L'informe amniotico

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L’informe amniotico [appunti numerati e qualche poesia] di Loredana Semantica

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appunti numerati e qualche poesia

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L’informe amniotico [appunti numerati e qualche poesia]

di Loredana Semantica

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Alla sessantanovesima ora deglutì il passato. si sporse dal ciglio della

strada. e si lasciò andare.

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All'ora sessantottesima chiese il silenzio. ottenne solo un grammo

d'attenzione. lo fumò tutto nelle vene. le gotiche annerirono. fino

all'orlo nero seppia.

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Alla sessantasettesima ora si prosciugò. come un fiume ingrottato

nelle carsiche. vene del collo amato. morso fino allo spasimo.

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Poi la saltò. l'ora seguente. sessantaseiesima storta sonora. per

profondo dissenso dall'ingrediente. un miscuglio di terrene cose.

sfide conquiste e relazioni umane. mi assento dichiarò. si faccia la

fame.

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La sessantacinquesima si spaccò. ridotta a grani e scaglie. polvere di

tarlo. da buchi enormi frantumata. era l'ora torturata. dalla serie

infinita degli sbagli.

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L'ora sessantaquattresima venne dopo. un poco di vergognò del suo

ritardo. ma la gente è distratta. perciò non se ne accorge. nemmeno

se una è a terra inerte in coma. è un pugno come un altro. per

un'aggressione.

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La sessantatreesima fu perfetta. risparmiò una e. e dentro aveva il

tre. lo partorì dopo un travaglio di orologi. suonò la sveglia e nacque

all'infinito.

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La sessantaduesima è nel fango. e senza sonno. come l'ora della

veglia. viene la luce da una grande distanza. sorgerà dalle viscere

della terra. loro usciranno dal budello. ad uno ad uno. come feti al

termine del parto. percorrendo il canale del miracolo. vivi. alla vita

rinascendo.

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Questa è un'ora senza ora. anche perché non ricordo più. se ce n'è

una e quale sia. sessantunesima mi pare. quella in cui renderò

grazie. a tutti gli astri della giostra. stelle brillanti. stelle stelline.

stellarelle. stelle spente. infinite grazie celesti. per il diletto grazie. il

carosello. il vostro lontanissimo luccicare.

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Ora che ci penso. ho perso il conto. frazione sessantesima del tempo.

ero alle prese con la neve. si direbbe un fenomeno atmosferico. e

invece. en garde sussurra. le nuvole ci guardano. dall'altro cielo.

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Ho sonno e quasi crollo. e poi non vedo l'ora. di stendere le braccia.

nel letto a croce aperte. mi assale. il cinquantanovesimo rintocco.

come una folla di cose. dette e non fatte. di scadenze trascurate.

l'autunno intanto stacca. dai rami le sue foglie oltre i tempi massimi.

di tolleranza.

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L'ho sognato alla cinquantottesima ora. tutto preso dalla carte.

guardarmi con un'aria strana. lontana ed è la prima volta dopo anni.

che mi torna in mente. emerso insieme. al verbo a te più caro.

ancora mi domando. perché te ne sei andato. senza insegnarmi al

presente. a coniugarlo.

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Era commosso il petto fino al cuore. per la bellezza del creato. che si

spandeva al sole d'agosto. calda e viva di colore. era per la

separazione. tra l'ora dell'anima profonda. cinquantasettesima di

gelo. e lo splendore circostante. per il peccato dell'indifferenza. quasi

come inginocchiarsi. immobile a pregare. che giungesse la grazia.

della riconoscenza. come rosa nel buio. l’illuminazione.

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Oggi a lezione di palpazione. cinquantaseiesima in sconcerto. che

resta di cotanta misera ambizione. per un lardo di femmina. una

caduta. un approfittamento. e tu che l'hai commesso. per l'ennesima

volta ti mostri agli occhi impietosi. nell' interezza. soltanto un piccolo

uomo.

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Non c'è un livello di bravura. raggiunto il quale tu sei perfetto. oltre

c'è solo uno stato di grazia. l'innalzamento l'investitura. e per quelli

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che non possono sperare. c'è l'ombra o l'attesa. cinquantacinquesima

consapevolezza. di un'esistenza intera.

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Se io scrivo. e poi ti taggo. e poi ti chiedo. e poi gradisco. se

commento. e mi spiego e mi piego. nella mia saturata gloria

evanescente. e fluttuante mi sazio. di queste vene. di questa carne.

di polsi senza sangue. l'incantesimo s'avvera. della

cinquantaquattresima replica filmata. la bella addormentata.

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Ora so cosa dirò in quest’ultim’ora. cinquantatreesima all'appello. che

ci sono due "e" lì nel suo centro. ribelli. come il vento. che non si

arresta. né arrende. che resta che soffia che pesta. che affonda di

spada e fioretto. che pianterà la bandiera nel petto. di ogni passante

distratto. perché si fermi e rifletta. dov’è nascosta e perché sia.

perché sempre sia stata. e se per sempre sarà. la bellezza.

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Vita che non paga. silenziosa vita. vita rarefatta. savia e sottotono.

silenziosa vita. vita mirata. sfrondata. lasciata all'orizzonte. disadorna

vita. vita sfrenata dai capelli sulla china. vita lanciata nella corsa.

folle. a cinquantadue metri all'ora. una striscia d'olio sull'asfalto. e un

sospetto di veleno. lui che sbanda apposta l'evasione.

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Ora come ora ho sonno. cinquantunesima di grazia. gli occhi mi si

chiudono. penso un giorno sarà. l'ultima volta. ma del momento. non

desidero consapevolezza. piuttosto l'assenza di dolore. piuttosto

l'ignoranza. la prima per paura. l’altra. perché l'estremo sia della vita.

perfetta immagine e somiglianza.

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E c'è un'ora ancora di silenzio

ed è davanti a te

quando accogli la mia anima imperfetta

è nell'offerta muta dei miei occhi

quando mi consegno

per come sai

senza difese

insieme ai miei cinquanta sbagli

tra le mani vuote

le mie trecento spade.

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Non c'è uno stato che mi rappresenti. un sorbire di bocca superfici.

risolvendo parametri e algoritmi. i nove punti. da unire con le rette.

senza staccare dal foglio la matita. è il test dell'ora.

quarantanovesima distratta. la fretta di fare. senza pensare.

sbagliando in soli tre minuti.

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C'è un'ispirazione al grado zero. una semantica povera di av-verbi.

un'alberatura che non rema. abbrivio assente che assintuma. non

naviga quest'ora. per quanto sia quarantottesima. ansa scordata che

nei senza annega.

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Poi arriva il gelo. che ha occhi spalancati e fissi. quando cercare non

ha rami. quando i segni sono morti. e non arrivano segnali.

quarantasette scomuniche di senso. a dondolare di silenzio. che

reclama la sua ora. e ne fa scempio.

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E questa è l'impietrita. per metà la faccia avvolta. l'altra immobile e

paziente. quarantasei piume di frattali. che scaricano il cielo.

setacciando l'aria azzurra. la crepa che filtra tra i due mondi.

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E’ così che si macchiano i pupazzi. sberciando orli di fatica. piatti.

arnesi. libri. allora le maglie si scolorano nella lavatrice. assale un

puzzo di disordine. e il tempo che rimane. pare perso all'occasione.

quarantacinque passi nella vita. quando le strade sono vuote. e

lavorare stanca. come Cesare attorno alla domanda. dove sia la

donna. che dal vuoto faccia casa.

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Siamo labili. come la parola uscita dalle labbra. volatili come essenza

profumata. una fiamma. una candela. l'incenso che consuma.

l'ossigeno dell'aria. non è facile ancorare lo spirito alla terra. la carta

al suo pensiero. farsi alberi. e non pietre nel lago tentato.

quarantaquattro volte. il fallimento.

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Sono a ondate. come marea che monta sullo scoglio. ed è un fiato

che rutila nell'antro. di bolle schiuma mare. secchiate sopra il fango.

e sia santo il cielo. luce senza ombre. quarantatre spalancate dita. al

limite del mondo.

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Smettila di contare dice. che non c'è velo in superficie. né luce nel

profondo. esca lanciata per pescare. smettila di contare. ora. e

addormenta le tue forze. che ogni numero a se stesso diventi uguale.

che non c'è gioia. o attesa. o seme nei tuoi anni scorsi. quarantadue

più o meno enne. a chi vuoi che importi.

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Ottima luna

la direi piena

se non fosse ombrosa

e tonda luminosa

la direi nel canto melodiosa

luna bianca abbagliante

costantemente galleggiante

luna di luce lunare

fievole cupa celeste

luna nascosta dai flutti

a milioni di occhi

nel buio una buca gli spruzzi

luna di raggi vestita

versati con calma

nella calma pianeggiante

di uno specchio.

Luna dei passi lasciati

curiosa cangiante tortuosa

luna burrosa

ruggente libera ariosa

luna scavata di tane

nei crateri di roccia scabrosa

luna dai molti sentieri e corrosa

da quarantuno cunicoli scuri

luna infiorata di trame

luna centrale

solenne solare imperiosa

icona perfetta lunare

incollata al soffitto

con-chiusa a cameo

nel suo magnifico opale.

Luna affamata

luna da lupi

ringhiosa colante afflosciata

luna fantastica luna

divelta spaccata dannata

luna splendente di bruma

incantevole rosata offuscata

fredda di neve gelata

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luna piangente

sfruttata aggredita aggrappata

luna tenace

nel grembo radicata

immensa indicibile amata

luna accecante

ad ogni metro più grande

satolla saziata

luna brillante repleta ripiena

d’indicibile immane.

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Ho taciuto dei quaranta verbi

e sono sparita

rendendo interno

il mio ventre rosato

conca invisibile

nel cui incavo ho prodotto

tane lieviti figli primogeniti

doni impacchettati di natale.

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Ho taciuto il cranio

un cervello di volute

un capo piccolo

contenuto in una mano

minuto da uccellino

il luogo dove scocca la scintilla

e una massa sempre informe di capelli

trentanove filamenti

a incandescenza di neuroni.

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Ho taciuto il nome infine

fino allo spasimo

mostrando il lato trentottesimo

che rifiuta i chiodi

il crocifisso in legno

issato sulla croce

dove corde legano le mani

entrambe alla corteccia

alla bocca al petto spalancato

le sue ramificate braccia

le articolazioni della vita

che si snoda contratta

contraffatta.

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L'alterazione del comune senso. di parità sociale. ci confonde fino alle

radici. rivoluzionarie. non val la pena di contare. trentasette botole di

scarti. una montagna di rifiuti. sporco dappertutto. topi senza

bavaglio a banchettare. è un natale anomalo. d'aria strana che

incombe. il silenzio è come prima della pioggia. l'annuvolamento.

nemmeno le luminarie bastano. a schiarire l'orizzonte.

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Noi nasciamo dal sopruso

quello versato sugli occhi ogni volta

dalla nascita al giorno di natale

quando aspettiamo ogni volta

che spuntino le primule

le ali sulla schiena

la catarsi

allunghiamo le braccia verso il sole

e germogliamo penne dal futuro.

Dal sopruso nasciamo

e dalle pietre

maturate al sole di gennaio

come guerrieri sconfitti

teste tagliate

trentasei denti d’Idra

nella terra seminati bianchi

lucenti e fioriti

dal suo sangue.

Lucente fiorisce

e nelle ossa trema

il freddo in trasparenza

il gelo

il cuore che sfiancato tiene

battendo duro nel tallone

per i veli in superficie

per le coperte

per la neve che dorme

per la radice

per le zolle rivoltate

fino all’imo

per il silenzio delle piume

che divora la carne

che impressiona.

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Mi chiedo cosa darti. se non parole vuote. ne ho contate

trentacinque. davanti. tutte in fila. come fiori offerti. come fiammiferi

accesi. devoti d'ammirazione. e complimenti potrei. non so quanti. a

iosa. infiniti. innumerevoli. che dalla bocca uscendo. siano lusinga

d'ego. e mi chiedo. se il secchio riempia il mare d’acqua. o il

cucchiaio la sabbia del deserto. versando grani d’oro all’infinito. nel

bisogno senza fondo di una vita.

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In fondo solo lacrime scure. cose di nessun interesse. forme plastiche

sul foglio. che misurano metri. suoni. trentaquattro scarti di radici. le

direste sfere. alte tonde. lucenti trombe d'angeli. un'attesa di squilli

celestiale. senza che mai trionfi. l'epifania.

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O forse sono i fumi dello specchio. trentatré pollini dispersi. l'occhio

riflesso dalla nuca. che legge l'aspirazione al lutto. l’eccesso. il

bisogno di successo. il sesso. che mancando l’uno l’altro diventa

alternativa. una sorta di ripiego della vita. come futuro

fiammeggiante. che attende rivelazione da uno stolto.

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Penso a noi. ogni singolissimo noi. ronzante intorno. di sotto. di

sopra. sui nomi. in rotta. in circolo. in volo. vizioso. come trentadue

api sul miele. caramelle. nelle carte incartate scartate.

succhiate. lucenti di gusti. nei colori variopinte. allo sciroppo di frutti.

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Viene dalla notte. per guglie e sfere. per l'acqua di sorgente. per

note altissime di cattedrale. trentuno vertici nel buio. quanto più

semplici tanto più vicini. al nucleo centrale della croce. al blu

profondo con fuso all'infinito.

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Arida è la lingua senza sole. nonostante sembrasse un pozzo senza

fondo. nonostante avesse in corpo. slanci d'azzurro e verdi foglie.

anche a pescare con la scumarola. niente affiora. nessun suono.

nessuna parola. questa è l'ora trentesima. risacca dell' insignificanza.

pena nera. nera pietà del mondo.

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Non prestare il fianco troppo presto. né troppo a lungo. ama le tue

fosche parole. non sanno il tradimento. poche amare. l'ignoranza. il

disgusto della sazietà. ventinove bocche a soffocare fango. per

immagini taci. quando l'anima della stanchezza. sopravvanza.

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Accade di reggere la croce

come ventotto cardini la porta

di varcare la soglia fino al bosco

dove cresce la parola

ed ogni varietà di fiori

erbe alberi cespugli

il legno inchiodato sulla spalla

a sgravare parti prematuri

come una pena

che la sostieni e soffri

se l'abbandoni pure.

Accade che sia merda

rifiuto scarto spazzatura

che sia un assurdo e una vergogna

che taluno legga ascolti pensi

che a qualcuno possa mai

appena un poco interessare

quella cosa penosa

ridicola noiosa

la summa d'inutilità fatta parola

di uno scritto in versi.

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Accade che si scriva

ed è un errore

che si abbia almeno un etto di pudore

per riscatto del cedimento

di nascondere al mondo l'apparato digerente

ventisette metri d'interiora

e il corpo circostante dell'autore

fonte reo con fessa di tanto orrore.

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A lei dicono carissima. che scrive ventisei copiati. dentro più in

dentro di sotto all'interno. fino al fondo. comune del poeta. fino a

brillare di luce condivisa. la strada maestra battuta dall'unisono.

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Stasera nulla mi chiama. tranne gli uccelli. le loro zampette a stella

sulla neve. venticinque briciole di pane.

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Non che sia spogliarsi il nocciolo. non il sogno o il miracolo. ma

l'assenza. il vero cuore. la spaventosa mancanza che inghiotte.

l'anelito cercato inutilmente. per mille e mille volte. quasi come una

nascita. chiave che meravigliosamente apre. il grande mistero. tutte

le ventiquattro porte. o all'opposto una sentenza inappellabile. di

morte.

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Lui pronuncia la lingua degli uccelli. esce dal becco lungo adunco. a

croce. limpidissima la voce. ventitré suoni a calibrare il vento. soffio

che passa dalla bocca. tasto che la corda tocca. rombo spacca

timpani di tuono. acceso fuoco che produce. onda dal fragore verde.

dove cadere per elastico abbandono. dal più alto picco del dolore.

sottomettendo al dominio del pensiero. l’istinto di sopravvivenza

primitivo.

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Mi disturbano le luminarie

tutta l'iconografia del natale

le stelle gli alberi i puntali

i pastori che non stanno in piedi

la grotta sempre povera e muschiata

gli angeli del gloria caduti sulla strada

mi disturba la madonna inginocchiata

giuseppe col bastone

la culla sempre vuota

l'asino il bue

tutti gli altri animali

oche agnelli

ventidue galline che non sanno volare

le pecore in particolare.

Del natale soprattutto

mi disturbano quelli che lo negano

gli altri che lo cantano

l’abdicazione della speranza

non avendo ricordi a cui votarsi

auguri infiniti bei regali.

Mi disturba anche a natale

la percezione inenarrabile del vuoto

ed è già cosa buona

di miracolo semplice

che non sia del male.

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A misura che cresce la deriva. cresce per questo stato esposto. la

tenda che ti scherma. gli occhi penetranti. i ventuno lineamenti. le

ossa di gomiti e ginocchia. le vene che disegnano le strade. tra il

petto nudo e l'incavo del braccio. il cicaleccio vacuo della rete. che

copre il ventre franco. l'autentica natura.

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Le parole camminano. sapete. sono come erranti bestie. gobbe di

cammello sulla sabbia. basti dalla soma alta. sono gambe in moto

roteante. a seguire traccia. il fiuto che le guida. la forma che le

impasta. venti treni da trasporto. bastimenti carichi di nomi. e voli

magnifici d'aerei per quelle belle. circonfuse di luce cristallina. lente

ma profonde. che hanno mete nell’azzurro. strepitosamente alte.

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E’ una botola che si spalanca. pregate per me nell'ora. quando

sanguino e non conto. quando è la testa che si muove. a tentacoli

nel mucchio. aprendo inferni. canne che fanno fuoco. diciannove

bocche da sparare.

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Bisogna aver pazienza. a lievitare il pane. non basta la migliore

acqua. la farina scelta. il grano modicano. non bastano gli enzimi. il

sale. poco olio. il freddo inverno di diciotto gradi. non bastano i

saluti. i segni. le coperte. il fumo delle frasche che bruciano nel

forno. l'impasto lavorato in forme. a sciogliere catene. il calore di un

camino.

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Oggi lo stato è piatto. diciassette opere dipinte. mediocri e tutte

stanche. è un luogo grigio confuso dove. tutto si fa ottuso. quasi un

malessere che uccide. c'è un figlio che canta. il filo della vita.

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Improvvisamente ben sedici parole.

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Non ho parole. nemmeno quindici per dire. il ghiaccio

dell'indifferenza.

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A questo punto

quattordicesimo ritengo

sono anch'io preda indifesa

del male autoreferenziale.

Scrivo infatti

e solo mie poesie

e il mio io

mentre le scrivo

le legge di nascosto alle mie spalle

mie le foto

battiti di luce

tra le ciglia dei miei occhi

miei i pensieri

abbandonati nella testa mia

cavo ovale d’ossa che pure mi appartiene.

Tutto sento mio

come seconda pelle

sinapsi delle stelle

collisione di neuroni

per questo a volte temo

d'essere affetta da un’altra malattia

la smania di possesso.

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E’ uno scivolamento costante. lo smottamento del tempo. che frana a

pioggia sui nostri occhi. tredici secondi che illuminano. sassi. ortiche.

bocche. è uno scenario disumano. grigio cupo e rocce. lampi di

straordinario. solo a tratti.

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Io lo so com'è ch'è il vento. come a un certo momento. con le foglie

si solleva e corre. come filtra dal di dentro. e soffia oltre le porte. io

lo so come fuoriesce. da molte bocche storte. come alimenta un

fuoco. di benzina e nulla. come sibila piangendo. o ride dei suoi colpi.

piantando chiodi. dodici e lunghi per infliggere tormento.

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E’ così che siamo fatti grandi. di pietra. su cui poggiare i nostri credo.

le statue d’intaglio. il bronzo colato. il gesso dei nostri piedistalli. di

marmo la forma. i sensi smarriti. la progressiva perdita del sacro. è

così che tracciamo undici rotte all'infinito. e navighiamo distanti

senza toccarci. guardando in lontananza. la consapevolezza dei nostri

disincanti.

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E’ un destino scelto. la solitudine del dieci. dove gli altri non

c'entrano. non per scelta. né per il destino. e nemmeno per la

solitudine. che anzi è spazio così profondo. dove tutti trovano posto.

nel tempo loro. dentro.

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Si scrive sempre l'effimero del mondo. gli ultimi pezzi. il titolo deciso.

le molte pagine di versi. dal nove è un parto sotterraneo. pasto di

viscere e memoria. nascerà intero il mostro. non per la luce e

nemmeno per la gloria.

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Non lo credevano possibile. che crescesse come gli altri. che si

facesse grande. che le curve gonfiassero la carne. otto espressioni di

meraviglia. e tanti complimenti. per quanto inutili ogni volta. a dare

forma al corpo. a fermare la sua rivincita potente.

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Di una magrezza estrema. i sette anni. credevano d’avere per

missione. di far ridere tutti. come un buffone.

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Poi si fece un varco. un altro navigare. dove mancavano alleati e

pure il mare. passava veloce il tempo. ripassando parti. da ragazza

timida e scontrosa. sei gradini per l’accesso. all’atrio sottomesso della

scuola.

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L'ovale del viso incorniciava. l'attaccatura dei capelli. lei tutti da un

lato. lisci e neri. io ricci e quasi biondi. tirati in alto indietro. verso la

sommità del capo. in una coda. a scoprire bassa la fronte. da

bambina. nella foto della quinta elementare.

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Un fiocco in testa. l’altro. in disordine sul petto. quattro dita

penzolanti e corte. un fiocco modesto. discinto e senza corpo. che a

nulla valeva inamidarlo. appuntarvi le medaglie i premi vinti ottimi

voti. ugualmente non reggeva il confronto. con quello degli altri.

sempre perfetto per forma e per colore.

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Si direbbe il numero perfetto. se non fosse uno stato. rinnegato per

tre volte.

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Nacque e fu un errore. di sesso femminile. avrebbe dovuto avere un

genere diverso. l’altro dei due possibilmente. sempre che poi. non ne

esista un terzo. né carne né pesce. degli idonei ad essere.

personaggi per sempre. alla ricerca di se stessi.

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Dicono che accade. che prossimi alla foce si ritorna all’uno. al

grembo della madre.

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Per dire il fiato

non basta un solo stato

e poche righe in rete

non bastano alla bocca

povera di dita

i tasti freddi

inverni inesauribili

milioni di rinate primavere

per dire tutto il fondo sincero

l’aprirsi dell’anima il respiro

che soffia dai polmoni possente

acceso

insostenibile all’umano peso

e gonfia guance occhi e trombe

la grazia del creato

l’acqua rigogliosa di cascata

il fragore bianco alla discesa

gli zoccoli i ruggiti

i versi di tutti gli animali

le piante aperte in gemme

i frutti e meravigliosi fiori

i loro semi nei soffioni

il volo magnifico di stormi

a disegnare onde in cielo

fluttuanti come un velo

il grano al vento come seta

il senso infinito di ringraziamento

l’appartenenza al mondo della vita

degli esseri esistenti e benedetti

nel segno universale

grandioso naturale

della Madre nostra

scintilla planetaria

miracolosamente ancora

terra viva.

Siracusa 28 febbraio 2011

FINE