accelerando) e le decelerazioni
(ritardando) rappresentano il Momentum e vengono sfruttati dal
coreografo per accentuare l'espressività, legata in questo caso
all'energia dei movimenti. La Durata, o Duration in Inglese,
determina la lunghezza di un movimento, ossia il tempo che
impiega il ballerino per compierlo. Spesso questo elemento
viene costretto da caratteristiche cinetiche imprescindibili (un
salto può avere per forza di cose Durata limitata), ma il
coreografo sceglie i propri ballerini, o assegna i ruoli, proprio in
base alle caratteristiche fisiche legate alla Durata e alla fluidità
dei movimenti. La Regolarità/Irregolarità delle battute
caratterizza la monotonia e la prevedibilità dei passi. Se nei balli
66
da sala è richiesta una particolare Regolarità delle battute, anche
per favorire la sincronia tra "Dame" e "Cavalieri",
nell'improvvisazione moderna spesso si ricorre a musiche con
battute Irregolari, le quali permettono una espressività più ricca
e aperta. Il concetto di Regolarità è strettamente legato agli
Accenti, i quali permettono di enfatizzare particolari movimenti.
In questo senso il movimento può essere forte o debole, lungo o
corto, aperto o contenuto. La caduta dell'accento all'interno della
battuta e l'intervallo tra un accento e l'altro determina la
Metrica: 1 2, 1 2, 1 2, o 1 2 3, 1 2 3. Fatta una breve analisi
lessicale, è necessario soffermarsi brevemente sul concetto di
Ritmo. Questa parola nel linguaggio naturale ha un significato
molto ampio, Platone lo definì come ordinamento del
movimento in risposta alla tensione tra forma e flusso (Fabbri,
2005). In termini musicali si intende la durata del tempo delle
note, inteso come sistematico raggruppamento di pulsazioni e
distribuzione metrica all'interno di ogni misura e di ogni frase.
Durante i periodi classico e romantico praticamente tutta la
musica fu scritta in ritmi costanti e simmetrici, tanto in 2/4, 4/4
o 3/4, 6/4 o 6/8, 9/8, 12/8. Seguendo la spinta verso il
rinnovamento delle forme, anche nel ritmo i compositori
moderni usarono una notazione ritmica più libera, in 5/4 e 7/4.
Abbiamo poi anche esempi di ritmi senza tempo base
(Mompou), oppure con la mano destra ad un tempo e la sinistra
ad un altro (Bartok). Naturalmente queste nuove, libere forme
musicali, suggeriscono nuovi movimenti e disegni in danza,
67
un'estrema facilità all'asimmetria e ai contrasti, ampliando così
anche la scelta delle motivazioni in quanto aprono nuovi
orizzonti alla fantasia del creatore (Acquarone, 1991).
Tra ballerino e coreografo
La prime due regole della coreografia secondo Sara Acquarone
sono: emozione genera movimento; la coreografia parte da
un'idea o da una forma. Con questa premessa intendiamo
sottolineare che le caratteristiche che un coreografo cerca in un
ballerino possono essere diverse a seconda della singola
coreografia. Proporzioni fisiche, espressività, capacità e
preparazione tecnica, spontaneità in alcuni movimenti. Le
qualità del ballerino determinano un modo diverso di elaborare
una coreografia in modi e tempi diversi. Tutto concorre a fare
unico un danzatore e un coreografo conosce benissimo ciò che
lo rende tale. Il luogo in cui si svolge tutta l'attività di
montaggio e sperimentazione di una coreografia è la sala prove;
lì il coreografo prova e istruisce i suoi ballerini e, come la
bacchetta per un maestro d'orchestra, usa il suo assistente come
un prolungamento del suo corpo. Per meglio capire quello che
avviene, e come avviene, in sala prove, abbiamo assistito a
diverse lezioni che il coreografo Roberto Altamura7 tiene
regolarmente con i suoi ballerini più esperti, e abbiamo fatto
7 http://www.robertoaltamura.com/homepage.html
68
seguire delle interviste aperte e dei focus group per
comprendere meglio alcune dinamiche. Va detto che nelle
compagnie teatrali più grosse, e specialmente nella danza
classica, vi è una struttura gerarchica piramidale, con all'apice
naturalmente il coreografo. Subito sotto abbiamo l'assistente e
nel caso in cui vi siano più assistenti vi è un "capo balletto",
mentre ai piedi della struttura abbiamo il corpo di ballo. Queste
figure intermedie permettono al coreografo di velocizzare
l'insegnamento, in quanto hanno già lavorato spesso con il
coreografo e ne conoscono lo stile e le intenzioni. Sebbene vi
sia un gergo abbastanza consolidato, proprio del mondo della
danza, ogni coreografo utilizza espressioni particolari che non
sempre corrispondo a delle posizioni codificate. Va inoltre
sottolineato che il coreografo, specialmente se di una certa
caratura, coreografa stando fermo o al massimo utilizzando solo
le braccia. È noto nell'ambiente lo smisurato carisma di Pina
Bausch, la quale era solita rivolgersi ai suoi ballerini quasi in
versi ermetici più che in passi e posizioni, oppure la grande
forza artistica di Merce Cunningham che continuò a
coreografare sebbene costretto su una sedia a rotelle.
Tra coreografo e coreologo
Affrontando lo studio dei diversi sistemi di notazione della
danza, ci siamo spesso chiesti se i coreografi di oggi
conoscessero e utilizzassero realmente notazioni del genere.
69
Data la complessità di questi sistemi inoltre ci siamo spesso
chiesti se non esistesse una figura precisa che affianchi il
coreografo nella lettura e nella eventuale codifica di un balletto.
Questa figura esiste e si chiama Coreologo (Notator in Inglese).
Il Coreologo è una sorta di traduttore specializzato in un
particolare sistema di notazione ed entra in causa nel momento
in cui una produzione decide di riproporre un balletto trascritto
manualmente in un particolare codice. In verità oggi questo
avviene sempre più di rado e le riprese video hanno
completamente sostituito qualsiasi altro sistema di
archiviazione. Tuttavia esistono delle scuole che formano
ancora dei coreologi ed esiste una fondazione che ha lo scopo di
preservare l'arte della coreologia (Dance Notation Bureau,
2011).
70
71
2.3 - Attori e linguaggi coinvolti
Costruire una coreografia aumentata non vuol dire soltanto
predisporre una serie di dispositivi e sensori in grado di captare i
movimenti di ballerini reali e di proiettare dei performers
virtuali, ma anche considerare diversi modelli concettuali riferiti
all'ambiente ed in particolare allo spazio della performance.
Questo apre due categorie di problematiche: da un lato sorge la
difficoltà di integrare tecnologie eterogenee e modelli
computazionali; dall'altro spicca un evidente divario semantico
tra il linguaggio dei tecnici e quello degli artisti (Bernini, De
Michelis, Plumari, Tisato, & Cremaschi, 2011). In questo
paragrafo ci occuperemo di cosa il sistema sarà in grado di
offrire in termini di attori virtuali e proporremo una soluzione
alla seconda classe di criticità basata su una strategia di
stratificazione di linguaggi.
La prima idea venutaci in mente, riflettendo sul concetto di
Coreografia Aumentata, è certamente stata quella di riuscire a
realizzare uno spettacolo con in scena dei ballerini reali e dei
ballerini virtuali. In quest‟ottica lo spettacolo aumentato sarà il
frutto dell‟interazione tra reale e virtuale vista attraverso gli
occhi del coreografo.
72
Figura 19 - Casi d'uso per una Coreografia Aumentata. A sinistra abbiamo gli attori coinvolti e a destra il ruolo della tecnologia a supporto.
Con un po‟ di ambizione potremo immaginare una coppia di
ballerini al centro del palcoscenico lanciati in una Milonga
travolgente, dove uno dei due è il risultato olografico di una
elaborazione informatica. L‟aspetto probabilmente più
interessante della Coreografia Aumentata è che i movimenti, i
passi, il comportamento in generale, del ballerino virtuale non
sono stati programmati da tecnici, attraverso delle istruzioni
espresse in un complesso linguaggio di programmazione. Se
così fosse il performer virtuale sarebbe semplicemente
un‟immagine che si muove in maniera indipendente. Il
coreografo descriverebbe la coreografia passo per passo,
73
posizione per posizione, ai programmatori e il risultato finale
sarebbe uno spettacolo sempre uguale a se stesso. Inoltre il
ballerino reale dovrebbe seguire esattamente le istruzioni dategli
dal coreografo e non avrebbe nessuna possibilità di
personalizzare i suoi movimenti. Sarebbero altrimenti evidenti
le discrepanze rispetto alla ballerina olografica, con un risultato
grottesco. La nostra idea invece vuole che sia direttamente il
coreografo ad istruire, con il suo linguaggio, la ballerina
virtuale, e che il comportamento finale di quest‟ultima sia
strettamente dipendente anche dal comportamento del ballerino
reale. Il “Milonguero” sarà ora libero di improvvisare alcuni
passi con “la chica” perché il nostro sistema comporrà i
movimenti della ballerina virtuale frame by frame.
Paradossalmente, se il ballerino reale commetterà un errore, il
sistema se ne accorgerà e, a seconda delle istruzioni date dal
coreografo, si comporterà di conseguenza. A questo punto
risulta facile immaginare che il performer virtuale che riveste il
ruolo di ballerina, è solo un caso particolare delle numerose
possibilità che un sistema del genere mette a disposizione del
coreografo. Egli potrà scegliere di rendere interattivo il
comportamento ad esempio dell‟impianto luci rispetto ai
movimenti che ha predisposto per i suoi ballerini. Oppure vorrà
personalizzare la scenografia attraverso degli effetti speciali
guidati dalla prima ballerina piuttosto che da tutti i ballerini in
scena. Ancora, potrà scegliere di ampliare il suo corpo di ballo
74
aggiungendo degli oggetti animati frutto della sua fantasia
(Figura 20).
Figura 20 - Schema dei possibili attori virtuali coinvolti in una coreografia aumentata.
Spingendoci ancora più in là, si può immaginare un ambiente,
come ad esempio un intero teatro (Figura 21), completamente
interattivo rispetto allo spettacolo in scena, che coinvolga
proattivamente il pubblico e magari il maestro d‟orchestra,
secondo le modalità previste dal coreografo e dal regista, prima
e durante la performance stessa. Uno spettacolo “totale”, unico
e irripetibile. Come abbiamo già avuto modo di dire, una
performance così articolata, necessita di una tecnologia molto
complessa da gestire e non si può certo pretendere che il
coreografo sia in grado di farlo. Anche solo utilizzando
75
strumenti reperibili a basso costo sul mercato tradizionale, come
ad esempio la camera Kinect® prodotta dalla Microsoft o la
Balance Board® della Nintendo, per il rilevamento dei
movimenti di un ballerino reale e un framework Arduino per la
gestione dell‟interattività (Bernini, De Michelis, Plumari,
Tisato, & Cremaschi, 2011), bisogna utilizzare dei software di
gestione tutt‟altro che semplici (Figura 22) per arrivare ad
ottenere un risultato accettabile.
Figura 21 - Simulazione di uno spazio teatrale predisposto per una coreografia aumentata.
76
Figura 22 - Esempio di alcune interfacce per la gestione di sensori acustici.
Vi è quindi un evidente problema di disallineamento di
competenze tra il coreografo e la tecnologia necessaria. Uno dei
nostri obbiettivi principali invece è proprio permettere al
coreografo di potersi esprimere liberamente ed autonomamente
nei confronti del sistema, che deve essere progettato in maniera
adatta a recepire le informazioni dategli direttamente
dall‟artista. Per risolvere questo problema abbiamo pensato di
utilizzare una strategia di stratificazione di linguaggi a livello
software ed un‟architettura di sistema che veda il coreografo
come utente finale e che pertanto lo metta al centro
dell‟interazione tra reale e virtuale. Parleremo
approfonditamente dell‟architettura nel prossimo paragrafo, per
77
quanto necessario in questa sede, accennando ora solo alcune
caratteristiche. Qui ci concentreremo sui linguaggi che
comporranno l‟interfaccia per il nostro end-user, limitandoci al
caso in cui il performer virtuale sia un umanoide o comunque
un personaggio di fantasia mobile nello spazio e dotato di arti.
Per comporre una coreografia aumentata interattiva è necessario
che anche il sistema sia in grado di intendere i movimenti dei
ballerini reali riconoscendo in questi dei passi di danza.
Sostanzialmente abbiamo bisogno di un linguaggio di Input (Li)
che permetta al computer di riconoscere quello che sta
succedendo nel mondo reale e di presentarlo al coreografo, e un
linguaggio di Output (Lo) che permetta al sistema di presentare
in scena le scelte del coreografo stesso completando la
coreografia aumentata.
Figura 23 - Ipotesi di scenario con un componente Mapper che permette al coreografo di strutturare l'interazione.
Risulta necessario introdurre un componente, che, citando un
recente studio sulla Coreografia Aumentata del Dipartimento di
78
Informatica Sistemistica e Comunicazione dell'Università
Bicocca di Milano, chiameremo Mapper (Bernini, De Michelis,
Plumari, Tisato, & Cremaschi, 2011) (Figura 23), il quale
permetterà di gestire l‟interazione tra reale e virtuale, e sarà con
questo elemento che entrerà in contatto il coreografo. Rilevare
quello che succede nella realtà, sul palcoscenico, e trasformarlo
in passi di danza è un compito che il calcolatore può fare
servendosi del Syllabus di danza, ossia un archivio contenente
tutti i passi codificati per posizione, e di uno dei sistemi di
notazione di cui abbiamo parlato nel primo capitolo
(Labanotation). Il sistema rileva un fraseggio di danza eseguito
dal ballerino reale, lo trasforma in Labanotation, che riteniamo
essere il più adatto per i nostri scopi, (si vedano le conclusioni al
paragrafo 1.1) e poi segmenta lo “spartito”, riconoscendo le
posizioni chiave attraverso dei matching con quelle presenti in
memoria nel suo Syllabus.
79
Figura 24 - Stratificazione dei livelli intermedi tra il coreografo e la performance.
A questo punto se si tratta di una Coreografia Aumentata Statica
il coreografo predisporrà una serie di azioni e comportamenti
del performer virtuale da associare a quelle del ballerino reale.
Osservando la Figura 24 possiamo vedere che elementi e
linguaggi appartenenti a domini diversi si incontrano solo nel
passaggio in Input tra il riconoscitore di azioni, che come
abbiamo detto sfrutterà la Labanotation, ed il riconoscitore di
comportamenti, che saranno i passi espressi in Syllabus più altre
variabili legate al movimento (Figura 25): energia; velocità;
livello; ampiezza; direzione; qualità (Acquarone, 1991). In
80
Output invece i due domini si incontreranno nel passaggio da
azioni a comandi rivolti al performer virtuale. Per gestire
quest‟ultimo in tutte le sue caratteristiche di movimento il
coreografo utilizzerà un Syllabus creato ad hoc per lo scheletro
di quel particolare attore virtuale, più tutte le variabili sul
movimento sopraelencate. Se il coreografo vorrà che il
performer virtuale esprima un comportamento nervoso, sarà
sufficiente intervenire sulla variabile Energia regolando
Intensità, Accento e Qualità rispettivamente su Forte, Secco e
Brusco, settando la variabile Velocità su Accelerato. Si potrebbe
ulteriormente semplificare la selezione comportamenti
attraverso delle opzioni presetted, programmate a monte.
Questo semplificherebbe di molto la possibilità di enfatizzare la
coreografia e grazie al Mapper potrà associare a dei determinati
comportamenti in Input, delle particolari risposte di Output. Nel
caso della Coreografia Aumentata Dinamica il coreografo potrà
intervenire in tempo reale manipolando i parametri relativi al
movimento del performer virtuale, attraverso un‟interfaccia
adeguatamente predisposta. Dagli studi sulla letteratura
sembrava plausibile che l‟utente finale potesse utilizzare
direttamente la Labanotation per controllare i comportamenti e i
movimenti del ballerino virtuale, ma in seguito agli incontri
tenuti con i coreografi ed i ballerini, ci siamo resi conto della
necessità di introdurre un ulteriore livello, quello del Syllabus
appunto e dei parametri di movimento. Questo perché, sebbene
lo strumento di notazione sia un metodo efficiente ed
81
abbastanza efficace per registrare e generare movimenti, i
coreografi non sono più in grado di utilizzarli e comunque
renderebbero troppo lunga e complessa la realizzazione di una
Coreografia. La strategia del Syllabus invece permette di
semplificare il movimento secondo delle primitive grafiche
intuitive e semplici da maneggiare, che possono essere
selezionate attraverso delle palettes. Vedremo nel prossimo
capitolo che esiste già un software di animazione grafica
pensato per la danza che utilizza una strategia simile per la
selezione di posizioni complesse (Figura 26).
82
Figura 25 - Variabili per la modulazione del movimento.
83
Figura 26 - Esempio di palette di posizioni Pliè tratto dal software DanceForm2.0 (Credo Interactive, 2006).
84
85
2.3 – Ipotesi di Architettura
Analizziamo ora, per quanto concerne in questa sede, le
caratteristiche del sistema informatico che supporterà la
Coreografia Aumentata, presentando due versioni di
architettura, una l'evoluzione dell'altra, secondo un principio di
modularità ed estensibilità che permetterà al sistema di adattarsi
alle diverse esigenze dell'utilizzatore. Verrà utilizzato il
linguaggio UML per la modellazione dei componenti base
dell'architettura. Nella prima versione abbiamo una struttura a
due livelli: il sistema riconosce degli eventi e, attraverso il
Mapper, l'utente finale è in grado di associare a questi dei
comandi per il performer virtuale. L'associazione è
relativamente semplice ed il grado di interazione tra performer
reale e performer virtuale è di tipo puntuale. Questo vuol dire
che per gestire i movimenti dell'attore virtuale il coreografo
dovrà intervenire su ogni singolo movimento. È possibile
aggiungere delle particolari modulazioni automatiche dei passi,
come ad esempio dei ritardi, ma l'interazione risulterà sempre
molto schematica e prevedibile. Chiameremo questa versione
"Architettura a Eventi" dal momento che il sistema sarà in grado
di gestire solo azioni espresse in termini di movimenti (Figura
27).
86
Figura 27 - Architettura di sistema basata sugli Eventi.
Nella seconda versione abbiamo un ulteriore livello che
permette al sistema di presentare i dati cinetici come dei
comportamenti, utilizzando il livello Riconoscitore
Eventi/Esecutore Comandi come uno step intermedio (Figura
28).
Figura 28 - Architettura di sistema basata su Comportamenti.
Sarà questa architettura che permetterà una vera indipendenza
tecnologica del coreografo dai tecnici, in quanto sarà questo
ulteriore livello a permettere al sistema di elaborare i dati per il
87
coreografo in termini di passi di danza ed espressività dei
movimenti. Questa "Architettura a Comportamenti" garantisce
un livello di astrazione dei dati sensoriali più ampio e più
intelligibile per il coreografo, permettendo al contempo una
forma di interazione tra reale e virtuale più ricca e più
significativa. Certamente una struttura modulare di questo
genere permette anche di supportare l'architettura precedente,
dal momento che, come abbiamo già detto, ne rappresenta una
estensione. Riprendendo lo schema in Figura 24 sulla
stratificazione dei linguaggi, presentiamo una schematizzazione
dei livelli dividendo fase di Input e fase di Output. Risulta ora
evidente che il sistema presenta i dati relativi alla realtà in un
modo altamente fedele al dominio della danza in un linguaggio
che abbiamo descritto nel paragrafo 2.2, permettendo al
coreografo di "mappare" delle azioni di risposta anche molto
complesse, che il sistema trasformerà in comandi per il
performer virtuale.
88
Figura 29 - Diagramma di struttura per una Coreografia Aumentata.
Esistono degli esperimenti su dei sistemi interattivi modulari,
compiuti nel laboratorio di Software Architecture del
Dipartimento di Informatica Sistemistica e Comunicazione
dell'Università Bicocca di Milano, realizzati in collaborazione
con la compagnia teatrale InItinere di Bergamo, che hanno
realizzato delle versioni di spettacolo interattivo molto
interessanti dal punto di vista dell'architettura software per una
Coreografia Aumentata. Questi studi hanno permesso di
realizzare un prototipo in grado di controllare delle marionette
virtuali attraverso i movimenti di un attore reale (Bernini, De
Michelis, Plumari, Tisato, & Cremaschi, 2011). Sebbene questa
tecnologia permetta una performance molto interessante sotto
l'aspetto della realtà aumentata, essa copre solo parzialmente i
requisiti secondo lo schema di cui sopra (Figura 29), in quanto
89
non contempla a nessun livello l'intervento del coreografo, e
d'altra parte non realizza una coreografia.
Figura 30 - Sovrapposizione dello schema del sistema modulare per animazioni interattive realizzato dal SAL dell'Università Bicocca di Milano.
Altre tecnologie invece permettono al coreografo di realizzare
delle performance virtuali, come il software DanceForms2.0
(Credo Interactive, 2006). Questo può vantare un ottimo studio
del dominio per quanto riguarda i linguaggi della danza, come
vedremo in dettaglio nel prossimo capitolo, ma non contempla
nessun tipo di interattività tale da poter supportare una
coreografia aumentata (Figura 31).
90
Figura 31 - Sovrapposizione dello schema del software DanceForm2.0 della Credo Interactive.
91
C a p i t o l o I I I
IMPLEMENTAZIONE
In questo capitolo presenteremo due diversi aspetti
implementativi, uno riguardante l'utilizzo di una strategia di
linguaggio, per una coreografia virtuale, molto simile alla nostra
proposta; l'altro relativo ad una prima sperimentazione di
Coreografia Aumentata Dinamica. In particolare analizzeremo il
software di animazione grafica DanceForm 2.0® della Credo
Interactive8, evoluzione del DanceForm 1.0® utilizzato oggi
dalla Merce Cunningham Dance Company per la creazione e lo
studio di nuove coreografie (Merce Cunningham Dance
Company, 2009). La particolarità di questo strumento sta nella
cura dell‟interfaccia, completamente progettata intorno alle
esigenze dei coreografi, che permette diversi livelli di gestione
dei movimenti e dei passi di danza. Inoltre il software è
compatibile con alcuni formati di motion-capturing e potrebbe
quindi risultare molto utile anche sotto l‟aspetto puramente
tecnologico. La nostra strategia di stratificazione dei linguaggi,
con un linguaggio finale basato su delle primitive grafiche
espresse, attraverso il Syllabus, in posizioni della danza, trova
qui una conferma. Inoltre le diverse schermate di controllo del
8 La Credo Interactive è una azienda con sede in Vancouver, British
Columbia, nota per aver realizzato il software di animazione grafica LifeForms con il quale Merce Cunningham ha svolto i suoi primi esperimenti di integrazione tra danza e computer animation.
92
software permettono una gestione del movimento molto più
accurata e personalizzabile, riuscendo così ad accontentare
diverse esigenze a diversi livelli di competenze.
Nel secondo paragrafo invece verrà presentato lo stato di
realizzazione del prototipo di Coreografia Aumentata. In
particolare sarà illustrato cosa realmente è in grado di offrire il
progetto sia in termini di interazione che di tecnologia.
93
3.1 – Dance Forms 2.0
Il software di animazione per la danza DanceForms, figlio di
LifeForms, che rappresenta uno dei migliori motori di
animazione grafica per rapporto qualità/prezzo, permette di
visualizzare e montare dei passi di danza o intere routine in un
ambiente di programmazione 3D semplificato. Il sistema
supporta due modalità di animazione: Keyframing e il Motion
capture (v paragrafo 1.4). Per generare un'animazione con la
tecnica del Keyframing è necessario modellare l'ungo l'asse
temporale due posizioni in due momenti contigui. Quando
l'animazione viene messa in riproduzione DanceForm genera
automaticamente le posizioni in-between necessarie per
muovere l'animazione da una posizione all'altra. Con la tecnica
del Motion capture i movimenti di un performer sono registrati
attraverso dei sensori ottici, magnetici o elettromagnetici, per
poi venire associati a degli avatar virtuali. DanceForms include
sia delle librerie di animazioni keyframed sia di motion capture,
utilissime per customizzare velocemente i propri progetti. Con
queste soluzioni la Credo Interaction vuole rivolgersi sia
all‟aspetto creativo sia a quello didattico in quanto può essere
usato sia come strumento per appuntare alcuni passi, sia per
istruire i ballerini sul modo esatto di eseguirli. Un assistente
digitale con il quale il coreografo prepara e dirige le prove.
Nonostante sia un ottimo software di animazione per il dominio
specifico per la danza sia sotto l'aspetto prestazionale, sia di
94
usabilità, il limite alla diffusione di uno strumento del genere sta
nella resistenza dei coreografi a servirsi di qualcosa che
ritengono inutile. Utilizzare DanceForms per il coreografo
vorrebbe dire fare un doppio lavoro, non ritenendo necessario
avere una rappresentazione grafica digitale, seppur realistica, di
ciò che andrà a montare in sala prove. Il punto chiave sta nel
rapporto strettissimo che esiste tra il corpo del ballerino e la
danza stessa (v. paragrafo 2.2). In buona sostanza riteniamo che
lo scarso successo di questo strumento stia nel limitato valore
aggiunto che da al lavoro del coreografo, a fronte di una
difficoltà d'uso sicuramente non banale. Questi limiti
sull'appetibilità del prodotto non coprono le ottime soluzioni dal
punto di vista dell'usabilità e dei linguaggi che andremo di
seguito ad illustrare.
DanceForms Workspace
L'ambiente di lavoro di DanceForm offre quattro tipi di finestre:
Studio, Score, Performance e Stage (Figura 23). Vi sono poi le
diverse Palette e una finestra di editing per creare e
memorizzare nuove posizioni.
95
Figura 32 - Workspace di DanceForms 2.0
Finestra Studio
La finestra studio permette di creare delle posizioni e dei
keyshape attraverso una rappresentazione del corpo basata su
dei joint che non rappresentano le articolazioni dell'anatomia
umana, piuttosto porzioni del corpo, come la coscia o il bacino.
Attraverso questa finestra si possono creare e modellare delle
posizioni che andranno poi a comporre i key frames della
coreografia. In DanceForms i joints di un modello sono
posizionati in uno spazio 3D e ruotano intorno agli assi X, Y e
Z. Ogni sistema di assi può essere visualizzato singolarmente,
permettendo di comporre in maniera molto accurata qualsiasi
posizione. In questo modo ogni joint ha il suo sistema di assi e
questi dipendono dall'orientamento nello spazio (Figura 33).
96
Inoltre vi è un sistema di gerarchie che permette di descrivere
come i joints sono connessi tra loro in un modello gerarchico9.
Figura 33 - Sistema di assi indipendenti per ogni singolo joint.
Ogni modello gerarchico ha un root joint. La posizione del root
joint condiziona quelle di tutti gli altri presenti nel corpo. Nel
modello umano ad esempio il root joint è rappresentato dal
bacino. Una rotazione pelvica determina così una rotazione di
tutto il corpo. In un modello gerarchico le dipendenze tra i joints
sono modellate da una relazione parent-child e quindi degli
spostamenti del parent determinano automaticamente delle
modifiche nella posizione del child. Due joints che dipendono
dallo stesso nodo padre vengono definito siblings mentre tutti
joints che si trovano gerarchicamente al di sotto di uno dato
vengono detti descendent e tutti quelli al di sopra ancestors. Ad
esempio, nel modello umano i descendents della spalla sono i
joints di braccio, avambraccio e mano. In linea con la possibilità
di gerarchizzare o meno un modello, DanceForms permette di
9 DanceForm permette di gestire sia modelli gerarchici nei quali i joints
rispettano una gerarchia predefinita, sia modelli liberi dove non esiste nessun vincolo nei movimenti e nelle rotazioni possibili.
97
creare un movimento sia sfruttando il metodo della Inverse
Kinematics, sia della Forward Kinematics (v. paragrafo 1.4).
Figura 34 - Finestra Studio suddivisa in tre sezioni.
La finestra Studio è suddivisa in tre colonne: la prima, sulla
sinistra, si riferisce ai controlli per il joint selezionato e indicano
la posizione rispetto ai tre assi; la colonna centrale riporta il
modello, manipolabile direttamente con il mouse; nella colonna
di destra invece abbiamo nei primi tre riquadri tre viste
alternative del modello e nell'ultimo in basso abbiamo il sistema
di riferimento per il joint selezionato, l'avambraccio sinistro
nella Figura 34.
98
Finestra Score
La finestra Score visualizza i key-frames in sequenza, così come
si presentano nell'animazione. In questa finestra è possibile
regolare il timing intervenendo sullo spazio che intercorre tra
due frames contigui. Più spazio ci sarà tra un frame e l'altro e
più lento sarà il movimento. Si possono gestire diversi attori
contemporaneamente e il montaggio dei movimenti essenziali si
fa con un semplice Copia e Incolla (Figura 34).
Figura 35 - Finestra Score con i key frames posizionati lungo l'asse temporale, maneggiabili con dei copia e incolla.
Questo tipo di visualizzazione, tipico dei software di montaggio
video, è molto intuitiva e semplice da usare. Permette di
sfruttare al meglio le palette di passi di danza velocizzando la
composizione di semplici sequenze. La Finestra Score è
suddivisa in colonne contenenti frames, ciascuno corrispondente
ad un'unità di tempo. Ad ogni frame possono essere associate le
seguenti informazioni:
Shape;
Altitude;
99
Location;
Facing angle;
Snap Info10
;
Notes.
Se per il frame corrente vengono definiti questi attributi, esso
diventa un key-frame e verrà utilizzato per calcolare i "in-
between frames" durante la riproduzione dell'animazione.
Un'ultima caratteristica che è importante sottolineare in questa
sede è la semplicità dei comandi Copia e Incolla per editare
l'animazione. In questo modo è possibile riutilizzare delle
animazioni prese da un altro file, creare delle sequenze e,
attraverso il comando Incolla Speciale, sincronizzare i
movimenti di più modelli e riutilizzare le particolari posizioni di
uno o più joints.
Finestra Stage
La finestra Stage permette di eseguire e visualizzare
un'animazione. Si possono controllare le prospettive attraverso
degli zoom, rotazioni e panoramiche. Si possono controllare
l'altitudine, il posizionamento sul palco, verso e direzione.
10 La funzione Snap è una soluzione che DanceForms propone all'utente per
semplificare il montaggio di numerosi frames senza che vi siano imprecisioni causate da un posizionamento inaccurato nel montaggio. In particolare si tratta di un tool di allineamento che può coinvolgere l'altitudine, la posizione o la forma riferita a più frames. La funzione Snap può anche essere utilizzata per bloccare un joint rispetto ad una particolare posizione nello spazio in più frames contigui.
100
Figura 36 - Finestra Stage vista dal fronte del palco.
Figura 37 - Finestra Stage vista dall'alto con il tracciamento del Path.
Anche in questa finestra di lavoro è possibile utilizzare i
comandi Copia e Incolla per cambiare, ad esempio, il facing
angle di una figura con quello di un'altra, oppure incollare
figure da animazioni di altri file. In questa schermata è possibile
vedere anche il path che il modello compirà, rappresentato da
101
nodi connessi da una linea, dove ogni nodo corrisponde ad un
key frames (Figura 37). Lavorare sul path permette di ruotare
l'intera animazione, di muoverla oppure di adattare il path stesso
ad un altro.
Rendering e Finestra Performance
In DanceForms il rendering coinvolge il processo di
applicazione di colori, textures e proprietà dei materiali al
modello, nella visualizzazione in Finestra Performance che
presenta i modelli come dei solidi. La tecnologia utilizzata
sfrutta le librerie OpenGL per Windows e QuickDraw 3D per
Macintosh e permette di lavorare in Interactive Rendering11
.
Tutte le impostazioni sul rendering sono visibili nella Finestra
Performance, che permette anche di visualizzare l'animazione
(Figura 38).
11 Questa tecnologia permette di lavorare avendo l'immagine solida sempre
aggiornata nella Finestra Performance.
102
Figura 38 - Finestra Performance.
La Finestra Stage e la Finestra Performance condividono lo
stesso pannello di controllo per la riproduzione dell'animazione
(Figura 39), e nello stesso modo è possibile variare la
prospettiva rispetto al palco. Inoltre con un doppio click su un
joint nella Finestra Performance si apre automaticamente la
Finestra Studio per la modifica del joint selezionato.
Figura 39 - Pannello di controllo per la riproduzione dell'animazione nelle finestre Stage e Performance, dal quale è possibile controllare anche
103
la velocità di riproduzione e il conteggio della successione dei frames.
Palettes
Le palette sono mini liste di posizioni rappresentate con delle
icone, che permettono di facilitare il montaggio di
un'animazione. È possibile creare delle palette personalizzate
oppure utilizzare quelle contenute nella cartella Palette Library.
Per velocizzare la selezione delle palette più utilizzate si
possono anche creare dei menu personalizzabili e facilmente
accessibili. Palette e menu sono rinominabili e contengono una
posizione completa rispetto al modello, ma non contengono
informazioni relative allo spazio come location, facing angle o
altitude. Queste informazioni sono aggiunte automaticamente
nel momento in cui la posizione viene inserita, con un click, nel
frame selezionato nella Finestra Score.
104
Figura 40 - Una palette di movimenti estratta dalla cartella Palette Library.
Per costruire una palette di nuove posizioni si utilizza il Figur
editor, una finestra in tutto e per tutto uguale alla Finestra
Studio, ma con la differenza che le posizioni non costituiranno
automaticamente dei key-frames.
105
Figura 41 - Figure Editor
Per inserire una posizione da una palette nell'animazione in
corso, è sufficiente fare un copia e incolla o cliccare su di essa.
In questo modo è possibile fare esperimenti e generare nuove
idee in maniera semplice e veloce inserendo nuove forme,
anche durante l'esecuzione dell'animazione, permettendo una
composizione "on-the-fly". La figura selezionata nella palette si
andrà ad inserire nel punto della timeline che abbiamo scelto. È
possibile anche fare il processo inverso e cioè scegliere un
106
key.frame dalla finestra score ed aggiungerlo ad una palette, in
modo da averla sempre disponibile, anche per altri progetti.
Esportabilità
DanceForm è predisposto per supportare l'importazione e
l'esportazione da altri software di animazione 3d e gestire i
formati di motion capture BioVision, Acclaim e HTR.
I grossi progetti di animazione 3D sono solitamente suddivisi in
tre step: modeling, animation e rendering. Ognuno di questi task
può coinvolgere l'uso congiunto di diversi software a seconda
della qualità e dell'uso finale. DanceForms può essere utilizzato
per scopi professionali soprattutto nella fase di animation e
quindi deve essere in grado di supportare dei modelli 3D in
Input e permettere di esportare l'animazione a terze parti (Figura
42).
107
Figura 42 - DanceForm come software di animazione.
DanceForm non supporta tutti i programmi software compatibili
allo stesso modo. Ad esempio, non supporta modelli importati
da Poser 3D ma invece accetta scheletri in formato Biovision
(.bhv) e Acclaim (.amc e .asf)12
. È possibile inoltre utilizzare
DanceForm solo per il controllo dei movimenti, lasciando la
costruzione del modello a terze parti come un motore grafico
per dei Video Games (Figura 43).
12 Questi formati di file descrivono uno scheletro 3D animato in termini di
joints (Biovision), ossa (Acclaim), gerarchie e vincoli sulle angolazioni.
108
Figura 43 - DanceForm per il controllo del movimento.
In generale DanceForm supporta numerosi formati di file
permettendo quindi di scambiare geometrie e movimenti con
altri software di animazione 3D, tra i quali: Cinema 4D, EI,
Inspire, Maya, LightWave, Max, Poser, ecc. Si può inoltre
scaricare un Animation Viewer13
, che può essere installato sul
proprio computer o su un sito web, che permette di riprodurre
facilmente il formato di lavoro e condividerlo con altrettanta
facilità.
Concludiamo questo paragrafo dicendo che sarebbe molto utile
riuscire a sfruttare DanceForm per realizzare delle coreografie
aumentate, utilizzandolo come base per l'interfaccia del nostro
utente finale. Riteniamo che le resistenze dei coreografi all'uso
di una tecnologia come quella sopra descritta, sarebbero
13 www.charactermotion.com/products/viewer
109
facilmente superabili se la contropartita fosse una Coreografia
Aumentata. Gli esperimenti possibili sarebbero infiniti e si
scoprirebbe un nuovo modo di realizzare delle performance,
senza sostituire i metodi tradizionali, ma arricchendoli.
110
3.2 – Dimostratore
Quando arriva il momento di testare sul campo i risultati
ottenuti in fase di progettazione c‟è sempre un grosso fermento.
Nel nostro caso le problematiche maggiori riguardano le
possibilità espressive a disposizione del coreografo. Il limite che
la tecnologia in questo momento a disposizione impone,
potrebbe influenzare troppo la fantasia dell‟artista impedendogli
di dare sfogo alla creatività, minando irrimediabilmente la
qualità del risultato finale. Per questo motivo i responsabili del
SAL14
, tra cui il professore Francesco Tisato ed il ricercatore
Diego Bernini, hanno scelto di coinvolgere da un lato un esperto
di installazioni interattive facente parte del gruppo creativo
StudioIpnotica15
, dall‟altro di dotarsi della tecnologia hardware
e software adatta ad offrire un rilevamento dei movimenti in
real-time, anche dalla lunga distanza. Naturalmente saranno le
richieste del coreografo a determinare il tipo di interazione
necessario per la sua Coreografia Aumentata; al momento sono
state vagliate diverse possibilità di scelta dell‟artista, che sarà in
ogni caso di importante caratura. Il nome del coreografo che
andrà a lavorare realmente sul prototipo non è ancora certo,
pertanto ci asterremo ora dal pronunciarci. D‟altra parte in
questa sede riteniamo sia più opportuno descrivere cosa ad oggi
14
Software Architecture Laboratory del dipartimento di Informatica Sistemistica e Comunicazione dell’Università Bicocca di Milano, diretto dal professore Francesco Tisato.
15 http://www.ipnotica.net/
111
il progetto sia in grado di offrire. Nel descrivere le potenzialità
messe a disposizione ci occuperemo in prima battuta del tipo di
tecnologia che verrà sfruttata e successivamente dell‟interazioni
possibili.
Tecnologia Hardware
La tecnologia hardware predisposta per il prototipo di
Coreografia Aumentata riguarda due contesti: il primo relativo
alla percezione ed al rilevamento dei movimenti; il secondo
relativo alla presentazione dei performer virtuali. Nel primo
frangente verranno adottate delle telecamere in grado di ricevere
dei segnali ad infrarossi16
che riprenderanno i performer reali
dal punto di vista del pubblico, mentre sul palco, alle spalle dei
performer, verranno posizionati degli illuminatori LED a
infrarossi17
in grado di coprire una distanza di 90 metri. Questa
soluzione consiste nel fare in modo che gli emettitori prendano i
performer reali da dietro riportando alla videocamera solo la
silhouette, garantendo così libertà di movimento su tutto il
palcoscenico. Per quello che riguarda invece la presentazione
dei performer virtuali verrà utilizzato un proiettore puntato sul
fondo della scena in modo da rendere l‟animazione ben visibile
dal pubblico.
16 Modelli Canon XF 100 e XF 105 e Sony PMV-F3K. 17 Modello RE-IR90C
112
Tecnologia Software
Tra le tecnologie software necessarie bisogna distinguere due
ambiti: uno riguardante la gestione dei dati inviati dalle
telecamere a infrarossi, l‟altro riguardante la visualizzazione
degli elementi grafici interattivi. Per il trattamento e la gestione
in tempo reale di flussi di dati verrà utilizzata EyesWeb
(Camurri, et al., 2004). Ampiamente impiegata in diversi centri
di ricerca, aziende e sperimentazioni artistiche, essa consiste in
una piattaforma open di librerie di moduli software che, una
volta interconnessi, permettono una rapida prototipizzazione,
realizzazione e gestione di interfacce e sistemi multimodali
interattivi18
. Per adattare al meglio EyesWeb ai nostri scopi,
sono al vaglio altre soluzioni integrative, uno su tutti il software
Sonos di IpnoticaStudio, che garantiranno una maggiore
personalizzazione dei movimenti dei performer virtuali. Inoltre
saranno necessari dei componenti software, come Animata, per
la visualizzazione degli attori virtuali. Tuttavia quest‟ambito
rimane strettamente legato al tipo di spettacolo che il coreografo
vuole proporre, dal momento che sarà lui a scegliere le
animazioni interattive che aumenteranno la performance reale.
18 http://www.infomus.org/EywMain.html
113
Interattività
Gli aspetti interattivi saranno l‟oggetto centrale della
Coreografia Aumentata e molto dipenderà, come abbiamo detto,
dalle scelte del coreografo. D‟altro canto la tecnologia ora
disponibile permette di ricevere in Input i movimenti da uno
fino a tre ballerini contemporaneamente. Sulla base di questi
sarà possibile far corrispondere delle variazioni di forme e
colori, oltre che di movimento, dei performer virtuali. Gli
oggetti interattivi potranno essere di diverso genere, da forme
astratte a figure umanoidi e saranno controllate dalle istruzioni
date dal coreografo in base ai parametri di modulazione di cui al
paragrafo 2.2 (Figura 25), seguendo delle palette di movimenti
create appositamente per l‟oggetto in questione. Sarà inoltre
possibile sperimentare le possibilità espressive di una
Coreografia Aumentata Dinamica (vedi paragrafo 2.1) perché il
coreografo sarà dotato di un controller per la modulazione di
particolari parametri a sua scelta per l‟interazione tra reale e
virtuale, durante la performance.
114
115
C a p i t o l o I V
CONCLUSIONI
4.1 Problemi aperti e possibili sviluppi futuri
A prima vista sembra evidente che la sfida maggiore, per chi
abbia intenzione di costruire un framework interattivo per
coreografi, sia sopratutto di ordine tecnologico. Realizzare un
sistema di percezione di dati eterogenei, che restituisce dei
comportamenti interattivi, mediati da un utente esterno non
esperto di tecnologia, il tutto in real-time, non è facile né a dirsi
né a farsi. Una serie di piccoli problemi correlati ad ognuno di
questi elementi genera una sommatoria di complessità
difficilmente gestibile. Per questo il progetto è stato pensato
come un sistema modulare, costituito da singole parti tutte
perfettamente compatibili, anche se sviluppate in circostanze e
tempi diversi. Spingendosi oltre la visione esclusivamente
tecnologica, sorgono una serie di problemi legati all'uso reale
del "prodotto" Coreografia Aumentata. Supponendo di essere
riusciti a creare uno strumento in grado di realizzare uno
spettacolo di danza interattivo e supponendo di aver predisposto
un linguaggio finale adatto all'uso da parte dei coreografi,
rimane, a mio modo di vedere, un macro quesito legato
all'interesse che può suscitare nel pubblico una performance
aumentata legata alla danza. Ed inoltre, quale tipo di danza e
116
quale coreografo saranno veramente in grado di valorizzare uno
strumento del genere? Il rischio maggiore che mi sento qui di
evidenziare è che il progetto segua troppo delle linee di sviluppo
basate sulla sperimentazione tecnologica piuttosto che
performativa, che il punto chiave del progetto rimanga sempre il
"come" e non il "cosa". Se nella fase di ideazione risulta
prioritario riuscire a costruire una base informatica e di design
dell'interazione duttili e solide allo stesso tempo, il prossimo
step dovrà essere subito di tipo sperimentale/performativo. In
Figura 44 abbiamo riassunto graficamente le fasi di sviluppo del
progetto, lasciando aperta la fase di sperimentazione. Il progetto
non potrà rimanere ancora a lungo lontano dalle sale prova e dai
teatri di danza e, sin da ora, dovranno essere elaborati dei
prototipi da sottoporre all'attenzione del pubblico inteso come
audience esperta. Il prototipo in fase di realizzazione sarà un
valido banco di prova per valutare potenzialità e limiti.
Il sistema potrà avere degli sviluppi nel mondo della danza e
delle arti performative che, sicuramente, potranno essere
sfruttati anche per la sperimentazione artistica pura. Guardando
il progetto dal di fuori si possono immaginare numerosi contesti
d'uso: teatri, musei, fiere, gallerie, eventi potranno divenire i
luoghi e le occasioni ideali dove presentare una Coreografia
Aumentata che sfrutti le più disparate strategie di interazione. I
concetti stessi di Coreografia e di Danza assumerebbero nuovi
connotati, e di certo ne trarrebbero giovamento. Il mondo
117
dell'arte dovrebbe essere sin da ora coinvolto nella
sperimentazione, libera e aperta, in modo che ogni idea possa
essere condivisa e sfruttata a favore di un'interattività sempre
più ricca.
Un'altra possibile strada che il sistema potrebbe battere è quella
del marketing. La rivoluzione che il web ha portato nel mondo
del sales marketing ha completamente rivoluzionato il modo di
concepire sia il concetto di market place che quello di market
space, spostando l'attenzione dal punto vendita bricks and
mortar a quello virtuale (Wang, Head, & Archer, 2000). Negli
ultimi tempi però, la psicologia dei consumi sta ritornando a
considerare l'importanza del punto vendita fisico. Diversi studi
dimostrano che i livelli di coinvolgimento che è possibile
raggiungere attraverso il tatto e l'olfatto (Herz, 2008) sono di
gran lunga superiori a quelli di vista e udito (Bove, 2007). Si è
arrivati a riconsiderare "l'atmosfera" del punto vendita una vera
e propria leva dei comportamenti d'acquisto, riportando in auge
le tesi di pietre miliari del marketing come Philip Kotler e Gary
Armstrong. Sarebbe molto interessante a questo punto
sperimentare le potenzialità del sistema interattivo per la
gestione di coreografie aumentate, adattandole al contesto del
marketing. I livelli di coinvolgimento e di engagement
(Spilman, 2006) raggiungibili attraverso la realtà aumentata è
un campo che non ha ancora avuto l'attenzione che a nostro
avviso invece merita. Gli unici casi che è possibile riscontrare
118
oggi sono relativi all'uso di dispositivi mobili e QRcode per
guidare il cliente negli acquisti, ma rimaniamo a livelli di
interattività scarsi (Brooks, 2011). Sarebbe invece molto
interessante riuscire ad avviare uno studio congiunto, insieme a
degli esperti di marketing, per realizzare un prototipo interattivo
da testare in un punto vendita, come ad esempio un centro
commerciale, e studiare il comportamento dei passanti. La
modularità del sistema e l'architettura basata su comportamenti
permetterebbero di esplorare tecniche di coinvolgimento
sconosciute, aprendo una nuova frontiera negli studi sui
comportamenti d'acquisto.
L'architettura informatica e l'approccio metodologico alla
progettazione dell'interazione, di cui ci siamo occupati in questo
lavoro di tesi, permettono all'idea della Coreografia Aumentata
numerose applicazioni pratiche; qui ci siamo limitati a proporne
solo alcune. Ciò che però è altrettanto importante sottolineare è
l'idea di progettazione collaborativa che si dimostra ancora una
volta vincente. In questo progetto hanno lavorato in sinergia
persone con competenze molto diverse, ma che con lo stesso
entusiasmo hanno saputo dare il giusto apporto. Questo non
vuol dire che tale risultato sia stato semplice da raggiungere. Il
mondo della danza e quello dell'informatica hanno molto poco
in comune, soprattutto negli aspetti sociali, ed è stato a volte
difficile organizzare e far conciliare interessi diversi. Con
questo intendo dire che prima di arrivare a lavorare per dei
119
linguaggi per una coreografia aumentata, è stato necessario
riempire un vuoto comunicativo che avrebbe rischiato di
deviare, se non paralizzare, l'intero lavoro. È con orgoglio che
posso affermare che in questo è stato applicato un metodo che,
aggirando gli scogli delle valenze empiriche e delle congetture
scientifiche, ha trovato il giusto equilibrio tra il dominio della
danza e quello dell'informatica, basandosi sul rispettoso studio
di entrambi e su una comunicazione prudente ma desiderosa di
esplorare e sperimentare.
120
4.2 Riflessioni finali
Al termine di questo lavoro di tesi ritengo si opportuno fare un
resoconto della strada percorsa sino ad ora dal progetto
Coreografia Aumentata, evidenziando le pietre miliari che
hanno segnato momenti di svolta, fino al raggiungimento dello
stadio implementativo. Osservando la Figura 44 possiamo
constatare che l‟idea di Coreografia Aumentata, nata nell‟Aprile
del 2011, ha cominciato il suo vero e proprio sviluppo intorno al
Settembre dello stesso anno, periodo in cui il lavoro di tesi
svolto presso il SAL: Sistema Modulare per Animazioni
Interattive di Mauro Plumari, realizzato in collaborazione con la
residenza teatrale InItinere di Bergamo, aveva raggiunto la fase
finale. Tale progetto ha fatto sì che venisse a costituirsi una
prima forma di architettura di sistema interattivo (“a Eventi”) in
grado di gestire dei movimenti di una marionetta virtuale
attraverso quelli di un performer reale. A questo punto è stato
avviato un vero e proprio progetto a sé stante che ha visto
coinvolti oltre a me, il professore Giorgio De Michelis, il
professore Francesco Tisato, il dottorando Diego Bernini e la
studentessa Angela Nuzzi. Durante tutta la fase di studio del
dominio della danza ci sono stati diversi momenti significativi
che hanno indirizzato i lavori verso determinate direzioni. Di
maggiore influenza sono stati: la certezza che i sistemi di
notazione non rappresentavano uno strumento adatto per la
costruzione dell‟interfaccia per il coreografo; l‟emergere di un
121
rapporto controverso tra coreografi e tecnologie informatiche
riguardanti la registrazione di coreografie attraverso i sistemi di
notazione; l‟importanza degli strumenti video per lo studio delle
coreografie. Queste scoperte ci hanno permesso di capire che la
soluzione ideale per costruire dei linguaggi per una Coreografia
Aumentata doveva basarsi su delle primitive grafiche e su dei
parametri di controllo strettamente legati ai movimenti della
danza e quindi più facilmente manipolabili dai coreografi. Su
queste intuizioni abbiamo iniziato un lavoro di analisi dei
software di animazione che più si avvicinavano alle nostre
esigenze, scoprendo DanceForms 2.0. Lo studio di questo
software, con particolare attenzione per la UI, ha permesso di
definire l‟uso di palette di key-frames estratti dal Syllabus di
danza come base per la gestione dei movimenti del ballerino da
parte del coreografo per l‟interazione tra reale e virtuale. Da
questo nuovo tipo di controllo interattivo è nata l‟idea di
costruire un‟architettura modulare “a Comportamenti” da
agganciare alla precedente basata su Eventi, in modo da ottenere
una forma di interazione più significativa e dalle maggiori
possibilità espressive. Come auspicato nel precedente paragrafo,
sono previste tra Febbraio e Marzo 2011 una serie di
sperimentazioni con artisti e coreografi che permetteranno di
testare e presentare un prototipo di Coreografia Aumentata.
122
Figura 44 - Processo di realizzazione del progetto Coreografia Aumentata.
123
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131
132
INDICE DELLE FIGURE
Figura 1 - Estratto dal libro La Danse Classique di Antonine
Meunier (Meunier, 1931) .................................................. 8
Figura 2 - Un esempio del Danscore di Saunders (Saunders,
1946). ................................................................................. 9
Figura 3 - Un esempio in notazione Feuillet (Feuillet, 1700). .. 14
Figura 4 - Solo del Cavaliere nal Pas de Six da La Vivandière
(Saint-Léon, 1852). .......................................................... 16
Figura 5 - Notazione Zorn: estratto dal balletto sociale
Cachucha (Zorn, 1887). .................................................. 17
Figura 6 - Trascrizione di una posizione in Benesh Dance
Notation (Ryman, 2008) .................................................. 17
Figura 7 - Illustrazione di un pentagramma Benesh estratto dalla
coreografia del Voluntaries© di Glen Tetley del 1975. . 19
Figura 8 - Simboli che rappresentano quale lato e quale
particolare parte muovere. ............................................... 24
Figura 9 - Estratto dal repertorio di Maryinsky annotato in
Stepanov tratto dalla variazione del Prince de The
Sleeping Beauty, Atto III (Gorsky, 1978)....................... 25
Figura 10 - - Lezione tenuta da Laban durante l qual illustra un
passo servendosi della gabbia icosaedrica. ..................... 28
Figura 11 - Suddivisione delle parti del corpo rispetto al rigo
della Labanotation (Hutchinson Guest, Labanotation,
1970). ............................................................................... 29
133
Figura 12 - Estratto in Labanotation del Dance of the Little
Swans di Balanchine. ....................................................... 30
Figura 13 - Manoscritto estratto dalla suite Diminishing Series
di Noa Eshkol. ................................................................. 31
Figura 14 ..................................................................................... 35
Figura 15 - Interfaccia grafica della versione in Free download
del EW Notator. ............................................................... 38
Figura 16 - Un estratto dell'assolo per ballerino da "La Bella
Addormentata nel Bosco" compilato con il Benesh
Movement Editor ed esportato in formato .pdf. ............. 39
Figura 17 - Interfaccia del LabanDancer con sulla sinistra lo
spartito espresso in Labanotation e sulla destra la
visualizzazione in Interactive Rendering. ....................... 41
Figura 18 - Uno degli studi di Muybridge sulla monta del
cavallo (Muybridge, 1899). ............................................. 44
Figura 19 - Casi d'uso per una Coreografia Aumentata. A
sinistra abbiamo gli attori coinvolti e a destra il ruolo
della tecnologia a supporto. ............................................. 72
Figura 20 - Schema dei possibili attori virtuali coinvolti in una
coreografia aumentata. .................................................... 74
Figura 21 - Simulazione di uno spazio teatrale predisposto per
una coreografia aumentata. ............................................. 75
Figura 22 - Esempio di alcune interfacce per la gestione di
sensori acustici. ................................................................ 76
Figura 23 - Ipotesi di scenario con un componente Mapper che
permette al coreografo di strutturare l'interazione. ......... 77
134
Figura 24 - Stratificazione dei livelli intermedi tra il coreografo
e la performance. ............................................................. 79
Figura 25 - Variabili per la modulazione del movimento. ........ 82
Figura 26 - Esempio di palette di posizioni Pliè tratto dal
software DanceForm2.0 (Credo Interactive, 2006). ....... 83
Figura 27 - Architettura di sistema basata sugli Eventi. ........... 86
Figura 28 - Architettura di sistema basata su Comportamenti. 86
Figura 29 - Diagramma di struttura per una Coreografia
Aumentata. ....................................................................... 88
Figura 30 - Sovrapposizione dello schema del sistema modulare
per animazioni interattive realizzato dal SAL
dell'Università Bicocca di Milano. .................................. 89
Figura 31 - Sovrapposizione dello schema del software
DanceForm2.0 della Credo Interactive. .......................... 90
Figura 32 - Workspace di DanceForms 2.0 ............................... 95
Figura 33 - Sistema di assi indipendenti per ogni singolo joint.
.......................................................................................... 96
Figura 34 - Finestra Studio suddivisa in tre sezioni. ................. 97
Figura 35 - Finestra Score con i key frames posizionati lungo
l'asse temporale, maneggiabili con dei copia e incolla. .. 98
Figura 36 - Finestra Stage vista dal fronte del palco. .............. 100
Figura 37 - Finestra Stage vista dall'alto con il tracciamento del
Path. ................................................................................ 100
Figura 38 - Finestra Performance. ........................................... 102
135
Figura 39 - Pannello di controllo per la riproduzione
dell'animazione nelle finestre Stage e Performance, dal
quale è possibile controllare anche la velocità di
riproduzione e il conteggio della successione dei frames.
........................................................................................ 102
Figura 40 - Una palette di movimenti estratta dalla cartella
Palette Library................................................................ 104
Figura 41 - Figure Editor ......................................................... 105
Figura 42 - DanceForm come software di animazione. .......... 107
Figura 43 - DanceForm per il controllo del movimento. ........ 108
Figura 44 - Processo di realizzazione del progetto Coreografia
Aumentata. ..................................................................... 109