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ANDREA DI MAIO
L’«INFORMATICA LINGUISTICA»
DI PADRE ROBERTO BUSA
COME METODO INVESTIGATIVO
E COME APPROCCIO AL MEDIOEVO
[“Medioevo” 1989 (15), p. 325-362]
“Informatica” significa elaborazione automatica di informazioni. Il
computer è lo strumento elettronico di questa elaborazione. Le informa-
zioni in generale sono l’oggetto dell’informatica: possono essere infor-
mazioni numeriche, grafiche, verbali. Esse vengono memorizzate una per
una nel computer e sono poi selezionate, ordinate, e trasformate secondo
un determinato programma. Il computer non aggiunge niente ai dati
immagazzinati, non li verifica e non li interpreta: si limita ad elaborarli.
Una classe molto importante di informazioni è quella del discorso parlato
o scritto. L’elaborazione automatica delle parole di un testo scritto (per
esempio un’opera filosofica) costituisce l’informatica testuale. Quando
tale elaborazione si limita a reperire documenti (per esempio, nella
gestione di un indirizzario o di un archivio bibliografico o di un indice di
nomi o di “parole chiave”) si chiama informatica documentaristica;
quando invece è rivolta all’analisi linguistica del testo allora si chiama
informatica linguistica 1.
Il primo ad intraprendere la strada dell’informatica linguistica è
stato padre Roberto Busa, gesuita 2. Egli, lavorando alla sua tesi sul
1 Cf Trente ans d’analyse informatique [2.8],141. Si noti che mentre in questo testo
informatica documentaristica e informatica linguistica indicano due diversi modi di fare
informatica testuale (e qui noi ci atteniamo a tale uso), in altri scritti posteriori del Busa (per
esempio nel dattiloscritto inedito del 1982 Trente ans d’informatique textuelle: où en est-on?
et après?) esse indicano piuttosto due aspetti non alternativi ma complementari
dell’informatica testuale, ossia (rispettivamente) quello che si occupa della realizzazione di
concordanze (che raccoglie cioè tutti i documenti o contesti di ogni parola del testo) e quello
che si occupa della realizzazione di Indici lessicali e statistici (che mira cioè alla definizione
statistica, morfologica e lessicale di ogni parola del testo).
2 Tutti gli scritti di Busa citati in questo articolo sono menzionati in nota con le
prime parole del titolo e il numero d’ordine che li contraddistingue nella nota bibliogra-
fica riportata in appendice. Si tengano poi a mente col loro significato le seguenti sigle,
ricorrenti negli scritti del Busa: ST (San Tommaso), IT (Index Thomisticus), LT (Lexicon
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concetto di presenza in San Tommaso (che discusse alla Gregoriana nel
1946), si accorse che “praesentia” non è parola portante in San Tommaso
e che, per ricostruire la dottrina tomistica della presenza, bisognava
esaminare l’uso che Tommaso faceva della preposizione “in”. Da ciò
emergeva: 1) che era necessario lo studio sistematico dell’uso delle
parole per interpretare correttamente un autore; 2) che accanto alla filo-
sofia professata esplicitamente dall’autore bisognava studiare anche e
soprattutto la filosofia esercitata da lui e implicita nelle strutture del suo
linguaggio e nelle caratteristiche del suo lessico; 3) che per permettere
studi di questo genere bisognava fare una concordanza esaustiva delle
parole contenute nell’opera di un autore. Nel 1949, durante un viaggio in
America, il padre Busa conobbe l’IBM e l’uso delle schede perforate:
con esse cominciò a realizzare uno schedario manovrabile a macchina
delle parole contenute nelle opere di San Tommaso. Poi vennero gli
elaboratori elettronici e così nacque il monumentale Index Thomisticus, il
prototipo di tutti gli Indici computerizzati, che continua ancora a rima-
nere insuperato per le dimensioni (cinquantasei grossi volumi, l’ultimo
dei quali pubblicato nel 1980), per la mole di testi elaborati (circa dieci
milioni di parole) e per il rigore metodologico 3. Possiamo ben dire che
con la sua intuizione iniziale e con la conseguente realizzazione
dell’Index Thomisticus il Busa ha operato una vera e propria rivoluzione
nella storia della filologia e della storiografia filosofica, soprattutto
medievistica, che ne è stata maggiormente toccata 4.
Sulla scia dell’Index Thomisticus, infatti, esistono ora indici e concor-
danze elettroniche della Vulgata e del Nuovo Testamento greco e della
Bibbia Poliglotta. In campo patristico e scolastico, poi, dobbiamo al
CETEDOC di Lovanio gli indici e le concordanze elettroniche dei concili
ecumenici medievali, di parte degli opuscoli bonaventuriani (il Thesaurus
Bonaventurianus), di Agostino (il Thesaurus Augustinianus) e, in generale,
dei testi latini del Corpus Christianorum (gli Instrumenta Lexicologica
Thomisticum), LEL (Lexicon Electronicum Latinum), TLL (Totius Latinitatis Lemmata),
CAEL (Associazione per la Computerizzazione delle analisi Ermeneutiche e Lessicologi-
che).
3 Cf Il mistero del linguaggio [2.6], 58-59.
4 L’attività informatico-linguistica del Busa è stata gigantesca: oltre a realizzare l’Index
Thomisticus ha tenuto stabilmente corsi e seminari a Gallarate (presso la facoltà filosofica
Aloisianum), a Roma (presso la Pontificia Università Gregoriana) e a Milano (presso
l’Università Cattolica del Sacro Cuore), ha fondato e tuttora dirige il CAEL (Associazione per
la Computerizzazione delle Analisi Ermeneutiche e Lessicologiche) ed ha pubblicato più di
duecento contributi scientifici di vario genere (cf la nota bibliografica finale).
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 3
allegati ai singoli volumi della serie). Iniziative simili si moltiplicano in ogni
campo di giorno in giorno. Ormai, per motivi pratici ed economici, gli indici
e le concordanze elettroniche raramente vengono stampate, ma sono offerte
alla consultazione degli studiosi o mediante l’accesso diretto a banche dati o
mediante microfiches o dischetti magnetici o CD-ROM (compact disk
utilizzato come unità di memoria per il computer). Nel 1990 il Busa ha
presentato San Tommaso in CD-ROM: tutte le opere di Tommaso (più
quelle di altri autori medievali contenute nell’Index) in un solo compact
disk, insieme al software (necessario a consultare i testi e a ricercare tutte le
occorrenze di una parola data) e all’ipertesto (ossia alle informazioni mor-
fologico-lessicali che l’Index aggiunge ad ogni parola del testo); il tutto sarà
estremamente accessibile sia per i prezzi, sia per la facilità d’impiego.
Tuttavia la rivoluzione operata dal Busa non si riduce all’applicazione
del computer allo studio dei testi, di cui l’attuale proliferazione di Indici
computerizzati è frutto, ma consiste soprattutto nell’accostarsi al mondo dei
testi in un modo nuovo, da cui scaturisce tanto un nuovo metodo di investi-
gazione filologica e filosofica quanto un nuovo tipo di approccio al pensiero
medievale in genere e tomistico in specie. E’ in questo senso più specifico
che d’ora in poi parleremo di informatica linguistica (o anche analisi
linguistica come a volte il Busa la chiama), intendendo cioè simpliciter il
Metodo del Busa, in tutti i suoi molteplici aspetti. Il Busa stesso adopera
molti nomi per indicarlo in toto o secondo qualcuna delle sue parti:
informatica linguistica, informatica testuale, analisi linguistica, analisi
testuale, e soprattutto lessicologia e lessicografia.
A questo punto è opportuno aprire una parentesi lessicografica
(ironia del linguaggio!) per chiarire proprio il significato di ‘lessicogra-
fia’, ‘lessicologia’ e ‘lessico’. Negli scritti del Busa (come si avrà modo
di constatare) ‘lessico’ oscilla fra due possibili significati: il vocabolario
(ossia l’insieme dei vocaboli tanto di una lingua, sia viva e in continua
crescita sia “morta” e perfettamente definita qual è quella di un autore)
oppure il dizionario, compilato da lessicografi, che definisce i significati
di tutti i vocaboli di una lingua. D’ora in avanti chiamerò lessico il primo
e Lessico (con la maiuscola) il secondo. In base a questa distinzione,
‘lessicologia’ è la scienza del lessico (che d’ora in poi chiamerò lessico-
logia generale), mentre invece ‘lessicografia’ è l’operazione di
“scrivere” un Lessico, ossia di definire semanticamente il lessico. A
volte, però, il Busa intende per ‘lessicografia’ non tanto l’operazione di
scrivere un Lessico, quanto piuttosto il metodo necessario a questa ope-
razione (ma io parlerò sempre di metodo lessicografico); il più delle
volte intende invece la scienza stessa dei significati delle parole che si
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ricava dall’operazione di scrivere un Lessico (che si potrebbe meglio de-
finire lessicologia semantica) e in questo senso, la lessicografia è una
delle parti della lessicologia generale (quella che studia le parole in
quanto portatrici di significato); l’altra parte (che si potrebbe definire
lessicologia morfologica) dovrebbe dunque essere quella che studia le
parole in quanto significanti, descrivendole e organizzandole morfologi-
camente e statisticamente: il Busa la chiama quasi sempre col nome di
“lessicologia”, probabilmente perché è ciò che resta della lessicologia
generale una volta considerata la lessicografia come una disciplina di
fatto a sé stante. Per finire, quando “lessicografia” non è adoperata dal
Busa in contrapposizione (nemmeno implicita) con “lessicologia”, allora
può indicare genericamente l’ermeneutica testuale 5.
Volendo fare, anche alla luce di queste delucidazioni, un bilancio
degli effetti della rivoluzione informatica sugli studi filologici e
storico-filosofici, ci troviamo di fronte a una situazione paradossale.
Sebbene le concordanze elettroniche siano entrate a far parte del patri-
monio culturale del filologo e dello storico della filosofia e facciano
bella mostra di sé in quasi tutte le biblioteche, tuttavia ben pochi le sanno
adoperare nel pieno delle loro potenzialità (i più li consultano solo per
finalità documentaristiche, ossia per ritrovare citazioni e per raccogliere
testi contenenti una parola chiave, quasi nessuno per fare lessicografia).
L’informatica linguistica, insomma, rimane ancora una disciplina
occulta, per iniziati, di cui si accetta magari l’esistenza, ma non si capi-
scono bene il ruolo epistemologico e l’utilità concreta. A queste più
generali si aggiungano, per l’informatica linguistica del Busa, tre parti-
colari difficoltà: le sue teorie metodologiche si trovano in parte affidate
solo alla memoria di chi ha partecipato ai suoi corsi e ai suoi seminari e
in parte sparpagliate in un centinaio di pubblicazioni (perlopiù brevi
articoli), tutte o quasi ostiche alla lettura, e nessuna pienamente esau-
stiva; inoltre, la terminologia che il Busa adopera non è ancora entrata
nell’uso comune ed è spesso adoperata (come abbiamo visto) in molti
sensi; infine, il Metodo del Busa è poliedrico (spazia, come vedremo,
dall’informatica alla linguistica alla filologia alla filosofia e perfino alla
teologia, ed è ripensato speculativamente mediante il particolare tomi-
5 Cf Il Mistero del Linguaggio [2.6], 60-61. In De vocum frequentiis [2.7], 21, si trova
una brillante definizione (di Berni Canani, ma rispondente al pensiero del Busa) della distin-
zione fra lessicologia e lessicologia: il lessicologo studia la lingua di un autore come se fosse
una lingua a lui ignota (e che pertanto descrive morfologicamente e statisticamente), il lessi-
cografo invece la studia come lingua a lui nota (e che pertanto analizza e interpreta seman-
ticamente).
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 5
smo che lo anima), e pertanto non è pienamente comprensibile se colto
soltanto in uno dei suoi aspetti, isolatamente dagli altri.
In tale contesto, questo articolo ha lo scopo di fornire un’idea
sommaria, ma il più possibile globale, dell’informatica linguistica del
Busa, e di permettere a chi volesse approfondirne i particolari aspetti
d’orientarsi nella sua specifica terminologia e nel mare magnum delle
sue pubblicazioni (le più significative delle quali sono sistematicamente
elencate nella nota bibliografica finale 6); in particolare, poi, intende dare
allo studioso del pensiero medievale qualche indicazione su come con-
cretamente applicare il Metodo ad una ricerca in campo medievistico: e
ciò in base alla conoscenza diretta del Metodo che ho acquisito sia alla
scuola del padre Busa sia poi in sei anni di personali ricerche lessicogra-
fiche sul concetto tomistico di Comunicazione e quello bonaventuriano
di Natura, alle quali rimando 7.
Ho cercato il più possibile di riportare le parole stesse del Busa per
illustrare le sue teorie. Nell’ordine della trattazione, però, e nell’eviden-
ziare i tratti tipici del tomismo del Busa, e a volte anche nella terminolo-
6 Gli scritti del Busa possono essere suddivisi in quattro categorie principali (che riflet-
tono quattro interessi scientifici fondamentali): gli “strumenti” computerizzati (ossia indici e
concordanze realizzati elettronicamente, fra cui troneggia il monumentale Index Thomisticus),
i contributi metodologici, quelli teoretici (non bisogna dimenticare che il Busa ha insegnato
per anni a Gallarate Teologia filosofica) e quelli tomistici. Ad una lettura attenta si costata che
l’interesse prevalente del Busa è metodologico: la realizzazione di strumenti computerizzati,
gli studi tomistici e quelli teoretici non sono altro che applicazioni diverse della sua
metodologia. 7 L’indagine sul concetto bonaventuriano di Natura è quella più estesa e organica ed
è divisa in tre parti (la prima di analisi lessicologica e lessicografica, la seconda di analisi
testuale e dottrinale, la terza di sintesi storiografica e teoretica): Andrea DI MAIO, Il
vocabolario bonaventuriano per la Natura, in « Miscellanea Francescana » 1988, 301-
356; La dottrina bonaventuriana sulla Natura, ibid. 1989, 335-392; La concezione bona-
venturiana della Natura quale potenziale oggetto di comunicazione, ibid., 1990, 61-116.
I risultati principali dell’indagine sul concetto tomistico di Comunicazione (alla quale sto
tuttora lavorando) sono stati sinteticamente esposti in un mio contributo al XXXIV
Convegno per Ricercatori in materie filosofiche del Centro di Studi Filosofici di Galla-
rate (Padova 1989): Andrea DI MAIO, Il concetto di comunicazione in Tommaso
d’Aquino (in attesa di essere pubblicato negli Atti). Altri esempi di applicazione del
Metodo del Busa sono (a parte ovviamente gli scritti tomistici del Busa stesso, indicati
sotto il terzo punto della nota bibliografica finale) quelli elencati in Das Problem der
thomistischen Hermeneutik [2.11], 364 (si tratta delle ricerche tomistiche di F. FOLLO, R.
QUINTO, E. PORTALUPI, T. STERBI, A. DI MAIO, realizzate col metodo lessicografico entro
il 1985).
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gia tecnica, ho preferito (avvertendone sempre il lettore se necessario 8)
modificare o completare o reinterpretare il Busa, per far maggiormente
risaltare il carattere sistematico e coerente del suo Metodo.
* 1.1 L’INFORMATICA LINGUISTICA COME METODO INVESTIGATIVO
In una delle sue rarissime pagine di autobiografia scientifica, il
Busa traccia le linee essenziali della sua intuizione:
«Nello studio dei comportamenti macroscopici dell’uomo, ovviamente
il linguaggio ha sempre avuto una posizione prevalente e principale, pur non
unica. Lo studio del linguaggio e parlare umano fu sino ad oggi altrettanto
ovviamente macroscopico e per forza di cose basato solo su campionature
intelligenti. Toccò a me, oggi si direbbe il carisma, di capire che la compute-
rizzazione rende possibile applicare all’indagine linguistica metodologie di
ricerca del tipo — ma non interamente — di quelle fisico-matematiche. Il
computer permette infatti di combinare rilevamenti micrologici di innumere-
voli singole particelle elementari del discorso, con i valori documentativi dei
loro censimenti integrali: e ciò da enormi quantità e masse di testi, scritti o
parlati. Chiamo tale approccio “analisi linguistica”, pur sapendo che tale
espressione ha altri valori in altre sedi. Esso è certamente micrologico-infor-
matico e fisico-matematico sul versante dei segni significanti; ma è
riflessivo e interiore, e quindi “umanistico”, sul versante della valutazione
semantica delle parole, nell’insieme e nel dettaglio. Le parole infatti
risultano non essere affatto omogenee come i numeri, bensì fortemente
eterogenee» 9.
L’informatica linguistica nasce dunque dall’incontro tra la lingui-
stica (e in particolare l’ermeneutica dei testi) e l’informatica (con la sua
logica prima ancora che col computer, che ne è solo lo strumento):
incontro che è richiesto dalla necessità di superare le aporie della lingui-
stica e dalla possibilità di farlo offerta dall’informatica, e che a sua volta
richiede una ridefinizione (compatibile con l’informatica) della lingui-
stica e delle sue principali categorie; incontro che è fondato sulla logica
comune ad informatica e linguistica e che fonda a sua volta il Metodo,
quale approccio generale al pensiero dell’“altro” celato nel testo. Di
conseguenza occorre trattare innanzitutto dei principi che rendono possi-
bile e necessaria l’informatica linguistica; poi degli elementi essenziali
8 Per esempio con espressioni del tipo « Possiamo definire ».
9 Intelligenza naturale e intelligenza artificiale [2.12], 277.
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 7
della linguistica ridefinita informaticamente; poi dei fondamenti ultimi
dell’informatica, della linguistica e dell’informatica linguistica; e infine
degli elementi essenziali del Metodo informatico-linguistico
1.1.1 Principi dell’informatica linguistica
Come dicevamo, l’informatica linguistica nasce (da un punto di
vista teorico) ed è nata (da un punto di vista storico) dalla necessità di
superare alcune aporie della linguistica 10 e in particolare
dell’ermeneutica testuale (come per esempio quelle incontrate dal Busa
per studiare la dottrina tomistica della presenza). Tali aporie nascono
dalla natura stessa del linguaggio umano, nel suo duplice aspetto di atti-
vità espressiva ed interpretativa.
In quanto espressivo, il linguaggio è un’attività complessissima,
creatrice e organizzatrice, che il Busa descrive così:
«A te che non sei me dico qualcosa di me con qualcosa che non è né me
né te né quello che voglio dire» 11.
«È a questo tipo di attività che diamo il nome di attività spirituale: è
l’“anima” che parla: vento di idee ed emozioni interiori che “spara” parole
sistemate in discorsi, mostrandosi, col fatto, consapevole di manipolare la
materia “bruta” per esprimere la propria idea» 12.
La complessità espressiva del linguaggio consiste appunto nel fatto
che discorsi e parole sono qualcosa di materiale, ma la loro strutturazione
da parte di chi parla (ogni parola è un sistema) li rende veicoli di un
significato spirituale. Ma se questo procedimento è già complesso, molto
più lo è quello di decodificare i discorsi e le parole degli altri: si tratta di
“astrarre” da parole e discorsi il sistema che li organizza e risalire da
questo all’intenzione dell’interlocutore. In questa operazione è sempre
presente il rischio dell’equivoco, ma la possibilità di interagire con
l’interlocutore (di porgli domande e di riceverne chiarimenti e corre-
zioni) ci consente una comunicazione non certo immediata (in quanto
necessita della mediazione dalle parole), ma pur sempre diretta:
insomma, una comunicazione per presenza.
10 Cf Clavis [2.5]; Fondamenti di informatica linguistica [2.10], 27-42.
11 Si tratta di un’espressione ricorrente nelle lezioni e nelle conferenze del Busa.
12 Lezioni e documentazioni [5], 78/54.
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Ma quando dal linguaggio parlato passiamo al linguaggio scritto e
dunque dal dialogo interattivo alla lettura di un testo, i problemi aumen-
tano considerevolmente. La comunicazione che si svolge fra il lettore di
un testo e l’autore non è infatti una comunicazione diretta e per
presenza, dal momento che si svolge appunto in assenza dell’autore.
Interpretare un testo è appunto ricostruire in qualche modo la presenza
dell’autore assente. E quanto più il testo è lontano da noi (nel tempo,
nella lingua e nella cultura), tanto più n’è difficoltosa l’interpretazione:
infatti i rischi di equivoco aumentano e le possibilità di correzione (per-
lomeno indiretta) e chiarimento da parte dell’autore diminuiscono.
È in base a questi presupposti che il Busa traccia il suo triangolo
lessicografico (analogo al triangolo linguistico di Ogden e Richard), che
esprime il problema dell’ermeneutica testuale:
«Voilà les trois angles: 1) sur la base des signes verbaux communs (je
connais la langue de l’auteur), 2) avec ce qu’ils signifient dans ma tête, 3) je
dois saisir ce qu’ils signifiaient dans la tête absente de l’auteur» 13.
Concetto/Pensiero dell’autore Concetto/Pensiero del lettore
Parola/Testo
In altre parole, l’angolo al vertice del triangolo lessicografico è la
singola parola (e in generale l’intero corpus testuale di un autore); i due
angoli alla base rappresentano invece il significato che tale parola ha per
l’autore e per il lettore (e in generale il pensiero dell’autore e quello del
lettore). Fra lettore e autore non c’è altro canale di comunicazione che il
testo stesso. Per questo è necessario studiare sistematicamente le parole
del testo, ricostruendone il significato mediante l’analisi sistematica
13 Trente ans d’analyse informatique [2.8], al punto 1.4.
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 9
dell’uso che ne fa l’autore: e poiché i rischi di equivoco sono tanti, non
possiamo accontentarci di rilevamenti a campionatura, ma occorre
un’induzione completa condotta su tutto il corpus testuale (purché suffi-
cientemente esteso) dell’autore.
E dal momento che sebbene i filosofi ci interessino principalmente
in quanto pensatori, tuttavia ci sono normalmente accessibili solo in
quanto autori, anche la storia della filosofia deve adoperare un approccio
linguistico ai testi, tanto più che si pensa parlando e che perciò ogni
pensatore esprime il suo pensiero non solo esponendolo ex professo o
esplicitamente, ma anche exercite o implicitamente, nell’uso che egli fa
del linguaggio. Per esempio, Tommaso non ha mai esposto sistematica-
mente una teoria generale della comunicazione, e tuttavia tale teoria si
trova implicita nell’uso che egli fa del verbo “communico” e nella
geografia semantica in cui Tommaso lo ha inscritto.
In conclusione, la linguistica in genere e l’ermeneutica testuale in
specie debbono operare (con la mediazione delle parole e dei testi) il
“passaggio” al pensiero dell’“altro”. Questo passaggio è “interrotto”
dall’assenza dell’autore e dunque è aporetico. In questa situazione nasce
l’esigenza di uno studio sistematico delle parole. In effetti c’è
un’eccessiva sproporzione fra il nostro uso delle parole e lo studio che ne
facciamo: lo studio è troppo poco. Il linguista può cercare
nell’informatica 14 l’aiuto necessario per uno studio sistematico delle
parole, senza avere prevenzioni, ma senza neanche farsi illusioni 15.
Il “credo” informatico del Busa può essere così sintetizzato: 1) il
computer è uno strumento, come la matita, la penna, la macchina per
scrivere, soltanto più complesso (la differenza fra un lavoro realizzato
col computer e un lavoro realizzato con metodi tradizionali è quella che
c’è fra viaggiare a piedi o in auto e viaggiare in aereo); 2) il computer è
espressione dell’uomo, in maniera analoga ad una poesia (chi scrive una
poesia la fa essere; chi programma un computer lo fa fare), e dunque non
va visto come un avversario o concorrente dell’uomo; 3) il computer è la
continuazione off-line del corpo umano, ossia della macchina viva che
adoperiamo on-line e il cui software (la forma o forza vitale) è misterioso
(in altre parole il computer è lo strumento che permette al pensiero di
14 Per tutta questa sezione si vedano Informática e Linguística [2.9]; Fondamenti di
informatica linguistica [2.10], 43-59; Intelligenza naturale e intelligenza artificiale [2.12].
15 Il Busa ha sempre avuto un rapporto realistico e disincantato con il computer (da lui
scherzosamente chiamato l’idiota ad altissima velocità): per lui il computer si limita ad
“amplificare” ciò che l’uomo gli mette dentro, in bene e in male.
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allargare il suo campo a numeri relativi a spazi e a tempi); 4) il computer
va valutato non solo per ciò che può fare ma per come viene utilizzato
(può infatti venir bene utilizzato per finalità cattive o male utilizzato per
finalità buone); 5) la logica del computer è quella cartesiana del “tanto
mi dà tanto”, che non va affatto sottovalutata, dal momento che ci
obbliga alla fatica estremamente utile di sminuzzare un procedimento
logico complesso nelle sue operazioni elementari; 6) proprio per la sua
logica, il computer è applicabile ad ogni tipo di lavoro (ma perciò ogni
applicazione informatica richiede la collaborazione di tecnici informatici
— i programmatori — e di utenti — nel nostro caso, filologi e linguisti);
7) è teoricamente possibile perfezionare le cosiddette funzioni di intelli-
genza artificiale del computer a tal punto da arrivare a formalizzare il
significato globale di un testo o a svolgere funzioni linguistiche analoghe
(e tuttavia anche in tal caso sarebbe assurdo parlare di macchine
pensanti: il “pensiero” che opererebbe in tali macchine non sarebbe
infatti altro che il prolungamento del pensiero dell’uomo che le avesse
progettate e programmate) 16.
Dal confronto della “domanda” e dell’“offerta” di metodo (rappre-
sentate rispettivamente dalle aporie linguistiche e dalle risorse informati-
che), nasce il nuovo approccio ermeneutico a cui il Busa ha dato il nome
di informatica linguistica. In effetti,
«il est bien nécessaire d’employer toutes les ressources de l’intellect agent
pour éviter d’introduire dans les matériaux ses idées préconçues, pour être
toujours soumis aux données de fait, être une pure transparence, une simple
transmission du texte lui-même» 17.
E l’ultima risorsa finora escogitata dall’intelletto umano per un
trattamento rigoroso e sistematico delle informazioni è appunto il
computer.
L’applicazione del computer allo studio di un testo migliora perciò
la filologia, consentendole o, meglio, imponendole di fare un salto qua-
litativo: l’elaborazione informatica di un testo gode infatti di velocità (il
computer rende possibile nella pratica ciò che senza il computer sarebbe
possibile solo teoricamente), esaustività (si procede non più per campio-
nature o per intuizioni “rapsodiche”, ma con l’esplorazione sistematica di
tutte le parole del testo), verificabilità (l’adozione di metodi induttivi e
statistici per l’analisi testuale sottopone le interpretazioni a una costante
16 Cf Informática e Linguística [2.9], 315-319.
17 L’automation appliquée à l’analyse linguistique [2.1], 622.
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 11
verifica), oggettività (leggere un testo con la mediazione del computer ci
impone di spogliarci di tutte le nostre precomprensioni linguistiche e
culturali e di esplicitare tutto il non-detto che il contesto aggiunge ad
ogni parola del testo), atomicità (l’adozione della logica cartesiana
dell’informatica ci obbliga a sminuzzare i grandi procedimenti logici e
linguistici in operazioni micro-logiche elementari) 18. Beninteso, l’inter-
pretazione dei testi sarà sempre opera di intuizione, e tuttavia avremo la
possibilità di falsificare (in senso popperiano) e anzi, di verificare
(poiché un corpus testuale è un universo chiuso e definito) le nostre
ipotesi interpretative.
1.1.2 Elementi di linguistica e informatica 19
L’applicazione del computer allo studio dei testi richiede una nuova
impostazione della filologia e della linguistica, dal momento che il vino
nuovo non deve essere messo negli otri vecchi 20. Come ama ripetere il
Busa, il computer fa esplodere le tradizionali categorie linguistiche e ci
obbliga a ridisegnarle. Infatti ci impone di intendere parola nel suo va-
lore informatico di una sequenza di grafemi separati dagli altri (nelle
nostre lingue) da spazi o segni di punteggiatura. E tuttavia ogni parola ha
due facce: non solo il significante (grazie al quale essa può essere infor-
matizzata), ma anche il significato. Il testo è un insieme di parole fissato
definitivamente dall’autore, e anch’esso dunque ha due facce: l’insieme
globale dei significanti e quello dei significati. Il testo è un sistema di
parole, ma anche la singola parola è un sistema («correvano» è una serie
strutturata di morfemi che mi trasmettono una serie strutturata di signifi-
18 Cf Informática e Linguística [2.9], 312-313.
19 In tutto questo paragrafo riassumo la linguistica informatica del Busa contenuta in
Trente ans d’analyse informatique [2.8]; Informática e Linguística [2.9]; Fondamenti di
informatica linguistica [2.10], 27-42. Espongo però i concetti in un ordine leggermente
diverso da quello del Busa, il quale preferisce enumerare sei parametri del linguaggio (tre più
dipendenti dalla natura delle cose: tassonomia, sinonimia e metafora; e tre più dipendenti
dalla natura del pensiero: vicarianza, sintassi e discorso, composto di stile e messaggio). Per
quanto riguarda le fonti a cui il Busa ha più o meno attinto si vedano le Lezioni e Documen-
tazioni [5]. In esse è documentato il rapporto del Busa con la linguistica moderna (in parti-
colare con De Saussure, Knudsen-Sommerfelt, Zgusta, Rivetti Barbò, Chomsky, Martinet,
Muller, Lyons), come pure con la tradizione lessicografica tomistica (Pietro da Bergamo,
Schütz, Deferrari, Indices Leonini). Un ampia trattazione del sistema verbale generativo si
trova in Note lessicologiche e lessicografiche [5.4] (si veda in particolare la pagina 77/31).
20 Cf Informática e Linguística [2.9], 319-320.
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cati: il concetto di più soggetti, il concetto di azione nel passato; il
concetto di movimento veloce…). Ma esistono anche sistemi di sistemi.
Possiamo chiamare sistema morfologico il sistema dei significanti e
sistema semantico quello dei significati. Il sistema morfologico delle
singole parole è il loro sistema verbale generativo (quel sistema cioè che
ci permette di coniare nuove parole, ricavandole da altre, e di declinarle
o coniugarle); il sistema morfologico di un testo o, meglio, di un consi-
stente corpus testuale è lo stile. Possiamo chiamare il sistema semantico
delle singole parole sistema concettuale generativo (è quello che ordina
le parole, o meglio i loro concetti, verticalmente, come nell’albero di
Porfirio, e orizzontalmente, per opposizione o relazione mutua); il
sistema semantico di un intero testo è invece il suo messaggio (il
messaggio globale di un intero corpus testuale è dunque il pensiero
dell’autore).
La caratteristica della lettura umana è di leggere (per così dire), il
testo prima che le singole parole, ovvero il tutto prima delle parti: infatti
abbiamo una precomprensione del testo (se non altro per le nostre aspet-
tative su di esso) e sciogliamo le eventuali ambiguità d’interpretazione
della singola parola in base al contesto. Insomma, il testo (in quanto
sistema) contiene molte più informazioni che non la semplice somma
delle informazioni contenute nelle parole singolarmente prese. Fuori dal
contesto, una parola come «detti» è totalmente ambigua: è ambigua da
un punto di vista morfologico-lessicale (può essere passato remoto di
«dare» o participio passato di «dire» o seconda parte di una forma
composta sempre di «dire») e funzionale (nel caso fosse participio di
«dire» potrebbe avere la funzione di verbo, come nella frase «detti questi
discorsi partì», o quella di aggettivo, come nell’espressione «ordini detti
a voce», o quella di un sostantivo, come «i detti»); ma anche definendo
la sua morfologia, tale parola fuori del contesto resta ambigua da un
punto di vista semantico (ammesso che sia il participio sostantivato di
«dire», si colorirà di diverse sfumature semantiche a seconda delle parole
con cui si costruisce e di quelle a cui si oppone, come si vede nelle
espressioni «i detti del Signore», «Detti e fatti dei padri del deserto», «i
detti non scritti», «proverbi e detti popolari»).
Il nostro modo intuitivo e globale di leggere i testi è per noi
talmente connaturato e spontaneo da essere inconsapevole. Conseguenza
di ciò è che noi attribuiamo alla singola parola le informazioni che
invece ci vengono dal contesto: attribuiamo alla morfologia e alla
semantica ciò che invece è proprio della sintassi, ossia della mutua rela-
zione interverbale.
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 13
Il computer, che “legge” i testi in maniera analitica e sequenziale,
senza intuirne il senso, ci obbliga a riflettere sul procedimento del nostro
leggere e capire e ci svela la funzione centrale che per la ricostruzione
dei sistemi morfologico e sintattico ha il sistema sintattico, ossia
l’ordine mutuo che le parole hanno nel testo. Questa è l’intuizione
centrale di tutta la linguistica informatica del Busa, ma anche, come
vedremo, del suo Metodo in generale. Il segno dello spirito (e dunque
della presenza del significato nel significante) è appunto l’organicità, o,
se vogliamo, la teleologicità: è qui il punto di incontro fra la linguistica e
l’informatica; è qui il punto di partenza per la ricostruzione induttiva del
significato delle parole, appunto definito (come vedremo) dalle loro
correlazioni grammaticali.
Insomma, è la sintassi a “vestire” di ulteriori significati e valenze
funzionali le singole parole, secondo l’assioma “della bambola Barbie”:
«Chaque mot exprime avec sa structure morphologique des couches de
sens qu’il garde toujours dans n’importe quel contexte. Mais, comme la
poupée Barbie, il possède à côté une garderobe de couches sémantiques addi-
tionelles qu’il change suivant le discours» 21.
Una delle conseguenze più evidenti di questo principio è il rifiuto
delle tradizionali categorie morfologico-lessicali: la linguistica tradizio-
nale riteneva di poter distinguere, in base alla sola morfologia, tra
sostantivi, aggettivi, verbi, avverbi, eccetera; ebbene, la linguistica
informatica sa di poter distinguere, in base alla sola morfologia, fra
parole a flessione nominale, parole a flessione verbale e parole non
soggette a flessione. La distinzione fra sostantivo, aggettivo e verbo è
infatti di natura non morfologica ma sintattica: «povero» è sostantivo in
frasi come «il povero chiede l’elemosina», ma è aggettivo in frasi come
«questo è un villaggio povero»; «fare» è un verbo, ma «il fare» è un
sostantivo…
In base a queste premesse, l’informatica linguistica ridefinisce il
sistema morfologico verbale e testuale. Come abbiamo già accennato, la
morfologia statistica del testo definisce il suo stile, la morfologia delle
parole rivela invece il sistema verbale generativo. Tale sistema plasma i
significanti strutturandoli (mediante la segmentazione morfematica) in
maniera tale da renderli “capaci” di veicolare un significato. Il sistema
verbale generativo produce in successione quattro entità linguistiche che
21 Trente ans d’informatique textuelle: où en est-on? et après? (Dattiloscritto inedito,
1982), 11. Cfr anche il paragrafo 3.5 di Trente ans d’analyse informatique [2.8].
ANDREA DI MAIO 14
noi scopriamo (nell’ordine inverso a quello in cui sono state prodotte)
ogni qual volta consultiamo un dizionario e quindi siamo costretti a
risalire dal discorso concreto e dai “fatti” linguistici particolari alle cate-
gorie linguistiche universali: l’occorrenza è la parola costruita nel
discorso concreto (per esempio «ordinis»); la forma è il tipo morfologico
a cui va ricondotta un’occorrenza insieme a tutte le altre ad essa isomorfe
(l’occorrenza «ordinis» va quindi ricondotta a «ordinis», che è la forma
del genitivo singolare); il lemma è l’unità lessicale di base 22 delle varie
forme che hanno lo stesso nucleo semantico (e quindi la forma «ordinis»
va ricondotta al lemma «ordo»); il tema è la famiglia lessicale di tutti i
lemmi derivati da una medesima radice 23 (il lemma « ordo » va ricon-
dotto al tema «-ord-»). Mentre ogni occorrenza è riconducibile a una sola
forma e ogni forma è riconducibile a un solo lemma, il lemma può essere
ricondotto a più temi e appartenere a più famiglie lessicali (il lemma
«praeordinatio» è apparentato tanto a «ordo», mediante il tema «-ord-»,
quanto al lemma «praeparatio», mediante il tema «prae-»). Il processo
generativo verbale si articola dunque in tre fasi: la formazione, a partire
dai temi, dei singoli lemmi (dal tema «-ord-» si formano i lemmi «ordo»,
«ordino», «coordino», «coordinatio», «extraordinarius» e così via); la
flessione dei lemmi secondo le loro forme (il lemma ordo si flette nelle
forme «ordo», «ordinis», «ordini» e così via); la costruzione delle
singole forme nel discorso concreto.
Le forme composte sono più parole che costituiscono una forma
unica (l’espressione «è stato fatto» non è l’insieme di tre forme, ma
un’unica forma composta); i sintagmi sono invece associazioni ricorrenti
di due o più parole, tali da assumere un significato peculiare che va al di
là della semplice “somma” dei significati delle stesse parole singolar-
mente prese, e che pertanto possono essere trattate come se formassero
un unico lemma composto (ad esempio possono essere considerate
sintagmi espressioni quali «filosofia morale», «come volevasi dimo-
strare», l’insieme di nome e cognome, di titoli di libri…). In molti casi
22 Il lemma si chiama così perché è designato tramite la sua prima forma, che fa da
“titolo” a tutte le altre (in latino, quella del nominativo singolare per le parole a flessione
nominale o quella della prima persona dell’indicativo presente per la parole a flessione
verbale).
23 Si tratta della radice lessicale, non sempre coincidente con quella etimologica:
«burocrazia» e «burattino» hanno la medesima radice etimologica, ma nessuno (anche
ammesso che lo sappia) quando parla li associa in una medesima famiglia linguistica. Vice-
versa «unione» e «comunione» nonostante le apparenze non hanno nessuna etimologia in
comune, eppure chi parla è portato a ricondurre la seconda alla prima.
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 15
può essere comodo esaminare i lemmi raggruppandone le forme omoge-
nee sotto una unità lessicale intermedia che potremmo chiamare
sublemma (per esempio, le forme plurali e singolari all’interno di una
lemma a flessione nominale o le forme attive e passive all’interno di un
lemma a flessione verbale transitiva). Esempi tipici nell’Index Thomisti-
cus di sublemmi delle parole a flessione aggettivale sono le forme del
comparativo e del superlativo del medesimo aggettivo e gli avverbi
corrispondenti, considerati come casi dell’aggettivo.
Il Busa insiste moltissimo sulla necessità di mantenere il più possi-
bile l’unità e la sistematicità del sistema verbale generativo, accorpando
il massimo numero di forme sotto il minimo numero di lemmi e legando
“a rete” (cosa che un dizionario tradizionale su carta non può fare) tutti i
lemmi appartenenti allo stesso tema. Infatti il sistema generativo verbale
crea i canali in cui si riversa per mille rivoli (assumendo connotazioni
semantiche e funzionali diverse) il significato sorgivo del tema, dal quale
dipendono non rigidamente i significati dei lemmi, dai quali dipendono,
stavolta abbastanza rigidamente, i significati delle singole forme (per
esempio, per definire il termine tecnico «communicabilitas» bisogne-
rebbe conoscere il significato di «communis», capostipite della famiglia,
il significato aggiunto dal suffisso «–ic–» del verbo del verbo «commu-
nico» e del suffisso «–bil–», esprimente l’idea di potenzialità passiva, e
infine occorrerebbe conoscere le sfumature connotate dal lemma «com-
municabilitas» stesso).
Leggendo un testo, operiamo inconsapevolmente la morfotematiz-
zazione, lemmatizzazione e tematizzazione d’ogni parola, ossia la sua
riconduzione a una forma, a un lemma e a uno o più temi. Tale opera-
zione (che generalmente va sotto il nome complessivo di lemmatizza-
zione) va invece fatta esplicitamente nel trattamento elettronico dei testi,
se si vuol fare realmente informatica linguistica e non semplicemente
documentaristica. La grande difficoltà che si incontra nella lemmatizza-
zione al computer di testi scritti è il problema dell’omografia (analogo al
problema dell’omofonia per la lemmatizzazione dei discorsi parlati): in
effetti esistono moltissime parole scritte uguali che però appartengono a
forme diverse all’interno dello stesso lemma (come «rosae» può essere
genitivo o dativo singolare oppure nominativo o vocativo plurale) ― ma
questo non genera solitamente grossi equivoci ― o addirittura apparten-
gono a lemmi diversi (come «detti» sopra citato): in tali casi c’è bisogno
di ricorrere alla “sintassi” del contesto per sciogliere le ambiguità.
Quanto abbiamo finora detto a proposito della morfologia delle
parole (il sistema verbale generativo) e dei testi (lo stile da ricostruire
ANDREA DI MAIO 16
con la rilevazione statistica delle ricorrenze delle singole parole e della
loro distribuzione nei testi) ci permette insomma di capire le condizioni
di possibilità dell’uso linguistico e della veicolazione del significato
delle parole e del messaggio di un autore: e così possiamo passare a
considerare il sistema semantico.
La semantica di un testo svela la struttura del suo messaggio distin-
guendone in contesti. Altro è infatti il significato di un’affermazione per
cui l’autore si impegna in prima persona, altro quello di un’affermazione
che l’autore fa citando o riportando o commentando o simulando il
discorso d’altri (che può condividere o meno). La posizione di una frase
nella struttura del testo è determinante per la sua interpretazione (non
potrò certo spacciare i «videtur quod non» della Summa Theologiae per
il pensiero di San Tommaso!).
Il messaggio dell’autore, poi, non è solo quello che egli esprime
esplicitamente (ex professo), ma anche e soprattutto quello che adopera
implicitamente (exercite) e magari inconsapevolmente nel suo linguag-
gio: per fare un esempio, Bonaventura possiede un articolatissimo
concetto di «natura» (con più di una decina di significati), ma quando si
mette a definire «natura» non va oltre quattro o cinque definizioni
(spesso molto riduttive) che allora erano comuni.
Il sistema semantico delle parole è il sistema concettuale
generativo: esso ordina le parole (e i loro concetti) verticalmente per
tassonimia in generi e specie, ossia in iperonimi e iponimi («animal»
comprende «homo»; «temperantia» è compresa in «virtus», ma
comprende «continentia»,…); orizzontalmente per sinonimia o semi-
sinonimia («casa», «domicilio», «alloggio»), per antonimia o semi-
antonimia («natura» versus «cultura» o «spirito» o «grazia»…), oppure
per quella che possiamo definire paronimia, ossia contiguità in un elenco
(come nella frase «allo zoo ci sono leoni, tigri, scimmie…»); l’analogia
e la metafora ordinano le parole «diagonalmente», per allusioni o
somiglianze. Ricostruire la geografia semantica delle parole chiave del
pensiero di un autore equivale pertanto a ricostruire il suo pensiero
implicito a riguardo.
In trattamento informatico dei testi fa infine emergere quello che
potremmo chiamare il sistema lessicale dell’autore, ovvero la distin-
zione delle sue parole (lemmi o sublemmi) in varie categorie secondo la
loro semanticità, referenzialità e funzionalità.
La semanticità è il rapporto fra il significante e il significato della
parola. Il trattamento informatico evidenzia più tipi (intrinsecamente
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 17
diversi) di semanticità delle parole: le cifre (numeri o simboli), la cui
referenzialità è minima ma omogenea ed invariata; i nomi propri (fra cui
le sigle), che si riferiscono a una realtà individuale, fornendone come
un’etichetta ma senza qualificarla; e infine le parole comuni, che sono
parole adoperabili veritieramente in più modi. La differenza sta nel fatto
che nelle cifre (trattate come simboli) il significante schiaccia, per così
dire, il significato; nei nomi propri il significante prevale sul significato;
nelle parole comuni, invece, il significato prevale sul significante. Di
conseguenza, essendo la categoria delle cifre quella più vicina al
linguaggio del computer «è appunto nel trattamento scientifico e ammi-
nistrativo delle cifre che l’informatica ha avuto il suo trionfo» 24. Anche
la categoria dei nomi propri è abbastanza vicina al linguaggio del
computer e per questo, sebbene con maggiori difficoltà, l’informatica vi
è stata applicata abbondantemente, come nella gestione di indici di nomi
o di archivi bibliografici o di liste di indirizzi e così via. Viceversa il
trattamento informatico delle parole comuni è quello più difficoltoso,
appunto per la natura stessa del fatto linguistico 25.
Connesso al problema della semanticità è quello che potremmo
definire della referenzialità 26, del rapporto cioè della singola parola con
il suo referente esterno. Ci sono quattro gradi di referenzialità delle
parole: il grado massimo è rappresentato dalle parole che si riferiscono a
realtà individuali senza qualificarle, ovvero dalle parole «etichetta» (i
nomi propri, che designano univocamente qualcosa) e dalle parole deit-
tiche (i pronomi personali o dimostrativi, che “indicano” qualcosa); il
grado intermedio è rappresentato dalle parole sostantive, che si
riferiscono in maniera universale a realtà concrete (“uomo”,
“cavallo”…), a loro parti (“testa”, “collo”…) e a loro aggregazioni
(“gruppo”, “folla”…), o anche a realtà esterne considerate come concrete
(“il fare”, “la comunicazione”…); il grado minimo è rappresentato da
quelle che potremmo definire parole aggettive 27 (“correre”, “bello”,
24 Trente ans d’analyse informatique [2.8], 141.
25 E in effetti, altro è cercare nelle opere di San Tommaso tutte le volte in cui viene
citato Aristotele (basta infatti cercare le occorrenze di “Aristoteles”, di “Philosophus” e
dei nomi delle opere aristoteliche), altro è invece cercare tutte le volte in cui si parla di
natura (il cui concetto può essere espresso anche da parole diverse da “natura”, parole
che comunque hanno una flessibilità semantica e sintattica che i nomi propri non
hanno).
26 In realtà il Busa parla sempre di gradi di semanticità.
27 Il termine non è del Busa.
ANDREA DI MAIO 18
“molto”, “trovarsi”…), che si riferiscono ad aspetti, qualità, azioni,
situazioni delle realtà concrete; vi è infine il “grado zero” della referen-
zialità, rappresentato (come vedremo meglio fra poco) da parole che si
riferiscono per vicarianza ad altre parole del discorso (piuttosto che a
cose) e da parole che non si riferiscono propriamente a cose, ma sono
strumentali del discorso (come quelle che la logica tradizionale chiamava
sincategorematiche: congiunzioni, preposizioni,…).
Dall’analisi statistica della presenza e distribuzione delle singole
parole nei diversi contesti (ossia a diversi messaggi) emerge la funziona-
lità 28 delle parole, ossia il ruolo giocato da ciascuna di esse nel discorso.
Ebbene, bisogna distinguere essenzialmente due tipi di funzionalità delle
parole: le parole specifiche di un determinato messaggio (o gioco lingui-
stico) e le parole generali, comuni ad ogni tipo di messaggio (o gioco
linguistico). Sarà ben difficile, ad esempio, trovare parole come “ottos-
sillabico” in un testo di fisica nucleare, o parole come “anfiprostilo” in
un testo di metafisica, ma parole come le preposizioni, le congiunzioni,
gli articoli, i pronomi, gli ausiliari ed altre ancora si trovano dappertutto.
Una particolare funzione, quella della vicarianza, la esercitano le parole
deputate a sostituire altre parole (come i pronomi relativi) e le parole
sottintese, che possiedono, per così dire, una presenza per assenza. Fra le
parole generali possiamo distinguere le parole tematiche (che hanno un
proprio particolare contenuto semantico), come le parole “uno”,
“comune”, “tutto”, “parte”, “avere”, “essere” (intesi non come ausiliari),
e quelle che il Busa chiama parole grammaticali (articoli, ausiliari,
preposizioni, congiunzioni…: ossia tutte le voci che non sono semanti-
camente “piene”). Fra le parole specifiche possiamo notare in particolare
le parole tecniche, altamente definite (ad esempio, “il sale”, pur essendo
una parola specifica, non è necessario una parola tecnica, come invece
“cloruro di sodio”); le parole tecniche sono magari molto frequenti in
certi tipi di messaggio, ma poi scompaiono del tutto in altri contesti.
Mentre il Busa distingue il discorso messaggio (ciò che voglio dire) e il
discorso “vassoio” (che serve a “porgerlo” in modo estetico e ridon-
dante), in cui rientra il discorso connettivo (fatto di locuzioni come
“non… ma…”, “in primo luogo…”, “va detto che…”).
Fin qui la linguistica informatica: essa deve fornire i modelli teorici
per la lessicografia generale che l’informatica linguistica si propone di
fondare: tale lessicologia deve studiare non il linguaggio in generale, ma
il lessico di una lingua viva o (nel nostro caso) di un autore. Con l’aiuto
28 Neanche questo termine è adoperato dal Busa.
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 19
del computer la lessicologia generale si articolerà in lessicologia morfo-
logica per lo studio della morfologia del lessico dell’autore e in lessico-
logia semantica per lo studio della semantica del lessico dell’autore. Ma
prima di procedere oltre, bisogna seguire il Busa nella fondazione siste-
matica del suo metodo.
1.1.3 Fondamenti dell’informatica linguistica
Fondamento dell’informatica linguistica è l’unità originaria dei
fondamenti metalinguistici della linguistica e metainformatici dell’in-
formatica.
Fondamento dell’informatica è la nozione di tutto organizzato, e
dunque di finalismo (che permette all’informatica d”essere applicata allo
studio del linguaggio):
«In ogni insieme esistenziale operativo vi è un elemento formale specifico
che non è alcuno dei suoi componenti. È qui che intervengono le nozioni di
insieme, sistema, organizzazione, finalità. Non per nulla anche nei computer
oltre allo hardware vi è [il] software: chi potrebbe pensare un computer senza
logica incorporata, senza sistema operativo, senza programmi? L’elemento
formale, o il disegno del tutto, che specifica ogni insieme di diverse parti, non
deriva dalle sue parti, ma era nato “prima” come idea, quella di cui ogni
autore reclama il copyright, i diritti d”autore e il brevetto. Ogni organizza-
zione operativa ha dovuto essere programmata, cioè pre-pensata: finis est
prima causa. Questo stesso modulo logico, applicato a tutto nella natura,
diviene la “quinta via” cioè il riconoscimento nel sistema delle cose d’un pro-
gramma che vi gira pre-pensato» 29.
Il fondamento della linguistica potrebbe essere contenuto in que-
sto duplice assioma:
«Sermo […] est locus in quo miscentur materia et spiritus. […] Sermo in
mente loquentium est veluti tabula pictoria (tavolozza, palette), qua pictor
componit suas semper variatas imagines» 30.
29 Lezioni e Documentazioni [5], 78/53. Si tenga presente che il Busa, in Cibernetica
[4.1] interpreta il concetto informatico e fisico di feedback non tanto come reazione, quanto
piuttosto come finalismo. Nella pagina augurale del numero di Natale 1989 del Bollettino del
CAEL, il Busa interpreta l’informatica (umana) come scienza dello spirito, che cerca di risa-
lire il sistema della programmazione globale dell’universo, ossia dell’informatica (divina)
come forza dello Spirito.
30 Clavis [2.5], 7-8.
ANDREA DI MAIO 20
Il primo assioma (della concordia discors di materia e spirito) può
venire spiegata e fondata così:
«La disparatezza e l’estraneità non si spingono fino al fondo dell’essere
[…]. Il nostro agire si limita, è vero, a trasformare una materia che nell’essere
non dipende da noi, poiché, da noi, niente si crea e niente si distrugge. Ma il
fatto che il nostro pensiero può raggiungere la materia, incidere su di essa ed
esprimersi in essa, richiede quale condizione di possibilità una comunanza di
destinazione che si richiama ad una fraternità di origine. La materia è creatura
dello spirito assoluto, così come lo sono le forme, le idee e il nostro pensare.
Tutti siamo parole dell’essere» 31.
Il secondo assioma (della lingua come unica tavolozza con cui si
creano tutti i dipinti), invece, può essere spiegato e fondato così:
« In ogni discorso d’uomo — la linguistica oggi ne è tutta occupata — va
fatta distinzione tra ciò che un uomo dice e ciò con cui dice quanto dice: in
termini saussuriani diremo che va fatta distinzione tra lingua e discorso. Ciò
che gli autori intendono dire si dirige sempre verso la diversità: nemmeno due
manuali di geometria risultano identici. Purtroppo, per accidens, soprattutto in
discipline come la filosofia e la politica, le espressioni umane si frantumano
anche in contraddizioni. Ma la lingua che ognuno adopera, in coloro stessi
che la adoperano per contraddirsi, ha, per ferrea esigenza di natura, strutture
ed elementi che sono in qualche vero modo comuni a tutti e permanenti sem-
pre. Vi è cioè in ogni uomo una lingua strumentale, una tavolozza di colori
verbali e concettuali, con i quali ciascuno pennella uno per uno tutti i propri
discorsi. La tavolozza è sempre la stessa, ma nel museo della cultura i quadri
esibisconono le variazioni, evoluzioni e contraddizioni delle individualità di
ciascuno e dei loro momenti e fasi. Nell’analisi della lingua strumentale, cioè
di quanto vi è di comune in ciò con cui gli uomini si esprimono, S.[an]
T.[ommaso] ha indicato trovarsi la reductio ad unitatem. Le strutture di base
dell’abilità linguistica non derivano da cultura, non provengono cioè per
informazione trasmessa dall’esterno con parole di altri uomini, bensì derivano
dalla natura di ciascuno, immessa in attività nel e dal proprio ambiente. Con
ciò mostrano di essere il risultato della programmazione con cui l’Autore
della natura la ha immessa nell’essere. Anche per S. T. alle spalle e alle radici
della capacità espressiva vi sono i primi concetti e i primi principii: cioè
quelle certezze evidenti della logica dell’essere, in forza delle quali chi parla
già sapere che differenza c’è fra sì e no, tra io e tu, tra prima e poi, tra rice-
vere e dare, tra da e verso ecc. ecc. Per lui la filosofia consisteva nel risalire
dalla cultura — parole degli uomini — alla meditazione sulla logica
dell’essere e della vita, dialogo personale — e personalizzante — tra Dio e
31 Distinzione [4.5], 1018.
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 21
ogni anima. La cultura umana dovrebbe fungere da maestro che al bimbo
insegna a leggere la scrittura di Dio, la semanticità delle cose e del vivere. E
non è che il maestro dica al discepolo: Ti dovrai limitare a solo copiare e
ripetere quanto io ti ho detto o ti ho letto da altri. Egli vorrà anche dirgli:
Adesso scrivi tu il tuo tema, senza copiare, esprimendo te stesso con parole e
frasi tue, in forme che siano e nuove e tue: senza alla fin fine altra regola e
altri dogmi che la logica dell’essere. Per cui in sede di filosofia ciò che un
autore scrive può essere criticato o riscontrato valido o invalido per confronto
non tanto con ciò che un altro autore ha scritto, ma per sé e in ultima analisi,
con ciò con cui egli stesso ha scritto quanto ha scritto. La filosofia che egli ha
professato consapevolmente sarà trovata valida se trovata coerente con
l’ontologia che egli stesso ha esercitata e messa in opera nell’apparecchiatura
verbale usata per professarla» 32.
Il Busa distingue in generale tra philosophia exercita e philosophia
professa, ma penso sia più preciso distinguere tre livelli: philosophia
exercita, philosophia professa exercite e philosophia professa ex
professo (di cui abbiamo parlato a proposito del messaggio di un testo).
La philosophia professa è valida se e solo se è una riflessione che rende
esplicita la philosophia exercita che è in ciascuno. Come Aristotele nel
libro Gamma della Metafisica, Busa intende confutare le filosofie false
mettendole di fronte alla loro contraddizione exercita: dal momento che
quanto uno dice non è sempre necessario che lo pensi davvero, nel
profondo delle sue strutture logico-linguistiche. La philosophia exercita
è quella che non solo è vissuta da ogni uomo in quanto “loghistikón”, ma
è anche quella che presiede a ogni sua conoscenza ed espressione, identi-
ficandosi col lume dell’intelletto agente e col Maestro interiore, e che il
Busa chiama logica dell’essere o anche (dal momento che fa riferimento
non ai “lógoi” umani, ma al “Lógos” divino creatore) ontologia. E
siccome tale ontologia si svela, come Aristotele ha mostrato nel libro
Delta della Metafisica, nell’uso delle parole e strutture comuni del lin-
guaggio, il Busa la chiama ontologia generativa del linguaggio:
«“Ontologie générative (du langage)” est un syntagme par lequel je modi-
fie celui bien plus célèbre de “grammaire générative”, que je prends […] dans
son sens linguistique et philosophique le plus profond: en chacun de nous, il y
a des connaissances qui nous permettent de parler aux autres et d’entendre
32 Introduzione alla bibliografia, agli indici e lessici tomistici [2.4], 927-928. Il Busa
amava citare (per esempio al Congresso Tomistico Internazionale del 1990) Proverbi 30,6
«Non aggiungere nulla alle parole di Dio, perché non ti riprenda e tu sia trovato bugiardo».
L’errore, in filosofia, non sarebbe dunque altro che l’aggiunta surrettizia dei propri pregiudizi
alle certezze della logica dell’essere.
ANDREA DI MAIO 22
ceux qui nous parlent. Il s’agit de concepts et de certitudes qui ne sont pas
encore des mots: ils précèdent les mots; ils sont en amont par rapport à eux
comme leur source» 33.
«Queste certezze comuni che ogni parlare manifesta sono “la luce di Dio
che illumina ogni uomo”: il fenomeno linguistico parte da
quell’inconsapevole primigenio dialogo con Dio che sono i primi principi e
tende a quel finale dialogo con Dio che si chiama preghiera e che si spinge ad
essere dialogo senza parole perché [espressa] con l’unica parola dell’amore
con il Verbo, per il Verbo e nel Verbo. Per questo fonti e sorgenti della
filosofia come metodo di scienza riflessa non sono tanto i livelli culturali
della filosofia, quanto le certezze comuni a chiunque, acculturato o
analfabeta, sappia parlare. E il metodo della filosofia consiste in ultima analisi
nell’indagine riflessa sugli elementi del linguaggio che sono comuni a tutti.
Del resto è solo in questa […] filosofia del linguaggio, che si inizia quella
“via interioritatis” che come propria e specifica distingue la filosofia dalle
scienze della natura e che la conserva quale preparazione alla meditazione
religiosa» 34.
Ebbene, gli elementi del linguaggio che sono comuni a tutti i par-
lanti e a tutti i discorsi sono le parole generali di cui avevamo parlato a
proposito dei tipi di funzionalità delle parole. Ebbene, mentre le parole
specifiche (e in particolare quelle tecniche) riflettono i linguaggi speci-
fici delle varie discipline o scienze, le parole generali, invece, riflettono
le certezze del linguaggio naturale comune, certezze che sono pre-scien-
tifiche e trans-scientifiche (in quanto alla base di ogni scienza e accomu-
nanti tutte le scienze: nemmeno la matematica o la logica simbolica
potrebbero esistere senza il linguaggio naturale), pre-culturali e trans-
culturali (in quanto sono il fondamento di ogni apprendimento culturale
e della traducibilità di ogni lingua) 35.
Insomma, alla base della linguistica e dell’informatica c’è la logica
dell’essere che coincide con l’ontologia, dal momento che nel Logos
divino tutto è stato esemplato e creato. Per questo, «in imis verbis
Verbum latet» 36 e nel Verbo tutto trova unità. Di conseguenza, l’infor-
matica linguistica del Busa diviene luogo di incontro fra discipline
diversissime e spesso (di fatto) incomunicanti, quali la teologia, la filoso-
fia, la filologia, la linguistica, la statistica, l’informatica, e, più in gene-
33 L’ontologie générative [3.7], 496.
34 Introduzione [5.1], 74/3.
35 Cf Per S. Tommaso “ratio seminalis” significa codice genetico [3.3], 437-440.
36 Si tratta di una frase tratta dal messaggio augurale inviato dal Busa, mediante il Bollet-
tino del CAEL, in occasione del Natale 1982.
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 23
rale, tra scienze dello spirito e scienze della natura. Possiamo definire
questa continuità interdisciplinare (che però non è fusione o confusione)
unità metodologica dei distinti.
In base ai presupposti metodologici dell’informatica linguistica è
possibile innanzitutto riformulare in maniera originale il rapporto tra
filosofia e teologia (che sono unite dal fatto di essere entrambe ermeneu-
tiche):
«In chiave linguistica, la filosofia mi si presenta come lo studio della
lingua che è esclusiva di Dio. Creare è l’espressione di Dio (ad extra…) e
solo Dio sa creare. Saper creare è una delle definizioni di Dio. È un para-
dosso: l’Infinito è tutto ma non tutti. Ci sono altri dei quali l’Infinito dice:
Sono miei figli, ma non me; io sono loro padre, ma non sono alcuno di loro.
Studiare l’essere è capire che le cose son parole che escono dalla bocca di
Dio. E questa è filosofia. Teologia invece è studiare prima i linguaggi storici
umani con cui Iddio ha consegnato a pochi […] quella rivelazione
dell’ineffabile che è indirizzata a tutto il genere umano; e, poi, studiare i
linguaggi, pure storici e umani, con cui la Chiesa ha definito molte sue inter-
pretazioni dei primi» 37.
In base ai principi dell’informatica linguistica è anche possibile
ricomporre in unità la filosofia (la scienza del vero) e la filologia, intesa
in generale come l’ermeneutica di ogni linguaggio.
«Le point de départ de la philosophie est l’analyse réflexive du langage
commun à tout homme, au fond duquel on trouve la logique de l’être. […] La
philosophie est l’herméneutique de cette langue exclusive de Dieu, dont le
mots sont les choses (solus Deus potest creare), c’est-à dire-l’herméneutique
de l’être e des êtres. […] Pour nous tous, tout discours n’est qu’un fragment
d’une herméneutique de l’être» 38.
Di conseguenza — conclude il Busa —
« j’affirme la coïncidence […] entre a. ontologie philosophique (philoso-
phia prima), b. philosophie linguistique, c.-à-d. étude des principes du
langage et c. lexicographie des “mot communs” […]» 39.
Reinterpretando il metodo adoperato da Aristotele nei libri Gamma
e Delta della Metafisica e evidenziato da Tommaso nei suoi commentari
37 Le parole di San Tommaso [5.6], 79/43.
38 L’originalité linguistique [3.8], 78.
39 L’ontologie générative [3.7], 496.
ANDREA DI MAIO 24
aristotelici, 40 il Busa afferma dunque che la lessicografia delle parole
comuni ad ogni scienza e discorso ci porta a scoprire quei principi stessi
del linguaggio da tutti usati anche irriflessamente (principi primi che non
possono esser giudicati, ma per cui si giudica ogni cosa, e che costitui-
scono la philosophia exercita con la quale deve essere coerente ogni
philosophia professa): e in questo modo si svela la logica dell’essere e
l’ontologia stessa.
La tradizionale opposizione fra scienze esatte e scienze umane è
infine superata (o perlomeno temperata) dall’utilizzazione di metodi
matematico-statistici in campo umanistico. A questo punto sorge sponta-
nea la questione dell’opportunità (nella ricerca filologica e
storico-filosofica) del metodo informatico-linguistico accanto al tradi-
zionale metodo storico. Alle obiezioni dei “tradizionalisti”, che lo rim-
proverano di proporre un metodo troppo poco filosofico per studiare i
filosofi, il Busa risponde polemicamente:
«L’analyse du langage, mécanique et mathématique est elle une bonne
méthode de faire de la philosophie? Avant tout permettez-moi de soulever
peut-être un point de polémique. Est-ce que je m’écarte tout à fait de la bonne
voie si je dis que la généalogie des systèmes philosophiques de l’immanence
[…] a démontré qu’à force de penser à la pensée, la pensée s’est perdue
elle-même? La méthode historique qui, en soi, est nécessaire, saine et
efficace, s’est malheureusement dissipée. […]. On pourrait presque dire que
l’on a glissé, sans s’en apercevoir, à considérer la pensée comme étant
l’apanage d’un petit nombre de privilégiés, qu’on appelle “grands philoso-
phes”, et qu’on peut comparer à des fontaines d’où jaillit la pensée, et où
doivent aller se remplir tous les récipients vides» 41.
«Le travail humain que nous qualifions de matériel est un travail intellec-
tuel fait au hasard et sans méthode réfléchie et constante. Le travail qu’on
appelle intellectuel pourrait être parfois une espèce de vagabondage esthé-
tique qui, sous prétexte de bon goût, voudrait cacher la répugnance à la disci-
40 Cf L’ontologie générative [3.7], 497-500; L’originalité linguistique [3.8], 77-80. Va
detto però che il Busa, mentre si richiama continuamente e in modo esplicito al libro Delta
della Metafisica, non cita mai espressamente il libro Gamma. Si noti che fin da La Termino-
logia Tomistica dell’Interiorità [3.1], il Busa ha costantemente messo in evidenza la connes-
sione di agostinismo e aristotelismo compiuta da Tommaso, soprattutto a proposito della
dottrina dell’interiorità e di quella del maestro interiore, identificato con la luce dell’intelletto
agente.
41 L’automation appliquée à l’analyse linguistique [2.1], 623.
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 25
pline mortifiante d’une méthode rigoreuse et aux imperatifs impitoyables de
la nécessité d’une documentation exhaustive» 42.
In effetti,
«pensare al significato delle parole, raccogliendole da documenti scritti è
molto più scientifico che non pensare al pensare; per me quando gli idealisti
hanno cominciato a pensare al pensare hanno fatto una sbornia tale che hanno
ragione gli inglesi della filosofia analitica nel dire che è stato tutto un gioco» 43.
1.1.4 Elementi del Metodo informatico-linguistico
Se intendiamo il Metodo nel suo valore etimologico di “strada per
cui” giungere da un punto di partenza a un punto di arrivo, il Metodo del
Busa non è altro che una via per risalire dai verba vocis contenuti nel
testo al verbum mentis dell’autore e poi dal verbum mentis dell’autore al
Verbum Dei, che è la lux vera quae illuminat omnem hominem, in forza
della quale il lettore stesso può rendersi conto della verità o falsità delle
dottrine dell’autore.
Per risalire dai verba vocis al verbum mentis bisogna innanzitutto
risalire dalle parole del testo al loro sistema morfologico e semantico; per
risalire dal verbum mentis al Verbum interiore, bisogna risalire dal
linguaggio dell’uomo alla sua ontologia generativa. Il Metodo del Busa,
pur essendo essenzialmente unitario (ragion per cui separarne l’aspetto
filologico da quello filosofico significherebbe misconoscere le intenzioni
del suo ideatore), consta però di tre momenti o passaggi distinti.
Possiamo chiamare 44 deduzione morfologica il passaggio dal testo
al suo sistema (morfologico) dei significanti, ovvero la ricostruzione su
base lessicale (e quindi in certa misura a priori del loro concreto uso
linguistico) del sistema verbale generativo delle parole; induzione
semantica il passaggio dal testo descritto morfologicamente al suo
42 L’automation appliquée à l’analyse linguistique [2.1], 622.
43 Il Mistero del linguaggio [2.6], 61.
44 Si tratta di terminologia mia, fondata però sul Busa, che parla sia di ricostruzione
induttiva del significato delle parole a partire dalle loro correlazioni grammaticali (cf Le
correlazioni grammaticali [5.2], 74/10), sia di reductio ad unitatem (cf Introduzione alla
bibliografia, agli indici e lessici tomistici [2.4], 927), sia del ruolo di manuduzione che un
autore ha nei confronti del lettore (cf Introduzione alla bibliografia, agli indici e lessici tomi-
stici [2.4], 928, dove si dice che i commentatori di Tommaso hanno il compito di manudurre
il lettore a una maggiore comprensione di Tommaso stesso).
ANDREA DI MAIO 26
sistema (semantico) dei significati, ovvero la ricostruzione su base
induttiva del significato delle parole (a partire dal loro concreto uso
linguistico in correlazione grammaticale con altre parole); reduzione
ontologica il passaggio dal linguaggio verbale umano (comune a lettore
e autore del testo) all’ontologia generativa del linguaggio stesso. Una
particolare forma di reduzione è la manuduzione, che è il passaggio dal
testo all’ontologia generativa compiuto però guidati “per mano”
dall’autore stesso, nel caso che la sua philosophia professa sia così
“trasparente” da rispecchiare la philosophia exercita di ciascun uomo: in
tal caso la sua non è semplicemente una dottrina da capire e memoriz-
zare, ma un “metodo” da adoperare per risalire reduttivamente
all’ontologia generativa di se stessi, come vedremo parlando del tomi-
smo del Busa.
In base a quanto si è detto, il lavoro lessicologico è articolato in
due livelli: la descrizione “deduttiva” del sistema morfologico del testo e
la ricostruzione “induttiva” del suo sistema semantico. Indici e Lessici
sono i due strumenti informatico-linguistici di cui si serve la lessicolo-
gia per il suo duplice lavoro: l’elaborazione delle informazioni relative al
primo livello consiste infatti nella creazione di un Indice delle parole del
testo che ne faccia anche la “concordanza” con i contesti in cui si
trovano; l’elaborazione delle informazioni relative al secondo livello
consiste invece nella realizzazione di un Lessico che definisca i signifi-
cati delle singole parole del testo 45. L’elaborazione di tali informazioni
(e dunque la creazione di Indici – o concordanze – e Lessici) non è certo
un’invenzione moderna. Tuttavia solo con l’ausilio del computer (e
dunque con il pieno soddisfacimento dei requisiti di velocità, esaustività,
oggettività e verificabilità dell’elaborazione) Indici e Lessici possono
divenire strumenti pienamente scientifici, superando il difetto della “rap-
sodicità” a cui erano sottomessi. Il Busa non è stato solo il primo a
teorizzare la metodologia informatico-linguistica, ma anche il primo ad
applicarla nella realizzazione di Indici e Lessici computerizzati. Proto-
45 «Das lexikologische System […] zeigt zwei Aspekte oder Niveaus und erfordert zwei
Arbeitsgänge: zuerst als graphisch-morphologisches System der Zeichen, dann als semanti-
sches System der Bedeutungen»: il primo livello, per quanto riguarda la lessicologia tomi-
stica, è stato già raggiunto con la pubblicazione dell’Index Thomisticus; ora si tratta di
affrontare la seconda fase del lavoro, quella ermeneutica. Das Problem der thomistischen
Hermeneutik [2.11], 360. La metodologia del primo livello è stata trattata sistematicamente
(purtroppo però dal solo punto di vista di chi intende elaborare un Indice e non di chi vuole
semplicemente esserne utente) in Fondamenti di informatica linguistica [2.10]. Si attende ora
un ulteriore volume per la metodologia di secondo livello.
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 27
tipo (non solo per ragioni cronologiche, ma anche per il valore intrin-
seco) di ogni Indice computerizzato è infatti l’Index Thomisticus; proto-
tipo di ogni Lessico computerizzato sarà con tutta probabilità il Lexicon
Thomisticum progettato dal Busa, che richiederà lo sforzo di molti anni e
molti studiosi, e di cui il Busa ha dato solo poche “voci” come saggio 46.
Un Indice computerizzato è composto essenzialmente di due parti:
indici in senso stretto (statistici e lessicali) e concordanze. Gli indici
lessicali sono quelli che presentano la lista alfabetica normale e “al
contrario” di tutte le forme e di tutti i lemmi, descrivono la morfologia di
ogni lemma, elencano tutti i casi di omografia sia possibile che attestata;
gli indici statistici sono quelli che di ogni forma e lemma dànno i valori
assoluti e percentuali di ricorrenza nelle singole opere (o parti di opere) e
nell’intero corpus testuale. Le concordanze (su forma o su lemma)
ordinano secondo qualche particolare criterio tutte le occorrenze (della
data forma o del dato lemma) con un breve contesto (citazione) e
l’ubicazione rispettiva (riferimento). Un Lessico computerizzato è invece
un vocabolario che descrive sistematicamente l’uso di ogni lemma da
parte di un autore e in base ad esso ne permette la definizione. Un
Lessico computerizzato, insomma, deve documentare sistematicamente
tutte le correlazioni grammaticali elementari dirette di ogni lemma. In
realtà, qui siamo ancora in piena sperimentazione.
Di conseguenza tutta la metodologia informatico-linguistica si
distingue in metodologia di primo livello e di secondo livello concentrate
rispettivamente sulla elaborazione e sull’utilizzazione di Indici e Lessici.
Il Busa ha sempre privilegiato l’esposizione dei metodi di elaborazione,
ma certamente c’è bisogno di codificare anche i metodi di semplice
utenza di tali strumenti. Possiamo perciò definire metodologia indico-
grafica l’arte di fare un Indice, metodologia indicopratica l’arte di
adoperarlo (ma il modo più completo di usare un Indice è di servirsene a
46 Il progetto del Lexicon Thomisticum è stato annunciato in L’originalité linguistique
[3.8], 87-89, e in Das Problem der thomistischen Hermeneutik [2.11], 362-363. Saggi di
“voci” di tale Lessico possono essere le relazioni lessicografiche su concetti tomistici tenute
ai Colloqui internazionali del Lessico Intellettuale Europeo menzionate ai punti [3.2], [3.4],
[3.5], [3.10] della nota bibliografica, come pure, più in generale, anche gli altri scritti tomi-
stici lì stesso elencati. In L’analisi del parlare [3.12], il Busa ha spiegato meglio il suo
progetto di Lessico tomistico. Si dovrà trattare di un Lessico “bi-culturale”, che traduca i
vocaboli tomistici in vocaboli moderni e viceversa; in effetti moltissime parole tomistiche
hanno un campo semantico non coincidente con le corrispettive parole moderne: “virtus” ha
più significati del moderno “virtù”, e “virtus fidei” va tradotto spesso con “forza della fede”.
Questo Lessico bi-culturale è indispensabile, perché secondo il Busa, «prima di tradurre i testi
di un autore dobbiamo tradurre il suo vocabolario».
ANDREA DI MAIO 28
scopi lessicografici), metodologia lessicografica l’arte di fare un Lessico
(o perlomeno una “voce” di esso) e metodologia lessicopratica l’arte di
adoperarlo in funzione dell’analisi testuale e dottrinale e della storia
della filosofia in genere. Allo stato attuale solo l’indicografia è
computerizzata: la lessicografia (seppure con qualche esperimento di
automazione) si fa tuttora “a mano”, con l’ausilio però di un Indice
computerizzato. La metodologia lessicopratica è l’unica che il Busa non
abbia sviluppato, ma è forse quella che interesserebbe il maggior numero
di studiosi.
Motivi di spazio mi impediscono di presentare gli elementi fonda-
mentali di queste quattro metodologie, per cui rimando agli scritti stessi
del Busa in materia 47.
* 1.2 L’INFORMATICA LINGUISTICA COME APPROCCIO AL MEDIOEVO
1.2.1 Il nuovo approccio al Medioevo e a San Tommaso
L’analisi informatico-linguistica del Busa non è nata solo come
metodo investigativo, ma anche e soprattutto come nuovo tipo di approc-
cio al Medioevo in genere e a San Tommaso in specie. Fin dalla sua tesi
dottorale il Busa sosteneva:
« Io ritengo che via sicura ed efficace per una maggiore intesa tra metafi-
sica scolastica e pensiero moderno sia il premettere una più ampia base
47 Le metodologie di primo livello (in particolare quella indicografica) sono trattate in
Fondamenti di informatica linguistica [2.10], soprattutto alle pagine 61-274. Le tecniche in-
dicopratiche sono anche accennate en passant nelle introduzioni alle diverse parti dell’Index
Thomisticus e dovrebbero venire sistematicamente trattate nell’attesissimo volume di intro-
duzione all’Index a cui il Busa sta attualmente lavorando. Le metodologie di secondo livello
dovrebbero essere sistematicamente trattate in un secondo volume di Fondamenti di infor-
matica linguistica che il Busa intende pubblicare. La metodologia lessicografica e le sue
tecniche si trovano esposte abbastanza esaurientemente in Le correlazioni grammaticali [5.2],
Quanto finora è emerso [5.3] e in Emergenze [5.5]. La lessicografia si basa sull’analisi delle
correlazioni grammaticali che la singola parola ha con le altre nel contesto: in altre parole,
l’analisi lessicografica comporta la schedatura sistematica di tutte le parole reggenti la parola
chiave e rette dalla parola chiave (secondo i vari tipi di legame sintattico) e di tutte le parole
associate alla parola chiave (per sinonimia, antonimia, paronimia…). Le concrete modalità di
questa analisi variano da lingua a lingua.
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 29
filologico-grammaticale alle ricerche sul pensiero scolastico e sul testo
tomistico 48.
L’interesse informatico-linguistico del Busa per San Tommaso non
è poi casuale, ma nasce da un previo interesse speculativo:
«S. Tommaso mi interessa certamente come grande pensatore. Potrei arri-
vare a ripetere anch’io che egli ha concordato Aristotele con il cristianesimo.
Ma per me […] egli è quel grande pensatore che ha concordato a) la cultura
degli uomini di dodici secoli in Occidente b) con il linguaggio umano usato
da Dio nel rivelare il mistero c) mediante l’attenzione a quanto c’è di comune
e naturale nel linguaggio comune di tutti: in quello del Pentateuco come in
quello di Aristotele, come in quello della sorella che l’aveva aiutato, S.
Tommaso, a scappare dalla torre…» 49.
In tempi recenti, dopo aver portato a termine l’impresa dell’Index, il
Busa ha dovuto però riformulare le ragioni di questo nuovo tipo di ap-
proccio a Tommaso. Partendo infatti dalla constatazione che dopo il
Concilio c’è stato in campo cattolico un crollo nello studio di San Tom-
maso (ma anche dei classici del pensiero cristiano in genere) egli è
giunto a queste conclusioni: 1) un giovane oggi non è generalmente in
grado di leggere San Tommaso, perché la distanza linguistica e culturale
fra l’autore e il lettore (i due vertici della base del triangolo lessicogra-
fico) è divenuta troppo grande per un approccio diretto; 2) l’unico modo
per accostare San Tommaso oggi è dunque un approccio mediato da una
traduzione che dia il pensiero di San Tommaso con il vocabolario e la
mentalità di oggi; 3) una tale “traduzione” è realizzabile mediante una
rigorosa ricerca lessicografica condotta su un concetto tomistico (una tesi
di laurea di tal genere è secondo il Busa l’approccio ideale per un
giovane al pensiero di Tommaso); 4) un lavoro siffatto porta con sé
notevoli vantaggi (che rendono l’approccio a Tommaso non solo nuova-
mente possibile, ma addirittura molto fruttuoso: a) esso comporta infatti
innanzitutto un faticoso ma decisivo addestramento metodologico; b) poi
permette di ritrovarsi il patrimonio culturale e concettuale condensato da
Tommaso (il che equivale a possedere il meglio di circa sedici secoli di
storia del pensiero); c) infine consente di risalire, condotti per mano da
48 La Terminologia Tomistica dell’interiorità [3.1], 15.
49 Introduzione [5.1], 74/4. Il Busa fa poi notare che, in base all’Index Thomisticus, il
vocabolario di San Tommaso è tutto sommato quello della latinità classica e che i suoi
termini “tecnici” non vanno molto oltre quelli dell’analisi logica e grammaticale.
ANDREA DI MAIO 30
Tommaso, alla nostra ontologia generativa, e dunque di fare non solo
filologia, ma filosofia 50.
A mio parere, poi, il Metodo del Busa consente allo storico della
filosofia medievale un rigoroso approccio (rispettoso del testo) alla
filosofia implicita contenuta nei grandi capolavori del pensiero medie-
vale, che perlopiù sono opere teologiche, senza ricorrere al deplorevole
metodo di ottenere la filosofia di un teologo “decapitando” la sua opera
delle parti più esplicitamente dogmatiche.
1.2.2 Il tomismo come metodologia manuduttiva
Nel panorama del neotomismo attuale, quello del Busa occupa un
posto particolare, per originalità e freschezza; penso che lo si possa defi-
nire col nome di tomismo metodologico: infatti, per il Busa, il tomismo
più che essere un sistema dottrinale è un metodo (nel senso forte del
termine, che abbiamo definito in precedenza) scientifico, filosofico e
teologico. Dice il Busa:
«A me sembra che se l’autorità ecclesiastica persiste nel dare a S. T. un
posto privilegiato […] non è nel senso che voglia che ogni anno in tutte le
scuole si ripeta ad litteram tutto ciò e soltanto ciò che S. T. ha scritto e così
come lo ha scritto. Per la verità, ritengo che se così fosse, non sarebbe un
disastro in tutti i sensi: non è forse vero che per non fermarsi a S. T. bisogna
almeno esserci arrivati, cioè avere assimilato quanto egli sapeva? Ma si
vorrebbe che lo studio di S. T. fosse diretto ad insegnarci a fare della filosofia
e della teologia così come la ha fatta lui: avviare e addestrare […] —
mediante una riflessione consapevole, via interioritatis, sulla logica
dell’essere, quella che tutti professiamo non fosse che con il saper parlare —
a riesprimere personalmente, in forme che risulteranno inevitabilmente
sempre nuove, sia l’inesauribile logica dell’essere — theologia naturalis —
sia il messaggio cristiano — theologia sacra» 51.
Il tomismo, inteso come corpus testuale delle opere di San
Tommaso e dei suoi commentatori, è poi un metodo manuduttivo, in
quanto chi legge Tommaso e, in particolare, svolge una ricerca lessico-
grafica su un suo concetto, fa non solo filologia, ma viene anche
condotto per mano a fare filosofia: infatti,
50 Cfr Il Mistero del linguaggio [2.6], 62-64.
51 Introduzione alla bibliografia, agli indici e lessici tomistici [2.4], 928.
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 31
«quando uno fa così entra piano piano a ritroso nella propria ontologia
generativa e questo è per me il vero valore del tomismo in quanto tale. […].
Per me la caratteristica di san Tommaso è la trasparenza; egli non ha nessuna
caratteristica, se non quella di essere trasparente, ma si tratta della trasparenza
di quella ontologia generativa di base che c’è in ciascuno, che uno non
memorizza, in quanto non dice una cosa perché gliel’ha detto san Tommaso,
ma perché lui stesso capisce che è così» 52.
Tommaso ha dunque la caratteristica di non avere caratteristiche,
nel senso che nel suo pensiero prevale il metodo rispetto ai contenuti
dottrinali e che l’intenzione di Tommaso non è di far assimilare passi-
vamente al lettore le proprie idee, ma di aiutarlo a scoprire da sé la
verità, in maniera dinamica e creativa, giacché
«la sintesi tomistica […] è la definizione riflessa, consapevole e scientifica
— e per di più espressa con terminologia non esoterica ma comune — delle
certezze perenni e comuni che generano e sottendono le strutture lessicali e
sintattiche di ogni parlare di ogni uomo in ogni argomento. Averci fatto caso,
averla appresa, equivale ad avere in mano un mazzo di chiavi che aprono tutti
i cancelli della creatività personale […]» 53.
Essendo un metodo creativo, il tomismo deve essere poi essenzial-
mente pluralista, ma non per questo relativista:
«Dico che sono possibili molti profili, presentazioni, interpretazioni,
sintesi, sviluppi di S. T., in una parola, molti tomismi, tutti diversi, tutti validi,
tutti in linea di principio non contraddittori, ma almeno diacronicamente
complementari. D’accordo che ci possono essere interpretazioni errate e per-
ciò in contraddizione con altra interpretazione vera: ma insisto nel sottoline-
are che diversità e variazione non sono, né sempre né per se stesse, contraddi-
zioni e non sempre né per se stesse rappresentano alternative di scelte
aut-aut» 54.
E questo non vale solo fra i vari tomismi, ma anche fra tutte le
correnti di pensiero in generale. Infatti,
«più due pensatori sono robusti, più due pittori o due compositori sono
grandi, e più sono clamorosamente diversi, quasi tentativo di far sfilare sulla
passerella dell’essere nel tempo l’inesauribile guardaroba del capire e del
52 Il mistero del linguaggio [2.6], 62-63.
53 Introduzione alla bibliografia, agli indici e lessici tomistici [2.4], 929.
54 Introduzione alla bibliografia, agli indici e lessici tomistici [2.4], 926.
ANDREA DI MAIO 32
dire. S. T. si teneva perfino sicuro che gli Angeli fossero ciascuno un tipo
unico, e ciascuno irripetibile cioè incopiabile, di intelligenza inventiva» 55.
Ma se la filosofia è dunque sinfonia, questa sinfonia non è eseguita
per un pubblico plaudente di spettatori silenziosi: non c’è infatti uomo
che possa esimersi dall’unire la sua voce a questo coro che lo invita:
«fonte della filosofia non sono i grandi autori, ma il parlare comune a
tutti. La filosofia non deve diventare una passerella di moda, ma deve portare
gli uomini alla sapienza. In filosofia non ci sono perciò maestri che insegnano
la verità, ma solo maestri che ci insegnano a leggere il gran libro dell’essere,
che non hanno scritto loro. Scopo della filosofia è di far dire agli uomini:
“Questo già lo sapevo!”. La filosofia dovrebbe insomma aiutare la gente a
trovar da sé le prime certezze (Dio, l’anima) perché poi possano dire, come
dissero alla Samaritana del Vangelo i suoi concittadini: “Adesso non è più per
te che crediamo, ma perché noi stessi abbiamo veduto e saputo”» 56.
Su queste basi, possiamo ben dire che quello del Busa è un tomismo
“logico” e dialogico: in effetti, alla luce di San Tommaso, il Logos
divino è principio di ogni dialogo fra persone 57: presupposti d’ogni
dialogo sono la distinzione insopprimibile fra le persone ed anche la loro
reciproca affinità ontologica (cose tutte garantite dalla teoria tomistica
dell’essere); principio della possibilità del dia-logo fatto di verba è il
Logos creatore che, tramite il lume dell’intelletto agente, illumina, quale
Maestro interiore, ogni uomo.
«Ciascun essere è solo se stesso. Nessuno è l’altro. Nessun altro
all’infuori di lui sarà lui. […]. Ciascun esistente è io soltanto a se stesso. È un
tu per qualunque altro, anche per l’Infinito» 58.
Fondamento della distinzione reciproca delle cose (e dunque della
struttura dialogale dell’universo) è l’actus essendi, l’esistenza che ogni
creatura ha (non da se stessa ma da Dio), e in virtù della quale nemmeno
55 Introduzione alla bibliografia, agli indici e lessici tomistici [2.4], 926-927.
56 Trascrizione di un passaggio di una lezione tenuta da padre Busa nella Pontificia
Università Gregoriana nel 1983.
57 Per tutta la “teoria dialogica” del Busa si vedano La terminologia Tomistica
dell’interiorità [3.1], 259-273; Concorso divino [4.2]; Differenza e Diversità [4.3];
Distnzione [4.5]; Divisione [4.6]; Il logos principio di ogni dialogo [3.6]; Epistemologia
dell’atto di fede [4.8].
58 Distinzione [4.5], 1016. Il Busa ama ripetere: «Neppure il buon Dio, neanche
facendo la voce grossa, potrebbe dire “io” al posto mio!».
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 33
Dio può dire « io » al posto mio. E mentre l’essenza è conoscibile per
ragionamento, l’esistenza è conoscibile solo per presenza: la consapevo-
lezza dell’altro (il dialogo interpersonale umano, che sfocia nell’amore) e
dell’Altro (la fede, quale concretezza di cose sperate e dimostrazione
delle non parventi, e la preghiera) sono conoscenze intuitivo-esperien-
ziali di quest’ultimo genere 59.
«Dialogo è colloquio e comunicazione, di presenza e per presenza, di sé
con altra persona: si capisce quanto l’altro ci dice, si capisce quando si è
capiti da lui (pur non sempre); è un conoscere che resta in me ma trapassa
anche all’altro e vi si raddoppia: compenetrazione intuitiva tra due “io”
ciascuno dei quali dice “io” solo a se stesso e “tu” a ogni altro» 60.
«Essere consapevoli della reciprocità “io-tu”, ossia saper usare i pronomi
personali, è uno di quei valori operativi che etichettiamo con la voce
“spirito”. Il minerale non ha vita; il vegetale non ha conoscenza; l’animale ha
conoscenza solo dell’altro ma non di sé; solo l’uomo ha nel vocabolario il
dialogo con “io-tu” [culminante nell’amore]» 61.
«[L’ateo non è altro che] uno che non si decide a parlare in seconda
persona, cioè a dare del Tu al Mistero entro cui nuota e di cui è inzuppato e
intriso» 62.
L’ultimo sviluppo della metodologia del Busa si riallaccia così col
suo punto di partenza (evidenziato nella sua tesi di dottorato): la proble-
matica della presenza, e dunque della comunicazione, e a fortiori della
comunicazione per assenza fra lettore e autore di un testo.
Dall’informatica linguistica concepita quale metodo d’indagine tomistica
siamo giunti al tomismo stesso concepito come metodo: dalla metodolo-
gia tomistica siamo passati al tomismo metodologico. Ma poiché la filo-
sofia, in quanto risale all’ontologia quale grammatica generativa di tale
dialogo (fra l’uomo e l’uomo, e fra l’uomo e Dio), ne costituisce quindi
la grammatica regolativa, il tomismo del Busa è dunque non solo un
metodo scientifico, ma ascetico: non si limita a risalire ai fondamenti
ultimi del parlare e dell’essere (dai verba al Verbum), ma sfocia nella
comunicazione silenziosa e adorante della preghiera, secondo quanto
recita un celebre testo tardomedievale:
59 Cf Epistemologia dell’atto di fede [4.8].
60 Il Logos principio di ogni dialogo [3.6], 577.
61 Il Logos principio di ogni dialogo [3.6], 583.
62 Epistemologia dell’atto di fede [4.8], 102.
ANDREA DI MAIO 34
«Ex uno Verbo omnia, et unum loquuntur omnia, et hoc est principium
quod et loquitur nobis. Nemo sine illo intelligit aut recte iudicat. […]. O Ve-
ritas Deus! Fac me unum tecum in caritate perpetua! Taedet me saepe multa
legere et audire; in te totum est quod volo et desidero. Taceant omnes doc-
tores, sileant universae creaturae in conspectu tuo! Tu mihi loquere solus» 63.
Indubbiamente un approccio così poliedrico come quello del
Busa non poteva essere accolto senza fastidi. Troppo teoretico per
linguisti ed informatici, troppo informatico per storici della
filosofia e filologi, troppo metafisico per entrambi. Ma per tutti la
rivoluzione operata dal Busa è indiscutibile e irreversibile.
Bisogna auspicarsi che sempre più studiosi inizino a praticare il
metodo lessicografico e a sperimentare quello lessicopratico: molti
frutti ne ricaverebbe la storia della filosofia, in particolar modo
medievale, che con la mediazione della lessicografia ci può svelare
oggi tutta la sua freschezza.
Bisogna auspicarsi pure che il Metodo del Busa non sia
ridotto alle sue componenti filologiche, ma venga apprezzato
anche per il suo appello speculativo ed educativo alla “reduzione”
e all’unità fondante ogni pluralità: in un’epoca che ha conosciuto
lo sviluppo della comunicazione ma anche della massificazione, lo
sviluppo del pluralismo ma anche del totalitarismo, lo sviluppo
enorme delle scienze e della varie discipline ma anche la loro sem-
pre maggior specializzazione, che rende spesso ghetti le singole
discipline e addirittura branche e perfino scuole, quello del Busa è
un richiamo ai filologi e agli storici della filosofia a non diventare i
custodi gelosi di antichità, ma i dispensatori del patrimonio umano
comune a tutti gli uomini e a tutto il sapere o pensare e perciò
unificante.
63 De Imitatione Christi, 1.3.1.
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 35
NOTA BIBLIOGRAFICA
La bibliografia completa di padre Busa aggiornata al 1986 (comprendente
oltre duecento titoli che spaziano nei più diversi campi) è riportata in R. Busa,
Fondamenti di informatica linguistica, Vita e Pensiero, Milano 1987, alle
pagine 339-353. Una interessante miscellanea di scritti in onore di padre Busa è
A. Zampolli (Ed.), Studies in Honour of Roberto Busa S.J., Giardini Editori,
Pisa 1987.
Nella seguente nota bibliografica ho invece selezionato solo le opere più
rilevanti per la lessicografia, suddividendole in cinque categorie: strumenti
informatizzati; scritti metodologici; scritti tomistici (ossia gli scritti in cui Busa
applica il suo metodo di analisi lessicologica, lessicografica e dottrinale al testo
tomistico; in tali scritti, comunque, molto spesso Busa tratta anche di problemi
metodologici e teoretici); scritti teoretici; lezioni e documentazioni di
lessicologia e lessicografia tomistiche.
1. Strumenti informatizzati
[1.1] Index Thomisticus: Sancti Thomae Aquinatis Operum omnium
Indices et Concordantiae, Frommann-Holzboog, Stuttgart 1974-1980, 56
volumi. [1.2] Totius Latinitatis Lemmata, Istituto Lombardo Accademia di
Scienze e Lettere, Milano 1988.
2. Scritti metodologici
[2.1] L’automation appliquée à l’analyse linguistique des ouvrages des
saint Thomas d’Aquin: programme, état actuel, in L’homme et son destin
d’après les penseurs du Moyen Age (Atti del primo Congresso di Filosofia
Medievale. Louvain 1958), Nauwelaerts, Louvain 1960, 619-625. [2.2] Le
implicazioni filosofiche della Cibernetica, in Humanismo Pluridimensional
(Atti della prima Settimana internazionale di Filosofia. São Paulo 1972), Ed.
Loyola, São Paulo 1974, 607-624. [2.3] Index Thomisticus: Un esempio di
elaborazione elettronica in campo umanistico, ibid., 625-636. [2.4]
Introduzione alla bibliografia, agli indici e lessici tomistici, in «Seminarium»,
1977, 922-958. [2.5] Clavis Indicis Tomistici, Frommann-Holzboog, Stuttgart
1979. [2.6] Il mistero del linguaggio, in I. BIFFI – C. MARABELLI, Invito al
Medioevo, Jaka Book, Milano 1982, 57-64. [2.7] De vocum frequentiis in usum
lexicologiae priusquam stilisticae inducendis, in L’analisi delle frequenze.
Problemi di lessicologia (Atti del seminario internazionale del Lessico
Intellettuale Europeo,.Roma 1981), Ed. dell’Ateneo, Roma 1982. [2.8] Trente
ANDREA DI MAIO 36
ans d’analyse informatique de textes: où en est-on?et après?, in Actes du
Congrès international “Informatique et Sciences Humaines” (Liège 1981),
L.A.S.L.A., Liège 1983, 135-48. [2.9] Informática e linguística, in «Brotéria»,
1986/2, 310-322. [2.10] Fondamenti di informatica linguistica, Vita e Pensiero,
Milano 1987. [2.11] Das Problem der tomistischen Hermeneutik nach der
Veröffentlichung des Index Thomisticus, in Thomas von Aquin. Werk und
Wirkung im Licht neuerer Forschungen (Miscellanea Medievalia 19), De
Gruyter, Berlin 1988, 359-364. [2.12] Intelligenza naturale e intelligenza
artificiale, in Homo Loquens, Ed. Studio Domenicano, Bologna 1989, 37-48.
3. Scritti tomistici
[3.1] La terminologia tomista dell’interiorità. Saggi di metodo per una
interpretazione della metafisica della presenza, Bocca, Milano 1949. [3.2]
«Ordo» dans les oeuvres de Saint Thomas d’Aquin, in «Ordo» (Atti del secondo
colloquio internazionale del Lessico Intellettuale Europeo. Roma 1977),
Ateneo-Bizzarri, Roma 1979, 59-184. [3.3] Per San Tommaso “ratio
seminalis” significa “codice genetico”: problemi e metodi di lessicologia e di
lessicografia tomistiche, in Atti dell’VIII Congresso Tomistico Internazionale
(Roma 1980), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1981, vol I, 437-
451. [3.4] Voces Realis-Realiter in S. Thoma Aq. cum appendice de voce Res-
Rei, in Res (Atti del terzo colloquio internazionale del Lessico Intellettuale
Europeo. Roma 1980), Ed. dell’Ateneo, Roma 1984, 191-222. [3.6] Il Logos
principio di ogni dialogo fra persone secondo San Tommaso, in Portare Cristo
all’uomo (Congresso del ventennio del Concilio Vaticano II. Roma 1985),
Pontificia Università Urbaniana, Roma 1985, vol I, 577-584. [3.7] L’ontologie
générative chez S. Thomas d’Aquin, in L’Homme et son univers au Moyen Age
(Atti del settimo Congresso internazionale di Filosofia Medievale. Louvain-la-
Neuve 1982), Inst. Superiore. de Phil., Louvain-la-Neuve 1986, vol. 2, 496-504.
[3.8] L’originalité linguistique de Saint Thomas d’Aquin, in «Archivium
Latinitatis Medii Ævi», 1987, 65-90. [3.9] On Law and Freedom.
Hermeneutical Methods for interpreting St. Thomas from the Index Thomisticus,
in Lex et Libertas (Atti del quarto simposio della Pontificia Accademia San
Tommaso. Rolduc 1986), Libreria Editrice Vaticana, Roma 1987, 25-40. [3.10]
De phantasia et imaginatione iuxta S. Thomam, in Phantasia – Imaginatio (Atti
del quinto colloquio internazionale del Lessico Intellettuale Europeo. Roma
1986), Ed. dell’Ateneo, Roma 1988, 135-152. [3.11] Come rintracciare la
linguistica di San Tommaso, in Homo Loquens, Ed. Studio Domenicano,
Bologna 1989, 37-48. [3.12] L’analisi del parlare in S. Tommaso: nuove
prospettive di ermeneutica tomistica (Relazione presentata al Congresso
Tomistico Internazionale, Roma 1990).
L’«INFORMATICA LINGUISTICA» DI PADRE ROBERTO BUSA 37
4. Scritti Teoretici
[4.1] Cibernetica, in Enciclopedia Filosofica (a cura del Centro di Studi
Filosofici di Gallarate), seconda edizione, Sansoni, Firenze 1967, vol. 1, 1387-
1391. [4.2] Concorso divino, ibid., vol. 1, 1559-1568. [4.3] Differenza e
Diversità, ibid., vol. 2, 448-449. [4.4] Dio, ibid., vol. 2, 470-492 (in
collaborazione). [4.5] Distinzione, ibid., vol. 2, 552-564. [4.6] Divisione, ibid.,
vol. 2, 582-588. [4.7] Finalità. Principio di, ibid., vol. 2, 1400-1401. [4.8]
Epistemologia dell’atto di fede, in Il senso della filosofia cristiana, oggi (Atti
del trentaduesimo convegno dei Professori Universitari del Centro di Studi
Filosofici. Gallarate 1978), Morcelliana, Brescia 1978, 99-102.
5. Lezioni e Documentazioni
Una vera miniera di informazioni (fondamentale per una ricostruzione
delle fonti e dell’evoluzione del pensiero metodologico del Busa) sono le
Lezioni e Documentazioni di lessicografia e Lessicologia tomistiche, dispense
ciclostilate (più di trecento pagine) dei seminari tenuti dal Busa all’Aloisianum
di Gallarate, alla Cattolica di Milano e alla Gregoriana di Roma dal 1974 al
1980, e rilegate in volume (reperibile per esempio nella Biblioteca della
Gregoriana), con tanto di indice generale e indice dei nomi. Gli scritti ivi
raccolti sono di vari tipi: veri e propri articoli del Busa (magari poi pubblicati
altrove), scritti di altri autori (riportati per intero o in estratti), “recensioni” di
testi di linguistica o di lessicografia e di lessici esistenti, resoconti (curati da
“segretari”) di lezioni del Busa o di conversazioni con lui o di discussioni
seminariali, e infine relazioni preparate dai partecipanti al seminario. Fra la
mole di scritti segnalo come di notevole interesse i seguenti (i numeri fra
parentesi indicano il fascicolo relativo al singolo anno accademico e le pagine
all’interno del fascicolo): [5.1] Introduzione, appunti da conversazioni di padre
Busa (74/2-4); [5.2] Le correlazioni grammaticali nel discorso tomistico.
Analisi sintattica e analisi strutturale induttiva: introduzione, appunti da
conversazioni di padre Busa (74/8-14); [5.3] Quanto finora è emerso per la
lessicologia e lessicografia tomistiche dall’esame della bibliografia, appunti di
padre Busa (75/24-27); [5.4] Note lessicologiche e lessicografiche su lemma,
forma e lemmatizzazione, di padre Busa (77/28-40); [5.5] Emergenze dalle
ricerche sulle correlazioni grammaticali elementari, a cura di padre Busa
(77/41-45); [5.6] Le parole di San Tommaso: perché inventariarle proprio
tutte?, di padre Busa (79/37-44).