Alchimia e Cabala in uno sconosciuto contemporaneo …€¦ · cronologia e luogo attesti un...
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Alchimia e cabala in uno sconosciuto contemporaneo del Bruno:
l’opera inedita di Pacifico Stivivi
***
1. Introduzione
“Nel 1910 fu offerto al nostro
R.mo Padre Generale, allora
P. Dionisio Schuler, da un privato,
residente nelle Marche d‟Ancona,
un manoscritto assai curioso. (…)
Il contenuto del libro è abbastanza
bizzarro …”.1
Presso le biblioteche Malatestiana di Rimini e Saffi di Forlì esiste copia di un
ponderoso manoscritto, stilato nell‟ultimo quarto del XVI secolo, sul cui contenuto
sono state fornite interpretazioni diverse. In epoca recente l‟opera è stata giudicata
“originale e complessa”2. Più indietro nel tempo è stata liquidata come di “valore
scientifico (…) nullo, essendo lavoro di pura fantasia”3. Si tratta della Maravigliosa
visione4 di Pacifico Stivivi
5, frate riminese vissuto sul finire del „500, la cui memoria
1 Oliger P. Livario, Pacifico Stivivi da Rimini O.F.M., autore sconosciuto del sec. XVI, in
Miscellanea francescana, tomo V, fasc. I, anno 1912, , pp. 148 - 149. 2 Piero Meldini, Il Signore e il Granchio, in P. Meldini - P. G. Pasini, La Cappella dei Pianeti del
Tempio Malatestiano, a cura del Comune di Rimini, 1983, p. 20. 3 Oligier P. Livario, cit, p. 149.
4 Il titolo esatto del lavoro depositato in Gambalunga, catalogato fra i manoscritti sub SCMS1152, è
Maravigliosa visione sopranaturale mediante la guida angelica delle cose celesti, terrene et
infernali con la decchiaratione insieme del principio della sacra genesi et altri luoghi della divina
scrittura fatta a‟ Stivivo de‟ Stivivi gentil huomo ariminese. Dopo la cui morte è mandata in luce da
Frate Pacifico de Minori Osservanti suo figliolo a honore di Santa Chiesa (vedi tavola I). Come
verrà spiegato più avanti, esso costituisce la prima parte dell‟opera completa che, ancora in forma di
bozza, è presente presso la biblioteca Comunale di Forlì - fondo Piancastelli - con il nome di
Summa de quattro mondi al nr. di catalogo MSS I/75. Considerata l‟identità di contenuto ed
iconografia esistente fra i due testi, nel fare riferimento all‟opera per brevità la si indicherà con il
titolo di Maravigliosa visione, usando i rispettivi titoli solo ove sia necessario mettere a confronto o
descrivere le due stesure del manoscritto. 5 Pur rimandando a quanto verrà esposto più avanti, giova subito dar notizia del fatto che esiste un
problema d‟attribuzione del manoscritto di cui trattasi a Pacifico Stivivi, essendo stata descritta
l‟opera da P. Meldini, già Direttore della biblioteca Ganbalunga di Rimini, come frutto della fatica
del padre di Pacifico, Stivivo Stivivi (P. Meldini, Il Signore e il Granchio, cit., p. 20, nonché scheda
2
pare essersi affievolita col tempo nonostante dai pochi documenti giunti sino a noi si
possa ricostruire un‟esistenza vissuta tutt‟altro che mediocremente.
Il manoscritto citato stupisce, tra l‟altro, per la bellezza delle illustrazioni che
accompagnano il testo, acqueforti eseguite dallo stesso autore e giudicate
“importantissimo documento del più puro manierismo fiorentino”6. La ricchezza
iconografica avrebbe costituito da sola sufficiente giustificazione per uno studio
approfondito del documento da parte degli addetti ai lavori, ma nessuno sino ad oggi
ha mai preso in esame tale possibilità quasi che, pur bello, tale lavoro non possa
essere considerato opera seria sulla quale valga spender tempo… e denaro7. Eppure la
Maravigliosa visione, quando letta in una chiave che tenga conto sia della personalità
dell‟autore, sia delle correnti di pensiero esoterico del tempo, può rivelarsi ben più
che un “notevole esempio di letteratura profetico/visionaria”8. E può fornire
spiegazione dell‟oblio costruito intorno al suo autore.
2. Pacifico Stivivi.
La vita
“Un frate di S. Francesco che
attende all‟arte trasmutatoria, cosí
egli dice, mi vorrebbe impegnare a
scrivere a V.A. per suo conto …”9
Pacifico Stivivi, al battesimo Odoardo10
, era nato intorno alla metà del XVI
secolo da famiglia di antica nobiltà riminese imparentata con i Malatesta ed i
Gonzaga11
. Il padre Stivivo, Maestro di Camera del Cardinale Ercole Gonzaga12
, era
di catalogazione del manoscritto in Gambalunga). Da subito però, atteso che in effetti il testo è
riferibile al nostro, procediamo ad indicare l‟opera direttamente come scritta dal francescano. 6 Piero Meldini, La letteratura dalle origini al Settecento - Il Cinquecento e il Seicento, in Storia
illustrata di Rimini, a cura di P. Meldini e A. Turchini, Nuova Editoriale AIEP, 1990, t. 3, p. 778. 7 Cfr. quanto descritto da Oligier P. Livario (cit., pp. 148 - 149) al proposito. L‟offerta avanzata per
la consegna della Summa de quattro mondi al Padre Generale dei Minori Francescani fu declinata
dall‟Ordine, in quanto l‟opera venne giudicata “di poco valore oggettivo” (ibid., p. 149):
atteggiamento strano questo da parte di un‟organizzazione che ha sempre ricercato e gelosamente
custodito documenti riguardanti la propria storia. 8 Piero Meldini, La letteratura dalle origini al Settecento - il Cinquecento e il Seicento, cit., p. 778.
9 Annibale Manerbio, lettera inviata da Praga al Duca di Mantova datata 1 aprile 1602. Archivio di
Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 481, documento nr. 48. 10
Cfr. Pietro Belmonti, Genealogia dell‟antica famiglia detta delle Caminate De Belmonti e De‟
Ricciardelli, in Rimino, nella Stamperia del Simbeni, MDCLXX, p. 252. 11
Ciò risulterebbe da un atto d‟acquisto di terreni del 18 febbraio 1412 in cui compare Tommasa
del Magnifico G. Feltrino Gonzaga quale sposa di Sorleone Stivivi. Per questa ed altre notizie sulla
famiglia Stivivi vedi: Gaetano Urbani, Raccolta di scrittori e prelati riminesi, manoscritto del XIX
3
uomo dai tratti schiettamente rinascimentali. Coltissimo, “versato in molte scienze ed
in particolare nelle matematiche ed astronomia”13
è stato probabilmente la causa
prima degli interessi culturali di Pacifico14
, nonché il modello di cortigiano che
l‟autore della Maravigliosa Visione avrebbe inseguito per gran parte della propria
vita15
.
Entrato forse in giovane età fra i Minori Osservanti Francescani, Pacifico si
distingue per il proprio sapere e per le proprie doti artistiche16
. Particolarmente
eccelle quale calligrafo. Purtroppo non essendoci giunto alcun documento
dell‟Ordine inerente il nostro, non possiamo sapere quale sia stato il suo percorso fra
le mura del convento. La provenienza del giovine da una famiglia importante avrebbe
dovuto farne un candidato naturale alle più alte cariche. Ciò nonostante, pare precoce
la sua volontà di attendere ad altro che non alla tranquilla vita claustrale. E‟ del 1575
il primo segnale di una già matura passione per l‟Alchimia. In una lettera scritta da
Parma il 30 aprile di quell‟anno egli si rivolge al Granduca di Toscana Francesco I,
famoso per i propri interessi nell‟Arte Grande17
, illustrandogli i progressi compiuti
nella tecnica trasmutatoria. Il frate riminese scrive fra l‟altro di ritrovarsi “cosí
scomodo”18
ed alfine chiede al Principe un ausilio per “mettere in luce un libro di
secolo presente nella biblioteca Gambalunga di Rimini sub SCMS195, nonché: Pietro Belmonti,
cit., pagg 249 - 252. 12
Pietro Belmonti, cit., p. 251. 13
Gaetano Urbani, cit., p. 581. 14
Solo ipotizzabile è l‟influenza paterna nell‟interesse dimostrato da Pacifico Stivivi per le scienze
esoteriche. Più sicuro è lo stimolo che al nostro dev‟essere pervenuto dall‟ambiente francescano.
Come asserisce Paola Zambelli, “La cabala cristiana nell‟Italia pretridentina fiorí specialmente fra
i francescani, anzi proprio fra gli Osservanti” (Paola Zambelli, L‟apprendista stregone -
Astrologia, cabala e arte lulliana in Pico della Mirandola e seguaci, Venezia, Marsilio editore,
1995, p. 199. Per un approfondimento del tema si legga tutto l‟interessante capitolo dedicato da tale
autrice a “Cabala e osservanza francescana” nel testo citato, pagg. 173 - 200). Fra l‟altro presso la
biblioteca Gambalunga in Rimini è catalogata una riproduzione manoscritta cinquecentesca delle
Conclusiones cabalisticae di Pico (SCMS 110) proveniente dal monastero francescano di
Verucchio. Ciò fornisce prova del fatto che anche presso i Minori Osservanti di Rimini, città che su
Verucchio all‟epoca esercitava signoria, dovevano esistere interessi cabalistico/ermetici, interessi
che potrebbero avere influenzato Pacifico. 15
Oltre al servizio prestato presso il Cardinale Ercole Gonzaga, Stivivo risulta essere stato
“ambasciatore (…) a‟ Sommi Pontefici (per la Città di Rimini) in occasione di affari
rilevantissimi” ( Pietro Belmonti, cit., p. 251). 16
“Questo religioso oltre alla scienze teologiche nelle quali fu in riputazione di essere assai dotto,
si rese particolarmente celebre per l‟esattezza e la bellezza dei suoi caratteri e per la squisitezza
dei suoi disegni, e figure, che mirabilmente eseguiva a penna” (Gaetano Urbani, cit., p. 581). 17
Per maggiori ragguagli sugli interessi di Francesco I in alchimia si legga: Giulio Lensi Orlandi,
L‟Arte segreta, Cosimo e Francesco De‟ Medici alchimisti, Firenze, Convivio/Nardini editore,
1991. Molto importante ai fini di una conoscenza dello spazio occupato dalle scienze esoteriche, in
specie dall‟alchimia, nella cultura alla corte dei Medici fra la seconda metà del Cinquecento ed i
primi decenni del Seicento è l‟articolo di Paolo Galluzzi Motivi paracelsiani nella Toscana di
Cosimo II e di Don Antonio dei Medici: Alchimia, medicina chimica e riforma del sapere, in
AA.VV., Scienze credenze occulte e livelli di cultura, Firenze, Olschki editore, 1982, pagg. 31- 62. 18
Pacifico Stivivi, lettera a Francesco I del 30 aprile 1575, 3.7.1, Archivio di Stato di Firenze,
Mediceo, 722 (vedi tavola II). Per “scommodo” s‟intendeva indigente.
4
molta importanza già approvato dal Sant‟Uffizio”19
. Alcuni, probabilmente anche per
la dedica fatta a Francesco I della Maravigliosa Visione20
, hanno formulato l‟ipotesi
che Pacifico abbia soggiornato a Firenze come cortigiano del Granduca21
. In realtà
ciò non può essere asserito con certezza, non essendo stato ritrovato alcun documento
fra quelli minuziosamente conservati dalla cancelleria ducale che possa somigliare ad
un invito rivolto allo Stivivi, né alcuna altra prova della permanenza di questi nella
capitale toscana. E‟ più probabile che le istanze del francescano siano state rigettate
con le centinaia di altre che da tutta Europa pervenivano alla Corte dei Medici dietro
promessa di svelare segreti meravigliosi22
. La lettera è comunque documento di
grandissima importanza, in quanto contiene l‟unico cenno autografo esistente relativo
ad un‟opera, sottintesa come alchemica, che parrebbe coincidere con la Maravigliosa
Visione.
Ventisette anni dopo la lettera al Granduca di Toscana è ancora una missiva,
anzi, tutta una corrispondenza, che ci rivela qualcosa sull‟attività di Padre Pacifico.
Durante più di un quarto di secolo nulla si sa del francescano, sinché Annibale
Manerbio, ambasciatore di Mantova alla Corte di Rodolfo II d‟Asburgo, scrive da
Praga in data 1 aprile 1602 comunicando al proprio Signore di essere stato colà
avvicinato da “un frate di S. Francesco che attende all‟arte trasmutatoria, cosí egli
dice”. Tale personaggio insiste con il nobiluomo italiano affinchè si faccia da tramite
per lui presso il Duca, alla corte del quale vorrebbe approdare per rendergli manifesto
un proprio segreto apprezzato dallo stesso Imperatore. Il religioso è Stivivi, arrivato
chissà come nella città boema divenuta in quel momento la capitale degli alchimisti
d‟occidente23
. Manerbio, diffidente per natura ed ormai avvezzo a sentirsi fare offerte
19
Ibidem. 20
La dedica al “Ser.mo Don Francesco Medici Gran Duca di Toscana Patrone Singular.mo” fatta
da Stivivi della Maravigliosa visione occupa ben otto pagine ed è anteposta al testo, identica, sia nel
manoscritto forlivese che in quello riminese con data “di Firenze alli X di Gennaio MDLXXXI”
(Pacifico Stivivi, Maravigliosa visione, cit., foglio 5 recto). Difficile dire se tale indicazione di
cronologia e luogo attesti un avvenimento realmente accaduto (la permanenza del minore
francescano in Firenze) o sia apposta dall‟autore stesso per accreditare la notizia del favore a lui
accordato dal Granduca. 21
“Molto accarezzato dal Gran Duca di Toscana Francesco (Pacifico Stivivi) (…) stette molti anni
in Fiorenza per servizio di quell‟Altezza con molte comodità e di servitù, ed altro concessogli da
S.A.S.” (Gambetti, Scrittori riminesi, manoscritto catalogato presso la biblioteca Gambalunga sub
SCMS1076, t. III p. 9). 22
Oltre al citato volume di G. Lensi Orlandi, si consulti sull‟argomento AAVV, Firenze e la
Toscana dei Medici nell‟Europa del Cinquecento, in specie il volume ricchissimo di documenti La
Corte il mare i mercanti la rinascita della scienza, Firenze, Electa editrice, 1980, pagg. 313 - 430. 23
Quasi tutti i più grandi ermetisti ed alchimisti fra la fine del „500 ed i primi anni del „600 sono
stati a Praga, alcuni ospiti dello stesso imperatore, i cui interessi per l‟Arte Grande erano famosi
(egli stesso pare se ne dilettasse), altri con la speranza di diventarlo. Fra i tanti ritroviamo
personaggi celebri quali Giordano Bruno, che all‟inizio del 1588 lasciò Wittenberg per Praga, dove
si trattenne per circa sei mesi durante i quali “cercò di interessare l‟imperatore alla sua mathesis ,
dedicandogli un libro (…) che recava il titolo polemico di Articuli adversus mathematicos”
(Frances A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Bari, Laterza, 1981, p. 340), Augusto
5
del genere in quell‟ambiente24
, per parte sua si mostra freddo alla proposta e, pur
riferendo per dovere d‟ufficio l‟accaduto, scrive che “i frati extra claustra (lo) fanno
titubare, tanto più attendendo essi ad altra professione che alla loro”25
. Il viatico non
è dei migliori, però l‟affare va in porto. Il 22 maggio Stivivi è annunciato in partenza
per Mantova “bramosissimo di (servire) il suo (nuovo) Signore” e dichiarandosi
disposto a “far prima l‟esperienza di certo suo segreto a (proprie) spese”26
. In tutta
la vicenda, un mercanteggiamento “esoterico” come tanti ne dovevano avvenire alla
Corte di Rodolfo II, si resta colpiti della paura dimostrata da Stivivi che i suoi
confratelli in Italia potessero recargli danno per il fatto d‟essere egli dedito all‟attività
trasmutatoria. Annibale Manerbio rimarca al Signore di Mantova che il riminese è
timoroso “delle mormoration de‟ frati, tanto nimici di simil virtù (l‟alchimia)”27
e fa,
quindi, raccomandazione al principe “che si degni di proteggerlo contro le
persecuzioni fratesche, delle quali egli ha copia come mi dice, per mera invidia e
malignità”28
. Non si dimentichi che l‟apparato inquisitorio posto in atto dalla chiesa è
ormai nella penisola, in tutti i campi del sapere, nel suo pieno sviluppo.
Dal ritorno in Italia sino alla sua morte, avvenuta nel 1611, su Pacifico Stivivi
cala l‟oblio. Nulla si sa dei risultati ottenuti negli esperimenti eseguiti presso il Duca
di Mantova. Stabilitosi infine a Rimini, il francescano passa gli ultimi anni come
guardiano del convento di San Bernardino29
. Di tutta una vita spesa all‟”athanor”, di
Stivivi rimangono solo due bellissimi manoscritti, la più volte citata Maravigliosa
Visione ed un altro, parziale, intitolato Scena Theologica Psalmorum Omnium30
, non
Kelley, nominato addirittura Marchese di Boemia, il Sendivigius e John Dee, che presentò
all‟Imperatore la propria Monade geroglifica. 24
In una missiva da Praga datata 2 aprile 1602 depositata presso l‟Archivio di Stato di Mantova
(Archivio Gonzaga, busta 481, documento nr. 44) il Manerbio, con riferimento ad una precedente
lettera indirizzatagli dal suo Signore, come tutti i Principi propenso a dar credito a chi promettesse
di trasformare i metalli vili in oro, riferisce esultante di aver smascherato un “furbo alchimista” sul
quale il suo Duca gli aveva chiesto notizie. Non doveva certamente essere facile il compito svolto a
Praga dall‟Ambasciatore mantovano che, fra le altre incombenze, doveva far da filtro fra un
Principe avido ed una schiera di profittatori truffaldini.. 25
Annibale Manerbio, lettera da Praga del 1 aprile 1602, cit.. 26
Annibale Manerbio, lettera inviata da Praga al Duca di Mantova datata 22 maggio 1602. Archivio
di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 481, documento nr.79. 27
Pacifico Stivivi, lettera datata 22 aprile 1602 indirizzata da Praga al Duca di Mantova, rimessa da
Annibale Manerbio in allegato ad una propria missiva in pari data. Archivio di Stato di Mantova,
Archivio Gonzaga, busta 481, documento nr. 57. 28
Annibale Manerbio, lettera inviata da Praga al Duca di Mantova datata 24 maggio 1602.
Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 481, documento nr. 80. 29
Dell‟incarico quale Padre Guardiano del Convento di San Bernardino da Siena in Rimini siamo
informati da Raffaele Adimari (Raffaele Adimari, Sito riminese, Brescia, per Gio. Battista & Ant.
Bozzòli, 1616, t. I, p. 85). Nessun repertorio dell‟ordine dei minori francescani ne dà notizia e negli
archivi dello stesso convento (ora trasferiti nella nuova sede presso il convento delle Grazie in
Rimini) di Stivivi non v‟è traccia alcuna. 30
Il titolo completo è Scena Theologica Psalmorum Omnium, ubi David in Persona Dei Patris,
Filii et Spiritus Sancti, Iesu Christi, Mariae Virginis, Michaelis Angeli, totiusque Ecclesiae
Triumphantis, ac in Persona Propria Ecclesiaeque Militantis, super Magnam Scenam Universi, de
6
si sa in che epoca redatto. Nemmeno l‟attestazione d‟aver condotto “bonissima &
santa vita” tributatagli dai contemporanei31
è stata sufficiente a salvare Padre
Pacifico dalla damnatio memoriae che l‟ordine francescano ha riservato a quanti si
sono spinti troppo oltre nelle loro ricerche.
3. L‟opera
“Desiderando io Stivivo Stivivi
ariminese manifestare a tutti i
Fedeli le cose maravigliose che la
gran Bontà d‟Iddio per l‟Angelo
suo Santo in visione s‟è degnata a
dimostrarmi, dirò in prima
che…”32
I manoscritti riminese e forlivese dello Stivivi sono stesure della stessa opera,
anche se pervenuteci con differente titolo. La Maravigliosa visione presente in
Gambalunga è probabilmente la versione definitiva del documento. Consta di 85 fogli
numerati adorni di 17 splendide incisioni in rame tutte di mano dell‟autore, come i
capilettera, miniati e figurati a penna, di rara bellezza33
. Pronto per la pubblicazione,
lo scritto è però incompleto, arrivando a comprendere solo la prima metà dell‟intero
testo. Nell‟ultima pagina campeggia una splendida iniziale alla quale non segue altro.
Il lavoro depositato nel fondo Piancastelli della biblioteca di Forlì invece è completo
nel contenuto. Ha per titolo Summa de quattro mondi ed è composto di 183 fogli
numerati con 20 illustrazioni. Manca dei capilettera ed evidentemente non appare
curato per un‟eventuale edizione34
. Fin dove arriva, il primo documento è quasi
identico al secondo, differenziandosi da questo solo per alcune variazioni lessicali e
di punteggiatura. Ad entrambe le stesure è anteposta una dedica rivolta a Don
Francesco Medici Gran Duca di Toscana.
Un problema da risolvere prima di passare alla disamina dell‟opera è quello
della sua attribuzione. Infatti, mentre presso la biblioteca Comunale di Forlì il
Mirabilibus, Dei et Naturae ad Omnes Gentes Loquitur (vedi tavola III), manoscritto di cui resta
solo la prima parte (catalogato in Gambalunga SCMS1151). 31
Padre Pacifico “nobil riminese di casa Stivivi (…) era dottato non solamente di lettere, ma
ancora di molte altre virtù, & in particolare scrittore eccellentissimo in ogni sorte di caratteri,
piccioli, & maiuscoli haveva bonissimo disegno, ma sopra tutto, era di bonissima, & Santa vita.”
(Raffaele Adimari, cit., p. 85). 32
Pacifico Stivivi, Maravigliosa Visione, cit., foglio 3 recto. 33
Vedi tavola IV. 34
Sino al foglio 85 la stesura è uguale al manoscritto della Gambalunga.
7
documento è catalogato come opera di Pacifico Stivivi35
, in Gambalunga esso è stato
riferito a Stivivo Stivivi. L‟equivoco è causato dallo stesso autore del testo che, per
tema probabilmente d‟essere tacciato d‟eresia dai confratelli, dai quali come s‟è
precedentemente accennato non doveva essere già molto ben visto per la propria
attività d‟alchimista, usa uno stratagemma frequente. Pacifico scrive che è stato un
Angelo, apparso sotto forma di “fiamma accesa in similitudine d‟un corpo
d‟huomo”36
a narrare al padre l‟argomento della Maravigliosa Visione. Per
allontanare infine qualsiasi sospetto che un testo così audace potesse essere pura
elaborazione di mente umana, sospetto in epoca controriformistica pericoloso sia per
l‟estensore che per l‟editore dell‟opera, Pacifico ottiene nel febbraio 1578 dal
Cancelliere della città di Rimini “una fede authentica (…) della natural bontà” di
Stivivo Stivivi, persona che, viene certificato, “non haveva atteso al studio, & (…)
non haveva mai fatto professione ne di Filosophia ne di Theologia, ne d‟altra
scienza, per la qual avesse potuto far un tal discorso sopra le cose della Sacra &
Divina Scrittura”37
, documento allegato in originale al risvolto di copertina del
manoscritto depositato in Gambalunga. Il padre del francescano, insomma, non
avrebbe mai potuto essere in grado da solo di concepire un argomento così complesso
quale quello rivelatogli dall‟Angelo per … manifesta ignoranza.
Pacifico non è ovviamente né il solo né il primo autore che, timoroso del danno
che avrebbe potuto derivargli dalla diffusione delle proprie teorie, abbia operato con
cautela. Risulta però difficile trovare qualcun altro che, come il riminese, sia riuscito
a farsi rilasciare una sorta di pubblico attestato di esenzione da responsabilità. Ma
fatica improba è la sua di far passare per “huomo di pochi litteri (e) nessuna
dottrina”38
il Maestro di Camera del Cardinal Ercole Gonzaga noto, al contrario,
come già abbiamo avuto modo di scrivere, per essere di profonda e vasta cultura.
Soprattutto fatica inutile, atteso che lo stesso minore francescano offre prova di
interesse per argomento analogo a quello trattato nella Maravigliosa Visione in
un‟opera di sicura attribuzione, la citata Scena Theologica Psalmorum Omnium, forse
redatta in più giovane età, in cui si ritrova non solo identità d‟oggetto e di conclusioni
con il manoscritto dedicato al Granduca di Toscana ma, addirittura, coincidenza fra i
disegni eseguiti dall‟autore a corredo dei due testi39
. Il tutto senza che dal cielo sia
arrivato suggerimento alcuno. Alla luce di quanto precede possiamo affermare che la
35
Nello schedario del Fondo Piancastelli sub MSS I/75 è riportato: “Stivivi Pacifico, Summa de 4
mondi, scritto l‟anno 1581 – Mscr. Cart. Ant. : è un‟opera di astrologiche e apocalittiche previsioni
che lo scrittore dice fatte al proprio padre…”. 36
Pacifico Stivivi, Maravigliosa visione, cit, foglio 12 recto. 37
Raffaele Adimari, cit., p. 86. In verità l‟Adimari scrive che furono i parenti dello stesso Stivivo ad
ottenere il documento e non cita specificamente frate Pacifico. Non è però difficile scorgere dietro il
generico parentado la mano del nostro. 38
Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., foglio 178 recto. 39
Si confrontino il disegno presente al foglio 106 recto della Summa de quattro mondi (tavola V) e
quello al foglio 98 recto della Scena Theologica Psalmorum Omnium (tavola VI).
8
Maravigliosa Visione è frutto della fatica di Pacifico Stivivi, il quale di teologia e
sacre scritture s‟intendeva benissimo40
. E questo i suoi confratelli lo sapevano.
Sulla datazione del manoscritto poco v‟è da dire. La dedica al Granduca di
Toscana anteposta al testo è datata 10 gennaio 1581, ma sicuramente il manoscritto è
già completo e noto ai contemporanei sin dal 1578, come comprovato dalla fede
allegata al risvolto di copertina della copia riminese, inerente la bontà e ignoranza di
Stivivo Stivivi di cui si è parlato. E‟ molto probabile, se non certo, che la
Maravigliosa visione giunta sino a noi sia solo l‟ultima di tutta una serie di stesure
fatte da Pacifico, di quella che avrebbe dovuto essere la “summa” di tutto il sapere da
lui accumulato in una vita di studi ed esperimenti. Il fatto che lo scritto sia stato
dedicato a Francesco de Medici ci fa ritenere essere questo il lavoro di grande
importanza per il quale il minore francescano ha chiesto aiuto economico al Principe
nella lettera del 30 aprile 1575, aiuto che, a quanto ci è dato sapere, non è mai
arrivato.
La Maravigliosa visione tratta dei segreti del creato, dalla sua genesi sino al
momento del giudizio universale, nonché della storia umana, sotto forma di
commento della divina scrittura. Il contenuto dell‟opera non si ferma, però, ad
un‟analisi esegetica del testo sacro. Vuole essere molto di più, almeno nelle
intenzioni del suo autore. Vuole essere una vera e propria rivelazione che l‟Altissimo
fa al protagonista sul futuro del mondo, rivelazione che l‟autore paragona a quella da
Dio comunicata a “Noè, ad Abraam, a Iacob, a Iosef, a Moisè, ad Esdra, a Daniello,
a Isaia et a tanti altri”41
e che il beneficiato non può tenere per sé, ma deve
comunicare all‟umanità. L‟Angelo appare a Stivivo Stivivi mentre questi giace sul
letto durante lunga malattia e lo esorta a scrivere quanto gli comunicherà. Il padre di
Pacifico a tutta prima è restio ad obbedire a quella che crede un‟allucinazione. Poi
segue la sua guida celeste in un vero viaggio iniziatico che durerà “dodici giorni
partiti con numero ternario”. Ed annoterà tutto.
Risulta dalla narrazione di Stivivi che fondamento del cosmo è il quaternario42
.
Quattro sono gli elementi, o qualità, costituenti la prima materia della creazione43
.
Quattro è il “numero” della croce, figura primigenia da cui il tutto si dipana44
.
Ripercorrendo lo sviluppo del Genesi Stivivo scopre come l‟ordine che Dio ha dato al
tutto sia sempre cadenzato dal quattro. Quattro sono i mondi in cui l‟Universo è
40
“Questo religioso (…) nelle scienze teologiche (…) fu in riputazione di essere assai dotto”. In
Gaetano Urbani, cit., p. 581. 41
Pacifico Stivivi, Maravigliosa visione, cit., foglio 5 recto. 42
Meglio, la tetraktys pitagorica. 43
Terra, aria, acqua, fuoco. 44
Stivivo all‟inizio del proprio percorso vede una luce che si muove nell‟oscurità. A mano a mano
che questa gli si avvicina, egli scopre trattarsi di “due rette a guisa di croce che discendevano e
ritornavano dall‟una estrema parte all‟altra del Cielo Altissimo” (Pacifico Stivivi, Maravigliosa
Visione, foglio 25 recto).
9
partito45
e quattro sono le sue qualità46
, come quattro sono le nature che vi trovano
posto47
. Ancora, quattro sono i cicli del cosmo dalla creazione dell‟uomo, che
vengono scanditi da altrettanti momenti topici, i diluvi48
, e quattro sono i “cibi” che
alle ere corrispondono49
. Squisitamente geocentrica, la cosmologia della
Maravigliosa Visione vede il creato diviso in 28 circoli (sette quaternari), di cui i
primi 12 costituiscono l‟abisso, composto dagli inferi (7 gradi), dal limbo inferiore e
dalla “spelonca duplice” e sono invisibili. A questi succede il mondo elementare o
“prima ruota”, cioè i quattro giri costituiti da terra, aria, acqua e fuoco. Sopra sono le
tre ruote celesti, che culminano con il giro dei segni zodiacali, del tempo e
dell‟Empireo, al di la del quale è il “cielo veleo divino eterno”, sorta di involucro
contenente il cosmo. Oltre il “cielo veleo” è il trono divino infinito, sede di Dio, che
dall‟alto spande la sua luce su tutto (tranne che sugli abissi infernali, ove il suo lume
non arriva)50
. Attorno alla Terra, centro dell‟Universo, sono poste nell‟ordine le sfere
della Luna, di Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno, oltre le quali sono il
“cielo stellato” ed il “primo mobile”. Stivivo viene accompagnato dall‟Angelo nel
proprio percorso lungo il braccio verticale della croce sino al trono di Dio. Vede il
Libro nell‟Arca, sigillato con i sette sigilli e “ripieno dentro e fuori del volere eterno
divino”, ma non gli è rivelato il contenuto, rivelazione rimandata alla fine del
viaggio. Viene edotto sull‟episodio della guerra angelica, con la cacciata di Lucifero
dall‟Empireo, nonché sulla creazione di Adamo ed Eva e la successiva espulsione dal
Paradiso terrestre. Infine sono spiegati al padre di Pacifico i primi tre dei quattro
diluvi, ma non essendo stato il protagonista pronto a raccogliere la volontà
dell‟Angelo quando questi lo ha invitato a scrivere durante la prima apparizione,
Stivivo rimane all‟oscuro del contenuto del segreto più importante. Il Libro per lui
resta chiuso e la guida non torna a svelargli cosa accadrà dopo il “diluvio del fuoco”.
Il testo si conclude con una Epistola scusatoria51
in cui Pacifico illustra la
disperazione che avrebbe accompagnato il padre sino alla fine della propria vita per
essersi dimostrato indegno, con la propria pigrizia, del favore divino.
Secondo quanto rivelato dall‟Angelo a Stivivo Stivivi l‟Universo viene creato
da Dio ex nihilo in un solo istante. Nucleo fondamentale del tutto è la “prima
materia” o chaos primordiale, massa ancora indistinta dei quattro elementi
fondamentali (terra, aria, acqua e fuoco), che in sé è già “il cosmo” ed è
45
Mondo infernale, elementare, celeste e divino. 46
Umana, angelica, superitata (grado intermedio fra l‟umano ed il divino) e divina. 47
Vegetale, sensitiva, umana, superitata. 48
La prima era inizia con il “diluvio della terra”, ovvero la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso
terrestre. Corrispondente a questo momento della storia dell‟uomo è la cacciata di Lucifero
dall‟Empireo. La seconda era con il “diluvio dell‟acqua” (il “diluvio universale”). Il “diluvio
dell‟aria”, identificato con la venuta del Cristo sulla terra, è inizio della terza era, che si conclude
con il giorno del Giudizio, o “diluvio del fuoco”. 49
Erbe (vegetali), pesci e carni “senza sangue”, carni “con sangue”, gloria ai buoni e pena ai
cattivi nel giorno del Giudizio. 50
Vedi tavola VII. 51
Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., da foglio 178 recto a foglio 179 verso.
10
simboleggiata dal globo crucifero mostrato dall‟Angelo a Stivivo durante il primo dei
dodici giorni nei quali si articola il “viaggio”. Risulta importante sottolineare la
simultaneità del processo divino della creazione. La vera fatica dell‟Altissimo è
quella di concepire la materia fondamentale dell‟Opera. Il resto è solo un processo di
specificazione dell‟esistente. L‟Universo “si celeste, come elementare et infernale
ornato (…) fu creato e fatto dalla gran potenza di Dio in un batter d‟occhio, perciò
che creando il cielo e la Terra nel suo primo essere nel medesimo istante creò
(l‟Universo stesso) e l‟ornò di tutti li sorti luci separando da essi ogni sorti di tenebri
per mezzo dell‟infinita sua luci e del firmamento”52
. I momenti successivi dell‟opera
divina sono descritti come stadi di maturazione della “prima materia” e non quali
fasi cronologiche di costruzione di un edificio ancora mancante di qualche sua parte.
In questo processo di specificazione, od “ornamento”, come lo chiama Stivivi,
l‟Universo/”Prima Materia” attraversa vari stadii, che corrispondono alle operazioni
dei giorni del Genesi53
e che costituiscono altrettanti gradi di perfezione del creato,
stadii che Stivivi chiama “esseri”. Nel “primo essere” Dio concepisce la macchina
dell‟Universo nella sua struttura fondamentale con i tre mondi, infernale, elementare
e celeste. Gli elementi costituenti il tutto in questo passaggio sono frammisti in un
unico amalgama (chaos primordiale). Nel “secondo essere” Dio procede alla
creazione del firmamento. Ancora la macchina mondiale è come una scatola vuota,
ma i giri e gradi del cosmo ci sono tutti, contraddistinti ognuno da un proprio “segno,
nome e numero”. Nel “terzo essere” è mostrato come i dodici giri del cielo, da
quello della Luna sino all‟Empireo, siano abitati da schiere d‟intelligenze angeliche.
Ad ogni giro un Angelo agli altri superiore è posto a capo della schiera di pertinenza.
Nel “quarto essere” la creazione è completa nella sua maturazione. Sono dati i
pianeti come “abitanti” ai cieli e gli animali alla terra. E‟ dato il moto all‟Universo.
E‟ creato l‟uomo, culmine dell‟opera e massimo grado di specificazione della
materia. L‟essere umano nella Maravigliosa visione ha, ovviamente, una particolare
dignità. Rappresenta la vera “quarta perfezione” del mondo elementare. Viene
costituito a stessa “immagine e natura che (Dio) ab eterno haveva ordinato di
assumere in tempo nella persona di suo Figliuolo”54
. Dotato di libero arbitrio,
l‟uomo è fatto da Dio padrone di tutti gli esseri viventi al mondo, ai quali attribuisce
il nome55
. E‟ il momento del Paradiso terrestre, senza età. La stasi dopo la creazione.
52
Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., foglio 139 verso. 53
Creazione della luce, divisione fra luce e tenebra, creazione del firmamento, separazione delle
acque inferiori dalla superiori, divisione delle acque dalla terra e creazione delle sostanze vegetali,
creazione delle stelle e pianeti. 54
Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., foglio 137 recto. 55
Dopo aver dato il nome all‟uomo il Signore “condusse avanti ad Adamo tutti gli animali della
Terra, e gli uccelli del cielo acciò imponesse a ciascuno di essi il suo nome, e così gli chiamò tutti
per nome, la onde a tutti quelli cosi che Adamo pose il nome di anima vivente esso è il suo”
(Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., foglio 138 recto).
11
Con la punizione comminata ad Adamo ed Eva per aver assaggiato, nonostante
il divieto divino, il frutto del “legno della scienza del bene e del male”56
, inizia la
caduta dell‟uomo e la volontà divina di riscattarlo57
. Inizia anche il “tempo”, ultima
variabile ancora non presente nel cosmo. Cronologicamente la storia del creato è
divisa in quattro “ere”, ciascuna delle quali è corrispondente ad uno degli elementi
costituenti la “prima materia”, e sette “età”, queste ultime tipiche della stirpe
umana. Con il “diluvio della terra”, corrispondente al momento della cacciata
dell‟uomo dal Paradiso terrestre, inizia la prima era. L‟Ombra dell‟Agnello di Dio58
,
Spirito Divino, comincia la propria discesa nei diversi cieli e nei segni dello “zodiaco
superiore”59
e si manifesta via via alle creature che ivi abitano. La sua venuta è
annunciata ad ogni età da un Angelo ambasciatore. Così il lettore assiste ad una
curiosa identificazione di “età”, pianeti60
, segni zodiacali ed Angeli. La prima dopo il
“diluvio della terra” è l‟età di Adamo. L‟Ombra dell‟Agnello di Dio discende nel
segno dell‟Ariete, pianeta Saturno, e la sua venuta è annunciata dall‟Angelo Cassiel.
Poi è il “diluvio dell‟acqua”61
, cui corrisponde la seconda Età dell‟uomo, quella di
Noè. L‟Agnello di Dio percorre il segno del Toro, pianeta Giove. Angelo
annunciatore: Sachael. La terza è l‟età di Abramo. Il popolo eletto va in Egitto e
56
Ibidem, foglio 138 verso. In altro passo il frutto proibito è chiamato direttamente “il ligno”
(ibidem, foglio 143 recto). 57
Più esattamente, considerato l‟impianto dell‟opera, si potrebbe dire che termina il processo di
disgregazione e specificazione della materia ed inizia il percorso inverso di reintegrazione all‟Uno. 58
Così si esprime Stivivi. 59
L‟autore descrive due ruote dello zodiaco, l‟una superiore all‟altra. La prima invisibile all‟uomo,
la seconda visibile. Il viaggio dell‟Agnello di Dio avviene lungo la prima ruota. 60
Corrispondente ad ogni cielo. 61
Stivivi enuncia una data precisa per il “diluvio universale”, il giorno “17 aprile 1656 del mondo”
(Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., foglio 153 recto). Pur rinviando ad un successivo
studio la disamina della cronologia adottata da Stivivi, che parrebbe a tutta prima ricalcare quella
della profezia o “tradizione di Elia” (secondo la quale il mondo avrebbe avuto una durata
complessiva di 6000 anni partiti in tre periodi, di cui l‟ultimo avrebbe avuto inizio con la venuta del
Messia), giova rimarcare come l‟indicazione cronologica inserita dal minore francescano per il
“diluvio dell‟acqua” potrebbe dallo stesso essere intesa come riferimento preciso per il giorno del
Giudizio, o “diluvio del fuoco”. Il riminese scrive in un periodo in cui è ancora forte il dibattito
circa la prossima fine del mondo. Fallita la previsione secondo cui un diluvio avrebbe segnato
l‟estinzione della razza umana e di tutti i viventi per l‟anno 1524 (congiunzione planetaria nel segno
dei Pesci), molti autori, forti delle novità celesti del 1572 (comparsa di una stella nova), del 1577
(avvistamento di una cometa) e dell‟annunciato verificarsi del trigono igneo in Ariete per il 1584,
avevano posticipato la fine del mondo per il secolo a venire (per notizie circa la vicenda cfr. Miguel
A. Granada, Calculos cronologicos novedades cosmologicas y expectativas escatologicas en la
Europa del siglo XVI, in Rinascimento, vol. XXXVII, seconda serie, Firenze, Olschki, 1997, pagg.
357 - 435, nonché del saggio di Stefano Caroti, Comete, portenti, causalità naturale e escatologia
in Filippo Melantone, in: AA.VV. Scienze credenze occulte e livelli di cultura, cit., pagg. 393 -
426). Sulla scia di tali autori si sarebbe posto anche Stivivi, il quale, partecipando al dibattito
escatologico sempre con la prudenza che lo ha contraddistinto (il cenno non è mai diretto, ma
bisogna ricavarlo fra le righe), non a caso ha chiamato “diluvio del fuoco” il giorno del Giudizio ed
ha apposto alla propria opera come data l‟anno 1581, cioè un momento prossimo al verificarsi
dell‟atteso nuovo evento celeste.
12
l‟Agnello di Dio percorre il segno dei Gemelli, pianeta Marte, annunciato
dall‟Angelo Samael alle schiere angeliche del quinto e sesto fondamento. Seguono le
età di Mosè, durante la quale l‟Agnello scende nel segno del Cancro, pianeta Sole,
annunciato dall‟Angelo Michele, e di David, con l‟Agnello annunciato da Anael in
Leone, pianeta Venere. Nella sesta età dell‟uomo, detta di Salomone, l‟Ombra passa
in Vergine. Il pianeta collegato a tale segno è Mercurio. L‟Angelo è Raffaello.
Durante questa età il Messia, incarnazione del Verbo62
, viene annunziato
dall‟Arcangelo Gabriello alla Vergine. Lo Spirito ha compiuto il movimento
discendente lungo i primi sei segni della ruota dello “zodiaco invisibile”. Con il
“diluvio dell‟aria” (morte del Cristo per la redenzione dell‟umanità) inizia la settima
età dell‟uomo e il viaggio dell‟Agnello lungo gli altri sei segni dello zodiaco per
tornare alla riunione con l‟Uno passando dagli abissi infernali. La narrazione di
Stivivi a questo punto si fa meno precisa. Questo ultimo movimento dell‟Ombra
avviene in una sola età (se pure, scrive l‟autore, in più parti divisa). Di un unico
segno dei sei rimasti l‟autore fa menzione: quello del Sagittario. Quando l‟Ombra
dell‟Agnello di Dio vi passerà “allora si vedrà livare dall'oriente un gran splendor
solare che significhirà la venuta di Enoch il qual dal Signore fu prima traslato nel
terrestre Paradiso, e passando per luoghi diserti ed incogniti del rimanente del
mondo, girarà tutto l‟Universo per dare alle moltitudini del gran mare delle genti la
cognitione della vera sapienza, del vero Iddio humanato, conducendo parimenti fuori
dalla cattività diabolica (…) una gran parte de gli increduli et ostinati hebrei”63
.
Siamo prossimi al quarto diluvio, quello del “fuoco”. La Chiesa militante ha
trionfato. L‟umanità è finalmente riunita sotto un solo pastore ed in un unico ovile.
Suonano poi le trombe del Giudizio. E‟ l‟Apocalisse. Lucifero è finalmente sconfitto.
E poi? Poi il racconto si ferma. Di quello che accadrà dopo il Giudizio universale
solo un accenno. Il “diluvio del fuoco” renderà così perfetta la materia che in nessuna
parte vi sarà commistione degli elementi. L‟Universo è di nuovo raffigurato come
una sfera fatta di pura terra al centro, circondata di pura acqua, pura aria e puro fuoco.
L‟Opera è giunta a compimento. Tutto è pronto per un … nuovo inizio.
A livello filosofico dalla lettura della Maravigliosa visione emergono alcuni
nessi con le idee di due grandi pensatori del Rinascimento italiano: Tommaso
Campanella, a Stivivi contemporaneo, anche se sicuramente più giovane, e Giovanni
Pico della Mirandola. Come nelle opere redatte dal filosofo calabrese dopo la
conversione, tra le altre il Quod Reminiscentur, per il riminese il tema portante della
narrazione è che il cristianesimo sia la “sola” religione. Il percorso dell‟uomo, il suo
“ritorno al principio”, viene rappresentato come il ritorno all‟unica fede veramente
universale. La comparsa di Enoch è infine il trionfo della Chiesa militante. Il
domenicano ed il francescano presentano entrambi la storia del cosmo in funzione
della storia religiosa dell‟uomo, la cui “divinizzazione” risulta possibile solo in
62
Descritto come “quarta et ultima natura perfettissima di tutti li gradi dell‟humana natura”
(Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., foglio 167 verso). 63
Ibidem, foglio 172 recto.
13
quanto l‟Altissimo si “umanizza”64
. Anche per Stivivi, come per Campanella, i tempi
del Giudizio universale e della reintegrazione sono prossimi. Ecco allora che Iddio,
tramite Stivivo Stivivi, si rivolge a cristiani e non cristiani, notificando loro i segni
astrologici e le profezie che indicano il proprio imminente ritorno. Ma se ad una
prima lettura la Maravigliosa visione pare molto vicina nel contenuto al pensiero
espresso dal Filosofo di Stilo, ad una seconda lettura si percepisce l‟influsso diretto o
indiretto sul riminese delle opere di Pico, in particolar modo l‟Heptaplus. L‟idea
fondamentale, cioè quella di “ritenere che nella famosa opera dei sei giorni siano
contenuti tutti i segreti della natura e che nei suoi libri Mosè abbia trasfuso ogni
umano sapere e tutto ciò che lo spirito di Dio gli dettava, i tesori di tutta la vera
filosofia”65
, rappresenta anche il filo conduttore della Maravigliosa visione. Stessa è
la partizione del cosmo operata da Pico e da Stivivi66
e simile è il valore attribuito dai
due autori all‟uomo. Il minore francescano esplicitamente afferma che gli esseri
umani posseggono “l‟uso del (…) libero arbitrio e della ragione”67
e possono
“pervenire alla fruizione (…) di esso Iddio”68
esercitando tali facoltà ed applicandosi
nello studio e nella ricerca69
. All‟uomo sono quindi dischiuse tutte le possibilità,
anche se per giungere alla conoscenza suprema e all‟identificazione con Dio non
basta la sola razionalità. Affinchè possa ricevere la grazia divina rivelatrice occorre
che il soggetto ne sia divenuto degno. E perché questo possa accadere l‟uomo deve
aver utilizzato nel proprio cammino gli strumenti giusti: l‟alchimia, che è la scienza, e
la cabala, che di tale scienza fra la fine del cinquecento e la prima metà del seicento
sta divenendo il linguaggio70
.
Notevole è il portato esoterico della Maravigliosa visione, anche se ad una
prima lettura ciò può non apparire. Lo stesso testo che l‟autore pone alla base delle
64
L‟Agnello di Dio che si fa Cristo altro non è che l‟incarnazione del Verbo. Scrive Stivivi: “Sappi
dunque che il Gran Verbo istesso Iddio, la Seconda Persona Divina, ordinò dovere (…) al suo
luogo e tempo pigliar carni per riparo della gran perdita della natura humana, liberandola dalla
longa servitù del Gran Nimico per mezzo del sangue dell‟Agnello immacolato” (Pacifico Stivivi,
Summa de quattro mondi, cit., foglio 149 verso). 65
Dalla prefazione di Eugenio Garin a: Giovanni Pico della Mirandola, Discorso sulla dignità
dell‟uomo, Brescia, La Scuola, 1987, p. XLVI. 66
Pico distingue nel cosmo quattro mondi, lo spirituale (Dio e gli angeli), il celeste, l‟elementare e
l‟uomo, mondo che racchiude in sé le possibilità degli altri. Stivivi addirittura ha titolato la prima
stesura della propria opera Summa de quattro mondi ed ha effettuato una divisione del cosmo che,
sebbene più complessa e ripetitiva, ha elementi comuni a quella pichiana. 67
Pacifico Stivivi, Maravigliosa Visione, cit., foglio 9 recto. 68
ibid., foglio 9 recto e verso. 69
Analogamente Pico della Mirandola aveva già sottolineato nell‟Heptaplus, la “peculiare
collocazione dell‟uomo nel Cosmo, consistente nel fatto che, in ragione della sua libera volontà,
all‟uomo sono dischiuse tutte le possibilità fino a quella più alta, cioè il divenire immagine di Dio”
(Franco Volpi, Dizionario delle opere filosofiche, Milano, Bruno Mondadori, 2000, p. 820). 70
Del processo che ha visto sostanzialmente coincidere e alchimia e cabala si è approfonditamente
occupato Scholem nel suo famoso Alchimia e kabbalah, Torino, Einaudi, 1984. Già dall‟epoca di
Raimondo Lullo era implicitamente accettato che non ci si potesse occupare di alchimia senza
conoscere alcuni dei principi fondamentali della cabala.
14
proprie speculazioni, il Genesi, è di quelli più citati e commentati in un certo tipo di
letteratura. Frances Yates già ha scritto che “ermetismo e cabalismo si (sono
corroborati) mutuamente in relazione ad un tema (…) fondamentale per entrambe le
dottrine, e cioè il tema della creazione operata dalla parola”71
, e l‟importanza per
l‟alchimia del racconto biblico è tale che anche in testi operativi quali il Mutus Liber 72
il riferimento al Genesi è chiaro. Ma al di là del contenuto, ciò che conferisce allo
scritto di Pacifico Stivivi un valore particolare è la presenza nel testo di numerosi
elementi alchemici, nonché di riferimenti cabalistici, questi non immediatamente
riconoscibili, che costituiscono la struttura portante della fatica del riminese.
Come illustrato, Stivivo Stivivi viene guidato nel suo viaggio iniziatico alla
scoperta dei segreti del creato da un Angelo, emanazione divina che si mostra al
protagonista durante una visione. Il motivo della visione è un topos ricorrente della
letteratura esoterica. Nel Pimandro, il testo base dell‟ermetismo, “il Nous, o la Mens
divina, appare a Trismegisto mentre i suoi sensi sono paralizzati da un grave
torpore, come di sonno profondo”73
. Nella cabala, scienza volta alla ricerca di una
percezione di Dio e della creazione, elementi trascendenti la portata dell‟intelletto,
“contemplazione ed illuminazione” sono momenti fondamentali di apprendimento,
spesso rappresentati “come la trasmissione di una rivelazione primeva relativa alla
natura della Torah e ad altri argomenti religiosi”74
. Per i seguaci della via
alchemica, percorso in cui la lunga e complessa manipolazione della materia da parte
del Filosofo è processo essenziale di purificazione che gli permette di farsi tramite
dello Spirito sulla terra, l‟adepto non può riuscire a ricreare le condizioni della genesi
dell‟Universo, e quindi divenire a propria volta Dio, se dall‟alto non giunge un
segnale. A proposito dell‟Arte Grande occorre prestare particolare attenzione
all‟utilizzo che viene fatto del simbolo da parte dell‟operatore. Il simbolo è portatore
di un significato insieme terreno ed ultraterreno. Terreno perché indica agli iniziati
tappe, mezzi e materiali del procedimento. Ultraterreno poiché l‟Opera nel suo
complesso (quindi anche in ogni suo momento) ha una finalità che trascende il
71
“I misteri degli Hermetica erano misteri della Parola, o Logos, e nel Pimandro era grazie alla
luminosa Parola, il Figlio di Dio sgorgante dal Nous, che si compiva l‟atto creativo” (F. Yates,
cit., p. 101). 72
Anonymi Mutus Liber Alchemiae, in: Mangeti Jo. Jacobi, Biblioteca chemica curiosa, Geneve,
Sumpt. Chouet, G. De Tournes, Cramer, Perachon, Ritter et S. De Tournes, MDCCII, appendice al
t. I. Nella tavola 1 di detta opera, (che compendia per immagini il procedimento operativo
alchemico), sono ben visibili i riferimenti ai versetti del Genesi. 73
Frances Yates, cit., p. 36. Così inizia il Pimandro: “Un giorno il mio pensiero si era tutto
concentrato sugli esseri e tutto il mio intelletto era levato in alto, mentre i miei sensi erano
intorpiditi, come accade a chi piomba in un pesante sonno (…). Mi parve allora che un essere
immenso, fuori di ogni misura, mi chiamasse per nome, dicendomi: cosa vuoi udire e vedere e poi
apprenderlo e conoscerlo grazie alla contemplazione?” (Ermete Trismegisto, Poimandres, a cura
di Paolo Scarpi, Venezia, Marsilio, 1987, p. 43). 74
Gershom Scholem, La cabala, Roma, Mediterranee, pp. 11 - 12.
15
reale75
. Ecco che la ricezione dei segreti dall‟Altissimo per rivelazione76
non è per gli
alchimisti solo un tema di meditazione, ma sta ad indicare anche la parte sostanziale
di un procedimento pratico. La prima tavola presente nell‟opera di Stivivi, che
raffigura il protagonista esanime sul letto mentre riceve la visione, riproduce un
motivo, quello del malato, o vecchio, in attesa della “rivivificazione”, spesso presente
nei testi alchemici. Nell‟Atalanta Fugiens, ad esempio, Michael Maier ci rende
l‟immagine di un vecchio disteso in un letto a baldacchino mentre sopporta un bagno
di calore77
. Lambsprink nel suo La Pietra Filosofale mostra alla decimaquarta figura
un‟iconografia del tutto simile a quella presente nella Maravigliosa visione78
: un
uomo disteso sul proprio giaciglio, visibilmente in malattia, riceve la “luce”
direttamente dal cielo, attraverso la finestra della propria stanza. Orbene,
alchimisticamente il male o la malattia indicano “la putrefazione e la dissoluzione
della materia”79
, cioè l‟assazione, prima fase dell‟Opera nella quale sulla materia80
75
Ciò spiega, fra l‟altro, l‟incomprensibilità stessa del simbolismo usato in alchimia. Poiché il
procedimento alchemico è, come accennato, volto ad ottenere un fine che trascende il reale, quindi
nel reale non verificabile se non per quella prova esteriore che è la trasmutazione del metallo vile in
oro, anche le singole operazioni che lo compongono, in quanto preparatorie del risultato, già
partecipano sin dal principio, della natura di detto fine e non sono comprensibili a chi ancora non le
abbia verificate. Affinchè l‟insegnamento possa giungere dal maestro all‟allievo, quindi, i risultati
che debbono essere via via raggiunti vengono illustrati per analogia, facendo ricorso a vari tipi di
figure. Il caravanserraglio di strani animali che spesso, ad esempio, si possono ammirare nelle varie
opere alchemiche indica le proprietà che la materia acquisisce durante il procedimento, con
riferimento alle caratteristiche che secondo religioni e miti antichi sono attribuite alle singole
“bestie”. L‟alchimia è un mondo popolato di serpenti, draghi, lupi e leoni per necessità. 76
Sulla necessità di ricevere l‟illuminazione divina al fine di compiere l‟Opera riportiamo un passo
tratto dall‟Oratio presente nell‟Aquarium Sapientum: “Omnipotens, aeterne Deus, pater coelestis
luminis, à quo etiam omnia bona, & perfecta bona proveniunt: rogamus infinitam tuam
misericordiam, ut nos aeternam tuam sapientiam, quae continuo circa tuum thronum est, & per
quam omnia creata factaque sunt, atque etiamnum reguntur, & conservantur, recte agnoscere
patiaris, mitte illam nobis de sancto tuo coelo, & ex throno tuae gloriae, ut una nobiscum sit, &
simul laboret, quoniam magistra est omnium coelestium occultarumque artium, etiam omnia scit et
intelligit” (Hydrolitus Sophicus seu Aquarium Sapientum, in Musaeum Hermeticum, Francofurti,
Sumptibus Lucae Jennisii, anno MDCXXV, pag. 191). 77
Michaele Majero, Atalanta fugiens, Oppenheimii, Ex typographia Hieronymi Galleri, Sumptibus
Joh. Theodori de Bry, MDCXVIII, Emblema XXVIII, De Secretis Natura. Maier, nato nel 1568,
morto nel 1622, paracelsiano e rosacrociano, fu al servizio come medico e segretario privato
dell‟Imperatore Rodolfo II a Praga. 78
Lambsprinck, De Lapide Philosophico, Francofurti, apud Hermannum à Sande, MDCLXXVII, p.
33, figura decimaquarta. Quest‟opera è apparsa a stampa per la prima volta in latino nella raccolta
Triga chemica del Barnaud nel 1599 ed ha avuto una certa fortuna nei circoli rosacruciani. 79
“MAL. Terme métaphorique qui signifie la putréfaction & la dissolution de la matiere des Sages
(…). Les Philosophes ont employé ce terme, parce que l‟idée qu‟il présente est toujours un principe
de destruction ou une destruction même d‟un être (…). La fiévre est un mal, parce qu‟elle est une
cause ou principe de destruction. Flamel dans ses Figures hiéroglyphiques représente un homme
habillé de noir & de couleur orangée, avec un rouleau sur lequel est écrit : Dele mala quae feci. Il
explique lui même ces paroles en ces termes: Otes-moi ma noiroeur. Car mal signifie par allegorie
la noiroeur. On trouve le même terme pris ou même sens dans la Tourbe: Cuis jusqu‟à la noiroeur,
16
discende lo Spirito, che la trasforma in “prima materia”81
. Fase questa che se non
realizzata rende vano qualsiasi altro sforzo successivo. E che proprio all‟assazione si
riferisca Stivivi è testimoniato dal numero di giorni di digiuno trascorsi dal
protagonista prima che gli appaia la visione: 40, giusto il tempo considerato canonico
per la conclusione del procedimento82
(anche se tale lasso di tempo non può essere
preso alla lettera, essendo il numero quaranta simbolo generico dell‟attesa, della
preparazione83
); una volta che questo sia stato effettuato con successo l‟alchimista ha
salito il primo gradino della scala dei saggi.
La “prima visione oscura”84
, mostrata dall‟Angelo a Stivivo Stivivi ripresosi
dalla malattia, raffigura il protagonista mentre s‟incammina verso “sette gran
campagne piene di varii, e diversi fiori adorne, dè quali, parte putivano, e parte
havevano suave odore. I primi contenuti nelle prime tre campagne erano verdi
oscuri, e neri; ma i secondi nelle quattro seguente campagne erano bianchi, e
sanguigni lucidi”85
. Inoltrandosi nel luogo della visione il padre di Pacifico nota che
nella “quarta campagna” parte dei fiori oscuri divengono bellissimi, e parte dei fiori
chiari si trasformano in “oscuri e spaventevoli”. Alfine l‟Angelo mostra a Stivivo
essere “nel mezzo delle sette campagne (…) un monte eccelso, verso del quale con
uno de fiori convertito in bianco lucido” egli si dirige. Su questo monte è l‟Angelo,
cui fa corona a destra la luna, a sinistra il sole. E‟ questo un compendio dell‟ Opera,
per il cui compimento sette sono, come le campagne, le operazioni86
e durante la
qui est mal” (Antoine Joseph Pernety, Dictionnaire Myto – Hermétique, a Paris, quai des Augustins
chez Bauche, Libraire à Sainte Genevieve & à S. Jean dans la Défert, MDCCLVIII, pag. 264). 80
E sull‟operatore, poiché si forma legame reciproco fra alchimista e materia. 81
E‟ quasi impossibile definire esattamente in cosa consista la “prima materia”, come è altrettanto
difficile per i non iniziati differenziare questa dalla “materia prima”, o semplicemente dalla materia
tout court. Solo si intuisce dagli scritti degli alchimisti che questa “prima materia” è qualcosa di
completamente diverso dalla sostanza di partenza. Contiene lo Spirito. E come essa è divenuta
simile alla materia della creazione divina, così l‟operatore, avendo in parte ripetuto il percorso di
Dio, alla sua sostanza si è avvicinato. 82
Sul momento della “quarantena” così prescrive Filalete: “Cave tu saltem igni, quem sano cum
iudicio hic regere teneris, & iuro tibi sub fide bona, quod si urgendo igne in hoc regimine
quicquam sublimare feceris, opus totum irrecuperabiliter perdes. Contentus proinde esto cum
Trevisano bono carcere per dies, noctesque quadraginta detineri ac teneram materiam in fundo,
qui nidus est conceptionis, manere permitte, pro certo confisus, quod peracta periodo ab
Omnipotente huic operationi statuta spiritus resurget gloriosus, corpusque suum glorificabit,
ascendet, inquam, ac circulabitur suaviter & sine violentia, & à centro ad coelos ascendet,
iterumque à coelis ad centrum descendet, vimque arripiet superiorum & inferiorum.” (Autore
anonymo Philaleta Philosopho, Introitus apertus ad occlusum Regis palatium, Venetiis, Sumptibus
Pontij Bernardon, MDCLXXXIII, pp. 99 – 100). 83
Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Milano, Rizzoli, 1999, vol. 2, pag 266.
In questo senso il 40 può significare sia la disposizione d‟animo che deve accompagnare l‟operatore
nel procedimento sia la variabile “tempo” utile allo stesso (quanto basta). 84
Vedi tavola VIII. 85
Pacifico Stivivi, Maravigliosa visione, cit., foglio 14 verso. 86
Sette è il numero dei giorni del Genesi, dei metalli, dei pianeti, dei regni … Nell‟Aquarium
Sapientum è riportato un aenigma sulla Grande Arte che recita: “Septem sunt urbes, septem pro
17
quale appaiono all‟alchimista in successione quattro colori: nero, verde, bianco e
rosso87
. Fondamentale la simbologia del fiore88
, che indica l‟essenzialità del
procedimento di purificazione della materia nell‟Arte Grande. Sole e Luna
corrispondono alle qualità Zolfo e Mercurio89
. La montagna può essere intesa sia
come metallo, l‟elemento grezzo da lavorare, sia come il fornello (athanor), il mezzo
utile alla lavorazione90
. L‟Angelo, il tramite fra cielo e terra, è colui che annuncia la
riuscita dell‟Opera, la discesa dello Spirito sulla Terra.
more metalla,/ Suntque dies septem, septimus est numerus;/ Septem litterulae, septem sunt ordine
verba./ Tempora sunt septem, sunt totidemque loca:/ Herbae septem, artes septem, septemque
lapilli./ Septemcunque tribus divide; cautus eris/ Dimidium nemo tunc praecipitare petescet:/
Summa: hoc in numero cuncta quiete valet” (Hidrolitus Sophicus seu Aquarium Sapientum, in
Musaeum Hermeticum, cit., pag. 129). 87
“Les Philosophes Hermétiques regardent les couleurs qui surviennent à la matiere pendant
l‟opération du grand oeuvre, comme les clefs de cet Art, & les indicescertains de la vérité & bounté
de la matiere, & du bon régime du feu. Ils en comptent trois principales qui se succédent, mais dont
la succession est interrompue par quelques autres couleurs passageres & de peu de durée. La
premiere principale est la couleur noire, qui doit se faire voir au quarantedeuxiéme jour an plus
tard. Elle disparoit peu à peu, & fait place à la blanche. A celle-ci succéde la citrine, qu‟ils
appellant leur Or. Enfin, la couleur rouge se montre, & c‟est la Fleur de leur or, leur Couronne
royale, & c.”. Fra i colori passeggeri è “le verte, qui marque l‟animation & la végétation de la
matiere” (Antoine Joseph Pernety, cit., pp. 93 – 94). Sulla successione dei colori nell‟Opera così
scrive Flamel: “avant quae quitter entierement la noiroeur, & se blanchir en la fàçon d‟un marbre
tres reluisant, & d‟un glaive nud flamboyant, la Pierre se vestira de toutes les couleurs quae tu
sçauras imaginer, souvent elle se liquifiera elle mesme, & souvent se coagulera encor, & parmy ces
diverses & contraires operations (…) elle citrinisera, verdira, rougira, non d‟un vrai rouge,
jaunira, viendra bluë & orangée, iui ques à ce qu‟estant entierement vaincuë par la siccité &
calidité, toutes ces infinies couleurs finissent en ceste blancheur citrine admirable, du vestement de
Sainct Paul, laquelle en peu de temps, viendra comme celle du glaive nud, puis par plus forte &
longue decoction prendra en fin le rouge citrin, & puis le parfaict rouge de Laque, on elle se
reposera desormais.” (Nicolas Flamel, Le Livre des Figures Hieroglifiquesl fi Trois traitez de la
Philosophie naturelle, Paris, chez Guillaume Marette rue Sainct Iacques, au Gril, pres Sainct
Benoift, MDCXII, p. 82). 88
Basilio Valentino asserisce che “Omnes res impuras & maculatas ad nostrum opus indignas
esse”, quindi “Ac quemadmodum medicus interiora corporis purgat & purificat per media
medicamentorum suorum, omnesque lordes inde expellit: ita & nostra corpora purificari & purgari
debent ab omni sua impuritate, ut in nostra generatione perfectio operari possit. Magistri nostri
purum, immaculatum requirunt corpus, quod nulla macula aut peregrini commixtione adulteratum
sit: Alieni enim additio est nostrorum metallorum leprositas” (Basilio Valentino, Practica cum XII
clavibus & appendice de magno Lapide antiquorum sapientum, in Mangeti Jo. Jacobi, Biblioteca
chemica curiosa, cit., t. II, p. 413). Nella prima delle figure che accompagnano quest‟opera l‟autore
raffigura una regina con in mano tre fiori (ibidem, p. 416, tav. III, fig. 1), simbolo della necessaria
purificazione (in Theorìes et symboles des alchimistes, Bibl. Chacornach, 1891, pag. 87 è scritto a
proposito che: “Quanto ai tre fiori tenuti dalla regina, questi indicano che la purificazione deve
essere ripetuta tre volte”). 89
Per l‟identificazione dei due corpi celesti con i due minerali, nonché con i principi maschio –
femmina, fisso – volatile, cfr il più volte citato Dictionnaire Myto – Hermétique del Pernety. 90
“MONTAGNE. Les Philosophes ont donné ce nom aux métaux par comparaison. Nos corps (dit
Riplée, 2. part) ont pris leurs noms des planettes, ce qui les a fait nommer à bon droit montagnes,
par comparaison d‟où l‟Ecriture dit, lorsque l‟eau se tourmentera & se troublera, les montagnes se
18
La creazione del cosmo è descritta da Stivivi come una sorta di espansione, in
applicazione del disegno divino, del gran chaos, o “prima materia” simboleggiata
dalla croce, figura che il padre del minore francescano vede prima di tutte le altre
nell‟abisso e dal centro della quale si dipartono i giri e i cerchi che vanno a formare
l‟Universo. Il significato della croce è dei più semplici, significativi ed antichi. Essa,
fra l‟altro91
, è simbolo del quaternario, rimanda alla tetraktys pitagorica, ricapitola la
creazione92
e, in alchimia operativa, sta ad indicare il crogiolo93
, entro il quale
“nasce” l‟Opera.
Come già posto in evidenza, il quattro ed il sette sono i numeri portanti della
cosmologia di Stivivi. Non solo l‟Universo è diviso in “sette quaternari” (per un
totale di 28 circoli), ma, è stato illustrato, la sua stessa durata si articola in quattro
“ere”, una per ognuno degli elementi costituenti la “prima materia” (terra, acqua,
aria e fuoco). All‟interno di queste “ere” si sviluppa la vicenda umana che, dalla
cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre (diluvio della terra) al giorno del
Giudizio universale (diluvio del fuoco), è suddivisa in sette “età”, collegate ai sette
pianeti. Una tale costruzione ricorda molto da vicino l‟articolazione dell‟Opera
descritta nel Liber trium verborum e nel Liber secretorum artis94
attribuiti a Kalid. Il
Filosofo arabo suddivide in quattro i magisterii dell‟Arte: soluzione, congelazione,
albificazione e rubificazione, ciascuno esaltante una delle qualità della Pietra (terra,
aria, acqua e fuoco). Tali magisterii si compiono in una serie di operazioni (da sette a
nove a seconda della maturità raggiunta dalla Materia) che sono descritte come
momenti di crescita del feto umano (simboleggiante il soggetto dei Saggi) e sono
volta per volta legate ad uno dei sette pianeti
La presenza di una simbologia cabalistica non risulta nella Maravigliosa
visione così evidente come le significazioni alchemiche. Non esiste cenno diretto o
descrizione in chiaro dell‟albero sefirotico. Non v‟è nel testo, come pure era d‟uso
all‟epoca, alcun richiamo alle lettere dell‟alfabeto ebraico. Eppure in diverse parti
Stivivi dimostra come la Cabala non sia stata per lui scienza sconosciuta. Innanzi
tutto il minore francescano non perde occasione per rimarcare come Iddio abbia
précipiteront au fond de la mer. Quelquefois les Alchymistes ont entendu par la terme de Montagne,
leur vase, leur forneau, & toute matiere métallique” (Antoine Joseph Pernety, cit., p. 314. 91
Non è possibile riepilogare qui tutti i significati di questo simbolo, sul quale sono stati scritti libri
interi senza esaurire l‟argomento. 92
maohn Dee nella Monade geroglifica, opera di difficile interpretazione, pone la croce a
fondamento della sua figura (John Dee londinensis, Monas hieroglyphica, in Theatrum chemicum,
Sumptibus Lazari Zetzneri, MDCXIII, t. II, pagg. 191 – 230). 93
Una curiosità. Pare che i maestri Rosa Croce, per un facile accostamento fonetico nella lingua
francese, ma anche per indicare una materia considerata importante nell‟Arte, nonché il
procedimento da seguire e lo strumento principe usato nelle manipolazioni, venissero chiamati
“Frères de la Rosée Cuite”, letteralmente “Fratelli della Rugiada Cotta” (Thomas Corneille,
Dictionnaire des artes e des sciences, art. Rose – Croix, Parigi, Coignard, 1731) ovvero “passata
per il crogiolo”. 94
Entrambi i testi sono in: Mangeti Jo. Jacobi, cit., t. II, pagg. 183 – 191.
19
creato il cosmo attribuendo ad ogni singolo giro e grado in cui è diviso un apposito
segno, nome e numero. L‟Universo alla fine risulta essere un‟armonia di segni, nomi
e numeri, spesso solo dichiarati e non espressi. Ciò dà l‟impressione che esista una
possibilità di percorrere il cammino della creazione per altra via che non quella
descritta in chiaro dall‟autore, una via in cui il valore del numero, intimamente legato
a quello della parola, si porrebbe come la chiave per stabilire concordanze,
collegamenti e significati particolari. Procedimento, questo, che ricorda molto da
vicino la gematria.
Un forte influsso nell‟impostazione culturale di Stivivi deve aver avuto la
cosiddetta cabala cristiana e in particolare l‟opera di Johannes Reuchlin. Nella
Maravigliosa visione il minore francescano in alcuni passi pare cerchi di operare un
sincretismo fra simbologia cristiana ed ebraica utilizzando le strade percorse
dall‟umanista tedesco. Alla stessa maniera di quest‟ultimo, anzi, sembra voglia
provocare uno “slittamento della simbologia giudaica in versante cristiano”95
.
Esempio evidente di questo tentativo è l‟utilizzo che il riminese fa nella propria opera
del termine/simbolo legno. Il minore francescano chiama l‟Albero della vita “il
ligno”96
. L‟Arca di Noè, strumento di salvezza del genere umano che l‟Altissimo
ordina di costruire al patriarca all‟approssimarsi del “diluvio dell‟acqua” e che nella
sua funzione in qualche modo precorre la passione del Cristo sulla croce, è indicata
come “il misterioso ligno”97
. Risulta chiara l‟ispirazione al De arte cabalistica, dove
Reuchlin, per citare le parole di Giulio Busi, “grazie al doppio significato della
parola es, che vale in ebraico sia albero sia legno, (…) raccoglie un‟ampia messe di
passi della Scrittura e di interpretazioni mistiche che, alludendo all‟immagine del
legno, evocano immediatamente (…) il simbolo del lignum crucis. La forza di
attrazione dell‟insegna della fede cristiana convoglia verso un unico significato la
polisemia del termine ebraico di partenza: in questo modo l‟albero della vita,
promesso ad Adamo in riscatto della sua caduta, diviene una premonizione del
sacrificio del Messia sul legno della croce”98
. Altro punto in cui Stivivi sembra aver
letto Reuchlin è nella denominazione degli Angeli. Il tedesco asserisce che “il nome
dell‟angelo deve contenere in modo sublime il Nome di Dio”99
, cioè, fra i tanti, o il
nome Yah100
o El101
e fornisce diversi esempi in proposito. Il riminese, in ossequio
alle regole descritte, chiama i “suoi” Angeli Cassiel, Anael, Ezechiel, Samael e
Sachael, dimostrando di avere ben appreso la lezione.
95
Johannes Reuchlin, L‟Arte cabbalistica, Opus Libri, Firenze, 1995, p. XIX, dalla prefazione
all‟opera di Giulio Busi. 96
Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi, cit., foglio 150 verso. 97
Iddio comanda a Noè “che facissi il misterioso ligno mediante il quale havesse a salvare la
natura humana e tutti gli animanti” (ibidem, foglio 152 verso). 98
Johannes Reuchlin, cit., p. XIX, dalla prefazione di Giulio Busi. 99
ibidem, p. 164. 100
“cosí la nazione dei giudei chiama il Dio, per le sue azioni benefiche” (ibidem, p. 164). 101
L‟Altissimo è così nominato “per la sua potenza e la sua forza” (ibidem, p. 164).
20
Simile alla rappresentazione del cosmo fatta da Stivivi è quella contenuta nel
famoso Utriusque cosmi … historia di Fludd, riassunta iconograficamente nella
tavola dedicata a “natura ed arte”102
. L‟Universo è per questo autore, come per
Stivivi, la ripetizione dell‟armonia del quaternario e del ternario nei vari giri e ruote,
sino ad arrivare al trono divino, posto all‟esterno del creato. L‟opera dell‟inglese nel
suo complesso è diversa da quella del riminese. Il primo non racconta il risultato di
una visione. La trattazione che egli fa della materia ha pretesa scientifica. Tuttavia in
diversi passi Fludd pare vicino a Stivivi. Interessante, ad esempio, è l‟analogia
esistente fra i capitoli dedicati dall‟italiano e dall‟inglese nelle proprie opere alla
cacciata di Lucifero dall‟Empireo. Come farà quest‟autore, il riminese dedica alla
natura e alla posizione degli Angeli nel creato notevole spazio. Le Intelligenze, come
descritto, riempiono i dodici cieli e sono ordinate gerarchicamente a seconda della
maggiore o minore vicinanza al trono divino. I messaggeri che preannunciano la
discesa dell‟Ombra dell‟Agnello di Dio, ricordiamo, vengono posti in stretta
connessione con segni zodiacali e pianeti. Ciò che manca rispetto a Fludd è
unicamente il collegamento espresso fra gli Angeli e le lettere dell‟alfabeto ebraico.
Tutto ciò, unito alla già descritta attenzione, quasi ossessiva, dell‟autore francescano
per il numero, dimostra come nella Maravigliosa visione siano presenti gli stessi
riferimenti cabalistici fluddiani. Si tratta, ovviamente, di quella particolare forma di
cabala che è la cabala cristiana, arte inaugurata da Pico della Mirandola e portata a
compimento da Reuchlin e che, a partire dalla seconda metà del cinquecento, sposata
all‟alchimia, “vede” gli elementi della tradizione ebraica utilizzati strumentalmente
per illustrare ed esplicare (più spesso oscurare) le tematiche dell‟Opera. Anche nella
Maravigliosa visione si può affermare che “il simbolismo cabalistico diventa tutt‟uno
con quello alchimistico, laddove naturalmente la fabbricazione dell‟oro rappresenta
soltanto un simbolo materiale della trasmutazione dell‟uomo verso lo stadio della
perfezione in Cristo”103
. Un testo che ricorda nel contenuto quello di Pacifico Stivivi
è il Vom hilischen Chaos104
di Heinrich Khunrath, celebre alchimista e cabalista
tedesco di Lipsia (1560 – 1605). In questo scritto l‟autore tratta “con dovizia di
simboli del caos ilico come prima materia dell‟alchimia dando un deciso contributo a
quella tendenza che (ha visto) un parallelismo fra l‟opera-dei-sette-giorni della
creazione divina e la Grande Opera degli alchimisti con il suo dispiegarsi nei
corrispondenti sette stadi”105
.
102
Robert Fludd, Utriusque cosmi maioris scilicet et minoris metaphisica, phisica atque technica
historia in duo volumina secundum cosmi differentiam divisa, Oppenheimii, aere Joannis Theodori
de Bry, thipis Hieronimi Galleri, Francofurti, typis Erasmi Kempfferi, sumptibus Johannis Theodori
de Bry, 1617 – 1621, t. 1, pp. 4 – 5. 103
Gershom Sholem, Alchimia e kabbalah, cit, p. 88. 104
Opera pubblicata per la prima volta in tedesco nel 1597 ed in latino nel 1598. Già da qualche
anno circolavano, però, per l‟Europa in versione a se stante le tavole, di tono chiaramente
cabalistico, che sarebbero andate a corredo di questo testo. 105
Gershom Sholem, Alchimia e Kabbalah, cit., p. 85.
21
4. Conclusione
“O voi ch‟avete li „ntelletti sani,/
mirate la dottrina che s‟asconde/
sotto „l velame delli versi
strani.”106
Ingiusto destino quello di Pacifico Stivivi e della sua opera. Considerato quello
poco più di un buon calligrafo, ritenuta questa un testo di scarso valore. Il presente
lavoro non esaurisce il “discorso” sull‟autore riminese e sulla Maravigliosa visione.
Intende solo rinnovare l‟interesse per un personaggio che, per quanto “minore” e
sconosciuto alla cerchia degli studiosi107
, riassume nella propria opera gran parte
della cultura cosmogonico/ermetica del periodo che va dal XVI a tutto il XVII secolo.
Il manoscritto del riminese dimostra, pur sulla base di una prima lettura, di contenere
significati ben più pregnanti rispetto a quelli che gli sono stati sino ad oggi
frettolosamente attribuiti. Detto testo può essere inserito a buon diritto nel filone di
quelle opere in cui “i motivi alchemici si trovano (…) profondamente immessi in un
quadro cosmologico ed in una prospettiva iniziatica”108
. Chi si avvicina allo studio
della Maravigliosa visione deve avere chiari due concetti se vuole apprezzarne
appieno il valore. Innanzi tutto occorre si consideri che i seguaci delle scienze
esoteriche rivendicano di non scrivere le proprie opere per tutti. Il testo è una sorta di
comunicazione fra iniziati, ciò anche perché il suo contenuto non potrebbe essere
capito dalla persona comune. Il fine della ricerca, infatti, è l‟identificazione con
l‟Uno, il “farsi Dio”, quindi qualcosa che va al di là della realtà effettuale e che, per
ciò stesso, non può, né deve essere compreso da chi non appartenga al circolo
ristretto dei Filosofi109
. Ecco che nelle opere alchemiche “è prevalente (e diventa
106
Dante, Inferno, IX, 61-63. 107
Nonostante Pacifico Stivivi abbia prestato la propria opera per principi regnanti e si sia stabilito
in quella autentica capitale della cultura alchemica che è stata la Praga di Rodolfo II, il suo nome
non è noto nemmeno ad uno studioso attento anche alle minori manifestazioni del pensiero
esoterico rinascimentale come il Secret, che non cita il riminese né nel proprio maggior lavoro
sull‟argomento (cfr. F. Secret, Les Kabbalistes chretiens de la Renaissance, Paris, Dunod 1963), né
in altre opere (fra i tanti scritti dell‟autore francese che abbiamo consultato e che qui per evidenti
ragioni di spazio non possiamo riportare citiamo l‟articolo: Notes sur quelques alchimistes italiens
de la renaissance, Rinascimento, vol. XIII, seconda serie, anno ventiquattresimo, 1973, da pagg.
197 - 217.) 108
Paola Zambelli, Astrologia, magia e alchimia nel Rinascimento fiorentino ed europeo, cit., p.
313. 109
Scrive Artefio in relazione all‟alchimia: “Car les Philosophes enuieux mettent qu‟on prenne ces
diverses choses, à fin de faire errer les ignorans, & peu fins, comme il a estè des – ia dict. Cest art
aussì n‟est-il pas cabalistique, & plein de tres – grands secrets? Et toy fat, tu crois que nous
ensegnons clairment les secrets des secrets? & prens les paroles selon le son des mots? Sçache
certainement (…) toute personne qui prent les paroles des autres Philosophes selon la signification
vulgaire, des mots ordinaires, des – ia celuy – la, ayant perdu le filet d‟Aariadne, parmy les
22
spesso quasi ossessivo) l‟uso di scambi semantici, di slittamenti di significati, di
analogie, di metafore. Oscurità ed allusività nascono (…) su un terreno iniziatico-
religioso. La descrizione, sistematicamente, allude ai dati e non intende affatto
comunicarli”110
. In secondo luogo è da tener presente che l‟epoca in cui Pacifico
Stivivi agisce è ben lontana e diversa da quella in cui Ficino traduceva il Pimandro e
l‟Asclepio, Pico presentava alle stampe un‟opera marcatamente cabalistica come
l‟Heptaplus ed era concesso agli artisti di introdurre la figura di Ermete Trismegisto
all‟interno delle chiese stesse111
. Quando si abbia chiaro tutto ciò si è sulla giusta
strada per capire la chiave di lettura del manoscritto di Stivivi. Le valenze esoteriche
contenute in tale testo non possono essere in chiaro. Vanno ricercate negli accenni,
nell‟iconografia, nelle similitudini. Vanno scoperte “fra le righe”. Pur dovendo
rimandare la dimostrazione compiuta di quanto sosteniamo al contenuto di un
prossimo saggio, in cui illustreremo con maggiore ampiezza i legami esistenti fra la
fatica del minore francescano ed i testi ermetici coevi, possiamo concludere
affermando che la Maravigliosa visione si presenta come uno dei primi frutti di quel
filone di opere in cui l‟identificazione alchimia - cabala cristiana, che troverà la
propria sintesi in Khunrath a Fludd ed influenzerà fortemente tutte le correnti
esoteriche occidentali dal seicento in poi, è già presente. I soli che forse hanno
perfettamente capito il significato del testo scritto dal minore francescano sono stati i
suoi confratelli che, come Pacifico Stivivi temeva, lo hanno condannato,
infliggendogli la pena più severa, anche se fisicamente la meno dolorosa: l‟oblio.
***
Daniele Ruinetti
destours du Labyrinte eree tres – grandement, & a destiné son argent à perdition” (Le secret livre
du tres ancien Philosophe Artephius, traitant de l‟Art occulte & de la Pierre Philosophale, in Trois
traitez de la Philosophie naturelle, cit., p. 82). 110
Paolo Rossi, La Magia naturale nel Rinascimento, Utet, Torino, 1989, p. 12. 111
Si veda la famosa figura raffigurante Ermete sul pavimento del Duomo di Siena.
23
APPENDICE
***
TAVOLE
24
Tavola I - Capolettera raffigurante drago alato (Pacifico Stivivi, Maravigliosa
Visione, cit, foglio XIII)
25
Tavola II - Ordini ed eserciti angelici (Pacifico Stivivi, Summa de quattro mondi,
cit., foglio 106)
26
Tavola III - Ordini ed eserciti angelici (Pacifico Stivivi, Scena Teoologica
Psalmorum Omnium, cit., foglio 98)
27
Tavola IV - Raffigurazione dell‟ordine dell‟Universo (Pacifico Stivivi, Maravigliosa
visione, cit., foglio 54)
28
Tavola V - Prima visione oscura (Pacifico Stivivi, Maravigliosa visione, cit., foglio
15)
29
Tavola VI - Natura e arte (Robert Fludd, Utriusque cosmi …, Oppenhemii, aere
Johannis Theodori de Bry, Thipis Hieronimi Galleri, Francofurti, typis Erasmi
Kempfferi, 1617 - 1621, tomo I, pagg. 4-5)
30