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59 Dall’ascolto del bambino/minore all’ascolto del figlio L’attenzione all’affettività, alla storia, al senso di continuità dell’albero di relazioni in cui si inserisce ciascun figlio L’ASCOLTO DEL MINORE LINEE GUIDA/2 Coordinatore: Prof.ssa M. Malagoli Togliatti Membri: Prof. P. Capri, Avv. P. Rossi, Dr.ssa A. Lubrano Lavadera, Dr. M. Crescenzi INDICE PRESENTAZIONE LINEE GUIDA LE COMPETENZE DEL MINORE LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE GENITORIALI DEONTOLOGIA DELLO PSICOLOGO FORENSE MODALITÀ DI ASCOLTO L’ASCOLTO DEL MINORE NEL PROCESSO CIVILE LE MODALITÀ DI ASCOLTO DEL MINORE FISSATE NEI PROTOCOLLI IN MATERIA CIVILE BIBLIOGRAFIA APPENDICI

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Dall’ascolto delbambino/minore

all’ascolto del figlio

L’attenzione all’affettività,alla storia,

al senso di continuità dell’albero di relazioni

in cui si inserisce ciascun figlio

L’ASCOLTODEL MINORE

LINEE GUIDA/2

Coordinatore: Prof.ssa M. Malagoli TogliattiMembri: Prof. P. Capri, Avv. P. Rossi, Dr.ssa A. Lubrano Lavadera, Dr. M. Crescenzi

INDICE

PRESENTAZIONE

LINEE GUIDA

LE COMPETENZE DEL MINORE

LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE GENITORIALI

DEONTOLOGIA DELLO PSICOLOGO FORENSE

MODALITÀ DI ASCOLTO

L’ASCOLTO DEL MINORE NEL PROCESSO CIVILE

LE MODALITÀ DI ASCOLTO DEL MINORE FISSATE NEI PROTOCOLLI IN MATERIA CIVILE

BIBLIOGRAFIA

APPENDICI

linee guida/2: l’ascolto del minore

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LINEE GUIDA PER L’ASCOLTO DEI MINORI NELLE SEPARAZIONI E NEI DIVORZI

PRESENTAZIONE

Il perché delle Linee Guida La legge n. 54/2006 ha introdotto

nell’ordinamento giuridico italiano ilprincipio della bigenitorialità: il mino-re ha diritto ad avere rapporti conti-nuativi ed equilibrati con ciascuno deigenitori e con i componenti del nucleofamiliare di appartenenza anche in ca-so di separazione e/o divorzio dei ge-nitori; la normativa, tra l’altro, ha por-tato alla ribalta la tematica relativa al-l’ascolto dei figli maggiori di anni 121

o meno in caso di soggetti capaci di di-scernimento nei procedimenti giudi-ziari che riguardano la separazione oil divorzio dei suoi genitori2, affidan-done la pratica ai magistrati con l’e-ventuale ausilio di esperti in ambitopsicologico, quando si renda necessa-rio l’integrazione delle competenze delgiurista con quelle della psicologia cli-nica. Se da un lato le ricerche in am-bito psicologico parlano dell’ascolto co-me di uno dei doveri dell’adulto neiconfronti dei “bisogni” del bambino,dall’altro l’ordinamento giuridico e laormai costante giurisprudenza di me-rito e legittimità riconosce l’ascolto co-me un “diritto del bambino”. Il puntodi convergenza tra le due discipline stanel fatto che in entrambe si afferma lanecessità che il bambino venga ascol-tato.

Questa assunzione fa riferimento inprimo luogo alle Convenzioni sui dirit-ti dei minori, secondo cui i minori so-no considerati come soggetti che de-vono essere partecipi nelle decisioniche possono influenzare la loro vita inquanto viene loro riconosciuto che so-no a pieno titolo portatori di diritti ci-vili, economici, politici e sociali (At-wood, 2003; Elrod, 2007). In secondoluogo, vi è accordo sul fatto che i bam-bini vogliono essere parte attiva nelle

decisioni che influenzeranno la loro vi-ta dopo la separazione dei genitori esono in grado di comprendere la dif-ferenza tra fornire un input nel pro-cesso decisionale e la decisione finale(Morrow, 1999).

Terzo, è stato evidenziato come lapartecipazione dei minori ai procedi-menti di separazione dei genitori, cor-rela positivamente con la loro capacitàdi adattarsi a nuove configurazioni fa-miliari (Butler, Scanlon, Robinson,Douglas, Murch, 2003) e di riprende-re il controllo su quello che durante esubito dopo la separazione può diven-tare il “tempo della confusione” (ibi-

dem). Quarto, l’inclusione dei minoripermette di focalizzarsi sui loro biso-gni e questo dovrebbe portare ad unariduzione dell’intensità e della duratadel conflitto genitoriale, attraverso unincremento della collaborazione fra igenitori e delle competenze negozialidel minore stesso (McIntosh, Wells,Long, 2007). Quinto, la partecipazio-ne costruttiva del minore può essereconsiderato un fattore di protezionedurante la separazione genitoriale dalmomento che accresce quella che vie-ne definita resilienza, come pure il sen-so di autostima, di controllo sulla pro-pria vita e la percezione di migliora-mento della relazione con i genitori(Kelly, 2002; Pryor, Emery, 2004). Se-condo Wallerstein e Tanke (1996) “iTribunali dovrebbero ascoltare la vo-ce di un minore, amplificandola e an-teponendola al rumore del conflitto ge-nitoriale, solo in questo modo è possi-bile assicurarsi il miglior interesse delminore” (p. 323).

Questi studiosi ribadiscono che la vo-ce del figlio porterà ad una più profon-da consapevolezza dei suoi bisogni, deisuoi sentimenti e delle sue preferenzee questa consapevolezza, a sua volta,guiderà gli interventi necessari per pro-

muovere l’adattamento della famigliaalla separazione. Un sesto elemento diriflessione fa riferimento al concettodi empowerment secondo cui, pren-dere in considerazione ed integrare leidee dei minori, aiutandoli a sentirsipiù potenti in un momento di grandesconvolgimento, ansia e cambiamen-to, può permettere loro di affrontarein maniera più efficace l’esperienza del-la separazione. Un ulteriore elementoè fornire ai genitori l’input che ancheloro possono e devono essere più at-tenti ad “ascoltare” i propri figli.

Nonostante questa convergenza dipensiero sono ancora molti i nodi irri-solti soprattutto in relazione alle fina-lità e alle modalità attraverso cui pro-cedere all’ascolto, anche nel caso incui questo venga delegato ad uno psi-cologo all’interno di un Consulenza tec-nica o come giudice onorario di un Tri-bunale per i Minorenni o come opera-tore del Servizio Territoriale o sempli-cemente come ausiliario del Magistra-to. Di fatto la carenza di procedurecondivise e una certa incertezza e di-versità nei modi di procedere rischia-no di rendere mera carta la parteci-pazione attiva del figlio, o al contrariodi decontestualizzarla, svilendo di fat-to il ruolo dell’ascolto e in molti casi la-sciandolo irrealizzato. Probabilmentele difficoltà nascono dal fatto che ci sitrova in un terreno multidisciplinarein cui si intrecciano principi delle psi-cologia dello sviluppo, della psicologiaclinica e relazionale e principi del di-ritto, secondo una trama non semprechiara e definita. Nei procedimenti checoinvolgono il minore, il genitore lorappresenta nel giudizio (tranne nellesituazioni in cui vi è stato un provve-dimento esecutivo o limitativo della po-testà genitoriale), ma quando ci sonodecisioni che riguardano il rapportogenitori/figli, il genitore non “rappre-

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senta” più il minore ma ne è un “sosti-tuto processuale” in quanto è con-temporaneamente “titolare” della fun-zione che viene discussa e parte delprocesso nel quale la decisione deveessere assunta. Bisogna ricordare chese nel procedimento di separazione edivorzio c’è un accordo tra i genitorisulle modalità di affido, sui modi e sul-l’esercizio della potestà, sui ruoli ecompiti che debbono svolgere, il giu-dice non è chiamato a prendere deci-sioni che incida sull’esercizio della fun-zione genitoriale a meno che non rav-visi accordi che possono essere di pre-giudizio per il minore. Quando invecenon c’è accordo i genitori assumonouna posizione potenzialmente config-gente e non sempre in grado di garan-tire l’interesse del figlio per cui la “co-noscenza” della volontà del minore de-ve essere attuata attraverso l’ascoltoin quanto il genitore non può più dir-si, per previsione di legge, il legittimosostituto processuale.

Infatti, la rappresentazione delle esi-genze del minore che ciascuno dei ge-nitori dà nel corso del processo (spe-cie in occasione dell’emanazione deiprovvedimenti d’urgenza in sede pre-sidenziale) non può essere accolta dalgiudice, così come da essi espressa, so-prattutto se le versioni proposte daidue genitori sono contrastanti e se sia-mo in presenza di una forte conflit-tualità come spesso accade. Le solu-zioni contrapposte presentate al giu-dice possono essere poco attendibili oin contrasto con l’interesse del mino-re e non idonee ad un suo corretto svi-luppo psicofisico. Ad esempio, divisio-ne dei fratelli, modalità di permanen-za del figlio con l’uno o l’altro dei ge-nitori, organizzazione residenziale eambientale, progetti educativi. Molte-plici sono le norme del codice che pre-vedono l’ascolto del minore sia diret-tamente da parte del giudice sia at-traverso organi ausiliari3.

Nel caso delle separazioni coniugalici riferiamo all’art. 155 sexies del c.c.“il giudice dispone inoltre l’audizionedel figlio minore che abbia compiutogli anni dodici e anche di età inferioreove capace di discernimento”. In me-rito al termine “dispone” alcuni giuri-sti hanno ritenuto che vi sia un auten-tico obbligo da parte del Magistrato(Fadiga L., Cesaro G.), altri che l’au-dizione sia facoltativa e che la neces-sità andrebbe di volta in volta valutata

dal giudice alla luce del superiore in-teresse del minore (Sangiovanni L.).Le fonti comunitarie e la giurispru-denza italiana di legittimità postulanoche quando si procede all’audizione co-munque il minore deve aver ricevutole informazioni pertinenti ed appro-priate in relazione alla procedura giu-diziaria che lo riguarda ed al valore cheverrà conferito alle sue dichiarazioni.Il rilievo conferito alle modalità dell’a-scolto da realizzarsi senza ledere in al-cun modo il benessere del minore, nonha ancora oggi trovato una regola-mentazione unitaria ma l’attenzione ècrescente e si assiste al proliferare diprotocolli disposti dai rappresentantidelle Magistrature e dei componentidel ceto forense in diverse sedi giudi-ziarie italiane. Tali protocolli hanno in-dividuato alcuni univoci criteri di rife-rimento e sono stati presi in conside-razione nello stendere le presenti lineeguida per gli psicologi, per avere unabase di partenza condivisa col mondogiuridico in quanto le incertezze delsapere e del fare ci hanno spinto a ap-profondire la questione per i colleghiche possono essere impegnati comeoperatori o professionisti in situazioniin cui si richiede loro l’ascolto dei mi-nori in procedimenti di separazione edivorzio.

Per fare ciò è stato necessario in pri-mo luogo fare un salto logico: ovveropassare dall’ascolto del bambino/mi-nore all’ascolto del figlio. Riferirsi al fi-glio e non semplicemente al bambi-no/minore, infatti, costituisce un saltologico decisivo nell’indicare l’attenzio-ne all’aspetto relazionale, alla storia, alsenso di continuità dell’albero di rela-zioni in cui si inserisce ciascun figlio.(Significa inserire in un contesto piùampio, che copre più di una genera-zione, gli interessi e i diritti del figlio icui genitori si stanno separando). Almomento della separazione il dirittodei figli alla continuità del rapporto conentrambi i genitori contrasta con quel-lo dei genitori che non vogliono e nonriescono più ad avere rapporti coniu-gali ma devono continuare ad eserci-tare la funzione genitoriale. Interven-gono allora il principio del maggior in-teresse del figlio minore e quello del-la responsabilità genitoriale come “me-diazione” tra i diritti contrapposti.

Per ascolto non si intende solo la co-municazione verbale, ma tutto l’insie-me che caratterizza la relazione uma-

na e in particolare la relazione prima-ria del bambino con il suo ambiente af-fettivo: ambiente indispensabile per lacrescita e per favorire e realizzare ilprocesso (che è circolare) di sviluppodel figlio nel raggiungere la sua perso-nale identità.

LINEE GUIDA

Queste linee guida sono state redat-te seguendo diverse fasi:

a. Rassegna della letteratura e delleesperienze nazionali e internazio-nali, oltre che delle raccomanda-zioni europee;

b. Riunioni di équipe per la applica-zione/revisione di dette linee gui-da in coerenza con Linee Guidaper le perizie in caso di abuso suiminori dell’Ordine degli Psicologidel Lazio, con le Linee Guida perlo Psicologo Giuridico in ambitocivile e penale dell’AIPG, con leLinee guida dell’APA (AmericanPsychology Association), con ilReport del CSM “L’ascolto dei mi-norenni in ambito giudiziario” econ il Protocollo di Milano “Lineeguida per la consulenza tecnica inmateria di affidamento dei figli aseguito si separazione dei genito-ri: contributi psico-forensi”, a cu-ra della Fondazione Gulotta.

Pertanto, in questo protocollo ven-gono fornite:

1. Brevissime sintesi sulle competen-ze cognitive, emotive e relazionalidei soggetti in via di sviluppo conparticolare riguardo alla capacità didiscernimento, sintesi che possonoservire da punto di partenza per ul-teriori approfondimenti.

2. Brevissima sintesi sulla capacità didiscernimento e la valutazione del-le competenze genitoriali, temati-che correlate alla questione dell’a-scolto del figlio.

3. Le indicazioni derivanti dal codicedeontologico dello psicologo e inparticolare dello psicologo forense.

4. Modalità di ascolto: diretto e indi-retto.

5. Indicazioni metodologiche per i CTUchiamati ad ascoltare il minore.

6. Indicazioni relative all’ascolto delminore nel processo civile.

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7. Modalità di ascolto attuate nei pro-tocolli.

8. Appendici: a. Linee Guida per lo Psicologo Giu-

ridico in ambito civile e penaleAIPG;

b. Linee Guida per le perizie in ca-so di abuso sui minori dell’Ordi-ne degli Psicologi;

c. Linee Guida APA; d. Protocollo di Milano della Fon-

dazione Gulotta; e. Esempi di quesiti al CTU.

LE COMPETENZE DEL MINORE

Le competenze cognitive La comunicazione bambino-adulto è

inizialmente legata in modo inscindi-bile ai contesti quotidiani e prevalen-temente integrata nelle azioni in cor-so; è solo tra i 18 e i 24 mesi che le pa-role iniziano a essere usate per riferir-si a situazioni o oggetti non presenti almomento. Inizia così un uso simboli-

co del linguaggio che viene accom-pagnato dal parallelo emergere di al-tre manifestazioni del pensiero sim-bolico, come per esempio la compren-sione del carattere permanente deglioggetti, che continuano a esistere an-che quando non li si vede. Le paroledel bambino, tuttavia, non sempre han-no il medesimo significato del lin-guaggio adulto, possono avere una so-

vraestensione o una sottoestensione.La cautela nell’interpretare ciò che di-ce il bambino non deve essere abban-donata troppo presto. Il fatto che unbambino parli, o addirittura che parlipiuttosto bene, non significa che pen-si come un adulto in miniatura, ossiacome una creatura che differisce da-gli adulti solo per la quantità di coseche sa. Come ci ha insegnato Piaget,con l’avvento della funzione simbolicail bambino mostra con certezza la ca-pacità di pensare, ma ciò non implicache anche le sue modalità di ragiona-mento e tanto meno la sua visione delmondo siano simili a quelle dell’adul-to. Secondo Piaget (1945) questo di-pende essenzialmente dal fatto che, al-meno fino a 4 anni, le rappresentazio-ni mentali infantili non possiedono leproprietà peculiari dei concetti poichésono prive di un’organizzazione (ge-rarchica o per incrocio), e spesso nonsi riferiscono neppure a delle catego-

rie bensì alla rappresentazione di unsingolo individuo (per esempio “cane”non è il rappresentante di una catego-ria di animali con caratteristiche pe-culiari ma può indicare ad esempio ilnome del cane posseduto dal bambi-no). Piaget ha dimostrato che ancoraa 4-5 anni, quando è presente la di-stinzione tra un individuo (Pluto) e lacategoria cui appartiene (i cani), i con-cetti continuano a mancare di orga-nizzazione gerarchica e incrociata; perquesto, secondo l’autore ginevrino, ibambini di età prescolare non sono an-cora in grado di effettuare ragiona-menti, né deduttivi (ricavare una con-clusione su un individuo o su un casoparticolare a partire da certe premes-se generali e da certe condizioni ini-ziali), né induttivi (ricavare un princi-pio o un concetto generale da una se-rie di casi particolari). Quello che san-no fare invece è passare dal particola-re al particolare, un tipo di ragiona-mento che Piaget chiama transdu-

zione, e che somiglia un po’ ai discor-si che si fanno in treno, passando daun argomento all’altro per pura asso-ciazione di idee. Peraltro durante laprima infanzia (3-6 anni) si assiste al-l’importante passaggio tra un uso pri-vato (egocentrico per dirla in terminipiagetiani) a un uso socializzato dellinguaggio (Piaget, 1923). Nel corso diquesti anni, difatti, grazie alla diminu-zione dell’egocentrismo intellettuale,i bambini usano sempre meno il lin-guaggio per parlare a se stessi, comein un monologo, e sempre più spessoadattano ciò che dicono alle caratteri-stiche dei loro interlocutori o del con-testo, ovvero si mettono nei panni del-l’altro sforzandosi di rendere com-prensibile ciò di cui stanno parlando4.

Più recentemente è stato dimostra-to che i bambini di età prescolare pos-siedono capacità cognitive maggiori diquanto prospettato da Piaget (Nelson,1986): le conoscenze del bambino, purnon seguendo la logica dei concetti,possiedono una peculiare forma di or-ganizzazione, quella degli scripts (initaliano “copioni”). Uno script è un in-sieme di informazioni generali, ricava-te dall’esperienza, sulla struttura se-quenziale di eventi ricorrenti (peresempio andare a scuola, parteciparea una festa di compleanno). In generegià intorno ai due anni e mezzo i bam-bini iniziano a costruire gli script del-le attività di routine, sanno come ci si

comporta in esse e possono descriverlein modo abbastanza accurato. Lo scriptpuò avere un duplice effetto sul modoin cui il bambino registra e racconta lesue esperienze: da un lato ne facilital’interpretazione, la codifica e il ricor-do (“ah, era una festa di compleanno!dunque c’era la torta, la festeggiata haspento le candeline, abbiamo cantatoTanti auguri a te…”), dall’altro puòcreare delle distorsioni. I bambini, in-fatti, tendono a confondere le caratte-ristiche di uno specifico episodio conquelle dello script a cui si riferisce, cheessi in genere ricordano meglio (Fla-vell, Miller, Miller, 1993): così, restan-do nel nostro esempio, possono affer-mare con grande sicurezza di aver vi-sto la torta, quando in realtà le cande-line erano insolitamente poste sopradelle fette di cocomero. Secondo al-cuni autori (Ceci, Bruck, 1998), la pre-valenza dello script agisce in due mo-di sul resoconto di eventi: da un latopuò portare i bambini più piccoli a nonriferire aspetti dell’evento che, pur es-sendosi verificati, non fanno parte delcopione consueto (il cocomero), dal-l’altro può indurli inconsapevolmentea incorporare nel proprio racconto det-tagli appartenenti ad altri eventi oinformazioni ricevute da altre persone(la torta vista in tante altre occasioni);Ceci e Bruck (1998) concludono quin-di che la presenza di uno script, lungidal facilitare il resoconto di specificieventi, rende più elevato il rischio cheil bambino venga suggestionato. La ca-pacità di distinguere il singolo eventodallo script cui fa riferimento senzaconfondere l’uno con l’altro si acquisi-sce (solo verso) in genere a partire dai6 anni, e si può notare che questa etàcoincide pressappoco con quella in cuisecondo Piaget il bambino inizia a co-struire un autentico pensiero concet-tuale.

Lo studio delle conoscenze “scrip-ted” si intreccia quindi con le ricerchesulla memoria, e in particolare sullamemoria di eventi. La memoria esistesin dalla nascita, tuttavia, in ambitopsicologico è ben noto che la memoriaumana ha un carattere costruttivo. Lamemoria è una costruzione concettualeinterna delle informazioni (Flavell, Mil-ler, Miller, 1993) soggetta a modifichea seconda delle caratteristiche del si-stema cognitivo, incluse le trasforma-zioni evolutive. Secondo alcuni studi,già a due anni i bambini sono in grado

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di ricordare eventi passati, ma il lororicordo risulta povero di informazioni,ed è spesso frammentario, contrad-dittorio, privo degli elementi centralidi una rievocazione (chi, dove, quan-do, cosa) e di uno schema di riferimen-to. Attorno ai tre anni invece, i bambi-ni generalmente possiedono le capa-cità necessarie per ricordare in modoaccurato un evento al quale hanno as-sistito, soprattutto se si tratta di un fat-to rilevante o personalmente signifi-cativo ovvero anche per i soggetti adul-ti (Qin, Quas, Redlich, et al., 1997).Tuttavia bisogna tener presente che,a ogni età, le caratteristiche degli even-ti (per esempio la frammentarietà o lavalenza emotiva) contribuiscono inmodo rilevante al processo di codificae di immagazzinamento dell’informa-zione, e dunque alla bontà della suarievocazione (Ornstein, 1996).

Anche il modo in cui viene condottal’intervista può interferire con una cor-retta rievocazione (Lewis, Wilkins,Baker, et al., 1995) e le ricerche in etàevolutiva dimostrano che i bambini nonsempre sono in grado di discernere traun ricordo genuino e un’interpreta-zione dell’evento propostagli duranteuna o più interviste precedenti. Inol-tre, nel corso di ripetuti colloqui ilbambino può acquisire sull’evento del-le informazioni che fino a quel momen-to non aveva, iniziando così a forniredei resoconti dettagliati e apparente-mente più credibili, ma che in realtàpossono essere del tutto inattendibiliperché incorporano sia i dati originariche quelli appresi successivamente inseguito a informazioni ricevute daglialtri (Ceci, Bruck, 1998).

Infine, nel valutare la credibilità diciò che riferisce un piccolo intervista-to, bisogna tener conto che i bambiniin età prescolare sopravvalutano leproprie capacità di ricordare, e solonella media fanciullezza inizia a svi-lupparsi la metamemoria, ossia l’in-sieme di conoscenze sulla propria abi-lità di immagazzinare e recuperare leinformazioni, che ci permette di auto-valutare la bontà dei nostri resocontidi eventi passati (Berti, Bombi, 2008).

La teoria della mente (Premack,Woodruff, 1978; Camaioni, Di Blasio,2002), ovvero la comprensione che glialtri sono dotati di pensieri, convin-zioni e desideri, i quali possono esse-re diversi dai propri, è un altro con-cetto importante per comprendere il

funzionamento cognitivo del bambinocome interlocutore. Intorno ai due an-ni la nascente teoria della mente è im-perniata sulla nozione di desiderio,mentre a tre anni si fonda sulla nozio-ne di credenza. Fino a 4 anni, tuttavia,pensare, sapere, credere si riferisconoa credenze ritenute vere: per esem-pio, una bambina guardando un libroillustrato può dichiarare “Io so questastoria”. Anche ciò che le altre personecredono viene collegato a ciò che per-cepiscono, mentre non viene colta l’e-sistenza e l’influenza dei processi men-tali (attenzione, memoria, associazio-ni, inferenze) che possono, per esem-pio, spingere una persona a cercare unoggetto dove essa crede erroneamen-te che si trovi, anziché nel luogo in cuil’oggetto si trova realmente. Dopo i 4anni, invece, la maggior parte dei bam-bini diventa capace di comprendereche alcune credenze si rivelano false.La consapevolezza che si possono ave-re false credenze segna un cambia-mento importante nella conoscenzapsicologica infantile, in quanto con-sente di fornire spiegazioni più com-plesse dei comportamenti e delle emo-zioni (collegate alla realizzazione o me-no dei desideri) e correla positiva-mente con una maggiore resistenza al-la suggestionabilità5 (Templeton, Wil-cox, 2000). Gli studi sulla teoria dellamente considerano i quattro anni u-n’età chiave per comprendere che glialtri possono credere cose diverse dalvero e a questa età sono in genere suf-ficientemente equipaggiati sul versan-te cognitivo per dire delle bugie. Pa-radossalmente, sono proprio questi bu-giardi inconsapevoli a porre i maggio-ri problemi nell’intervista: essi infattipossono riferire delle falsità solo per-ché corrispondono ai loro desideri, esenza alcuna cattiva intenzione. La ri-chiesta di dire la verità diviene quindiaccessibile a mano a mano che si svi-luppa l’abilità nel mentire, e la com-prensione delle conseguenze che que-sto comporta per sé e per gli altri. Inol-tre, la concezione che i bambini han-no della bugia si sviluppa più lenta-mente della loro abilità a produrle. Al-la luce della teoria della mente i bam-bini di 4-5 anni dovrebbero riconosce-re le bugie almeno in situazioni con-crete e semplici da esaminare. Suc-cessivamente i bambini comprendonoche la bugia è un’affermazione falsa,ma considerano bugie anche gli erroriinvolontari. Infine, intorno ai 7 anni,

essi riconoscono l’importanza delle in-tenzioni per distinguere la bugia dal-l’errore e dallo scherzo.

Le competenze morali Lo sviluppo morale spiega quali so-

no le motivazioni che per i bambini so-no alla base della necessità di nonmentire. In età prescolare il maggiordeterrente è la paura di essere puniti,mentre per i più grandi acquista im-portanza il timore di pregiudicare ilrapporto di fiducia con l’altro, nonchélo sviluppo di sentimenti morali, qualiil senso di colpa e la vergogna. Questeemozioni presuppongono la capacitàdi guardare dentro di sé e di confron-tare il proprio comportamento con unostandard, capacità che si sviluppa dai6 anni in avanti (Bombi, Marotti,1998).

Nel contesto giuridico, soprattuttonel caso di dispute genitoriali più o me-no accese, l’intervistatore deve tene-re in considerazione la possibilità chealcune risposte fornite dal bambino du-rante l’audizione riflettano non tanti ivissuti o le idee dell’intervistato quan-to quelli di uno o di entrambi i genito-ri (Hynan, 1998). Il condizionamentogenitoriale può avvenire a vari livellied essere operato in modo più o menointenzionale. È importante dunque perl’intervistatore capire il livello di au-tenticità di quanto raccolto, e più avan-ti vedremo in che modo si può agire atal fine.

Le ricerche sulla capacità infantiledi mentire devono essere messe in re-lazione anche con le principali tappedello sviluppo della moralità. SecondoPiaget (1932) la prima forma di mora-lità infantile è eteronoma, ossia con-siste solo nel seguire le regole stabili-te da adulti autorevoli senza com-prenderle. Tali regole sono assolute einflessibili, e devono essere seguite perevitare le punizioni. Il giudizio moraleformulato su un’azione si basa sulla va-lutazione delle sue conseguenze, e nondelle intenzioni di chi l’ha compiuta:per esempio, i bambini considerano piùcattivo chi ha prodotto il danno piùgrosso, indipendentemente dalle cir-costanze dell’evento. Con l’avvento del-la moralità autonoma, il bambino di-venta invece più flessibile nei suoi giu-dizi morali, valutando il punto di vistadella persona, le sue intenzioni e le cir-costanze in cui l’azione si inserisce; ri-

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fiuta di obbedire ciecamente all’auto-rità, e la sua moralità inizia a fondarsisulla responsabilità personale più chesul controllo esterno. Studi successivia quelli piagetiani hanno d’altra partedimostrato che nel corso dell’età sco-lare i bambini comprendono sempremeglio la natura convenzionale di mol-te regole sociali, il che le rende modi-ficabili con il consenso degli interes-sati; questa comprensione rende me-no rigide le valutazioni dei bambini.

Le competenze relazionali Gli argomenti di un’intervista in am-

bito giuridico sono in genere attinentialla sfera personale del bambino e aisuoi rapporti con persone per lui parti-colarmente significative. Selman(1976) ha proposto una concettualizza-zione delle competenze relazionali ba-sata sul progresso nelle capacità di ro-

le-taking, che consiste non solo nel sa-per distinguere i punti di vista dellepersone ma anche nel coordinare le di-verse prospettive. Secondo Selman so-lo dopo i 6 anni i bambini superano laprospettiva egocentrica, in cui esisteun’unica verità (spesso, ma non ne-cessariamente, basata sul proprio pun-to di vista) e quindi non c’è bisogno diconciliare opposte visioni. A questa ca-pacità dialettica si giunge per gradi,passando per la fase soggettiva (ver-so gli 8 anni) e autoriflessiva (versoi 9 anni) in cui il bambino comprendeche vi sono punti di vista diversi; ini-zialmente l’esistenza di tali diversitàviene attribuita solo alle diverse infor-mazioni di cui ciascuno è in possesso,e in seguito anche al diverso modo diinterpretarle in base a valori e propo-siti personali. È solo nella fase autori-flessiva, secondo Selman, che il bam-bino inizia a mettersi nei panni deglialtri, e a immaginare che gli altri pos-sano mettersi nei suoi. Questo perònon implica la possibilità di trovare so-luzione a prospettive conflittuali, chesi forma secondo l’autore solo attornoagli 11 anni (fase della reciprocità) perconsolidarsi dopo i 12 anni, con la fa-se sociale e convenzionale. I ragazzi diqueste età comprendono in primis chesi possono tener presenti simultanea-mente due punti di vista contrastanti,e cercare una posizione imparziale ri-spetto a essi, e infine che esistono pun-ti di riferimento condivisi da interigruppi (come le regole, o le leggi) che

facilitano il coordinamento tra le pro-spettive individuali. La rilevanza diqueste osservazioni di Selman ai finidell’intervista in ambito giuridico cisembra piuttosto evidente. Un bambi-no che in casa assiste a situazioni diconflitto tra i genitori può elaborare inmodi molto diversi quello che osserva,a seconda delle sue capacità di role-taking. Un piccolo nella fase egocen-trica potrebbe passare da un’adesioneincondizionata all’opinione del padre,a un’altrettanto decisa adesione all’o-pinione materna, oscillando tra questeprospettive, e senza cercare alcuna sin-tesi o presa di distacco; nel corso diun’intervista potrebbe dare ragione siaall’uno che all’altra in rapida sequen-za, senza cogliere le contraddizioni orestandovi imprigionato qualora le col-ga. Un bambino più grande potrebbespostare la sua valutazione della si-tuazione dai meri fatti alle dinamichesoggiacenti, sia circostanziali (“la mam-ma era stanca perché aveva cucinatotanto” “papà si è dimenticato di venir-mi a prendere”) sia psicologiche (“amamma piace la casa in ordine” “papàè triste quando non ci vediamo”); tut-tavia la capacità di entrare in questomodo nelle prospettive personali, edanche di giustapporle, non implica diper sé la possibilità di conciliarle. Unasimile capacità potrebbe esservi in ra-gazzi più grandi, ma non deve sfuggi-re il fatto che un intenso coinvolgi-mento emotivo può rendere assai ar-duo esercitare un livello di role-takingelevato sia per gli adulti sia, a maggiorragione, per i bambini.

La sequenza descritta da Selman ri-sulta utile indipendentemente dal fat-to che si tratti proprio di stadi oppureno, poiché permette di comprenderequanto sia difficile parlare delle rela-zioni interpersonali, soprattutto quan-do queste presentano degli elementidi conflittualità. I singoli bambini, tut-tavia, possono trovarsi in anticipo o inritardo sulle età indicate da Selman,anche in riferimento alla loro espe-rienza sociale, come ha mostrato inmodo convincente Siegal (1997). Cipreme d’altronde sottolineare che, perquanto difficile, riferire su di sé e suipropri rapporti con gli altri non è im-possibile per i bambini più piccoli, iquali sono in grado di fare anche ra-gionamenti complessi (come quelli ri-chiesti dall’individuazione di false cre-denze di secondo ordine), purché si

tengano presenti alcune peculiaritàdella loro organizzazione mentale, e sicerchi di facilitare la loro prestazione.

Per un bambino piccolo è più facileparlare degli altri che di sé. A 5 anni ècome se il bambino avesse bisogno diguardare fuori di sé per poter renderein qualche modo “oggettiva” e riferibi-le agli altri la sua stessa esperienza.Domande del tipo “Come ti sei senti-to?” o “Tu che cosa hai fatto?” posso-no generare risposte molto povere daparte dei bambini di età prescolare,non necessariamente per una resi-stenza a rispondere, ma almeno in par-te anche per il modo in cui l’esperien-za è stata registrata nella mente delbambino: come una situazione osser-vata, non come il frutto di una intro-spezione. Inoltre, per i prescolari è piùfacile parlare delle relazioni in termi-ni concreti, utilizzando riferimenti acaratteristiche fisiche (come “papà èmolto alto” “mamma è molto elegan-te”), comportamenti osservabili (peresempio “mi piace perché mi dà le ca-ramelle”) fatti o azioni in qualche mo-do esemplificativi.

I primi rudimenti nella comprensio-ne di concetti disposizionali sono tut-tavia presenti fin dai tre-quattro anni,quando i bambini iniziano a distingue-re alcune proprietà permanenti deglioggetti dalle proprietà transitorie e,nell’ambito della loro nascente “psico-logia ingenua”, cominciano a capire checerti comportamenti abituali caratteriz-zano le persone (Yuill, 1997). È quin-di precocemente presente il nocciolodi una teoria della personalità cheincluderà a un certo punto il riferi-mento ai tratti (mediante aggettivi),ma che inizialmente viene più facil-mente espressa aggiungendo un qua-lificatore di ricorrenza alle azioni: “tut-

ti i giorni mi dà i suoi giochi”, “fa

sempre dispetti”. Le qualificazioni personali, oltre che

più rare nei discorsi dei prescolari, so-no poi abbastanza generiche, ed espri-mono bene le polarità tra valenze po-sitive e negative (buono-cattivo, bel-lo-brutto e, sebbene più raramente,bravo-stupido), piuttosto che qualitàpiù sottili (Bombi, Di Norcia, Gange-mi, 2008). Questo significa che i pic-coli esprimono le proprie valutazionicon più facilità mediante esempi con-creti.

Le concezioni infantili risultano spes-so rigide e assolute, per cui i bambini

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linee guida/2: l’ascolto del minore

non riescono a concepire la coesisten-za in un’unica persona di caratteristi-che opposte (per esempio il proprioidolo sportivo non può essere un cat-tivo papà). La concettualizzazione del-le relazioni in età prescolare, dunquerisulta solitamente semplice e lineare(Livesley, Bromley, 1973).

Nel corso della media fanciullezza(6-11 anni), in virtù dei cambiamentinelle abilità cognitive infantili, il con-cetto di sé e degli altri diventa piùcomplesso e multidimensionale. I bam-bini non solo sono in grado di descri-vere le persone in termini maggior-mente psicologici, ma diventano anchepiù abili nel compiere valutazioni com-parative (“mi piace di più fare i compi-ti di matematica con papà perché mispiega meglio i problemi, mamma è piùbrava a fare i temi”); essi inoltre san-no prevedere il comportamento altruianticipandone le intenzioni, iniziano abasarsi sugli indizi disposizionali piut-tosto che su quelli situazionali, e mol-to importante per la valutazione in am-bito giuridico, cominciano a conside-rare la complessità e le sfaccettaturedelle persone, tollerando le contrad-dizioni (“a scuola sono molto tranquil-lo, ma a casa mi scateno!”).

Il processo di concettualizzazione disé e degli altri si completa nel corsodell’adolescenza quando, grazie allosviluppo del pensiero astratto, i ragazzipossono considerare persone e situa-zioni tenendo contemporaneamenteconto di molteplici punti di vista e ra-gionare in termini ipotetici sulle variesituazioni (Welsh, Bierman, 2003). Inquesto periodo, tuttavia, la crisi cheinevitabilmente investe il concetto disé ha delle ripercussioni anche nellaconcettualizzazione delle relazioni in-terpersonali che possono essere “let-te” nuovamente in termini egocentrici,ovvero alla luce delle proprie esigenzee dei propri vissuti, non riuscendo spes-so a mettere in pratica le sofisticatecompetenze ormai acquisite.

La competenza emotiva Intorno ai 3-4 anni, in parallelo con

l’emergere della teoria della mente, ibambini sanno usare le proprie mani-festazioni emotive per “ingannare”qualcuno: possono per esempio pia-gnucolare e perfino piangere a squar-ciagola, mostrandosi disperati davan-ti a un rifiuto, nella speranza di modi-

ficare l’atteggiamento dell’adulto (Saar-ni, 1998). Occorre attendere l’età sco-lare perché i bambini possano decen-trarsi circa gli stati emotivi indotti dal-l’esibizione di emozioni fittizie. A par-tire dal terzo anno di vita, i bambini so-no capaci di parlare delle emozioni ol-tre che di regolarne l’esibizione. Essiconoscono parole come contento, tri-ste, arrabbiato, spaventato, anche sea volte possono confondere emozionimeno contrapponibili (per esempio tri-ste con arrabbiato o spaventato, unadifficoltà che in una certa misura per-mane anche all’inizio della media fan-ciullezza). Inoltre, inizialmente, i bam-bini tendono a parlare di emozioni for-temente contestualizzate, ovvero rela-tive a stati corporei o a situazioni par-ticolari (come essere puniti o premia-ti, stare bene o male).

Intorno ai 4 anni, grazie al progres-sivo sviluppo evolutivo della teoria del-la mente, i bambini riescono a colle-gare le emozioni a credenze e deside-

ri (Harris, 1989) e non solo a fatti con-cretamente osservabili. A 4 anni quin-di è possibile capire sentimenti comeil dispiacere per una promessa nonmantenuta da un adulto, o rendersiconto che, se un bambino crede che u-na persona non torni più, sarà moltotriste anche se ciò che crede non è ve-ro. Per quanto queste competenze e-motive siano già piuttosto sofisticate,bisogna tener presente che i bambinidi età prescolare non sono ancora ingrado di valutare correttamente indi-zi contrastanti.

Durante l’età scolare, la conoscenzadelle emozioni si affina e si precisa. Nelcorso della media fanciullezza, au-menta la comprensione della compre-senza di emozioni conflittuali che pos-sono essere sperimentate dalla stessapersona in sequenza (per esempio pos-so essere triste per aver perso una ga-ra e felice perché l’ha vinta il mio mi-gliore amico) o addirittura, secondo al-cuni autori, contemporaneamente seb-bene senza risolvere la contraddizionegenerata dalla loro compresenza (Gn-epp, 1983). Lo sviluppo della compe-tenza emotiva raggiunge il suo compi-mento in adolescenza, quando i ragazziarrivano a possedere un vocabolarioemotivo-affettivo molto esteso e bendifferenziato e sono in grado di rico-noscere la compresenza di vissuti emo-tivi contrastanti integrandoli in qual-che modo.

I racconti dei bambini Per quanto riguarda il ricordo e la

narrazioni di eventi e la capacità delminore di fornire informazioni atten-dibili si è evidenziato che i minori co-struiscono il ricordo attraverso la suanarrazione. Questa capacità nel corsodello sviluppo si modifica ed è possi-bile individuare alcune tappe princi-pali:

• 4-5 anni: i bambini di 4-5 anni pos-sono avere ricordi, dell’anno pre-cedente ad esempio, che sono abi-tualmente limitati a qualche im-magine visiva o conoscenza con-cettuale. I ricordi, se presenti, so-no meno dettagliati e meno orga-nizzati rispetto a quelli di bambinipiù grandi;

• 5-7 anni: i ricordi iniziano ad ave-re una prima strutturazione;

• 8-10 anni: è a partire da questa etàche i ricordi cominciano a presen-tare strutturazione, contenuto eorganizzazione simili all’adulto.

I racconti dei bambini devono esse-re congrui con la loro capacità di com-prensione e di codifica linguistica.Quando ciò non accade è possibile chedeterminate conoscenze siano stateaggiunte. Nell’interloquire con l’adul-to altri punti da tenere presenti sonoil fatto che:

• I bambini spesso non focalizzanol’attenzione sugli stessi eventi de-gli adulti;

• Il livello di suggestionabilità è in-versamente proporzionale all’età.Pur in presenza di suggestionabi-lità se le domande sono poste cor-rettamente anche il bambino pic-colo può fornire risposte coerenti.

• Prima dei 7 anni è più frequente ilrischio di false memorie, data ladifficoltà dei bambini a quell’età didiscriminare tra eventi interni (es.immaginazione) ed esterni (ciò cheè stato visto, sentito).

• È pur vero, però, che come ripor-tano in una recente rassegna bi-bliografica Giannini e Giusberti(2011)6 i bambini fin da un’etàmolto precoce possono (riferire eraccontare) una gran quantità d’in-formazioni riguardo a molte delleloro esperienze, sia dopo un breveintervallo di tempo che dopo in-tervalli più estesi7. Perfino primadell’acquisizione del linguaggio,

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linee guida/2: l’ascolto del minore

bambini molto piccoli mostranoprove di ricordo, talvolta anche do-po lunghi periodi di tempo8. Perquanto riguarda i bambini valequanto succede anche agli adulti,ovvero una variabile che rende letracce di memoria più forti e/o piùaccessibili è la partecipazione di-retta ad un evento: questo fa sì chesi ricordino più precisamente glielementi centrali di un episodio9.

La capacità di discernimento Disposizioni normative nazionali e

internazionali, tra cui la legge 54/2006,prevedono che per ascoltare i minorial di sotto dei 12 anni sia valutata la lo-ro capacità di discernimento intesa co-me “capacità di elaborare autonoma-mente concetti ed idee, di avere opi-nioni proprie e di comprendere glieventi, e prendere decisioni autono-me”. La capacità di discernimento an-drà valutata altresì per i minori al disopra dei 12 anni laddove siano ravvi-sate problematiche di ordine emotivo-affettivo significative e tali da com-prometterne le capacità di valutazio-ne.

Il concetto di “capacità di discerni-mento” è stato mutuato nella legisla-zione italiana dal testo francese dellaConvenzione ONU sui diritti del fan-ciullo. Il testo inglese di tale conven-zione non parla di discernement madi “child who is capable of forming

his or her own views” facendo riferi-mento, dunque, alla capacità del mi-nore di formarsi una propria visione eopinione delle cose (Fadiga, 2006). IlRapporto esplicativo della Convenzio-ne sui diritti del fanciullo rimette agliStati il compito di stabilire liberamen-te i criteri in base ai quali poter valu-tare se il minore è capace di esprime-re e fornire la sua opinione. A diffe-renza della giurisprudenza penale mi-norile, la giurisprudenza civile peral-tro non ha ancora elaborato la capa-cità di discernimento quale categoriagiuridica di riferimento per gli opera-tori del diritto (Cesaro, 2006). Secon-do Cesaro ogni bambino acquisiscecompetenze di autonomia di pensieroe di discernimento in tempi e modi dif-ferenti per cui essa dovrebbe esserevalutata facendo riferimento alla spe-cifica vicenda umana e processuale etenendo conto dei condizionamenti cuiil minore può essere esposto. Altro in-

terrogativo che viene posto riguarda iltiming della valutazione della capa-cità di discernimento, ovvero se deb-ba essere presa in considerazione ex

ante oppure ex post l’ascolto del mi-nore (ibidem). Secondo Pazé (2003)per attribuire un contenuto all’espres-sione occorre riferirsi al suo significa-to storico e psicologico. Sotto il profi-lo storico nella nostra cultura la capa-cità di discernimento veniva ritenutaacquisita intorno ai sei/sette anni. Aquest’età, secondo la Chiesa cattolica,il bambino inizia a comprendere il si-gnificato di scelte di fede e di condot-ta, dunque è capace di peccato mor-tale e può essere ammesso alla con-fessione e alla comunione. In paralle-lo anche la scuola inizia ai sei anni. Laletteratura nell’ambito della psicologiaconcorda nel sostenere che il bambi-no possiede delle competenze fin dal-la nascita e ciò sia a livello sociocogni-tivo che a livello emotivo e relaziona-le, competenze che gradualmente evol-vono e si affinano grazie alle stimola-zioni dal contesto familiare e sociale.È importante citare, a questo punto,gli studi della psicologia dello svilup-po, attraverso teorici come Piaget(1966), Vygotskij (1934) che convali-dano la concezione per cui nell’arcoche va dai sei agli otto anni il bambinonormalmente acquisisce certe catego-rie di pensiero logico, il principio direaltà e il senso morale. Come si dice-va a partire dagli otto anni un bambi-no sviluppa delle competenze concet-tuali che accresce per livelli successi-vi fino al raggiungimento, a partire daidodici anni, delle capacità logico for-mali. Si pongono così le basi per lastrutturazione di una capacità di pen-siero più astratto, non strettamente le-gata al piano pratico.

Nell’ottica giuridica la capacità di di-scernimento sembrerebbe indicare dueaspetti differenti: la capacità del bam-bino di capire ciò che è più utile perlui e la capacità di prendere decisioniautonome. Tuttavia, in ambito psico-logico, sappiamo che questi due aspet-ti sono molto differenti tra loro, comelo sono i relativi livelli maturativi ne-cessari: il primo implica una semplicevalutazione dei propri bisogni e l’ela-borazione di strategie volte a soddi-sfarli, ma bisogna capire se il bambinoè in grado di posporre i “vantaggi se-condari” (utili nell’immediato) alla sod-disfazione di quelli primari (utili in pro-

spettiva); il secondo, invece, implicala capacità di formulare opinioni e scel-te personali, dunque presuppone unapersonalità già abbastanza strutturatae matura. Per quanto riguarda la pri-ma capacità, ovvero “capire ciò che èutile”, essa può essere considerata giàacquisita nel primo anno di vita, mo-mento in cui il bambino tende a ripe-tere azioni agite inconsapevolmente eche gli hanno procurato piacere e sod-disfazione, e ad evitare la ripetizionedi quelle che gli hanno procurato do-lore e frustrazione. Già al primo annodi vita, dunque, il bambino è in gradodi attuare strategie per soddisfare isuoi bisogni ed anche per controllarela situazione e prevederne gli esiti. Isuoi comportamenti, all’inizio, sono agi-ti principalmente per soddisfare l’i-stinto di preservare al meglio la vita siadal punto di vista materiale che affet-tivo. Rientra tra questi comportamen-ti quello che Bowlby ha definito, al-l’interno della teoria dell’attaccamen-to, la continua ricerca e vicinanza delcaregiver. Negli anni successivi, l’istintovitale si estende sempre più in quantoil soggetto in via di sviluppo necessitadell’approvazione e dell’appoggio del-le figure significative per poter suc-cessivamente sviluppare un’immaginepositiva di sé, fiducia in se stesso equindi approdare ad una possibile au-tonomia. Fin dai primi anni di vita ilbambino si costruisce una capacità dicomprensione delle capacità affettivedei suoi genitori e delle dinamiche re-lazionali della propria famiglia: tra lepersone che lo circondano sarà, infat-ti, in grado di capire quali sono le piùattente e disponibili a prendersi curadi lui (Dell’Antonio, 1990).

È necessario, comunque, tener pre-sente l’importanza che le figure geni-toriali hanno nello sviluppo e nell’ac-quisizione della capacità di discerni-mento: l’autonomia che un bambinoriesce a raggiungere è determinata, in-fatti, anche dalle dinamiche familiaried in particolare da quelle che coin-volgono la coppia genitoriale. I geni-tori, in particolare quelli che si sepa-rano, spesso si trovano a mantenere ilfocus attentivo sulle proprie emozio-ni, sui propri pensieri e bisogni e a ge-stire cambiamenti a livello sia praticoche emotivo rispondenti soprattutto alproprio personale interesse. Ne con-segue un declino della capacità geni-toriale (Cigoli, 1998) e spesso i geni-

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linee guida/2: l’ascolto del minore

tori diventano meno attenti alle ri-chieste dei figli e meno capaci di ascol-tarli (Dowling, Gorell Barnes, 2004).Se gli adulti di riferimento si dimo-strano poco disponibili, il legame com-plesso che il bambino ha con loro fa siche egli non riesca ad uscire dalla po-sizione di dipendenza in cui si trova eche addirittura tale dipendenza si raf-forzi. La reazione che ne consegue èspesso un adeguamento del bambinoalla volontà di due genitori in conflit-to tra di loro, adeguamento che puòessere considerato un arcaico mecca-nismo difensivo in quanto rappresen-ta l’unico modo di tenere legate a sé lepersone più importanti per lui, nono-stante tale modo possa generare con-flitti di lealtà10. Questi meccanismi ten-deranno a stabilizzarsi nel futuro an-che se il bambino sarebbe potenzial-mente in grado di operare, cogliere evalutare in modo più oggettivo la real-tà che lo circonda. Il legame che unadinamica familiare di questo tipo in-staura, dunque, non è basato sulla fi-ducia, bensì sul timore del bambino diperdere l’affetto di uno o di entrambii genitori o addirittura di essere da lo-ro danneggiato (Dell’Antonio, 1990).Evidenze empiriche (ibidem) mo-strano che bambini in età scolare, figlidi genitori separati rifiutavano di in-contrare un genitore, in genere quel-lo non affidatario, non tanto a causadell’astio nei confronti del genitorestesso, bensì per il timore di perderel’affetto e l’appoggio di quello affida-tario da cui i bambini erano, evidente-mente, estremamente dipendenti. Esi-stono anche casi in cui un genitore sta-bilisce con il proprio figlio un legamedi reciproca dipendenza in quanto èil bambino a rappresentare l’unica fon-te di gratificazione affettiva per il ge-nitore stesso, o ancora, casi in cui ilgenitore – se non riesce ad elaborareil sentimento di lutto e fallimento chel’atto separativo comporta - si “ag-grappa” a ciò che vede come l’unicacosa rimasta della famiglia che aveva:il figlio. In tal caso il bambino potreb-be sentirsi indispensabile per il geni-tore ed in questa sensazione potrebbetrovare le sicurezze di cui ha bisogno,anche se un simile atteggiamento po-trebbe comportare in futuro, delle si-tuazioni di invischiamento, confusio-ne o inversione di ruoli che impedi-ranno al bambino stesso di effettuareun sano distacco e, quindi, di svilup-pare una propria autonomia. In casi co-

me quelli sopra descritti, il minore tie-ne conto della realtà soggettiva e rela-zionale che ha vissuto e che sta viven-do. In un contesto come quello di unTribunale, egli sarà portato a dare algiudice, o al suo consulente, una solu-zione per se stesso che seppur diffici-le da definire autonoma, è comunqueda considerarsi sua, poiché rappre-senta la soluzione che egli giudica mi-gliore per lui in quel momento. Unascelta di diverso tipo potrebbe essereinaccettabile ed intollerabile per il mi-nore stesso provocando anche senti-menti di tipo aggressivo verso gli altrima anche verso se stesso. Questo ci ri-porta ad un tema importante, quellodella differenziazione del sé nella pro-pria famiglia di origine (Bowen, 1978).Secondo Bowen maggiore è l’attacca-mento emotivo non risolto, ovvero ladipendenza affettiva dai propri geni-tori, minore sarà il livello di differen-ziazione raggiunto dalla persona. Tut-ti i soggetti possono essere classifica-ti lungo un continuum: ad un estremoci sono coloro che hanno conquistatouna propria identità ed autonomia, nonsono dipendenti dalle conferme deglialtri e sono sicuri di se stessi e delleposizioni che assumono; all’altro estre-mo ci sono coloro che sono estrema-mente dipendenti dall’approvazione edal giudizio degli altri, persone pocodifferenziate, che occupano la maggiorparte del loro tempo a cercare di man-tenere il sostegno, l’amore e il con-senso degli altri, facendo dipendere daquesto i loro modi di agire, di pensaree di fare scelte per il futuro.

In conclusione ricordiamo che la ca-pacità di discernimento viene intesa e,soprattutto può essere considerata, co-me una “competenza specifica” delbambino strettamente legata alle suecapacità cognitive e relazionali che fariferimento alla capacità di capire ciòche è utile per sé, all’abilità nel valu-tare i propri bisogni ed adottare stra-tegie utili per il loro soddisfacimento,e alla possibilità di prendere decisionie fare scelte in maniera autonoma, aprescindere da eventuali condiziona-menti.

LA VALUTAZIONEDELLE

COMPETENZE GENITORIALI

La genitorialità La genitorialità e quindi la compe-

tenza genitoriale sono costrutti stret-tamente connessi alla rappresentazio-ne contestuale ovvero agli elementiculturali, valoriali e psicosociali defi-niti in un certo periodo storico e in uncerto contesto culturale. Le definizio-ni di genitorialità, così come quelle del-le capacità e delle competenze ad es-sa correlate sono numerose, come sievince dall’esame della letteratura inmerito (Ammaniti, 2001; Fava Vizziel-lo, 2003). Tra queste, la definizione chetrova maggiore accordo è quella pro-posta da Fava Vizziello (2003), secon-do cui la genitorialità è una “funzioneprocessuale composita (Fava Vizziel-lo, 2003), risultato dell’interazione fan-tasmatica e reale tra quel particolarefiglio, con bisogni specifici legati all’età,e quel genitore (Stern, 1985). È di-versa in ogni momento della vita, sepure possiede una sua stabilità di fon-do. Essa ha a che fare, quindi, non so-lo con l’osservazione dell’ “hic et nunc”della relazione che il genitore ha co-struito con il figlio, ma anche con l’in-fanzia del genitore stesso. In tal sensola genitorialità è una funzione pre-esi-stente alla nascita e/o alla adozione delfiglio, e il risultato di una relazione al-meno triadica, condizionata dai mo-delli culturali (Bornstein, 1991; Azar,Cole, 2002), dalla personalità del ge-nitore, dalle relazioni che egli stessoha avuto come figlio, dalla coniugalitàe co-genitorialità della specifica cop-pia, nonché dal temperamento e daeventuali e specifiche problematicheriguardanti i bambini (portatori di di-sabilità fisiche e/o mentali) e relativealle diverse fasi evolutive (Malagoli To-gliatti, Lubrano Lavadera, 2008).

Altresì bisogna precisare che la ge-nitorialità è una condizione/informa-zione della persona umana che è indi-pendente - anche se vi interagisce - da-gli altri funzionamenti e contribuiscea generare il benessere dell’individuo.

Uno dei modelli più autorevoli dellacomprensione delle determinanti del-la genitorialità è il modello processua-le proposto da Belsky, Crinc, Gable(1995), che vede l’interazione tra di-versi fattori:

• Personalità dei genitori;

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linee guida/2: l’ascolto del minore

linee guida/2: l’ascolto del minore

• Storia evolutiva personale (com-prende anche l’attaccamento e lerelazioni affettive precoci).

• Qualità dell’attaccamento perso-nale: nella transizione alla genito-rialità si riattivano attraverso la cu-ra del bambino modelli interattivie relazionali sperimentati durantel’infanzia. Mediatore principalesembra l’efficacia della mentaliz-zazione.

• Temperamento del bambino; • Relazione di coppia (studi longi-

tudinali hanno mostrato che dopola nascita del primo figlio diminui-sce, soprattutto dopo il 4° - 5° me-se, bruscamente la soddisfazioneconiugale, in particolare nelle ma-dri): In alcune coppie tuttavia lasoddisfazione coniugale aumentadopo la nascita del figlio, sonoquelle coppie soprattutto con unastoria di lunga durata, in cui la pas-sione è stata integrata da altri sen-timenti (affettività e complicità, so-stegno e comprensione) più dura-turi.

• Relazioni trigenerazionali irrisolte:passaggio da figlio a genitore;

• Supporto sociale e norme cultura-li e sociali (es. importanza data al-la carriera, disaccordo sui compitidi gestione del menage), occupa-zione.

In sintesi, la genitorialità è un co-strutto che può essere indagato se-condo tre aree principali: - area dellecompetenze (adattabilità, percettività,responsività, flessibilità); - Area dellerappresentazioni; Area delle pratiche.

Sono state individuate delle condi-zioni che mettono a rischio la genito-rialità dell’individuo e sulla cui pre-senza lo psicologo dovrà soffermarsinella sua indagine:

• gravidanza in adolescenza; • conflittualità, separazione e divor-

zio; • tossicodipendenza; • psicopatologia (depressione ma-

terna; psicosi); • maltrattamento e abuso.

La valutazione delle competenzegenitoriali

La valutazione delle competenze ge-nitoriali può essere definita come “il

processo pianificato di identificazionedelle questioni rilevanti per il benes-sere del minore, di elicitazione di infor-mazioni sul modo di funzionare dei ge-nitori e del minore, e di formulazionedi un parere sulla misura in cui i biso-gni di quest’ultimo sono soddisfatti”(Reder, Duncan, Lucey, 2003).

Riprendendo il contenuto dell’art. 10delle linee guida dell’APA (vedasi, Ap-pendice 3):

“Gli psicologi si impegneranno adadottare metodi diversi e accura-ti in modo ottimale per far frontealle questioni che emergono nel-lo specifico all’interno di una va-lutazione sull’affidamento dei fi-gli. I metodi diretti di raccolta deidati includono tra le metodologieutilizzate, i test psicologici, i col-loqui clinici e l’osservazione com-portamentale. Gli psicologi po-tranno raccogliere informazionida varie fonti (per esempio, scuo-le, medici, assistenti sociali, ser-vizi e altri istituti) ed entrare incontatto con familiari, amici e co-noscenti o altre fonti correlate,qualora le informazioni raccoltepossano risultare rilevanti. Gli psi-cologi potranno confermare leinformazioni raccolte da terzi esono invitati a documentare le lo-ro conclusioni”.

Il Fondamento teorico di tale arti-colo è incentrato sul fatto che “l’uso divari metodi di raccolta dei dati accre-sce l’affidabilità e la validità delle con-clusioni, nonché i pareri e le racco-mandazioni degli psicologi. Sia gli a-spetti specifici, sia quelli sovrapponi-bili fra i vari metodi utilizzati, contri-buiranno a delineare un quadro piùcompleto delle capacità, lacune e pro-pensioni di ciascun soggetto esamina-to” (Linee Guida APA).

È per tale motivo che le indagini sul-la valutazione della genitorialità devo-no essere multi metodo e prevederel’associazione di diverse tecniche cli-niche: colloqui clinici individuali e dicoppia, indagini psicodiagnostiche, os-servazioni delle relazioni tra genitoree figlio e tra genitori e figli insieme,nonché eventuali altri approfondimentiper i casi particolari: quali indagini am-bientali e relazionali e eventuali ap-profondimenti specialistici (ad esem-pio, esame tossicologico).

Nel caso specifico delle separazioni

e dei divorzi, la valutazione della geni-torialità verterà in maniera specificasulle capacità di ciascun genitore disalvaguardare la relazione del figlio conl’altro genitore, la capacità di garanti-re al figlio una continuità affettiva e re-lazionale, nonché la capacità di salva-guardare il figlio stesso dal confitto conl’altro genitore (coinvolgimento in di-namiche triangolari disfunzionali, squa-lifiche dell’altro genitore, conflitti dilealtà, ecc.).

Per una trattazione più ampia del-l’argomento che esula dal presente la-voro si vedano le: Linee Guida per lavalutazione delle competenze geni-toriali, Ordine dell’Emilia Romagna(2009) e della Fondazione Gulotta, dicui un estratto in appendice 4.

DEONTOLOGIA DELLO PSICOLOGO FORENSE

a. Lo psicologo che effettua l’ascol-to dovrà avere una formazione psi-coterapeutica.

b. Lo psicologo che effettua l’ascol-to non dovrà aver svolto (né svol-gerà in seguito) attività psicote-rapica o di sostegno psicologico alminore che andrà ad ascoltare.

c. Lo psicologo che effettua l’ascol-to in ambito forense non dovràaver svolto, né svolgerà in segui-to, colloqui, attività psicoterapicao di sostegno psicologico ai geni-tori, nonché incarico di CTP per igenitori.

In proposito e nello specifico, si rac-comanda di fare riferimento ad alcuniarticoli delle Linee Guida per lo Psi-

cologo Giuridico in ambito civile e

penale AIPG, alle Linee Guida per

le perizie in caso di abuso sui mi-

nori dell’Ordine degli Psicologi del

Lazio e alle Linee Guida dell’APA

che richiamano le raccomandazioni/in-dicazioni che stiamo trattando e che siriportano in appendice.

Finalitàa. L’ascolto del minore in caso di se-

parazione tra i suoi genitori con-dotto dalla psicologo quale ausi-liario del giudice del Tribunale Or-dinario o del Tribunale per i Mi-norenni non è una testimonianza,né un interrogatorio, ma un’atti-

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vità con finalità di comprensionepartecipe: lo psicologo non tra-sformerà l’incontro con il minorein un’occasione di colloquio te-matico a contestazione, come av-viene per il colloquio con gli adul-ti (Fornari, 2005);

b. Lo psicologo condurrà il colloquiocon l’obiettivo di ascoltare “l’opi-nione del minore” (Pazè, 2011) in-tesa come “espressione di aspira-zioni o di preferenze, di stati d’a-nimo, di legami e di attaccamen-ti, di disagi e di affetti, ovvero deisentimenti, anche se il minore puòaccompagnare e spiegare la pro-pria opinione con il racconto difatti reali” (Pazè, 2011, 2);

c. Lo psicologo ascolterà se e cosa ilminore si immagina rispetto a sce-nari futuri, come si potrebbe mo-dificare la sua vita sia in termini diabitudini, che di relazioni con i ge-nitori, i fratelli e gli ambienti fa-miliari;

d. Lo psicologo non effettuerà dia-gnosi nosografiche sul minore, po-tendo tuttavia segnalare al giudi-ce eventuali difficoltà e/o disagi,oltre che indicare eventuali prov-vedimenti di tutela del benesseredel minore (ad esempio di soste-gno psicologico);

e. È opportuno che lo psicologo siaa conoscenza dei Protocolli attua-tivi sulle modalità di ascolto pre-viste dall’autorità giudiziaria com-petente;

f. Lo psicologo relazionerà al giudi-ce, qualora costui non fosse pre-sente al momento dell’ascolto ri-portando fedelmente la opinionedel minore così come raccolta.

InformazioneLo psicologo informerà il minore sul-

la natura del procedimento in cui vie-ne ascoltato, sulle modalità e finalitàdell’ascolto, spiegando il suo ruolo diausiliario del giudice, con un linguag-gio adatto alla sua età. Verrà chiaritoaltresì che le informazioni dedotte dalsuo colloquio verranno riferite al giu-dice e saranno da costui prese in con-siderazione, ma non necessariamentedetermineranno in via esclusiva la de-cisione finale, in quanto il giudice terràconto anche di altri elementi per emet-tere la decisione.

MODALITÀ DI ASCOLTO

Il minore può essere ascoltato se-condo due modalità: ascolto direttoo ascolto indiretto. Per ascolto di-retto si intende l’audizione da parte delgiudice in udienza, eventualmente, an-che ausiliario esperto. Per ascolto in-diretto si intende l’ascolto delegato to-talmente ad un ausiliario anche nel-l’ambito di un Consulenza tecnica d’uf-ficio (CTU)11.

Lo psicologo dovrà seguire una me-todologia che tenga conto delle diffe-renti competenze evolutive del mino-re. Si ritiene utile a tal proposito ef-fettuare una distinzione tra:

• minori > dei 12 anni; • minori 8 - 11 anni; • minori < 8 anni12.

Qualora uno dei genitori, al di fuoridi questi contesti di ascolto, voglia fa-re effettuare una audizione o valuta-zione psicologica di un minore da par-te di uno psicologo, è bene ricordareche l’art. 31 del Codice Deontologicodegli Psicologi specifica che “Le pre-

stazioni professionali a persone mi-

norenni o interdette sono, general-

mente, subordinate al consenso di

chi esercita sulle medesime la pote-

stà genitoriale o la tutela. Lo psico-

logo che, in assenza del consenso di

cui al precedente comma, giudichi

necessario l’intervento professiona-

le nonché l’assoluta riservatezza del-

lo stesso, è tenuto ad informare l’Au-

torità Tutoria dell’instaurarsi della

relazione professionale. Sono fatti

salvi i casi in cui tali prestazioni

avvengano su ordine dell’autorità

legalmente competente o in struttu-

re legislativamente preposte”. Dunque, lo psicologo è tenuto, in ca-

so di coppia separata, ad avere il con-senso di entrambi i genitori che eser-citano la potestà genitoriale sul mino-re a prescindere dal tipo di affidamen-to, nel caso in cui volesse o gli venissechiesto di effettuare visite o incontriai fini valutativi o terapeutici.

Indipendentemente dalle modalitàcon cui viene svolto l’ascolto si forni-scono una serie di raccomandazioni,che riprendono quello che Pazè (2003)ha chiamato l’alfabeto della relazionecon il minore che il giudice, e a mag-gior ragione lo psicologo che lo coa-

diuva, deve rispettare per creare uncontesto adeguato all’ascolto direttodel minore:

a. il minore deve essere informato inprecedenza (preferibilmente daigenitori o dal suo curatore/tutorese nominato) dell’incontro con ilgiudice e delle condizioni del suosvolgimento;

b. il minore non deve subire, quan-do convocato, lunghe attese;

c. il minore non deve essere incon-trato in luoghi spersonalizzati o alui non adatti (o troppo affollati odesolati);

d. il minore deve essere messo a pro-prio agio, pertanto è necessario la-vorare accuratamente sulla suaaccoglienza; chi effettua l’ascoltodeve presentarsi puntualmente eadeguatamente informandolo sul-le motivazioni per cui è stato ri-chiesto l’incontro;

e. il minore deve essere informatodella possibilità che il giudice o chiper lui effettua l’ascolto possa nonmantenere il segreto sul suo ascol-to;

f. il minore deve avere spazio/tempoper potere raccontare, e in tal sen-so chi effettua l’ascolto deve met-tersi in posizione di “ascolto atti-vo” e formulare le sue domande so-lo dopo aver instaurato con lui unrapporto empatico;

g. il minore deve essere ascoltato at-traverso un linguaggio semplice eil più possibile adeguato alla suaetà, evitando termini giuridici/psi-cologici da parte di chi lo ascolta;

h. il minore non va in alcun modopressato, ossia non bisogna ten-tare di far dire al bambino qual-cosa che possa confermare ciò chechi ascolta già crede, conosce odesidera.

Ascolto dei minori che hannocompiuto gli anni 12

Alcuni giudici evidenziano le diffi-coltà dell’ascolto diretto. Fadiga (2006)ha argomentato che l’ascolto del mi-nore da parte del giudice richiede com-petenze specifiche di cui il giudice nonsempre dispone. In aggiunta, l’acces-so del bambino all’interno del conte-sto giudiziario potrebbe costituire perlui motivo di turbamento, anche nel

linee guida/2: l’ascolto del minore

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linee guida/2: l’ascolto del minore

senso ambientale (si pensi alle diffi-coltà logistiche in cui si trovano variTribunali, alle aule destinate alle udien-ze o al sovraffollamento dei tribunalistessi), o di aggravamento di respon-nella conflittualità genitoriale. A ciò siaggiunge il problema dell’attendibilitào meno di ciò che viene riportato dalminore, alla possibilità di capire se equanto egli sia stato sottoposto a “pres-sioni” da parte di uno dei genitori o daparte di entrambi, alle difficoltà nel-l’individuarne la suggestionabilità.

Quando il giudice ascolta diretta-mente il minore, al fine di garantire ildiritto al contraddittorio e di evitarepossibili induzioni e/o condizionamen-ti, vi sono protocolli già definiti in mol-te sedi di Tribunale. Tali protocolli nonsono vincolanti ma precettivi di prin-cipi ormai entrati nel quotidiano pro-cessuale riguardanti, per esempio, lapresenza o meno dei difensori, la pre-senza o meno dei genitori, la verbaliz-zazione da parte del giudice o del can-celliere, la presenza in aula di uno psi-cologo che possa aiutare a decifrarepiù che le parole il comportamento delminore. Particolare attenzione vienedata alle modalità e al luogo di ascol-to del minore.

Anche in questa fascia di età il giu-dice può ricorrere all’ascolto indirettofacendosi coadiuvare dallo psicologo,secondo diverse modalità. Se motiva-to ad inserire l’ascolto del minore al-l’interno delle dinamiche familiari incui vuole conoscere la funzionalità/di-sfunzionalità in base alle caratteristi-che di personalità dei membri della fa-miglia separata, per capire se ha subi-to particolari influenze da uno o en-trambi i genitori, potrà nominare unCTU. In particolare questo avviene al-lorché un minore dovesse mostrare dif-ficoltà di rapporto o ostilità nei con-fronti di uno dei genitori. Lo psicolo-go dovrà saper distinguere se si è inpresenza di rifiuto/ostilità motivati onon motivativa di uno dei genitori13.

Presso alcuni Tribunali per i Mino-renni il giudice prima di disporre even-tualmente una CTU si avvale dellecompetenze tecniche degli psicologiche svolgono funzione di giudice ono-rario. Altrettanto può fare il giudice delTribunale Ordinario, facendosi affian-care in udienza da uno psicologo qua-le proprio ausiliario, prima di disporreuna CTU.

In caso di ascolto all’interno del Tri-

bunale è opportuno che lo psicologoascolti il minore in un luogo acco-gliente e in assenza dei genitori. Even-tuali consulenti o avvocati dei genito-ri potranno, se il giudice lo consente,essere ammessi ad assistere dietro lospecchio unidirezionale o tramite gliopportuni mezzi audiovisivi (vedasi, iprotocolli attuativi). In assenza di talimezzi audiovisivi lo psicologo effet-tuerà un’accurata verbalizzazione.

L’assenza dei genitori e dei difenso-ri dovrà trovare fonte in un provvedi-mento di esclusione motivato dalle ra-gioni di tutela dell’interesse del mino-re. In un ottica di bilanciamento degliinteressi, dovrà essere garantito co-munque il principio di difesa delle par-ti ed il contraddittorio, principio pro-cessuale ed essenziale poiché il com-pimento di qualunque atto processua-le non può essere sottratto ai principipropri del giusto processo.

Il contraddittorio può instaurarsi edessere garantito in un momento ante-riore o successivo all’ascolto stesso14.

Lo psicologo che affianca il giudiceincontrerà il minore per almeno u-no/due incontri. Dopo l’accoglienza el’informazione, all’interno del colloquioesplorerà le aree di vita del minore:quotidianità, rapporti scolastici, rap-porti amicali, rapporti con i genitori,fratelli, rapporto con le famiglie d’ori-gine, rapporti con eventuali nuovi part-ner dei genitori. Lo psicologo seguiràquindi le seguenti fasi:

• Introduzione; • Costruzione del rapporto; • Indagine su un’area di vita del mi-

nore che non siano i rapporti fa-miliari;

• Indagine sulla gestione/organizza-zione dei rapporti familiari;

• Chiusura rispetto alle questionicruciali del colloquio (si ringraziail minore e ci si mette a disposi-zione per eventuali domande);

• Argomenti neutri.

Lo psicologo utilizzerà un linguaggioappropriato al livello di comprensionee alle capacità di comunicazione delminore.

Lo psicologo porrà le domande evi-tando gli errori di metodo (domandesuggestive, domande chiuse, doman-de ripetute, domande inducenti) po-

tenzialmente fuorvianti, come da indi-cazioni della letteratura specialistica.Dovrà usare il più possibile domandeaperte, evitando accuratamente do-mande in cui si chiede al minore di sce-gliere tra due alternative dirette (“tipiacerebbe stare di più con mamma ocon papà?”), o di porre il minore in unconflitto di lealtà tra i genitori.

Lo psicologo esaminerà attentamen-te le comunicazioni non verbali e icomportamenti ed anche su questo ri-ferirà al magistrato e provvederà ad u-na verbalizzazione esaustiva.

Ascolto dei figli minori di anni 8-11

La normativa nazionale e interna-zionale, ivi compresa la legge 54/2006,prevede che per i minori al di sotto dei12 anni l’ascolto venga effettuato do-po averne valutato la capacità di di-scernimento. Lo psicologo che può co-adiuvare il Giudice dunque procederàall’ascolto solo dopo aver verificato lacapacità di discernimento del mino-re15.

Dagli 8 agli 11 anni si ritiene consi-gliabile procedere ad un “ascolto indi-retto” da parte dello psicologo, ovve-ro ad un ascolto che verrà effettuatosenza la presenza del giudice e in am-biente idoneo.

Esempio di Quesito relativo all’ascolto indiretto

Previa valutazione della capacità didiscernimento, comprendere e valu-tare le opinioni, i vissuti emotivi e leesigenze del minore in merito alla vi-cenda familiare in cui è coinvolto.

A tal fine lo psicologo dovrà:

• Comprendere quale sia, da partedel minore, la percezione dell’at-tuale situazione familiare, sia a li-vello cognitivo che emotivo ed af-fettivo; valutare le spiegazioni delminore in proposito e cogliere e-ventuali sue domande inespresse;

• Valutare se e cosa il minore si im-magini rispetto a scenari futuri, co-me si potrebbe modificare la suavita, sia in termini di abitudini chedi relazioni con i genitori e i fratellied offrirgli l’opportunità di espri-mere i suoi desideri;

• Comprendere e valutare come il

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bambino viva le relazioni con la fa-miglia allargata, materna e pater-na e in particolare il rapporto congli eventuali nuovi partner.

Il giudice inoltre solitamente infor-ma lo psicologo ausiliario delle tema-tiche da trattare nel colloquio anchein relazione alle richieste degli avvo-cati (vedasi Contraddittorio anticipa-to e posticipato).

Nella relazione lo psicologo dovrà ri-portare la propria valutazione in meri-to alla capacità di discernimento delminore, al suo livello di sviluppo, allacapacità di esprimere la propria vo-lontà e il grado di autonomia e indivi-duazione raggiunto.

Valutazione della capacità di discernimento

1. Lo psicologo valuterà la capacitàdi discernimento del bambino, in-tesa come capacità di elaborareautonomamente concetti ed idee,di avere opinioni proprie e di com-prendere gli eventi, attraverso unaserie di indicatori ottenuti con unoo due colloqui clinico/valutativi(vedasi paragrafo sulla capacità didiscernimento);

2. Tenendo conto dell’età cronologi-ca, lo psicologo dovrà prevederela coerenza tra età cronologica delfanciullo e l’esame di:

• Capacità cognitive di base; • Capacità di attenzione e concen-

trazione; • Capacità mnestiche; • Capacità di comprensione ed -

espressione linguistica; • Capacità di discriminare realtà e

fantasia, valutando se dal rac-conto emergono rappresentazio-ni irreali o incoerenti della vitaquotidiana;

• Capacità di discriminare e inter-pretare stati d’animo propri e al-tri;

• Livelli di suggestionabilità e/o pre-senza di eventuali influenze sug-gestive;

• Sviluppo emotivo e affettivo; • Analisi del contesto e delle dina-

miche relazionali in cui è inseri-to il minore.

Per valutare gli ultimi tre punti nelcaso in cui lo psicologo non fosse in

grado a causa della limitatezza del tem-po e dello spazio del lavoro, indicheràal giudice la necessità di procedere adulteriori approfondimenti anche tra-mite ulteriori colloqui o ipotizzando unincarico peritale.

Se viene riscontrata la capacità di di-scernimento lo psicologo procederà al-l’ascolto - diretto o indiretto secondole modalità già indicate per i maggioridi 12 anni.

Per questa fascia di età se risultadubbia la capacità di discernimento ose il giudice è motivato ad inserire l’a-scolto del minore all’interno delle di-namiche familiari, per capire se le ca-pacità educative dei genitori sono ade-guate o almeno sufficienti, o indivi-duare se il minore subisce condizio-namenti da uno o entrambi i genitori,disporrà una CTU. In particolare que-sto avviene quando un figlio si mostria disagio, oppure ostile nei confrontidi uno dei genitori.

L’ausiliario del giudice, inoltre, ri-chiesta suggerirà al giudice di dispor-re una CTU, qualora ritenga opportu-ni ulteriori approfondimenti in ordinealla relazione del bambino con ciascu-no dei genitori o altre figure significa-tive nonché, eventualmente, in ordinealla personalità dei genitori e alle lorocapacità genitoriali.

Ascolto indiretto dei figli minoridi età inferiore a 8 anni

Per i minori di età inferiore agli 8 an-ni l’ascolto del figli è importante fina-lizzato ad indagare i suoi rapporti coni genitori e valutare la loro capacitàeducativa, oltre che approfondire lostato psicologico dei componenti ilgruppo familiare, Secondo Russo(2012), per il minore in età prescola-re non si può parlare di ascolto in sen-so tecnico, né di capacità di esprime-re una vera e propria opinione, e l’at-tenzione ai suoi bisogni e desideri sieffettuerà tramite una CTU: in questicasi l’ascolto - ovvero l’osservazionedel minore - si rende necessario so-prattutto quando dagli atti emergonoproblematiche nella funzione genito-riale.

Esempio di Quesito relativo all’ascolto indiretto

Previa valutazione della capacità didiscernimento, comprendere e valu-tare le opinioni, i vissuti emotivi e leesigenze del minore in merito alla vi-cenda familiare in cui è coinvolto.

A tal fine lo psicologo dovrà:

• Comprendere quale sia, da partedel minore, la percezione dell’at-tuale situazione familiare, sia a li-vello cognitivo che emotivo ed af-fettivo; valutare le spiegazioni delminore in proposito e cogliere e-ventuali sue domande inespresse;

• Valutare se e cosa il minore si im-magini rispetto a scenari futuri, co-me si potrebbe modificare la suavita, sia in termini di abitudini chedi relazioni con i genitori e i fratellied offrirgli l’opportunità di espri-mere i suoi desideri;

• Comprendere e valutare come ilbambino viva le relazioni con la fa-miglia allargata, materna e pater-na e in particolare il rapporto congli eventuali nuovi partner.

Il giudice inoltre solitamente infor-ma lo psicologo ausiliario delle tema-tiche da trattare nel colloquio anchein relazione alle richieste degli avvo-cati (vedasi Contraddittorio anticipa-to e posticipato).

Nella relazione lo psicologo dovrà ri-portare la propria valutazione in meri-to alla capacità di discernimento delminore, al suo livello di sviluppo, allacapacità di esprimere la propria vo-lontà e il grado di autonomia e indivi-duazione raggiunto.

L’ascolto del minore all’interno della CTU

Non esistono procedure codificate,ma esistono “prassi virtuose”, in quan-to rispondono sia all’obiettivo del con-testo giuridico-valutativo, che a quel-lo clinico-trasformativo.

Lo psicologo delegato nell’espletarela CTU concorderà i tempi e la meto-dologia con i consulenti tecnici di par-te (CCTTPP), ove nominati. È dove-roso che in ogni seduta peritale vengaredatto un verbale (vedasi Appendi-ce). Si ricorda che all’interno della CTUsono valutate anche le competenze ge-nitoriali, per cui l’ascolto del figlio mi-

linee guida/2: l’ascolto del minore

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linee guida/2: l’ascolto del minore

nore sarà inserito in un processo di va-lutazione più ampio e complesso. Al-l’interno di tale procedura l’ascolto ècorrelato alle capacità cognitive edespressive del minore e avviene in ma-niera indiretta perché l’indagine vieneeseguita da un terzo rispetto al giudice.

È doveroso che lo psicologo che e-spleta una CTU segua una metodolo-gia articolata che prevede più momenticlinico-valutativi.

I colloqui congiunti Solitamente sono previsti in diversi

momenti della consulenza alcuni col-loqui congiunti con entrambi i genito-ri.16

Il colloquio congiunto consente diosservare le modalità di rapporto tra idue ex partner, attraverso la valuta-zione della capacità o meno di dialo-gare, dell’entità e della modalità attra-verso cui si esprime il conflitto, dellecapacità negoziali e soprattutto dellaattenzione di ognuno di ascoltare le ra-gioni dell’altro. Se il colloquio avvienenella fasi iniziale l’anamnesi è finaliz-zata in senso clinico attraverso la rile-vazione sulle rappresentazioni che cia-scuno ha della storia di coppia e i vis-suti rispetto alla condizione attuale. Ilfocus è mantenuto sulla comune re-sponsabilità genitoriale, si cerca un’al-leanza definendo come obiettivo delconsulente che entrambi si riappro-prino del potere decisionale ovvero delruolo genitoriale delegato “tempora-neamente” a terzi al fine di garantireal figlio quello che viene definito dirit-to alla bi genitorialità o meglio della co-genitorialità. Si ha così anche la possi-bilità di individuare la reciproca valu-tazione della idoneità genitoriale iden-tificando in che cosa ognuno critica oapprezza le modalità educative dell’al-tro. La reciproca disponibilità all’a-scolto fornisce informazioni anche sul-le capacità di quei genitori di ascolta-re il figlio.

I colloqui individuali Negli incontri individuali con ciascun

genitore viene offerta la possibilità diripercorrere e ripensare alla storia per-sonale, al rapporto con la famiglia d’o-rigine in uno “spazio altro” dalla con-flittualità. Va precisato che i colloquinon hanno una valenza terapeutica eche si tratta di interventi che hanno

comunque una valutazione diagnosti-ca all’interno del contesto giuridico. Ilconsulente, inoltre, deve essere attentoa non colludere con le fantasie mani-polatorie dei partecipanti, ma anchealle proprie modalità di rapportarsi al-la committenza, rappresentata dal giu-dice. Il colloquio individuale nelle si-tuazioni più conflittuali può essere an-che utilizzato per “evacuare” i conte-nuti più aspri, le reciproche denigra-zioni e accuse prima di cercare di sti-molare le parti in causa a riflettere suipropri problemi irrisolti con le figuregenitoriali che sono stati “trasferiti” nelrapporto coniugale onde porre le basiaffinché ognuno dei due partner pos-sa cominciare ad analizzare il propriocontributo al “fallimento” della rela-zione di coppia e quindi capire l’utilitàdi un percorso personale di riflessionecon finalità psicoterapeutica da com-piere successivamente alla consulenza.

Indagine psicodiagnostica Il consulente può disporre che i ge-

nitori vengano sottoposte ad indaginitestologiche mediante l’utilizzo di reat-tivi psicologici di tipo proiettivo (Ror-schach, Wartegg, Reattivi di Disegno)e questionari di personalità (MMPI 2,MCMI-III). I test vengono impiegati co-me un supporto ai colloqui per inte-grare la valutazione di tipo clinico. Siprevede anche una restituzione finalealle parti per un ulteriore lavoro co-mune di costruzione di senso e di ri-narrazione della propria storia perso-nale e familiare. Le risultanze dei test,oltre a delineare le principali caratte-ristiche di personalità, potranno con-sentire di evidenziare i meccanismi dicollusione di coppia che sostengono ilconflitto e quindi dare indicazioni re-lative ad eventuali interventi di soste-gno alla genitorialità da effettuare altermine della consulenza.

Indagine ambientale Si riferisce alla valutazione del con-

testo fisico e relazionale in cui il mi-nore è inserito che comprende l’abita-zione, la scuola che frequenta e altriambienti con cui egli eventualmente èa contatto, in particolare quello deinonni. Tale indagine può essere svol-ta anche attraverso valutazioni dedot-te dai colloqui clinici con le parti e daidocumenti agli atti. Pertanto la visita

domiciliare, la visita a scuola, o l’in-contro con i nonni o eventuali convi-venti, sono operazioni rimesse alla va-lutazione del consulente. Qualora ven-ga effettuata la visita domiciliare il CTUvaluterà non solo la strutturazione de-gli spazi fisici, indice peraltro del mo-do in cui sono strutturati gli “spazi” fa-miliari, ma delineerà un quadro dellaqualità della vita del minore e della re-te familiare e sociale intorno a lui finoa rappresentarsi le possibili risorse chepossono essere attivate per il suo be-nessere. La visita domiciliare permet-te di ricercare ciò che non è visibile,ma che è comunque trasmesso attra-verso emozioni e sensazioni che i luo-ghi suscitano: nella casa si possono tro-vare elementi che appartengono “al-l’archivio disseminato” della famiglia,ovvero le atmosfere percepite, gli og-getti, le nuove narrazioni raccolte. Èaltresì utile osservare la presenza dinuovi partner, nonni o altri adulti si-gnificativi, come questi si relazionanocon il minore e viceversa.

Altro strumento significativo è la vi-sita alla scuola al fine di comprenderecome il minore vive il rapporto con icompagni, nei giochi e nello studio; leosservazioni degli insegnanti potreb-bero essere utili per appurare se i com-portamenti del minore sono cambiatio meno dopo la separazione dei geni-tori e se le problematiche familiari han-no inciso o stanno incidendo sull’im-pegno scolastico.

L’indagine ambientale, che includeuna “lettura multiforme” della vita delminore in famiglia, nel contesto scola-stico e nel tempo libero è fonte, dun-que, di informazioni che collegate alcolloquio, ai test e alle altre indagini,forniscono un quadro più completo delfunzionamento familiare della famigliaseparata, delle risorse su cui il bambi-no può contare e soprattutto delle sueattitudini, preferenze, esigenze e bi-sogni.

Osservazione genitori-figliAscoltare il minore attraverso laprocedura del “Lausanne TriadicPlay clinico” (LTPC)17

Dal 2003 nel gruppo di ricerca coor-dinato dalla prof.ssa Malagoli Togliat-ti, si è scelto di adottare una procedu-ra specialistica di osservazione dellerelazioni familiari: il LTPC18 (MalagoliTogliatti, Mazzoni, 2006), che consen-

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te al consulente di formulare una dia-gnosi del funzionamento relazionaledella famiglia separata (Gargano, Lu-brano Lavadera, 2006), parte dall’ipo-tesi che le dinamiche che si manife-stano nel contesto di osservazione pe-ritale rispecchiano come la famiglia ge-stiva e può gestire la collaborazione trai genitori.

L’osservazione con il metodo LTPCe la successiva osservazione delle in-terazioni diadiche permette, inoltre, diutilizzare un compito basato sul gioco,compito in cui il minore è competen-te, in cui egli non deve verbalizzare sucontenuti particolari, non gli vengonorichiesti direttamente pareri od opi-nioni, ma con i suoi comportamentiverbali e non verbali potrà mostrare lesue modalità di rapporto con l’uno ol’altro genitore.

Spesso questa prova ha avuto ancheuna valenza “trasformativa”, molti bam-bini dopo questo incontro hanno chie-sto di ritornare a giocare con mammae papà in quanto questa metodologiadi osservazione consente al figlio di ri-trovare una situazione “familiare”, ov-vero il “triangolo primario”. Egli inte-ragirà con entrambi i genitori in un set-ting che riproduce in laboratorio la abi-tuale vita familiare e quindi permettedi osservare come avviene l’accesso adun genitore in presenza e in assenzadell’altro; in tal modo si ottengonoinformazioni sulla modalità di coope-razione (o meno) e sulla cogenitoria-lità19.

La procedura LTPC consente diorientare il clinico e la famiglia rispet-to ad eventuali interventi da effettua-re successivamente alla consulenzatecnica d’ufficio. In tal senso il LTPCcrea un continuum tra giudizio e in-tervento di sostegno, all’interno di unaconsulenza clinico trasformativa, ba-sata su una visione evolutiva del pro-cesso di separazione. L’obiettivo è diaiutare i genitori a trovare modalità re-lazionali ed educative non competiti-ve e contrapposte, che garantiscano alfiglio un senso di coerenza e continuitàtra i due mondi.

Interazioni diadiche Al termine del gioco triadico il con-

sulente valuta ulteriormente le intera-zioni diadiche attraverso l’osservazio-ne del figlio con un solo genitore sen-za la presenza dell’altro così da rileva-

re l’influenza che la presenza o l’as-senza (anche fisica) di un genitore puòavere sulle modalità di relazionarsi trafiglio e genitore.

Il genitore che ha accompagnato ilminore viene invitato a lasciare la stan-za per permettere all’altro genitore digiocare liberamente con il figlio. Dopoun periodo standard avviene un cam-bio tra i genitori.

L’osservazione si focalizza su comeil minore accetta la separazione da ungenitore, come il genitore presente fa-ciliti la separazione e come avviene ilpassaggio successivo. Durante il giocol’attenzione è focalizzata sulla capacitàdella diade genitore-figlio di organiz-zare il gioco libero, sui ruoli assunti,sull’impegno nell’orientarsi reciproca-mente nel gioco e di sintonizzarsi emo-tivamente l’un l’altro, sull’importanzadell’assenza o presenza dell’altro e so-prattutto sulle capacità di ascolto delfiglio da parte del genitore presente.

Questa fase di osservazione viene re-gistrata attraverso un resoconto nar-rativo. L’osservazione diadica genito-re-figlio consente di dare o meno ri-scontro alle affermazioni dei genitoricirca la qualità della relazione tra il fi-glio e l’altro genitore. Può verificarsiper esempio che un genitore lamentidifficoltà del figlio nella relazione conl’altro genitore, mentre nel corso del-l’osservazione diretta il figlio non mo-stra alcuna difficoltà o segnale di pro-testa; e viceversa possono esser riven-dicate ottime relazioni con il figlio, mal’interazione diadica si manifesta pro-blematica ed emergono chiari segnalidi disagio del figlio. Anche il tipo di“gioco” effettuato può avere impor-tanza, ad esempio, un genitore per gio-care sente il bisogno di distruggerequanto costruito dal suo predecesso-re oppure amplia e completa il lavoroeffettuato precedentemente.

L’osservazione delle interazioni tria-diche e diadiche consente di valutarela qualità della relazione tra gli ex co-niugi nella funzione genitoriale attra-verso anche quelli che McHale (1997)definisce comportamenti “overt” e “co-vert” della genitorialità. Quelli overtsono osservabili quando tutti i membridella famiglia sono fisicamente presenti(gioco triadico); quelli covert sono in-vece quei comportamenti che si mani-festano quando un genitore è da solocol figlio (gioco diadico). Ad esempio,il padre o la madre possono agire com-

portamenti diretti a supportare o asqualificare l’altro genitore agli occhidel figlio. Durante il gioco diadico ge-neralmente i comportamenti covert so-no “clandestini”, ovvero agiti da un ge-nitore quando questi è assente per de-nigrare l’altro, mostrando invece unacerta equidistanza quando è presente.

Il colloquio con il minore20

È previsto qualora egli abbia com-piuto almeno i cinque anni d’età. L’in-contro è finalizzato ad esplorare i suoidesideri, bisogni e vissuti rispetto allaseparazione dei genitori cogliendo nonsolo “cosa” egli dice e “come” lo dice,ma anche i messaggi impliciti. Se il fi-glio è di età inferiore ci si limita in ge-nere all’osservazione del minore at-traverso il gioco. Si inizia dall’acco-glienza del bambino e la descrizionedelle sue abituali attività condivise conl’uno o con l’altro genitore prima e do-po la separazione.

Il colloquio con il minore avviene nel-la stessa stanza di gioco dove in pre-cedenza era stata condotta l’osserva-zione delle relazioni diadiche e triadi-che; ciò al fine di dare al minore con-tinuità e familiarità rispetto al setting.È importante che il CTU spieghi il pro-prio ruolo al minore, spieghi quali so-no gli obiettivi e le caratteristiche del-l’incontro; che si sintonizzi con i vis-suti del minore attraverso l’utilizzo delsuo alfabeto emotivo. Questo proces-so è facilitato da quanto avvenuto nel-le fasi precedenti dell’incontro: il con-sulente ha infatti osservato come il mi-nore si muove nella famiglia; il bambi-no a sua volta si è acclimatato nel con-testo attraverso le fasi precedenti. IlCTU prende in considerazione diversifattori: i bisogni e le risorse, i disagi ele emozioni, analizzandoli rispetto aisuoi genitori e agli ambienti familiari.Vengono esaminati i vissuti del mino-re rispetto alla conflittualità dei geni-tori prima e dopo la separazione, non-ché alle abitudini di vita prima dellaseparazione. In base al principio dellacontinuità si cercherà di fare in modoche il minore mantenga le stesse abi-tudini anche dopo la separazione deigenitori. Il CTU farà riferimento ad epi-sodi passati e recenti per valutare ilruolo di eventuali manifestazioni di di-sagio nel sistema delle interazioni delgruppo familiare. Il colloquio indivi-duale con il minore, soprattutto se di

linee guida/2: l’ascolto del minore

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linee guida/2: l’ascolto del minore

età superiore ai dieci anni, può essereripetuto quando emergono situazionidi particolare disagio o disfunzioni re-lazionali particolarmente significative.

La raccolta di queste informazioni,soprattutto in relazione all’attuale le-gislazione, avrà la funzione non tantodi stabilire l’affidamento esclusivo ocondiviso, quanto piuttosto quello dicomprendere come il figlio può rior-ganizzarsi al meglio nella nuova situa-zione.

Indagine psicodiagnostica per il minore

Se dopo l’osservazione delle relazio-ni familiari e il colloquio con il minoresaranno state identificate delle carat-teristiche di personalità o problemati-che relazionali particolari o comunquesignificative per la risposta ai quesitidel giudice il CTU, previo il consensodei genitori o dell’autorità giudiziaria,provvederà a far sottoporre anche ilminore ad indagini testologiche.

I test impiegati con un minore di-pendono dall’età; troviamo oltre ai reat-tivi grafici anche l’utilizzo di test comeil CAT, le favole di Duss e il Blacky Pic-ture ovvero forme proiettive. Le formeproiettive, infatti, in ambito forense so-no ritenute maggiormente “attendibi-li” per una diagnosi ideografica dellapersonalità del soggetto e meno su-scettibili di condizionamenti o indot-trinamenti esterni. Tuttavia è neces-sario applicare tali tecniche in manie-ra “consapevole”, e come per gli adul-ti, in associazione ad altri test da par-te di uno psicologo con un’adeguataformazione ed esperienza professio-nale. A questi strumenti, utilizzati pervalutare gli aspetti relativi alle relazio-ni interiorizzate del bambino, inoltredovrebbe essere associata una valuta-zione delle relazioni sul piano interat-tivo, attraverso tecniche per l’osser-vazione diretta delle relazioni familia-ri, il cui studio negli ultimi decenni hariscosso grande interesse e ha portatoalla pubblicazione di strumenti, la cuiattendibilità e validità è stata adegua-tamente testata21.

Colloqui conclusivi Uno o più colloqui, in genere, con-

giunti vengono eseguiti a conclusionedelle indagini peritali come spazio direstituzione di quanto emerso, di ri-

flessione sulla propria funzione geni-toriale e di pensiero sulla possibile mo-dalità di gestione dell’affidamento con-diviso, esclusivo o a terzi: individuazio-ne del collocamento del minore, dellemodalità di frequentazione con l’uno ol’altro genitore e soprattutto defini-zione degli impegni a livello educativodi ciascuno dei due genitori. In base aiquesiti il CTU richiede alle parti di for-mulare proposte e avvia la negoziazio-ne. Nei casi in cui il lavoro “trasforma-tivo” della consulenza ha ottenutoqualche successo tale spazio può es-sere utilizzato per raggiungere un ac-cordo sulla gestione delle modalitàeducative e sulle funzioni genitorialiavviando il superamento dei conflittiche avevano richiesto la consulenza.

Peculiarità dell’ascolto in CTU Ascoltare il minore è un processo

che integra più elementi: fisici, emo-zionali e cognitivi nella ricerca di un si-gnificato e di una comprensione piùampia (Re, Vicini, 2005). Ascoltare inquesto contesto vuol dire anche co-gliere le capacità educative dei geni-tori, la loro idoneità a svolgere funzio-ni di guida e facilitazione, nonchè ilmodo in cui essi percepiscono i biso-gni del figlio e gli attribuiscono senti-menti e pensieri. Questo perché porsinell’ottica dell’ascolto del minore vuoldire ascoltare i problemi dei suoi stes-si genitori, perché essi, sentendosi va-lorizzati nel loro ruolo e nella loro in-dividualità siano più disponibili a mu-tare il modo di vedere ed interpretarele vicende in cui sono coinvolti e quin-di a lasciare più spazio al figlio e allasua voce (Dell’Antonio, 1990).

Ricordiamo infine che il lavoro cui ilCTU è chiamato a svolgere in questicasi si situa tra un contesto di tipo giu-diziario/ valutativo, costituito dal giu-dice, le parti in causa e i loro rappre-sentati, ad uno di tipo trasformati-vo/clinico composto dagli ex coniu-gi/genitori e dal minore. Secondo Nel-li (2003) quando si tratta di ascoltareun minore nell’ambito di una consu-lenza tecnica d’ufficio bisognerebbe af-fiancare al metodo clinico un metodo“critico” che oltre ai colloqui condottisecondo uno schema non rigido pre-veda l’uso di materiale concreto e lacreazione di un numero di situazionicritiche o cruciali.

Ricerche condotte sull’operato dei

CTU nel Tribunali di Roma (MalagoliTogliatti, Lubrano Lavadera, 2003) eMilano (Haller, 1997) hanno mostratoche negli ultimi anni 20 anni la moda-lità attraverso cui viene condotta laCTU si è modificata, assumendo ca-ratteristiche sempre più cliniche percui può essere definita consulenzaorientata in senso “trasformativo”. L’o-biettivo “clinico” è quello di evitare lacristallizzazione del conflitto, princi-pale fattore di rischio per i figli di ge-nitori separati e “fornire un senso allavicenda familiare”. Attraverso i quesi-ti posti al consulente il giudice può nonsolo avere “una fotografia” di quelli chesono i rapporti tra minore e ciascunodei genitori, delle caratteristiche dipersonalità di questi ultimi ma anchedelle indicazioni in merito alle miglio-ri modalità di collocazione e frequen-tazione dei due genitori da parte delminore stesso.

Soprattutto sembra utile che il CTUvalorizzi le competenze dell’uno e del-l’altro genitore e individui gli interventipsicosociali da suggerire per facilitarela riorganizzazione delle relazioni fa-miliari.

Nullità della consulenzaIl difensore della parte può eccepi-

re la nullità della relazione peritale,nullità che può derivare da cause siadi ordine formale che di ordine so-stanziale.

Cause di nullità formale: attengonoalla veste esteriore dell’atto. Al fine dinon incorrere in tale ipotesi, il CTU de-ve avere cura di:

• redigere la consulenza in lingua ita-liana;

• sottoscriverla. Cause di nullità sostanziale: si ri-

ducono tutte ad un unico fenotipo ge-nerale: la violazione del principio delcontraddittorio22. La nullità può esse-re anche parziale, travolgere cioè sol-tanto quella parte di relazione che sifondi su accertamenti nulli. Le più fre-quenti cause di nullità sono le seguenti.

1) Omesso invito alle parti del-l’avviso contenente la data, ora e luo-go di inizio delle operazioni quando ta-le comunicazione non risulti già nelverbale di udienza (art. 194 comma 2c.p.c. e 90 comma 1 disposizioni di at-tuazione)23. L’avviso alle parti può av-venire informandole direttamente tra-

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mite lettera raccomandata AR o conaltro sistema in grado di fornire la pro-va dell’avvenuta ricezione da parte deldestinatario.

L’obbligo di comunicazione sussistealtresì in capo al CTU qualora le inda-gini vengano rinviate ad una data nonfissata in esito alla prima riunione24 oquando le operazioni vengano sospe-se e poi riprese25, qualora vengano rin-novate o nel caso in cui, dopo che sia-no state dichiarate chiuse le operazio-ni peritali, il CTU decida di procederead altre indagini26. Se, invece, la datadi prosecuzione delle operazioni vienefissata in esito alla precedente seduta,non va fatto alcun avviso alle parti27.Si raccomanda, anche per questi mo-tivi, la redazione di un verbale adogni incontro in cui sarà specificatala data dell’incontro successivo.

Nel caso in cui, a seguito di regolareconvocazione, compaiono alla data fis-sata soltanto una delle parti, il CTU de-ve comunque iniziare le indagini.Quando non compare nessuno, il CTUdovrà fissare una nuova data per il pro-sieguo e darecomunicazionealleparti.Non viene meno l’obbligo del CTU didare l’avviso allorché si avvalga di unaltro esperto, al quale ritiene necessa-rio rivolgersi per meglio rispondere aiquesiti posti dal magistrato o quandosi avvale di un testista. L’avviso di ini-zio o prosieguo delle operazioni va co-municato sia ai difensori delle parti co-stituite sia ai consulenti di parte; nonè necessaria la comunicazione alla par-te personalmente e il consulente nonè tenuto ad avvertire la parte con-tumace, cioè la parte che non si ècostituita nel procedimento28 .

2) Valutazione di atti e documen-ti non ritualmente prodotti in cau-sa.

Il CTU può esaminare solo i docu-menti ed atti ritualmente prodotti dal-le parti e validamente acquisiti nel ma-teriale probatorio: documenti even-tualmente prodotti dalle parti al di fuo-ri di tali canali non possono essere uti-lizzati dal Giudice e, quindi, men chemeno dal CTU29.

Deve perciò ritenersi non corretta laprassi di alcuni CTU d’accettare, esa-minare e porre a fondamento della re-lazione la documentazione che l’avvo-cato, o talora la stessa parte sostan-ziale del processo, consegni loro bre-vi manu, al momento stesso cioè delle

indagini peritali e che non faccia par-te della documentazione agli atti. Ta-le prassi impedisce la possibilità di uneffettivo contraddittorio nel docu-mento consegnato al CTU. Medesimoproblema sussiste allorquando si in-viano mail o direttamente al CTU o aquest’ultimo per conoscenza: non è do-cumentazione prodotta con canali “ti-pici” e non deve essere consentito l’in-gresso tra i documenti già in possessodel CTU.

Cassazione Civile Sezione Terza,

sentenza del 10 maggio 2001 n.

6502: “Il CTU non può fondare le

proprie conclusioni su fatti o circo-

stanze non ritualmente dedotti e

provati nel giudizio: gli elementi di

fatto sui quali fonda il proprio giu-

dizio debbono essere i medesimi sui

quali il giudice potrebbe fondare la

propria sentenza”

3) Espletamento di indagini e, ingenerale, compiti esorbitanti i que-siti posti dal Giudice, ovvero nonconsentiti dai poteri che la leggeconferisce al consulente.

L’assunzione di informazione da ter-zi da parte del CTU è subordinata al-l’autorizzazione del Giudice30. La Su-prema Corte ha spesso interpretatoestensivamente la norma (art. 194cpc), ammettendo che il CTU possaassumere informazioni da terzi anchesenza la preventiva autorizzazione delGiudice a condizione che:

• le notizie acquisite da terzi debbo-no concernere fatti e situazioni re-lativi all’oggetto della relazione;

• l’acquisizione presso terzi deve es-sere necessaria per espletare con-venientemente il compito affidatoal CTU31;

• nella relazione il CTU deve indica-re le fonti del proprio accertamen-to32.

Secondo la Cassazione Civile sez. III10.5.2001 n. 6502, il CTU può acquisi-re da terzi non già qualsiasi informazio-ne, ma soltanto le informazioni “stret-

tamente necessarie per rispondere

al quesito postogli dal giudice per le

quali, peraltro, parte della giuri-

sprudenza ritiene che non sia nep-

pure necessaria una espressa auto-

rizzazione del giudice, dovendo det-

ta autorizzazione ritenersi ricom-

presa implicitamente nel mandato”. Il CTU, sempre ai sensi dell’art. 194

cpc, può assumere informazioni anchedalle parti stesse, pur se non potrà fon-dare le proprie conclusioni unicamen-te su quanto dichiarato dalla parte.

Il CTU, infine, non è tenuto ad e-seguire gli accertamenti sollecitatidal consulente di parte, in quantoegli è vincolato unicamente ai que-siti posti dal giudice33.

Una questione a parte merita l’e-ventuale partecipazione dei difensorialle operazioni peritali. L’art. 194 c.p.c.(Attività del consulente) chiarisce, tral’altro, che “Anche quando il giudi-

ce dispone che il consulente compia

indagini da sé solo, le parti posso-

no intervenire alle operazioni in

persona e a mezzo dei propri con-

sulenti tecnici e dei difensori, e pos-

sono presentare al consulente, per

iscritto o a voce, osservazioni e i-

stanze”. La partecipazione dei difen-sori deve essere dunque sempre am-messa, è bene, però, precisare che sidovrà manifestare al legale presente laopportunità che egli non intervenga di-rettamente nei colloqui clinici e anam-nestici, individuali e di coppia, ma li-mitarsi all’osservazione.

Nei colloqui con i minori, è preferi-bile una partecipazione indiretta, siadei CTP che dei legali, ovvero attra-verso uno specchio unidirezionale oschermi posti in altra stanza.

Per la somministrazione dei test psi-cologici è ormai prassi consolidata lapartecipazione del solo specialista conla parte.

L’ASCOLTO DEL MINORE NEL PROCESSO CIVILE

L’ascolto del minore è lo strumentoattraverso cui egli partecipa alla as-sunzione delle decisioni che lo riguar-dano. L’ascolto si differenzia dalla te-stimonianza, in quanto non è rivolto al-l’accertamento dei fatti, bensì alla per-sona del minore, costituendo una ma-nifestazione di opinioni ed emozioni.Il termine “ascolto” è di recente intro-duzione nel mondo giuridico, essen-dovi entrato a pieno titolo in virtù dialcune convenzioni internazionali, lacui ratifica considera la comunicazio-ne e l’ascolto come diritto fondamen-tale del bambino in ogni procedura chelo riguarda.

Il diritto del minore ad essere ascol-

linee guida/2: l’ascolto del minore

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linee guida/2: l’ascolto del minore

tato è ampiamente affermato in nu-merose disposizioni normative nazio-nali e convenzioni di diritto interna-zionale come si specifica di seguito;malgrado le indicazioni contenute nel-le disposizioni e nelle decisioni giuri-sprudenziali, la questione relativa al-l’ascolto del minore, sia nel procedi-mento civile che nel procedimento pe-nale, è stata a lungo trascurata dal no-stro ordinamento tanto da creare unanormativa disorganica.

L’introduzione e la valorizzazione del-l’ascolto interessano soprattutto i pro-cedimenti civili minorili (in particola-re adozione e potestà) e, con l’intro-duzione della normativa sull’affida-mento condiviso, i casi di separazionesia di coppie coniugate che di fatto edi divorzio. Nei procedimenti di sepa-razione personale il tema dell’ascoltoera fino a qualche anno fa inesistente.Di recente la legge 54/2006 ha intro-dotto l’art. 155 sexies cc che qualifica“regola” l’audizione del minore nei pro-cedimenti di separazione e di divorzio.La norma prevede che il giudice di-spone l’audizione del minore che ab-bia compiuto i dodici anni e anche dietà inferiore ove capace di discerni-mento. Il legislatore sottolinea il ter-mine “audizione” piuttosto che “ascol-to” al fine di evidenziare l’aspetto pro-cessuale. È utile mettere a confrontoil significato dei verbi sentire e ascol-tare: il verbo “sentire” implica che sia-no raccolte informazioni, da parte dichi compie l’attività, utili per il proce-dimento e utilizzabili in esso; l’attivitàcon cui si sente il minore costituiscepertanto un atto istruttorio con tuttele implicazioni in termini di rispetto delcontraddittorio e di modalità di ver-balizzazione (si porrebbe quindi il pro-blema delle garanzie processuali ed an-che della rappresentanza processualedel minore in caso di conflitto di inte-ressi con gli esercenti la potestà).

Il verbo “ascoltare” mette in risaltola posizione del minore nei procedi-menti che lo riguardano, nell’eserciziodel proprio diritto ad essere informa-to e ad esprimere liberamente la suaopinione.

L’ascolto implica quindi che non sia-no poste, da parte di chi compie que-sta attività, domande al minore diret-te a raccogliere informazioni utilizza-bili nel procedimento quali mezzi diprova, ma che vengano fornite al mi-nore che sia capace di discernimento

tutte le informazioni necessarie perfargli comprendere quanto sta acca-dendo.

Riferimenti normativi a fondamen-to dell’ascolto del minore

Il diritto del minore ad essere ascol-tato è ampiamente e chiaramente af-fermato in numerose convenzioni didiritto internazionale, di diritto inter-no ed in numerose pronunzie giuri-sprudenziali.

Il primo testo internazionale sono leRegole minime per l’amministra-zione della Giustizia Minorile (cd.Regole di Pechino), approvate a NewYork il 29 novembre 1985, le quali perle procedure penali prevedono:

Art. 14: “La procedura seguita de-

ve tendere a proteggere al meglio gli

interessi del giovane che delinque e

deve svolgersi in un clima di com-

prensione, permettendogli di par-

teciparvi e di esprimersi libera-

mente”.

Art. 15: “Durante il procedimento

il minore ha diritto di essere rap-

presentato da un suo consulente o

di chiedere la no mina di un avvo-

cato d’ufficio quando le disposizio-

ni del singolo paese prevedono que-

sta assistenza”.

- La Convenzione di New York del20 novembre 1989, ratificata conlegge n. 176 del 27 maggio 1991, cheha riconosciuto al minore il diritto al-l’ascolto con il richiamo espresso al-l’art. 12 della Convenzione medesima,dichiarata immediatamente precetti-va dalla sentenza della Corte costitu-zionale 16 gennaio 2002 n. 1: ha affer-mato la realizzazione del diritto dicompleta partecipazione del minore aiprocessi che lo riguardano a secondadella capacità di discernimento dellostesso.

Art. 12: 1. Gli Stati parti garanti-

scono al fanciullo capace di discer-

nimento iill ddiirriittttoo ddii eesspprriimmeerree lliibbeerraammeenn--ttee llaa ssuuaa ooppiinniioonnee ssuu ooggnnii qquueessttiioonnee cchhee llooiinntteerreessssaa, le opinioni del fanciullo sa-

ranno debitamente prese in consi-

derazione tenendo conto della sua

età e del suo grado di maturità. 2. A tal fine, si darà in particola-

re al fanciullo la possibilità di eessssee--rree aassccoollttaattoo iinn ooggnnii pprroocceedduurraa ggiiuuddiizziiaarriiaa oo

aammmmiinniissttrraattiivvaa cchhee lloo ccoonncceerrnnee, sia diret-

tamente, sia tramite un rappresen-

tante o un organo appropriato, in

maniera compatibile con le regole

di procedura della legislazione na-

zionale.

La Convenzione de l’Aja del 29maggio 1993 in materia di adozioneinternazionale, ratificata in Italia conlegge 31 dicembre 1988 n. 476, cheha modificato la legge 4 maggio1983 n. 184. Essa prevede all’art. 4:

“Le adozioni contemplate dalla

Convenzione possono aver luogo sol-

tanto se le autorità competenti del-

lo Stato d’origine si sono assicura-

te, tenuto conto dell’età e della ma-

turità del minore:

1. che questi sia stato assistito me-

diante una consulenza e che sia

stato debitamente informato

sulle conseguenze dell’adozio-

ne e del suo consenso all’ado-

zione, qualora tale consenso sia

richiesto;

2. che i desideri e le opinioni del

minore siano stati presi in con-

siderazione;

3. che il consenso del minore al-

l’adozione, quando è richiesto,

sia stato prestato liberamente,

nelle forme legalmente stabili-

te, e sia stato espresso o consta-

tato per iscritto;

4. che il consenso non sia stato ot-

tenuto mediante pagamento o

contropartita di alcun genere”.

- La Convenzione di Strasburgodel 1996 (ora ratificata con legge 20marzo 2003 n. 77) che prevede unvero e proprio “ascolto informato”,con la specificazione dei noti crite-ri guida di esaustività dell’ascolto. LaConvenzione afferma infatti che al mi-nore vanno riconosciuti una serie di di-ritti:

a) il diritto di ricevere tutte le infor-mazioni, ad essere consultato e adesprimere la propria opinione nelcorso della procedura, nonché ildiritto di essere informato sullepossibili conseguenze delle aspi-razioni da lui manifestate e dellesue decisioni (art. 3);

b) di chiedere la designazione di unrappresentante speciale nei pro-cedimenti che lo riguardano, ogni-qualvolta sussista un conflitto

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linee guida/2: l’ascolto del minore

d’interessi con i suoi genitori (art.4);

c) di chiedere di essere assistito dauna persona idonea di sua scelta,al fine di essere aiutato ad espri-mere la propria opinione (art. 5);

d) di chiedere, personalmente o permezzo di altre persone od orga-nismi, la nomina di diverso rap-presentante e, nei casi appro-priati, di un avvocato (art. 5);

e) di nominare il proprio rappresen-tante (art. 5).

- Protocollo alla Convenzione deidiritti del fanciullo sulla vendita deibambini, la prostituzione dei bam-bini e la pornografia rappresentan-te i bambini stipulato il 6.9.2000 aNew York e ratificato in Italia con l. n.46/02, richiamato nella Carta di Noto,che prevede l’adozione di procedureche tengano conto dei particolari bi-sogni dei bambini, in particolare “inquanto testimoni”. Articolo 8

“Gli Stati parti adottano ad ogni

stadio della procedura penale le mi-

sure necessarie per proteggere i di-

ritti e gli interessi dei bambini che

sono vittime delle pratiche proscritte

dal presente Protocollo, in partico-

lare:

a) Riconoscendo la vulnerabilità

delle vittime ed adattando le proce-

dure in modo da tenere debitamen-

te conto dei loro particolari bisogni,

in particolare in quanto testimoni; b) Informando le vittime riguar-

do ai loro diritti, al loro ruolo e al-

la portata della procedura, nonché

alla programmazione e allo svolgi-

mento della stessa, e circa la deci-

sione pronunciata per il loro caso; c) Permettendo che, quando gli in-

teressi personali delle vittime sono

stati coinvolti, le loro opinioni, i lo-

ro bisogni o le loro preoccupazioni

siano presentate ed esaminate du-

rante la procedura, in modo confor-

me alle regole di procedura del di-

ritto interno”.

Carta dei Diritti Fondamentali del-l’Unione Europea di Nizza del7.12.2000

Art. 24: “Diritti del bambino: I

bambini possono esprimere libera-

mente la propria opinione; questa

viene presa in considerazione sul-

le questioni che li riguardano in

funzione della loro età e della loro

maturità”.

- Il Regolamento CEE n. 2201/2003 del 27 novembre 2003 (cd. Bru-xelles II bis, relativo alla competenza,al riconoscimento ed alla esecuzionedelle decisioni in materia matrimonia-le e di responsabilità genitoriale) ap-plicabile in tutti i Paesi Membri dal1.3.2005. Il Regolamento Bruxelles IIbis n. 2201/2003 del 27.11.03 regola laprocedura di rimpatrio nei casi di sot-trazione internazionale dei minori (ela sua efficacia è circoscritta a tutti ipaesi della UE che lo hanno sotto-scritto (ad eccezione della Danimar-ca) al fine di garantire parità di condi-zioni a tutti i minori; disciplina tutte ledecisioni in materia di responsabilitàgenitoriale sia quando essa è collega-ta ad un procedimento di separazionee/o divorzio, sia quando non vi sia al-cun nesso con tali procedure. Il rego-lamento stabilisce la esecutività auto-matica delle decisioni emesse dal Giu-dice dello Stato di residenza abitualedel minore nello Stato in cui il minoresi trova o per essere stato egli illegit-timamente sottratto o perché non èstato riportato presso il primo Stato.L’art. 23 di detto regolamento che di-sciplina espressamente i motivi di nonriconoscimento delle decisioni relati-ve alla responsabilità genitoriale, e lielenca, prevede che tali decisioni nonsiano riconosciute - testuale: “SSee,, ssaallvvooii ccaassii ddii uurrggeennzzaa,, llaa ddeecciissiioonnee èè ssttaattaa rreessaasseennzzaa cchhee iill mmiinnoorree aabbbbiiaa aavvuuttoo llaa ppoossssiibbii--lliittàà ddii eesssseerree aassccoollttaattoo,, iinn vviioollaazziioonnee ddeeii pprriinn--cciippii ffoonnddaammeennttaallii ddii pprroocceedduurraa ddeelllloo SSttaattoommeemmbbrroo rriicchhiieessttoo”.

Inoltre all’art. 41 del Regolamento(diritto di visita) si prevede che la de-cisione contenente il diritto di visita,emessa in uno Stato membro, diventaesecutiva in altro Stato membro sen-za che sia necessaria alcuna dichiara-zione di esecutività e senza che sia pos-sibile opporsi al suo riconoscimento;ciò accade se la decisione è stata cer-tificata nello Stato di origine. Orbene,il Giudice rilascia il certificato solo inalcuni casi, tra cui - testuale: “ssee iill mmii--nnoorree hhaa aavvuuttoo llaa ppoossssiibbiilliittàà ddii eesssseerree aassccooll--ttaattoo,, ssaallvvoo cchhee ll’’aauuddiizziioonnee ssiiaa ssttaattaa rriitteennuuttaaiinnooppppoorrttuunnaa iinn rraaggiioonnee ddeellllaa ssuuaa eettàà oo ddeellssuuoo ggrraaddoo ddii mmaattuurriittàà”.

L’art. 42 del regolamento disciplina

la procedura per il ritorno del minore;tale ritorno è ordinato con una deci-sione esecutiva emessa in uno Statomembro ed è eseguibile in altro Statomembro senza che sia necessaria unadichiarazione di esecutività e senza checi si possa opporre se la decisione èstata certificata nello Stato di origine.Orbene, il Giudice di origine che haemanato la decisione rilascia tale cer-tificato solo se - testuale: “iill mmiinnoorree hhaaaavvuuttoo llaa ppoossssiibbiilliittàà ddii eesssseerree aassccoollttaattoo,, ssaallvvoocchhee ll’’aauuddiizziioonnee ssiiaa ssttaattaa rriitteennuuttaa iinnooppppoorrttuu--nnaa iinn rraaggiioonnee ddeellllaa ssuuaa eettàà oo ddeell ssuuoo ggrraaddooddii mmaattuurriittàà”.

Fonti normative interne all’ordina-mento italiano

L’ascolto del minore affonda le sueradici nei principi costituzionali espres-si nell’art. 2 della Costituzione (valoredel primato della dignità della perso-na) ed in quelli in tema di relazioni fa-miliari e tutela della filiazione (art. 29e 30 della Costituzione).

In relazione al codice civile, il fon-damento del diritto del bambino allacomunicazione e all’ascolto è comu-nemente rinvenuto nell’art 147 c.c.,che ai doveri tradizionali a carico deigenitori di mantenimento, istruzionee accadimento, ha aggiunto il doveredi “tenere conto dell’inclinazione na-

turale e delle aspirazioni dei figli”. Nell’art. 145 comma 1 cc nei casi di

disaccordo tra i coniugi si prevede disentire le opinioni dei figli ultra-sedi-cenni; nell’art. 250 comma 4 cc si pre-vede l’ascolto del minore nei casi di ri-conoscimento); e nell’art. 316 comma5 cc ascolto del minore maggiore diquattordici anni per i casi di contrastotra i genitori nell’esercizio della pote-stà.

Nel processo civile l’ordinamento inalcuni casi non solo esige l’ascolto delminore, ma considera vincolante la vo-lontà del minore: il riconoscimento delfiglio sedicenne non può avvenire sen-za il suo consenso (art. 250 c.c.); l’in-serimento del figlio naturale nella fa-miglia legittima non può avvenire sen-za il consenso dei figli legittimi che ab-biano compiuto i sedici anni (art. 252c.c.).

In vari momenti della procedura diadozione la volontà del minore quat-tordicenne è considerata decisiva, par-ticolarmente in conseguenza delle mo-

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linee guida/2: l’ascolto del minore

difiche apportate dalla legge n. 149 del2001 alla legge n. 184 del 1983 (“dirit-to del minore ad una famiglia”).

In diversi punti novellati della leggen. 184/1983 si prevede che il minoreche abbia compiuto i dodici anni o dietà inferiore, se abbia capacità di di-scernimento sufficiente, debba essereascoltato, (in particolare, gli artt. 7 e25 prevedono che il minore che abbiacompiuto i quattordici anni è chiama-to ad esprimere il suo consenso all’a-dozione, mentre i figli dei coniugi adot-tanti devono essere sentiti se abbianocompiuto i quattordici anni). Analogaprevisione relativa all’ascolto del mi-nore adottato è contenuta nell’art. 35della legge in tema di adozione inter-nazionale.

In altri casi, invece, è previsto soloche il minore sia obbligatoriamentesentito se ha raggiunto una certa età:dodici anni per i vari momenti dellaprocedura di adozione ed in quella diaffidamento familiare, anche di età in-feriore ove abbia sufficiente capacitàdi discernimento (art. 10 co. 5) non-ché, secondo la norma di chiusura dicui all’art. 45, quando l’ascolto non al-teri il suo equilibrio psico - emotivo.

Nel 1987, con la novella della leggen. 74 sul divorzio, all’art. 4 comma 8si attribuisce al presidente del Tribu-nale il potere di sentire i figli minori“qualora” lo ritenga strettamente ne-cessario anche in considerazione del-la loro età.

Nella procedura giudiziale relativaalla tutela, è previsto l’ascolto delminore che abbia compiuto gli an-ni 10 in ordine al luogo in cui deve es-sere allevato o avviato agli studi ed allavoro (art. 371 cc).

Il minore che abbia compiuto gli an-ni 16 dev’essere sentito sulla nominadel tutore (art. 348 co. 3° c.c.); se èpossibile deve intervenire nella for-mazione dell’inventario (art. 363 co. 1°c.c.) o dev’essere invitato ad esamina-re il conto finale e presentare le sueosservazioni (art. 386 comma 1° c.c.).

Tale disciplina deve essere peraltroriletta alla luce della previsione di cuiall’art. 12 della Convenzione di NewYork, che impone l’ascolto del minorecapace di discernimento in ogni pro-cedura giudiziaria o amministrativa chelo riguarda e dunque anche nel proce-dimento di tutela.

Pertanto, l’ascolto del minore, di-

rettamente da parte del giudice tute-lare o delegato ai servizi, deve rite-nersi divenuto obbligatorio in tuttii casi in cui debbano essere compiutiatti di disposizione sul patrimoniodel minore, o si debbano assumereprovvedimenti che incidano sulla sfe-ra personale del minore.

Nei procedimenti camerali davantial Tribunale per i Minorenni, la dif-fusione del principio dell’ascolto delminore è avvenuto in via interpretati-va, a seguito della sentenza della Cor-te Costituzionale n. 1/2002, la quale va-lorizza la portata integratrice dell’art.12 Convenzione di New York e, conuna sentenza interpretativa di rigetto,ha ritenuto infondata la questione dilegittimità costituzionale dell’art. 336uc c.c., sull’erronea premessa inter-pretativa che nei procedimenti came-rali concernenti la potestà dei genito-ri, non sia prevista l’audizione del mi-nore ultradodicenne e, se opportuno,quello di età inferiore.

Argomenta dunque la Corte che, aisensi dell’art. 12 comma 2, si deve da-re in particolare al fanciullo la pos-sibilità di essere ascoltato in ogniprocedura giudiziaria o ammini-strativa che lo concerne, sia diret-tamente, sia tramite un rappresen-tante o un organo appropriato, inmaniera compatibile con le regoledi procedura della legislazione na-zionale.

Tale prescrizione, ormai entrata nel-l’ordinamento, è idonea ad integrare -ove necessario - la disciplina dell’art.336, secondo comma, cod. civ., nel sen-so di configurare il minore come “par-te” del procedimento, con la necessitàdel contraddittorio nei suoi confronti,se del caso previa nomina di un cura-tore speciale.

Rilevante il richiamo alla recente leg-ge n. 149 del 2001, dalla quale si evin-ce l’attribuzione al minore (nonché aigenitori) della qualità di parte, con tut-te le conseguenti implicazioni.

Nei casi di separazione personaledei genitori, sia essa consensuale chegiudiziale o di modifica delle condizio-ni di separazione, il tema dell’audizio-ne del minore era, fino a poco tempofa, quasi inesistente.

Di recente, invece, la legge 8 feb-braio 2006 n. 54, meglio nota comelegge sull’affido condiviso, con l’in-troduzione dell’art. 155 sexies nel c.c.

ha di fatto elevato a regola l’audizionedel minore nei procedimenti separa-zione.

La norma prevede, infatti, che “il

giudice dispone l’audizione del mi-

nore che abbia compiuto i dodici

anni e anche di età inferiore ove ca-

pace di discernimento”. Il legislatore uuttiilliizzzzaa iill tteerrmmiinnee ‘‘aauuddiizziioo--

nnee’’,, ppiiuuttttoossttoo cchhee ‘‘aassccoollttoo’’,, aall ffiinnee ddii ssoottttoollii--nneeaarrnnee ll’’aassppeettttoo tteeccnniiccoo -- pprroocceessssuuaallee.

L’obbligatorietà dell’ascolto del mi-nore ultradodicenne, o di età inferio-re che abbia sufficiente capacità di di-scernimento scaturisce, in adegua-mento ai principi stabiliti dalle Con-venzioni internazionali, dall’uso dell’in-dicativo ‘dispone’.

Si è detto tuttavia che l’intera nor-mativa va interpretata alla luce delprincipio del ‘superiore interesse delminore’.

Ciò fa propendere per la tesi secon-do cui il giudice può evitare di dispor-re l’ascolto del minore, quando lo ri-tenga contrario al suo interesse.

Il termine audizione richiama l’ideadi un atto processuale ben preciso, incui il minore si presenta al giudice ilquale lo interroga liberamente, se è ilcaso prende nota di ciò che egli spon-taneamente afferma e trae delle con-clusioni da questa audizione.

Ma in realtà se la norma è diretta aconformare la normativa interna aquella internazionale, più che di audi-zione del minore deve parlarsi di ‘ascol-to’, inteso in senso ampio come atten-zione alle esigenze del minore, alle sueidee, ai suoi desiderata ed all’interes-se partecipativo che questi ha alla vi-cenda dei genitori.

Considerando, sotto il profilo dellainterpretazione letterale, l’uso del ter-mine ‘dispone’ anziché ‘può disporre’,e sotto il profilo della individuazionedella necessità di adeguarsi alle con-venzioni internazionali, che configu-rano l’ascolto come diritto del minore,deve ritenersi che la legge abbia re-so obbligatoria non la semplice “au-dizione” ma l’ascolto del minore.

Sembra peraltro rimessa alla discre-zionalità del giudice la modalità dell’a-scolto, ovvero se come audizione di-retta, diretta con ausiliario, o indiretta,sempre al fine di consentire al minoredi esprimere appieno i propri bisogni.

Inoltre, la norma pare collocare cro-

78

nologicamente l’ascolto del minore inun momento antecedente la emissio-ne dei provvedimenti provvisori (“pri-ma dell’emanazione, anche in via prov-visoria, dei provvedimenti di cui all’art.155 c.c”).

L’ascolto del minore dovrà essere di-sposto unicamente nei procedimenticontenziosi (separazione, divorzio, in-terruzione conflittuale di convivenzamore uxorio); nel caso di procedimenticonsensuali, l’ascolto potrà essere di-sposto soltanto laddove particolari cir-costanze del caso lo rendano opportu-no.

In ogni caso, l’ascolto del minore po-trà essere disposto solo nei casi in cuidebbano essere presi provvedimentiche riguardino l’affidamento, le moda-lità di visita e tutte le decisioni relati-ve ai figli, eccettuate le ipotesi in cuila vertenza riguardi esclusivamente gliaspetti economici.

Tutti gli articoli della Convenzionedi Strasburgo rinviano alla nozione didiscernimento prevista dal diritto in-terno di ciascuno Stato firmatario.

Ulteriore e più recente, fonte norma-tiva è l’iniziativa del Consiglio d’Eu-ropa in materia di protezione e pro-mozione dei diritti dei minori rap-presentate dalle “Linee guida peruna giustizia a misura di minore”adottata dal Comitato dei Ministriil 17 novembre 2010.

Tali linee guida mirano a sosteneregli stati membri nel processo di ade-guamento dei loro sistemi giudiziari aidiritti, agli interessi ed alle esigenzespecifiche dei minori. Nel corso delprocedimento si prevede la protezio-ne del diritto del minore ad essere rap-presentato, ad essere ascoltato e adesprimere le proprie opinioni.

Recentissimo riferimento normativoall’ascolto quale “diritto” del figlio lotroviamo nel testo unificato delle “Di-sposizioni in materia di riconosci-mento dei figli naturali”, approvatodalla Camera dei Deputati nella sedu-ta del 30 giugno 2011, ove all’art. 6 silegge:

“Dopo l’articolo 315 del codice civi-le come sostituito dal comma 5 del pre-sente articolo, è inserito il seguente.Art. 315 bis (Diritti e doveri del figlio).

“...il figlio minore che abbia com-

piuto gli anni dodici, e anche di età

inferiore ove capace di discerni-

mento, ha diritto di essere ascolta-

to in tutte le questioni e le procedu-

re che lo riguardano”.

La capacità di discernimento per gli operatori del diritto

Non potendo, nel caso dell’ordina-mento italiano, ricorrere a definizionigià presenti nel diritto interno, e occor-rendo al tempo stesso dare esecuzio-ne ai dettami delle Convenzioni inter-nazionali su questo punto, diventa ne-cessario per gli operatori preposti allatutela dei minori interrogarsi sul si-gnificato da attribuire al termine “ca-pacità di discernimento”.

Naturalmente non può non ricono-scersi come l’immediata applicabilitàdelle norme che prevedono l’audizio-ne del minore richieda preliminarmen-te la corretta definizione delle catego-rie in esse richiamate, prima fra tuttela capacità di discernimento del mi-nore.

Detta categoria è ancora in defini-zione nel nostro ordinamento sebbe-ne il suo utilizzo fosse stato introdot-to in ambito penale dal codice Zanar-delli all’art. 54, con limite di età infe-riore per l’imputabilità minorile, ter-mine poi sostituito dal Codice Rocco,con il concetto di capacità d’intende-re e volere, tradotto dagli interpretinella categoria di “maturità del mino-re”.

In via generale si considera acquisi-ta dopo i dodici anni ma non è certoescluso che minori ben più piccoli, an-che di sei-otto anni, possano rappre-sentare validamente la propria idea ri-spetto al loro mondo affettivo ed al ge-nitore con il quale preferiscono starepiù vicini.

La categoria è complessa è certoporrà agli interpreti le stesse difficoltàin termini di implementazione unifor-me già sollevate con il concetto di ma-turità del minore, categoria sulla con-figurazione della quale gli esperti han-no espresso disagio perché obbliga arestringere in categorie giuridiche ciòche, per sua natura, non ha confini pre-stabiliti.

Inoltre mentre il concetto di matu-rità viene correlato alla capacità delminore di comprendere il significatoanche morale dei propri atti delittuo-si ed autodeterminarsi , il concetto didiscernimento dovrà essere ancoratoai vissuti e bisogni affettivi ed emotivi

del minore ed alla sua capacità di com-prenderli e rappresentarli.

Proprio in funzione di tale svolta de-cisiva nella considerazione del minoresi pone l’accento sulla necessità di ri-ferirsi alla capacità di discernimentodel bambino tanto nell’ascoltarlo quan-to nel tener conto delle sue opinioni edei suoi desideri, avendo come para-metri - ai fini della partecipazione delminore alle decisioni che lo riguarda-no - la sua età e maturità.

A differenza di quanto sostenuto nel-l’ambito degli studi di matrice psicolo-gica, llaa nnoozziioonnee ddii ccaappaacciittàà ddii ddiisscceerrnniimmeennttooargomentata dai giuristi vi fa rien-trare sia la capacità del minore dicomprendere ciò che è utile per luisia la capacità di operare delle scel-te autonome senza subire l’influen-za della volontà di altri soggetti.

La Convenzione di New York sui di-ritti del fanciullo (20 Novembre 1989,ratificata in Italia con Legge 27 mag-gio 1991, n. 176), nell’art. 12, recepi-sce il principio generale della neces-sità di tenere conto dell’opinione delminore capace di discernimento daquesti espressa in ogni procedimentogiudiziario che lo riguarda.

Il principio è ribadito nella Conven-zione Europea sull’esercizio dei di-ritti dei fanciulli (Strasburgo, 25gennaio 1996), ratificata in Italia conLegge 20 Marzo 2003, n. 77: art. 3: “nei

procedimenti che lo riguardano din-

nanzi a un’autorità giudiziaria, al

minore che è considerato dal dirit-

to interno come avente capacità di

discernimento vengono riconosciu-

ti i seguenti diritti, di cui egli stes-

so può chiedere di beneficiare: a. Ri-

cevere tutte le informazioni perti-

nenti; b. Essere consultato ed espri-

mere la propria opinione; c. Essere

informato sulle possibili conseguen-

ze delle aspirazioni da lui manife-

state e delle possibili conseguenze

di ogni decisione”. Quale livello di competenza?

a) livello di competenza delle funzionipsichiche dell’Io e delle disponibili-tà-capacità cognitive, emotive e re-lazionali correlate all’età, alla scola-rità, al contesto familiare e sociale;

b) livello di competenza legato alla di-sponibilità-capacità del minore didifferenziare gli elementi essenzialidei dati di realtà da costruzioni pre-valentemente fantastiche;

linee guida/2: l’ascolto del minore

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linee guida/2: l’ascolto del minore

c) organizzazione di personalità, dellecondizioni psicologiche e/o psico-patologiche, con particolare atten-zione al livello di suggestionabilitàe alla presenza di significativi sensidi colpa;

d) patrimonio espressivo verbale e nonverbale;

e) sussistenza di eventuali evidenzecliniche di disagio e di malesserepsicologico eventualmente correla-bile con i fatti per cui si procede.

Orientamento giurisprudenziale

Esaminiamo i più rilevanti indirizzigiurisprudenziali nazionali di legitti-mità ed internazionali.

La Corte Costituzionale nella sen-tenza n. 1 del 30 gennaio 2002 avevaaffermato che l’art. 12 della Conven-zione di New York sui Diritti del Fan-ciullo è idoneo ad integrare la discipli-na dell’art. 336 cc secondo comma nelsenso di individuare il minore comeparte sostanziale del procedimento.

Un ampio riconoscimento al dirittoall’ascolto del minore è stato succes-sivamente sancito dalla Cassazione,Sezioni Unite, con la sentenza n.22238/09 depositata il 21.10.09, cheha affermato l’obbligatorietà dell’audi-zione dei figli minori nel procedimen-to di modifica delle condizioni della se-parazione riguardante il loro affida-mento, salvo che tale ascolto possa es-sere in contrasto con i suoi interessifondamentali e dovendosi motivare l’e-ventuale assenza di discernimento deiminori che possa giustificarne l’omes-so ascolto.

Dovendosi qualificare parti in sen-so sostanziale, i minori sono portato-ri di interessi contrapposti o diversi daquelli dei genitori: costituisce, quindi,violazione dell’art. 6 della Convenzio-ne di Strasburgo e dell’art. 155 sexiesc.c., il mancato ascolto dei minori og-getto di causa.

La Corte di Cassazione ribadisce lasua obbligatorietà, ai sensi dell’art. 6della Convenzione di Strasburgo, neiprocedimenti aventi ad oggetto l’affi-damento del minore, salvo che nonpossa arrecargli danno e dovendosimotivare sul suo difetto di discerni-mento che possa giustificare l’omessoascolto.

All’ingiustificato omesso ascolto del

minore, la Cassazione ha dunque fat-to conseguire l’annullamento del prov-vedimento, con rinvio al giudice a quo.

Ormai è ius receptum il principio

dell’obbligatorietà dell’ascolto del mi-nore, salva la valutazione relativa allasussistenza di un possibile pregiudizioal suo equilibrio psico - fisico, nei pro-cedimenti in materia di adozione e af-fidamento, laddove vi è un’espressaprevisione normativa di tale obbligo.

La Cassazione ha peraltro ritenutoche l’omesso ascolto del minore, in vio-lazione dei principi portati dalle con-venzioni internazionali, integri una vio-lazione dei principi del giusto proces-so e del contraddittorio.

Cassazione Civile Sezione Primadel 26.3.2010 n. 7282: “l’audizione

del minore non rappresenta una te-

stimonianza o un altro atto istrut-

torio rivolto ad acquisire una ri-

sultanza favorevole all’una o all’al-

tra soluzione, bensì un momento

formale del procedimento deputato

a raccogliere le opinioni ed i biso-

gni rappresentati dal minore in me-

rito alla vicenda in cui è coinvolto,

deve svolgersi in modo tale da ga-

rantire l’esercizio effettivo del di-

ritto del minore di esprimere libera-

mente la propria opinione, e quin-

di con tutte le cautele e le modalità

atte ad evitare interferenze, turba-

menti e condizionamenti, ivi com-

presa la facoltà di vietare l’interlo-

cuzione con i genitori e/o con i di-

fensori, nonchè di sentire il mino-

re da solo, o ancora quella di dele-

gare l’audizione ad un organo più

appropriato e professionalmente più

attrezzato”. Cassazione Civile Sezione Prima

del 14.6.2010 n. 14216: “Nel provve-

dimento di adozione incombe solo

al giudice di primo grado l’obbligo

di ascoltare il minore, e non anche

al giudice di Appello, tenuto solo a

sentire il P.M. e le parti, nonchè ad

effettuare ogni opportuno accerta-

mento...”. Nella sentenza emessa dalla Cas-

sazione Civile Sezione Prima dell’11agosto 2011 n. 17201, si sancisce lanecessità dell’audizione del minore neiprocedimenti in tema di sottrazione in-ternazionale (mancato rientro nella re-sidenza abituale): “La volontà del mi-

nore di opporsi al rientro non in-

dica una condizione per sè preclu-

siva alla emanazione dell’ordine di

rimpatrio quando esso provenga da

un minore che non abbia ancora

raggiunto l’età ed il grado di matu-

rità tali da giustificare il rispetto

della sua opinione; in tal caso l’a-

scolto del minore, avente capacità

di discernimento, ha rilevanza co-

gnitiva in quanto l’esito di quel col-

loquio può consentire al Giudice di

valutare direttamente o meno il fon-

dato rischio per il minore di essere

esposto per il suo ritorno a perico-

lo psichico o comunque di trovarsi

in una situazione intollerabile”. Siconferma in tal modo un principio giàespresso con la sentenza n. 16753 del27.7.2007 emessa sempre dalla PrimaSezione Civile della Corte di Cassazio-ne.

La sentenza è rilevante anche per-chè l’opinione del minore non è consi-derata vincolante per decidere: “...fer-

mo restando che alla opinione e-

spressa dal minore, contraria al

rimpatrio, può attribuirsi efficacia

non di clausola esclusiva del riget-

to dell’istanza, bensì di elemento

corroborante il convincimento del

Giudice sulla sussistenza del pre-

giudizio, quale causa autonoma suf-

ficiente di deroga al principio ge-

nerale del suo rientro immediato”.Il principio era già stato espresso inuna precedente decisione della PrimaSezione Civile della Corte di Cassazio-ne del 18.3.2006 n. 6081.

Giurisprudenza Corte Europea Diritti dell’Uomo

Sentenza Levin c. Svezia - ricorson. 35141/06 - Quinta Sezione 15 mar-zo 2012: “È conforme all’interesse delminore la decisione delle autorità na-zionali di limitare il diritto di visita del-lo stesso con il genitore dal quale si siaallontanato, se il minore abbia espres-so la propria volontà di non incontrar-lo frequentemente. Tale volontà, indi-pendentemente dall’età (nel caso dispecie i minori avevano nove e setteanni) può essere indagata anche me-diante la interpretazione degli agiti delbambino, e del suo stato d’animo chepalesi segnali di ansietà, svogliatezzae insofferenza nell’incontrare il geni-tore.

Sentenza Plaza c. Polonia - ricor-so n. 18830/07 Quarta Sezione - 25gennaio 2011: “Le decisioni in materia

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di affidamento di figli minori, nei pro-cedimenti ad alto grado di conflittua-lità tra i coniugi, devono essere orien-tate dal criterio del preminente inte-resse del minore e particolare riguar-do deve essere prestato alla situazio-ne psicologica del bambino, prenden-do in considerazione anche la sua vo-lontà.

Sentenza Eski c. Austria, ricorson. 21949/03 Prima Sezione - 25 gen-naio 2007: nei procedimenti di adotta-bilità l’opinione espressa dal minoredeve essere tenuta in considerazionespecie se, alla luce di tutto il procedi-mento e dei fattori antecedenti lo stes-so, ciò corrisponda al suo superiore epreminente interesse.

Interessante è anche la sentenzaDeticek c. Sgueglia, emessa dalla Cor-te di Giustizia Europa - Terza Sezioneil 28 dicembre 2009: nei procedimen-ti concernenti l’esercizio della respon-sabilità genitoriale, ai sensi del regola-mento di Bruxelles n. 2201/2003, le de-cisioni devono essere assunte nel ri-spetto dei diritti fondamentali del bam-bino come tutelati dall’art. 24 dellaCorte di Nizza. In particolare devonoessere presi in considerazione i suoibisogni (Nel procedimento il minoreaveva espresso il desiderio di restarecon la mamma, e nel paese stranierodove era stato portato dalla stessa enel quale si era perfettamente inte-grato).

Problematiche processuali Ci si è interrogati sulle conseguen-

ze processuali relative all’omessoascolto del minore.

Si ritiene che l’omesso ascolto delminore non dovrebbe determinare lanullità dei provvedimenti provvisori, oquantomeno non è prevista alcuna san-zione di nullità per l’inosservanza diquesta norma: tuttavia è pur vero chel’adeguatezza dei provvedimenti prov-visori può oggi essere discussa in se-de di reclamo alla Corte d’Appello eche l’omesso ascolto del minore può aquesto punto diventare motivo di re-clamo ove la parte alleghi che man-cando questo elemento di cognizionee di valutazione, il giudice non abbiaben calibrato il provvedimento di affi-damento.

Non pare invece che l’omesso ascol-to del minore rappresenti una viola-

zione del principio del contraddittorio,che, ai sensi dell’art. 354 cpc, deter-mini la rimessione del procedimentoal primo giudice.

È invero un principio pacifico in giu-risprudenza che il minore è rappre-sentato in giudizio e tutelato nei suoiinteressi e diritti attraverso la nomina,ai sensi dell’art. 78 cpc, del curatorespeciale (che trova conforto normati-vo nei principi generali sia della Con-venzione di New York che della Con-venzione europea di Strasburgo), qua-lora la sua posizione sia potenzialmenteconfliggente con quella dei suoi geni-tori e rappresentati legali.

Ne discende che la mancata nominadel curatore speciale al minore, lad-dove ve ne siano i presupposti, deter-mina la nullità assoluta dell’intero giu-dizio di merito (insanabile e rilevabi-le, anche d’ufficio, in ogni stato e gra-do di esso), conseguente al vizio di co-stituzione del rapporto processuale ealla violazione del principio del con-traddittorio(cfr. da ultimo Cass. civ.,sez. I, 04 maggio 2009, n. 10228).

Non pare invece che analoga sanzio-ne processuale possa conseguire all’o-messo ascolto del minore, che invecesi può tradurre in una valutazione in-completa o in un errore della decisio-ne.

Al di là della considerazione per cui,nei procedimenti di volontaria giuri-sdizione il minore è parte eventuale,potendo in caso di assenza di conflit-to essere rappresentato dal genitore,l’ascolto del minore non è uno stru-mento di integrazione del contradditto-rio, valendo a tale scopo lo strumentodella nomina del curatore speciale - di-fensore del minore.

Il mancato ascolto potrà riverberar-si nella valutazione del merito delprovvedimento, per cui la decisione delgiudice che non abbia raccolto il pun-to di vista del minore apparirà verosi-milmente lacunosa.

Ne consegue che il giudice del re-clamo potrà integrare l’istruttoria pro-cedendo all’ascolto o disponendo l’a-scolto del minore.

È indubbio che l’ascolto potrà avve-nire in forma diretta, anche con l’ausi-lio di un esperto, o in forma indiretta,mediante CTU o da parte di uno psi-cologo del servizio pubblico (consul-torio familiare, servizio di neuropsi-chiatria infantile).

Tutte le modalità di ascolto, che con-sentano al minore di far sentire la pro-pria voce e di esprimere i suoi bisogni,vanno considerate equivalenti, al finedi ritenere adempiuta la prescrizionenormativa.

Quali implicazioni sul piano pro-cessuale pone l’ascolto del minoreinteso quale esercizio di un dirittodel minore stesso?

Quando l’ascolto risponde effettiva-mente alla necessità di rendere effet-tivo il diritto del minore ad esprimereliberamente le proprie opinioni (non-chè ad essere informato sulla naturadel procedimento che lo vede coinvol-to o sulle possibili conseguenze delledecisioni che possono essere assuntesul piano processuale) diventa rile-vante ipotizzare possibili cause di vio-lazione del principio del contradditto-rio in quei procedimenti - quali quellidi separazione e divorzio dei genitori-in cui il minore non è rappresentatoin giudizio da un curatore speciale e sipuò ipotizzare un contrasto tra la suaposizione e quella dei suoi genitori(suoi rappresentanti ex lege).

Diventa altresì rilevante individuaremodalità adeguate affinchè l’ascoltodel minore costituisca per questo ulti-mo una effettiva opportunità di espri-mere i propri bisogni e desideri.

L’ascolto costituisce “qualcosa di di-stinto dalla attività di raccolta degli ele-menti di fatto che confortano, o meno,le assunzioni di fatto nelle quali le par-ti fondano le proprie domande”. L’a-scolto non è un mezzo istruttorio, ben-sì realizza il diritto del minore a far sen-tire la propria voce, a conoscere il giu-dice che deciderà qualcosa che lo ri-guarderà; consente inoltre al giudicedi conoscere il destinatario delle suedecisioni e di modulare tali decisionitenendo conto delle opinioni del mi-nore. In assenza di norme processualiche regolamentano un momento cosìdeterminante per la vita del minore, edei suoi genitori, ed al fine di porrecompiute specificazioni nella correttaattuazione del diritto all’ascolto sonostati elaborati protocolli che hanno vi-sto la collaborazione di professionisti,magistrati ed esperti del settore.

linee guida/2: l’ascolto del minore

81

linee guida/2: l’ascolto del minore

LE MODALITÀ DELL’ASCOLTODEL MINORE FISSATE

NEI PROTOCOLLI IN MATERIA CIVILE

Maggiori dettagli e compiute speci-ficazioni sulla corretta attuazione deldiritto suddetto sono poi previste daiprotocolli sull’ascolto del minoreelaborati con la collaborazione diprofessionisti ed esperti nel setto-re. Essi, pur senza assumere alcunavalenza precettiva, codificano prassivirtuose, per far sì che l’audizione nelprocesso costituisca per il minore u-n’effettiva opportunità di esprimerepropri bisogni e desideri.

A tale scopo è necessario che si pro-ceda all’ascolto con modalità adegua-te e rispettose della sua sensibilità, nelrispetto del principio della minima of-fensività.

La procedura dell’ascolto pone in-fatti in inevitabile contrapposizione dauna parte la tutela del diritto del mi-nore, dall’altra l’obbligo del Tribunaledi espletare il procedimento civile openale.

Ascoltare il minore significa, invece,permettergli di leggere dentro se stes-so e cercare di capire, magari attra-verso la collaborazione di personalespecialistico, quelle che sono le sueaspirazioni, i suoi desideri, ma anchele sue paure e i suoi bisogni.

Tutto ciò che il minore esprime vadecodificato, depurato: è necessariomettere in atto una strategia in fun-zione della sua età, della sua vulnera-bilità e del suo contesto quotidiano efamiliare.

Nell’ascolto è necessario prestaremolta attenzione al linguaggio utiliz-zato dal minore, ai suoi messaggi na-scosti.

È fondamentale allentare le sue re-sistenze, cercare di far emergere le suepaure, i suoi vissuti, prestando moltaattenzione all’ambiente familiare chelo riguarda.

L’ambito in cui sono stati elaborati iprotocolli, in campo civilistico e all’in-domani dell’entrata in vigore della leg-ge n. 54/06, è quello del procedimen-to di separazione/o divorzio dei co-niugi e del procedimento dinanzi il Tri-bunale per i Minorenni. Frequente-mente la parte afferente l’ascolto delampio protocollo relativo al giudizio ci-

vile o a quello del procedimento di fa-miglia.

Criteri individuati nella predisposi-zione dei protocolli

I criteri ai quali si è fatto riferimen-to nella stesura dei singoli protocollidelle diverse sedi di Autorità Giudi-ziaria, sono i seguenti:

• Tipologia dei procedimenti nei qua-li è obbligatoria l’audizione

• Audizione del minore dodicenneed infradodicenne

• Soggetti dell’audizione (Giudice,ausiliario, consulente, giudice ono-rario)

• Tempi, modalità e luogo dell’audi-zione

• Presenza delle parti, difensori e cu-ratore speciale

• Diritto all’informazione del mino-re

• Verbalizzazione • Ascolto del minore in sede di CTU • Esclusione dell’audizione • Doveri degli avvocati dei genitori

Il protocollo di Milano disciplinal’ascolto del minore nei procedimenticontenziosi, con riferimento alle solequestioni relative all’affidamento e di-ritto di visita e le decisioni che riguar-dano i figli; prevede che l’ascolto delminore sia effettuato per il minore in-fra - dodicenne mediante o un esper-to o una ctu, anche per la valutazionedella capacità di discernimento; è svol-to in un locale idoneo a porte chiuse efuori dall’orario scolastico; con verba-lizzazione sommaria e in assenza del-le parti e dei loro difensori; con il cu-ratore ed l’eventuale presenza dei ge-nitori ove richiesta dal minore; fattasalva possibilità di sottoporre preven-tivamente temi ed argomenti al giudi-ce; sono altresì disciplinati i doveri diinformazione del minore; i doveri diinformazione del minore sui motivi delsuo coinvolgimento e dei possibili esi-ti del procedimento,precisando che ta-li esiti non necessariamente sarannoconformi a quanto essi esprimerà.

L’avvocato dei genitori non dovràavere contatti con il minore e dovrà in-vitare i suoi assistiti ad un atteggia-mento responsabile nei confronti del

minore. Qualora si proceda ad unascolto in sede di CTU, è auspicabileche detto incombente avvenga senzala presenza delle parti o difensori e po-trà essere richiesto che venga video-registrato. Prima della audizione i con-sulenti di parte potranno sottoporre alCTU i temi e gli argomenti sui quali ri-tengono opportuno sentire il minore.

Il protocollo di Roma, relativo alprocedimento dinanzi il T.M., prevedel’eccezionalità dell’ascolto del minoreinfra - dodicenne, salvo che non ci siaaccordo in tal senso e previa eventua-le valutazione sulla capacità di discer-nimento da parte del servizio territo-riale;

la predisposizione di un ambiente at-trezzato con specchio uni-direzionale;

il suo svolgimento in forma direttadavanti al giudice, il diritto dei difen-sori delle parti ad essere presenti sen-za intervenire direttamente e comun-que di proporre al giudice dei temi dasottoporre prima dell’inizio dell’atto;

la previsione del dovere di informa-zione del minore, la verbalizzazione in-tegrale e fedele dell’audizione, possi-bilmente video o audio-registrata, ri-portando anche le manifestazioni nonverbali del minore.

Il protocollo di Venezia è inseritonel protocollo generale per le udienzecivili in tema di separazione e di di-vorzio ed è previsto solo nei procedi-menti contenziosi e non consensuali;

- sia i legali che i genitori potrannoesporre le ragioni per cui conside-rano l’ascolto contrario all’interes-se del minore nonché offrire argo-menti sui quali ritengano opportu-na una risposta del minore;

- si prevede la fascia pomeridiana perla udienza d’audizione ed il luogoove essa debba avvenire (identifi-cato presso l’Istituto “Santa Mariadella Pietà) in alternativa all’auladel tribunale;

- la verbalizzazione delle dichiara-zioni sarà integrale (anche nel lin-guaggio e nelle forme espressivenonché nel linguaggio non verba-le) ed assunta alla eventuale pre-senza di un ausiliario del giudice edel curatore speciale del minore,se nominato, ma non dei difensori

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dei genitori né di questi ultimi (chepotranno prendere poi visione deiverbali).

Al minore verranno preventivamen-te fornite informazioni sul motivo e suipossibili esiti del procedimento.

Il protocollo di Salerno (per i Tri-bunali di Salerno, Vallo della Lucania,Sala Consilina) all’interno di un pro-tocollo per i procedimenti minorili e difamiglia, prevede l’ascolto del minoreunicamente nei procedimenti conten-ziosi e nei casi in cui debbano essereassunti provvedimenti che riguardanol’affidamento e le modalità di frequen-tazione; il minore infradodicenne po-trà essere ascoltato alla presenza di unausiliario o all’interno di una CTU pervalutare la capacità di discernimento;l’audizione avverrà ad udienza fissa edorario prestabilito, in ambiente ade-guato e a porte chiuse; avverrà allapresenza di un ausiliario da parte delGiudice e, dinanzi al T.M., potrà esse-re delegata ad un giudice onorario cheriferirà al Giudice relatore; vi sarà ver-balizzazione delle dichiarazioni, anchein forma sommaria non è prevista lapresenza dei genitori e dei difensori, iquali prima dell’audizione potrannosottoporre al Giudice i temi e gli argo-menti sui quali ritengono opportunosentire il minore mentre, se nominato,è prevista la presenza del curatore spe-ciale.

È previsto che se il minore richie-derà la presenza di un genitore o di en-trambi o di una persona estranea al nu-cleo, tale richiesta dovrà comunque es-sere valutata dal Giudice, anche in con-siderazione dell’età del minore.

È previsto, un diritto all’informazio-ne da parte del minore; qualora l’a-scolto venga fatto all’interno di unaCTU, si auspica che avvenga senza lapresenza dei difensori e dei genitori eche esso venga videoregistrato.

Il protocollo di Campobasso edIsernia (giugno 2010) prevede la elen-cazione dei procedimenti contenziosiin cui è ritenuta obbligatoria l’audizio-ne del minore infradodicenne dinanziil T.O. ed il T.M.; in caso di minore in-fradodicenne si procederà, previa va-lutazione di ricorrere ad un ausiliarioo ad un incarico peritale per l’accerta-

mento della “capacità di discernimen-to” e sempre ad opera del Magistratotitolare della procedura.

L’ascolto sarà effettuato fuori dall’o-rario scolastico, in ambiente adeguatoe a porte chiuse e dovrà essere garan-tita riservatezza e tranquillità al mino-re; se ritenuto opportuno si procederàcon mezzi di riproduzione videografi-ca o audiovisiva; saranno assenti le par-ti ed i difensori che potranno prelimi-narmente sottoporre i temi sui qualiritengono opportuno sentire il mino-re; sarà data adeguata informazione alminore e se questi è ascoltato in sededi CTU si procederà alla sola presen-za dei consulenti di parte che primadella audizione potranno sottoporre alCTU i temi sui quali ritengono oppor-tuno sentire il minore.

Due rilievi importanti: a) il Magistra-to, prima di decidere in ordine alla au-dizione, chiederanno alle parti infor-mazioni circa la eventuale pendenzadei procedimenti de potestate; b) quan-do il minore è stato già ascoltato in al-tre sedi giudiziarie l’audizione potrà es-sere esclusa se dalla acquisizione degliatti si rilevi che la ripetizione sarebbesuperflua o dannosa perché l’opinionerispetto all’oggetto del procedimentoè già emersa; c) si prevede un doveredi astensione degli avvocati.

Il protocollo di Varese prevede che,ove la capacità di discernimento nonsia desumibile o sia controversa la sus-sistenza del rischio di danni al minorein conseguenza della audizione, il Giu-dice prima dell’ascolto delega il Servi-zio Sociale, in persona del Servizio tu-tela minori, affinchè redigano relazio-ne sul presunto, previo accenno ai luo-ghi in cui il minore svolge la propria vi-ta.

Qualora il minore sia stato già ascol-tato in altre sedi giudiziarie, l’audizio-ne può essere esclusa qualora dalla ac-quisizione degli atti si rileva che la opi-nione del minore rispetto all’oggettodel procedimento sia già emersa, l’au-dizione sarà effettuata in un aula delTribunale apposita in ora pomeridianae dovranno essere ammessi solo i di-fensori delle parti ed il curatore, se no-minato, che devono astenersi dall’in-terloquire con il minore. I genitori nonpossono assistere, salvo che il Giudicenon lo ritenga opportuno.

Rilievi importanti: a) l’ordinanza che

dispone l’audizione contiene il riferi-mento ai fatti sui quali il Giudice in-tende ascoltare il minore, i difensoridelle parti, entro un termine anterio-re alla udienza e fissato dal Giudice,hanno facoltà di proporre ulteriori mo-dalità d’indagine. La ordinanza è co-municata al P.M. per consentirne l’in-tervento; nella ordinanza il Giudice puòdelegare i Servizi Sociali affinchè assi-stano il minore fino alla udienza di au-dizione e diano a lui adeguata infor-mazione; b) Il minore è ascoltato dalGiudice; l’audizione può essere diret-ta, assistita, indiretta o protetta.

L’audizione protetta riguarda, in ge-nere, la ipotesi in cui il minore abbiauna età compresa tra i 15 e i 17 anni;il Giudice può optare per l’audizioneindiretta, per i minori di età compresatra i 12 ed i 15 anni, nei luoghi predi-sposti dal Servizio Sociale territorial-mente competente che viene all’uopodelegato dal Giudice, il quale in tal ca-so deve indicare le modalità dell’a-scolto ed i fatti sui quali il minore do-vrà essere sentito.

In caso di audizione assistita, il mi-nore è ascoltato da un ausiliario delGiudice, in udienza ed alla presenza diquesto ultimo e degli avvocati (ciò ri-guarda in genere i minori di età com-presa tra i 13 ed i 14 anni). Nei casi diparticolare gravità, l’audizione vienedisposta in forma protetta, con l’inter-vento di un consulente tecnico nomi-nato ai sensi dell’art. 68 cpc e secon-do le modalità che le circostanze delcaso concreto impongono.

La verbalizzazione dell’audizione èintegrale e fedele ed è letta e sotto-scritta dal minore. Sono riportati an-che eventuali comportamenti e mani-festazioni non verbali del minore; puòesserne disposta la audio-registrazio-ne su nastro o altro supporto, ancheinformatico.

Alla fine della audizione, quando siaintervenuto un ausiliario ex art. 68 cpc,il Giudice lo invita a rilasciare a verba-le una dichiarazione sottoscritta concui questi si pronuncia, in base allapropria competenza professionale, inordine alla spontaneità del minore ov-vero il suo condizionamento, ed in or-dine alla genuinità delle sue dichiara-zioni.

Il protocollo di Verona per l’audi-zione del minore è inserito nel proto-

linee guida/2: l’ascolto del minore

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linee guida/2: l’ascolto del minore

collo per il processo di famiglia sotto-scritto nel febbraio 2009; si prevedel’ascolto solo nei procedimenti con-tenziosi in cui debbano essere presiprovvedimenti che riguardino l’affida-mento e decisioni relative ai figli. Al fi-ne di decidere se procedere all’audi-zione di un infradodicenne, il Giudicepotrà avvalersi della competenza di unausiliario ex art. 68 cpc.

L’ascolto è disposto ad udienza fis-sa, in ambiente adeguato, a porte chiu-se e fuori dall’orario scolastico garan-tendo massima riservatezza e tran-quillità; sarà disposta una verbalizza-zione anche in forma sommaria e il ver-bale sarà letto e sottoscritto dal mino-re, sarà presente il curatore del mino-re, se nominato ed il Giudice decideràse ammettere o meno la presenza deidifensori con provvedimento motiva-to e, comunque, i legali potranno pre-ventivamente sottoporre temi ed ar-gomenti sui quali ritengono opportu-no sentire il minore; il Giudice valuteràse ammettere la presenza di un geni-tore o entrambi o di una persona ester-na al nucleo familiare, se richiesto dalminore. È prevista preventiva infor-mazione al minore sui motivi del coin-volgimento ed esiti possibili del pro-cedimento, precisando che essi nonnecessariamente saranno conformi al-la espressione del minore.

L’avvocato dei genitori o eventualiloro consulenti non devono strumen-talizzare la propria funzione per inci-dere nella spontaneità del minore; l’av-vocato dovrà invitare i suoi assistiti adun comportamento responsabile evi-tando ogni forma di suggestione ed in-duzione alla volontà del minore.

In ordine alle “competenze integra-te” il protocollo prevede espressa-mente l’auspicio che il Giudice proce-da all’ascolto previa adeguata cono-scenza della situazione della famigliae delle condizioni del minore, avva-lendosi di un ausiliario esperto inscienze psicologiche o pedagogiche.

Il protocollo di Vicenza sull’ascol-to del minore è inserito nel protocollodel processo civile e della famiglia (lu-glio 2009). L’ascolto è disposto unica-mente nei procedimenti contenziosi enel caso in cui vanno presi provvedi-menti relativi all’affidamento, visite edecisioni relative ai figli; in caso di au-

dizione di un infradodicenne il Giudi-ce potrà in ogni momento, avvalersidella competenza di un esperto, no-minandolo ausiliario, ovvero di un CTUper la valutazione della capacità di di-scernimento o della difficoltà o del pre-giudizio che l’espletamento dell’ascol-to potrebbe arrecare al minore. Saràeffettuato ad udienza fissa, fuori dal-l’orario scolastico e in ambiente ade-guato e a porte chiuse, l’incontro saràverbalizzato anche in forma sommariae il verbale sarà letto e sottoscritto dalminore; non appare opportuna la pre-senza delle parti e dei difensori, men-tre sarà presente il curatore del mino-re, se nominato. prima della audizionei legali possono sottoporre al Giudicei temi e gli argomenti sui quali riten-gano opportuno sentire il minore. ilGiudice valuterà la richiesta del mino-re relativa alla presenza di uno o di en-trambi i genitori o di una persona e-stranea al nucleo. Il minore sarà pre-ventivamente informato sul motivo delsuo coinvolgimento e sui possibili esi-ti del procedimento; l’avvocato dei ge-nitori non dovrà avere contatto con ilminore e dovrà invitare i suoi assistitiad un atteggiamento responsabile.

In relazione alle “competenze inte-grate” è auspicato che l’ascolto vengaeffettuato dal Giudice, con riferimen-to anche all’età del minore, unitamen-te al Giudice onorario o, in mancanza,con la nomina di un ausiliario espertoin scienze psicologiche o pedagogiche,ovvero delegando l’ascolto alla ASL.Qualora si proceda all’ascolto in sededi CTU, è auspicato che anche dettoincombente avvenga senza la presen-za delle parti e dei difensori e potrà es-sere videoregistrato o con modalità diaudizione in forma protetta.

Preventivamente i consulenti di par-te potranno sottoporre al CTU i temie gli argomenti sui quali ritengano op-portuno sentire il minore.

Il protocollo di Reggio Calabria èinserito nel protocollo per i procedi-menti di separazione e divorzio.

L’ascolto è disposto unicamente neiprocedimenti contenziosi e nei casi incui debbano essere presi provvedi-menti che riguardino l’affidamento, vi-site e decisioni relative ai figli, potrànon essere disposto quando il Giudiceritenga motivatamente che non sia ri-spondente all’interesse del minore. In

caso di infradodicenne, il Giudice po-trà avvalersi della competenza di unesperto, nominandolo ausiliario,ovve-ro di una CTU per la valutazione dellacapacità di discernimento o della dif-ficoltà o del pregiudizio che l’espleta-mento potrebbe arrecare al minore.

Per quanto riguarda luogo, tempi epresenze il protocollo riprende quellodi Milano, Varese e Vicenza: si preve-de espressamente che l’audizione, qua-lora non siano disponibili locali ade-guati, possa avere luogo presso strut-ture esterne, specificatamente indivi-duate che siano predisposte in mododa accogliere il minore (associazioni,consultori o cooperative sociali). Sul-la informazione da fornire (e diritto ariceverla da parte del minore) e dove-ri di astensione dell’avvocato dei geni-tori nonchè sull’ascolto del minore insede di CTU, si riprendono le indica-zioni dei protocolli di Milano, Varese eVicenza.

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linee guida/2: l’ascolto del minore

NOTE

1 La capacità di discernimento per i mi-nori che hanno compiuto gli anni 12 èpresunta ex legge (ex 155 sexies c.c.)e l’audizione è obbligatoria per cui adessa deve procedersi salvo che essa pos-sa arrecare danno al minore. Nel casodi omesso ascolto il giudice deve ren-dere una motivazione puntuale della suadecisione (Russo, 2012).

2 Tra questi ci si riferisce anche ai pro-cedimenti che riguardano l’affidamen-to dei figli delle coppie di fatto semprepiù equiparati ai figli delle coppie co-niugate, come anche nel decreto cheabolisce la dizione “figli naturali”, sosti-tuendola con la dizione “figli” tout court.

3 Vedasi fonti normative interne all’ordi-namento italiano in appendice.

4 Il linguaggio egocentrico non ha peròsolo una accezione negativa, ma, rap-presentando una sorta di riflessione adalta voce che il bambino fa, ad esempio,per pianificare una sequenza di azionicomplesse, svolge l’importante funzio-ne di promuovere il linguaggio interio-re che si svilupperà nelle età successi-ve (Vygostkij, 1934).

5 Per suggestione si intende un “proces-so psichico che conduce l’individuo adagire secondo suggerimenti esterni, pro-venienti da personalità più forti dellasua o da situazioni ambientali partico-larmente cariche di tensione emotiva,senza aver subito alcuna costrizione ma-nifesta” (Maltese, 2012, p.22) allorchéscivola su un piano psicopatologico del-le relazioni familiari.

6 Baker-Ward, Gordon, Ornstein, Larus,Clubb, 1993; Cassel, Bjorklund, 1995;Fivush, Hamond, 1990; Pillemer, 1993.

7 Fivush, Schwarzmueller, 1998; Hamond,Fivush, 1991.

8 Hildreth, Sweeny, Rovee-Collier, 2003;Rovee-Collier, Hartshorn, Di Rubbo,1999; Rovee-Collier, Hayne, 2000.

9 King, Yuille, 1987; Cassel, Roebers,Bjorklund, 1996; Dent, Stephenson,1979; Dodd, Bradshaw, 1980.

10 Il conflitto di lealtà riguarda la posizio-ne in cui si trovano quei figli che rice-vono da parte di uno o entrambi i geni-tori continue richieste di alleanza ver-so la propria posizione contro l’altro ge-nitore. Se da una parte il figlio può ac-cettare queste “proposte” o in un certosenso generale, dall’altro poi sperimen-ta sensi di colpa verso l’altro genitore.

11 Diversa è la posizione dello psicologoche lavora nei Servizi territoriali in quan-to il Tribunale si rivolge al Servizio e nonal singolo operatore, con richiesta pre-valente di indagine socio-ambientale erelazionale. Il lavoro effettuato dal Ser-

vizio territoriale viene poi utilizzato dalgiudice che ascolterà o direttamente ilminore o indirettamente, come indica-to, tramite il giudice onorario o il CTU.

12 È stata indicata questa distinzione di fa-sce di età in linea con i principi della psi-cologia evolutiva, in termini di compe-tenze del minore, indicati nel capitolo1. Si è a conoscenza, tuttavia, del fattoche esiste a questo proposito un di-battito in letteratura che vede antici-pate o posticipate alcune di queste tap-pe. Ad esempio, Rita Russo (2012) pro-pone una distinzione tra l’ascolto dei mi-nori sotto i 6/7 anni e quello con i mi-nori tra i 7 e i 12 anni. Secondo il magi-strato non si può parlare di ascolto insenso tecnico, per cui per il loro ascol-to sarà eventualmente delegato un con-sulente tecnico. In questi casi se l’ascol-to si rende necessario è perché emergo-no dagli atti di causa problematiche nel-la funzione genitoriale. Per i minori trai 7 e i 12 anni saranno i genitori a forni-re ogni indicazione utile a valutare la ca-pacità di discernimento in relazione alcaso concreto. Da una rassegna com-parativa del diritto europeo in materiadi ascolto emerge che secondo il De-creto Bruxelles 2, l’età inferiore in cuipuò essere presunta la capacità di di-scernimento è intorno ai dieci anni;mentre la capacità di discernimento puòessere esclusa prima dei sei anni (Vel-letti, in stampa). Tra i 6 e i 10 anni de-ve essere l’esperto a valutarla e ad ef-fettuare eventualmente l’ascolto.

13 Per i casi in cui vi è ostilità, difficoltà orifiuto o conflittualità pregiudizievoleper il minore, la CTU permetterà un ap-profondimento in termini sia motiva-zionali che relazionali e ambientali.

14 Contraddittorio anticipato: utile so-prattutto nelle realtà in cui non sianostati adottati protocolli specifici. In unaapposita udienza - o comunque in unmomento anteriore all’ascolto - il giudi-ce invita le parti a individuare le tema-tiche sulle quali chiedono che vengasentito il minore. Vanno definite anchele modalità dell’ascolto, in modo chepossa essere individuata una procedu-ra il più possibile condivisa e adattataalla peculiarità del caso specifico. Va in-dividuata anche la forma con cui docu-mentare l'ascolto, che deve riprodurrein modo esaustivo quanto detto dal mi-nore. Contraddittorio posticipato: il pie-no esercizio del diritto di difesa deve es-sere assicurato alle parti anche succes-sivamente all'audizione diretta da par-te del giudice o indiretta da parte dellopsicologo. Il contraddittorio posticipa-to va realizzato mettendo tempestiva-mente a disposizione dei difensori la do-cumentazione del contenuto dell'audi-zione e a ciascuna parte va riconosciu-

to il diritto di formulare deduzioni, os-servazioni e richiesta istruttoria al ri-guardo.

15 Alcuni giudici, in particolare i giudicidel Tribunale per i Minorenni, che han-no acquisito particolare competenza nel-l’ascolto dei minori, provvedono diret-tamente all’ascolto di questi bambiniche comunque abbiano compiuto gli 8anni.

16 Fanno eccezione i casi di violenza gra-ve o abuso accertati i cui gli ex partnernon possono essere incontrati insieme.

17 L’’utilizzo del Lausanne Trilogue Playclinico è una proposta operativa rispet-to ad una tecnica di osservazione delle-relazioni familiari. Lo psicologo nel suolavoro potrà utilizzare ovviamente an-che altri sistemi di osservazione dellerelazioni riconosciuti e su cui vi è ac-cordo nella comunità scientifica di rife-rimento.

18 Per la descrizione della procedura di co-difica si veda il manuale in Malagoli To-gliatti, Mazzoni (2006).

19 Il costrutto della cogenitorialità si rife-risce alla qualità della coordinazione tragli adulti nei loro ruoli genitoriali e allacapacità di supportarsi a vicenda comeleaders della famiglia (McHale, 1997).

20 Per il colloquio con il minore valgono leindicazioni in merito alla struttura deli-neate nel paragrafo dedicato all’ascoltodel minore maggiore di 12 anni.

21 Per una rassegna in merito si veda lamonografia di Kerig e Lindhal, 2001.

22 Cass. sez. II 20.12.1994 n. 10971; Cass.sez. II 9.2.1995 n. 1457.

23 Cass. sez. I 28.11.2001 n. 15133. 24 Cass. sez. III 27.1.1981 n. 617; Cass. sez.

I 19.4.2001 n. 5775; Cass. sez. I 3.1.2003n. 15.

25 Cass. sez. III 5.12.1985 n. 6099; Cass.sez. II 14.8.1986 n. 5058; Cass. sez. II10.10.1989 n. 4054; Cass. sez. I18.1.1993 n. 4821.

26 Cass. sez. I 18.1.1967 n. 161. 27 Cass. sez. I 7.2.1996 n. 986; Cass. sez. I

19.4.2001 n. 5775. 28 Cass. sez. II 17.1.1970 n. 98; Cass. sez.

II 8.3.1971 n. 635; Cass. sez. I 22.11.1991n. 12578.

29 Cass. sez. lavoro 19.8.2002 n. 12231;Cass. sez. III 16.12.1971 n. 3691; Cass.sez. I 28.7.1989 n. 3527.

30 Cass. sez. II 26.10.1995 n. 1113; Cass.sez. III 10.5.2001 n. 6502.

31 Cass. sez. I 7.11.1989 n. 4644.32 Cass. sez. II 11.3.1995 n. 2865; Cass. sez.

III 6.11.2001 n. 13686.33 Cass. sez. II 23.5.1981 n. 3401.

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linee guida/2: l’ascolto del minore

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- Cassazione civile, sez. I, 10/06/2011 n.12739;

- Cassazione civile, sez. I, 14/06/2010, n.14216;

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- Cassazione civile, sez. I, 07/12/1999, n.13657;

- Cassazione civile, sez. I, 15 novembre1997 n. 11328;

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Sbarnea c. Romania, ricorso n. 2040/06,Corte Europea dei Diritti Umani (Stra-sburgo), Terza sezione, sentenza del 21giugno 2011.

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88

APPENDICE 1

Linee Guida per lo Psicologo Giuridico in ambito civile e penale

AIPG (2009)

AArrttiiccoolloo 33

Lo psicologo giuridico, vista la par-ticolare autorità del giudicato cui con-tribuisce con la propria prestazione,mantiene un livello di preparazioneprofessionale adeguato, aggiornando-si continuamente negli ambiti in cuiopera, in particolare per quanto ri-guarda i contenuti della psicologia giu-ridica, della psicologia clinica e dell’etàevolutiva. Non accetta di offrire pre-stazioni su argomenti in cui non siapreparato e si adopera affinché i que-siti gli siano formulati in modo che eglipossa correttamente rispondere.

AArrttiiccoolloo 44

Lo psicologo giuridico nei rapporticon i magistrati, gli avvocati e le partimantiene la propria autonomia scien-tifica e professionale. Sia pure tenen-do conto che norme giuridiche rego-lano il mandato ricevuto dalla magi-stratura, dalle parti o dai loro legali,non consente di essere ostacolato nel-la scelta di metodi, tecniche, strumentipsicologici, nonché nella loro utilizza-zione. Nel rispondere al quesito peri-tale tiene presente che il suo scopo èquello di fornire chiarificazioni al giu-dice senza assumersi responsabilità de-cisionali né tendere alla conferma diopinioni preconcette. Egli non può enon deve considerarsi o essere consi-derato sostituto del giudice. Nelle suerelazioni orali e scritte evita di utiliz-zare un linguaggio eccessivamente oinutilmente specialistico. In esse man-tiene separati l’accertamento dei fat-ti, di cui non dovrà occuparsi essendovalutazioni specifiche di tipo giudizia-rio-investigativo, dalla valutazione psi-cologica delle vicende processuali, sul-le quali dovrà esprimere pareri e giu-dizi professionali argomentati scienti-ficamente.

AArrttiiccoolloo 66

Nell’espletamento delle sue funzio-ni lo psicologo giuridico utilizza meto-dologie scientificamente affidabili. Neiprocessi per l’affidamento dei figli latecnica peritale è improntata quantopiù possibile al rilevamento di elementiprovenienti sia dai soggetti stessi siadall’osservazione dell’interazione deisoggetti tra di loro.

AArrttiiccoolloo 77

Lo psicologo giuridico valuta atten-tamente il grado di validità e di atten-dibilità di informazioni, dati e fonti sucui basa le conclusioni raggiunte. Ren-de espliciti i modelli teorici di riferi-mento utilizzati e, all’occorrenza, va-glia ed espone ipotesi interpretativealternative esplicitando i limiti dei pro-pri risultati. Evita altresì di esprimereopinioni personali non suffragate dal-la letteratura scientifica di riferimen-to.

AArrttiiccoolloo 88

Lo psicologo giuridico esprime valu-tazioni e giudizi professionali solo sefondati sulla conoscenza professiona-le diretta, ovvero su documentazioneadeguata e attendibile.

Nei procedimenti che coinvolgonoun minore è da considerare deontolo-gicamente e scientificamente scorret-to esprimere un parere sul minore sen-za averlo esaminato.

AArrttiiccoolloo 1100

Lo psicologo giuridico agisce sullabase del consenso informato da partedel cliente/utente. In caso di interven-to individuale o di gruppo, è tenuto adinformare nella fase iniziale circa le re-gole che governano tale intervento.

Qualora il mandato gli sia stato con-ferito da persona diversa dal soggettoesaminato o trattato, per esempio daun magistrato, lo psicologo chiarisceal soggetto le caratteristiche del pro-prio operato. L’esperto in psicologiagiuridica è tenuto al segreto profes-sionale ma è altresì tenuto a comuni-care al soggetto valutato o trattato i li-

miti della segretezza qualora il man-dante sia un magistrato o egli adempiaad un dovere (per es. trattamento psi-coterapeutico in carcere).

AArrttiiccoolloo 1133

I consulenti di parte mantengono lapropria autonomia concettuale e pro-fessionale rispetto al loro cliente. Il lo-ro operato consiste nell’adoperarsi af-finché i consulenti di ufficio e il con-sulente dell’altra parte rispettino me-todologie corrette ed esprimano giu-dizi scientificamente fondati.

AArrttiiccoolloo 1177

Nelle valutazioni riguardanti l’affi-damento dei figli, lo psicologo giuridi-co valuta non solo il bambino, i geni-tori e i contributi che questi psicologi-camente possono offrire ai figli, ma an-che il gruppo sociale e l’ambiente incui eventualmente si troverebbe a vi-vere.

Nel vagliare le preferenze del figlio,tenuto conto del suo livello di matura-zione, particolare attenzione dovreb-be porsi circa il significato delle affer-mazioni e l’eventuale l’influenza eser-citata su di lui da figure significativeparentali e genitoriali, sia naturali cheacquisite.

linee guida/2: l’ascolto del minore

89

linee guida/2: l’ascolto del minore

APPENDICE 2

Linee Guida per le perizie in caso di abuso sui minori

Ordine degli Psicologi del Lazio(2008)

AArrttiiccoolloo 77 Le competenze dello psicologo

Nell’esercizio delle sue funzioni al-l’interno del contesto giudiziario, lo psi-cologo deve avere la capacità di inte-grare tra loro due connotazioni di ruo-lo e di funzioni diverse: quella d’aiuto,propria della professione psicologica,che si svolge sotto il principio di be-neficità e del consenso informato del-l’utente; quella strettamente giuridicache si svolge sotto il principio di lega-lità.

Ciò significa che, oltre ad operare inmodo deontologicamente corretto uti-lizzando metodi, tecniche e strumentiche siano riconosciuti dalla comunitàscientifica di riferimento (art. 5 Codi-ce Deontologico degli Psicologi) e cherisultino adeguati e confacenti alle va-rie fasi dell’età evolutiva, lo psicologo,per la specificità e complessità del set-tore minorile del diritto, non deve equi-parare lo psichismo e l’organizzazionecognitiva di un minore con quella di unadulto. L’organizzazione spazio-tem-porale e mnemonica del minore, le mo-dalità di testimoniare e la formazionedei ricordi, in riferimento alla prima eseconda infanzia, sono specifiche del-la fase evolutiva in cui il minore si tro-va.

Ora se, da una parte, le modalità uti-lizzate dall’esaminatore per inserirsinella realtà da osservare e valutare co-stituiscono certamente il risultato diun lungo processo di apprendimento,confronto e verifica professionale; dal-l’altro, particolare attenzione deve es-sere sempre e comunque rivolta al fat-to che, in sede di colloquio, le perce-zioni e le azioni dell’esaminatore nondovrebbero essere avvertite dal mino-re e non dovrebbero, quindi, influen-zarne il comportamento di risposta.Nessuna funzione psicologica, quindi,dovrebbe essere dominante per l’esa-minatore, né il pensiero, né il senti-mento, né la sensazione, né l’intuizio-ne ma tutto si dovrebbe mantenere in

equilibrio per fare in modo che il mi-nore in esame possa confrontarsi conuna struttura psichica e dinamica dalui percepita come in grado di conte-nerlo e sostenerlo.

AArrttiiccoolloo 88 Quesiti

Il perito/consulente ha il compito divalutare la personalità del minore, ilsuo sviluppo psichico ed evolutivo, laqualità affettiva e i meccanismi difen-sivi, le eventuali alterazioni cognitiveed affettive e dell’esame di realtà, na-turalmente in riferimento all’età di ap-partenenza.

Il perito, dovrà valutare le dichiara-zioni del minore per inquadrarle al-l’interno della valutazione dell’Io, noncertamente per verificare se vi sonocongruenze/incongruenze, contraddi-zioni, omissioni o lacune in riferimen-to agli aspetti fattuali.

Prassi e Operatività in Ambito Peritale

Premessa alla prassi peritale

In età evolutiva, la possibilità di uti-lizzare il colloquio e, quindi, in ultimaanalisi, la sua validità dipendono dasvariate caratteristiche del minore pre-so in esame quali: l’età, il livello di svi-luppo del linguaggio, il livello di com-prensione, la motivazione, la socializ-zazione, le modalità espressive ed emo-tive, il livello di suggestionabilità, lapresenza di possibili evidenze clinichee la congruenza, infine, tra organizza-zione di personalità, narrazione edeventuali vissuti traumatici. Per evita-re processi di vittimizzazione secon-daria del minore, devono essere ga-rantiti:

- la conoscenza e il rispetto dei di-ritti dell’infanzia in ogni momentodel percorso giudiziario;

- la tutela della salute psichica delsingolo minore in relazione alle suecaratteristiche di personalità, distoria e contesto di vita;

- il possesso di una competenza ap-profondita delle procedure di ascol-to e valutazione del minore nel ri-spetto della serenità e spontaneitàdel bambino con cui andrà creato

un rapporto di fiducia, evitando do-mande suggestive e/o induttive.

Prassi e operatività peritale

AArrttiiccoolloo 11Setting

Lo spazio deve essere caratterizza-to da un locale accogliente, arredato eattrezzato in modo adeguato ad ospi-tare un minore, in particolar modo unbambino; la stanza, inoltre, deve esse-re dotata di un impianto di videoregi-strazione a circuito chiuso con moni-tor o con specchio unidirezionale, al fi-ne di permettere una partecipazioneindiretta dei CTP - in altra stanza - sen-za che questa ostacoli la relazione conil minore.

AArrttiiccoolloo 33Conduzione del colloquio clinico

a) Allorché venga richiesta dall’au-torità giudiziaria e ove possibilel’esperto dovrà ricorrere alla vi-deo o audio registrazione; per ovepossibile si intende il caso in cuiil minore rifiuti lo strumento del-la registrazione, attraverso oppo-sizioni verbali o non verbali (Con-venzione di New York, art. 12;Convenzione di Strasburgo, art. 3consenso informato);

b) in riferimento soprattutto alla pri-ma e seconda infanzia, l’osserva-zione diretta diventa prioritariaper comprendere e cogliere il sen-so delle emozioni, dei sentimentie degli affetti oltre che la qualitàdel funzionamento (organizzatoo disorganizzato) dei meccanismidi difesa dell’Io;

c) l’esperto deve esplorare le cono-scenze del bambino in relazionealla situazione in cui si trova edeventualmente spiegargli il pro-prio ruolo ed il significato di taliincontri;

d) nell’incontro con il minore è ne-cessario instaurare una relazioneempatica che permetta di com-prendere l’espressività e il lin-guaggio del bambino, il suo mododi entrare in rapporto con le co-se e le persone, il livello di inte-grazione fra realtà e fantasia;

90

e) (…). f) l’esperto deve esprimersi in un lin-

guaggio semplice e chiaro, con pa-role e concetti comprensibili chenon vadano oltre l’ampiezza delvocabolario e del livello cognitivodel minore.

A tale scopo l’esperto deve porre: do-mande brevi e aperte al fine di favori-re risposte ampie e libere; domandesugli aspetti emotivi legati ai contenu-ti del colloquio; domande di chiarifi-cazione specificando che si vuole ca-pire bene onde evitare influenze disuggestione positiva o negativa.

Nel far questo l’esperto deve: - utilizzare costruzioni grammatica-

li semplici e termini facilmentecomprensibili scegliendo tra quel-li usati dal minore;

- evitare termini giuridici; - evitate di interrompere il minore; - riaffermare ed approfondire quan-

to detto dal minore (“hai detto…mi fai capire bene?”).

L’esperto, inoltre, non deve mai ri-volgere al minore domande induttive,che possano far intendere al bambinoche l’adulto già conosce tutte le rispo-ste e indichi, quindi, una via da segui-re già tracciata.

Parimenti, non dovranno essere uti-lizzate modalità e domande aggressi-ve, ambivalenti, squalificanti o negan-ti, in quanto interferiscono e ostacola-no marcatamente la relazione con ilminore.

Infine, l’esperto deve accogliere conattenzione tutto ciò che il minore espri-me e comunica spontaneamente cer-cando di comprendere il significatoprofondo e la reale portata che tali co-municazioni possono rivestire.

g) L’esperto non deve mai operaresapendo di avere poco tempo a di-sposizione o essere sbrigativo nelporre le domande e/o nel riceve-re le risposte richieste o nell’ac-cogliere informazioni spontanee;la disponibilità all’ascolto attentodel minore indica interesse, com-prensione e un coinvolgimentoemotivo ed empatico.

h) L’esperto deve far comprendereal bambino che, prima ancora de-gli avvenimenti di cui si tratta,l’interesse primario è quello di co-noscere il suo modo di esprimer-si, il suo pensiero, il suo modo di

rapportarsi all’ambiente e dicrearsi modalità adattive.

i) L’esperto non deve mai dimenti-care che la psiche infantile è sot-to l’egida delle emozioni e non delcostrutto logico-formale: pertan-to, la credibilità e la plausibilitàdella narrazione di un minore, so-prattutto in età prescolare, nondeve far riferimento ai parametridegli adulti, bensì alle competen-ze specifiche dell’età. In tal senso,particolare importanza deve esse-re rivolta da parte dell’esperto al-l’osservazione degli atteggiamen-ti, del comportamento, dei gesti,del gioco, del linguaggio del mi-nore al fine di comprenderne afondo le modalità sensopercetti-ve, attentive, mnemoniche, di pen-siero e il loro significato.

APPENDICE 3

Guidelines for Child Custody Evaluations in Family Law

Proceedings (Linee Guida per le valutazioni

dell’affidamento dei figli nei procedimenti

del diritto di famiglia) dell’American Psychological

Association APA (2009)

AArrttiiccoolloo 11L’obiettivo della valutazione

è contribuire a individuare

il migliore interesse psicologico

per il figlio

Fondamento teorico. La formazio-ne clinica approfondita degli psicologipermette loro di analizzare una vastaserie di condizioni, situazioni e capa-cità. Nelle valutazioni sull’affidamentodei figli, ci si aspetta che gli psicologisi focalizzino su fattori che interessa-no in modo specifico il migliore inte-resse dei minori su un piano psicolo-gico, dato che il tribunale si baserà suqueste considerazioni per trarre le pro-prie conclusioni ed emettere una de-cisione.

Applicazione. Gli psicologi devonocercare di individuare il migliore inte-resse per il minore. A tal fine, dovran-no valutare e combinare fattori inter-connessi, come le dinamiche e le inte-razioni familiari, le variabili culturali eambientali, gli atteggiamenti e le atti-tudini rilevanti per tutte le parti esa-minate, nonché le esigenze educative,fisiche e psicologiche del bambino.

AArrttiiccoolloo 22 Il benessere del figlio

è fondamentale

Fondamento teorico. Gli psicologi-ci devono mantenere un livello ade-guato di rispetto e comprensione perle preoccupazioni di ordine pratico epersonale del genitore; tuttavia, devo-no tenere presente che tali considera-zioni sono secondarie rispetto al be-nessere del figlio.

Applicazione. I genitori e le altreparti in causa tenderanno a esporre leloro preoccupazioni in modo deciso e

linee guida/2: l’ascolto del minore

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92

linee guida/2: l’ascolto del minore

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polemico. Per mantenere la massimaattenzione sulle esigenze dei figli, lopsicologo dovràindividuare e definirei limiti e le priorità appropriate all’ini-zio della valutazione. È, inoltre, auspi-cabile che lo psicologo rifletta sui pro-pri atteggiamenti e sulla propria fun-zione nel corso della valutazione pergarantire il mantenimento del focusprincipale sull’interesse dei figli.

AArrttiiccoolloo 33 La valutazione deve concentrarsi

sulle competenze dei genitori,

sulle esigenze psicologiche

del figlio e il relativo contesto

Fondamento teorico. Dal punto divista del tribunale, i contributi più va-lidi forniti dagli psicologi sono quelliche riflettono un approccio compro-vato scientificamente e clinicamenteattento sulle questioni rilevanti ai finigiuridici. Le questioni che sono cen-trali per l’obbligo decisionale conclu-sivo del tribunale includono le com-petenze dei genitori, le esigenze psi-cologiche del figlio e il contesto risul-tante. Grazie alla formazione ricevuta,gli psicologi sono gli unici professioni-sti che dispongono delle competenzee delle qualifiche necessarie per risol-vere tali questioni.

Applicazione. Gli psicologi devonocercare di fornire al tribunale infor-mazioni pertinenti in particolare ri-spetto le responsabilità decisionali, l’af-fidamento e la frequentazione dei figli.Le valutazioni più utili e influenti so-no quelle che forniscono un’analisi del-le capacità, delle lacune, dei valori edelle tendenze che caratterizzano i ge-nitori così come le esigenze di naturapsicologica del figlio. Comparativa-mente, sono meno rilevanti le valuta-zioni che presentano una valutazionegenerica della personalità dei sogget-ti, senza cercare di inserire i risultatinel contesto appropriato. Esempi diconsiderazioni contestuali utili sono ladisponibilità e l’uso di un trattamentoefficace, il potenziamento delle capa-cità genitoriali mediante l’interventodi assistenti esterni e altri fattori chepossono influenzare il potenziale im-patto di una condizione clinica sullecompetenze genitoriali.

AArrttiiccoolloo 44Gli psicologi devono conseguire

e mantenere

una competenza specializzata

Fondamento teorico. Le leggi cam-biano, i metodi esistenti sono perfe-zionati e sono identificate nuove tec-niche. Nelle valutazioni sull’affidamen-to dei figli, una competenza generalenella valutazione a livello clinico deiminori, degli adulti e delle famiglie èsicuramente necessaria, ma di per sénon sufficiente. Il tribunale si aspettache gli psicologi sappiano garantire unlivello di competenza che dimostri unacomprensione del contesto e l’inte-grazione giuridica, così come capacitàdi utilizzare i test e di condurre un col-loquio.

Applicazione. Gli psicologi devonoapprofondire costantemente le proprieabilità e competenze, mirando a unosviluppo professionale continuativo.Anche quando gli psicologi si preoc-cupano di acquisire le conoscenze, lecapacità, l’esperienza, la formazione el’educazione richiesti prima di con-durre una valutazione sull’affidamen-to dei figli, non possono considerare illoro apprendimento completo. Unapreparazione in costante evoluzione eaggiornata relativa allo sviluppo delbambino e della famiglia, della psico-patologia del bambino e della famiglia,dell’impatto della separazione sui figlie una revisione della letteratura spe-cializzata in materia di affidamento deifigli sono fondamentali per sostenereuna pratica competente in questa area.Gli psicologi devono inoltre conosce-re gli standard normativi e giuridici ap-plicabili, inclusa la normativa in mate-ria di affidamento dello Stato o altragiurisdizione rilevante. Qualora emer-gessero questioni complesse che esu-lano dalle loro competenze specifiche,gli psicologi richiederanno il parere diesperti e la supervisione necessaria al-la risoluzione delle medesime.

AArrttiiccoolloo 77 Gli psicologi devono evitare

conflitti di interesse

e la sovrapposizione di ruoli

e relazioni nelle consulenze

Fondamento teorico. La comples-sità, potenzialmente dannosa, e il con-

testo controverso che caratterizzanole valutazioni sull’affidamento dei figlirendono importante evitare qualsiasiconflitto di interesse. La presenza dieventuali conflitti di questo tipo com-prometterebbe la fiducia del tribuna-le nei pareri e nelle raccomandazionifornite dagli psicologi e, in alcune giu-risdizioni, potrebbe avere come con-seguenze provvedimenti disciplinarida parte del comitato professionale eresponsabilità a livello legale.

Applicazione. Gli psicologi devonorinunciare ad assumere un ruolo pro-fessionale, quale quello di una valuta-zione nell’affidamento di un figlio,quando relazioni o interessi persona-li, scientifici, professionali, legali, fi-nanziari o di altro tipo potrebbero ra-gionevolmente: (1) inficiare l’impar-zialità, la competenza o l’efficacia; op-pure (2) esporre la persona o l’orga-nizzazione con cui esiste la relazioneprofessionale a danni o abusi (Codiceetico 3.06). Molteplici tipi di relazionesono riconducibili a questi criteri, adesempio quando uno psicologo ha conuna persona un rapporto professiona-le e simultaneamente di altro tipo, op-pure quando uno psicologo ha una re-lazione con un individuo strettamenteassociato o legato a quella persona,oppure quando uno psicologo pro-mette di stringere in futuro una rela-zione di altro tipo con quella personao con un individuo strettamente asso-ciato o legato a quella persona (Codi-ce etico 3.05). Gli psicologi che con-ducono una valutazione sull’affida-mento dei figli di pazienti seguiti in psi-coterapia attualmente o in passato, egli psicologi che prendono in psicote-rapia i soggetti esaminati in una valu-tazione sull’affidamento dei figli svol-ta in tempi recenti o pregressi, sonodue esempi di sovrapposizione di ruo-li. I doveri etici degli psicologi riguar-do i conflitti di interesse e la sovrap-posizione di ruoli e relazioni fornisco-no una base comprensibile e giustifi-cabile per il rifiuto degli incarichi daparte del tribunale e l’invio ad altri pro-fessionisti.

AArrttiiccoolloo 88 Gli psicologi devono stabilire

lo scopo della valutazione

tempestivamente e in linea con la

natura del relativo quesito

Fondamento teorico. Lo scopo diuna valutazione sull’affidamento dei fi-gli varia in base alle necessità di cia-scun caso e alle questioni specifichesu cui gli psicologi devono focalizzar-si. I quesiti di riferimento possono va-riare nella misura in cui gli psicologispecificano i parametri desiderati perla valutazione. Il fatto di non assicu-rarsi prontamente che una valutazio-ne sia stata correttamente progettatacompromette l’utilità e l’accettazionedei pareri e delle raccomandazioni fi-nali.

Applicazione. Prima di accettare dicondurre una valutazione sull’affida-mento dei figli, gli psicologi dovranno,se necessario, chiarire il relativo que-sito e determinare se sono potenzial-mente capaci di fornire pareri o sug-gerimenti. Può essere opportuno ac-cordarsi con il giudice rispetto i que-siti, oppure mediante un accordo suiquesiti stipulato da tutte le parti e dairispettivi rappresentanti legali.

AArrttiiccoolloo 1100Gli psicologi devono usare vari

metodi di raccolta dei dati

Fondamento teorico. L’uso di varimetodi di raccolta dei dati accrescel’affidabilità e la validità delle conclu-sioni, nonché i pareri e le raccoman-dazioni degli psicologi. Sia gli aspettispecifici, sia quelli sovrapponibili fra ivari metodi utilizzati, contribuirannoa delineare un quadro più completodelle capacità, lacune e propensioni diciascun soggetto esaminato.

Applicazione. Gli psicologi si impe-gneranno ad adottare metodi diversi eaccurati in modo ottimale per far fron-te alle questioni che emergono nellospecifico all’interno di una valutazio-ne sull’affidamento dei figli. I metodidiretti di raccolta dei dati includonotra le metodologie utilizzate, i test psi-cologici, i colloqui clinici e l’osserva-zione comportamentale. Gli psicologipotranno raccogliere informazioni davarie fonti (ad es. scuole, medici, assi-

stenti sociali, servizi e altri istituti) edentrare in contatto con familiari, ami-ci e conoscenti o altre fonti correlate,qualora le informazioni raccolte pos-sano risultare rilevanti. Gli psicologipotranno confermare le informazioniraccolte da terzi e sono invitati a do-cumentare le loro conclusioni.

AArrttiiccoolloo 1122Gli psicologi devono effettuare

la valutazione avvalendosi di una

integrazione adeguata di esami

Fondamento teorico. Gli psicologiforniranno un parere sulle caratteri-stiche psicologiche di un soggetto so-lo dopo aver condotto un esame del-l’individuo adeguato a sostenere leproprie affermazioni e conclusioni (Co-dice etico 9.01(b)). L’unica eccezionea questa regola è ammessa nei casi par-ticolari di revisione di un documento,consultazione o supervisione in cui l’e-same dell’individuo non è obbligatorioo necessario ai fini della formulazionedi un parere dello psicologo (Codiceetico 9.01(c)). Il tribunale si aspettain genere che gli psicologi esamininoentrambi i genitori e il figlio.

Applicazione. Gli psicologi posso-no far uso dei mezzi del tribunale perincoraggiare le parti principali a par-tecipare nel processo di valutazionesull’affidamento dei figli. Se non è pos-sibile organizzare la valutazione au-spicata, gli psicologi documenterannoi loro tentativi e il risultato prodottoda essi e quindi spiegheranno il possi-bile impatto delle informazioni limita-te sull’affidabilità e la validità del pro-prio parere complessivo, limitando leconclusioni giuridiche e gli altri sug-gerimenti di conseguenza (Codice eti-co 9.01(c)). Mentre il tribunale nonpotrà far altro che emettere una deci-sione su persone che non sono in gra-do o non vogliono essere esaminate,gli psicologi non avranno obblighi de-rivanti. Gli psicologi hanno un’esigen-za di natura etica di basare i propri pa-reri su informazioni e tecniche ade-guate a sostenere i propri risultati (Co-dice etico 9.01(a)) e possono sottoli-neare questo punto al tribunale se so-no spinti a fornire pareri o raccoman-dazioni senza aver esaminato il sog-getto in questione. Quando gli psico-logi non conducono valutazioni sul-l’affidamento dei figli attraverso la me-

todologia completa, può essere accet-tabile valutare solo un genitore, o so-lo il figlio, o solo la valutazione di unprofessionista, a condizione che gli psi-cologi non facciano confronti fra i ge-nitori, o presentino pareri o racco-mandazioni sull’assegnazione di re-sponsabilità, affidamento o frequenta-zione. Altri psicologi che non condu-cono la valutazione possono essereconsultati per condividere con il tri-bunale la propria competenza genera-le (su questioni relative all’affidamen-to (ad es. lo sviluppo del bambino, ledinamiche familiari) a condizione chenon espongano le loro conclusioni al-le parti sul caso in questione.

AArrttiiccoolloo 1133 Gli psicologi dovranno basare

i suggerimenti, qualora ci fossero,

in riferimento al migliore

interesse psicologico del figlio

Fondamento teorico. Non tutte levalutazione sull’affidamento dei figliporteranno a dei suggerimenti. Gli psi-cologi potrebbero concludere che sitratta di un ruolo non appropriato perun consulente tecnico, o che i dati di-sponibili non sono sufficienti a tal fi-ne. Se viene fornita un suggerimento,il tribunale si aspetta che sia suppor-tato dalle valutazioni condotte.

Applicazione. Se gli psicologi scel-gono di presentare dei suggerimentisull’affidamento dei figli, questi devo-no derivare da dati psicologicamentefondati e concentrarsi sul migliore in-teresse psicologico per il figlio. Nell’e-laborazione dei suggerimenti, gli psi-cologi non ricorreranno a pareri per-sonali, limitati o a pregiudizi. I sugge-rimenti devono basarsi su presuppo-sti, interpretazioni e inferenze fonda-te che soddisfino gli standard profes-sionali e scientifici stabiliti. Anche senon c’è un accordo rispetto al fatto chei consulenti possano fornire suggeri-menti al tribunale circa l’affidamento(ad es. il parere conclusivo), gli psico-logi terranno presenti le argomenta-zioni delle due parti rispetto la que-stione (Bala, 2006; Erard, 2006; Gris-so, 2003; Heilbrun, 2001; Tippins andWittman, 2006) e saranno in grado diesporre la logica della loro posizionein merito a ciò.

linee guida/2: l’ascolto del minore

93

linee guida/2: l’ascolto del minore

APPENDICE 4

Linee guida per la consulenza tecnica

in materia di affidamento dei figlia seguito di separazione dei genitori: contributi psico-forensi (estratto)

Guida metodologica per la consulenza tecnica in materia di affidamento

dei figli a seguito di separazione genitoriale

Le presenti indicazioni individuanogli obiettivi, le metodologie e gli stru-menti di intervento da utilizzare dagliesperti nella consulenza tecnica in te-ma di affidamento dei figli a seguito diseparazione genitoriale. 1. Compito dell’esperto: obiettivi del-

la valutazione 1.1. Obiettivo della consulenza è ri-

portare al giudice la condizionepsicologica e relazionale che con-nota gli individui che compongonola famiglia, coppia, e il sistema nelsuo complesso, evidenziando pun-ti di debolezza, punti di forza, areedi criticità e risorse utili per attuarecambiamenti evolutivo di segnopositivo. Particolare attenzione do-vrà essere posta agli aspetti “pro-gonostici” della situazione familia-re (le risorse disponibili, le even-tuali potenzialità al cambiamentodell’intero nucleo familiare, etc.)al fine di programmare e prevede-re degli interventi opportuni. Laconsulenza mira idealmente ad unarestituzione di responsabilità ge-nitoriale in cui le parti - anche conl’aiuto dei propri CCTTPP - pos-sano ricomporre la comunicazionetra loro, con e sui figli, al fine di ri-spondere alle esigenze di questi.L’esperto è consapevole che la va-lutazione della genitorialità si ba-sa su modelli, costrututti, caratte-ristiche psicologiche e attitudina-li declinati e verificati nella con-cretezza delle singole situazioni.

1.2. Nella valutazione delle capacitàgenitoriali, per regolare la frequen-tazione del minore con entrambi igenitori o eventualmente per e-scludere dall’affidamento uno o en-trambi i genitori, l’esperto dovràtener conto dei criteri minimi re-lativi alle capacità genitoriali, che

riguardano essenzialmente la fun-zione di cura e protezione, la fun-zione riflessiva, la funzione empa-tica/affettiva, la funzione organiz-zativa (scolastica, sociale e cultu-rale), e il criterio dell’accesso al-l’altro genitore. In particolare, l’e-sperto chiamato dla giudice a com-piere l’accertamento dovrà valuta-re le competenze del genitore nel:

a. Comprendere e rispondere ade-guatamente alle esigenze prima-rie del figlio (cure igieniche, ali-mentari, sanitarie, etc.);

b. Preparare, organizzare e struttu-rare adeguatamente il mondo fi-sico del minore (aspetti ambien-tali) in modo da offrirgli un con-testo di vita sufficientemente sti-molante e protettivo;

c. Comprendere le necessità e glistati emotivi del minore, rispon-dere opportunamente ai suoi bi-sogni e coinvolgerlo emotivamen-te negli scambi interpersonali ade-guatamente alla sua età e al suo li-vello di maturazione psico-affetti-va;

d. Favorire le opportunità educativee di socializzazione;

e. Interpretare il proprio comporta-mento e quello altrui in termini diipotetici stati mentali, cioè in re-lazione a pensieri, affetti, deside-ri, bisogni e intenzioni;

f. Offrire regole e norme di compor-tamento congrue alla fase evoluti-va del figlio, creando le premesseper la sua autonomia;

g. Promuovere l’evoluzione della re-lazione genitoriale in virtù delletappe di sviluppo del figlio ade-guandosi alle competenze acqui-site e favorendo la crescita del mi-nore;

h. Affrontare e gestire il conflitto conl’altro genitore - tenendo contodelle rispettive e peculiari strut-ture personologiche - valutandoanche la loro capacità di negozia-zione;

i. Promuovere il ruolo dell’altro ge-nitore favorendo la sua partecipa-zione alla vita del figlio, cooperan-do attivamente nella genitorialità(cogenitorialità/criterio di acces-so) e salvaguardando i legami ge-nerazionali anche con la famigliaallargata;

j. Qualora ritenuto necessario, l’e-sperto valuta la disponibilità delgenitore e/o dei genitori a sotto-porsi a un percorso di sostegno al-la genitorialità.

1.3.. Altri compiti dell’esperto riguar-dano.

a. La valutazione qualitativa della re-lazione tra il minore ed entrambii genitori;

b. La valutazione delle principali cau-se di conflitto parentale e dei pos-sibili effetti sullo sviluppo psico-sociale sui figli, tenendo conto chel’accesa conflittualità tra i genito-ri, di per sé, non è ragione suffi-ciente a giustiziare l’indicazione algiudice per un affidamento esclu-sivo a uno solo dei genitori;

c. L’individuazione delle aree disfun-zionali - siano essere di natura re-lazionale (conflitti genitori-figli,tentativi di esclusione di uno deigenitori da parte dell’altro genito-re, etc.) oppure di origine indivi-duale (psicopatologia di un geni-tore, alcolismo, tossicodipenden-za, criminalità, instabilità com-portamentale e affettiva) - e deipossibili riverferi negativi sullo svi-luppo psico-sociale dei figli, te-nendo presente che così la salutementale di per sé non coincide conl’adeguatezza genitoriale, allo stes-so modo la presenza di disturbipsicologici o di altri problemi dinatura psicosociale non necessa-riamente compromette la compe-tenza genitoriale;

d. Identificare le risorse potenziali eresiduali, del sistema familiare dicui tenere conto nella pianifica-zione degli interventi che dovran-no essere disposti a sostegno del-la genitorialità;

e. Identificare le risorse pubbliche eprivate presenti sul territorio al fi-ne di meglio pianificare gli even-tuali interventi a sostegno dellafamiglia.

94

APPENDICE 5

Esemplificazione di quesiti al CTU sulle capacità

genitoriali/affidamento/collocazionedei figli minori

Tribunale di Pordenone Previa verifica delle condizioni di vita

del minore e dei genitori con riguardo al-l’ambiente domestico ed al contesto so-ciale, esprima una valutazione in ordinealla qualità delle relazioni di ciascun ge-nitore con il figlio ed alle rispettive com-petenze genitoriali. Evidenzi inoltre l’at-teggiamento di ciascun genitore nella ge-stione del conflitto e la rispettiva dispo-nibilità a tutelare l’immagine ed il ruolodell’altro genitore, nonché ogni altroaspetto rilevante ai fini della decisionesulle modalità di affidamento del mino-re.

Tribunale Verona Letti gli atti, sentite le parti, svolte le

indagini del caso, riferisca il CTU in me-rito alle caratteristiche dei due contestimaterno e paterno nei quali evolve il fi-glio minore con particolare riguardo:

a) alla personalità del minore ed alla re-lazione da esso instaurata con ciascungenitore e relativo contesto ambien-tale;

b) alla personalità dei genitori ed alle lo-ro risorse individuali nello svolgereadeguatamente la funzione genitoria-le;

Valuti, inoltre, il CTU se sussistano ipresupposti per far raggiungere ai geni-tori un accordo conciliativo sull’affido delfiglio.

Formuli quindi delle ipotesi circa le ca-pacità e le potenzialità esprimibili da par-te dei genitori e loro contesti nel garan-tire al minore le condizioni ottimali peruna crescita armonica della sua perso-nalità nel reciproco rispetto di una ge-nitorialità responsabile, prospettando, inconcreto, in relazione a quanto sopra, leipotesi di affidamento e modalità di visi-ta per il genitore non affidatario.

Tribunale di Bassano del Grappa Dica il Consulente Tecnico d’Ufficio,

esaminati gli atti, assunte le opportuneinformazioni da terzi, ivi compresa laPubblica Amministrazione, sottopostead ogni opportuna e necessaria indagi-

ne psicologica (anche avvalendosi del-l’ausilio di altri specialisti) le figure delminore, dei genitori e quelli dei terzi si-gnificativi nella vita dello stesso, qualisiano i rapporti tra essi intercorrenti. Va-luti il CTU se sussistano i presuppostiper far raggiungere ai genitori un accor-do conciliativo sull’affido del figlio o suitempi di permanenza del minore pressol’uno o l’altro.

Evidenzi inoltre, sentite i servizi terri-toriali eventualmente interessati, ed ac-quisita ogni opportuna documentazione:a) quale sia la tipologia di affidamentopiù idonea per il minore; b) quali possa-no essere le modalità più adeguate perla migliore realizzazione delle risorseeducative dei genitori, con la concretaindicazione dei periodi che il minore pas-serà con il genitore non affidatario o conil quale non vive abitualmente.

Nelle ipotesi che presentino aspettiparticolarmente gravi, il quesito verràcosì integrato:

accerti, inoltre, il CTU l’esistenza diunivoci elementi in base ai quali repu-tare la condotta di uno o di entrambi igenitori direttamente pregiudizievoleper i minori.

Tribunale Ordinario di Roma Esaminati gli atti di causa, sentite le

parti, i minori e i loro eventuali consu-lenti ed eseguiti ove necessario gli op-portuni accertamenti, fra cui la sommi-nistrazione di test psicologici da effet-tuarsi a cura di personale specializzato,dica il CTU:

1. Quale sia lo stato psicologico e la per-sonalità delle parti e dei minori conparticolare riferimento alla conflit-tualità tra i coniugi ed alle possibili ri-cadute sul processo di formazione deiminori;

2. Quali siano i rapporti dei minori conentrambi i genitori ed i relativi am-bienti familiari, con particolare riferi-mento alla nuova compagna del padree al figlio nato da questa unione;

3. Quali siano le migliori condizioni di af-fido e di frequentazione col genitorenon convivente, tenendo conto delprincipio generale della “bi-genitoria-lità” che non può essere derogato senon in caso di effettivo pregiudizio edi richiesta svolta da entrambe le par-ti al riguardo.

Tribunale Ordinario di Roma Accerti il CTU, esaminati gli atti di cau-

sa, sentite le parti, i minori e i loro even-tuali CTP e autorizzandolo ad effettua-re test psicodiagnostici avvalendosi, an-che, di collaboratori, ove ritenuti neces-sari:

1. Quale sia il profilo di personalità del-le parti e dei minori, nonché le condi-zioni psicologiche dei medesimi;

2. Quale sia la capacità genitoriale delleparti, anche con riferimento al reci-proco riconoscimento del valore ge-nitoriale ed alla sussistenza tra loro diconflittualità pregiudizievole per l’in-teresse dei minori ovvero di tenden-ze nell’uno a sminuire ovvero esclu-dere la figura dell’altro genitore neiconfronti dei figli;

3. Quale sia la qualità della relazione deiminori con ciascuno dei genitori;

4. Tenuto conto del principio generaledella bigenitorialità, che può esserederogato solo in caso di effettivo pre-giudizio per l’interesse dei figli mino-ri, quali siano le migliori condizioni diaffido e frequentazione col genitorenon convivente tenuto anche contodelle richieste delle parti al riguardoe delle risorse presenti nella famigliaallargata ovvero derivanti da stabili re-lazioni stabilite dai genitori.

Tribunale per i Minorenni di Campobasso

Il C.T.U., letti gli atti di causa, esami-nati i genitori ed i minori, ed espletatetutte le indagini reputate opportune:

1. Proceda a definire il profilo psicologi-co di ciascun genitore, al fine di valu-tarne la personalità, con particolareattenzione alla funzione genitoriale edalla capacità di entrambi di garantireai propri figli una crescita sana edequilibrata;

2. Valuti la qualità delle relazioni deibambini con i rispettivi genitori;

3. Verifichi le effettive potenzialità dicooperazione tra i genitori, l’esisten-za di una disponibilità reciproca nel-l’assicurare ai propri figli “l’accesso”all’altro genitore o, di contro, l’even-tuale sussistenza di una sindrome dialienazione genitoriale;

4. Dia, inoltre, eventuali indicazioni te-rapeutiche, qualora se ne ravvisi la ne-cessità, definendo la forma degli in-terventi e gli obiettivi terapeutici.

linee guida/2: l’ascolto del minore

95

linee guida/2: l’ascolto del minore

TRIBUNALE CIVILE DI ROMA

SEZIONE ........................................................

Numero di ruolo generale: .........................

Numero di ruolo sezione: ...........................

Giudice relatore: ...........................................

C.T.U. Dr. ........................................................

Causa promossa da:

Ricorrente/istante princ.:

Resistente/princ.:

VERBALE NUMERO ............................................

DATA: ......................................................................

Orario di inizio .............................................. Orario di chiusura ..............................................

Il giorno ........................................ 2012, sono presenti: ....................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................................................................

...........................................................................................................................................................................................................................................................

L’incontro è finalizzato ..................................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................................................................

Verbalizzazioni:

Firme delle persone presenti all’incontro:

............................................................................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................................................................

Firma del C.T.U.:

...........................................................................................................

APPENDICE 6Esempio di modulo per verbale in CTU

96