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1 Alchimia e cabala in uno sconosciuto contemporaneo del Bruno: l’opera inedita di Pacifico Stivivi *** 1. Introduzione “Nel 1910 fu offerto al nostro R.mo Padre Generale, allora P. Dionisio Schuler, da un privato, residente nelle Marche d‟Ancona, un manoscritto assai curioso. (…) Il contenuto del libro è abbastanza bizzarro …”. 1 Presso le biblioteche Malatestiana di Rimini e Saffi di Forlì esiste copia di un ponderoso manoscritto, stilato nell‟ultimo quarto del XVI secolo, sul cui cont enuto sono state fornite interpretazioni diverse. In epoca recente l‟opera è stata giudicata “originale e complessa” 2 . Più indietro nel tempo è stata liquidata come di “valore scientifico (…) nullo, essendo lavoro di pura fantasia” 3 . Si tratta della Maravigliosa visione 4 di Pacifico Stivivi 5 , frate riminese vissuto sul finire del „500, la cui memoria 1 Oliger P. Livario, Pacifico Stivivi da Rimini O.F.M., autore sconosciuto del sec. XVI , in Miscellanea francescana, tomo V, fasc. I, anno 1912, , pp. 148 - 149. 2 Piero Meldini, Il Signore e il Granchio, in P. Meldini - P. G. Pasini, La Cappella dei Pianeti del Tempio Malatestiano, a cura del Comune di Rimini, 1983, p. 20. 3 Oligier P. Livario, cit, p. 149. 4 Il titolo esatto del lavoro depositato in Gambalunga, catalogato fra i manoscritti sub SCMS1152, è Maravigliosa visione sopranaturale mediante la guida angelica delle cose celesti, terrene et infernali con la decchiaratione insieme del principio della sacra genesi et altri luoghi della divina scrittura fatta a‟ Stivivo de‟ Stivivi gentil huomo ariminese. Dopo la cui morte è mandata in luce da Frate Pacifico de Minori Osservanti suo figliolo a honore di Santa Chiesa (vedi tavola I). Come verrà spiegato più avanti, esso costituisce la prima parte dell‟opera completa che, ancora in forma di bozza, è presente presso la biblioteca Comunale di Forlì - fondo Piancastelli - con il nome di Summa de quattro mondi al nr. di catalogo MSS I/75. Considerata l‟identità di contenuto ed iconografia esistente fra i due testi, nel fare riferimento all‟opera per brevità la si indicherà con il titolo di Maravigliosa visione, usando i rispettivi titoli solo ove sia necessario mettere a confronto o descrivere le due stesure del manoscritto. 5 Pur rimandando a quanto verrà esposto più avanti, giova subito dar notizia del fatto che esiste un problema d‟attribuzione del manoscritto di cui trattasi a Pacifico Stivivi, essendo stata descritta l‟opera da P. Meldini, già Direttore della biblioteca Ganbalunga di Rimini, come frutto della fatica del padre di Pacifico, Stivivo Stivivi (P. Meldini, Il Signore e il Granchio, cit., p. 20, nonché scheda

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Alchimia e cabala in uno sconosciuto contemporaneo del Bruno:

l’opera inedita di Pacifico Stivivi

***

1. Introduzione

“Nel 1910 fu offerto al nostro

R.mo Padre Generale, allora

P. Dionisio Schuler, da un privato,

residente nelle Marche d‟Ancona,

un manoscritto assai curioso. (…)

Il contenuto del libro è abbastanza

bizzarro …”.1

Presso le biblioteche Malatestiana di Rimini e Saffi di Forlì esiste copia di un

ponderoso manoscritto, stilato nell‟ultimo quarto del XVI secolo, sul cui contenuto

sono state fornite interpretazioni diverse. In epoca recente l‟opera è stata giudicata

“originale e complessa”2. Più indietro nel tempo è stata liquidata come di “valore

scientifico (…) nullo, essendo lavoro di pura fantasia”3. Si tratta della Maravigliosa

visione4 di Pacifico Stivivi

5, frate riminese vissuto sul finire del „500, la cui memoria

1 Oliger P. Livario, Pacifico Stivivi da Rimini O.F.M., autore sconosciuto del sec. XVI, in

Miscellanea francescana, tomo V, fasc. I, anno 1912, , pp. 148 - 149. 2 Piero Meldini, Il Signore e il Granchio, in P. Meldini - P. G. Pasini, La Cappella dei Pianeti del

Tempio Malatestiano, a cura del Comune di Rimini, 1983, p. 20. 3 Oligier P. Livario, cit, p. 149.

4 Il titolo esatto del lavoro depositato in Gambalunga, catalogato fra i manoscritti sub SCMS1152, è

Maravigliosa visione sopranaturale mediante la guida angelica delle cose celesti, terrene et

infernali con la decchiaratione insieme del principio della sacra genesi et altri luoghi della divina

scrittura fatta a‟ Stivivo de‟ Stivivi gentil huomo ariminese. Dopo la cui morte è mandata in luce da

Frate Pacifico de Minori Osservanti suo figliolo a honore di Santa Chiesa (vedi tavola I). Come

verrà spiegato più avanti, esso costituisce la prima parte dell‟opera completa che, ancora in forma di

bozza, è presente presso la biblioteca Comunale di Forlì - fondo Piancastelli - con il nome di

Summa de quattro mondi al nr. di catalogo MSS I/75. Considerata l‟identità di contenuto ed

iconografia esistente fra i due testi, nel fare riferimento all‟opera per brevità la si indicherà con il

titolo di Maravigliosa visione, usando i rispettivi titoli solo ove sia necessario mettere a confronto o

descrivere le due stesure del manoscritto. 5 Pur rimandando a quanto verrà esposto più avanti, giova subito dar notizia del fatto che esiste un

problema d‟attribuzione del manoscritto di cui trattasi a Pacifico Stivivi, essendo stata descritta

l‟opera da P. Meldini, già Direttore della biblioteca Ganbalunga di Rimini, come frutto della fatica

del padre di Pacifico, Stivivo Stivivi (P. Meldini, Il Signore e il Granchio, cit., p. 20, nonché scheda

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pare essersi affievolita col tempo nonostante dai pochi documenti giunti sino a noi si

possa ricostruire un‟esistenza vissuta tutt‟altro che mediocremente.

Il manoscritto citato stupisce, tra l‟altro, per la bellezza delle illustrazioni che

accompagnano il testo, acqueforti eseguite dallo stesso autore e giudicate

“importantissimo documento del più puro manierismo fiorentino”6. La ricchezza

iconografica avrebbe costituito da sola sufficiente giustificazione per uno studio

approfondito del documento da parte degli addetti ai lavori, ma nessuno sino ad oggi

ha mai preso in esame tale possibilità quasi che, pur bello, tale lavoro non possa

essere considerato opera seria sulla quale valga spender tempo… e denaro7. Eppure la

Maravigliosa visione, quando letta in una chiave che tenga conto sia della personalità

dell‟autore, sia delle correnti di pensiero esoterico del tempo, può rivelarsi ben più

che un “notevole esempio di letteratura profetico/visionaria”8. E può fornire

spiegazione dell‟oblio costruito intorno al suo autore.

2. Pacifico Stivivi.

La vita

“Un frate di S. Francesco che

attende all‟arte trasmutatoria, cosí

egli dice, mi vorrebbe impegnare a

scrivere a V.A. per suo conto …”9

Pacifico Stivivi, al battesimo Odoardo10

, era nato intorno alla metà del XVI

secolo da famiglia di antica nobiltà riminese imparentata con i Malatesta ed i

Gonzaga11

. Il padre Stivivo, Maestro di Camera del Cardinale Ercole Gonzaga12

, era

di catalogazione del manoscritto in Gambalunga). Da subito però, atteso che in effetti il testo è

riferibile al nostro, procediamo ad indicare l‟opera direttamente come scritta dal francescano. 6 Piero Meldini, La letteratura dalle origini al Settecento - Il Cinquecento e il Seicento, in Storia

illustrata di Rimini, a cura di P. Meldini e A. Turchini, Nuova Editoriale AIEP, 1990, t. 3, p. 778. 7 Cfr. quanto descritto da Oligier P. Livario (cit., pp. 148 - 149) al proposito. L‟offerta avanzata per

la consegna della Summa de quattro mondi al Padre Generale dei Minori Francescani fu declinata

dall‟Ordine, in quanto l‟opera venne giudicata “di poco valore oggettivo” (ibid., p. 149):

atteggiamento strano questo da parte di un‟organizzazione che ha sempre ricercato e gelosamente

custodito documenti riguardanti la propria storia. 8 Piero Meldini, La letteratura dalle origini al Settecento - il Cinquecento e il Seicento, cit., p. 778.

9 Annibale Manerbio, lettera inviata da Praga al Duca di Mantova datata 1 aprile 1602. Archivio di

Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 481, documento nr. 48. 10

Cfr. Pietro Belmonti, Genealogia dell‟antica famiglia detta delle Caminate De Belmonti e De‟

Ricciardelli, in Rimino, nella Stamperia del Simbeni, MDCLXX, p. 252. 11

Ciò risulterebbe da un atto d‟acquisto di terreni del 18 febbraio 1412 in cui compare Tommasa

del Magnifico G. Feltrino Gonzaga quale sposa di Sorleone Stivivi. Per questa ed altre notizie sulla

famiglia Stivivi vedi: Gaetano Urbani, Raccolta di scrittori e prelati riminesi, manoscritto del XIX

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uomo dai tratti schiettamente rinascimentali. Coltissimo, “versato in molte scienze ed

in particolare nelle matematiche ed astronomia”13

è stato probabilmente la causa

prima degli interessi culturali di Pacifico14

, nonché il modello di cortigiano che

l‟autore della Maravigliosa Visione avrebbe inseguito per gran parte della propria

vita15

.

Entrato forse in giovane età fra i Minori Osservanti Francescani, Pacifico si

distingue per il proprio sapere e per le proprie doti artistiche16

. Particolarmente

eccelle quale calligrafo. Purtroppo non essendoci giunto alcun documento

dell‟Ordine inerente il nostro, non possiamo sapere quale sia stato il suo percorso fra

le mura del convento. La provenienza del giovine da una famiglia importante avrebbe

dovuto farne un candidato naturale alle più alte cariche. Ciò nonostante, pare precoce

la sua volontà di attendere ad altro che non alla tranquilla vita claustrale. E‟ del 1575

il primo segnale di una già matura passione per l‟Alchimia. In una lettera scritta da

Parma il 30 aprile di quell‟anno egli si rivolge al Granduca di Toscana Francesco I,

famoso per i propri interessi nell‟Arte Grande17

, illustrandogli i progressi compiuti

nella tecnica trasmutatoria. Il frate riminese scrive fra l‟altro di ritrovarsi “cosí

scomodo”18

ed alfine chiede al Principe un ausilio per “mettere in luce un libro di

secolo presente nella biblioteca Gambalunga di Rimini sub SCMS195, nonché: Pietro Belmonti,

cit., pagg 249 - 252. 12

Pietro Belmonti, cit., p. 251. 13

Gaetano Urbani, cit., p. 581. 14

Solo ipotizzabile è l‟influenza paterna nell‟interesse dimostrato da Pacifico Stivivi per le scienze

esoteriche. Più sicuro è lo stimolo che al nostro dev‟essere pervenuto dall‟ambiente francescano.

Come asserisce Paola Zambelli, “La cabala cristiana nell‟Italia pretridentina fiorí specialmente fra

i francescani, anzi proprio fra gli Osservanti” (Paola Zambelli, L‟apprendista stregone -

Astrologia, cabala e arte lulliana in Pico della Mirandola e seguaci, Venezia, Marsilio editore,

1995, p. 199. Per un approfondimento del tema si legga tutto l‟interessante capitolo dedicato da tale

autrice a “Cabala e osservanza francescana” nel testo citato, pagg. 173 - 200). Fra l‟altro presso la

biblioteca Gambalunga in Rimini è catalogata una riproduzione manoscritta cinquecentesca delle

Conclusiones cabalisticae di Pico (SCMS 110) proveniente dal monastero francescano di

Verucchio. Ciò fornisce prova del fatto che anche presso i Minori Osservanti di Rimini, città che su

Verucchio all‟epoca esercitava signoria, dovevano esistere interessi cabalistico/ermetici, interessi

che potrebbero avere influenzato Pacifico. 15

Oltre al servizio prestato presso il Cardinale Ercole Gonzaga, Stivivo risulta essere stato

“ambasciatore (…) a‟ Sommi Pontefici (per la Città di Rimini) in occasione di affari

rilevantissimi” ( Pietro Belmonti, cit., p. 251). 16

“Questo religioso oltre alla scienze teologiche nelle quali fu in riputazione di essere assai dotto,

si rese particolarmente celebre per l‟esattezza e la bellezza dei suoi caratteri e per la squisitezza

dei suoi disegni, e figure, che mirabilmente eseguiva a penna” (Gaetano Urbani, cit., p. 581). 17

Per maggiori ragguagli sugli interessi di Francesco I in alchimia si legga: Giulio Lensi Orlandi,

L‟Arte segreta, Cosimo e Francesco De‟ Medici alchimisti, Firenze, Convivio/Nardini editore,

1991. Molto importante ai fini di una conoscenza dello spazio occupato dalle scienze esoteriche, in

specie dall‟alchimia, nella cultura alla corte dei Medici fra la seconda metà del Cinquecento ed i

primi decenni del Seicento è l‟articolo di Paolo Galluzzi Motivi paracelsiani nella Toscana di

Cosimo II e di Don Antonio dei Medici: Alchimia, medicina chimica e riforma del sapere, in

AA.VV., Scienze credenze occulte e livelli di cultura, Firenze, Olschki editore, 1982, pagg. 31- 62. 18

Pacifico Stivivi, lettera a Francesco I del 30 aprile 1575, 3.7.1, Archivio di Stato di Firenze,

Mediceo, 722 (vedi tavola II). Per “scommodo” s‟intendeva indigente.

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molta importanza già approvato dal Sant‟Uffizio”19

. Alcuni, probabilmente anche per

la dedica fatta a Francesco I della Maravigliosa Visione20

, hanno formulato l‟ipotesi

che Pacifico abbia soggiornato a Firenze come cortigiano del Granduca21

. In realtà

ciò non può essere asserito con certezza, non essendo stato ritrovato alcun documento

fra quelli minuziosamente conservati dalla cancelleria ducale che possa somigliare ad

un invito rivolto allo Stivivi, né alcuna altra prova della permanenza di questi nella

capitale toscana. E‟ più probabile che le istanze del francescano siano state rigettate

con le centinaia di altre che da tutta Europa pervenivano alla Corte dei Medici dietro

promessa di svelare segreti meravigliosi22

. La lettera è comunque documento di

grandissima importanza, in quanto contiene l‟unico cenno autografo esistente relativo

ad un‟opera, sottintesa come alchemica, che parrebbe coincidere con la Maravigliosa

Visione.

Ventisette anni dopo la lettera al Granduca di Toscana è ancora una missiva,

anzi, tutta una corrispondenza, che ci rivela qualcosa sull‟attività di Padre Pacifico.

Durante più di un quarto di secolo nulla si sa del francescano, sinché Annibale

Manerbio, ambasciatore di Mantova alla Corte di Rodolfo II d‟Asburgo, scrive da

Praga in data 1 aprile 1602 comunicando al proprio Signore di essere stato colà

avvicinato da “un frate di S. Francesco che attende all‟arte trasmutatoria, cosí egli

dice”. Tale personaggio insiste con il nobiluomo italiano affinchè si faccia da tramite

per lui presso il Duca, alla corte del quale vorrebbe approdare per rendergli manifesto

un proprio segreto apprezzato dallo stesso Imperatore. Il religioso è Stivivi, arrivato

chissà come nella città boema divenuta in quel momento la capitale degli alchimisti

d‟occidente23

. Manerbio, diffidente per natura ed ormai avvezzo a sentirsi fare offerte

19

Ibidem. 20

La dedica al “Ser.mo Don Francesco Medici Gran Duca di Toscana Patrone Singular.mo” fatta

da Stivivi della Maravigliosa visione occupa ben otto pagine ed è anteposta al testo, identica, sia nel

manoscritto forlivese che in quello riminese con data “di Firenze alli X di Gennaio MDLXXXI”

(Pacifico Stivivi, Maravigliosa visione, cit., foglio 5 recto). Difficile dire se tale indicazione di

cronologia e luogo attesti un avvenimento realmente accaduto (la permanenza del minore

francescano in Firenze) o sia apposta dall‟autore stesso per accreditare la notizia del favore a lui

accordato dal Granduca. 21

“Molto accarezzato dal Gran Duca di Toscana Francesco (Pacifico Stivivi) (…) stette molti anni

in Fiorenza per servizio di quell‟Altezza con molte comodità e di servitù, ed altro concessogli da

S.A.S.” (Gambetti, Scrittori riminesi, manoscritto catalogato presso la biblioteca Gambalunga sub

SCMS1076, t. III p. 9). 22

Oltre al citato volume di G. Lensi Orlandi, si consulti sull‟argomento AAVV, Firenze e la

Toscana dei Medici nell‟Europa del Cinquecento, in specie il volume ricchissimo di documenti La

Corte il mare i mercanti la rinascita della scienza, Firenze, Electa editrice, 1980, pagg. 313 - 430. 23

Quasi tutti i più grandi ermetisti ed alchimisti fra la fine del „500 ed i primi anni del „600 sono

stati a Praga, alcuni ospiti dello stesso imperatore, i cui interessi per l‟Arte Grande erano famosi

(egli stesso pare se ne dilettasse), altri con la speranza di diventarlo. Fra i tanti ritroviamo

personaggi celebri quali Giordano Bruno, che all‟inizio del 1588 lasciò Wittenberg per Praga, dove

si trattenne per circa sei mesi durante i quali “cercò di interessare l‟imperatore alla sua mathesis ,

dedicandogli un libro (…) che recava il titolo polemico di Articuli adversus mathematicos”

(Frances A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Bari, Laterza, 1981, p. 340), Augusto

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del genere in quell‟ambiente24

, per parte sua si mostra freddo alla proposta e, pur

riferendo per dovere d‟ufficio l‟accaduto, scrive che “i frati extra claustra (lo) fanno

titubare, tanto più attendendo essi ad altra professione che alla loro”25

. Il viatico non

è dei migliori, però l‟affare va in porto. Il 22 maggio Stivivi è annunciato in partenza

per Mantova “bramosissimo di (servire) il suo (nuovo) Signore” e dichiarandosi

disposto a “far prima l‟esperienza di certo suo segreto a (proprie) spese”26

. In tutta

la vicenda, un mercanteggiamento “esoterico” come tanti ne dovevano avvenire alla

Corte di Rodolfo II, si resta colpiti della paura dimostrata da Stivivi che i suoi

confratelli in Italia potessero recargli danno per il fatto d‟essere egli dedito all‟attività

trasmutatoria. Annibale Manerbio rimarca al Signore di Mantova che il riminese è

timoroso “delle mormoration de‟ frati, tanto nimici di simil virtù (l‟alchimia)”27

e fa,

quindi, raccomandazione al principe “che si degni di proteggerlo contro le

persecuzioni fratesche, delle quali egli ha copia come mi dice, per mera invidia e

malignità”28

. Non si dimentichi che l‟apparato inquisitorio posto in atto dalla chiesa è

ormai nella penisola, in tutti i campi del sapere, nel suo pieno sviluppo.

Dal ritorno in Italia sino alla sua morte, avvenuta nel 1611, su Pacifico Stivivi

cala l‟oblio. Nulla si sa dei risultati ottenuti negli esperimenti eseguiti presso il Duca

di Mantova. Stabilitosi infine a Rimini, il francescano passa gli ultimi anni come

guardiano del convento di San Bernardino29

. Di tutta una vita spesa all‟”athanor”, di

Stivivi rimangono solo due bellissimi manoscritti, la più volte citata Maravigliosa

Visione ed un altro, parziale, intitolato Scena Theologica Psalmorum Omnium30

, non

Kelley, nominato addirittura Marchese di Boemia, il Sendivigius e John Dee, che presentò

all‟Imperatore la propria Monade geroglifica. 24

In una missiva da Praga datata 2 aprile 1602 depositata presso l‟Archivio di Stato di Mantova

(Archivio Gonzaga, busta 481, documento nr. 44) il Manerbio, con riferimento ad una precedente

lettera indirizzatagli dal suo Signore, come tutti i Principi propenso a dar credito a chi promettesse

di trasformare i metalli vili in oro, riferisce esultante di aver smascherato un “furbo alchimista” sul

quale il suo Duca gli aveva chiesto notizie. Non doveva certamente essere facile il compito svolto a

Praga dall‟Ambasciatore mantovano che, fra le altre incombenze, doveva far da filtro fra un

Principe avido ed una schiera di profittatori truffaldini.. 25

Annibale Manerbio, lettera da Praga del 1 aprile 1602, cit.. 26

Annibale Manerbio, lettera inviata da Praga al Duca di Mantova datata 22 maggio 1602. Archivio

di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 481, documento nr.79. 27

Pacifico Stivivi, lettera datata 22 aprile 1602 indirizzata da Praga al Duca di Mantova, rimessa da

Annibale Manerbio in allegato ad una propria missiva in pari data. Archivio di Stato di Mantova,

Archivio Gonzaga, busta 481, documento nr. 57. 28

Annibale Manerbio, lettera inviata da Praga al Duca di Mantova datata 24 maggio 1602.

Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 481, documento nr. 80. 29

Dell‟incarico quale Padre Guardiano del Convento di San Bernardino da Siena in Rimini siamo

informati da Raffaele Adimari (Raffaele Adimari, Sito riminese, Brescia, per Gio. Battista & Ant.

Bozzòli, 1616, t. I, p. 85). Nessun repertorio dell‟ordine dei minori francescani ne dà notizia e negli

archivi dello stesso convento (ora trasferiti nella nuova sede presso il convento delle Grazie in

Rimini) di Stivivi non v‟è traccia alcuna. 30

Il titolo completo è Scena Theologica Psalmorum Omnium, ubi David in Persona Dei Patris,

Filii et Spiritus Sancti, Iesu Christi, Mariae Virginis, Michaelis Angeli, totiusque Ecclesiae

Triumphantis, ac in Persona Propria Ecclesiaeque Militantis, super Magnam Scenam Universi, de

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si sa in che epoca redatto. Nemmeno l‟attestazione d‟aver condotto “bonissima &

santa vita” tributatagli dai contemporanei31

è stata sufficiente a salvare Padre

Pacifico dalla damnatio memoriae che l‟ordine francescano ha riservato a quanti si

sono spinti troppo oltre nelle loro ricerche.

3. L‟opera

“Desiderando io Stivivo Stivivi

ariminese manifestare a tutti i

Fedeli le cose maravigliose che la

gran Bontà d‟Iddio per l‟Angelo

suo Santo in visione s‟è degnata a

dimostrarmi, dirò in prima

che…”32

I manoscritti riminese e forlivese dello Stivivi sono stesure della stessa opera,

anche se pervenuteci con differente titolo. La Maravigliosa visione presente in

Gambalunga è probabilmente la versione definitiva del documento. Consta di 85 fogli

numerati adorni di 17 splendide incisioni in rame tutte di mano dell‟autore, come i

capilettera, miniati e figurati a penna, di rara bellezza33

. Pronto per la pubblicazione,

lo scritto è però incompleto, arrivando a comprendere solo la prima metà dell‟intero

testo. Nell‟ultima pagina campeggia una splendida iniziale alla quale non segue altro.

Il lavoro depositato nel fondo Piancastelli della biblioteca di Forlì invece è completo

nel contenuto. Ha per titolo Summa de quattro mondi ed è composto di 183 fogli

numerati con 20 illustrazioni. Manca dei capilettera ed evidentemente non appare

curato per un‟eventuale edizione34

. Fin dove arriva, il primo documento è quasi

identico al secondo, differenziandosi da questo solo per alcune variazioni lessicali e

di punteggiatura. Ad entrambe le stesure è anteposta una dedica rivolta a Don

Francesco Medici Gran Duca di Toscana.

Un problema da risolvere prima di passare alla disamina dell‟opera è quello

della sua attribuzione. Infatti, mentre presso la biblioteca Comunale di Forlì il

Mirabilibus, Dei et Naturae ad Omnes Gentes Loquitur (vedi tavola III), manoscritto di cui resta

solo la prima parte (catalogato in Gambalunga SCMS1151). 31

Padre Pacifico “nobil riminese di casa Stivivi (…) era dottato non solamente di lettere, ma

ancora di molte altre virtù, & in particolare scrittore eccellentissimo in ogni sorte di caratteri,

piccioli, & maiuscoli haveva bonissimo disegno, ma sopra tutto, era di bonissima, & Santa vita.”

(Raffaele Adimari, cit., p. 85). 32

Pacifico Stivivi, Maravigliosa Visione, cit., foglio 3 recto. 33

Vedi tavola IV. 34

Sino al foglio 85 la stesura è uguale al manoscritto della Gambalunga.

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documento è catalogato come opera di Pacifico Stivivi35

, in Gambalunga esso è stato

riferito a Stivivo Stivivi. L‟equivoco è causato dallo stesso autore del testo che, per

tema probabilmente d‟essere tacciato d‟eresia dai confratelli, dai quali come s‟è

precedentemente accennato non doveva essere già molto ben visto per la propria

attività d‟alchimista, usa uno stratagemma frequente. Pacifico scrive che è stato un

Angelo, apparso sotto forma di “fiamma accesa in similitudine d‟un corpo

d‟huomo”36

a narrare al padre l‟argomento della Maravigliosa Visione. Per

allontanare infine qualsiasi sospetto che un testo così audace potesse essere pura

elaborazione di mente umana, sospetto in epoca controriformistica pericoloso sia per

l‟estensore che per l‟editore dell‟opera, Pacifico ottiene nel febbraio 1578 dal

Cancelliere della città di Rimini “una fede authentica (…) della natural bontà” di

Stivivo Stivivi, persona che, viene certificato, “non haveva atteso al studio, & (…)

non haveva mai fatto professione ne di Filosophia ne di Theologia, ne d‟altra

scienza, per la qual avesse potuto far un tal discorso sopra le cose della Sacra &

Divina Scrittura”37

, documento allegato in originale al risvolto di copertina del

manoscritto depositato in Gambalunga. Il padre del francescano, insomma, non

avrebbe mai potuto essere in grado da solo di concepire un argomento così complesso

quale quello rivelatogli dall‟Angelo per … manifesta ignoranza.

Pacifico non è ovviamente né il solo né il primo autore che, timoroso del danno

che avrebbe potuto derivargli dalla diffusione delle proprie teorie, abbia operato con

cautela. Risulta però difficile trovare qualcun altro che, come il riminese, sia riuscito

a farsi rilasciare una sorta di pubblico attestato di esenzione da responsabilità. Ma

fatica improba è la sua di far passare per “huomo di pochi litteri (e) nessuna

dottrina”38

il Maestro di Camera del Cardinal Ercole Gonzaga noto, al contrario,

come già abbiamo avuto modo di scrivere, per essere di profonda e vasta cultura.

Soprattutto fatica inutile, atteso che lo stesso minore francescano offre prova di

interesse per argomento analogo a quello trattato nella Maravigliosa Visione in

un‟opera di sicura attribuzione, la citata Scena Theologica Psalmorum Omnium, forse

redatta in più giovane età, in cui si ritrova non solo identità d‟oggetto e di conclusioni

con il manoscritto dedicato al Granduca di Toscana ma, addirittura, coincidenza fra i

disegni eseguiti dall‟autore a corredo dei due testi39

. Il tutto senza che dal cielo sia

arrivato suggerimento alcuno. Alla luce di quanto precede possiamo affermare che la

35

Nello schedario del Fondo Piancastelli sub MSS I/75 è riportato: “Stivivi Pacifico, Summa de 4

mondi, scritto l‟anno 1581 – Mscr. Cart. Ant. : è un‟opera di astrologiche e apocalittiche previsioni

che lo scrittore dice fatte al proprio padre…”. 36

Pacifico Stivivi, Maravigliosa visione, cit, foglio 12 recto. 37

Raffaele Adimari, cit., p. 86. In verità l‟Adimari scrive che furono i parenti dello stesso Stivivo ad

ottenere il documento e non cita specificamente frate Pacifico. Non è però difficile scorgere dietro il

generico parentado la mano del nostro. 38

Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., foglio 178 recto. 39

Si confrontino il disegno presente al foglio 106 recto della Summa de quattro mondi (tavola V) e

quello al foglio 98 recto della Scena Theologica Psalmorum Omnium (tavola VI).

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Maravigliosa Visione è frutto della fatica di Pacifico Stivivi, il quale di teologia e

sacre scritture s‟intendeva benissimo40

. E questo i suoi confratelli lo sapevano.

Sulla datazione del manoscritto poco v‟è da dire. La dedica al Granduca di

Toscana anteposta al testo è datata 10 gennaio 1581, ma sicuramente il manoscritto è

già completo e noto ai contemporanei sin dal 1578, come comprovato dalla fede

allegata al risvolto di copertina della copia riminese, inerente la bontà e ignoranza di

Stivivo Stivivi di cui si è parlato. E‟ molto probabile, se non certo, che la

Maravigliosa visione giunta sino a noi sia solo l‟ultima di tutta una serie di stesure

fatte da Pacifico, di quella che avrebbe dovuto essere la “summa” di tutto il sapere da

lui accumulato in una vita di studi ed esperimenti. Il fatto che lo scritto sia stato

dedicato a Francesco de Medici ci fa ritenere essere questo il lavoro di grande

importanza per il quale il minore francescano ha chiesto aiuto economico al Principe

nella lettera del 30 aprile 1575, aiuto che, a quanto ci è dato sapere, non è mai

arrivato.

La Maravigliosa visione tratta dei segreti del creato, dalla sua genesi sino al

momento del giudizio universale, nonché della storia umana, sotto forma di

commento della divina scrittura. Il contenuto dell‟opera non si ferma, però, ad

un‟analisi esegetica del testo sacro. Vuole essere molto di più, almeno nelle

intenzioni del suo autore. Vuole essere una vera e propria rivelazione che l‟Altissimo

fa al protagonista sul futuro del mondo, rivelazione che l‟autore paragona a quella da

Dio comunicata a “Noè, ad Abraam, a Iacob, a Iosef, a Moisè, ad Esdra, a Daniello,

a Isaia et a tanti altri”41

e che il beneficiato non può tenere per sé, ma deve

comunicare all‟umanità. L‟Angelo appare a Stivivo Stivivi mentre questi giace sul

letto durante lunga malattia e lo esorta a scrivere quanto gli comunicherà. Il padre di

Pacifico a tutta prima è restio ad obbedire a quella che crede un‟allucinazione. Poi

segue la sua guida celeste in un vero viaggio iniziatico che durerà “dodici giorni

partiti con numero ternario”. Ed annoterà tutto.

Risulta dalla narrazione di Stivivi che fondamento del cosmo è il quaternario42

.

Quattro sono gli elementi, o qualità, costituenti la prima materia della creazione43

.

Quattro è il “numero” della croce, figura primigenia da cui il tutto si dipana44

.

Ripercorrendo lo sviluppo del Genesi Stivivo scopre come l‟ordine che Dio ha dato al

tutto sia sempre cadenzato dal quattro. Quattro sono i mondi in cui l‟Universo è

40

“Questo religioso (…) nelle scienze teologiche (…) fu in riputazione di essere assai dotto”. In

Gaetano Urbani, cit., p. 581. 41

Pacifico Stivivi, Maravigliosa visione, cit., foglio 5 recto. 42

Meglio, la tetraktys pitagorica. 43

Terra, aria, acqua, fuoco. 44

Stivivo all‟inizio del proprio percorso vede una luce che si muove nell‟oscurità. A mano a mano

che questa gli si avvicina, egli scopre trattarsi di “due rette a guisa di croce che discendevano e

ritornavano dall‟una estrema parte all‟altra del Cielo Altissimo” (Pacifico Stivivi, Maravigliosa

Visione, foglio 25 recto).

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9

partito45

e quattro sono le sue qualità46

, come quattro sono le nature che vi trovano

posto47

. Ancora, quattro sono i cicli del cosmo dalla creazione dell‟uomo, che

vengono scanditi da altrettanti momenti topici, i diluvi48

, e quattro sono i “cibi” che

alle ere corrispondono49

. Squisitamente geocentrica, la cosmologia della

Maravigliosa Visione vede il creato diviso in 28 circoli (sette quaternari), di cui i

primi 12 costituiscono l‟abisso, composto dagli inferi (7 gradi), dal limbo inferiore e

dalla “spelonca duplice” e sono invisibili. A questi succede il mondo elementare o

“prima ruota”, cioè i quattro giri costituiti da terra, aria, acqua e fuoco. Sopra sono le

tre ruote celesti, che culminano con il giro dei segni zodiacali, del tempo e

dell‟Empireo, al di la del quale è il “cielo veleo divino eterno”, sorta di involucro

contenente il cosmo. Oltre il “cielo veleo” è il trono divino infinito, sede di Dio, che

dall‟alto spande la sua luce su tutto (tranne che sugli abissi infernali, ove il suo lume

non arriva)50

. Attorno alla Terra, centro dell‟Universo, sono poste nell‟ordine le sfere

della Luna, di Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno, oltre le quali sono il

“cielo stellato” ed il “primo mobile”. Stivivo viene accompagnato dall‟Angelo nel

proprio percorso lungo il braccio verticale della croce sino al trono di Dio. Vede il

Libro nell‟Arca, sigillato con i sette sigilli e “ripieno dentro e fuori del volere eterno

divino”, ma non gli è rivelato il contenuto, rivelazione rimandata alla fine del

viaggio. Viene edotto sull‟episodio della guerra angelica, con la cacciata di Lucifero

dall‟Empireo, nonché sulla creazione di Adamo ed Eva e la successiva espulsione dal

Paradiso terrestre. Infine sono spiegati al padre di Pacifico i primi tre dei quattro

diluvi, ma non essendo stato il protagonista pronto a raccogliere la volontà

dell‟Angelo quando questi lo ha invitato a scrivere durante la prima apparizione,

Stivivo rimane all‟oscuro del contenuto del segreto più importante. Il Libro per lui

resta chiuso e la guida non torna a svelargli cosa accadrà dopo il “diluvio del fuoco”.

Il testo si conclude con una Epistola scusatoria51

in cui Pacifico illustra la

disperazione che avrebbe accompagnato il padre sino alla fine della propria vita per

essersi dimostrato indegno, con la propria pigrizia, del favore divino.

Secondo quanto rivelato dall‟Angelo a Stivivo Stivivi l‟Universo viene creato

da Dio ex nihilo in un solo istante. Nucleo fondamentale del tutto è la “prima

materia” o chaos primordiale, massa ancora indistinta dei quattro elementi

fondamentali (terra, aria, acqua e fuoco), che in sé è già “il cosmo” ed è

45

Mondo infernale, elementare, celeste e divino. 46

Umana, angelica, superitata (grado intermedio fra l‟umano ed il divino) e divina. 47

Vegetale, sensitiva, umana, superitata. 48

La prima era inizia con il “diluvio della terra”, ovvero la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso

terrestre. Corrispondente a questo momento della storia dell‟uomo è la cacciata di Lucifero

dall‟Empireo. La seconda era con il “diluvio dell‟acqua” (il “diluvio universale”). Il “diluvio

dell‟aria”, identificato con la venuta del Cristo sulla terra, è inizio della terza era, che si conclude

con il giorno del Giudizio, o “diluvio del fuoco”. 49

Erbe (vegetali), pesci e carni “senza sangue”, carni “con sangue”, gloria ai buoni e pena ai

cattivi nel giorno del Giudizio. 50

Vedi tavola VII. 51

Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., da foglio 178 recto a foglio 179 verso.

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simboleggiata dal globo crucifero mostrato dall‟Angelo a Stivivo durante il primo dei

dodici giorni nei quali si articola il “viaggio”. Risulta importante sottolineare la

simultaneità del processo divino della creazione. La vera fatica dell‟Altissimo è

quella di concepire la materia fondamentale dell‟Opera. Il resto è solo un processo di

specificazione dell‟esistente. L‟Universo “si celeste, come elementare et infernale

ornato (…) fu creato e fatto dalla gran potenza di Dio in un batter d‟occhio, perciò

che creando il cielo e la Terra nel suo primo essere nel medesimo istante creò

(l‟Universo stesso) e l‟ornò di tutti li sorti luci separando da essi ogni sorti di tenebri

per mezzo dell‟infinita sua luci e del firmamento”52

. I momenti successivi dell‟opera

divina sono descritti come stadi di maturazione della “prima materia” e non quali

fasi cronologiche di costruzione di un edificio ancora mancante di qualche sua parte.

In questo processo di specificazione, od “ornamento”, come lo chiama Stivivi,

l‟Universo/”Prima Materia” attraversa vari stadii, che corrispondono alle operazioni

dei giorni del Genesi53

e che costituiscono altrettanti gradi di perfezione del creato,

stadii che Stivivi chiama “esseri”. Nel “primo essere” Dio concepisce la macchina

dell‟Universo nella sua struttura fondamentale con i tre mondi, infernale, elementare

e celeste. Gli elementi costituenti il tutto in questo passaggio sono frammisti in un

unico amalgama (chaos primordiale). Nel “secondo essere” Dio procede alla

creazione del firmamento. Ancora la macchina mondiale è come una scatola vuota,

ma i giri e gradi del cosmo ci sono tutti, contraddistinti ognuno da un proprio “segno,

nome e numero”. Nel “terzo essere” è mostrato come i dodici giri del cielo, da

quello della Luna sino all‟Empireo, siano abitati da schiere d‟intelligenze angeliche.

Ad ogni giro un Angelo agli altri superiore è posto a capo della schiera di pertinenza.

Nel “quarto essere” la creazione è completa nella sua maturazione. Sono dati i

pianeti come “abitanti” ai cieli e gli animali alla terra. E‟ dato il moto all‟Universo.

E‟ creato l‟uomo, culmine dell‟opera e massimo grado di specificazione della

materia. L‟essere umano nella Maravigliosa visione ha, ovviamente, una particolare

dignità. Rappresenta la vera “quarta perfezione” del mondo elementare. Viene

costituito a stessa “immagine e natura che (Dio) ab eterno haveva ordinato di

assumere in tempo nella persona di suo Figliuolo”54

. Dotato di libero arbitrio,

l‟uomo è fatto da Dio padrone di tutti gli esseri viventi al mondo, ai quali attribuisce

il nome55

. E‟ il momento del Paradiso terrestre, senza età. La stasi dopo la creazione.

52

Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., foglio 139 verso. 53

Creazione della luce, divisione fra luce e tenebra, creazione del firmamento, separazione delle

acque inferiori dalla superiori, divisione delle acque dalla terra e creazione delle sostanze vegetali,

creazione delle stelle e pianeti. 54

Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., foglio 137 recto. 55

Dopo aver dato il nome all‟uomo il Signore “condusse avanti ad Adamo tutti gli animali della

Terra, e gli uccelli del cielo acciò imponesse a ciascuno di essi il suo nome, e così gli chiamò tutti

per nome, la onde a tutti quelli cosi che Adamo pose il nome di anima vivente esso è il suo”

(Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., foglio 138 recto).

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Con la punizione comminata ad Adamo ed Eva per aver assaggiato, nonostante

il divieto divino, il frutto del “legno della scienza del bene e del male”56

, inizia la

caduta dell‟uomo e la volontà divina di riscattarlo57

. Inizia anche il “tempo”, ultima

variabile ancora non presente nel cosmo. Cronologicamente la storia del creato è

divisa in quattro “ere”, ciascuna delle quali è corrispondente ad uno degli elementi

costituenti la “prima materia”, e sette “età”, queste ultime tipiche della stirpe

umana. Con il “diluvio della terra”, corrispondente al momento della cacciata

dell‟uomo dal Paradiso terrestre, inizia la prima era. L‟Ombra dell‟Agnello di Dio58

,

Spirito Divino, comincia la propria discesa nei diversi cieli e nei segni dello “zodiaco

superiore”59

e si manifesta via via alle creature che ivi abitano. La sua venuta è

annunciata ad ogni età da un Angelo ambasciatore. Così il lettore assiste ad una

curiosa identificazione di “età”, pianeti60

, segni zodiacali ed Angeli. La prima dopo il

“diluvio della terra” è l‟età di Adamo. L‟Ombra dell‟Agnello di Dio discende nel

segno dell‟Ariete, pianeta Saturno, e la sua venuta è annunciata dall‟Angelo Cassiel.

Poi è il “diluvio dell‟acqua”61

, cui corrisponde la seconda Età dell‟uomo, quella di

Noè. L‟Agnello di Dio percorre il segno del Toro, pianeta Giove. Angelo

annunciatore: Sachael. La terza è l‟età di Abramo. Il popolo eletto va in Egitto e

56

Ibidem, foglio 138 verso. In altro passo il frutto proibito è chiamato direttamente “il ligno”

(ibidem, foglio 143 recto). 57

Più esattamente, considerato l‟impianto dell‟opera, si potrebbe dire che termina il processo di

disgregazione e specificazione della materia ed inizia il percorso inverso di reintegrazione all‟Uno. 58

Così si esprime Stivivi. 59

L‟autore descrive due ruote dello zodiaco, l‟una superiore all‟altra. La prima invisibile all‟uomo,

la seconda visibile. Il viaggio dell‟Agnello di Dio avviene lungo la prima ruota. 60

Corrispondente ad ogni cielo. 61

Stivivi enuncia una data precisa per il “diluvio universale”, il giorno “17 aprile 1656 del mondo”

(Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., foglio 153 recto). Pur rinviando ad un successivo

studio la disamina della cronologia adottata da Stivivi, che parrebbe a tutta prima ricalcare quella

della profezia o “tradizione di Elia” (secondo la quale il mondo avrebbe avuto una durata

complessiva di 6000 anni partiti in tre periodi, di cui l‟ultimo avrebbe avuto inizio con la venuta del

Messia), giova rimarcare come l‟indicazione cronologica inserita dal minore francescano per il

“diluvio dell‟acqua” potrebbe dallo stesso essere intesa come riferimento preciso per il giorno del

Giudizio, o “diluvio del fuoco”. Il riminese scrive in un periodo in cui è ancora forte il dibattito

circa la prossima fine del mondo. Fallita la previsione secondo cui un diluvio avrebbe segnato

l‟estinzione della razza umana e di tutti i viventi per l‟anno 1524 (congiunzione planetaria nel segno

dei Pesci), molti autori, forti delle novità celesti del 1572 (comparsa di una stella nova), del 1577

(avvistamento di una cometa) e dell‟annunciato verificarsi del trigono igneo in Ariete per il 1584,

avevano posticipato la fine del mondo per il secolo a venire (per notizie circa la vicenda cfr. Miguel

A. Granada, Calculos cronologicos novedades cosmologicas y expectativas escatologicas en la

Europa del siglo XVI, in Rinascimento, vol. XXXVII, seconda serie, Firenze, Olschki, 1997, pagg.

357 - 435, nonché del saggio di Stefano Caroti, Comete, portenti, causalità naturale e escatologia

in Filippo Melantone, in: AA.VV. Scienze credenze occulte e livelli di cultura, cit., pagg. 393 -

426). Sulla scia di tali autori si sarebbe posto anche Stivivi, il quale, partecipando al dibattito

escatologico sempre con la prudenza che lo ha contraddistinto (il cenno non è mai diretto, ma

bisogna ricavarlo fra le righe), non a caso ha chiamato “diluvio del fuoco” il giorno del Giudizio ed

ha apposto alla propria opera come data l‟anno 1581, cioè un momento prossimo al verificarsi

dell‟atteso nuovo evento celeste.

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l‟Agnello di Dio percorre il segno dei Gemelli, pianeta Marte, annunciato

dall‟Angelo Samael alle schiere angeliche del quinto e sesto fondamento. Seguono le

età di Mosè, durante la quale l‟Agnello scende nel segno del Cancro, pianeta Sole,

annunciato dall‟Angelo Michele, e di David, con l‟Agnello annunciato da Anael in

Leone, pianeta Venere. Nella sesta età dell‟uomo, detta di Salomone, l‟Ombra passa

in Vergine. Il pianeta collegato a tale segno è Mercurio. L‟Angelo è Raffaello.

Durante questa età il Messia, incarnazione del Verbo62

, viene annunziato

dall‟Arcangelo Gabriello alla Vergine. Lo Spirito ha compiuto il movimento

discendente lungo i primi sei segni della ruota dello “zodiaco invisibile”. Con il

“diluvio dell‟aria” (morte del Cristo per la redenzione dell‟umanità) inizia la settima

età dell‟uomo e il viaggio dell‟Agnello lungo gli altri sei segni dello zodiaco per

tornare alla riunione con l‟Uno passando dagli abissi infernali. La narrazione di

Stivivi a questo punto si fa meno precisa. Questo ultimo movimento dell‟Ombra

avviene in una sola età (se pure, scrive l‟autore, in più parti divisa). Di un unico

segno dei sei rimasti l‟autore fa menzione: quello del Sagittario. Quando l‟Ombra

dell‟Agnello di Dio vi passerà “allora si vedrà livare dall'oriente un gran splendor

solare che significhirà la venuta di Enoch il qual dal Signore fu prima traslato nel

terrestre Paradiso, e passando per luoghi diserti ed incogniti del rimanente del

mondo, girarà tutto l‟Universo per dare alle moltitudini del gran mare delle genti la

cognitione della vera sapienza, del vero Iddio humanato, conducendo parimenti fuori

dalla cattività diabolica (…) una gran parte de gli increduli et ostinati hebrei”63

.

Siamo prossimi al quarto diluvio, quello del “fuoco”. La Chiesa militante ha

trionfato. L‟umanità è finalmente riunita sotto un solo pastore ed in un unico ovile.

Suonano poi le trombe del Giudizio. E‟ l‟Apocalisse. Lucifero è finalmente sconfitto.

E poi? Poi il racconto si ferma. Di quello che accadrà dopo il Giudizio universale

solo un accenno. Il “diluvio del fuoco” renderà così perfetta la materia che in nessuna

parte vi sarà commistione degli elementi. L‟Universo è di nuovo raffigurato come

una sfera fatta di pura terra al centro, circondata di pura acqua, pura aria e puro fuoco.

L‟Opera è giunta a compimento. Tutto è pronto per un … nuovo inizio.

A livello filosofico dalla lettura della Maravigliosa visione emergono alcuni

nessi con le idee di due grandi pensatori del Rinascimento italiano: Tommaso

Campanella, a Stivivi contemporaneo, anche se sicuramente più giovane, e Giovanni

Pico della Mirandola. Come nelle opere redatte dal filosofo calabrese dopo la

conversione, tra le altre il Quod Reminiscentur, per il riminese il tema portante della

narrazione è che il cristianesimo sia la “sola” religione. Il percorso dell‟uomo, il suo

“ritorno al principio”, viene rappresentato come il ritorno all‟unica fede veramente

universale. La comparsa di Enoch è infine il trionfo della Chiesa militante. Il

domenicano ed il francescano presentano entrambi la storia del cosmo in funzione

della storia religiosa dell‟uomo, la cui “divinizzazione” risulta possibile solo in

62

Descritto come “quarta et ultima natura perfettissima di tutti li gradi dell‟humana natura”

(Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., foglio 167 verso). 63

Ibidem, foglio 172 recto.

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quanto l‟Altissimo si “umanizza”64

. Anche per Stivivi, come per Campanella, i tempi

del Giudizio universale e della reintegrazione sono prossimi. Ecco allora che Iddio,

tramite Stivivo Stivivi, si rivolge a cristiani e non cristiani, notificando loro i segni

astrologici e le profezie che indicano il proprio imminente ritorno. Ma se ad una

prima lettura la Maravigliosa visione pare molto vicina nel contenuto al pensiero

espresso dal Filosofo di Stilo, ad una seconda lettura si percepisce l‟influsso diretto o

indiretto sul riminese delle opere di Pico, in particolar modo l‟Heptaplus. L‟idea

fondamentale, cioè quella di “ritenere che nella famosa opera dei sei giorni siano

contenuti tutti i segreti della natura e che nei suoi libri Mosè abbia trasfuso ogni

umano sapere e tutto ciò che lo spirito di Dio gli dettava, i tesori di tutta la vera

filosofia”65

, rappresenta anche il filo conduttore della Maravigliosa visione. Stessa è

la partizione del cosmo operata da Pico e da Stivivi66

e simile è il valore attribuito dai

due autori all‟uomo. Il minore francescano esplicitamente afferma che gli esseri

umani posseggono “l‟uso del (…) libero arbitrio e della ragione”67

e possono

“pervenire alla fruizione (…) di esso Iddio”68

esercitando tali facoltà ed applicandosi

nello studio e nella ricerca69

. All‟uomo sono quindi dischiuse tutte le possibilità,

anche se per giungere alla conoscenza suprema e all‟identificazione con Dio non

basta la sola razionalità. Affinchè possa ricevere la grazia divina rivelatrice occorre

che il soggetto ne sia divenuto degno. E perché questo possa accadere l‟uomo deve

aver utilizzato nel proprio cammino gli strumenti giusti: l‟alchimia, che è la scienza, e

la cabala, che di tale scienza fra la fine del cinquecento e la prima metà del seicento

sta divenendo il linguaggio70

.

Notevole è il portato esoterico della Maravigliosa visione, anche se ad una

prima lettura ciò può non apparire. Lo stesso testo che l‟autore pone alla base delle

64

L‟Agnello di Dio che si fa Cristo altro non è che l‟incarnazione del Verbo. Scrive Stivivi: “Sappi

dunque che il Gran Verbo istesso Iddio, la Seconda Persona Divina, ordinò dovere (…) al suo

luogo e tempo pigliar carni per riparo della gran perdita della natura humana, liberandola dalla

longa servitù del Gran Nimico per mezzo del sangue dell‟Agnello immacolato” (Pacifico Stivivi,

Summa de quattro mondi, cit., foglio 149 verso). 65

Dalla prefazione di Eugenio Garin a: Giovanni Pico della Mirandola, Discorso sulla dignità

dell‟uomo, Brescia, La Scuola, 1987, p. XLVI. 66

Pico distingue nel cosmo quattro mondi, lo spirituale (Dio e gli angeli), il celeste, l‟elementare e

l‟uomo, mondo che racchiude in sé le possibilità degli altri. Stivivi addirittura ha titolato la prima

stesura della propria opera Summa de quattro mondi ed ha effettuato una divisione del cosmo che,

sebbene più complessa e ripetitiva, ha elementi comuni a quella pichiana. 67

Pacifico Stivivi, Maravigliosa Visione, cit., foglio 9 recto. 68

ibid., foglio 9 recto e verso. 69

Analogamente Pico della Mirandola aveva già sottolineato nell‟Heptaplus, la “peculiare

collocazione dell‟uomo nel Cosmo, consistente nel fatto che, in ragione della sua libera volontà,

all‟uomo sono dischiuse tutte le possibilità fino a quella più alta, cioè il divenire immagine di Dio”

(Franco Volpi, Dizionario delle opere filosofiche, Milano, Bruno Mondadori, 2000, p. 820). 70

Del processo che ha visto sostanzialmente coincidere e alchimia e cabala si è approfonditamente

occupato Scholem nel suo famoso Alchimia e kabbalah, Torino, Einaudi, 1984. Già dall‟epoca di

Raimondo Lullo era implicitamente accettato che non ci si potesse occupare di alchimia senza

conoscere alcuni dei principi fondamentali della cabala.

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proprie speculazioni, il Genesi, è di quelli più citati e commentati in un certo tipo di

letteratura. Frances Yates già ha scritto che “ermetismo e cabalismo si (sono

corroborati) mutuamente in relazione ad un tema (…) fondamentale per entrambe le

dottrine, e cioè il tema della creazione operata dalla parola”71

, e l‟importanza per

l‟alchimia del racconto biblico è tale che anche in testi operativi quali il Mutus Liber 72

il riferimento al Genesi è chiaro. Ma al di là del contenuto, ciò che conferisce allo

scritto di Pacifico Stivivi un valore particolare è la presenza nel testo di numerosi

elementi alchemici, nonché di riferimenti cabalistici, questi non immediatamente

riconoscibili, che costituiscono la struttura portante della fatica del riminese.

Come illustrato, Stivivo Stivivi viene guidato nel suo viaggio iniziatico alla

scoperta dei segreti del creato da un Angelo, emanazione divina che si mostra al

protagonista durante una visione. Il motivo della visione è un topos ricorrente della

letteratura esoterica. Nel Pimandro, il testo base dell‟ermetismo, “il Nous, o la Mens

divina, appare a Trismegisto mentre i suoi sensi sono paralizzati da un grave

torpore, come di sonno profondo”73

. Nella cabala, scienza volta alla ricerca di una

percezione di Dio e della creazione, elementi trascendenti la portata dell‟intelletto,

“contemplazione ed illuminazione” sono momenti fondamentali di apprendimento,

spesso rappresentati “come la trasmissione di una rivelazione primeva relativa alla

natura della Torah e ad altri argomenti religiosi”74

. Per i seguaci della via

alchemica, percorso in cui la lunga e complessa manipolazione della materia da parte

del Filosofo è processo essenziale di purificazione che gli permette di farsi tramite

dello Spirito sulla terra, l‟adepto non può riuscire a ricreare le condizioni della genesi

dell‟Universo, e quindi divenire a propria volta Dio, se dall‟alto non giunge un

segnale. A proposito dell‟Arte Grande occorre prestare particolare attenzione

all‟utilizzo che viene fatto del simbolo da parte dell‟operatore. Il simbolo è portatore

di un significato insieme terreno ed ultraterreno. Terreno perché indica agli iniziati

tappe, mezzi e materiali del procedimento. Ultraterreno poiché l‟Opera nel suo

complesso (quindi anche in ogni suo momento) ha una finalità che trascende il

71

“I misteri degli Hermetica erano misteri della Parola, o Logos, e nel Pimandro era grazie alla

luminosa Parola, il Figlio di Dio sgorgante dal Nous, che si compiva l‟atto creativo” (F. Yates,

cit., p. 101). 72

Anonymi Mutus Liber Alchemiae, in: Mangeti Jo. Jacobi, Biblioteca chemica curiosa, Geneve,

Sumpt. Chouet, G. De Tournes, Cramer, Perachon, Ritter et S. De Tournes, MDCCII, appendice al

t. I. Nella tavola 1 di detta opera, (che compendia per immagini il procedimento operativo

alchemico), sono ben visibili i riferimenti ai versetti del Genesi. 73

Frances Yates, cit., p. 36. Così inizia il Pimandro: “Un giorno il mio pensiero si era tutto

concentrato sugli esseri e tutto il mio intelletto era levato in alto, mentre i miei sensi erano

intorpiditi, come accade a chi piomba in un pesante sonno (…). Mi parve allora che un essere

immenso, fuori di ogni misura, mi chiamasse per nome, dicendomi: cosa vuoi udire e vedere e poi

apprenderlo e conoscerlo grazie alla contemplazione?” (Ermete Trismegisto, Poimandres, a cura

di Paolo Scarpi, Venezia, Marsilio, 1987, p. 43). 74

Gershom Scholem, La cabala, Roma, Mediterranee, pp. 11 - 12.

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reale75

. Ecco che la ricezione dei segreti dall‟Altissimo per rivelazione76

non è per gli

alchimisti solo un tema di meditazione, ma sta ad indicare anche la parte sostanziale

di un procedimento pratico. La prima tavola presente nell‟opera di Stivivi, che

raffigura il protagonista esanime sul letto mentre riceve la visione, riproduce un

motivo, quello del malato, o vecchio, in attesa della “rivivificazione”, spesso presente

nei testi alchemici. Nell‟Atalanta Fugiens, ad esempio, Michael Maier ci rende

l‟immagine di un vecchio disteso in un letto a baldacchino mentre sopporta un bagno

di calore77

. Lambsprink nel suo La Pietra Filosofale mostra alla decimaquarta figura

un‟iconografia del tutto simile a quella presente nella Maravigliosa visione78

: un

uomo disteso sul proprio giaciglio, visibilmente in malattia, riceve la “luce”

direttamente dal cielo, attraverso la finestra della propria stanza. Orbene,

alchimisticamente il male o la malattia indicano “la putrefazione e la dissoluzione

della materia”79

, cioè l‟assazione, prima fase dell‟Opera nella quale sulla materia80

75

Ciò spiega, fra l‟altro, l‟incomprensibilità stessa del simbolismo usato in alchimia. Poiché il

procedimento alchemico è, come accennato, volto ad ottenere un fine che trascende il reale, quindi

nel reale non verificabile se non per quella prova esteriore che è la trasmutazione del metallo vile in

oro, anche le singole operazioni che lo compongono, in quanto preparatorie del risultato, già

partecipano sin dal principio, della natura di detto fine e non sono comprensibili a chi ancora non le

abbia verificate. Affinchè l‟insegnamento possa giungere dal maestro all‟allievo, quindi, i risultati

che debbono essere via via raggiunti vengono illustrati per analogia, facendo ricorso a vari tipi di

figure. Il caravanserraglio di strani animali che spesso, ad esempio, si possono ammirare nelle varie

opere alchemiche indica le proprietà che la materia acquisisce durante il procedimento, con

riferimento alle caratteristiche che secondo religioni e miti antichi sono attribuite alle singole

“bestie”. L‟alchimia è un mondo popolato di serpenti, draghi, lupi e leoni per necessità. 76

Sulla necessità di ricevere l‟illuminazione divina al fine di compiere l‟Opera riportiamo un passo

tratto dall‟Oratio presente nell‟Aquarium Sapientum: “Omnipotens, aeterne Deus, pater coelestis

luminis, à quo etiam omnia bona, & perfecta bona proveniunt: rogamus infinitam tuam

misericordiam, ut nos aeternam tuam sapientiam, quae continuo circa tuum thronum est, & per

quam omnia creata factaque sunt, atque etiamnum reguntur, & conservantur, recte agnoscere

patiaris, mitte illam nobis de sancto tuo coelo, & ex throno tuae gloriae, ut una nobiscum sit, &

simul laboret, quoniam magistra est omnium coelestium occultarumque artium, etiam omnia scit et

intelligit” (Hydrolitus Sophicus seu Aquarium Sapientum, in Musaeum Hermeticum, Francofurti,

Sumptibus Lucae Jennisii, anno MDCXXV, pag. 191). 77

Michaele Majero, Atalanta fugiens, Oppenheimii, Ex typographia Hieronymi Galleri, Sumptibus

Joh. Theodori de Bry, MDCXVIII, Emblema XXVIII, De Secretis Natura. Maier, nato nel 1568,

morto nel 1622, paracelsiano e rosacrociano, fu al servizio come medico e segretario privato

dell‟Imperatore Rodolfo II a Praga. 78

Lambsprinck, De Lapide Philosophico, Francofurti, apud Hermannum à Sande, MDCLXXVII, p.

33, figura decimaquarta. Quest‟opera è apparsa a stampa per la prima volta in latino nella raccolta

Triga chemica del Barnaud nel 1599 ed ha avuto una certa fortuna nei circoli rosacruciani. 79

“MAL. Terme métaphorique qui signifie la putréfaction & la dissolution de la matiere des Sages

(…). Les Philosophes ont employé ce terme, parce que l‟idée qu‟il présente est toujours un principe

de destruction ou une destruction même d‟un être (…). La fiévre est un mal, parce qu‟elle est une

cause ou principe de destruction. Flamel dans ses Figures hiéroglyphiques représente un homme

habillé de noir & de couleur orangée, avec un rouleau sur lequel est écrit : Dele mala quae feci. Il

explique lui même ces paroles en ces termes: Otes-moi ma noiroeur. Car mal signifie par allegorie

la noiroeur. On trouve le même terme pris ou même sens dans la Tourbe: Cuis jusqu‟à la noiroeur,

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discende lo Spirito, che la trasforma in “prima materia”81

. Fase questa che se non

realizzata rende vano qualsiasi altro sforzo successivo. E che proprio all‟assazione si

riferisca Stivivi è testimoniato dal numero di giorni di digiuno trascorsi dal

protagonista prima che gli appaia la visione: 40, giusto il tempo considerato canonico

per la conclusione del procedimento82

(anche se tale lasso di tempo non può essere

preso alla lettera, essendo il numero quaranta simbolo generico dell‟attesa, della

preparazione83

); una volta che questo sia stato effettuato con successo l‟alchimista ha

salito il primo gradino della scala dei saggi.

La “prima visione oscura”84

, mostrata dall‟Angelo a Stivivo Stivivi ripresosi

dalla malattia, raffigura il protagonista mentre s‟incammina verso “sette gran

campagne piene di varii, e diversi fiori adorne, dè quali, parte putivano, e parte

havevano suave odore. I primi contenuti nelle prime tre campagne erano verdi

oscuri, e neri; ma i secondi nelle quattro seguente campagne erano bianchi, e

sanguigni lucidi”85

. Inoltrandosi nel luogo della visione il padre di Pacifico nota che

nella “quarta campagna” parte dei fiori oscuri divengono bellissimi, e parte dei fiori

chiari si trasformano in “oscuri e spaventevoli”. Alfine l‟Angelo mostra a Stivivo

essere “nel mezzo delle sette campagne (…) un monte eccelso, verso del quale con

uno de fiori convertito in bianco lucido” egli si dirige. Su questo monte è l‟Angelo,

cui fa corona a destra la luna, a sinistra il sole. E‟ questo un compendio dell‟ Opera,

per il cui compimento sette sono, come le campagne, le operazioni86

e durante la

qui est mal” (Antoine Joseph Pernety, Dictionnaire Myto – Hermétique, a Paris, quai des Augustins

chez Bauche, Libraire à Sainte Genevieve & à S. Jean dans la Défert, MDCCLVIII, pag. 264). 80

E sull‟operatore, poiché si forma legame reciproco fra alchimista e materia. 81

E‟ quasi impossibile definire esattamente in cosa consista la “prima materia”, come è altrettanto

difficile per i non iniziati differenziare questa dalla “materia prima”, o semplicemente dalla materia

tout court. Solo si intuisce dagli scritti degli alchimisti che questa “prima materia” è qualcosa di

completamente diverso dalla sostanza di partenza. Contiene lo Spirito. E come essa è divenuta

simile alla materia della creazione divina, così l‟operatore, avendo in parte ripetuto il percorso di

Dio, alla sua sostanza si è avvicinato. 82

Sul momento della “quarantena” così prescrive Filalete: “Cave tu saltem igni, quem sano cum

iudicio hic regere teneris, & iuro tibi sub fide bona, quod si urgendo igne in hoc regimine

quicquam sublimare feceris, opus totum irrecuperabiliter perdes. Contentus proinde esto cum

Trevisano bono carcere per dies, noctesque quadraginta detineri ac teneram materiam in fundo,

qui nidus est conceptionis, manere permitte, pro certo confisus, quod peracta periodo ab

Omnipotente huic operationi statuta spiritus resurget gloriosus, corpusque suum glorificabit,

ascendet, inquam, ac circulabitur suaviter & sine violentia, & à centro ad coelos ascendet,

iterumque à coelis ad centrum descendet, vimque arripiet superiorum & inferiorum.” (Autore

anonymo Philaleta Philosopho, Introitus apertus ad occlusum Regis palatium, Venetiis, Sumptibus

Pontij Bernardon, MDCLXXXIII, pp. 99 – 100). 83

Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Milano, Rizzoli, 1999, vol. 2, pag 266.

In questo senso il 40 può significare sia la disposizione d‟animo che deve accompagnare l‟operatore

nel procedimento sia la variabile “tempo” utile allo stesso (quanto basta). 84

Vedi tavola VIII. 85

Pacifico Stivivi, Maravigliosa visione, cit., foglio 14 verso. 86

Sette è il numero dei giorni del Genesi, dei metalli, dei pianeti, dei regni … Nell‟Aquarium

Sapientum è riportato un aenigma sulla Grande Arte che recita: “Septem sunt urbes, septem pro

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quale appaiono all‟alchimista in successione quattro colori: nero, verde, bianco e

rosso87

. Fondamentale la simbologia del fiore88

, che indica l‟essenzialità del

procedimento di purificazione della materia nell‟Arte Grande. Sole e Luna

corrispondono alle qualità Zolfo e Mercurio89

. La montagna può essere intesa sia

come metallo, l‟elemento grezzo da lavorare, sia come il fornello (athanor), il mezzo

utile alla lavorazione90

. L‟Angelo, il tramite fra cielo e terra, è colui che annuncia la

riuscita dell‟Opera, la discesa dello Spirito sulla Terra.

more metalla,/ Suntque dies septem, septimus est numerus;/ Septem litterulae, septem sunt ordine

verba./ Tempora sunt septem, sunt totidemque loca:/ Herbae septem, artes septem, septemque

lapilli./ Septemcunque tribus divide; cautus eris/ Dimidium nemo tunc praecipitare petescet:/

Summa: hoc in numero cuncta quiete valet” (Hidrolitus Sophicus seu Aquarium Sapientum, in

Musaeum Hermeticum, cit., pag. 129). 87

“Les Philosophes Hermétiques regardent les couleurs qui surviennent à la matiere pendant

l‟opération du grand oeuvre, comme les clefs de cet Art, & les indicescertains de la vérité & bounté

de la matiere, & du bon régime du feu. Ils en comptent trois principales qui se succédent, mais dont

la succession est interrompue par quelques autres couleurs passageres & de peu de durée. La

premiere principale est la couleur noire, qui doit se faire voir au quarantedeuxiéme jour an plus

tard. Elle disparoit peu à peu, & fait place à la blanche. A celle-ci succéde la citrine, qu‟ils

appellant leur Or. Enfin, la couleur rouge se montre, & c‟est la Fleur de leur or, leur Couronne

royale, & c.”. Fra i colori passeggeri è “le verte, qui marque l‟animation & la végétation de la

matiere” (Antoine Joseph Pernety, cit., pp. 93 – 94). Sulla successione dei colori nell‟Opera così

scrive Flamel: “avant quae quitter entierement la noiroeur, & se blanchir en la fàçon d‟un marbre

tres reluisant, & d‟un glaive nud flamboyant, la Pierre se vestira de toutes les couleurs quae tu

sçauras imaginer, souvent elle se liquifiera elle mesme, & souvent se coagulera encor, & parmy ces

diverses & contraires operations (…) elle citrinisera, verdira, rougira, non d‟un vrai rouge,

jaunira, viendra bluë & orangée, iui ques à ce qu‟estant entierement vaincuë par la siccité &

calidité, toutes ces infinies couleurs finissent en ceste blancheur citrine admirable, du vestement de

Sainct Paul, laquelle en peu de temps, viendra comme celle du glaive nud, puis par plus forte &

longue decoction prendra en fin le rouge citrin, & puis le parfaict rouge de Laque, on elle se

reposera desormais.” (Nicolas Flamel, Le Livre des Figures Hieroglifiquesl fi Trois traitez de la

Philosophie naturelle, Paris, chez Guillaume Marette rue Sainct Iacques, au Gril, pres Sainct

Benoift, MDCXII, p. 82). 88

Basilio Valentino asserisce che “Omnes res impuras & maculatas ad nostrum opus indignas

esse”, quindi “Ac quemadmodum medicus interiora corporis purgat & purificat per media

medicamentorum suorum, omnesque lordes inde expellit: ita & nostra corpora purificari & purgari

debent ab omni sua impuritate, ut in nostra generatione perfectio operari possit. Magistri nostri

purum, immaculatum requirunt corpus, quod nulla macula aut peregrini commixtione adulteratum

sit: Alieni enim additio est nostrorum metallorum leprositas” (Basilio Valentino, Practica cum XII

clavibus & appendice de magno Lapide antiquorum sapientum, in Mangeti Jo. Jacobi, Biblioteca

chemica curiosa, cit., t. II, p. 413). Nella prima delle figure che accompagnano quest‟opera l‟autore

raffigura una regina con in mano tre fiori (ibidem, p. 416, tav. III, fig. 1), simbolo della necessaria

purificazione (in Theorìes et symboles des alchimistes, Bibl. Chacornach, 1891, pag. 87 è scritto a

proposito che: “Quanto ai tre fiori tenuti dalla regina, questi indicano che la purificazione deve

essere ripetuta tre volte”). 89

Per l‟identificazione dei due corpi celesti con i due minerali, nonché con i principi maschio –

femmina, fisso – volatile, cfr il più volte citato Dictionnaire Myto – Hermétique del Pernety. 90

“MONTAGNE. Les Philosophes ont donné ce nom aux métaux par comparaison. Nos corps (dit

Riplée, 2. part) ont pris leurs noms des planettes, ce qui les a fait nommer à bon droit montagnes,

par comparaison d‟où l‟Ecriture dit, lorsque l‟eau se tourmentera & se troublera, les montagnes se

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La creazione del cosmo è descritta da Stivivi come una sorta di espansione, in

applicazione del disegno divino, del gran chaos, o “prima materia” simboleggiata

dalla croce, figura che il padre del minore francescano vede prima di tutte le altre

nell‟abisso e dal centro della quale si dipartono i giri e i cerchi che vanno a formare

l‟Universo. Il significato della croce è dei più semplici, significativi ed antichi. Essa,

fra l‟altro91

, è simbolo del quaternario, rimanda alla tetraktys pitagorica, ricapitola la

creazione92

e, in alchimia operativa, sta ad indicare il crogiolo93

, entro il quale

“nasce” l‟Opera.

Come già posto in evidenza, il quattro ed il sette sono i numeri portanti della

cosmologia di Stivivi. Non solo l‟Universo è diviso in “sette quaternari” (per un

totale di 28 circoli), ma, è stato illustrato, la sua stessa durata si articola in quattro

“ere”, una per ognuno degli elementi costituenti la “prima materia” (terra, acqua,

aria e fuoco). All‟interno di queste “ere” si sviluppa la vicenda umana che, dalla

cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre (diluvio della terra) al giorno del

Giudizio universale (diluvio del fuoco), è suddivisa in sette “età”, collegate ai sette

pianeti. Una tale costruzione ricorda molto da vicino l‟articolazione dell‟Opera

descritta nel Liber trium verborum e nel Liber secretorum artis94

attribuiti a Kalid. Il

Filosofo arabo suddivide in quattro i magisterii dell‟Arte: soluzione, congelazione,

albificazione e rubificazione, ciascuno esaltante una delle qualità della Pietra (terra,

aria, acqua e fuoco). Tali magisterii si compiono in una serie di operazioni (da sette a

nove a seconda della maturità raggiunta dalla Materia) che sono descritte come

momenti di crescita del feto umano (simboleggiante il soggetto dei Saggi) e sono

volta per volta legate ad uno dei sette pianeti

La presenza di una simbologia cabalistica non risulta nella Maravigliosa

visione così evidente come le significazioni alchemiche. Non esiste cenno diretto o

descrizione in chiaro dell‟albero sefirotico. Non v‟è nel testo, come pure era d‟uso

all‟epoca, alcun richiamo alle lettere dell‟alfabeto ebraico. Eppure in diverse parti

Stivivi dimostra come la Cabala non sia stata per lui scienza sconosciuta. Innanzi

tutto il minore francescano non perde occasione per rimarcare come Iddio abbia

précipiteront au fond de la mer. Quelquefois les Alchymistes ont entendu par la terme de Montagne,

leur vase, leur forneau, & toute matiere métallique” (Antoine Joseph Pernety, cit., p. 314. 91

Non è possibile riepilogare qui tutti i significati di questo simbolo, sul quale sono stati scritti libri

interi senza esaurire l‟argomento. 92

maohn Dee nella Monade geroglifica, opera di difficile interpretazione, pone la croce a

fondamento della sua figura (John Dee londinensis, Monas hieroglyphica, in Theatrum chemicum,

Sumptibus Lazari Zetzneri, MDCXIII, t. II, pagg. 191 – 230). 93

Una curiosità. Pare che i maestri Rosa Croce, per un facile accostamento fonetico nella lingua

francese, ma anche per indicare una materia considerata importante nell‟Arte, nonché il

procedimento da seguire e lo strumento principe usato nelle manipolazioni, venissero chiamati

“Frères de la Rosée Cuite”, letteralmente “Fratelli della Rugiada Cotta” (Thomas Corneille,

Dictionnaire des artes e des sciences, art. Rose – Croix, Parigi, Coignard, 1731) ovvero “passata

per il crogiolo”. 94

Entrambi i testi sono in: Mangeti Jo. Jacobi, cit., t. II, pagg. 183 – 191.

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creato il cosmo attribuendo ad ogni singolo giro e grado in cui è diviso un apposito

segno, nome e numero. L‟Universo alla fine risulta essere un‟armonia di segni, nomi

e numeri, spesso solo dichiarati e non espressi. Ciò dà l‟impressione che esista una

possibilità di percorrere il cammino della creazione per altra via che non quella

descritta in chiaro dall‟autore, una via in cui il valore del numero, intimamente legato

a quello della parola, si porrebbe come la chiave per stabilire concordanze,

collegamenti e significati particolari. Procedimento, questo, che ricorda molto da

vicino la gematria.

Un forte influsso nell‟impostazione culturale di Stivivi deve aver avuto la

cosiddetta cabala cristiana e in particolare l‟opera di Johannes Reuchlin. Nella

Maravigliosa visione il minore francescano in alcuni passi pare cerchi di operare un

sincretismo fra simbologia cristiana ed ebraica utilizzando le strade percorse

dall‟umanista tedesco. Alla stessa maniera di quest‟ultimo, anzi, sembra voglia

provocare uno “slittamento della simbologia giudaica in versante cristiano”95

.

Esempio evidente di questo tentativo è l‟utilizzo che il riminese fa nella propria opera

del termine/simbolo legno. Il minore francescano chiama l‟Albero della vita “il

ligno”96

. L‟Arca di Noè, strumento di salvezza del genere umano che l‟Altissimo

ordina di costruire al patriarca all‟approssimarsi del “diluvio dell‟acqua” e che nella

sua funzione in qualche modo precorre la passione del Cristo sulla croce, è indicata

come “il misterioso ligno”97

. Risulta chiara l‟ispirazione al De arte cabalistica, dove

Reuchlin, per citare le parole di Giulio Busi, “grazie al doppio significato della

parola es, che vale in ebraico sia albero sia legno, (…) raccoglie un‟ampia messe di

passi della Scrittura e di interpretazioni mistiche che, alludendo all‟immagine del

legno, evocano immediatamente (…) il simbolo del lignum crucis. La forza di

attrazione dell‟insegna della fede cristiana convoglia verso un unico significato la

polisemia del termine ebraico di partenza: in questo modo l‟albero della vita,

promesso ad Adamo in riscatto della sua caduta, diviene una premonizione del

sacrificio del Messia sul legno della croce”98

. Altro punto in cui Stivivi sembra aver

letto Reuchlin è nella denominazione degli Angeli. Il tedesco asserisce che “il nome

dell‟angelo deve contenere in modo sublime il Nome di Dio”99

, cioè, fra i tanti, o il

nome Yah100

o El101

e fornisce diversi esempi in proposito. Il riminese, in ossequio

alle regole descritte, chiama i “suoi” Angeli Cassiel, Anael, Ezechiel, Samael e

Sachael, dimostrando di avere ben appreso la lezione.

95

Johannes Reuchlin, L‟Arte cabbalistica, Opus Libri, Firenze, 1995, p. XIX, dalla prefazione

all‟opera di Giulio Busi. 96

Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., foglio 150 verso. 97

Iddio comanda a Noè “che facissi il misterioso ligno mediante il quale havesse a salvare la

natura humana e tutti gli animanti” (ibidem, foglio 152 verso). 98

Johannes Reuchlin, cit., p. XIX, dalla prefazione di Giulio Busi. 99

ibidem, p. 164. 100

“cosí la nazione dei giudei chiama il Dio, per le sue azioni benefiche” (ibidem, p. 164). 101

L‟Altissimo è così nominato “per la sua potenza e la sua forza” (ibidem, p. 164).

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Simile alla rappresentazione del cosmo fatta da Stivivi è quella contenuta nel

famoso Utriusque cosmi … historia di Fludd, riassunta iconograficamente nella

tavola dedicata a “natura ed arte”102

. L‟Universo è per questo autore, come per

Stivivi, la ripetizione dell‟armonia del quaternario e del ternario nei vari giri e ruote,

sino ad arrivare al trono divino, posto all‟esterno del creato. L‟opera dell‟inglese nel

suo complesso è diversa da quella del riminese. Il primo non racconta il risultato di

una visione. La trattazione che egli fa della materia ha pretesa scientifica. Tuttavia in

diversi passi Fludd pare vicino a Stivivi. Interessante, ad esempio, è l‟analogia

esistente fra i capitoli dedicati dall‟italiano e dall‟inglese nelle proprie opere alla

cacciata di Lucifero dall‟Empireo. Come farà quest‟autore, il riminese dedica alla

natura e alla posizione degli Angeli nel creato notevole spazio. Le Intelligenze, come

descritto, riempiono i dodici cieli e sono ordinate gerarchicamente a seconda della

maggiore o minore vicinanza al trono divino. I messaggeri che preannunciano la

discesa dell‟Ombra dell‟Agnello di Dio, ricordiamo, vengono posti in stretta

connessione con segni zodiacali e pianeti. Ciò che manca rispetto a Fludd è

unicamente il collegamento espresso fra gli Angeli e le lettere dell‟alfabeto ebraico.

Tutto ciò, unito alla già descritta attenzione, quasi ossessiva, dell‟autore francescano

per il numero, dimostra come nella Maravigliosa visione siano presenti gli stessi

riferimenti cabalistici fluddiani. Si tratta, ovviamente, di quella particolare forma di

cabala che è la cabala cristiana, arte inaugurata da Pico della Mirandola e portata a

compimento da Reuchlin e che, a partire dalla seconda metà del cinquecento, sposata

all‟alchimia, “vede” gli elementi della tradizione ebraica utilizzati strumentalmente

per illustrare ed esplicare (più spesso oscurare) le tematiche dell‟Opera. Anche nella

Maravigliosa visione si può affermare che “il simbolismo cabalistico diventa tutt‟uno

con quello alchimistico, laddove naturalmente la fabbricazione dell‟oro rappresenta

soltanto un simbolo materiale della trasmutazione dell‟uomo verso lo stadio della

perfezione in Cristo”103

. Un testo che ricorda nel contenuto quello di Pacifico Stivivi

è il Vom hilischen Chaos104

di Heinrich Khunrath, celebre alchimista e cabalista

tedesco di Lipsia (1560 – 1605). In questo scritto l‟autore tratta “con dovizia di

simboli del caos ilico come prima materia dell‟alchimia dando un deciso contributo a

quella tendenza che (ha visto) un parallelismo fra l‟opera-dei-sette-giorni della

creazione divina e la Grande Opera degli alchimisti con il suo dispiegarsi nei

corrispondenti sette stadi”105

.

102

Robert Fludd, Utriusque cosmi maioris scilicet et minoris metaphisica, phisica atque technica

historia in duo volumina secundum cosmi differentiam divisa, Oppenheimii, aere Joannis Theodori

de Bry, thipis Hieronimi Galleri, Francofurti, typis Erasmi Kempfferi, sumptibus Johannis Theodori

de Bry, 1617 – 1621, t. 1, pp. 4 – 5. 103

Gershom Sholem, Alchimia e kabbalah, cit, p. 88. 104

Opera pubblicata per la prima volta in tedesco nel 1597 ed in latino nel 1598. Già da qualche

anno circolavano, però, per l‟Europa in versione a se stante le tavole, di tono chiaramente

cabalistico, che sarebbero andate a corredo di questo testo. 105

Gershom Sholem, Alchimia e Kabbalah, cit., p. 85.

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4. Conclusione

“O voi ch‟avete li „ntelletti sani,/

mirate la dottrina che s‟asconde/

sotto „l velame delli versi

strani.”106

Ingiusto destino quello di Pacifico Stivivi e della sua opera. Considerato quello

poco più di un buon calligrafo, ritenuta questa un testo di scarso valore. Il presente

lavoro non esaurisce il “discorso” sull‟autore riminese e sulla Maravigliosa visione.

Intende solo rinnovare l‟interesse per un personaggio che, per quanto “minore” e

sconosciuto alla cerchia degli studiosi107

, riassume nella propria opera gran parte

della cultura cosmogonico/ermetica del periodo che va dal XVI a tutto il XVII secolo.

Il manoscritto del riminese dimostra, pur sulla base di una prima lettura, di contenere

significati ben più pregnanti rispetto a quelli che gli sono stati sino ad oggi

frettolosamente attribuiti. Detto testo può essere inserito a buon diritto nel filone di

quelle opere in cui “i motivi alchemici si trovano (…) profondamente immessi in un

quadro cosmologico ed in una prospettiva iniziatica”108

. Chi si avvicina allo studio

della Maravigliosa visione deve avere chiari due concetti se vuole apprezzarne

appieno il valore. Innanzi tutto occorre si consideri che i seguaci delle scienze

esoteriche rivendicano di non scrivere le proprie opere per tutti. Il testo è una sorta di

comunicazione fra iniziati, ciò anche perché il suo contenuto non potrebbe essere

capito dalla persona comune. Il fine della ricerca, infatti, è l‟identificazione con

l‟Uno, il “farsi Dio”, quindi qualcosa che va al di là della realtà effettuale e che, per

ciò stesso, non può, né deve essere compreso da chi non appartenga al circolo

ristretto dei Filosofi109

. Ecco che nelle opere alchemiche “è prevalente (e diventa

106

Dante, Inferno, IX, 61-63. 107

Nonostante Pacifico Stivivi abbia prestato la propria opera per principi regnanti e si sia stabilito

in quella autentica capitale della cultura alchemica che è stata la Praga di Rodolfo II, il suo nome

non è noto nemmeno ad uno studioso attento anche alle minori manifestazioni del pensiero

esoterico rinascimentale come il Secret, che non cita il riminese né nel proprio maggior lavoro

sull‟argomento (cfr. F. Secret, Les Kabbalistes chretiens de la Renaissance, Paris, Dunod 1963), né

in altre opere (fra i tanti scritti dell‟autore francese che abbiamo consultato e che qui per evidenti

ragioni di spazio non possiamo riportare citiamo l‟articolo: Notes sur quelques alchimistes italiens

de la renaissance, Rinascimento, vol. XIII, seconda serie, anno ventiquattresimo, 1973, da pagg.

197 - 217.) 108

Paola Zambelli, Astrologia, magia e alchimia nel Rinascimento fiorentino ed europeo, cit., p.

313. 109

Scrive Artefio in relazione all‟alchimia: “Car les Philosophes enuieux mettent qu‟on prenne ces

diverses choses, à fin de faire errer les ignorans, & peu fins, comme il a estè des – ia dict. Cest art

aussì n‟est-il pas cabalistique, & plein de tres – grands secrets? Et toy fat, tu crois que nous

ensegnons clairment les secrets des secrets? & prens les paroles selon le son des mots? Sçache

certainement (…) toute personne qui prent les paroles des autres Philosophes selon la signification

vulgaire, des mots ordinaires, des – ia celuy – la, ayant perdu le filet d‟Aariadne, parmy les

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spesso quasi ossessivo) l‟uso di scambi semantici, di slittamenti di significati, di

analogie, di metafore. Oscurità ed allusività nascono (…) su un terreno iniziatico-

religioso. La descrizione, sistematicamente, allude ai dati e non intende affatto

comunicarli”110

. In secondo luogo è da tener presente che l‟epoca in cui Pacifico

Stivivi agisce è ben lontana e diversa da quella in cui Ficino traduceva il Pimandro e

l‟Asclepio, Pico presentava alle stampe un‟opera marcatamente cabalistica come

l‟Heptaplus ed era concesso agli artisti di introdurre la figura di Ermete Trismegisto

all‟interno delle chiese stesse111

. Quando si abbia chiaro tutto ciò si è sulla giusta

strada per capire la chiave di lettura del manoscritto di Stivivi. Le valenze esoteriche

contenute in tale testo non possono essere in chiaro. Vanno ricercate negli accenni,

nell‟iconografia, nelle similitudini. Vanno scoperte “fra le righe”. Pur dovendo

rimandare la dimostrazione compiuta di quanto sosteniamo al contenuto di un

prossimo saggio, in cui illustreremo con maggiore ampiezza i legami esistenti fra la

fatica del minore francescano ed i testi ermetici coevi, possiamo concludere

affermando che la Maravigliosa visione si presenta come uno dei primi frutti di quel

filone di opere in cui l‟identificazione alchimia - cabala cristiana, che troverà la

propria sintesi in Khunrath a Fludd ed influenzerà fortemente tutte le correnti

esoteriche occidentali dal seicento in poi, è già presente. I soli che forse hanno

perfettamente capito il significato del testo scritto dal minore francescano sono stati i

suoi confratelli che, come Pacifico Stivivi temeva, lo hanno condannato,

infliggendogli la pena più severa, anche se fisicamente la meno dolorosa: l‟oblio.

***

Daniele Ruinetti

destours du Labyrinte eree tres – grandement, & a destiné son argent à perdition” (Le secret livre

du tres ancien Philosophe Artephius, traitant de l‟Art occulte & de la Pierre Philosophale, in Trois

traitez de la Philosophie naturelle, cit., p. 82). 110

Paolo Rossi, La Magia naturale nel Rinascimento, Utet, Torino, 1989, p. 12. 111

Si veda la famosa figura raffigurante Ermete sul pavimento del Duomo di Siena.

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APPENDICE

***

TAVOLE

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24

Tavola I - Capolettera raffigurante drago alato (Pacifico Stivivi, Maravigliosa

Visione, cit, foglio XIII)

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Tavola II - Ordini ed eserciti angelici (Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi,

cit., foglio 106)

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Tavola III - Ordini ed eserciti angelici (Pacifico Stivivi, Scena Teoologica

Psalmorum Omnium, cit., foglio 98)

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Tavola IV - Raffigurazione dell‟ordine dell‟Universo (Pacifico Stivivi, Maravigliosa

visione, cit., foglio 54)

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Tavola V - Prima visione oscura (Pacifico Stivivi, Maravigliosa visione, cit., foglio

15)

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Tavola VI - Natura e arte (Robert Fludd, Utriusque cosmi …, Oppenhemii, aere

Johannis Theodori de Bry, Thipis Hieronimi Galleri, Francofurti, typis Erasmi

Kempfferi, 1617 - 1621, tomo I, pagg. 4-5)

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